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Agostino e Tommaso: differenze tra la scuola scolastica e patristica, Prove d'esame di Storia della filosofia antica

Descrizione delle scuole di matrice cristiana

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018

Caricato il 28/01/2018

paola.marsala.91
paola.marsala.91 🇮🇹

4.5

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Scarica Agostino e Tommaso: differenze tra la scuola scolastica e patristica e più Prove d'esame in PDF di Storia della filosofia antica solo su Docsity! Patristica e Scolastica - Agostino e Tommaso Entrambe sono scuole filosofiche di matrice cristiana. Nell’Europa occidentale, fino all’avvento dell’Illuminismo, la filosofia si era divisa in questi due momenti: - Patristica è la filosofia tardo-antica fino all’VIII secolo, all’epoca della caduta dell’Impero Romano. - La Scolastica, invece, è la filosofia propria del Medioevo. La differenza fra le due è che la prima non ha ancora trionfato completamente sul Paganesimo e si sforza di stimolare le coscienze al Cristianesimo, mentre la seconda è la scuola propria del Cristianesimo, visto ormai come istituzione dominante. L’Ebraismo, religione da cui deriva il Cristianesimo, è una religione del Libro in quanto affida la quasi totalità delle sue esperienze, la sua storia, la formazione della sua fede, al Libro Sacro. Israele si ritiene un popolo a cui Dio ha fatto una promessa, e si può riconoscere una sorta di elezione di questo popolo che non si manifesta solo con il favore di Dio, ma anche con punizioni. Gli ebrei, inizialmente, quando parlano del loro Dio, si riferiscono ad una divinità superiore a tutte le altre; all’inizio della loro storia non sono infatti monoteisti, il fatto di essere una religione universalistica è un’acquisizione tarda. La storia di Israele inizia nel XI secolo a.C., con il regno di Salomone. La fasi della storia precedenti a questo, sono difficilmente accertabili, in quanto i documenti e le testimonianze sono scarse e confuse. La storia di Israele fu molto tormentata, ed il regno si divise poi in due regni più piccoli. Questi caddero nelle mani di Assiri e Babilonesi. Gli ebrei vennero deportati a Babilonia come schiavi fino al momento in cui, sotto a Ciro il Grande, il regno babilonese crollò e gli ebrei poterono tornare nelle loro terre. Dopo questo avvenimento, furono sotto il controllo dell’impero persiano e di quello romano. Successivamente ci fu la Diaspora, cioè la dispersione del popolo ebraico. In tutto questo tempo furono scritti numerosi libri, riguardanti i vari avvenimenti che caratterizzarono la storia d’Israele. I libri più antichi sono quelli del Pentateuco oTorah, che comprende: Esodo, Genesi, Numeri, Levitico e Deuteronomio. Ci sono poi i Libri dei Profeti, che contiene le predicazione dei profeti che operarono durante la monarchia. Poi ci sono i Salmi, componimenti poetici di preghiere. Ci sono anche alcuni libri storici, come quello dei Giudici, ed infine i Libri Sapienziali, che narrano di principi di vita. La forma attuale del Vecchio Testamento è stata data intorno al IV secolo, dopo l’esilio. Gli ebrei presero i numerosi racconti e li unificarono in un racconto unico. Ne derivano molte fonti, ad esempio per il Pentateuco sono state isolate ben 4 diverse fonti: yavista, eloista, sacerdotale,deuteronomista. Per i cristiani l’evento rivelativo della realtà divina è la vita di Gesù, la sua morte e resurrezione; la rivelazione è anticipazione di ciò che dovrà accadere. Tutto ciò si tradusse in sforzo teorico per diffondere questi concetti nel mondo greco, cioè trasformare questo racconto in narrazione filosofica adatta per l’ ambiente colto greco. La filosofia patristica cercò di tradurre significati collegati alla cultura ebraica per adattarli alla cultura greca. I concetti di persona e sostanza vennero usati per definire con chiarezza il dogma cristiano e darne una spiegazione anche filosofico-razionale. Questa ricerca venne poi approfondita anche nella sfera individuale, in particolare dal monaco Agostino. Sant’Agostino Egli cerca di riferire a se stesso, a tutto il proprio essere i quesiti propri della ricerca che lo condurrà a Dio. Si può dire quasi che la filosofia agostiniana sia un a rilettura in chiave cattolica della filosofia platonica. In base a queste premesse, si può affermare che: - la filosofia e la religione per Agostino sono una ricerca che impegna tutto l’essere in direzione di un oggetto d’amore. È una ricerca che dura per tutta la vita, inoltre Agostino spiega come passare dal significato individuale di questa ricerca a quello universale e collettivo. In questa ricerca è coinvolta l’intera persona: mente, cuore, intelligenza e volontà. Con questa affermazione si allontana definitivamente dalla cultura greca, secondo la quale l’intelligenza predominava sulla volontà. Compare un’alternativa nella ricerca: da un lato brancolare nel buio (peregrinatio) e dall’altro la luce della verità che illumina le cose e le rende intellegibili. Vita Agostino nasce a Tagaste, è figlio di un proprietario terriero di condizione modesta, il padre è pagano, la madre Monica cristiana. Il padre sostiene che lo studio sia una sorta di emancipazione dalla propria condizione sociale, e per questo manda Agostino in una scuola di retorica che gli avrebbe permesso di intraprendere la carriera di burocrate. Ma nel corso dei suoi studi, giunse alla conclusione che la retorica è un sapere artificioso e formale. Per cui alla retorica oppone la filosofia intesa come ricerca della verità. Inoltre la lettura di un’opera di Cicerone, lo porta alla predilezione per la filosofia . Agostino trova la Bibbia linguisticamente rozza, una raccolta di favole rozzamente raccontate. La sua insoddisfazione per la Bibbia ed il volgersi ad altri testi è frenato da due eventi: il concubinato con una donna che lo affianca e da cui ebbe un figlio, e la morte del padre. Ciò gli impedì di dedicarsi al lavoro di ricerca. Quindi, a Tagaste, apre una sua scuola di retorica. In questo periodo aderisce al manicheismo, che più si adatta al suo pensiero e che da una risposta plausibile all’esistenza del male nel mondo. Dice che nel mondo esistono due principi: un principio buono e luminoso, quello del bene, ed uno buio ed oscuro da cui derivano tutte le cose che costituiscono il male. Tutto ciò che si riferisce al corpo è male, mentre al contrario tutto ciò che si riferisce allo spirito è bene. Il percorso di purificazione è una liberazione dal corpo. La più evidente presenza del male nel mondo è la sessualità, che tende a mantenere l’uomo verso la terra. Dal 372 al 383 continua a tenere lezioni a Tagaste, poi si trasferisce prima a Cartagine e poi a Roma, dove incontra un vescovo del Manicheismo, che aveva fama di sapiente, Fausto, a cui rivolge una serie di domande a cui però egli non sa dare una risposta. Non riesce a soddisfare la cupiditas veri, cioè il desiderio di verità di Agostino. Così questo abbandona il Manicheismo per aderire allo Scetticismo. Viene mandato a Milano per contrastare il vescovo Ambrogio; successivamente la madre Monica lo raggiunge e lo costringe a sposare una ricca donna cattolica. A Milano ascolta con attenzione i sermoni di Ambrogio e capisce che la Bibbia è un racconto allegorico, cioè nasconde dietro le favole dei concetti astratti. L’allegoria è un espediente che serve a spiegare concetti profondi ed astratti. Poi trova alcuni elementi di ricchezza nel neoplatonismo: - la filosofia neoplatonica è antimaterialista; - l’Uno è una divinità trascendente; - il mondo è ordinato gerarchicamente; - parlando di un ritorno all’Uno, parla di un processo di purificazione ed indica come via di purificazione l’ anima; - la verità è incorporea; - il male non è sostanza; - la ricerca della verità si svolge principalmente all’interno dell’uomo, scoprire dentro di se i principi che lo conducono all’Uno. In interiore homine stat veritas: la verità si trova nell’uomo. Nel 386 Agostino si converte al Cristianesimo; dopo aver trascorso un ritiro spirituale in Brianza, nel387 viene battezzato da Ambrogio. Viene poi inviato a Roma e nel 389 ritorna a Tagaste, dove da origine ad una comunità ascetica cambiando completamente il proprio stile di vita in seguito alla sua conversione. Un’opera che documenta molto bene questo periodo è chiamata Soliloquia, oppure anche Le Confessioni. Per costruire una riflessione sull’essere che connetta la ragione alla rivelazione, Tommaso parte dal concetto di ente, e lo suddivide in: ente logico, unione di soggetto e predicato, risultato di una connessione fra due concetti; la natura dei concetti non è reale, è piuttosto un fatto esclusivamente mentale. - ente reale, è l’individuo reale e concreto, è l’uomo (è questo uomo), ha tutte le proprietà che le categorie di Aristotele ci illustrano. Questo uomo, animale, perché si possa definire ciò, bisogna fare riferimento alla sua essenza\natura, alla sua quidditas, che costituisce la risposta alla domanda socratica quid est?. Tutto quello che è dotato di forma, natura, essenza è chiamata quidditas. A differenza di Aristotele, la quidditas è riferita non solo alla forma, ma anche alla materia. Ogni ente concreto ha quindi una sua quidditas che lo distingue. La sostanza, secondo Aristotele, è due cose: l’essenza dell’essere e l’essere dell’essenza. Egli non si pone il problema di giustificare l’esistenza stessa dell’essere, dentro la natura o forma non è compresa la spiegazione dell’esistenza. Tuttavia Tommaso accetta solo l’essenza dell’essere, ma non l’essere dell’essenza. Dall’essenza va distinta l’esistenza, che Tommaso chiama essere o actus essendi. La forma o la natura è in potenza, l’essenza è essere in potenza, l’esistenza è l’atto grazie al quale le essenze esistono. Per passare alla considerazione dell’esistenza è necessario passare dalla potenza all’atto, cioè bisogna dare ad una determinata cosa la capacità di esistere. Ogni realtà ha l’essere, ma non è l’essere, perciò ogni realtà è finita e contingente. Diventa essere con un passaggio dalla potenza all’atto. Esiste, ma non è l’esistenza. Nella forma non esiste il concetto di esistenza, abbiamo l’essere solo provvisoriamente. Solo Dio può esistere perché solo in lui essenza ed esistenza coincidono. Nelle creature contingenti, limitate, finite l’essere non fa parte dell’essenza. Noi non dovremo essere sempre, ma invece esistiamo solo per il tempo della nostra vita. Dio è in grado di aggiungere all’essenza l’esistenza, con un atto creativo e libero. L’essere delle creature e quello di Dio non sono univoci e nemmeno equivoci, ma sono analoghi, cioè hanno l’essere in proporzioni diverse. Principio di analogia entis: le creature sono simili a Dio, ma questo non è simile ad esse; le creature partecipano all’esistenza di Dio. C’è differenza fra essere ed essenza. Essere dell’essenza – singolo individuo dotato di forma Essenza dell’essere – forma L’essere di una cosa non fa parte dell’essenza di quella cosa; non comprende l’esistenza perché è una cosa immutabile, l’esistenza ci appartiene solo provvisoriamente. All’essenza non appartiene l’esistenza, questa appartiene all’essere finito solo per un determinato periodo di tempo. Esiste una forma, una quidditas, ogni cosa ha la sua natura, ma alla quidditas non è concessa l’esistenza. Il passaggio da una teorica quidditas ad una cosa reale consiste nell’aggiungere alla forma l’esistenza. Questo processo che illustra il passaggio dalla quidditas all’esistenza viene descritto come un passaggio dalla potenza all’atto. Nella metafisica di Tommaso l’individuo singolo non possiede l’esistenza a differenza di Aristotele; se gli enti non possiedono l’esistenza, ma la ricevono, allora sono contingenti e finiti, finiti nel tempo e non necessari, una cosa che non esiste sempre non esiste necessariamente. Tommaso dice che il passaggio dalla potenza all’atto, l’aggiunta dell’actus essendi, proviene da un essere che è infinito e necessario (deve per forza esistere), cioè Dio. Tutto ciò che è vita, non è vita ma la riceve da un essere che è vita è che è causa di tutte le vite, la cui essenza è appunto l’esistenza. Tommaso prende questa caratteristica di Dio dall’Esodo (Io sono colui che è\sono\ero detto a Mosè dal roveto ardente) dice: io sono colui la cui essenza è quella di esistere. Ma se l’essenza divina è l’essere, e noi riceviamo l’essere di Dio, allora parte di questo essere è in noi. Dal principio di analogia entis derivano due conclusioni: - tutto ciò che esiste in quanto partecipa all’essere di Dio, è uno, è buono ed è vero (dottrina dei trascendentali); - se tutti gli esseri contingenti portano una traccia di Dio, a partire dalla società umana è possibile dimostrare che Dio esiste e scoprire qualcuno degli attributi divini; la dimostrazione dell’esistenza diDio avviene dalla considerazione della realtà sensibile. Inoltre indica anche 5 vie attraverso le quali è possibile dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio: - la via del movimento, tutto ciò che si muovo riceve movimento da altro, quindi all’origine del movimento c’è qualcosa che muove senza essere mosso; - la via della causa; - la via del rapporto tra possibile e necessario, tutto ciò che esiste non esiste necessariamente, in quanto l’ esistenza di ciascuno degli altri non è vitale per gli altri; - la via dei gradi, cioè maggiore e minore perfezione, nella natura la scala degli esseri non termina con l’uomo ma con Dio; _ la via del fine, il mondo non è organizzato a caso, ma in vista di un fine ultimo. L’uomo ha una disposizione naturale verso il bene, è indirizzato al bene dal suo creatore. Ha un’inclinazione alla temperanza, fortezza, giustizia, prudenza che sono le quattro virtù cardinali. Fai tutto quello che la situazione ti consente di fare: prudenza. Una vita improntata alla virtù è una vita felice, ma non ancora beata, per essa occorrono le virtù teologali (possibili solo grazie alla fede), ossia fede, speranza e carità. Questa inclinazione verso il bene non determina, l’uomo può praticare la virtù ma non deve necessariamente praticarla. L’uomo non è determinato, è solo inclinato al bene. Il male nasce dall’uscita dall’ordine voluto da Dio. La ragione, pur essendo subordinata alla fede, da sola non arriva a comprendere Dio, ma svolge un ruolo decisivo. La grazia non elimina la natura, ma ne porta a compimento le potenzialità; la teologia è scienza (cioè comprensione razionale) ed è superiore alla scienza umana perché i principi di questa scienza derivano dalla rivelazione divina. La fede ed i contenuti della teologia hanno una loro razionalità o intelligibilità. La proposta di fede del Cristianesimo è qualcosa di ragionevole. Il cammino della ragione può essere riassunto in questo modo: - la ragione giunge alla soglia della rivelazione, conduce l’uomo alle soglie della fede come praeambula fidei; poi solo la fede può far salire l’uomo sull’ultimo gradino, quello della rivelazione divina. La rivelazione contiene dei principi che sono sviluppati ed articolati dalla ragione, al fine di analizzarli razionalmente. Praeambula fidei: - Dio esiste - Dio è uno - Dio ha quei caratteri che gli possono essere attribuiti attraverso la considerazione delle cose da lui create È inevitabile che la ragione giunga a queste tre conclusioni. Inoltre la ragione ha anche il compito di combattere quelle argomentazioni che sono contro il Cristianesimo= Summa contra gentiles .