Scarica Appunti completi (+ esercitazioni) Economia Politica II - Prof. Catalin Dragumirescu Gaina e più Dispense in PDF di Economia Politica solo su Docsity! ECONOMIA POLITICA II CAPITOLO 1 IL PIL Il PIL è la grandezza fondamentale della macroeconomia ed è definito come il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo. Il PIL é una grandezza di flusso, non di stock. Spesso il PIL é annuale ma possono esserci paesi in cui viene calcolato trimestralmente oppure mensilmente. Valore di mercato —> i beni e i servizi che rientrano nel Pil sono valutati ai prezzi di mercato, cioè ai prezzi a cui • vengono effettivamente venduti nell’anno cui si riferisce la misurazione. Questa misurazione espressa ai termini correnti è detta “in termini nominali”(𝑌 ). Tutti i beni e i servizi —> non rientrano nel calcolo del Pil: • Beni e servizi prodotti illegalmente ◦ Beni e servizi prodotti e consumati all’interno delle famiglie ◦ Il lavoro in nero non contribuisce alla formazione del PIL. ◦ Questo perché non vengono acquistati sul mercato e quindi non è possibile determinare un prezzo che consenta la contabilizzazione. Finali —> non tutti i beni e servizi venduti legalmente sul mercato compongono il Pil; i beni intermedi non • contribuiscono alla formazione del Pil, in quanto vengono utilizzati come mezzi per la produzione, contribuiscono alla formazione del Pil soltanto nel caso in cui vengano utilizzati come beni finali, e, quindi, destinati al consumo. Proprio per questo è sbagliato definire il Pil come il “valore della produzione di un anno”. Prodotti —> non è sufficiente che il bene sia scambiato nel corso dell’anno, ma bensì deve essere anche • prodotto. In un paese —> il Pil misura ciò che viene prodotto in un paese; ciò che conta è il luogo dove avviene la • produzione. Il PNL tiene conto della nazionalità dell’impresa. Un dato periodo di tempo —> in genere si parla della produzione di un anno solare. Proprio perché il Pil è una • grandezza di flusso non può essere definito come “la ricchezza di un paese”. È possibile calcolare il Pil tramite il metodo del valore aggiunto. Il valore aggiunto da un’impresa alla produzione è pari al valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi utilizzati nella produzione. Quindi: 𝑌𝑛 = 𝑉𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝐴𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑜 = 𝑉𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 − 𝑉𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑏𝑒𝑛𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑚𝑒𝑑𝑖 Un’altra via utilizzabile per il calcolo del Pil è quella del metodo del reddito. La differenza tra valore della produzione e valore dei beni intermedi non è altro che il reddito prodotto da un’impresa; quest’ultimo andrà a remunerare i lavoratori (salari), le imposte indirette e il profitto dell’impresa. Nel caso in cui ci siano rendite anche queste ultime concorreranno alla formazione del reddito. Per questo è possibile vedere il reddito come: 𝑌𝑛= 𝑅𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 = 𝑆𝑎𝑙𝑎𝑟𝑖 + 𝑃𝑟𝑜𝑓𝑖𝑡𝑡𝑖 + 𝐼𝑚𝑝𝑜𝑠𝑡𝑒 𝐼𝑛𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑒 + 𝑅𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒 PIL, REDDITO E SPESA Il Pil può essere calcolato anche con il metodo della spesa. 𝑌𝑛= 𝑆𝑝𝑒𝑠𝑎 = 𝐶𝑜𝑛𝑠𝑢𝑚𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑒 + 𝐼𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 La spesa per beni di investimento riguarda le imprese che acquistano nuovi macchinari, impianti e immobili, acquistabili anche dalle famiglie. A questi investimenti fissi vanno aggiunti i cosiddetti investimenti in scorte, nei quali sono compresi i beni non venduti nell’anno in corso e collocati nei magazzini. Si parla di investimenti in questo caso perché è come se le aziende “acquistassero” oggi una produzione per venderla negli anni successivi, indipendentemente dalla circostanza che tali “acquisti” siano o meno volontari. Negli investimenti in scorte si registrano le variazioni delle scorte. Il risparmio delle famiglie coincide con l’importo degli investimenti delle imprese; da questo si deduce che il risparmio delle famiglie “finanzia” gli investimenti delle imprese, perché affinché tale finanziamento si realizzi è necessario che esista un mercato e/o degli intermediari finanziari capaci di far affluire alle imprese i fondi risparmiati dalle famiglie. Al calcolo della spesa possono concorrere le esportazioni ed importazioni di beni e servizi, questa bilancia, ai prezzi correnti, é calcolabile come la differenza tra esportazioni e importazioni. Quindi infine sarà calcolabile come: 𝑌𝑛 = 𝑆𝑝𝑒𝑠𝑎 = 𝐶𝑜𝑛𝑠𝑢𝑚𝑖 + 𝐼𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 + 𝐸𝑠𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑁𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑌𝑛 =𝑆=𝐶+𝐼+𝑁𝑋 Altra componente della spesa è la spesa pubblica (𝐺𝑛). Nel bilancio pubblico la spesa è suddivisa in: Uscite correnti, che comprende le retribuzioni dei dipendenti pubblici, gli acquisti di beni e servizi, i trasferimenti • (𝑇𝑅 ), i contributi alla produzione, la spesa per interessi sul debito pubblico Uscite in conto capitale, che comprende gli investimenti per opere pubbliche e i trasferimenti in conto capitale • (quindi ad aziende di proprietà dello Stato). BENIVENDUTI AI CONSUMATORI FINALI reddito percepito nel paese da soggetti non residenti. L’unica differenza tra PIL e PNL è che quest’ultimo è un aggregato nazionale e non interno. Questo significa che vengono prese in considerazione le attività delle imprese nazionali che operano fuori dal Paese, mentre non sono contabilizzate le attività delle imprese straniere che operano sul territorio interno. IL PIL È DAVVERO COSÍ IMPORTANTE? PIL PRO CAPITE • Non si utilizza il valore assoluto del Pil come un indicatore del benessere di una nazione; la variabile che viene utilizzata è il Pil pro-capite: 𝑃𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑒 = 𝑃𝑖𝑙 / 𝑃𝑜𝑝. 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 Per poter fare confronti tra il Pil pro-capite di paesi diversi è necessario misurarlo nella stessa valuta, applicando il tasso di cambio. Questo, però, non è sufficiente. È necessario tenere conto che il tasso di cambio corrente può nascondere diversi poteri d’acquisto della stessa valuta in diversi paesi. Infatti, ad esempio, con un dollaro in America compro due prodotti mentre in Cina ne compro di più, quindi se noi utilizzassimo il tasso di cambio corrente in valuta americana il Pil della Cina verrebbe sottostimato. Per ovviare a questo problema, i confronti internazionali si effettuano, in genere, utilizzando un tasso di cambio tale da garantire lo stesso potere d’acquisto. AUTOPRODUZIONE ED ECONOMIA SOMMERSA Il PIL non comprende i beni e i servizi autoprodotti all’interno delle famiglie. Inoltre le attività illegali o quelle attività che sarebbero legali ma svolte in nero. Tanto maggiore è l’economia sommersa e tanto più lontano è il PIL pro- capite dall’essere una buona misura dell’effettivo reddito di un paese. In Italia il ruolo di misurare l’economia sommersa è svolto dall’ISTAT, Istituto nazionale di statistica. Tra i difetti del PIL va annoverato che esso non misura la salute dei cittadini o la durata media della loro vita e neppure misura livello o la qualità di istruzione. PIL, INDICE DI SVILUPPO UMANO E FIL Allo scopo di individuare un indicatore del benessere più completo ed affidabile del Pil, è stato elaborato dall’ONU un Indice di Sviluppo Umano (ISU o HDI), che tiene conto, oltre che del Pil pro-capite, del costo e qualità dell’istruzione, dell’aspettativa di vita alla nascita, della qualità e del costo dell’assistenza sanitaria ecc. Tra i paesi più sviluppati lo scostamento tra Pil pro-capite e ISU è piuttosto limitato. REDDITO PRO-CAPITE E DISUGUAGLIANZA Il Pil pro-capite non ci dice nulla sulla distribuzione del benessere tra i cittadini. Economisti e statistici hanno proposto vari indicatori per misurare la disuguaglianza della distribuzione. Tra gli indici di disuguaglianza, uno dei più utilizzati è il coefficiente di Gini, che varia da 0 (perfetta uguaglianza) a 100% o 1 (perfetta disuguaglianza). Con un coefficiente uguale a 0 ogni data quota della popolazione riceve una stessa quota di reddito, con un coefficiente pari a 100 tutto il reddito va alla fascia della popolazione con un reddito più alto. Un altro modo di guardare alle disuguaglianze è misurare le quote del reddito prima delle imposte e formare delle classi di percettori di reddito. In America l’1% della popolazione più ricca ha un reddito maggiore della somma dei redditi del 50% più povero. AMMORTAMENTO IL IN 2000 800 1200 PIL VA 6000 PILf PIL T TR 6000 2500 1000 4500 PIN PIL AMM 6000 1200 4800 D G TR T 1000 1000 2500 500 SURPU S I D S I 500 5 500 I I LIMITI DEL PIL Non é una misura diretta del benessere (se lavori di più, il PIL aumenta ma il tuo tempo libero diminuisce). Per • questo motivo viene utilizzato un altro indice, ISU. Non viene considerato e calcolato tutto il lavoro casalingo • Non viene considerato e calcolato il lavoro in nero • Non considera l’impatto ambientale come, per esempio, l’inquinamento • Non per tutti i beni esiste un prezzo come, ad esempio, il lavoro di un docente é calcolato arbitrariamente —> • salario IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE Sottraendo alla popolazione complessiva gli anziani e i minori di 15 anni (che non possono lavorare) si ottiene la popolazione in età attiva o lavorativa. 𝑃𝑜𝑝𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 = (𝑃𝑜𝑝) − (𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑖 + 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑖) = 𝑃𝑜𝑝𝐿 Sebbene tutti i cittadini appartenenti alla popolazione in età attiva siano potenzialmente lavoratori, non tutti partecipano al mercato del lavoro. Soltanto gli individui che sono occupati o disoccupati in cerca di lavoro fanno parte della forza lavoro. Quindi la forza lavoro (L) è la somma degli occupati (N) e dei disoccupati (U). 𝐿= 𝑁 + 𝑈 Tenendo conto di ciò, si può misurare il tasso di partecipazione alla forza lavoro come il rapporto tra la forza lavoro e la popolazione in età attiva o lavorativa: Alcuni individui, dopo un periodo più o meno lungo da disoccupati, smettono di cercare lavoro e con ciò escono dalla forza lavoro rilevata. La presenza di un elevato numero di questi lavoratori scoraggiati riduce L e quindi riduce il tasso di partecipazione. I disoccupati sono quegli individui che appartengono alla forza lavoro ma che non hanno un’occupazione “ufficiale” e quindi sono in cerca di occupazione. Anche gli appartenenti alla forza lavoro che hanno un “lavoro nero” fanno parte dei disoccupati. Il reddito da loro prodotto non viene conteggiato nel Pil. Il tasso di disoccupazione è la quota percentuale dei disoccupati rispetta la forza lavoro. Solitamente espresso in termini percentuali, quindi moltiplicato per 100. Il tasso di occupazione è il rapporto tra occupati e popolazione attiva. equivalente a Tale definizione implica che una diminuzione del tasso di disoccupazione (U) non si riflette automaticamente in un aumento del tasso di occupazione. Una diminuzione di U farà aumentare l’occupazione solo se si mantiene costante o aumenta il tasso di partecipazione. PROBLEMI COLLEGATI ALLA DISOCCUPAZIONE Un’economia in cui il tasso di disoccupazione sia elevato è un’economia in cui una quota non piccola dei lavoratori potenziali non ha un reddito o ha solo un sussidio di disoccupazione o lavora in nero non pagando le tasse. Un elevato tasso di disoccupazione implica una perdita di benessere per molti individui. Il tasso di disoccupazione è utile se mantenuto sotto una certa soglia frizionale, poiché ad esso corrispondono posti di lavoro vacanti. Il problema diviene quando il tasso di disoccupazione sale al di sopra di questo valore, dove ai lavoratori disoccupati non corrispondono posti di lavoro vacanti. In Italia il tasso di partecipazione è tra i più bassi dei paesi sviluppati, ciò significa che una minor quota di lavoratori, se occupata, deve mantenere una maggior quota di popolazione che comunque non lavora. È quel tipo di disoccupazione che nasce dal normale turnover nel mondo del lavoro (ovvero persone che entrano ed escono dalla forza lavoro e dalla continua creazione/distruzione di impieghi). Il totale di disoccupati legati alla disoccupazione frizionale dipende dalla frequenza con la quale i lavoratori cambiano lavoro e dal tempo impiegato per trovarne uno nuovo. LIVELLO DEI PREZZI E TASSO DI INFLAZIONE La stabilità dei prezzi, oppure un tasso di inflazione moderato (2-3% annuo) costituiscono una garanzia non trascurabile per l’ordinario svolgimento delle attività economiche. Un tasso di inflazione elevato erode rapidamente il potere d’acquisto dei soggetti economici e può creare un clima di incertezza. Le famiglie potrebbero decidere, ad esempio, di anticipare gli acquisti per non dover pagare un prezzo troppo alto futuro (inflazione); oppure potrebbero risparmiare più di quanto desidererebbero fare, per sfruttare i più bassi prezzi attesi futuri (deflazione). Inoltre, un tasso di inflazione elevato mette in crisi i creditori che abbiano prestato denaro con contratti definiti in termini nominali, perché l’inflazione erode sia il valore reale della somma capitale, sia il valore reale degli interessi percepiti. Al contrario, la deflazione (cioè un’inflazione negativa, ovvero una riduzione del livello dei prezzi) metterebbe in crisi i debitori, che si troverebbero a dover restituire somme di denaro dal valore reale più elevato e a pagare interessi reali più elevati. INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO Il tasso di inflazione misura la variazione percentuale dei prezzi da un momento all’altro del tempo. In genere ci si riferisce alla variazione annua. La misura del livello generale dei prezzi viene effettuata usando degli indici ponderati, costruiti a partire da un paniere predefinito di beni e servizi. I più usati tra tali indici sono l’indice dei prezzi al consumo (IPC) e il deflatore del Pil. Se il paniere dei consumi contiene n beni e servizi, e l’anno 0 è utilizzato come anno base, l’IPC nell’anno t sarà: Mentre la variazione dell’IPC sarà: Un indice simile all’IPC é l’indice di Laspeyres, che tende a stimare l’inflazione per eccesso. Infatti, esso non prende in considerazione che una variazione dei prezzi spinge i consumatori a sostituire i beni divenuti relativamente più cari con quelli divenuti relativamente meno cari e che quindi il paniere rappresentativo dei consumi cambia, con la conseguenza che la spesa effettiva aumenta meno di quanto stimato dall’indice dei prezzi al consumo. Nell’ambito dell’area Euro è stato sviluppato un indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per determinare una misura comune del tasso di inflazione nei vari paesi dell’area, misura che è utilizzata dalla Banca Centrale Europea come punto di riferimento per la politica monetaria. L’IAPC è calcolato considerando un paniere di beni e servizi che tiene conto sia delle peculiarità di ogni stato membro che delle regole comuni. Headline inflation => tasso di inflazione che include tutti i beni del paniere Core inflation => aumento medio dei prezzi (e quindi anche della diminuzione del potere d’acquisto della moneta) escludendo dal conteggio i beni che tipicamente sono soggetti a forte volatilità di prezzo INFLAZIONE 1500 500 1000 va VA VA1200 1500500 38002000 4000 I PIL 40001003900 PIL GOO80011000 PROFITTI 4000 2400 PROFITTI4000 QuotaSALARI ILI QUOTAPROFITTI MOGLI 19g SALARI4000 PROFITTI3000 Stoffinaloo METALLI E computer_FAMIGLIE 101INVENDUTA È fà scorte iii etica Iata ÈÈ11001 PIL x CTI Ne 14.000 2000 400021002007000 14.900 CONSUMOINTERNO DELLE FAMIGLIFONSUMOESTERNOFAMIGLIEmiioni 6g 70g 14001500min1490 COMPUTER METALLI SCARPE IL REDDITO 4000 2000 4000 3000 1000400 300200 14.900 DOMANDA 2 COMPUTER 20006000 METANO 300017000 NUMEROPIÙGRANDE SCARPE 4001400 cuoio 2001500 CRESCITA DEL PIL PRO CAPITE È probabile che a una bassa crescita del Pil reale corrisponda un tasso di disoccupazione elevato, il che ha le sue conseguenze negative (basso reddito quindi basso benessere). Vi è una relazione inversa abbastanza stabile tra tasso di disoccupazione e tasso di crescita del Pil. Un basso tasso di crescita del Pil è un segnale di cattiva salute dell’economia, e lo è tanto più se la popolazione cresce ad un tasso superiore perché si determina, in questo caso, una riduzione del Pil pro-capite. Il tasso di crescita del Pil pro-capite sarà dato dalla differenza tra i tassi di crescita del Pil e della popolazione, quindi: I TASSI DI INTERESSE IL TASSO DI INTERESSE NOMINALE Il tasso di interesse nominale (i) misura quanti euro si possono avere in più dopo un anno, o quanti euro in più bisognerà consegnare tra un anno avendo preso a prestito un euro oggi. Così se la somma prestata oggi è 𝑑0, la somma restituita tra un anno sarà 𝑑1 = 𝑑0(1 + 𝑖) Così un’obbligazione annua che rappresenti una promessa di pagamento di 100 euro a scadenza e che abbia un valore di emissione pari a 95 euro frutterà un tasso d’interesse pari a: Quindi, generalmente: In caso di variazione del tasso o del prezzo di mercato (PT) per trovare i bisognerà sostituire PT a d0 IL TASSO DI INTERESSE REALE Il tasso di interesse reale (r) misura quanti beni possono essere acquistati in più tra un anno rinunciando alla spesa di un euro oggi e prestando quell’euro al tasso nominale i. Se si rinuncia all’acquisto di q0 oggi, tra un anno sarà possibile acquistare la quantità q1 = q0(1 + r). Se il livello dei prezzi rimane costante tra un anno e l’altro, si avrà uguaglianza tra tassi di interesse nominale e reale. Quindi: La coincidenza viene meno se i prezzi cambiano da un anno all’altro cioè se c’è inflazione. Il tasso di inflazione è dato: Il tasso di interesse reale è dunque approssimativamente uguale alla differenza tra tasso di interesse nominale e tasso di inflazione. Tasso in interesse reale (r)= i – π Per creditore e debitore nel concludere un contratto di prestito, ciò che conta è il tasso di interesse reale che si attendono di percepire o pagare dopo l’anno (re). Esso dipenderà dal tasso di interesse nominale stipulato e dal tasso di inflazione atteso (πe). Se il tasso di inflazione atteso risulta uguale a quello effettivo, il tasso di interesse reale atteso è uguale a quello effettivo. La differenza tra tasso di interesse reale effettivo e tasso di interesse reale atteso sarà semplicemente π – πe. Il tasso di interesse reale misura il costo effettivo del denaro che deve essere preso a prestito. Il tasso nominale determina l’onere del debito pubblico, maggiore è, maggiore sarà la spesa sostenuta. I tassi di interesse nominali salgono quando sale l’inflazione, mantenendo così i tassi reali a un livello sufficiente per convincere le famiglie a risparmiare. i_II PT iI i_DIFF ri TASSI DI INTERESSE A BREVE E A LUNGO TERMINE Un prestito a lunga scadenza avrà un rendimento superiore a quello di un prestito a breve scadenza; con l’allungarsi della durata, aumenta il tempo per il quale il prestatore deve rinunciare alla possibilità di disporre di una somma liquida e questo ha un prezzo. Si pretende anche un interesse maggiore sui prestiti più rischiosi. Esiste una relazione che lega i tassi per prestiti di diversa durata. CAPITOLO 3 IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Globalizzazione => intensificazione dei rapporti tra economie e paesi del mondo => movimenti sempre più intensi di merci, servizi, persone e capitali. All’origine della globalizzazione c’è il commercio internazionale di merci tra residenti di diversi paesi Collegato a globalizzazione, giustificazione di quest’ultima => David Ricardo (1817) - principio dei vantaggi comparati: Se hai costi di produzione relativi minori rispetto ad altri devi specializzare la produzione in tale materia, perché ◦ genera un maggiore vantaggio a livello di redditività. Un paese tenderà a specializzarsi nella produzione del bene su cui ha un vantaggio comparato (cioè la cui produzione ha un costo opportunità, in termini di altri beni, minore che negli altri paesi, si parla di costi di produzione relativi). Non è cosi semplice, perché: Costi diretti e indiretti • Costi diretti => dazi e altre quote su importazioni => non vi sono in tutti i paesi però • Costi indiretti=> che sono impossibili da valutare (sussidi...) • Tradables e nontradables => questi ultimi sono beni che rimangono locali => non tutti i beni possono essere • soggetti ad esportazioni LA BILANCIO DEI PAGAMENTI La bilancia dei pagamenti (BP) di un paese registra il valore di tutte le transazioni con gli altri paesi. La BP si suddivide in tre capitoli o bilance, a loro volta articolate in sotto-bilance. Il primo capitolo della BP è il Conto corrente (CC) che registra i flussi di beni, servizi e redditi tra residenti e non. La prima componente di questo conto riguarda le esportazioni ed importazioni di beni e servizi (entrambi in euro). Il • saldo di tale componente sono le esportazioni nette: La seconda componente riguarda i redditi, a loro volta suddivisi in redditi primari (RP, redditi dei cittadini) e redditi • secondari (RS, redditi come PA), quindi: In RP rientrano i compensi (in entrata e in uscita dall'Italia) dei lavoratori dipendenti, i redditi da capitale (ma ◦ non i capitali), cioè gli interessi sui titoli esteri detenuti dai residenti in Italia (+) e quelli sui titoli italiani detenuti da residenti esteri (-), i dividendi distribuiti da società estere a residenti italiani (+) e quelli distribuiti da società italiane a residenti esteri (-). RS comprende pagamenti internazionali per assicurazioni, trasferimenti correnti da e verso istituzioni ◦ internazionali (come la Commissione Europea o il FMI), nonché i denari ("rimesse") che gli immigrati inviano ai loro parenti residenti in paesi esteri o che gli emigrati italiani inviano in Italia. Il secondo capitolo è il Conto capitale (CK), che riporta i flussi di attività non prodotte e non finanziarie e tutti i trasferimenti in conto capitale da o verso l’Unione Europea, ma anche l’eventuale cancellazione di debiti dei paesi esteri. La somma algebrica di CC e CK ci dice il risultato netto (surplus) o l'indebitamento netto (deficit) dell'economia italiana nei confronti del resto del mondo (net lending/net borrowing). tl a BRETTON WOODS & TASSI DI CAMBIO Tra 1944-1973 accordo per il funzionamento del commercio internazionale => EU e USA => stabilire tassi di • cambio fissi in modo da avere un assetto finanziario e monetario capace di impedire un’altra grande depressione degli anni 30 Tassi di cambio tra valute possono oscillare intorno a un valore fisso, +/- 1% (pegged exchange rates) • Dollaro scambiato per oro, 35 $ per un’oncia • 1971, USA decisero di rinunciare alle convertibilità del dollaro in oro => dollaro diventa una flat currency • 1973 => termine degli accordi di bretton Woods • Dal 1971 i tassi di cambio iniziano ad oscillare più frequentemente. Maggiore flessibilità in svalutazioni e • rivalutazioni delle monete Svalutazione => decisione di modificare il tasso di cambio collocandolo a un livello più basso, che da quel ◦ momento ci si impegnerà a difendere, cercando di tenerlo "fisso". Rivalutazione => decisione di alzare il tasso di cambio a fronte di un permanente eccesso di domanda di una ◦ determinata valuta. TASSO DI CAMBIO NOMINALE Il tasso di cambio nominale (e) è il prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera. Ci dice quanta moneta estera è necessaria per comprare un euro. Se per acquistare un euro aumentano le unità di valuta estera necessaria, l’euro si apprezza; nel caso contrario si deprezza. Quando la valuta del paese A si apprezza in termini di un’altra (B), le merci prodotte nel paese B diventano più a buon mercato per i compratori del paese A, così come lo divengono le obbligazioni emesse da B o fare turismo in quel paese. Al contrario, per i cittadini di B le merci e le attività finanziarie del paese A o a fare turismo in A diviene più costoso. Il tasso di cambio nominale è definito per ogni coppia di valute, il che implica che siano definiti anche dei tassi di cambio incrociati (cross rates). TASSO DI CAMBIO REALE Il tasso di cambio reale è il rapporto tra i livelli generali dei prezzi in due paesi diversi, espresso in una valuta comune; quindi, il rapporto tra i livelli generali dei prezzi viene moltiplicato per il tasso di cambio nominale: ε = 1 si verifica se 1/P = e/Pf ovvero un euro compra lo stesso paniere di beni in Europa e in America. Se il tasso di cambio reale è < 1 le merci del paese al numeratore sono più convenienti di quelle al denominatore, se invece è >1 le merci del paese al denominatore saranno più convenienti. Una diminuzione del tasso di cambio reale indica che le merci americane sono diventate più costose rispetto a quelle europee, perché l’euro si è deprezzato o perché è aumentato il livello dei prezzi interni americani rispetto a quelli interni europei. Un aumento del tasso di cambio reale, al contrario, indica una perdita di competitività delle merci europee rispetto a quelle americane. La variazione del tasso di cambio reale dipende dalla variazione del tasso di cambio nominale e dal differenziale di tasso di inflazione tra USA ed e Europa. Un’inflazione estera maggiore di quella nazionale (π – πf <0) implicherà un apprezzamento della valuta nazionale (e’ > 0). Un’inflazione interna superiore a quella estera (0< π – πf) provocherà un deprezzamento della valuta nazionale (e’ < 0). EUR USD 0,9850 UDEUR EUR GBP 0,8751 GBPEUR Pgp LI È 0,9850 Iggy 1,1256 MALIVELLOGENERALEDEIPrezziNazionali ESTERI ESERCITAZIONE 2 1 PisaNeR 1001010 1050030 416000 2 PIL2001N 1051000 10800.31 439800 PIL2001R 100.1000 10500 31 425500 PIN 439800 416000 416000 100 572 PIR 425000 416000 416000 100 2,28 3DEFLATOREPILANNOBASE 100 SEMPRE DEFLATORE PIL2001 43,14g 100 103,4 DEI 103,46L 100 34 PI EDEL PIÙ DEI 5,722,28 3,44 4 East EP2001 Qzoo 1051010710500 30 430050 IPSA Phao 416000 IE fino 100 337 OPPURE IPC2001 Ifito 105 50 30 103,37 È 103,3710 100 3,37 Nao 100E 100 Izo 5,66 2001 100Izo 8,77 Tassoocczoo 100Nel 100Ego 62,5 tassoOCCzoos 100 Ie 100 5 64.2 tassoPART zoo 100 È 100 If 66.25 tassoPART zoo 100 e100Ifo 70,4 PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO La parità del potere d’acquisto (PPA), più comunemente conosciuta come PPP, è una teoria economica sulla determinazione del tasso di cambio. Essa afferma che i livelli di prezzo tra due Paesi dovrebbero essere uguali. Ciò significa che una volta applicata la conversione valutaria, le merci in ogni Paese avranno lo stesso costo. Quando ε=1 al livello generale dei prezzi, allora si verifica la teoria PPP. Un paniere di merci ha lo stesso costo in • 2 paesi, una volta che sia espresso in un valuta comune Se = ε < 1 per un paniere di beni, dove P rappresenta il livello dei prezzi in Italia e Pf i prezzi all’estero (ex. USA), • allora le merci Italiane sono più competitive (perchè hanno prezzi relativi più bassi) => e*P < Pf Teoria valida a lungo termine e non per tutti i beni => soprattutto per i beni di prima necessità e sono necessari continui aggiornamenti economici PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO RELATIVA C'e anche una versione relativa (invece di quella assoluta vista sopra) della teoria PPP • Questa versione relativa impone che la variazione del tasso reale di cambio sia costante • Un paese con inflazione più alta π > πf avrà un tasso di cambio nominale ê < 0, e una moneta che si deprezza. • 1 Piùf 1001000 1020 100 202000 PILIn 105 990 856,8 120 206770 PIE2067702ft 100 2,36 PILLO 10019901020 120 221400856,8 120 106970 19in per 22149,2ft 100 9.6 DEI PI Pir 2,36 9,6 7,2 3 IPSEEija 100 1051000 856.8 10 100 qu410010001020100 meeqq.gge a gg Eolo 100 i OGGI I I I dipendeseJACOPOèunSOGGETTO AVVERSOOPROPENSOLArischio 1 0,03213 10,03121119 3 0,032 2 0,03 il 30,032 20,03 0.0363,6 ANNI GIÈGI 1063Rischio ANNI 10,0312 1,06Rischio BILANCIO PUBBLICO conto economico consolidato delle PA • Riepilogo principali voci: • + entrare correnti ◦ - spese correnti ◦ = (+) accreditamento / avanzo / surplus (se entrate > uscite) ◦ = (-) indebitamento / disavanzo / deficit (se entrate < uscite) ◦ Il bilancio pubblico é uno strumento di contabilità nazionale. La sommatoria fornisce, se positiva il disavanzo, se negativa l’avanzo, del bilancio. Per pubblico si intende l’insieme delle amministrazioni pubbliche PA, ovvero l’aggregato di enti pubblici che producono beni e servizi non destinabili alla vendita. Il conto economico può essere presentato in due modi: Raggruppando tutte le spese e tutte le entrate (sia correnti che in conto capitale) • Costruire prima due bilanci separati (uno di parte corrente e uno di parte capitale), e solo successivamente • pervenire al bilancio complessivo La differenza tra spese correnti e entrate correnti rappresenta l’accreditamento (+) o indebitamento (-) corrente noto come avanzo surplus e disavanzo deficit della parte corrente. Saldo di bilancio pubblico: Dn = Gn + TRn – Tn ESERCITAZIONE 3 TRATTATODI MAASTRICHT LIMITEDI 3 PERDalPin DOLLARIPEREU 0,96USD 1EUR 996USD 1EUR OSÉ 1USD G EUR e 194Gt te PNL 1µs 4.7 su 4,895PNL 1EUR 104EUR 1USD EUSER 0,90M SiÈ Deprezzato RONTEUR 5,0 È È È an a µ PB 105 pA 110 IB 4 84,6 la 1 1.26 naaaaa aaaa NOICONOSCIAMO e B QUINDI ILNOSTROPAESEE B E e IL E B If E 1,3 1 0 E 1,24 1 E 1 e PÌ L 1,3 PB 1 P 84.6 µ INTERESSEINTERNO NOISIAMOINB INTERESSEESTERO efb 1,3it tt f èH1 126 3 A 1g 9 1 1,3 0,9710 3 126 A 1 BiB ta èaB Bsiè deprezzatoInfattiLaparitàscopertadeitassidiinteresseafferma CHEILPAESECONILTASSO i PiùALTOE ILPiùRISCHIOSO ECISIAttende4 1 èa èa 3 CHElasuamonetasi deprezzi Pa 130 B 130 1.08 140,4 PB 120 B B E 1,08 1,08 A 1 B a E CABPj E 1,08 110,4 0,92 E 1 QUINDISONOPIÙCOMPETITIVE LEMERCI DI B b E 1 11,1 e 14 e 1,17 LALAMONETADELPAESE B SIÈ APPREZZATA 370.000 NX RPRS PNE DAFE APE PNEo 0 50.000 50000 PRE1 2000 48.000 46.000 APIE 46000150000 4.000 APREI CC PRE Preo CCI CCI 4.000 CCa 40.000 A TASSODICAMBIO 10 A 1 Ka ZA CCA 40000 A a Za Cca 330000 40.000 370.000 iEuro 1 in 7 1 8 la 1EUR_èEUR1A Ia iEUR è AEur 7 19 100 6 è EUR 6 9,5 1È 10,1A1EUR Deficit strutturale: è l'indicatore che esprime la situazione dei conti pubblici, ossia al netto della componente ciclica e delle misure di bilancio una tantum. Il saldo di bilancio pubblico: Dn = Gn + TRn – Tn dove: Dn coincide con l’indebitamento netto della PA, • Tn sono tutte le entrate • TRn comprende prestazioni sociali, contributi alla produzione e la spesa per gli interessi. • Gn tutte le spese pubbliche. • PIL CT I T G X Z APIL AC DI AG DX AZ APIL 610.000 600.000 10.000 APIL ACTIVITY AZ 0000 AC 7000050.000 10 AC 20 DC 10 ILCONSUMOÈ DIMINUITO EILPILÉ AUMENTATOVUOLDIRECHEILPAESEHA AUMENTATO ITASSID'INTERESSE IL DEPREZZAMENTOHAAUMENTOLE ESPORTAZIONI CHEHANNOFERMATOILCONSUMOINTERNO OPPURE SALDOstrutturale sa ET PARTECORRELATACONEgg i DEBITOpubblico ib saldocomplessivo T G th sepositivo a a ap SENEGATIVO D D DP IB AVANZOPRIMARIO RISPARMIODELGOVERNO tassodiINTERESSE SALDO PRIMARIO saldocomplessivo spesaperinteressi saldostrutturalesaldocomplessivodepuratodaglieffettidel0 DEFICIT Ciaoeconomico calcolatoAPARTIREDAUNBenchmark ENTRATETEORICHE USCITETEORICHE g PREZZODellaspesa E DB BE BE B PGPIPIEZEB.EETIÈ BE 1 Bt Sti É se dividoquestoRAPPORTOPERPY PRIMARIONuovo LE PERCENTUALINelPil ib 0.03 b 201 2,01 I 0,01 50,005 9m0,015GIFÈETAP Nominale de5 0.05 b ibid bing 0,030,05 2,010,015 000,05003 0.05 b201 80,05 b206 5 fibtdp blig EBROPUBBLICOCOSTANTE 5 0 0 0,03Ap 2.010,015 0003 ap 00 apOdp 5 0 b 201 98 100.000 b120 Bo120.000 to i 0,035 Es tax 41000 dpeo01 SI I 0,015JI0,01 SI 95 10,5259010015 100.0001.025 102500 1 By Boffiaddt _1200000.035120000 1025 122,2g d1 1 di102500 1025 102500 s babo Abs Yi 9 1 0,025 102500 10.025 105062,5 52 0 ibtd bs.gndove.de I0 0,014.122 04 1,220,025 dp1,220,025 0,041,22 0,0183 LaSEENEGATIVOEUNAVANZOAP1,83 011,83 52 f b160 3,1 iii0,031 0,041,22010 1,220,025 LE FASI E LE CARATTERISTICHE DEL CICLO ECONOMICO Le distanze verticali dal trend misurano l’output gap. Solitamente si suddivide il ciclo economico in due fasi: ascendente, caratterizzata da ripresa ed espansione, discendente, caratterizzata da recessione. Il trend di lungo periodo è crescente, nella fase ascendente si registrano tassi di crescita superiori a quelli del trend e in quella di contrazione tassi di crescita inferiori a quello del trend. Il punto di svolta inferiore è detto avvallamento. La fase di ripresa ed espansione copre la distanza tra una valle e il picco successivo, mentre la fase di recessione copre la distanza tra un picco e la valle successiva. PERIODI IN MACROECONOMIA Lunghissimo periodo (> 10 anni): Crescita PIL dipende dall’accumulazione di capitale fisso e umano, crescita di • produttività e progresso tecnologico Lungo periodo (5-7 anni): Crescita PIL (potenziale) dipende da fattori sopra menzionati, a cui si aggiunge • l’efficienza e concorrenza dei mercati Medio periodo (2-4 anni): Ci concentriamo sulle politiche (e trade-off implicati dalle scelte di politica), aspettative, • aggiustamento dei prezzi Breve periodo: Con prezzi rigidi, la politica monetaria e fiscale possono controbilanciare un shock • CAPITOLO 6: DOMANDA E OFFERTA AGGREGATA CON MERCATI IMPERFETTI LA DOMANDA AGGREGATA (AD) AD esprime la relazione tra quantità di un insieme di beni e servizi domandati e il suo prezzo di mercato ricavati dall’equazione quantitativa della moneta. Dall’equazione quantitativa della moneta possiamo prendere M e V come esogeni. Il Pil sarà sempre formato dal prodotto tra prezzi e quantità domandata. Vi è quindi una relazione inversa tra la domanda aggregata di beni e servizi (YD) e il livello generale dei prezzi (P) —> YD = MV/P L’unico bene che conta è il Pil, non c’è sostituzione tra beni più costosi e meno costosi: un aumento del livello generale dei prezzi non spinge a sostituire la domanda del Pil con la domanda di qualcos’altro, poiché non esiste. L’AD è rappresentabile come un’iperbole equilatera con elasticità unitaria (negativa = -1). Il motivo per cui la curva di domanda aggregata è decrescente può essere spiegato così: si supponga di partire da un livello dei prezzi pari a p0: Se i prezzi scendono a p1 , i soggetti economici si troverebbero con una certa quantità di moneta in eccesso • rispetto ai loro desideri, perciò cercheranno di spenderla, aumentando quindi la quantità domandata di beni fino al livello Y1. Se la quantità di moneta offerta aumenta o se aumenta la sua velocità di circolazione, aumenta la domanda • aggregata di beni per ogni dato livello dei prezzi, ovvero la curva si sposta verso l’alto. IL SALARIO REALE DETERMINATO DAL PREZZO L’economia è caratterizzata dalla presenza di J imprese (J>1) producenti un unico bene il Pil. La funzione di produzione Yi = θNi Dove Ni rappresenta il lavoro impiegato dall’impresa e θ indica la produttività media del lavoro. Questo modello è l’oligopolio di Cournot, le imprese fissano la quantità prodotte. Il lavoro è omogeneo ed è retribuito con un salario unitario nominale uniforme (non fisso) pari a W. Nell’equilibrio di Cournot si verifica l’uguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale: P(1 – 1/J) = W/θ = W/ (Y/N) = WN/Y Il mark up è decrescente nel numero di imprese. Il Mark Up indica una specifica percentuale che si aggiunge al costo di un articolo per poter ottenere il prezzo di vendita corretto. Mark up: 𝜇 = 1/(J-1) Il Markup è influenzato (oltre che dal numero delle imprese J) dal livello concorrenziale di un mercato e dalla legislazione che regola la concorrenza o i costi di entrata / uscita dal mercato. MIETIy YD Mtv P PMtvy fY È GLI 1 O MI v Ps y iiiseaaaa a ea aaaa e a µ a ga o vPERCHEUNAUMENTODELLAQUANTITÀDImonetaOFFERTAOdivelocitàdicircolazione AUMENTALADOMANDADIBENIPEROGNIDATOUNODEIPREZZI LEIMPRESEFISSANOIPREZZICOMEMARKUPsulcostomarginale P 1 tu I QuYid 1 I J 1 I Mj no p n o tu eYE o nIN LI SIETE INTERMINIREALIILSALARIOREALEE O n La retta che rappresenta il livello del salario reale è talvolta chiamata PS o Price Setting. Il salario reale, data l’ipotesi di rendimenti costanti, è indipendente dal numero di lavoratori impiegati dalle imprese. Al contrario, il salario reale dipende dal numero delle imprese: maggiore è il numero delle imprese (minore è il mark-up) maggiore è il salario reale. IL SINDACATO E IL SALARIO CONTRATTATO Inoltre, il salario reale contrattato é una funzione inversa del tasso di disoccupazione Sussidi molto alti e ‘’incondizionati’’ prolungano la durata della disoccupazione e possono portare alla cosiddetta ‘’trappola della povertà’’, ovvero una situazione in cui i lavoratori preferiscono non accettare un lavoro e continuare a vivere con il sussidio di disoccupazione. Semplificando la formula in logaritmi: che è la curva del salario reale contrattato WS (wage setting) il sussidio di disoccupazione costituisce un pavimento al di sotto del quale il salario reale non può andare. . La curva WS (WAGE settings) rappresenta il (minimo) salario che i sindacati sono disposti ad accettare per ogni dato livello di occupazione LE POLITICHE PER FAR AUMENTARE OCCUPAZIONE E PIL DI LUNGO PERIODO aumentare la produttività θ. Ciò è possibile con una politica di incentivazione e promozione dell’innovazione • tecnologica. Aumentare la produttività, sposta la curva AS verso destra aumentare il potere di antitrust (che riduce il markup) • influenza positivamente il livello di occupazione di lungo periodo, e quindi riduce il tasso di disoccupazione ◦ influenza positivamente il livello del Pil di lungo periodo ◦ ridurre i costi di entrata 𝜓 (pari al markup in equilibrio). Un aumento dei costi di entrata, riduce il numero delle • imprese presenti nel mercato e aumenta il mark-up. ridurre il cuneo fiscale, ovvero ridurre il costo del lavoro per le imprese. • µ WAP Me WAP glusussidiodidisoccupazione In.toetEttnoriÈ gg µ g IIIII NEAGGREGATA OFFERTAAGGREGATAE VERTICALENEUNGO TERMINEPERCHÉ LAPOLITICAMONTAR NONCAMBIARIABILI IA REALI RISPARMIO INDIVIDUALE E AGGREGATO Problema del risparmiatore generico i, che risparmia Si: Dove ρ esprime a preferenza temporale del consumatore, cioè la sua preferenza tra consumo presente e • consumo futuro (cosi detto tasso di sconto soggettivo che esprime la pazienza del consumatore; più basso p, più alta la pazienza). All’aumento del tasso di interesse aumenta la pazienza del consumatore, aumenta il risparmio • Relazione positiva tra risparmio e tasso di interesse, tra risparmio e reddito • Relazione negativa tra risparmio e pazienza/preferenza tra consumo presente e futuro => il suo aumento(p) • corrisponde a impazienza del consumatore. INVESTIMENTO L’investimento sarà effettuato se VAN0 > 0. Poiché il VAN è decrescente nel tasso di interesse, tanto più alto è il tasso di interesse e tanto meno saranno i progetti di investimento capaci di soddisfare la condizione quindi più basso sarà l’investimento dell’impresa. Relazione inversa tra spesa per investimenti e tasso di interesse reale, si avrà graficamente una curva decrescente al crescere del tasso di interesse reale. Il criterio dell’EMC (efficienza marginale del capitale) – dati il costo K e i ricavi K si individua il tasso di sconto che realizza l’uguaglianza δ (incognita del problema) 0t. COORDINAMENTO TRA RISPARMIO E INVESTIMENTO Il risparmio netto sarà: SN = S + kr – D Il deficit fa spostare a sinistra la curva di risparmio netto rispetto a quella di risparmio privato, con avanzo invece la curva di risparmio netto sarà a destra di quella di risparmio privato. La funzione di investimento lineare è così scritta: I = I – qr dove I rappresenta l’investimento autonomo, indipendente dal tasso di interesse. Eguagliando la formula del risparmio netto e la funzione degli investimenti, si trova il valore di equilibrio del tasso di interesse. Il punto di incontro tra la curva del risparmio netto e la curva dell’investimento determina il tasso di interesse reale di equilibrio di lungo periodo e la quantità di fondi scambiati. Da questa formula è possibile ottenere l’impatto di un aumento del deficit pubblico sugli investimenti privati. Si tratta di un effetto negativo, poiché un aumento del deficit pubblico implica una contrazione dell’investimento privato, tale fenomeno è detto spiazzamento. Un minor risparmio pubblico (deficit) si traduce in un tasso di interesse più elevato, che fa aumentare il risparmio privato e riduce gli investimenti privati. Per definizione la variazione del risparmio sarà ΔSN = - ΔD = ΔI 519,1 CAPITOLO 8: INFLAZIONE E I SUOI COSTI L’inflazione provoca la progressiva perdita di potere d’acquisto della moneta, ovvero per acquistare uno stesso paniere di beni e servizi si rendono necessarie quantità sempre maggiori di moneta. INFLAZIONE ED EQUAZIONE QUANTITATIVA DELLA MONETA La relazione tra tasso di crescita della quantità di moneta e tasso di inflazione, è esprimibile come una semplice retta che esce dall’origine inclinata di 45 gradi Considerando anche le variazioni di Pil reale di lungo periodo, si ottiene: π = M^ - Y^ Ciò significa che se il Pil reale cresce la quantità di moneta può crescere senza generare inflazione, purché non cresca più di quanto cresce il Pil reale. Si può osservare che l’inflazione può essere: nulla (moneta cresce allo stesso tasso del Pil reale), positiva (moneta che cresce a un tasso maggiore del Pil reale), deflazione (moneta che cresce a un tasso inferiore al Pil reale). COSTI DELL’INFLAZIONE Shoe leather effect (quando serve camminare più spesso per • approvvigionarsi, o andare in banca/punto bancomat per prelievi) Incertezza collegata ai contratti finanziari che sono specificati in termini • nominali (cioé, non sono indicizzati) Inflazione (quando non è attesa) favorisce i debitori ◦ Deflazione (quando non è attesa) favorisce i creditori ◦ Episodi di iperinflazione in Europa tra ‘20-’40 caratterizzati da: Disavanzi pubblici elevati: il governo ogni anno ha bisogno soldi perché spende più di quanto riceve. Spendendo • di più vuol dire che fa un debito pubblico alto come rapporto nel PIL. Emissione di moneta • Banche centrali scarsamente indipendenti (dal governo) • Il consolidamento fiscale, ovvero una diminuizione del disavanzo pubblico di solito comporta tagli alla spesa pubblica, meno pressione sulla domanda aggregata, il che significa meno inflazione DISAVANZO PUBBLICO E DOMANDA DI INFLAZIONE Il governo vuole finanziare il disavanzo pubblico senza indebitarsi troppo, cioè è interessato a ridurre il valore reale del suo debito. SIGNORAGGIO In passato, il signore riduceva il peso dell'oro delle sue monete (a parità di valore nominale) e così facendo, usava questo oro risparmiato per coniare nuove monete e si dava il potere d'acquisto aggiuntivo. Il signoraggio è definito come: S = ΔM/P e quantifica il monopolio dello stato a stampare moneta. Inoltre l’imposta da inflazione è definita come: ed é uguale al signoraggio (in specifiche condizioni) ma STIAMOconsiderandochey 0 M STRUMENTODI CONTROLLO EFFETTI RENELIODELIERYTIME Ftsazione Progress LungoPERIODO Ini EffettiReali 0 J O Lisette bliti o si gr Y C I 6 Domanda ggregata 61Y ADI Prezzi7 ORENOMINALE BI Bo IBO Da MsMo IBO Da DM 1 1 I PE ITPE 1 ITPILI valorereale TTSIGNORE g BEDE stile TI BEI sti Ife III IT BEL Ti TI S DI T I I Pat I e II NELlungoperiodo ESERCITAZIONE 6 Il governo controlla il sussidio di disoccupazione. Dunque, per avere un’occupazione più alta deve diminuire il sussidio. Inoltre, il governo può controllare il cuneo fiscale e in particolare ridurre per avere un’occupazione più alta. Infine, il governo può ridurre anche i costi di entrata. 08 5 2 M16 40,2 V 5 80,5 YM 0,2 FI G J 6 WWP O N 80,27.8 gggagggg.ae titties YATM8 11,119,1 MTVPty 165 1 19,1 171,9 Entità 97 40,1 NO 1 L J 11 P AU N P O N S0,17,9 v80N Bit A y5 tw8h 20,250sn iiiisangue MTV Pty 165 1719,3 P1,7 n 51mi I 9 mitw mi 5 150 I 250 PENDENZA 5 15021 AMI PRIVATO COSTALE variabile I 2503m girl Privato DSO GT PUBBLICO ma sa DI 5 7502503M 15021 1505M a30Dso I 250 3M 2503.301605 150AM S ITD S STD I 280 3 3 i p p 5 150 2 È esso 15012m1803m50 M36 SNSD21050160 È g I I FONDI I 2503M D10 5 15012M QUANDOMO S ITD p no _ggo.ge me ma Rendendo più concreta l’analisi si supponga che la funzione del consumo sia: C(Y) = C + cY Quindi in parte determinata dalla costante C e in parte determinata dalla propensione al consumo colta dal parametro c, che misura la propensione marginale del consumo (costante e compresa tra 0 e 1). La propensione media al consumo, cioè la quota media di reddito consumata, risulta decrescente: C/Y = c + C/Y dal momento che c è costante e C/Y è decrescente al crescere di Y, poiché C è costante. Propensione marginale al consumo, • Propensione media al consumo => C/Y = (Cfisso/Y) + c • Non c'è consumption smoothing => il consumo è nei limiti del reddito, non si ha indebitamento per sostenere le • spese La domanda aggregata è data dalla somma di consumo autonomo, consumo dipendente dal reddito (ossia propensione marginale al consumo per reddito) e investimenti Da tale formula si ricava: A = spesa autonoma => ossia consumo autonomo più investimento autonomo • All’aumento del consumo anche il reddito aumenta e viceversa • 1/(1-c) è il moltiplicatore dei consumi => la maggior parte del consumo effettivo dipende dalla propensione • marginale al consumo Crescita si accumula nel tempo, ma in ogni periodo l’aumento del consumo è sempre minore, fino a quando • essa si ferma Il "moltiplicatore" 1/(1-c) ci dice quanto varia Y per ogni data variazione della spesa autonoma (A). L’aumento di spesa autonoma genera (fase 1) un aumento di • reddito. Da qui parte il processo di moltiplicazione vero e proprio. Infatti, nella fase 2, l'aumento di reddito si traduce in aumento • di spesa per consumi. Tale aumento di spesa provoca un nuovo aumento di reddito, • che a sua volta genera un aumento dei consumi e così via. Ad ogni "round" successivo l'aumento di consumi e il • conseguente aumento di reddito divengono sempre più piccoli, fino a quando si riducono a zero. la variazione può essere calcolata così: ΔY = ΔA + c*Y = ΔA * 1/(1-c) • Il processo di moltiplicazione innescato da un incremento di spesa autonoma è finito perché la propensione marginale al consumo è minore di 1. Altrimenti (con c=1) tutto il reddito addizionale si tradurrebbe in maggior consumo e il processo di moltiplicazione innescato non avrebbe mai termine. Il valore del moltiplicatore dipende positivamente dalla propensione al consumo, tanto più essa è elevata e tanto maggiore risulta il moltiplicatore. Tanto più alta è la propensione al risparmio e tanto più basso sarà il moltiplicatore. PROPENSIONE MARGINALE AL RISPARMIO E AL CONSUMO I due valori sono tra loro correlati • Reddito è dato anche da S=I • S = Y - C = (1-c)*Y - C = sY - C • Il risparmio è dato dalla parte di risparmio influenzata dal reddito meno il consumo autonomo • s è la propensione al risparmio • Relazione inversa tra propensione al consumo e propensione al risparmio • La somma delle due propensioni dà uno • Paradosso della parsimonia => il modello è troppo semplice, perché? Se cerchiamo di aumentare la propensione al risparmio tale scelta non porta • effettivamente ad un aumento del risparmio Se aumenta la propensione al risparmio s, diminuisce necessariamente la propensione • al consumo c, perciò diminuisce il valore di equilibrio di Y e tale riduzione compenserà l’aumento della propensione al risparmio s, tale per cui S rimarrà invariato. Questo ADY C I E C4 I 11C4 I E Y IE I E g E A SUPPONIAMO CHECe 0.8Yt1 PROPENSIONEALRISPARMIO fenomeno è chiamato paradosso della parsimonia. Esso si basa sul fatto che gli investimenti sono dati a un certo livello e per quanto le famiglie possano desiderare di risparmiare di più, il loro risparmio non cresce, generando solo un minor livello di reddito e una diminuzione del consumo. MOLTIPLICATORE DELL’OCCUPAZIONE Ipotesi: funzione di produzione: Y = θN => N = Y/θ • Il moltiplicatore dell'occupazione dipende da θ • m = 1/1-c => è lo stesso del consumo => 1/ θ = 1/1-c • Moltiplicatore dell'occupazione sarà tanto più basso quanto più elevata è la • produttività del lavoro EFFETTO DELL’INVESTIMENTO AUTONOMO Un aumento iniziale degli investimenti autonomi genera un incremento di reddito pari a 1/1-c. L’aumento di reddito, a sua volta, genera un aumento di consumi pari a c. Dunque, l’aumento di consumo messo in moto dall’aumento dell’investimento autonomo e dunque il prodotto tra c e 1/1-c. nel caso in cui la variazione dell’investimento autonomo sia negativa, la produzione • scende maggiormente rispetto al consumo. Nel caso in cui la variazione dell’investimento autonomo sia positiva la produzione • sale maggiormente rispetto al consumo. Il risparmio è sempre uguale all’investimento • LO STATO Nel breve periodo lo stato ha strumenti che influenzano fortemente la domanda aggregata e quindi il Pil e l’occupazione. Si introducono due nuove variabili: la spesa pubblica G e la tassazione T. La tassazione: T/Y = t ovvero la pressione fiscale complessiva. All’aumentare del Pil le entrate fiscali aumentano, poiché una maggior quota del reddito prodotto viene prelevata dallo stato. Il consumo sarà quindi una funzione del reddito disponibile, cioè del reddito al netto dell’imposizione fiscale: Questo moltiplicatore è inferiore a quello del paragrafo precedente, in assenza dello stato (m = 1/1-c), poiché non tutto il maggior reddito generato da un aumento di spesa pubblica o di investimenti è disponibile per i consumi. Soltanto una quota pari a 1 – t rimane disponibile per consumi e risparmi. Di tale quota i consumatori spenderanno una parte pari a c per consumi. Per questo motivo al denominatore del moltiplicatore compare il termine c(1 – t). Il prelievo fiscale svolge un ruolo di stabilizzazione automatico, poiché riduce l’effetto moltiplicativo delle variazioni di spesa pubblica o di investimenti privati. Così gli aumenti di Pil generati da aumenti della spesa pubblica vengono frenati dall’esistenza del prelievo fiscale, mentre la riduzione di Pil determinate da riduzione di spesa pubblica o degli investimenti privati vengono a loro volta in parte ammortizzati dal minor prelievo fiscale. ESERCITAZIONE 7 A me mggge.cat ITTICAEly 94144 IE y LEI E mgggoverno TASSAZIONE REDDITO ALIQUOTA GI 0Lordo3 0 15.000 0 15.000 25.000 25.000 35.000 35.000 a 30 Tassazione to 0 154720 2541541304.134k 4700 AliquotaMEDIA Yi 13.8 tassazione.fiIeo9sii9Eisniid su254351.13740035 SIL 11 0 01542010430 3740025000 5720 5840 senonFosse scattataL'ALTRA ALIQUOTAMEDIAGLI 15,61 SCALDRAG58405720120 1 to 340004700 29300 M tes 37409 582031167 M 315 1 7,7 tt 7.71 NONFOSSEPASSATOINUN'ALTRAALIQUOTASAREBBE dunqueAUMENTATOILREDDITONETTOMENODEL10 CifosseflatTAXUNAUMENTODELRedditolordoOvocaUNAUMENTO 1LDELREDDITOnetto 37400 X 293001,1 32230Ratto 10 137400322305170 Esazione per MANTENEREUGUALE IlpotereD'Acauisto TASSE 110 RMRimaneuguale 015K 425K 435k 016,5k 20 16,5K27,5K 27,5K38,5K scaglioniaumentatidel10 ASSE 0 16,54 204 1K 30 3740027500 5170 statoHACAMBIATOGUSCAGLIONINONLEALIQUOTE 470010 5170 PAESEA PAESEB INDICATORI 5 1 Ù 2 3 È 2 14 M in VARIAZIONESCELTADALLA BANCACENTRALEINMODO ARBITRARIO31 2 domandataDAIGOVERNIMARIOREALE o e i 0 inconsaenamon I Li III è EquazioneQUANTITATIVADELLADOMANDA P5LaOCostante I MI 79 4p 3 iii Iiii ii MODELLO REDDITOSPESA compita 0,675y y AD C I 6 0,6754250150iSÌ6754400 1 0.67519400 yLeea ja nofremitodi equilibrio porta autoritratto 51 30 amaqq.gg aaaa gg NuovoREDDITO 25 250 39,2 µ 61 3150 NONIMPORTA QUALEVETIPOLÉNÉAMONOMA CAMBIAPERCHÉPortanoallostessorisultatoUNAUMENTODELReddito termine é pari o vicino allo zero causa di una trappola di liquidità limitando la capacità della banca centrale di stimolare la crescita economica Se la Curva IS è verticale => gli investimenti sono completamente autonomi, quindi • insensibili alla variazione di tasso di interesse: I = I. La IS è verticale perché in un’economia aperta la quantità di fondi mutuabili non dipende • dal tasso di interesse, ma dipende dall’avversione al rischio degli investitori. Un caso di potenziale inefficacia della politica monetaria si ha quando la IS non interseca la retta di ascissa Y. In questo caso, l’unico modo per cercare di riportare l’economia a livello di reddito vicino a quello naturale ricorrere alla politica di bilancio espansiva. IL MERCATO DELLA MONETA La BCE riesce a controllare il tasso di interesse nominale overnight (brevissimo termine), mediante operazioni di mercato aperto e operazioni marginali, con le quali fa variare la base monetaria, oppure i conti di riserva delle banche ordinarie presso la banca centrale. Come il controllo del tasso nominale overnight può trasformarsi nel controllo del tasso reale a medio-lungo termine? Il passaggio da tasso nominale a tasso reale dipende dall’inflazione attesa, se nel breve periodo i prezzi sono fissi e quindi l’inflazione è nulla, il controllo del tasso nominale coinciderà con quello del tasso reale. Più complesso è il passaggio da tasso overnight a tasso a medio-lungo termine che influenza le decisioni di spesa del settore privato. Il canale in questione è la struttura per scadenza dei tassi Quindi, se la banca centrale riesce a ridurre il tasso overnight oggi riuscirà a ottenere una riduzione del tasso d’interesse a medio-lungo termine se la banca centrale ha credibilità. Infatti, una banca centrale credibile modificando i tassi overnight potrà intervenire anche sul tasso a lungo termine, influenzando le aspettative future. Se queste condizioni si realizzano, la curva dei tassi si abbassa. La BCE crea base monetaria principalmente mediante operazioni di mercato aperto, cioè acquisto e vendita di titoli in via temporanea o permanente. Se la banca centrale vuole ridurre il tasso di interesse acquista più titoli, inducendo un aumento del prezzo dei titoli e per la relazione inversa tra prezzo e tasso, abbassa il tasso. LA VELOCITÀ DI CIRCOLAZIONE DELLA MONETA La domanda di moneta è funzione diretta del prezzo e del reddito, mentre è funzione inversa della velocità di circolazione: Qual è quindi la relazione tra tasso d’interesse e domanda di moneta? Due spiegazioni: Tenere moneta nel proprio portafoglio ha dei costi, significa rinunciare al rendimento che si avrebbe impiegando la • stessa somma in attività redditizie. Dunque, il “costo opportunità” della moneta è rappresentato dal tasso di rendimento, che equivale al tasso di interesse nominale (i). Oltre a questo, chi detiene moneta subisce anche la perdita di valore della moneta stessa, il rendimento atteso della moneta è −𝜋𝑒. Il rendimento delle altre attività è r, quindi chi detiene moneta rinuncia a un rendimento pari a 𝑖 = 𝑟 − (−𝜋𝑒 ) quindi la differenza tra il rendimento atteso delle altre attività e quello della moneta. Quando i prezzi sono fissi il tasso d’inflazione atteso è nullo quindi il costo opportunità di detenere moneta è il tasso reale di interesse r: più alto è il costo opportunità di tenere moneta più gli operatori vorranno sbarazzarsene. Quindi: La velocità di moneta è crescente al tasso d’interesse, mentre esiste una relazione inversa tra domanda di moneta e tasso d’interesse. Può essere riscritta anche come: Secondo il punto di vista di Keynes, il tasso d’interesse è il prezzo della rinuncia alla liquidità. • È ragionevole supporre che la rinuncia alla liquidità è tanto maggiore quanto più elevato è il tasso d’interesse e che la preferenza per la liquidità sia tanto maggiore quanto più basso è il tasso d’interesse. La condizione affinché esista una certa preferenza per la liquidità è che vi sia incertezza circa il livello futuro del tasso di interesse. L’offerta di moneta quindi è endogena, viene decisa dalla banca centrale al fine di raggiungere 𝑟𝐿, che a sua volta è lo strumento prescelto per mantenere, o riportare, l’economia al livello di reddito obbiettivo (𝑌𝐿). Itis t Itis.tl1ti5tsD CREDIBILE NONCREDIBILE Ma II MD MD DOVEVivi te ESERCITAZIONE 8 a DAD CTI 6 500,69 200200.0.04 1000 500.640,491921000 È 1940.6 breo I 20 invecedi192 DI2001928SALDO T G 0,4g G MMgDI 15625.812,5 0,41940,61000 911940.612,51953,1 776,241000 223.76 D 223,76 A C 0,8yd E 0,25 70,259 I 60 680 TRTI 0,1259 1000,1259 Y I 6D G TRT 0,8yd608080 1000,1255 0,254 0,8 y Ttt 1608080 1000,125.440 0,25440 0,8140,2541000,12597 140 15 90.840,2590,1254 1000,8140s yd c g0.840,2590,12597 220 P 0,89 0,29 0,2140,254 1000,12513 y 10,8110,250,1253 220 0.214400,254401000,125440 75 Y Lei 220 440 È bmg f o25o.at 2 DY MgAG 2.1020 Y 20440460 To0,259 TI 0,259 10 9 Y Ttt 90,259101000,1259 90,2590,1259110010 ma qq.iet 30 0,3 6 150 5Ney 60150540609salari0.8Iggy sneqy.tlgesso PROFITTI 0,7 5N 40,37210 1150,981,681N220 0 5 40 profitti 5N40,7g1210 N 94,02 SN c0.7SN1210 9 594,02 470,1 5N9712N 3N 1210 A 21,6 5N9712N0,773N0,81210 SN0,98N11,68N1210 50,981,681N210 N89,7 CAPITOLO 14: FLUTTUAZIONI, INFLAZIONE E REGOLE DI POLITICA MONETARI L’AGGIUSTAMENTO DEI SALARI E LA CURVA DI PHILLIPS Il salario contrattato è una funzione crescente del livello di occupazione e, quindi, decrescente del tasso di disoccupazione. D’altra parte, la curva PS esprime il salario reale che le imprese sono disposte a pagare, cioè che massimizza i loro profitti. L’incontro tra le due curve determina il tasso di disoccupazione di lungo periodo (𝑢𝐿) e contemporaneamente una distribuzione del prodotto pro-capite di equilibrio. Qualora, però, l’equilibrio IS-RT di breve periodo implichi un tasso di disoccupazione inferiore a 𝑢 il salario desiderato dai lavoratori sarà superiore a quello che le imprese sono disposte a pagare. Ne segue che l’equilibrio distributivo sarà rotto: la quota del prodotto pro-capite desiderata dai lavoratori sarà superiore a quella che le imprese sono disposte a lasciare ai lavoratori. Si genera così un conflitto distributivo la cui conseguenza sarà un aumento del livello generale dei prezzi. Dato: Questa equazione è nota come Phillips Curve e rappresenta la relazione tra variazione dei salari monetari e scarto del tasso di disoccupazione dal suo livello naturale, aumentata dalle aspettative di inflazione. Per ogni tasso di inflazione si avrà una diversa curva, ciascuna con inclinazione pari a 𝛾. Quando: 𝑢 > 𝑢𝐿→ alta disoccupazione→ basso potere contrattuale→ salari più bassi • 𝑢 < 𝑢L→ bassa disoccupazione→ salari più alti • La curva di Phillips esprime un trade-off tra variazione dei salari monetari e tasso di disoccupazione: ad una inflazione alta ci si aspetterà un tasso di disoccupazione più basso mentre se si ha un’inflazione più bassa il tasso di disoccupazione sarà più alto. Data l’equazione dei prezzi (𝑝 = 𝜔 − 𝜃 + 𝜇) e supponendo che mark-up e produttività siano costanti, si avrà che 𝑊 = 𝜋, quindi: Da questa espressione si evincono due importanti conclusioni: • A parità di tasso di disoccupazione, il tasso di inflazione effettivo è tanto maggiore quanto maggiore è il tasso di inflazione atteso • Se il tasso di disoccupazione è uguale al suo valore naturale il tasso di inflazione è uguale a quello atteso. IL NAIRU E IL PROCESSO INFLAZIONISTICO Soltanto se il tasso di disoccupazione è uguale a quello di lungo periodo il tasso di inflazione è stabile. Per questa ragione il tasso di disoccupazione di lungo periodo è anche detto NAIRU (Non Accelerating Inflation Rate of Unemployment) Un aumento del sussidio di disoccupazione non ha effetti sulla pendenza della • Phillips Curve ma si sposta più in alto, comporta una diminuzione dell’occupazione e quindi un aumento del NAIRU (disoccupazione). Il trade-off implica accettare 𝜋 più alti per gli stessi valori di u. Un aumento del potere sindacale ha effetto sull’inclinazione della Phillips Curve, • tanto è maggiore 𝛾 più la curva sarà ripida. Riduce l’occupazione di lungo periodo, quindi, aumenta il NAIRU. Implica accettare livelli di 𝜋 più alti per gli stessi valori di u. Shock di produttività negativo, fa spostare verso il basso la PS. Diminuisce • l’occupazione di lungo periodo, quindi aumenta il NAIRU. Riduzione del mark-up, la PS si sposta verso l’alto. L’occupazione di equilibrio • aumenta, quindi il NAIRU diminuisce. WEON 5 8 lme VETE8inm1 yen gne gne ey e WEI Lifflitetttimpostosaicoverno 5 e abitare naaa MI Caforzacavoronomassimodipersonechepossonolavorarenunpaese MADERNATAENEGATIVA DUNAELACURV ENGNATA NEGAVAMEN Teste ie W tetfperaesiamomm.tt WENTIE JINNI Wereo MENAIRU L’ECONOMIA ALLO ZERO LOWER BOUND In presenza di zero lower bound oltre a politiche di bilancio (fiscali) espansive possono essere attuate politiche monetarie non-convenzionali, le principali sono: Quantitative easing, per fornire liquidità ed abbassare i tassi di interesse a lungo termine. Consiste nell’acquisto • di titoli di stato da parte della BCE sul mercato secondario, immette liquidità nel mercato e quindi ha come effetto quello di aumentare i prezzi e quindi di aumentare l’inflazione. Rifinanziamento a lungo termine, per le banche commerciali, permettendo un finanziamento più conveniente • delle imprese Forward guidance, consiste nell’impegno della banca centrale a mantenere il tasso di interesse policy basso per • molto tempo, in modo da abbassare le aspettative inflazioniste. ESERCITAZIONE 9 filineintrale4II ti 1404115rare 9115 ma2 no 91150,0515,05 Io.ie1 ns 0,1 q Kinky1 1 1 4115 0,1 M1 2 10.051 1,95 96 16 96 16 9610,05 MA IO IL 1III 612ioyg 61 2960.1 96 96146 0.05È0.51161961 6002 Era0,08 Fifa161 0,02 Io 4g0,1 Io9g0,1I1610,1 t L 9215 ma2 22 0,542119215 121,984 122 2114119215 96 IL 0,92421510Iii ie 962 162 TELL1902620.5116290 616 IG 0,025 00s 1 111 2 21111011,514110 I 170177,5901 foso.sfzyostisyosfan.stnyos o.rs ltiii961 V610,59610,39 te 4 10 4 2 ONON C'ÈSHOCKPERCHÉÈtemporaneo edurasolo1periodo 122 21112011,514210 2 9 1 4210 ftp.tffj 59o2 fyoz2o.ntyoslt1sy62 forza.sn ufIff49 A IGIA rosa 0,39 CAPITOLO 13: CRISI FINANZIARIA ED ECONOMICA Con la caduta del tasso di crescita nel 2009, poi nel 2011 e 2012, la crisi ha colpito il mondo intero. L’intensità con la quale, però, l’ha colpito è diversa: molto maggiore nelle economie avanzate rispetto a quelle dei paesi emergenti. Prevedibile conseguenza è l’aumento del tasso di disoccupazione. Inoltre, l’inflazione è precipitata fino a diventare negativa (deflazione) negli USA e in Giappone. Nella zona Euro è rimasta positiva, ma largamente al di sotto dell’obbiettivo del 2% fissato dalla BCE. La deflazione è quella situazione in cui lo stimolo della domanda aggregata deve necessariamente essere affidato alle politiche fiscali (Zero Lower Bound→politiche di bilancio→ aumento spesa pubblica o diminuzione della pressione fiscale). Circuito di feedback negativo: le banche hanno/comprano troppi titoli di stato (per motivi superiori ai semplici motivi di liquidita) => perché • titolo di stato offre rendimento basso, e quindi conviene alle banche lo stato offre una garanzia (implicita) di bail-out alle banche commerciali che finanziano il suo debito • BOLLE IMMOBILIARI E MUTUI SUBPRIME Fino agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, le banche erogavano prestiti a imprese e famiglie, finanziandoli con i depositi ricevuti dalla clientela in proporzioni rigidamente regolamentate. I prestiti generavano interessi più alti di quelli pagati sui depositi e questa differenza remunerava il rischio sopportato dalle banche. Negli USA, già alla fine degli anni ’70, il modello di funzionamento del sistema bancario cambiò da originate to hold (eroga prestiti e detieni il rischio) a originate to distribute (eroga e distribuisci). Mediante questa cartolarizzazione, le banche erano in grado di recuperare rapidamente i fondi prestati, con la conseguente possibilità di erogare nuovi mutui o altri prestiti. Spesso le banche affidavano le operazioni di cartolarizzazione a una società veicolo (Special Purpose Vehicle, Spv) che poteva operare senza dover rispettare la regolamentazione e i suoi vincoli sui requisiti di capitale (spesso gli Spv venivano creati proprio per questo). Con il contributo delle autorità di politica economica che hanno assistito in silenzio allo sviluppo di un vero sistema bancario ombra, conosciuto come fenomeno del shadow banking. Con la possibilità di trasferire il rischio ad altri, si riduce il controllo della banca sulla solvibilità dei mutuatari. Così sono nati e si sono diffusi i mutui subprime, cioè mutui concessi a famiglie con redditi bassi e incerti, la loro diffusione era favorita dal continuo aumento del prezzo delle abitazioni. Proprio il continuo aumento di valore degli immobili consentiva ai mutuatari di “ritirare” una parte dell’accresciuto valore a beneficio della propria capacità di spesa (fenomeno dell’home equity withdrawal che permetteva ai mutuatari di indebitarsi di più al crescere del prezzo delle case, e viceversa). Ciò che accade negli USA a partire dal 2006 è che il prezzo delle abitazioni si stabilizza e inizia a scendere rapidamente. Quando non conviene più tenere una casa, è meglio abbandonarla. Se molti mutuatari si comportano così, le banche si trovano con tanti immobili da vendere. Il conseguente aumento dell’offerta accelera la riduzione del prezzo delle case. La bolla immobiliare scoppia. L’ATTRAZIONE DEL DEBITO: il rischio morale Il castello finanziario non era fatto solo di MBS. La fantasia finanziaria aveva creato altri titoli, il cui rischio era ancora più nascosto, essendo, a loro volta, cartolarizzazioni di cartolarizzazioni. Allo stesso tempo le banche e soprattutto le “società veicolo” da esse create avevano cominciato a finanziarsi emettendo titoli di debito a breve termine come la asset-backed commercial paper. Si trattava di modelli che favorivano il rischio morale, ovvero l’assunzione di rischi eccessivi nella convinzione di non dover pagare le conseguenze se qualcosa fosse andato male. Inoltre, si erano sviluppati i Credit Default Swap (CDS), che erano forme di assicurazione a pagamento per i debiti di un soggetto che potevano a loro volta essere scambiati sul mercato. IL POTERE DELLA LEVA La leva finanziaria (leverage) è efficace nell’ingigantire gli effetti di variazioni del valore delle attività possedute da qualsiasi soggetto economico. La leva misura il grado di indebitamento di un soggetto. Se questo si indebita per fare un investimento avrà una leva maggiore di 1, quindi, tanto più è alta la leva tanto più è il grado di indebitamento. La leva è il rapporto tra il valore delle attività (A) e il valore del capitale proprio o equity (E), dove l’equity è la differenza tra attività e debito. 𝜆 = La leva, quindi, si muove nella stessa direzione del ciclo economico e dei prezzi delle attività, quando si parla di un solo investitore isolato che non cerca in alcun modo di controllare il proprio leverage. Le cose si complicano se la leva finanziaria diviene composta. Un ulteriore meccanismo di amplificazione della piramide debitoria deriva dal desiderio di alcuni operatori finanziari di mantenere costante o di variare la propria leva seguendo gli andamenti It 1 Aspettatieancoratealtarget INUSA disoccupazioneintornoal45 tassidimeresseaumentatida1 A5,25 CRESCITA ESPONENZIALEDELPREZZODEGLIMMOBILI NONEREGOLAMENTATO E di mercato, cioè accrescerla quando il valore degli attivi finanziari sale e ridurla quando tale valore scende. Si parla in questo caso di leva “pro-ciclica” (banche americane ed europee). In caso di diminuzione del leverage, quindi di aumento dell’attivo, l’investitore, se ha come obbiettivo quello di mantenere il levarage costante, è costretto ad indebitarsi. L’aumento del debito che realizza l’obbiettivo è così ottenibile: Is ALLI ADDIESA1