Scarica Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo e più Appunti in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! L’ALLEGORIA ED EFFETTI DEL BUONO E DEL CATTIVO GOVERNO L'Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo è un ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena e databile al 1338-1339. La parete nord ospita l’Allegoria del Buon Governo: qui le figuri più importanti sono la Giustizia e il Ben comune. IL tema di insieme riguarda le rispettive conseguenze, politiche e sociali, del Rispetto e della prevaricazione della giustizia. L’Allegoria, ammirata dagli storici delle idee come la più brillante sintesi dell’ideologia del governo comunale è poco amata dagli storici dell’arte. Eppure, la sovrana serenità della figura di Pax basta a fugare il sospetto di povertà espressiva; e si osservino, ad esempio, i cittadini in primo piano, programmaticamente uguali, ma così diversi nelle fisionomie, quasi ritrattistiche, nei gesti, nel costume. E poi, le invenzioni iconografiche, oggetti “veri”, familiari, visualizzano concetti astratti e non ovvi; si vede ancora il gioco fra la “vera” corda che immobilizza i prigionieri e quella metaforica che lega nel bene i cittadini liberamente uniti. Capacità rappresentative “grande ingegno” vanno dunque di pari passo; e anche in questo, Ambrogio è brillante emulo di Giotto. Nella visione d'insieme, l'affresco si articola su tre registri: quello superiore con le componenti divine (Sapienza Divina e Virtù Teologali), quello intermedio con le Istituzioni cittadine (la Giustizia, il Comune, le Virtù non teologali), quello più basso con i costruttori, nonché fruitori, di queste istituzioni (esercito e cittadini). La corda simboleggia l'unione tra la Giustizia e il Comune, inscindibili e inutili senza l'altro e tenuti insieme dai cittadini in stato di armonia. L'affresco esprime anche la percezione della giustizia nella Siena del tempo, una giustizia che non è solo giudizio di giusti e colpevoli, ma anche regolatrice di rapporti commerciali. È inoltre una giustizia che, pur ispirata da Dio, non si perita a condannare a morte e soggiogare le popolazioni vicine. BENE COMUNE Al termine del corteo di cittadini troviamo il simbolo di Siena, la lupa con i due gemelli, sopra il quale emana il Comune di Siena, rappresentato da un monarca in maestà identificato con la scritta C[ommune] S[senarum] C[ivitas] V[irginis]. Il Comune è vestito in bianco e nero, ed ha numerosi ornamenti anch'essi in bianco e nero, chiaro richiamo alla balzana, simbolo di Siena. In mano tiene uno scettro ed uno scudo con l'immagine della Vergine col Bambino, affiancati da due angeli ed in testa ha un copricapo di pelliccia di vaio, riferimento allo stato di giudice. Al suo polso destro è legata la corda della giustizia consegnatagli dai cittadini stessi. Il Comune è protetto e ispirato dalle tre Virtù teologali, rappresentate alate in alto, ovvero la Fede, Speranza e Carità. Ai suoi lati siedono invece, su un ampio seggio coperto da un pregiatissimo tessuto, le quattro Virtù Cardinali, la Giustizia, Temperanza, Prudenza e Fortezza, con alcuni degli accessori tipici dell'iconografia medievale, che sono la spada, la corona e il capo mozzo per la Giustizia, la clessidra segno di saggio impiego del tempo per la Temperanza, uno specchio per interpretare il passato, leggere bene il presente e prevedere il futuro per la Prudenza, la mazza e lo scudo per la Fortezza. A loro si uniscono altre due Virtù non convenzionali, ovvero la Pace, mollemente semisdraiata in una posa sinuosa su un cumulo di armi e con il ramo di ulivo in mano, e la Magnanimità, dispensatrice di corone e denari. Più in basso troviamo l'Esercito della città, composto dalla cavalleria e dalla fanteria, che sottomette un gruppo di uomini di cui riconosciamo una serie di prigionieri legati da una corda, due uomini armati che consegnano il loro castello e un altro uomo che consegna le chiavi della sua città. SAPIENZA GIUSTIZIA E CONCORDIA La Sapientia alata – identificata da un’iscrizione come le altre personificazioni – sostiene la bilancia, che la Giustizia (come quella di Giotto a Padova), tiene in equilibrio, rivolgendole lo sguardo: la giustizia umana deve ispirarsi alla sapienza divina. Sopra la bilancia c’è un monito latino tratto dalla bibbia “Amate la giustizia voi che giudicate la terra”. Sui piatti, come in Giotto, due angeli compiono azioni diverse. Le identificano due iscrizioni: a sinistra Distributiva e, a destra Comutativa, che sono le parti della giustizia secondo la tradizione aristotelica. Per la prima, preposta a dare a ciascuno secondo i suoi meriti, l’angelo da solo, decapita un reo e incorona un giusto. L’angelo della Comutativa, che sovrintende alla regolarità degli scambi, consegna a due mercanti degli strumenti di misura, uno staio (usato per grano e sale) e due unità di misura lineari, garanzia di correttezza commerciale: siamo in una città di mercanti. Punire i rei, premiare i giusti, garantire le transazioni: questi, dunque, i fini primari della giustizia. I capi di una corda, annodati alla vita degli angeli, scendono a riunirsi nella mano di una figura seduta: Concordia, come si legge sulla pialla che tiene in grembo, simbolo di uguaglianza e “livellamento” dei contrasti. L’iscrizione spiega: la giustizia “induce ad unità li animi molti”, che subito si riconoscono nei ventiquattro cittadini, ben vestiti e civilmente conservanti, che si passano di mano in mano la corda consegnata da Concordia; la quale poi, finisce legata al polso della figura senile che domina la parte destra della composizione