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Anfitrione di Plauto, Traduzioni di Lingua Latina

Traduzione LETTERALE con appunti di grammatica vicino e TUTTI I PARADIGMI dei verbi

Tipologia: Traduzioni

2017/2018

In vendita dal 07/10/2018

Chiara1312acab
Chiara1312acab 🇮🇹

4.4

(84)

19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Anfitrione di Plauto e più Traduzioni in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! Argomenti 1 e 2: “Giove, volto nell’aspetto di Anfitrione, mentre [quello] conduceva la guerra con i nemici Teleboi, prese Alcmena [come] moglie provvisoria. Mercurio assume l’aspetto del servo Sosìa, assente; Alcmena è ingannata da queste astuzie. Dopo, al ritorno dei veri Anfitrione e Sosìa, entrambi sono beffati [dalle astuzie] in modo mirabile. Da qui litigio e tumulto tra moglie e marito, finché Giove, emettendo voce dal cielo con un tuono\con tuoni, si confessa adultero.” “Giove, preso d’amore per Alcmena, mutò se stesso nell’aspetto di suo marito Anfitrione,mentre combatte contro i nemici per la patria. Mercurio lo serve nelle vesti di Sosia: lui quando quelli arrivano (al loro ritorno) prende in giro servo e padrone. Anfitrione fa una scenata alla moglie: e si accusano vicendevolmente di adulterio. Blefarone, preso come giudice, non può distinguere chi dei due sia Anfitrione. Ogni cosa vengono a sapere (sfumatura impersonale: si viene a sapere tutto) Alcmena partorisce (due) gemelli.” • verto, vertis, verti, versŭm, vertĕre: “volgere” • gero, geris, gessi, gestŭm, gerĕre: “portare, compiere” • decipio, decipis, decepi, deceptŭm, decipĕre: “ingannare” • redeo, redis, redii-ivi, reditum, redire: “tornare indietro” re+eo • deludo, deludis, delusi, delusum, deludere: “ingannare” de+ludo • confiteor, confitēris, confessus sum, - , confitēri: “confessare” deponente • Subservio, is, ire= “servire da sotto” • decerno, decernis, decrevi, decretŭm, decernĕre: “combattere” • ciĕo, ciĕs, civi, citŭm, ciēre: “provocare” • rapto, as, avi, atum, are= frequentativo di “rapio” + to accusare da rapire in giudizio • queo, _, quivi, _, quire: “potere” irregolare • enitor, eris, enisus sum, eniti: “partorire” 1|63: “Come voi volete, che nei vostri affari di comprare e di vendere, io lieto assista ai guadagni e aiuti in tutte le cose, e come volete che le azioni e i conti di voi tutti vadano bene all’estero e in patria, che crescano con un buono e ampio e perpetuo guadagno sia le cose che avete cominciato, sia che comincerete, e come volete che con tutte buone notizie voi e le vostre cose io assista, le apporti, le annunci, quelle che massimamente sono nel vostro comune interesse • Infatti certo voi sapete già che è stato concesso e dato A me dagli altri dei che io presieda alle notizie e al guadagno - , come volete che io queste cose esaudisca, mi sforzi, affinché a voi tocchi sempre un guadagno perenne, così voi farete silenzio a questa recita, e così qui tutti sarete giudici equi e giusti. Ora, per ordini di chi io vengo (interrogativa indiretta indicativa) e per quale motivo io sia venuto (congiuntiva), dirò e contemporaneamente io stesso pronuncerò il mio nome. Vengo per ordine di Giove; Ho nome Mercurio (dativo di possesso con prodelisione). Mio padre mandò me qui da voi per pregarvi (supini in “um”), anche se sapeva (concessiva con l’indicativo) che voi avreste fatto ciò che fosse stato detto a voi come un ordine, certo poiché aveva capito (relativa causale con indicativo ppf.), 65|153 Ora dirò innanzitutto la cosa per cui sono venuto a pregarvi (supino finale), poi dirò l’argomento di questa tragedia. Perché avete contratto la fronte? Perché ho detto Che questa sarà una tragedia? (causale introdotta da “quia”) Sono un dio, la cambierò. Questa stessa, se volete, farò che sia (ut sit) da tragedia a commedia con tutti i medesimi versi. Volete che lo sia o no? Ma che sciocco, quasi non sapessi che voi lo volete, dal momento che sono un dio (relativa causale) Capisco che cosa del vostro animo ci sia riguardo a questa cosa (complemento di argomento con “super”) Farò che sia una commedia mista di tragico; Infatti che io faccia che sia continuamente una commedia, non mi pare giusto, dal momento che vi partecipano re e dei (relativa causale con “quo”). E allora? Poiché qui anche un servo ha delle parti, farò che sia, come ho detto prima, una tragicommedia. Ora Giove ha ordinato che io chieda questo da parte vostra (a vobis), (completiva volitiva) che ispettori vadano sedile per sedile Per tutta la cavea (platea) verso gli spettatori. Se gli spettatori avranno visto dei faziosi per qualcuno (ordina) che nella cavea le toghe siano prese come pegno. Sia che alcuni sollecitassero la palma per gli attori Sia per un qualche artista – sia per mezzo di lettere scritte Sia che qualcuno personalmente sollecitasse, sia per mezzo di un intermediario (manca un piede metrico); Sia che perfino gli edili diano a qualcuno in modo sleale Giove ordinò che la legge fosse allo stesso modo, come se avesse sollecitato una magistratura per sé o per un altro. Disse che voi vivete vincitori per la virtù Non per slealtà o imbroglio; perché meno Dovrebbe essere la legge uguale per un attore che per un grande uomo? Bisogna sollecitare per mezzo della virtù, non per fautori colui che agisce in modo retto ha sempre abbastanza (di, è un partitivo) fautori, se hanno buona fede coloro che hanno in mano questa situazione (dat. Di possesso + antecedente del relativo). Anche questa cosa mi diede tra gli incarichi Che (completiva) ci fossero degli ispettori per gli artisti Se qualcuno avesse mandato per sé dei delegati (amici suoi) per applaudire O se un altro avesse fatto meno di ciò che era giusto, che si taglino a pezzi i suoi vestiti e la pelle. Non vorrei che voi vi meravigliaste per il fatto che Giove Ora cura gli attori. Non meravigliatevi. Giove in persona sta per recitare questa commedia (perifrastica attiva). Perché vi siete stupiti come se veramente una cosa nuova Ora si dicesse, che Giove fa una recita (infinitiva oggettiva)? Anche l’anno scorso, quando qui nel proscenio, gli attori invocarono Giove, venne, e gli fu di aiuto. Inoltre, certo, si presenta nella tragedia. Questa commedia, dico, qui oggi reciterà Giove stesso, e io insieme con lui. Ora (segnala testo incerto) volgete l’animo, mentre esporrò l’argomento di questa commedia. Questa città è Tebe; in quella casa abita Anfitrione, nato ad Argo da padre Argivo, e con lui è sposata Alcmena, figlia di Eletrione. Ora questo Anfitrione è capo delle legioni (il prae regge il dativo); infatti il popolo tebano ha una guerra con i teleboi, prima che lui stesso andasse via da qui nell’esercito, rese gravida sua moglie Alcmena. Ora io credo che voi sappiate già come sia mio padre, quanto sia libero di queste molte cose, e quanto grande amatore sia una volta che qualcosa sia piaciuto. Egli cominciò ad amare Alcmena, nascostamente (al) marito, e prese per se il prestito (godimento) del suo corpo, e la rese gravida con il suo abbraccio. Ora, affinché capiate più giustamente la situazione su Alcmena, è gravida dall’una e dall’altra parte, sia dal marito sia dal sommo Giove, e mio padre, ora dentro dorme con lei e per questo motivo (ob eam rem, causa) questa notte (haec nox) è stata resa (facta est) più lunga, mentre mio padre prende piacere <con> quella che vuole ma si è cambiato così come se fosse Anfitrione. Ora, affinché voi non guardiate con meraviglia (ne admiremini) questo mio abbigliamento, perché io sono venuto avanti qui così, con costume servile (=vestito da schiavo), una vecchia e antica storia racconterò a voi come nuova (predicativo dell’oggetto), per questo sono venuto avanti ornato (vestito) in modo nuovo. Infatti mio padre ora è dentro ecco Giove, ha cambiato se stesso in aspetto di Anfitrione così arrivando da fuori (avverbio: peregre) sarei/sarò accolto in ospitalità a spese pubbliche (publicitus). Mi costrinse a queste cose (coegit + doppio accusativo) la prepotenza del padrone, il quale spinse a quest'ora di notte dal porto (me) contro voglia (ingratis) Non avrebbe potuto ugualmente mandarmi a quest'ora di giorno? (potuit falso condizionale) Per questo è dura la schiavitù verso un uomo ricco, per questo è più sventurato il servo di un ricco (magis miser=miserior): sia di notte sia di giorno (tempo continuato) continuamente (assiduo) c'è abbastanza e oltre di ciò che bisogna fare o dire tanto da non essere tranquillo. Il padrone stesso, ricco, inesperto di lavoro e di fatica, pensa che si possa (fare) qualunque cosa all'uomo liberamente avvenga (in mente). (retur posse quodcumque liberi homini accidit); Pensa che sia giusto, non pensa che cosa sia di fatica (variatio: putat regge l'infinitiva, reputat regge l'interrogativa indiretta) né penserà che ha ordinato una cosa giusta oppure ingiusta. Dunque nella schiavitù toccano molte cose ingiuste, questo peso è da tenere e sopportare con la fatica. Me: è più giusto che io lamenti la schiavitù in quel modo: poiché io oggi sono stato libero, ora il padre ridusse in schiavitù lui | il padre ora ha ridotto in schiavitù quello che oggi io ero stato libero; colui che è nato schiavo si lamenta So: sono davvero un servo da picchiare: subito mi venne in mente di rendere grazie agli dei arrivando, in cambio dei meriti e pregare? (alloqui= loquor ad, cioè parlo verso, quindi prego) Certamente (“ne” asseverativo) quelli, per Polluce, se volessero rendermi grazie (ricompensarmi) secondo il mio merito sceglierebbero qualche uomo che spacchi bene la faccia a me che arrivo, poiché ho ritenuto ingrate e vane le cose che hanno fatto bene verso di me. Me: lui fa ciò che non sono soliti fare comunemente (volgo= avverbio), di sapere (ut sciat= completiva) di cosa lui sia degno (interrogativa indiretta) SO: ciò che mai ho creduto, né qualcun altro dei concittadini (credette) che sarebbe avvenuto, questo (ci) toccò di impadronirci (di raggiungere) salvi la casa (patria) (Regola di “Potior” con genitivo anzi che ablativo). Le legioni vincitrici, essendo stati vinti i nemici (abl. Assoluto) ritornano a casa (in patria) Essendo finita una guerra grandissima e uccisi i nemici (2abl assoluti) E quella città che causò al popolo tebano molti aspri lutti, quella è stata vinta ed espugnata con la forza e il valore dei soldati, con il comando e l’auspicio soprattutto del mio padrone Anfitrione: arricchì i suoi concittadini (populares) con bottino e territorio e gloria (adoria), e al re tebano Creonte consolidò il suo regno (suo è espresso con “suum” anzi che “eius” benché il possessore non sia il soggetto). Mandò me avanti (praemisit) a casa dal porto, per annunziare a sua moglie queste cose: come aveva gestito la cosa pubblica con la guida, il comando l’auspicio suo. Ora io rifletterò in qual modo dirò a lei queste cose _ quando sarò arrivato là [N.B: Dicam” dovrebbe essere un congiuntivo di interrogativa indiretta ma è circondato da futuri anteriori, quindi potrebbe anche essere un futuro semplice omografo al congiuntivo] Se avrò detto una bugia avrò fatto al solito secondo la mia abitudine (al solito è participio di soleo, semideponente); Infatti quando combattevano al massimo, io allora fuggivo, ma tuttavia fingerò come se fossi stato presente, e le cose udite racconterò. Ma in qual modo e con quali parole convenga che io parli, prima io stesso anche con me voglio riflettere qui: così dirò questo. All’inizio, quando arrivammo laggiù, appena toccammo terra, subito Anfitrione scelse gli uomini più insigni (principes) tra i primi. Li manda; ordina che dicano ai teleboi la sua sentenza (ultimatum) se vogliano senza violenza e senza guerra consegnare le cose rapite e i rapitori, se restituissero le cose che avevano rubato, lui subito riporterà l’esercito in patria, gli argivi se ne andranno dal territorio, pace e tranquillità concede a loro; ma se siano diversamente intenzionati e non diano ciò che lui chiede, lui dunque avrebbe assalito la loro città con grandissima violenza e con le truppe (viris). Quando (gli ambasciatori) che Anfitrione aveva mandato ebbero riferito (iteraverunt) queste cose per filo e per segno (ordine), i magnanimi eroi, fiduciosi nel valore e nelle forze, assai superbamente con ferocia insultano i nostri ambasciatori; rispondono che possono difendere con la guerra se e i suoi, dunque che portino via rapidamente l’esercito dai suoi confini. Quando gli ambasciatori riferirono queste cose, Anfitrione subito porta fuori tutto l’esercito dal campo, all’opposto i Teloboi portano fuori dalla città le loro legioni, fornite di armi veramente belle. Dopo che dall’una e dall’altra parte si uscì con grandissima truppa ( con tutto l’esercito), schierati gli uomini, schierate le file: noi secondo la nostra usanza e abitudine schierammo le nostre legioni, allo stesso modo i nemici dall’altra parte schierano le loro legioni. Poi entrambi gli imperatori escono in mezzo, fuori dalla turba delle file parlano insieme. Ci si accorda che, quali dei due siano vinti in quella battaglia, che consegnino la città, il territorio, gli altari, i focolari e se stessi. Dopo che fu fatto questo, da entrambe le parti all’opposto suonano le tube; risuona la terra, dall’una e dall’altra parte alzano il grido. Il capo dall’una e dall’altra parte di qua e di là a Giove Eleva preghiere <dall’una e dall’altra parte> esorta l’esercito (sono due infiniti storici). Ciascuno per se stesso (nella nota dice: “ciascuno in base al proprio valore”) ciò che ciascuno sia vale, dimostra, ferisce con il ferro, spezzano le lance, rimbomba il cielo, per il fremito degli eroi, dal fiato e dal respiro (endiadi: dal respiro affannoso) si forma una nebbia, gli eroi cadono per la violenza delle ferite. Infine, come volemmo, la nostra schiera vince: i nemici cadono fitti; i nostri all’opposto incalzano. Abbiamo vinto i feroci (la nota traduce “noi feroci abbiamo vinto con la forza”) con la forza ma tuttavia nessuno si volge in fuga E non si ritira dal posto senza subito gestire la cosa (fare il suo dovere); perdono la vita prima di spostarsi dal luogo (fissato): ciascuno come era stato in piedi giace (morto) e mantiene il posto. Quando il padrone Anfitrione ebbe visto ciò, subito ordina di portare i cavalieri da destra. I cavalieri ubbidiscono rapidi, da destra con grandissimo clamore Volano avanti, con impeto ardente; colpiscono e travolgono giustamente le ingiuste truppe dei nemici Me: C’era un orcio di vino, da lì ho riempito una bottiglia. So: E’ entrato in strada (è sulla giusta via) Me: Quella (la bottiglia) di vino puro l’ho bevuta fino in fondo, come era nato dalla madre (comparativa, “natum” riferito a vino) So: E’ accaduto ciò, che io lì mi sia bevuto fino in fondo la bottiglia di vino puro. Sono miracoli se non si è nascosto lì in quella bottiglia. Me: Cosa allora? Vinco con le prove, che tu non sei Sosia? So: tu neghi che lo sono? Me: Perché non dovrei negarlo, dal momento che lo sono io? (relativa causale introdotta da “qui”) So: Per Giove, giuro che lo sono e che non dico il falso. Me: Ma io, giuro per Mercurio che Giove non ti crede, infatti senza giuramento, lo so, crede più a me che a te con giuramento. So: Chi sono almeno se non sono Sosia? Ti interrogo. Me: Quando io non volessi (nolim, congiuntivo presente di “nolo”)essere Sosia, tu sii pure Sosia. Ora, dal momento che lo solo (relativa causale), prenderai botte, se non te ne vai da qui (periodo ipotetico della oggettività, 1° tipo), sconosciuto. So: Certo, per Polluce, quando guardo quello e riconosco il mio aspetto, in qual modo io sono – spesso mi sono guardato allo specchio – è molto simile me; allo stesso modo ha il petaso e l’abito: è tanto simile a me quanto lo sono io. Gamba, piede, altezza, capigliatura, occhi, naso o bocca, mascelle, mento, barba, collo: tutto. Che bisogno c’è di (altre) parole? Se la schiena è piena di cicatrice, niente è più simile di questo simile (non c’è niente di più simile di questo). Ma quando penso, certamente (certamente certo= equidem certo, ne va detto solo uno) io sono lo stesso che sono sempre stato. Conosco il padrone, conosco la nostra casa. In modo sano capisco e sento.(allitterazione sa sa se, isosillabismo, 3 parole di 2 sillabe, omoteleuto due verbi che finiscono in io) Non darò retta a lui (“obtempero” costruito con l’accusativo, qui “quod”) a ciò che dice. Busserò alla porta. Me: Dove (quo) te ne vai? So: A casa. Me: Se ora tu salissi sulla quadriga di Giove e fuggissi da qui, potresti a stento sfuggire una disgrazia. So: Non mi è concesso annunciare alla mia padrona ciò che il mio padrone ordinò? Me: Se vuoi annunciare qualcosa alla tua (puoi): non ti lascerò avvicinare questa nostra. Infatti se mi irritassi, oggi porteresti (“auferes”: da “aufero” futuro semplice) via da qui un lombifragio. So: piuttosto me ne vado. O dei immortali, invoco il vostro auto. Dove mi son perso? Dove mi sono trasformato? Dove ho perso il mio aspetto? O forse mi sono lasciato laggiù, se per caso mi sono dimenticato? (oblitus fui: oblitus sum, comune in Plauto per marcare una forte anteriorità) Infatti costui possiede tutta l’immagine che prima era stata mia. Accade a me vivo, ciò che mai nessuno mi farà da morto. Andrò al porto e queste cose come sono andate dirò al mio padrone; se anche lui non mi riconoscerà: e che (“quod”: nesso del relativo) Giove faccia che (“faxit” ottativo aoristo sigmatico, quindi congiuntivo ottativo desiderativo) oggi, calvo, con testa rasata, prenda il pileo (sostantiva al congiuntivo epesegetica di “quod”) • exorior, eris, exortus sum, exoriri= “sorgere” • capto= frequentativo di conato di capio+to • impleo, es, evi, etum, ere= riempire • lateo, es, latui, latere= nascondere • vapulor, vapularis, vapulatus sum, vapulari: prendere sberle • cognosco, is, cognovi, cognitum, cognoscere= riconoscere • inspicio, is, inspexi, inspectum, inspicere= guardare dentro • sapio, is, sapii, sapere • pulto, as, avi, are= neologismo di Plauto, è una deformazione di pulso che a sua volta è pello +so • inrito, as, avi, atum, are • pereo, is, perii, peritum, perire • rado, radis, rasi, rasum, radere 499|550: Iupp: Stammi bene, o Alcmena. Cura la cosa comune, come fai (“quod facis” al posto di “ut facis”, per dire “cosa che fai”) e riguardati (inperce: in + parco= avere riguardo per + dativo, vocabolario indica solo di Plauto, neologismo), mi raccomando (quaeso): guarda che i mesi ormai per te sono alla fine (actos esse da “ago”). A me è necessario andare via da qui; ma ciò che sarà nato sollevalo. (alleva come leggittimo) Alc: Che cosa è di questo affare, o mio uomo, per cui tu ti allontani tanto all’improvviso da casa? Iupp: Per Polluce, non perché mi annoi tu o la casa (costruzione di verbi di sentimento); ma quando non è presente presso l’esercito il supremo imperatore più velocemente (più facilmente) accade ciò di cui non c’è bisogno che ciò di cui non c’è bisogno. Me: E’ molto furbo questo imbroglione (sycofanta grecismo). certo poiché è mio padre (relativa causale) guardate (imperativo futuro, “observatote”) lui, quanto gentilmente raggirerà la donna (“palpor” + dativo, messo all’indicativo secondo è in paratassi con l’imperativo futuro). Alc: Per Castore, provo per esperienza quanto tu consideri tua moglie Iupp: (apodosi) Hai abbastanza (protasi, 1 tipo all’indicativo) se non c’è nessuna tra le donne (partitivo) che io ugualmente ami (relativa consecutiva, perché ha il congiuntivo)? Me: Se quella sapesse che tu dai opera a queste cose (ti dedichi a queste imprese) Io scommetterei che tu preferiresti essere Anfitrione piuttosto che (essere) Giove. (il “quam” istituisce un paragone tra i due “esse”) Alc: Preferirei provare questo, piuttosto che cio mi fosse ricordato. Te ne vai prima che la parte di letto dove hai dormito si sia scaldata. Ieri sei arrivato a mezza notte, ora te ne vai, questo ti sembra bene? (occine= oc+ne) Me: andrò vicino e la chiamerò e verrò in aiuto al padre come un parassita. Per Polluce, credo che mai qualche mortale così perdutamente ami sua moglie, come costui perdutamente muore per te (“deperit” usato transitivamente per rispettare l’analogia con “amare”) Iupp: Boia, io non ti conosco? Non te ne vai dalla mia vista? Quale preoccupazione hai di questa cosa o discorso (lett: a te quale preoccupazione è…) o uomo da bastonare? Al quale (quoi=cui) io ora con questo bastone… Alc: ah no! (sott: noli facere) Iupp: dì solo “mu” Me: per poco la mia prima azione da parassita finiva male (nequiter) Iupp: O moglie mie, ma per quel che tu dici non è bene che tu ti adiri contro di me (non decet te irasci mihi). Di nascosto venni via dalla legione: per te ho sottratto questa attività. + affinché + tu per prima sapessi da me per primo come (ut modale in attrazione, o interrogativa indiretta) come avevo gestito la cosa pubblica (=la guerra). A te ho raccontato completamente tutte queste cose. Non l’avrei fatto se non ti amassi più di tutto. (ha usato l’imperfetto al posto del piuccheperfetto) Me: Non fa come ho detto? Con la lusinga colpisce la ritrosa. (“palpo” è ablativo di palpus, i e palpum, i) Iupp: Ora affinché la legione non si accorga, io devo tornare laggiù nascostamente, affinché (i militari) non dicano che ho anteposto la moglie allo stato (pleonasmo, praeverto prae) Alc: Dalla partenza tu rendi tua moglie lacrimante. Iupp: Taci. Non sciupare gli occhi (imperativo negativo: con ne+ imperativo normale, non è regolare, secondo la nota è un arcaismo, perché la regola grammaticale dice ne+congiuntivo perfetto o noli+infinito, quindi qui ne corruperis, o noli corrumpere), tornerò subito. Alc: questo subito è tardi Iupp: devo fare che avvenga ciò (apodosi indicativo) che quella là chiede (illud quod: antecedente del relativo) se desidero che quella riprende me innamorato presso di se (protasi congiuntiva) (periodo ipotetico misto con sfumatura eventuale) Dal momento che ciò che io feci, quell’evento fu di danno ad Anfitrione (obsum + dativo di svantaggio) e a quella incolpevole (illi insonti) poco fa (dudum) il mio amore ha dato fastidio (exibuit negotium, ex+ abeo con apofonia) ora poi a me incolpevole toccheranno l’ira e le maledizioni di lui (Anfitrione) contro di lei (in hanc, con in come “contra”) Alc: ma ecco, vedo lui (eccum: ecc + eum) che accusa me sventurata di tradimento e disonore Iupp: O moglie, voglio parlare con te, dove ti sei voltata? (dove te ne sei andata? Quo= come dove o come perché) Alc: così è il mio carattere del carattere: ho sempre odiato guardare in faccia i nemici (ob+tueor) (osa sum: forma di perfetto deponente di odi, odisse usata solo da Plauto) Iupp: Hey, addirittura nemici? Alc: è così, dichiaro cose vere, a meno che tu non stia per accusare che anche questo è detto falsamente (costruisci: nisi insimulaturus es etiam hoc dici falso) Iupp: Sei troppo adirata. Alc: può essere che tu tenga giù la mano? Infatti certo, se tu fossi sano o sufficientemente capissi (allitterazione sigmatica) colei che tu ritieni e dichiari di essere svergognata con lei non avresti (dovresti avere) per te un discorso né per gioco né seriamente, a meno che tu non sia più stupido del più stupido (abeas tibi: abodosi. Si sis aut sapias: protasi= periodo ipotetico del secondo tipo) (quam arbitreri et predices: relativa in attrazione modale, impudicam esse: infinitiva) Iupp: se l’ho detto non per questo (nihilo magis: espressione avverbiale) (lo) sei, né io penso che (tu) lo sia, e sono tornato qui (huc) per questo (id: accusativo avverbiale), per scusarmi con te (finale epesegetica). Infatti mai qualcosa più doloroso per il mio animo (dativo di svantaggio) che (quam) da quando ho sentito dire tu eri adirata contro di me. Perché lo hai detto? Obbietterai, io ti spiegherò. Per Polluce, non (ho detto questo) perché credessi che tu sei impudica (causale con il congiuntivo ad introdurre motivazione espressamente legata) (infinitiva oggettiva) ma ho messo alla prova il tuo animo, che cosa tu facessi e in qual modo ti inducessi a sopportare questo (interrogativa indiretta). Davvero avevo detto quelle cose a te poco fa per gioco, per scherzo (causa finale). Chiedi pure a questo Sosia (rogato: imperativo futuro). Alc: perché (quin= cur) non porti qua mio cognato Naucrate? Che poco fa avevi detto che tu avresti portato (te adducturum esse) come testimone che tu non eri venuto qui? (te non venisse hic) Iupp: se qualcosa è stato detto per gioco, non è giusto che tu volti questa cosa al serio. Alc: io so quanto quello (scherzo) abbia fatto male al mio cuore Iupp: o Alcmena, per la tua destra, ti prego e scongiuro, dammi questa grazia, perdona, non essere adirata (imperativo negativo con ne+cong presente anzi che perfetto, al posto di “ne fueris” o “noli esse”) Alc: io con la virtù ho fatto (reso) queste parole vane; ora, poiché mi sono astenuta da azioni vergognose, voglio stare lontana da parole vergognose. Addio. Abbi le tue cose per te, restituisci le mie (3 congiuntivi esortativi). Non ordini che compagni vengano per me? Iupp: sei sana? Alc: se non ordini, andrò via da sola (lett: proprio io) porterò (regola dei due futuri) la Pudicizia come compagna (predicativo del soggetto) Iupp: rimani, giurerò (darò giuramento) a tuo piacere, che io ritengo che mia moglie è onesta. Se io manco questo (giuramento), allora, o sommo Giove, prego che tu sia sempre adirato contro Anfitrione Alc: ah! Sia piuttosto propizio. Iupp: Confido che sarà. (semideponente che regge infinito futuro invariabile di sum) Infatti ho prestato (lett: dato) verso di te un giuramento vero, ormai non sei più arrabbiata? Alc: No (negazione espressa con “non sum”) Iupp: Fai bene. Infatti nella vita (età) degli uomini avvengono molte cose di questo genere: prendono piaceri, prendono di nuovo dolori; intervengono rabbie, ritornano di nuovo in pace, ma (verum) se per caso (forte) avvengono rabbie di questo tipo, tra di loro, se si è ritornati di nuovo in pace (impersonale) sono due volte tanto amici tra loro quanto prima. Alc: per prima cosa sarebbe stato bene (oportuit, falso condizionale) che tu avessi evitato (cavisse) di dirlo, ma se tu stesso (isdem) scusi (purgas) queste cose (eadem) verso di me (mihi, dativo di vantaggio) sono da tollerare. • Argo, is, argui, argutum, arguere= accusare • Clamito, as, avi, atum, are= schiamazzare da clamo+to • Perpetior, perpetieris, perpessus sum, perpeti= tollerare, da per+patio • Desero, is, desereui, desertum, deserere • Osa sum= perfetto deponente di odi, odisse. Hapax • Obtuero, eris, • Praedico, as, avi, atum, are= dichiarare • Insimulo, as, avi, atum, are • Abstineo, abstines, abstinui, abstentum, abstinere • Expedio, is, ivi, itum, ire= spiegare • Periclitor, aris, atus sum, ari= mettere alla prova • Doleo, es, dolui, doliturus, ere • Fallo, fallis, fefelli, falsum, fallere • Oportet, oportuit, ere • Caveo, caves, cavi, cautum, cavere (regge l’imperativo negativo nel senso di “stai attento a” con il congiuntivo “cave facias”) 1035|1052: Bl: voi sbrigatevela (dividetevela) tra di voi. Io vado via, ho un affare. (dativo di possesso) Né io penso di avere mai visto da nessuna parte tante cose straordinarie Am: O Blefarone, prego che tu sia presente come avvocato per me e che tu non vada via. (congiuntivi di adsum e abeo, sostantiva volitiva) Bl: Addio. Che bisogno c’è di me come avvocato (oups est con prodelisione che legge l’ablativo), che non so per quale dei due essere avvocato (interrogativa indiretta con congiuntivo + dativo di vantaggio di uter) Iupp: io vado lì dentro. Alcmena sta per partorire (parturio: essere intravaglio, pario: stare partorendo) Am: sventurato (me), sono perduto. Che cosa io (lacuna colmabile con “farò”), che ormai avvocati e amici abbandonano (me)? Per Polluce, mai costui invendicato prenderà in giro me, chiunque sia. [Infatti] subito andrò (mi porterò) di corsa (recta) dal re (moto a luogo) e dirò come è andata la cosa (interrogativa indiretta all’indicativo) (“res” è sogg. Singolare di “facta est”). Per Polluce, io oggi mi vendicherò di quel mago tessalo (“ulciscor” utilizzato transitivamente) il quale ha sconvolto la mente della mia famiglia al rovescio (avverbio: pervorse). Ma dov’è quello? (prodelisione) Per Polluce, è andato dentro. (è andato via da qua dentro là, senso) Credo da mia moglie. (moto a luogo) Chi altro vive a Tebe più sventurato di me? (Tebis: stato in luogo con l’ablativo di nome plurale) Cosa farò| dovrei fare ora? (agam, futuro o congiuntivo dubitativo in interrogativa diretta) Io (sottointeso) che tutti i mortali disconoscono e prendono in giro a piacere (come pare). E’ certo (prodelisione) irromperò dentro in casa: dove, qualunque persone (hominem nel senso di persona umana) vedrò (avrò visto per la regola dei due futuri), sia ancella, sia servo, sia moglie, sia amante, sia padre, sia nonno, vedrò, ucciderò in casa. N.B: v.1048, “in aedis”= “aedes” moto a luogo, v. 1050 “in aedibus” stato in luogo. Né Giove né tutti gli dei se vorranno, mi vieteranno ciò (2 futuri coincidenti), di fare così (quin faciam sic, completiva dipendente da verbum impedienti) come ho stabilito (subordinata modale); entrerò in casa (aedis=aedes) subito. (nunciam= nunc iam, avverbio)