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APPUNTI COMPLETI CORSO MONOGRAFICO CITTI, Appunti di Letteratura latina

Appunti completi e dettagliati del modulo di Citti (generi letterari, Plauto, Seneca, Orazio). Forniti di analisi e traduzione.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 08/12/2023

dora-haj
dora-haj 🇮🇹

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Scarica APPUNTI COMPLETI CORSO MONOGRAFICO CITTI e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! Letteratura latina modulo II 18/10/2022 GENERI LETTERARI Dalla linguistica generale di Jakobson è possibile differenziare i generi letterari, in ogni atto comunicativo ci si aspetta determinati componenti: mittente che invia il messaggio ad un destinatario. Il messaggio ha un contesto, riguarda un tempo, un luogo, uno spazio, c’è un referente che consente di disambiguare un concetto, un messaggio. Codice linguistico: alla base di tutta la teoria dei generi. (Ars poetica di Orazio), anche Ovidio e tutti gli autori dell’età augustea riflettono sulle caratteristiche del loro testo  funzione metalinguistica. Il canale è un elemento interessante sia come mezzo ma anche come funzione che influisce nel genere. Il canale ha dei riflessi anche sul contenuto dell’atto comunicativo (es pensa all’epistola). Ad ogni funzione corrisponde un genere letterario, o comunque sono maggiormente specifiche. Il poeta nella lirica: autoriflessiva, si rivolge ad un tu in un set immaginato dal poeta, abbiamo una comunicazione normalmente orale in cui l’io parla ad un tu. Es. Orazio, scrive in una letteratura in cui tutto è curato dall’autore, al centro del messaggio c’è la funzione poetica. Il tu è un elemento fondamentale nella scrittura del De Rerum Natura, la poesia didascalica insiste sulla funzione didascalica (protrettica), ma anche la poesia supplicatoria, ad esempio l’inno o la preghiera es la preghiera a Iside. La preghiera è caratterizzata dal “tu”. Abbiamo ad esempio l’aretalogia del Dio, es Litanie della Vergine e poi frase “e chiunque tu sia”, sia in Eschilo che ad esempio in Apuleio. L’epica si concentra sul referente, c’è di norma un narratore onnisciente che descrive la situazione, la narrazione epica (Virgilio, epica soggettiva, perché gioca con le funzioni dei vari narratori). C’è una visione soggettiva, ad esempio nel secondo libro dell’Eneide. Narratori che a seconda del testo possono avere visioni differenti. Al centro di tutto c’è un messaggio caratterizzato dalla funzione poetica: la selezione e la combinazione. La selezione: ogni volta che io parlo cerco di scegliere le parole più adatte al contesto e al ragionamento che sto facendo. La combinazione: io quando scelgo la parola questa si viene a trovare all’interno di una sequenza, non solo di parole ma anche di suoni. Quando passiamo da una semplice comunicazione. Al principio di equivalenza dall’asse di selezione a quello di combinazione, la stringa di caratteri che costituisce il verso diventa la mia guida, il termine più proprio perché il suono, il metro mi porta ad una determinata combinazione. La funzione poetica si concentra più sulla combinazione che sulla selezione. Saussure, dice che la selezione viene estratta da un sistema linguistico, cioè la langue. Lo stile del poeta è il parole che individua ogni atto comunicativo. Asse sintagmatico, non è più il paradigma (cioè tutto ciò che è disponibile), gli esempi che Jakobson fa per indicare la funzione poetica: veni vidi vici, non è poesia I like Ike. Funzione poetica: proietta il principio di equivalenza dall’asse della selezione a quello della combinazione. Prosa e poesia finisco per avvicinarsi, il linguaggio della retorica e della poesia entrano sempre di più della prosa: prosa d’arte (Kunstprosa). Plauto, Cistellaria, 203-24, Plauto adopera nomi latini, anche nomi di servi, es Pseudolus. Io faccio la palliata ma porto il testo verso il lettore, cioè cerco di avanzare il testo alla mia traduzione alle categorie sociali del mio lettore. Cesta, oggetto di agnizione. Protagonista dedlla Cistellaria è Alcesimarco innamorato della figlia del vicino di casa che si chiama Selenio, si pensa che questa ragazza sia una schiava, succede che in realtà la ragazza è libera, figlia del vicino e questo si scopre grazie alla cesta con la quale era stata esposta. Tensione tra mondo greco (gli schiavi) e i buoni costumi della tradizione romana. La nuova commedia, c’è un protagonista che aspira ad un bene, che può essere materiale oppure può essere l’amore di una ragazza. Il servo currens, è quello che fa muovere la commedia, che ad esempio trova il denaro per liberare la ragazza. Si rappresenta come un grande militare che realizza tutto il movimento della commedia. Ristabilimento dei valori positivi della morale romana. CANTICUM  funzione molto ampia. Commedia: dialogate, recitate, cantate, vicina all’operetta, all’opera buffa. In Aristofane, avevamo la commedia con parti corali, con la nea, Menandro, abbiamo solo gli intermezzi di canale cantato. Plauto torna indietro rispetto a Menandro e riprende la parte cantata. Credo ego amorem primum apud homines carnificinam commentum. Hanc ego de me coniecturam domi facio, ni foris quaeram, Qui omnes homines supero, antideo cruciabilitatibus animi. 205 Iactor, crucior, agitor, Stimulor, uorsor in amoris rota, Miser exanimor, Feror, diffĕror, distrăhor, diripior; Ita nubilam mentem animi habeo. 210 Comminscor: di cum+ memini quindi la radice di mens, valore perfettivo dato dal preverbio, qua abbiamo un topos richiamato, l’amore è inventore dell’arte del carnefice. Rovesciamento del protos euretes, solitamente lui viene elogiato. Ironia. Carnificinam, termine astratto, termine raro. Io faccio da me a casa mia questo ragionamento, non devo cercare fuori. Quaeram: congiuntivo presente, introdotto da ni, che ha valore di negazione volita, è un ne con la i epidittica ed è una forma arcaica, es. imperativo negativo. Foris: è un avverbio, il latino ha due avverbi: foris e foras. Sono di derivazione di declinazione. Mi vengono in mente i complementi: derivazione ablativa e accusativa. Uno è lativo assunto all’interno dell’accusativo, l’altro è stato in luogo espresso con l’ablativo. Io che supero e sto davanti a tutti gli uomini per strazi e tormenti dell’animo. Supero e antideo: coppia sinonimica asindetica, antideo, è quello che nel latino classico sarebbe anteo, anti + eo. Cruciabilitatis da cruciabilitas, bilis suffisso che indica la possibilità, la prima parte crux: croce. E’ un hapax. Sono sbattuto, sono straziato, sono agitato, io sono tormentato, sono girato e rigirato nella ruota dell’amore. lo stimulus: strumento con cui gli animali vengono pungolati, verbo denominale: stimulo vertor: verbo frequentativo-intensivo. Sono tutti verbi che si trovano al medio. La ruota è uno strumento di tortura. Naev. (Enn. ?) fr. com. 75ss. R3 (Isidoro di Siviglia, che scrive le Originis, secondo lui è di Ennio) Verso 77, è citato da alcuni grammatici ed è attribuito a Nevio. La soluzione più adottata: tutto il frammento è da attribuire a Ennio, ma che avrebbe citato lui al suo interno un verso di Nevio. Nevio, La ragazza di Taranto. v. 77 anafore e giochi verbali come se giocasse a palla in coro si concede scambievolmente similitudine: tra il comportamento della ragazza che si concede all’uno e all’altro, ad una palla datatim: origine accusativa ma è un avverbio in Im, dal verbo do, proprio del gioco della palla datatim dat: avverbio comico scambiare e il verbo dare Lezione 19/10/2022 Naev. (Enn. ?) fr. com. 75ss. R3 Isidoro: testo di Ennio Paolo Festo, cita v. 77 attribuendolo a Nevio, non esiste nessun autore che ci si chiama, ma De Verborum Significatu, scritto da Pemponio Festo, una sorta di dizionario con delle definizioni e che riporta l’uso particolare di alcuni lessemi. Edizione ridotta di questo dizionario. Nell’epitome fatta da Paolo Diacono, si chiama Paolo Festo. Doppia tradizione che non si sovrappone totalmente. Pila: strumentale e deriva da pilis plena: palla di crini di cavallo, immagine dello scambiarsi la palla è un’immagine comune qui applicata all’ambito erotico. Sia anafora al verso 3, variazione alii, alii, alium, ecc. è il sema che più si ripete in questo breve frammento, il concetto del datatim è variato dalla ripetizione di alius. Adnutat: verbo frequentativo del verbo adnuo, nuo: cenno il cenno in latino: nutum, da cui deriva numen (Giove fa un cenno). Il latino usa i composti di nuo per dire di sì e dire di no. Per dire di no abnuo,( capo all’indietro), se faccio cenno di si dico adnuo. Adnictat: verbo frequentativo di un verbo semplice non attestato, non troviamo nemmeno il verbo base, solo coniveo, ma il verbo niveo non è attestato. In italiano ricorda il co-niveo, convivente perché chiude gli occhi. “oculis somnus conviventis” (Cic.). Nictus e la nictatio: sbattere delle palpebre. Non si tratta di un amore durativo, è un amoreggiare in cerchio. Verbo teneo è un verbo eufemistico per l’atto sessuale. Teneo è un verbo che indica abbracciare, cfr. carmen 72, dicevi un tempo che tu conoscevi solo me e che al mio posto non avresti voluto abbracciare nemmeno Giove (mito di Anfitrione). Manus: accusativo di relazione, solitamente con dei verbi intransitivi, determinati dal complemento di relazione, es tremis ossa: tu tremi nelle ossa. Grecismo e poi latinismo che si ritrova anche in italiano. Composto del verbo vello: staccare, estirpare, stuzzicare Per: valore intensivo, infatti il verbo è peruellit, ma qui. Ha scelto peruellit invece che vellit perché ha ottenuto così un’allitterazione: peruellit pedem. Spectandum: gerundivo, porge un anello ad un altro perché la guardi, un anello che deve essere guardato. A labris: si è pensato ad una situazione elegiaca, es negli amores di Ovidio. Con il movimento delle labbra. Cantat: frequentativo di cano. Canto è l’intensivo Per Plauto: linguaggio dell’improvviso, continue improvvisazioni verbali che sono quelle che al pubblico una volta risultavano particolarmente gradite. Come si inventano nuove parole? contesto, precominazioni di parti o immagini della parola che poi si trasformano in una nuova creazione, alla fine tutto si condenza in una immagine. In questo testo, 231 in Antifane, che scrive un frammento, in cui si legge, afferrata la palla, giocava lanciandola a uno, nello stesso tempo la lancia ad un altro. (uso della relatà vs Nevio usa la similitudine) Principio d’identità: es nella commedia della Cesta, dove sono io non sono, dove sono c’è il mio animo, essere se stessi significa essere un io ed essere diverso da tutti gli altri, la mia persona viene messa in discussione in situazioni perturbarti, l’innamoramento determina una crisi del principio d’identità, Alcesimarco dice di essere tutte le personalità. PLAUTO E LA TRAGICOMMEDIA Plauto nasce nel 250 a.C. e muore intorno al 180 a.C., Gelio ci dice che era schiavo per crediti, in parte riasale alle biografie di Varrone, ma è una notizia molto discussa. Il “Saturio”, e l’altra è “lo schiavo per debiti”. In mancanza di notizie certe, era abbastanza normale che i grammatici ricreassero biografie sulla base delle opere stesse (autostediasma). (autoschediasma). Tito Maccio Plauto ci è noto a partire dal ritrovamento del Palinsesto ambrosiano di Plauto, manoscritto fondamentale, pubblicato nel 1815 e fino a quel momento, Plauto era noto in base ai manoscritti vaticani. Marco Attio Plauto, si credeva precedentemente che si chiamasse così. Problemi legati ai tria nomina: Maccio, questa famiglia non esiste, sembra derivato dalla maschera della commedia atellana, il Maccus, che è lo stupido. Nell’atellana personaggi simili a quelli del teatro greco. Anche il nome Plautus era messo in discussione: “dalle grandi orecchie” o “dai piedi piatti”. Ci fa pensare che sia stato o un attore comico e i piedi piatti: calzature tipiche del mimo. Sembrerebbe che Plauto abbia praticato altri generi e quindi assunto dei soprannomi che ne hanno costituito il nome completo. Oltre 100 commedie che gli sono attribuite, Varrone scrive “De comedis plautinis”, opera perduta però Verrone ha individuato 21 commedie sicure, cioè commedie che secondo lui erano sicure, 19 dubbie e le altre erano false, spurie. 21 non arrivate tutte quante per intero. La conseguenza è che sono arrivate a noi solo le commedie varroniane. Altri grammatici avevano riconosciuto come plautine anche altre commedie, ma la selezione di Varrone è stata definitiva. Anche l’Anfitrione è lacunoso nella parte centrale. Quello che gli editori hanno determinato sulle opere. Anfitrione E’ un mito noto fin da Omero che accenna ad Alcmena (moglie di Anfitrione), che tra le braccia di Zeus ha generato Eracle. Apollodoro dice che da questa unione nascono due gemelli: Eracle e da Anfitrione Inficle. Uno di natura divina e uno di natura umana. Alcmena accetta di sposare Anfitrione purché questo, prima ancora della prima notte di nozze, andasse a vendicare la famiglia di Alcmena che era stata cacciata e spodestata dal trono. Il racconto parte con Anfitrione che porta il risultato vincente. Solitamente le commedie erano ambientate ad Atene, qui siamo a Tebe. Si parla del porto Persico, ma questo non esiste a Tebe, quindi ci si adatta a quello che ci si aspetta dalle commedie. Giove però si è innamorato di Alcmena e si sostituisce ad Anfitrione, di fronte alla casa ha lasciato Mercurio, al posto di Sosia. Doppio furto d’identità. Giove ha preso l’identità di Anfitrione. In scena abbiamo Mercurio e Sosia. Unico modo per risolvere la situazione: deus ex machina. Modello: in realtà non si rifà ad una commedia, perlomeno non è conservato. Questo tema era stato trattato da Eschilo e Sofocle che avevano trattato il mito di Anfitrione e Alcmena e anche Euripide. Es. vaso di Alcmena, personaggio centrale. Sappiamo anche che la storia di Anfitrione viene affrontata nella commedia di mezzo e nella commedia nuova: abbiamo ad esempio la lunga notte dove probabilmente Giove si sia unito ad Alcmena. Commedia rintoniana. (farsa), in cui questo episodio era presente. Impossibile ricostruire a chi si ispira. -Grande monologo di Sosia a inizio della commedia, a carattere epico, autocelebrativo, lui in realtà è un vile, ma immagina un grande discorso raffigurato da eroe mentre Mercurio lo ascolta. -Alcmena non è tipica della commedia, ma si avvicina alla matrona e a un personaggio della tragedia. Mercurio: servo di Giove che è il giovane innamorato; infatti, tutte le azioni sono tipiche di un servo tanto che il suo sosia è Sosia. Meccanismo del doppio: raddoppia gli intrecci, due giovani innamorati con i rispettivi coadiuvanti. Nel prologo è affidato l’antefatto, quindi quello plautino è un prologo espositivo; infatti, questo è molto diverso rispetto al prologo terenziano nei quali discute di questioni di carattere poetico (prologo metapoetico). Sappiamo infatti che il pubblico romano non è così esperto, non è come quello greco: si recano continuamente a teatro e i tragediografi mettono in scena spesso sempre gli stessi personaggi. Qua il prologo è d’autore, spesso delle volte questo viene aggiunto dal capicomico, ma nell’Anfitruo è d’autre: due funzioni. Una espositiva e una metapoetica, quindi di tipo terenziano. Nunc quam rem oratum huc ueni, primum prologuar; Post argumentum huius eloquar tragoediae. Quid contraxistis frontem? quia tragoediam Dixi futuram hanc? deus sum, commutauero. Eandem hane,si uultis, faciam | ex tragoedia Comoedia ut sit omnibus isdem uorsibus. Ora come prima cosa dirò che cosa sono venuto qui a dire, Sosia ha di fronte ha se uno uguale a sé e non capisce chi è uguale a chi  Malum: interiezione che nasce da un accusativo di relazione, nasce da una formula del tipo “habebis malum”, uso proprio della lingua quotidiana, Plauto ha l’obiettivo di riprodurre in forma parlata in dialogo  Interrogativa diretta retorica con risposta positiva, Plauto qua la introduce con non: Quid, malum, non sum ego seruus Amphitruonis Sosia? L’ego qua non è necessario, ma Plauto lo inserisce perché tutta la scena è concentrata sull’io, tutta la scena si basa sul pronome della prima persona (mihi, ego, nostra, me ecc.)  Noctu: espressione polare rispetto a diu, entrambi sono antichi locativi, derivati da un tema “noctu”, attestato a partire da Nevio, ma rimane come forma meccanizzata.  Erus: espressione con la quale il servo indica il padrone (o è nominato con dominus che è il nome giuridico, o con questo sostantivo affettivo)  Aedes: plurale individualizzante, la casa è una ma costruita da numerosi ambienti,  Contudit: è un perfetto con suffisso nasale, contutidi. Qui abbiamo un composto e quindi il raddoppiamento non viene presentato.  Dubito: solitamente si completa con un’espressione all’infinito  Quin ha una funzione correttiva, significa “anzi”. Quin nasce dal valore “perché non” e poi lo troviamo utilizzato come forma asseverativa-correttiva  [Equidem: asseverativo, legato alla radice ego quidem]  Qui troviamo la formula invertita (v. 410 -411) per sottolineare l’io, Mercurio rivendica per sé l’identità di Sosia. Quid, domum uostram? Ita enim uero. Quin quae dixisti modo 410 Omnia ementitu's: equidem Sosia Amphitruonis sum. Nam noctu hac soluta est nauis nostra e portu Persico, Et ubi Pterela rex regnauit oppidum expugnauimus, Et legiones Teloboarum ui pugnando cepimus, Et ipsus Amphitruo optruncauit regem Pterelam in proelio. -Resoconto del bollettino di guerra, espressioni tipiche del linguaggio miliatre es: expugnauimus, anche il verbo optruncauit, ad esempio per indicare un duello). -accostamento etimologico: rex reagnuit, rex fa da apposizione, la qualità del re è una qualità permanente per cui il latino pone prima le apposizioni rispetto al nome, solitamente rex precede il nome. Iterazione fonica su questa sillaba: “re” -ipsus: forma arcaica, nel latino arcaico, ipsus invece che ipse, anche il genitivo ipsi in luogo di ipsius. Egomet mihi non credo, cum illaec autumare illum audio: Hicquidem certe quae illic sunt res gestae memorat memoriter. Sed quid ais? quid Amphitruoni a Telobois datum est? Pterela rex qui potitare solitus est patera aurea. -Sosia è sconcertato, pensava di dover essere lui l’unico informato degli avvenimenti, quindi cerca di metterlo alla prova e chiedergli delle informazioni che conosce solo lui -autumare= affermare, ma l’origine etimologica non è chiara, forse collegato ad autem, con l’idea di “affermare poi” -memorat memoriter: tipica del latino, figura etimologica -Qui: Interrigoativo quis che deriva da queis, da cui deriva l’ablativo originario in I, poi estensione dalla forma quo propria dell’interrogativo. Ablativo in I ad esempio anche in Lucrezio -potitare: verbo frequentativo, concetto “solitus est” è ripetuto. Bere: bibo, bevo quando ho sete; poto, bere in abbondanza Sosia sente la risposta di Mercurio e ci rimane male perché Mercurio sa rispondere. Elocutus est. Vbi patera nunc est? * in cistula, 420 Amphitruonis obsignata signo est. Signi dic quid est? Cum quadrigis Sol exoriens. Quid me captas, carnufex? Argumentis uicit: aliud nomen quaerundurm est mihi Nescio unde haec hic spectauit. lam ego hunc decipiam probe. Nam quod egomet solus feci nec quisquam alius affuit In tabernaclo, id quidem hodie numquam poterit dicere. Si tu Sosia es, legiones cum pugnabant maxume, Quid in tabernaclo fecisti? uictus sum, si dixeris. -quadrigis: plurale individualizzante, la quadriga è una -captas: frequentativo -quaerundurm est mihi: perifrastica passiva con mihi dativo d’agente. -monologo in cui il servo prima racconta agli spettatori come trama ed escogita l’inganno e poi viene presentato l’inganno -egomet, ego + met rafforzativo -Quisquam indefinito della frase negativa -Tabernaclo: diminutivo -due periodi ipotetici: si tu sosia es, periodo ipotetico del primo tipo (indicativo) e l’altro victus sum, dixeris, periodo ipotetico della realtà. Cadus erat uiniî: inde impleui hirnearm. Ingressust uiam. . Eam ego, ut matre fuerat natum, uini | eduxi meri. 430 . Factum est illud, ut ego illic uini himeam ebiberim meri. Mira sunt nisi latuit intus illic in illac hirnea. -io quella l’ho preso fino in fondo di vino puro come era anto da sua madre, cioè Mercurio sa cosa ha fatto Sosia, si è andato a bere del vino puro -sostantiva epesegetica di illud: ut ego illic uini himeam ebiberim meri. -ebiberim: perfetto congiuntivo con preverbio che indica “ho bevuto fino in fondo” Quid nunc? uincon argumentis, te non esse Sosiam? Tu negas med esse? Quid ego ni negem, qui egomet siem? Per Iouem iuro med esse neque me falsum dicere. -atteggiamento di Sosia cambia, lui sta mettendo in dubbio di essere di Sosia, si sta mettendo in discussione lui stesso -quid ni: ha valore di perché non, differenza tra cur non e quid ni. Se dico cur non uso l’indicativo e voglio sapere la risposta, si chiede un’informazione, il quid ni equivale in realtà ad una forma di affermazione, di imperativo, se io dico quid ni taceas: perché non taci, non è una domanda, in realtà è un’affermazione : taci. -negem: congiuntivo dubitativo -qui: introduce una negativa causale -Sosia si appella agli dei At ego per Mercurium iuro tibi Iouemm non credere: Nam iniurato, scio, plus credet mihi quam iurato tibi. . Quis ego sum saltem, si non sum Sosia? te interrogo -ma io giuro per mercurio che giove non ti crede, infatti so che crederà maggiormente a me senza giuramento piuttosto che a te che hai giurato. Chi sono almeno se non sono Sosia? Ti interrogo -saltem: significa almeno, indica una riduzione dal maggiore al minore Capo rasato e berretto frigio, indica il fatto che è uno schiavo liberato, Sosia con questo cambio d’identità diventa un uomo libero. Uno schiavo liberato prende come fatto di essere diventato liberto, indossa il cappello frigio. Calvos e raso capite è un pleonasmo. Il cambiamento di pettinatura segna una nuova condizione, mutando quindi la sua condizione sociale. Situazione della palliata paragonata ai Saturnali. LEZIONE 25/10/2022 Furto d’identità, Mercurio che sottrae a Sosia la sua identità, il doppio si può creare in tanti modi e soprattutto ad esempio da Freud in poi è molto più possibile. Come si crea il doppio? -Tema dei gemelli che generano già di per se confusione: i Menechmi -intervento divino Il fatto di avere la maschera di qualcun altro avviene solo ai nobili, ora lui si trova nella situazione in cui qualcuno indossa la sua La commedia di Terenzio è asessuata, il tema dell’educazione, es Adelfòe, due fratelli anziani e due figli, Eschino e Ctesifone, Anicione è stato affidato da Demea a uno dei due figli, educazione cittadina, moderna, secondo i costumi della città, mentre l’altro seguendo il “mos maiorum”. Modelli etici, diversi rapporti tra padre e figlio. Apertura all’educazione greca, moderna secondo Micione. Nel lessico entrano tutti questi termini: educazione, galateo, come ad esempio troviamo nel de officiis, ma non ci aspetteremo in una commedia. Le commedie Plautine sono di natura espositiva, tranne nella commistione nell’Anfitrione, nel prologo terenziano abbiamo una discussione su vari argomenti. La contaminazione di cui si parla = rovina. Si ottiene sprecando dei modelli, cioè usando più scene e più modelli. Se un altro autore ha usato già una parte, accusa di furto, cioè di plagio. Terenzio: accusa di aver contaminato e di aver rubato delle scene. Accusa ulteriore, di non essere lui l’autore , ma fare da prestanome, (nate all’interno del circolo degli Scipioni). Per vedere come si difende, leggi i Prologhi delle commedie. Terenzio 180-159 a.C. ca e poco dopo Terenzio finisce per essere soppiantata, da spettacoli di mimo o dall’Atellana che vengono scritte. Ma in generale abbandono del teatro. In età augustea tentativo di riportare il teatro nella scena, si pensa sia una forma politica diretta, senza però troppa fortuna. Ovidio sicuramente è uno degli autori che più influenza Seneca (Ovidio aveva scritto tragedie che non ci sono pervenute). La tragedia di Seneca è di argomento greco, che rifarà a Sofocle e Euripide, ma molti di questi trattati anche da Ovidio  influenza ovidiana. Es. Ovidio scrive la Medea, sia nelle epistole che nelle Metamorfosi. Tragedia: Medea è una maga produce incantamenti. La tragedia a differenza della commedia è un genere totalmente importato dalla Grecia. La commedia si innesta su una presenza teatrale, comica già attestata e presente a Roma, la palliata è un’evoluzione. Per quanto riguarda la tragedia è un genere totalmente nuovo. (di tragedia non c’era traccia). Temi: mito di fondazione a Roma, grazie alla produzione teatrale del V secolo, ad esempio se noi pensiamo ad Ennio: Ecuba, Andromaca, Medea, tutti temi legati al tema, prima ancora Nevio: Andromaca, Epos Troianus, la tragedia in Pacuvio e Accio assume toni sempre più patetici. Il più amato dei grandi tragici è Euripide. (sviluppi psicologici, sofistica ecce cc). SENECA Due ipotesi per collocare cronologicamente le tragedie e ne muta il significato: c’è chi colloca le tragedie subito dopo il rientro di Seneca dall’esilio in Corsica, nel periodo in cui funge da educatore di Seneca. Elementi di violenza, di sangue, la violenza del principe, conflitti familiari (tema del Tieste e dell’Edipo), c’è chi le colloca tra il 62 e il 65, periodo dal secessus alla morte. Fase di contrasto e che avrebbe portato Seneca alla partecipazione di lui alla congiura di Pisone del 65. Es. Edipo, il sovrano che ammette di essere lui che ha contaminato il regno, sarebbe la figura di Nerone (interpretazione di Boyle), quindi tragedia di rottura e di critica. Per altri si colloca in una frase propedeutica, cioè educativa. Nel senso che è il periodo in cui Seneca scrive una serie di dialoghi e alcuni trattati indirizzati al principe (es. de clementia, de benefici) istruzione del principe. La tragedia dell’eccesso che dimostra ciò che si deve evitare, cioè ciò che la mancanza di controllo sulle passioni comporta. Dobbiamo immaginarlo quindi come un testo non per essere rappresentato ma solo letto, se lo collochiamo nella seconda fase. Il problema persiste, non abbiamo documentazione che siano state messe in atto le tragedie durante il periodo senecano. Si può supporre che le tragedie venissero rappresentate a palazzo, non necessariamente all’interno di uno spazio teatrale, quindi una forma ridotta. Nell’ipotesi che venisse rappresentata, dobbiamo immaginare delle declamazioni pubbliche. Per tutto l’Ottocento è stata considerata una tragedia retorica e per questo non rappresentabile. Figlia sia della retorica ma anche della filosofia però è chiaro che siano i cori che non hanno una funzione drammaturgica, ma vi si tratta un tema filosofico. O forse era rappresentabile in modo differente, es. Le fenici ci sono giunte senza cori, ma perché? Non l’ha compiuta Seneca, o era un copione e quindi non c’erano i cori? Ci dice sicuramente che lo sviluppo della tragedia procede anche senza cori. O delle volte i cori, anche nella rappresentazione, erano omessi. Fortuna sia nella trasmissione del testo, sono state copiate soprattutto dopo il Medioevo, e poi nell’Umanesimo vengono messe in scena. Tema della tradizione del testo Metodo di Lachmann che sviluppa il suo metodo: nel nuovo testamento e in Lucrezio. Noi cerchiamo di rcostruire, ma anche l’archetipo poteva avere delle lacune e degli errori. Un editore: prima azione che fa: la RECENSIO, trovare tutti i testimoni che documentano un determinato testo, o i suoi autografi o i manoscritti, trovare tutta la documentazione relativa ad un testo, si tratta di trovare i manoscritti che documentano quel testo, ma anche trovare le citazioni che riguardano quel testo. COLLATIO: confrontare, il confronto dei testimoni per cercare di raggiungere un “archetipo ideale”, per l’ELIMINATIO CODICUM DESCRIPTORUM: un codice descritto p una copia di un esemplare che noi possediamo. B rispetto ad A contiene tutti gli errori di A e in più tutti i suoi errori. Ogni volta che copiamo qualcosa c’è un errore. Ciò che diversifica un manoscritto dall’altro: è l’identità dell’errore. Il confronto tra manoscritti si fa sugli errori. Nello schema di Lachmann, l’ideale è che ci troviamo di fronte ad una partizione tripartita: 1) omega è l’archetipo, cioè ciò che i voglio ricostruire, itali cioè manoscritti di Lucrezio, tripartita perché mi consente un approccio matematico, due rami vs 1 ricostruisce il testo dell’archetipo. Tuttavia il 90 per centto della nostra tradizione è bipartita. Stemma tripartito è proposto tra gli altri, (sito di scholarly, cerca lo stemma di Lucrezio). Stemma di dohifert. I manoscritti itali sono derivati dall’oblombus. P greco è il poggiano, cioè da poggiani che ha ricavato il mansocritto. Noi non possiamo mettere sullo stesso piano gli itali e gli omblomus. Nel terzo libro del de rerum natura, problema twstuale, nella prima parola della riga 1 del libro 3. e. edizione monacense (manoscritto italico) o. manoscritto oblombus e uno delle schede gv. Om u omittitur quadrarus (mancante, non sappaimo cosa vedesse) Articolo 1960, qual è l’edizione O OV : E M Due rami della tradizione O, se adottiamo uno schema bipartito o tripartito, in ogni caso, la maggioranza se non la totalità della tradizione ci dice di O, e poi entrambi i rami hanno ripreso O dall’archetipo, quindi sappiamo che era O. Archetipo all’interno di una tradizione innografica, l’apparato ci fa comprendere quale manoscritto è stato scelto e ci viene detto che cosa riportano gli altri testimoni rilevanti per costruire i vari identificatori delle famiglie. Apparato che definiamo positivo, cioè contiene in sé tutti i testimoni per comprendere le edizioni utilizzate. O: archetipo è dato da omega e perché è stato difeso in un lavoro del 1960, poi ci dice che E è indicato da un testimone della famiglia alfa, famiglia degli Itali, poi ci dice che E è della famiglia alfa. Nel quadratus non c’è scritto, apparato non positivo ma non negativo. L’apparato negativo dovrebbe escludere l’apparato adibito a testo. La Fedra Da un lato una famiglia, famiglia A da cui dipendono tutti manoscritti umanistici, dal 1100, testo A non esiste ma ricostruito tramite confronto. Dall’altra parte E, manoscritto etrusco, è un laurenziano. Editore ha fatto vari raffronti, deve fare prima la recensio e poi la collatio, nel caso di Seneca, ci sono elementi che ci guidano nel partire a fare alcune supposizioni che sono i titoli delle tragedie e l’ordine delle tragedie. LE TROIANE Titolo, troades e troas a: manoscritto etrusco e quelli derivati hanno come titiolo troades. Troas il titolo che si trova nei manoscritti della famiglia A. Ci sono quindi elementi congiuntivi ma al tempo stesso separativi, Ippolito famiglia A, mentre quelli che hanno fedra risalgono al manoscritto etrusco, ma è solo un’ipotesi che sono messi in evidenza tramite dei trattini. Questi indicano dei manoscritti contaminati, cioè prendo un -urna tristi: tristis, aggettivo sia in senso passivo che attivo, qua un’urna triste che ci rattrista, non è in sé portatrice di emozioni. Prospettiva stoica non viene presentata con una luce positiva, nell’ottica del coro, c’è una visione pessimistica. “non giova affidare l’anima alla morte” Moriamo del tutto quando la nostra anima non esala più e avviene la cerimonia della pira. Omnes morimur significa che siamo tutti mortali, che siamo tutti collegati alla dimensione delle morte. Se diciamo toti morimur significa che moriamo interi, sia nel corpo ma anche nell’anima e non resta di noi alcuna parte. Questo evoca il carme 30 del terzo libro di Orazio, possibilità di sopravvivenza è la poesia. v. 397 Dopo la morte è il nulla e la morte stessa è il nulla, meta estrema di uno spazio veloce, visone di Epicuro e di Lucrezio, curare il dolore della morte mediante questo. Anche la morte è il nulla, nel momento stesso in cui esiste la morte non esistiamo noi. Metafore comuni nell’ambito della rappresentazione della morte e del tempo. Tempo per rappresentarlo si trasferisce su un piano spaziale. Quando arriviamo alla morte arriviamo alla meta. Tempus: spatii velocis. Riflessione sul tempo, ovvero al tempo futuro. La morte è sicuramente in un attimo successivo che noi non dominiamo. Riflettiamo sul fatto che il futuro non è in nostro controllo, se penso troppo al futuro divento avido del futuro, così come se prospetto tutta la mia vita al futuro, desidero qualcosa che non ho e che non posso controllare e conseguenza di questo è l’ansia, le passioni dell’anima. La filosofia vorrebbe controllare interamente le passioni. La mia spes continuamente convertita in timore. Spes e elpis, sono neutri. Sono vox mediae, no connotazioni positive o negative. Il problema è il contesto di pensiero. La speranza normalmente nella riflessione stoica e epicurea è negativa, solo un tipo di speranza viene ammesso, cioè quello legato alla discendenza, ad esempio che Astianatte rappresenti la spes di una nazione è ammesso. Il tempo avido ci divora, ci consuma. Immagine oraziana e ovidiana. “tempus evax, che mangia” Post mortem nihil est ipsaque mors nihil, citazione, ripresa diretta di quello che scrive Epicuro, Lucrezio, anche Cicerone quando cita Epicuro. La morte A di atomos = in di individuos Tomos= temno, tome taglio, artomos è indivisibile Limen et: anastrofe Favola simile ad un sogno tormentoso Tanenara è un plurale poetico Cerbero come custode, anche presente in Omero, ma non usa Cerbero, parla di un cane _______________________________________________________________________________________ Tu chiedi in che luogo giaci dopo la morte Dove giacciono le cose non nate Interrogativa indiretta, verbo secondo consecutio, l’idea di morte può essere rappresentata in tanti modi, es. obitum: ob+eo, si può pensare come un luogo dove si va, ripropone la dicotomia iniziate. Gli atomi che costituiscono i corpi alla morte si aggregano e si disgregano, io dovevo prima di essere nato, da nessuna parte. LEZIONE 2 NOVEMBRE Due prodigi: apparizione di Achille e poi nello scontro del campo dei greci, secondo coro che si apre. La prima parte di questo coro è legata alla continuità dopo la morte. Morte esprime l’idea epicurea secondo la quale non esiste un aldilà ma tutto termina dopo la morte. Conclusione secondo cui dopo la morte non c’è nulla (concetto evocato anche nella consolazione ad marciam). Contrapposizione tra Astianatte e Andromaca e il resto dei protagonisti dell’azione, Astianatte e Andromaca sono legati ad una prosecuzione della sofferenza. Senex, Andromaca e Astianatte. v. 409-425, largo spazio ad Andromaca, poi 50 versi in cui non viene più interrotta. Cfr. rappresentabilità delle tragedie di Seneca. Monologo di Andromaca dal v. 409 Quid interrogativo all’accusativo di relazione Turba: termine secondo la folla che indica minor razionalità, ne tratta anche nelle sue opere fiosofiche, elemento turbativo dell’animo, perché il contatto con loro ci rendono meno umani, (cfr. epistola 7), dice che ad esempio i vizi si prendono stando a contatto con gli altri. Tundo: verbo sonoro che evoca il suono di battersi il petto Effuso pleto: da effundo, ha un suo valore originario che è quello di versare, mai poi assume il valore aggettivale di abbondante. Genas: parte delle guance Periodo ipotetico della obiettività: abbiamo patito poco se patiamo dei mali degni di pianto, abbiamo patito poco se ci restano altre lacrime, figura etimologica: perpessae patimur per connettere fra loro protasi e apodosi. Ferus del v. 413: 1. Come aggettivo riferito all’aggettivo peliacus axis e in questo caso abbiamo un iperbato 2. Oppure possiamo intendere che ci sono due soggetti, uno è ferus l’altro è il peliacus axis. Ilio è caduta per voi da poco, per me un tempo (contrapposizione tra Andromaca e tutto il resto delle donne, per Andromaca la rovina è stata quando è morto Ettore), olim deriva dal dimostrativo ille, troviamo la forma olli, es in un verso di Ennio “olli respondit”, in latino classico sarebbe “ille”. Olim: in un tempo la, in un tempo lontano da chi parla e da chi ascolta. E’ caduta allora quando il crudele asse del Pelia con il carro lanciato trascinava le mie membra e gemeva con grave suono tremando per il peso di Ettore. 2. Quando il crudele Achille trascinava col carro slanciato le mie membra e l’asse del carro gemeva con grave suono per il peso di Ettore. (due soggetti: uno è ferus l’altro è axis). Andromaca si immedesima nel corpo di Ettore, amore di lei per il marito. Bisogna dire che questa forma di patetico si ritrova nel 13esimo libro di Ovidio, nell’episodio di Polissena dove Elena parla di lei come “mea membra”, elementi del patetico spesso in relazione al corpo. Peliacus è una montagna che sta dietro troia da cui si raccoglieva il legname per costruire il carro. Peliacus cfr Peliade con il patronimico di Achille, Carro di achille fatto con l’asse del peliacus. E’ il carro lanciato che grazie all’asse, nell’altro caso è evidente chi è l’oggetto. Solitamente preferita l’interpretazione di ferus sostantivato. Verbi che indicano il crollo di una città, come se in maniera metaforica, Andromaca si rappresentasse come la città di Troia che crolla. A livello psicofisico: è torpens, lingua che si intorpidisce, la lingua non riesce più a muoversi, vengono meno le sensazioni. Quodcumque: indefinito relativo. 416. se noi prendiamo troia concidit, fero è utilizzato senza oggetto. Ormai strappata ai Danai seguirei il mio sposo se questi non mi trattenesse Teneret 3 tipo, congiuntivo dell’irrealtà. Lei manifesta il desiderio del suicidio, ma c’è hic cioè Astianatte. Ripetuto anaforicamente. Questo ci fa capire che sia in scena e che il testo è pensato anche per la rappresentazione, cioè per dare coerenza visiva. Rogo regge il doppio accusativo della cosa e della persona. La colpa di Astianatte è che Andromaca ha un futuro, cioè un futuro per il quale lei deve sperare e ottenere. Questo è il motivo della sofferenza, dato che c’è un futuro la tranquillità dell’animo viene meno. Non si teme nulla quando si è inel male peggiore perché non si guarda al futuro. Dura è una congettura, dira omega, omega è l‘archetipo, n.b. che nel caso di seneca è bipartita: etrusco e famiglia A. ciò significa che in entrambi i rami c’è dira. Dira e dura sono isoprosodici, cioè metricamente sostituibili, dal punto di vista semantica dirus significa, (Lucrezio dirà dira libidus, fa parte della fisiologia la necessità fisica dell’amore, come naturale e necessario, quello che è patologico non la necessità fisiologica ma l’innamoramento cioè ciò che non è razionale, sembra che Lucrezio esca dai suoi schemi, indica dirus la fisiologia). Dirus normalmente è riferito ad Achille perché violente e spietato, ed è dira la violenza degli dei. Veniant valore eventuale, la cosa peggiore è avere paura quando non hai speranza, è un caso veramente paradossale. Quis: aggettivo, normalmente è pronome int, che si contrappone a qui, quae e quod, ma se andiamo a vedere una gramm storica, ci viene spiegato che quis nel I secolo è normalmente utilizzato come aggettivo. Afflicatam: ha valore predicativo. Da un grave male che è la rovina di Troia sta sorgendo un grande male. Triplice allitterazione maius magno malum e anche figura etimologica. Rimane solo la torre dalla quale deve essere buttato Astianatte. E quali stragi troverà, anche se lo volesse? Temi tipici della letteratura legata alla provvidenza, secondo cui il dio gode a vedere i propri mali sottoposti all’uomo, il male sottoposto all’uomo come prova. Andromaca presenta i due prodigi della notte: prodigio raccontato, l’apparizione di Achille dall’Ade e il racconto del prodigio che lei sola ha potuto vedere: apparizione di Ettore. Specus è ambiguo, qui traduciamo come nominativo plurale, però noi potremmo intendere quell’et come un’anastrofe. Obscuri specus potrebbe anche essere un genitivo singolare. In altri casi Seneca, ha usato specus, come nominativo plurale, quindi se pensiamo sia un’autocitazione, è un plurale. Gli sconfitti sono gli abbattuti. Il prodigio non si è manifestato solo ai Greci ma anche i Troiani hanno avuto il loro prodigio. Hic va collegato a sapor, hic è in iperbato rispetto al suo sostantivo. Questo sonno della notte orrenda spaventa propriamente il mio animo. Si parla di sopor, sonno più profondo rispetto al somnus. Come v. 459, caratteristica del fatto che Andromaca è richiamata dall’amore per Ettore e si dimentica del figlio. Pt passato di obliviscor usato con valore di contemporaneità. L’ombra è uno dei modi per definire i morti. L’ombra ingannevole se ne andò passando per gli abbracci stessi. Il numero tre indica i tentativi dell’abbraccio. Dal verso 461, adesso Andromaca si rivolge al figlio. Mater semper certa, in questo caso viene rovesciato sul padre, perché le fattezze di Astianatte richiamano chiaramente quelle di Ettore, principio di eredità di discendenza, l’erede è uguale al padre, ne eredita tutte le caratteristiche. Eredita una caratteristica che era di Ettore. Geminazione termine nimium: è molto simile al padre, l’identità cozza con la necessità di nascondersi, è troppo simile al padre, sia nell’aspetto che nel destino (che è quello di morire). Chiasmo talis incessu e habituque talis. Celsus: stessa radice del verbo eccellere Ritratto di Astianatte fatto in positivo, ma rappresentando non tanto Astianatte ma Ettore. Proiezione della fase eroica di Ettore in Astianatte. Nate è usato diversamente qui nel v. 469 rispetto al v. 461. Due destini: uno legato alla terra e uno legato al popolo. Argomento che è legato al mito originario di Roma. Cfr. 12 esimo libro dell’Eneide in cui si dice del duello tra Enea e Turno (troiani vs popolazioni latine). Giunone vuole che rinuncino al nome, alla lingua e ai costumi. Giunone ottiene che ci sia una sconfitta morale per i vincitori, i vinti sono coloro che impongono lingua, nome e cultura. Virgilio ha dato questa interpretazioone sul perché non c’è il nome di Troia. Qua Seneca allude al nome. Vivamus: valore limitativo (riformulazione un po’ delle parole di Virgilio nell’Eneide) Rediciva: lectio difficilior / recidius. (esiste un passo in cui Virgilio usa redicivia). Re+cado: che accade di nuovo. Per associazione di passa dalla lectio difficilior a quella facilior. Quale delle due parole è più rara e più difficile tra le due e quale è stata introdotta per “sostituzione”. ORAZIO (65 /8 a. C.) Liber catulliani: carmi divisi in tre gruppi, polimetri, carmina docta e epigrammi. Il liber di Catullo ci sono vari cicli, anche solo per quanto riguarda i protagonisti delle storie d’amore, anche cicli omosessuali. Ma il libri di cui parla il carme 1, è tutto??? Espone i carmina secondo variatio metrica e tematiche, non è Catullo che ha fatto l’edizione, su questo siamo certi perché lui è morto e non ha curato l’edizione. Per Orazio invece l’edizione del testo è curata dall’autore. La disposizione delle poesie di Orazio sono tali per volere dell’autore. Idea diversa di libro, scelte non autoriali, oggi è diverso perché i libri escono secondo una volontà autoriale. Noi i carmi li leggiamo secondo il volere e la disposizione del “copista” del tempo. Con Orazio questo è diverso, perché è lui stesso che conferisce ad ogni testo un contesto, è valutata per struttura, non solo per singoli carmi. Caratteristica degli augustei, come composizione rispetto alla poesia di Catullo. Catullo scrive due carmina in strofe saffiche. Uno è della patologia d’amore e l’altro è dell’addio. Rappresentare la storia d’amore di lesbia come inquadrata da due componimenti in termini saffici. Racconta in chiave saffica la sua esperienza, lo fa con un metro caratteristico della lingua greca. Orazio dice che è stato il primo ha introdurre per gli italici le modalità greche della metrica. Orazio crea delle raccolte in versi lirici. Siamo nel pieno delle guerre civili, spesso qui riecheggiate; infatti, è stato definito il più autobiografico dei poeti, sia dei carmi lirici, sia delle satire che delle epistole. Però la sua autobiografia si ricostruisce anche grazie a Svetonio. Figlio di un liberto, educazione letteraria tipico delle famiglie benestanti, può andare anche in Grecia, ad Atene a studiare. Sono gli anni dell’inizio della guerra civile, poi sappiamo che i Cesaridici si trasferiscono in Macedonia e Orazio aderisce alla fazione dei Cesaricidi. Vicino alla riflessione filosofica rappresenta gli ideali repubblicani e partecipa nel 42 alla battaglia di Filippi dove vengono sconfitti Bruto e Cassio. In un’ode parla del fatto che è fuggito e ha abbandonato lo scudo. Tema tradizionale della poesia lirica, Archiloco, Alceo, Alcmane. (topos). Lui dice che si è salvato dopo aver abbandonato il piccolo scudo in maniera non onorevole. Archiloco diceva, al diavolo, me ne prenderò uno migliore. Ciò ci dice che Archiloco rompe gli schemi rispetto all’eroe tradizionale, Archiloco ci riproduce un testo che vuole essere topico.