Scarica Anfitrione - Plauto. e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! Giove, dopo essersi trasformato in Anfitrione, mentre conduce la guerra contro i nemici Teleboi, prende in prestito la moglie Alcmena. Mercurio assume l’aspetto del servo Sosia assente; queste astuzie traggono Alcmena in inganno. Dopo che furono tornati i veri Anfitrione e Sosia, entrambi sono presi in giro in modo mirabile. Perciò liti, tumulto tra moglie e marito finché Giove, con voce simile a un tuono emessa dal cielo, si confessa come adultero. Preso d’amore per Alcmena Giove si trasformò nel marito di lei, Anfitrione mentre lottava con i nemici per la patria. Mercurio lo aiuta, travestito da Sosia. Egli inganna il servo e il padrone che sono tornati. Anfitrione agita un pandemonio contro la moglie/fa una scenata alla moglie: e su malmenano a vicenda come adulteri. Blefarone, preso come arbitro, non può scegliere quale dei due sia Anfitrione. Poi scoprono tutto; Alcmena partorisce due gemelli. Voi volete che io vi porti un lieto guadagno e vi aiuti in qualsiasi circostanza quando comprate e vendete le vostre merci, e volete che i vostri affari e le vostre operazioni riescano bene, sia all’estero che in casa, e che le operazioni che avete cominciato o comincerete crescano con un buono, grande e perpetuo guadagno, e volete che porti a voi e ai vostri cari tutte le buone nuove, che io annunci e riferisca le cose in modo tale che siano soprattutto di comune interesse – voi sapete infatti ciò che mi è stato affidato e concesso dagli altri dei, cioè che io presieda ai messaggi e al guadagno –, volete che io convalidi il guadagno e mi adoperi affinché vi basti sempre, così farete silenzio per questa favola e sarete tutti giudici equi e giusti. Ora dirò per ordine di chi sono venuto e a quale scopo, similmente dirò io in persona vi dirò il mio nome. Vengo per ordine di Giove; il mio nome è Mercurio. Il padre mi ha mandato per pregarvi, pur sapendo che la sua parola sarebbe stata per voi un ordine, poiché voi che siete intelligenti lo venerate e temete, così come è giusto per Giove. Comunque certamente mi ha ordinato di chiedervelo in forma di preghiera, dolcemente, con parole lievi. E infatti quel famoso Giove per ordine del quale sono venuto non teme il male meno di uno qualsiasi tra voi: nato da una madre umana, da un padre umano, non c’è assolutamente da stupirsi se teme per se stesso. E del resto anche io, che sono figlio di Giove, temo il male per influsso di mio padre. Perciò vengo in pace e a voi porto la pace. Voglio chiedervi una cosa giusta e facile. D’altronde sono stato mandato giustamente da voi giusti per chiedere; poiché non è opportuno cercare di ottenere cose ingiuste dai giusti, ed è inoltre sciocco chiedere cose giuste agli ingiusti, poiché quelli, da iniqui quali sono, ignorano e neppure comprendono il diritto/la giustizia. Ora a questo punto volgete l’attenzione a tutte le cose che dirò. Dovete volere ciò che vogliamo noi: sia io che mio padre abbiamo dei meriti nei confronti vostri e della repubblica. Infatti perché, come altri nelle tragedie ricordano Nettuno, la Virtù, la Vittoria, Marte, Bellona, perché hanno fatto per voi cose mirabili, perché io dovrei essere memore dei benefici di cui mio padre, re degli dei, è per tutti l’artefice? Ma non è mai stata abitudine del padre mio rinfacciare ai buoni ciò che di buono aveva fatto; è da lui ritenuto/lui ritiene che ciò sia gradito da parte vostra e che egli faccia per voi meritatamente le cose buone che fa. Ora dirò per prima cosa per chiedere cosa sono venuto; poi vi esporrò l’argomento di questa tragedia. Perché corrugate la fronte? Perché ho detto che questa sarà una tragedia? Sono un dio, la cambierò. Se volete, proprio questa farò in modo che sia da una tragedia una commedia, con gli stessi identici versi. Volete che sia così o no (sia così o non volete)? Ma, che stolto, come se non sapessi cosa volete, io che sono un dio. Comprendo la vostra attitudine riguardo questa cosa (ciò che sia del vostro animo). Farò in modo che sia una commedia mescolata con il tragico; infatti non mi sembra conveniente che fare dall’inizio in modo che sia una commedia nella quale intervengono re e dei. Cosa dunque? Poiché questo servo ha delle parti farò in modo che, come ho appena detto, sia una tragicommedia. Ora Giove mi ha ordinato di chiedere questo a voi, cioè che degli ispettori vadano tra gli spettatori per tutta la platea, sedile per sedile. Se dovessero vedere gente inviata a favorire qualcuno, che prendano in pegno la toga, nel teatro. Se qualcuno ambisce al successo per gli attori, con propria tecnica o con lettere scritte, e se qualcuno ambisse a ciò per se stesso o per un artista, se perfino gli edili dovessero premiarlo slealmente; Giove ordina che valga per loro la stessa legge, proprio come se si fosse ambito a una carica per se stessi o per un altro. Si dice che voi viviate come vincitori per merito, non per trame né tantomeno per perfidia; perché per l’attore dovrebbe valere meno la legge che vale per un uomo altolocato? È giusto ambire alla virtù, non ai favori. L’uomo che si comporta rettamente ha sempre favori a sufficienza, se c’è lealtà in coloro che detengono il giudizio. Mi ha affidato anche quest’incarico, cioè che gli si nomino ispettori per gli artisti. Che se uno incaricasse dei delegati di applaudire o fare meno per colui che piace (?), si strappino le sue vesti e la pelle. Non vorrei che vi stupiste, per il fatto che Giove si cura degli attori. Non meravigliatevi: lo stesso Giove reciterà in questa commedia. Perché siete stupiti, come se fosse una novità il fatto che Giove faccia l’attore? L’anno scorso, quando gli attori invocarono Giove nel proscenio, egli venne e li aiutò. E poi senza dubbio compare nella tragedia. Questa favola, vi dico, la reciterà Giove in persona, e io insieme a lui. Ora volgete l’attenzione, perché esporro l’argomento di questa commedia. Questa città è Tebe: in quella casa abita Anfitrione, nato ad Argo da un padre argivo, sposato con Alcmena, figlia di Elettrione. Questo Anfitrione è comandante delle legioni; infatti c’è guerra tra il popolo Tebano e i Teleboi. Prima di partire per l’esercito, costui ha messo incinta la moglie Alcmena. Ora credo che voi sappiate come sia il padre mio, quanto sia libero in queste cose e quanto sia amante, quando è compiaciuto. Costui si innamora di Alcmena all’insaputa del marito, e prende in prestito il suo corpo, e dopo aver goduto la mette incinta. Ora affinché comprendiate correttamente il fattaccio riguardo Alcmena, lei è incinta sia del marito che del sommo Giove. E mio padre giace con lei ora dentro, e per questo motivo la notte si è fatta più lunga, mentre egli trae piacere dalla donna che desidera. Si è travestito così da sembrare Anfitrione. Ora non meravigliatevi di questo mio costume, poiché sono venuto così con le sembianze del servo; vi racconterò l’antica storia come nuova; per questo sono venuto conciato in questo nuovo modo. Infatti mio padre è lì