Scarica Anatomia del telencefalo e più Dispense in PDF di Neuroanatomia solo su Docsity! 171 CORTECCIA TELENCEFALICA È la parte del sistema nervoso che svolge le funzioni neurologiche più elevate. A differenza delle altre strutture del sistema nervoso per cui risulta più facile eseguire un’identificazione anatomica e funzionale delle loro componenti e delle loro proiezioni, per quanto riguarda la corteccia cerebrale, questa è talmente vasta, e le popolazioni di neuroni che la compongono sono ampiamente connesse tra loro, tanche che la localizzazione anatomica delle sue funzioni è scarsamente circoscrivibile. Questa grande interconnessione sta alla base dell’elevazione delle funzioni della corteccia cerebrale. La corteccia rappresenta la staziona finale delle vie sensitive e la stazione iniziale delle vie motorie, ma soprattutto rappresenta l’organo in cui si verifica l’elaborazione più complessa del segnale. La corteccia presenta delle aree correlate con funzioni specifiche, dette aree primarie. Ad esempio, l’area 17 è l’area specifica per le funzioni visive, l’area 41 è specifica per la terminazione delle proiezioni acustiche, l’area 3.1.2 per la componente somestesica primaria e l’area 4 per la componente motoria. Queste aree rappresentano l’origine per le vie motorie e la terminazione per le vie sensitive. La corteccia telencefalica, però, non è costituita solamente da aree massicciamente correlate ad una funzione specifica, ma è costituita principalmente da ulteriori aree, chiamate aree associative, che per essere comprese necessitano l’introduzione di un maggior livello di organizzazione funzionale. Le aree associative sono caratterizzate da neuroni la cui funzione è quella di associare, sia tra un emisfero e l’altro o nell’ambito di uno stesso emisfero, gruppi diversi di neuroni corticali. Queste aree sono molto vaste, poiché sono presenti delle funzioni complesse, che non sono più operate da semplici circuiti neuronali, ma sono presidiate da rete neurali complesse. Esistono aree associative che sono destinate esclusivamente ad un’area corticale primaria, le cosiddette aree unimodali, mentre altre aree associative che mediano associazioni più estese, le cosiddette aree associative multimodali. Intorno all’area visiva primaria (area 17) si trovano aree associative unimodali, che elaborano i segnali provenienti dall’area 17 stessa. Allontanandosi, anche fisicamente, sulla mappatura della corteccia si incontrano anche aree associative multimodali che interfacciano il segnale di natura visiva proveniente dalle aree associative visive unimodali con altre aree, quali, ad esempio, le aree sensitive generali. Esempio: Si guarda un’immagine. Le vie visive sono in questo caso attivate e, dopo una serie di passaggi, l’informazione retinica giunge all’area 17 nel lobo occipitale. Naturalmente, si è lontani dall’elaborazione e dal riconoscimento dell’immagine quando questa raggiunge l’area visiva primaria. Quindi, le aree associative visive (aree 18 e 19) svolgono certe funzioni sulle afferenze retiniche, che interpretano forma, colore e altri parametri dell’immagine osservata. Queste aree associative primarie trasferiscono poi questo “semilavorato” ad aree associative multimodali più lontane per l’interpretazione dell’immagine osservata, azione che implica un’associazione più vasta che comprende anche le funzioni di memorizzazione, di emozionalità o di analisi del contesto ambientale. La corteccia cerebrale: • ha una cellularità di 50 miliardi di neuroni e 500 miliardi di cellule gliali • occupa un volume di circa 1.5 L • ha un’estensione di 0.5 m2 • ha uno spessore variabile tra 2 e 4 mm (a seconda delle aree considerate) • ha una struttura laminare (multistratificata) e un funzionamento di tipo colonnare È chiaro che la corteccia, con una cellularità così elevata e con una tale estensione, non possa essere liscia, altrimenti eccederebbe la volumetria del cranio. Pertanto, la corteccia, la sua superficie nella sua estensione è continua, è piegata a formare delle circonvolluzioni, separate da solchi. I solchi fra le circonvoluzioni sono più o meno profondi. Quest’ultimi prendono il nome di scissure, o solchi primari, sono presenti in numero di cinque e sono importanti dal punto di vista della topografia della corteccia cerebrale. Si distinguono ➢ Scissura centrale (di Rolando) Ha andamento quasi verticale e segna il confine fra il lobo frontale, che vi si pone anteriormente, e il lobo parietale degli emisferi, posto posteriormente ad essa. ➢ Scissura laterale (di Silvio) Segna il confine fra il lobo temporale e i lobi frontale e parietale. Essa può essere divaricata per mostrare nella regione sottostante il lobo dell’insula. Profondamente a questa, separati da essa da uno strato di sostanza bianca, si osservano il claustro e la faccia esterna del putamen. ➢ Scissura parieto-occipitale Separa il lobo parietale dal lobo occipitale. ➢ Scissura del cingolo Isola la circonvoluzione del cingolo, che si pone intorno al corpo calloso e che fa parte del lobo limbico. ➢ Scissura calcarina Si trova nel mezzo dell’emisfero occipitale, ed è visibile sulla faccia mediale del lobo. Con i suoi labbri essa circonda l’area 17, che corrisponde all’area visiva primaria. Grazie alla presenza dei solchi primari, la corteccia può essere divisa in lobi. Questi sono: ➢ Lobo frontale Si trova anteriormente alla scissura centrale di Rolando. ➢ Lobo parietale Si trova posteriormente alla scissura centrale. 175 Concentrandosi sulle aree motrice primaria (area 4, in rosso) e sensitiva primaria (area 3.1.2, in blu) si può notare che i neuroni che le compongono sono organizzati somatotopicamente. Ne deriva che la disposizione somatotopica delle fibre, sia afferenti che efferenti da e verso queste aree, è conservata anche a livello corticale. Per quanto riguarda l’area motrice primaria, i neuroni che la popolano daranno origine alle fibre discendenti dei fasci piramidali. L’area destinata all’innervazione della muscolatura della faccia è molto ampia e gli assoni di questi neuroni percorreranno il ginocchio della capsula interna al passaggio attrvaerso di essa. Altrettanto ampia è l’area, più apicale, destinata al controllo della muscolatura della mano, mentre più limitate in termini di estensione sono le aree destinate al controllo degli altri segmenti corporei. Questa disposizione prende il nome di Homunculus motorio. Le proporzioni dei segmenti corporei sull’Homunculus motorio non sono corrispondenti alle aree realmente innervate da questi neuroni, ma la loro estensione di proiezione corticale dipende dalla densità di neuroni, e in definitiva delle unità motorie che andranno a innervare gli assoni dei motoneuroni dei nervi cranici e spinali cui queste fibre sono destinate. L’Homunculus sensitivo segue un principio analogo. Sostanzialmente, questo consiste in una mappatura della densità recettoriale dei diversi segmenti corporei tale per cui le aree con una maggiore densità recettoriale occuperanno porzioni più ampie dell’area 3.1.2, mentre quei segmenti corporei che presentano meno recettori occuperanno porzioni meno estese, indipendentemente dalle loro dimensioni reali effettive. La cito-architettonica della corteccia telencefalica non è uniforme, come invece accade nel cervelletto, ed è molto più complessa. Innanzitutto, si evidenziano zone in cui la corteccia è più sottile e formata da soli tre strati, e zone in cui questa è più spessa e suddivisibile in sei strati sovrapposti. Esistono, ovviamente, situazioni di cito- architettonica intermedie fra questi due estremi. La corteccia più semplice, a tra strati corticali, è anche quella più antica e viene detta archicorteccia (o archicortex). Man mano che aumentano gli strati della corteccia, quindi man mano che la cito-architettonica della corteccia si fa più complessa e si multistratifica, si passa dall’archicortex ad una neocorteccia (o neocortex), passando attraverso una paleocorteccia (o paleocortex). La neocorteccia, a sei strati corticali, è la più vasta e occupa la parte maggiore del mantello corticale degli emisferi telencefalici. La neocorteccia è composta da: I. uno strato molecolare, composto da fibre di sostanza bianca e da poche cellule II. uno strato dei granuli esterno III. uno strato di neuroni piramidali superficiali IV. uno strato dei granuli interni V. uno strato dei neuroni piramidali profondi VI. uno strato dei neuroni polimorfi (o fusiformi) Quindi, la neocorteccia è composta da diverse tipologie di cellule, quali: • cellule piramidali, eccitatorie, i cui assono sono efferenti dalla corteccia • cellule stellate lisce o spinose (cellule dei granuli), rispettivamente inibitorie ed eccitatorie • cellule bipolari I neuroni eccitatori della corteccia utilizzano prevalentemente il glutammato come neurotrasmettitore, mentre i neuroni inibitori sono prevalentemente cellule GABAergiche. Gli strati granulari sono popolati dalle cellule dei granuli, le quali ricevono le afferenze e mediano, insieme alle cellule piramidali, connessioni intra-corticali. Gli strati granulari sono pertanto campi recettoriali. Gli strati piramidali sono invece strati da cui originano le efferenze dalla corteccia. Più nel dettaglio, per quanto riguarda le afferenze e le efferenze che la corteccia riceve o emette: ➢ Afferenze corticali Sono costituite da: o Fibre associative (zone di corteccia appartenenti allo stesso emisfero, adiacenti) o Fibre commissurali (zone di corteccia dell’emisfero controlaterale, spesso tra loro omologhe) o Fibre talamo-corticali, sia specifiche (sensibilità protopatica e sensibilità epicritica verso l’area 3.1.2, radiazione ottica per l’area 17 e acustica per all’area 41) che aspecifiche (dai nuclei intralaminari del talamo, a proiezione diffusa) o Fibre colinergiche e aminergiche dal tronco encefalico (formazione reticolare), dall’ipotalamo e dal proencefalo basale ➢ Efferenze corticali o Fibre associative lunghe o brevi, intra-emisferiche o Fibre associative commissurali (interemisferiche) 177 o Fibre di proiezione verso i nuclei della base (per tramite del centro ovale della sostanza bianca degli emisferi), il talamo, il tronco encefalico e il midollo I neuroni piramidali hanno una tipica forma, appunto, a piramide. Questi neuroni presentano un dendrite apicale particolarmente sviluppato e una serie di dendriti basali che si diramano lateralmente, dagli apici della forma complessivamente triangolare della cellula, verso gli strati circostanti di corteccia. Sono neuroni con un albero dendritico di dimensioni molto elevate, e quindi intrattengono numerosi contatti sinaptici con la cellularità della corteccia. [NB: solitamente, in ragione di questo sviluppo delle ramificazione così esteso, che oltrepassano i confini dei diversi strati istologici corticali, è logico attribuire la topografia dell’istologia cito-architettonica corticale al posizionamento del pirenoforo della cellula neuronale considerata all’interno di uno strato piuttosto che di un altro.] È possibile registrare sulla superficie corticale, mediante elettrodi posizionati sulla superficie esterna del cranio, i potenziali elettrici dell’attività corticale. Questa metodica prede il nome di elettroencefalografia. L’elettroencefalografia (EEG), molto utile nella diagnostica della patologia neurologica, descrive l’attività elettrica globale di determinate aree della corteccia, in termini di depolarizzazioni e ripolarizzazioni degli strati corticali. Per cui, la colonna di corteccia è sede di un’intesa attività computazionale di un aspetto funzionale, che rappresenta l’aspetto funzionale cui è destinata la colonna stessa. Una fibra in entrata, ad esempio, una proiezione specifica talamo-corticale, in un qualsiasi punto della corteccia intratterrà delle sinapsi con le cellule dei granuli (strato IV)di uno strato corticale. Le cellule dei granuli proietteranno poi sulle cellule piramidali, le quali, dopo aver rielaborato il segnale, a loro volta proiettano, mediante i loro assoni, le efferenze più appropriate. Le cellule piramidali dello strato superficiale saranno destinate a proiettare a colonne adiacenti delle corteccia oppure alle aree omologhe dell’emisfero controlaterale, mentre le cellule piramidali dello strato interno hanno solitamente proiezioni sottocorticali. Ciascuna colonna, che può quindi ricevere afferenze più o meno specifiche di origine talamiche o afferenze associative, opera una computazione dell’input in ingresso e genera un output destinato a fornire fibre afferenti alle colonne adiacenti o alle colonne più lontane. Da alcuni strati delle colonne motrici origineranno poi fibre a proiezione lunga, come per esempio i fasci cortico-nucleari o cortico-spinali. Il livello computazione avviene per colonne. Questo implica una rielaborazione del segnale attraverso i vari strati della colonna stessa e un output, diretto tramite fibre associative brevi o lunghe ad altre porzioni della corteccia. Dalle aree somestesiche primarie partono afferenze per le aree associative unimodali, condizione che comporta un allargamento dell’area computazionale. Dalle aree associative unimodali si ottengono infine proiezioni destinate alle aree associative multimodali, e quindi il quadro computazione si espande ulteriormente. Da notare che l’area somestesica primaria e l’area motrice primaria si trovano estremamente vicine. Il motivo è da ricercare nel fatto che non può esistere motricità volontaria adeguata senza afferenze sensitive generali altrettanto adeguate. La sensibilità generale e le sensibilità specifiche rappresentano il database elaborativo dei 181 programmi motori. A ciò si aggiungono anche le afferenze provenienti dall’elaborazione degli stimoli visivi e uditivi, in maniera tale per cui il programma motorio sia adeguato all’ambiente fisico in cui questo deve essere svolto e allo scopo intenzionale di tale movimento. Nel caso dell’interpretazione delle afferenze visive, quando queste vengono impiegate per affinare il programma motorio, questo segnale è inviato verso l’area 7, che a sua volta proietta verso l’area 6, l’area di programmazione motoria volontaria, la quale proietta infine verso l’area 4, l’area motrice primaria. Le aree primarie comprendono le aree: • 3, 1, 2 (corteccia sensitiva primaria) • 4 (corteccia motoria primaria) • 17 (corteccia visiva primaria) • 41 (corteccia uditiva primaria) Considerando le afferenze sensitive somatiche, sia epicritiche che protopatiche, che pervengono al talamo, a queste fanno sinapsi nel nucleo ventrale posterolaterale (VPL), nel quale, analogamente ai fasci ascendenti, mantengono un’organizzazione somatotopica. I lemnischi mediali (ex-fasci di Goll e di Burdach), che trasportano la sensibilità dal resto del corpo, si dispongono in maniera tale per cui alla porzione mediale del nucleo giungono le afferenze dal tronco e dell’arto superiore, mentre ci si sposta in senso cranio-caudale a mano a mano che si procede lateralmente. Il lemnisco trigeminale, che trasporta la sensibilità della testa, si porta al nucleo ventrale posteromediale (VPM). Le fibre sono, inoltre, completamente crociate a livello bulbare. La proiezione talamo-corticale che origina dai nuclei ventrali posterolaterali è diretta all’area sensitiva primaria 3.1.2, collocata a livello della circonvoluzione parietale ascendente (o postcentrale). L’area 3 è, inoltre, suddivisa in una porzione più profonda, che si colloca verso il fondo della scissura di Rolando, e in una porzione più di parete, dette rispettivamente aree 3a e 3b. La porzione 3a riceve informazioni dai fusi neuromuscolari, ovvero la quota di sensibilità propriocettiva che risale verso l’ecenfalo tramite i fasci di Goll e di Burdach (percezione propriocettiva). La porzione 3b, invece, riceve le informazioni provenienti da recettori cutanei di diverso tipo (tattili, recettori di tensione e termocettori). Le aree 3a e 3b proiettano insieme verso l’area 2, la quale riceve direttamente le afferenze dalle articolazioni. Quindi, già nella porzione 2 dell’area 3.1.2 comincia ad esserci un certo livello di integrazione. L’area 3 è la vera area di ricettività primaria, cioè integra tra loro informazioni di varia natura che separatamente vi giungono, poi queste vengono “impacchettate” e inviate all’area 2, dove cominciano ad integrarsi con le informazioni provenienti dalle articolazioni. L’area 2 proietta infine verso l’area 1 dell’area 3.1.2. Quest’ultima proietta verso le aree immediatamente vicine, in particolar modo all’area 5 e all’area 7, un’area supplementare di programmazione motoria. Esempio: Si immagini di tenere in mano una chiave, e più precisamente di tenerla tra il primo e il secondo dito. Dal punto di vista della sensibilità cutanea, i campi recettoriali e le colonne corticali di pertinenza sono più ristrette. Tuttavia, man mano che le fibre giungono all’area 3.1.2, le associazioni corticali ampliano questi campi, mettendo in connessione colonne a modalità differenti con territori d pertinenza differenti, creando un’integrazione della sensibilità rispetto alla tensione muscolare, alla sensibilità cutanea e al posizionamento delle articolazioni nello spazio. Tutto ciò implica, in questo esempio, il primo e il secondo dito, ovvero quelli interessati ad afferrare l’oggetto. Il complesso della sensibilità necessaria ad afferrare la chiave con le prime due dita della mano viene inizialmente scomposto nelle singole componenti, le quali arrivano separatamente alle varie porzioni corticali diverse dell’area 3.1.2. I segnali provenienti dai campi recettoriali dalla cute generano una rielaborazione in colonne adiacenti corticali, ciascuna delle quali si interessa separatamente della computazione corticale di un particolare tipo di sensibilità, proveniente da un singolo campo recettivo. Queste informazioni computazionali, passando ad aree associative adiacenti, vengono quindi integrate e ricomposte, a formare on un mosaico, detto mosaico corticale, che riprende la forma completa della sensibilità tattile e propriocettiva delle prime due dita della mano. Analogamente, volendo far riconoscere ad un paziente per stereognosia (riconoscimento tattile) la stessa chiave, la rielaborazione computazionale puramente sensoriale primaria dell’area somestesica primaria non è sufficiente per esprimere questo giudizio. È necessario che questo segnale computazione già integrato venga passato ad altre aree, per esempio l’area 5 o l’area 7, in cui si organizza un movimento delle dita rispetto all’oggetto preso. Tale azione è finalizzata ad un esame delle caratteristiche fisiche della chiave, per poterla poi ricostruire tridimensionalmente in assenza di afferenze visive, paragonarla ad eventi mnemonici immagazzinati e riconoscerla quindi come tale. Questo è un compito progressivamente sempre più complesso, che non è svolto – e non potrebbe esserlo – dall’area sensitiva primaria, che passa il proprio elaborato alle aree associative unimodali, prima, e multimodali, dopo. Se si volesse utilizzare la chiave per compiere un’azione precisa – ad esempio, aprire una porta – si dovrà impostare un programma motorio che terrà conto sia delle intenzioni motorie, sia del posizionamento della chiave fra le dita della mano, e conseguentemente della distensione e della direzionalità del movimento da compiere per avvicinare la chiave alla serratura. È chiaro quindi, che il complesso sensitivo interviene anche nell’atto di programmazione motoria.