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Ambito della giurisdizione amministrativa, Appunti di Procedimento Amministrativo

interesse legittimo, giurisdizione e competenza

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 22/09/2015

LuisaS91
LuisaS91 🇮🇹

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Scarica Ambito della giurisdizione amministrativa e più Appunti in PDF di Procedimento Amministrativo solo su Docsity! La caratterizzazione dualista del nostro sistema di giustizia amministrativa, incentrato sulla presenza di 2 giudici, quello ordinario competente a giudicare della lesione dei diritti soggettivi e quello amministrativo competente a giudicare della lesione degli interessi legittimi, ha posto il problema di fissare il criterio sulla base del quale determinare il giudice competente. Il punto controverso è sempre stato quello di capire se il riparto dovesse fondarsi sul criterio del petitum oppure della causa petendi? In base al criterio del petitum il giudice competente viene individuato in ragione del tipo di pronuncia richiesta: ▲ se si chiede l'annullamento dell'atto amministrativo illegittimo, il giudice competente è il giudice amministrativo; ▲ se si chiede una sentenza di condanna della p.a. al risarcimento dei danni, il giudice competente è il giudice ordinario. In base al criterio della causa petendi il giudice competente viene individuato in ragione della natura della situazione giuridica che si assume lesa: ▲ se ad essere leso è un diritto soggettivo, il giudice competente è quello ordinario; ▲ se ad essere leso è un interesse legittimo, il giudice competente è quello amministrativo. Nel 1930, dopo un lungo conflitto giurisprudenziale, Consiglio di Stato e Cassazione affermarono che il giudice competente va individuato in base al criterio della causa petendi e da allora non è più stato messo in discussione. Dottrina e giurisprudenza hanno dovuto comunque affrontare il problema di individuare ulteriori criteri sulla base dei quali qualificare una lite tra p.a. e privato in termini di controversia concernente la lesione di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo: • Teoria della degradazione dei diritti secondo questa teoria i diritti soggettivi colpiti dall'esercizio della potestà amministrativa degradano in interessi legittimi, con conseguente competenza del giudice amministrativo a conoscere della relativa controversia. Vi sono dubbi circa la possibilità di una simile trasformazione, perché l'attività amministrativa può sì estinguere o limitare i diritti soggettivi, ma difficilmente operarne una trasformazione. L'effetto di degradazione del diritto a interesse viene a mancare secondo la giurisprudenza in una serie di ipotesi in cui il diritto del privato è indegradabile, cioè si tratta di diritti resistenti in quanto costituzionalmente garantiti (come ad esempio i diritti dell'individuo, quali quello alla salute). • Nel 1949 la Cassazione a sezioni unite ha adottato il criterio di riparto basato sulla formula carenza di potere - scorretto esercizio del potere, dal quale non si è più allontanata. Si ha carenza di potere quando si contesta l'esistenza stessa del potere amministrativo. La controversia riguarda il diritto soggettivo e la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Si ha scorretto esercizio del potere quando si contesta il suo illegittimo esercizio. La controversia riguarda l'interesse legittimo e la giurisdizione spetta al giudice amministrativo. • Altro criterio di riparto è quello basato sulla distinzione tra norme di relazione e norme di azione. Si è in presenza di una norma d'azione quando la relativa disciplina è volta a tutelare l'interesse pubblico. In questo caso il privato è titolare di un interesse legittimo e la relativa controversia appartiene al giudice amministrativo. Si è in presenza di una norma di relazione quando la relativa disciplina è volta a tutelare l'interesse del privato. Il privato è titolare di un diritto soggettivo e la controversia appartiene al giudice ordinario. • Altra teoria è quella che si basa sulla differenza tra attività discrezionale e vincolata. Si ha attività vincolata quando la p.a. altro non deve fare se non accertare la corrispondenza tra la fattispecie concreta e la fattispecie astratta prevista dalla norma. In questo caso il privato può vantare un diritto soggettivo. Si ha attività discrezionale quando la p.a. con la propria decisione definisce in ragione della cura dell'interesse pubblico un assetto di interessi non interamente ricavabile dalla norma e dunque produce effetti giuridici innovativi in modo autoritativo. In questo caso il privato può vantare solo interessi legittimi. • Assume rilevanza la qualificazione di alcuni atti amministrativi come atti dichiarativi o meramente ricognitivi. Gli atti dichiarativi sono essenzialmente atti discrezionali. Gli atti meramente ricognitivi sono atti vincolati cioè riproducono un assetto di interessi preesistente. In presenza di questi si colloca un diritto soggettivo. Tale interesse non si identifica con l'interesse finale bensì con quell'interesse che nel diritto privato è denominato chance. Non vi è ancora oggi accordo in dottrina sulla definizione dell'interesse legittimo e soprattutto sull'oggetto e sull’interesse tutelato. In ogni caso deve esistere un rapporto di reciproca corrispondenza tra lesione dell'oggetto e bisogno di tutela e questa corrispondenza non si ravvisa nella teoria che identifica l'oggetto dell'interesse legittimo con la pretesa al corretto esercizio del potere amministrativo. Mentre nelle altre teoria tale rapporto di corrispondenza risulta rispettato. Se in dottrina esistono divergenze in ordine alla definizione dell'interesse legittimo, vi è invece consenso per i poteri che sono propri di tale situazione giuridica soggettiva e che possono essere esercitati dal titolare ai fini di tutela: • poteri di partecipazione al procedimento amministrativo; • potere di esperire i ricorsi amministrativi; • potere di proporre il ricorso in sede giurisdizionale. Per quanto riguarda la posizione della giurisprudenza, quest'ultima dopo una fase iniziale in cui si era attestata sulla posizione di non riconoscere all'interesse legittimo natura di situazione giuridica soggettiva, si è orientata a riconoscere tale natura, dividendosi sul problema dell'oggetto, anche se risulta maggioritario l'orientamento tendente a rinvenire tale oggetto nella pretesa al corretto esercizio del potere. La Cassazione con la s. 500/1999 ha aderito senza riserve alla tesi che vede in questo interesse una situazione giuridica soggettiva avente ad oggetto l'interesse a un bene della vita fatto oggetto dell'esercizio del potere amministrativo. Per lungo tempo, i danni derivanti dalla lesione degli interessi legittimi non erano considerati risarcibili. La situazione dopo la sentenza della Corte di cassazione n. 500 del 1999 è mutata e tali danni sono considerati, in presenza di determinate condizioni, risarcibili. Alla base dell'orientamento giurisprudenziale tradizionale vi erano due motivi: 1. particolare interpretazione della locuzione danno ingiusto di cui all’art. 2043 c.c. per cui per danno ingiusto era da intendersi soltanto quello derivante dalla lesione di un diritto soggettivo. Quindi, i danni che si determinavano a seguito della lesione da parte della p.a. dell'interesse legittimo non integravano uno degli elementi della fattispecie risarcitoria; 2. anche a voler considerare risarcibili i danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo, la relativa controversia non poteva trovare un giudice competente a risolverla. Non poteva il giudice ordinario in quanto giudice dei diritti soggettivi lesi dalla p.a. e non poteva neppure il giudice amministrativo in quanto sprovvisto del potere di pronunciare nei confronti della p.a. una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro, essendo consentita soltanto l'adozione di sentenze di annullamento del provvedimento illegittimo. Unico caso in cui si poteva ottenere il risarcimento era dato dal concorrere di due condizioni: ▲ da un lato un provvedimento illegittimo adottato dalla p.a.; ▲ dall'altro un interesse finale colpito dal provvedimento avente sul piano dell'ordinamento generale la consistenza di un diritto soggettivo. I fattori che hanno determinato la Corte di cassazione a cambiare posizione sono stati: • nuova rilettura dell’art. 2043 c.c. la locuzione danno ingiusto sta a significare danno derivante dalla lesione di qualsiasi interesse meritevole di tutela; • principio comunitario in base al quale la comunità deve risarcire i danni arrecati dalle sue istituzioni nell'esercizio delle loro funzioni; • entrata in vigore del d.lgs. 80/1998 ha determinato l'ampliamento delle materie di giurisdizione esclusiva e prevede la possibilità per il giudice amministrativo di condannare in sede di giurisdizione esclusiva l'amministrazione al risarcimento del danno ingiusto, comprese le ipotesi dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi. La sentenza n. 500/1999 nell'aprire alla risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo ha affrontato e offerto soluzioni a molte questioni giuridiche sia di ordine sostanziale sia di ordine processuale. Questioni processuali nella sentenza i giudici avevano posto due regole molto chiare: • il giudice competente a risolvere le controversie in tema di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo era il giudice ordinario, a meno che si tratti di controversie rientranti nella materia di giurisdizione esclusiva spettanti al giudice amministrativo; • l'azione di annullamento e quella risarcitoria potevano essere proposte alternativamente ovvero pendere contemporaneamente (l’una dinanzi al giudice amministrativo, l'altra dinanzi al giudice ordinario). Questioni sostanziali abbandono da parte dei giudici: • della necessaria correlazione tra danno ingiusto e lesione del diritto soggettivo; • della tesi della tipicità della fattispecie disciplinata dall’art. 2043 c.c. La locuzione danno ingiusto va interpretata come una clausola generale che offre protezione nei confronti di tutti danni arrecati anche ad interessi che pur non riconosciuti da una norma appaiono meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento si apre così lo spazio per la risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo. La Cassazione ha preso posizione sull'interesse legittimo definendolo una posizione giuridica di vantaggio riservata a un soggetto in relazione a un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo, consistente nell'attribuzione tale soggetto di poteri idonei a influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell'interesse al bene. Quindi, la Cassazione fa propria la teoria che pone come oggetto dell'interesse legittimo l'interesse al bene della vita. Nel quadro normativo attuale la cognizione delle questioni risarcitorie è attribuita espressamente al giudice amministrativo nel codice. Infatti, l’art. 7 comma 4 stabilisce che sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti missioni delle p.a., comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi. L’art. 30 comma 6 ribadisce che ogni domanda di condanna al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi, conosce esclusivamente il giudice amministrativo. Oggi, dopo l'introduzione del c.p.a. Il giudice amministrativo è l'unico giudice competente a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria per danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo. Tale domanda può essere proposta anche in via autonoma, indipendentemente dalla proposizione dell'azione di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo causativo del danno superamento della tesi della pregiudizialità che comportava che l'azione di risarcimento fosse esperibile dinanzi al giudice amministrativo solo in presenza della tempestiva impugnazione del provvedimento causativo del danno. seconda che le materie in essa confluite siano state attribuite al giudice in cognizione piena o limitata. La giurisdizione esclusiva costituisce una deroga al riparto delle controversie tra giudice ordinario e amministrativo basato sulle situazioni giuridiche soggettive lese, per cui il giudice amministrativo essendo competente a conoscere sia degli interessi legittimi lesi all'amministrazione sia dei diritti soggettivi che un soggetto possa vantare nei confronti dell'amministrazione, il giudice ordinario rimane escluso dalla possibilità di conoscere della controversia. Le materie in cui il giudice amministrativo esercita giurisdizione esclusiva sono elencate all’art. 133 c.p.a. in base al quale sono materie di giurisdizione esclusiva: • la giurisdizione in tema di risarcimento del danno ingiusto cagionato dall'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo; • le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture; • le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico; • le controversie in materia urbanistica ed edilizia; • le controversie in materia di concessione di beni pubblici. L'elencazione contenuta in tale articolo però non è esaustiva infatti lo stesso legislatore al co. 1 fa salve le ulteriori ipotesi previste dalla legge. Un cenno va fatto ai poteri del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva: Poteri istruttori sono ammessi nel processo tutti i mezzi di prova previsti dal c.p.c., nonché la consulenza tecnica, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento. Il giudice può così formulare un sindacato sul fatto costitutivo del provvedimento, cioè sulla valutazione e sull'apprezzamento dei fatti operato dall'amministrazione pubblica, con il rispetto del limite del merito dell'atto amministrativo (cioè non può operare un giudizio sull'opportunità del provvedimento, ammissibile solo in sede di giurisdizione di merito). Poteri decisori il giudice amministrativo ha oltre al potere impugnatorio dell'atto amministrativo incriminato, anche il potere di predisporre pronunce di condanna al risarcimento dei danni da questo derivanti qualora possibile condannare alla reintegrazione in forma specifica. All'interno della giurisdizione amministrativa la competenza è attribuita sulla base di questi criteri: • grado • territorio • materia. La competenza in base al grado è quella che disciplina il riparto della cognizione giurisdizionale tra giudici di grado diverso appartenenti allo stesso ordine giurisdizionale. Sono organi di giustizia amministrativa di primo grado i tribunali amministrativi regionali e il tribunale regionale di giustizia amministrativa per la regione autonoma del Trentino Alto Adige. Il Consiglio di Stato invece viene riconosciuto come organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa. Il criterio di competenza per grado trova alcune eccezioni: • il Consiglio di Stato è competente in unico grado con riferimento al giudizio di ottemperanza che sia esperibile in unica istanza; • gli appelli contro le pronunce del Tar della Sicilia sono proposti al consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia. Una delle novità più significative introdotte dal c.p.a risiede nel carattere inderogabile della competenza territoriale dei Tar, che invece era sempre derogabile, cioè il ricorrente aveva la possibilità di proporre il ricorso presso il Tar da lui prescelto. L’art. 13 c.p.a. dispone che: ▲ sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il Tar nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il Tar è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede (co. 1); ▲ Per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il Tar nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio (co. 2); ▲ Negli altri casi è inderogabilmente competente per gli atti statali il Tar del Lazio, mentre per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra regionale, il Tar nella cui circoscrizione ha sede il soggetto pubblico (co. 3); ▲ L'inderogabilità della competenza territoriale dei Tar si estende anche in ordine alle misure cautelari (co. 4). Il c.p.a ha quindi individuato con riguardo alla competenza per territorio che il criterio ordinario è quello della sede delle p.a. per cui è competente il Tar nella cui circoscrizione essa ha sede; mentre nei casi dubbi il secondo criterio è quello dell'efficacia dell'atto. Connessione oggettiva quando il ricorso proposto avverso uno o più atti amministrativi risulti, quanto all'oggetto dell'impugnativa, in tutto o in parte coincidente con altro ricorso già pendente davanti ad altro giudice amministrativo. Continua a mancare nel c.p. a una disposizione che preveda la confluenza in un'unica sede delle liti oggettivamente connesse. Il c.p. a nulla dice nemmeno per i casi di litispendenza che si ha quando si verifica la contemporanea pendenza di più processi relativi alla stessa causa (stesse parti, uguale petitum e identica causa petendi) davanti a giudici diversi. Secondo la giurisprudenza può applicarsi in via analogica il criterio della prevenzione di cui all’art. 39 c.p.c. co. 1 per cui se in sede di trattazione di un ricorso risulta che il ricorrente ha già proposto contro lo stesso provvedimento altro ricorso pendente davanti a un diverso Tar, il giudice adito per secondo deve dichiarare con sentenza la litispendenza e disporre con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo. Continenza di cause indica il rapporto tra due azioni, una delle quali più ampia, contiene in sé l'altra, essendo identici i soggetti e la causa petendi e con il solo petitum differente.
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