Scarica Appunti di Diritto della previdenza sociale:Prestazioni a sostegno del reddito e più Appunti in PDF di Diritto della Previdenza Sociale solo su Docsity! PRESTAZIONI A SOSTEGNO DEL REDDITO (CD ASSICURAZIONI MINORI) PER EVENTI TEMPORANEI. La legge 873/1973 (istitutiva del SSN) attribuisce all' INPS l'erogazione delle prestazioni per malattia e maternità. La successiva legge 88/1989 crea la “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti” che eroga prestazioni per tutti i tipi di evento temporaneo. 1 La tutela economica per le malattie comuni → Per lungo tempo la tutela spettava al singolo interessato, è poi il codice del 1942, nell'art. 2110, che pone l'obbligo di erogare al lavoratore la retribuzione o un'indennità in caso di assenza per malattia ( articolo che prevede tra l'altro che i giorni di assenza vengono computati ai fini contributivi). Per malattia si deve intendere qualsiasi alterazione dello stato di salute, di durata superiore a tre giorni, che dia luogo alla sospensione del rapporto di lavoro e richieda l'assistenza medica o la somministrazione di mezzi terapeutici. La normativa di riferimento è il d.l. 463/1983. Vale il meccanismo del conguaglio: l'obbligato in via principale è l' INPS, ma il datore di lavoro le anticipa e poi viene conguagliato dall' INPS (si scala dai contributi che deve versare); se il lavoratore non percepisce nulla dal datore può andare direttamente presso l'ente previdenziale che eroga la prestazione salvo rivalsa sul datore della somma che egli ha ingiustamente defalcato dai contributi, più sanzione. Per il periodo di assenza per malattia opera la contribuzione figurativa da parte dello Stato (viene meno la contribuzione obbligatoria per mancanza di sinallagmaticità della prestazione) .l ricorda che ci sono tre tipi di contribuzione: quella obbligatoria, quella figurativa, e quella da riscatto. E' dovere del lavoratore fornire il certificato medico e l'indirizzo dove ha la reperibilità per eventuali visite di controllo. Le visite fiscali possono essere disposte sia direttamente dall' INAIL che dal datore di lavoro tramite essa. Ci sono fasce di reperibilità: 4 ore giornaliere per i lavoratori privati e 7 ore per i pubblici). Se il lavoratore risulta assente senza giustificato motivo alle visite fiscali è sottoposto a delle sanzioni, in più può perdere il diritto al trattamento economico sino a 10 giorni, e nella misura della metà per l'ulteriore periodo ( in quest'ultimo caso una sentenza della Corte Costituzionale dell'88 ha dichiarato l'illegittimità della disposizione, e ha sancito che per la decadenza di metà indennità per l'ulteriore periodo deve almeno esserci un'altra visita). 2 L'indennità di maternità e il trattamento parentale → la funzione di sostegno economico che si realizza tramite detta indennità è duplice: tutelare la salute della donna e del nascituro ed evitare che la maternità possa rappresentare fonte di bisogno economico per la famiglia. I soggetti beneficiari sono tutte le donne lavoratrici subordinate (comprese quelle a domicilio), le lavoratrici autonome, le lavoratrici della quarta gestione, e le impiegate in lavori socialmente utili. La normativa di riferimento è la legge 1204/1971 (confluita poi nel TU numero 151/2001 in materia di sostegno alla maternità e paternità) . L'astensione obbligatoria dal lavoro è prevista nei due mesi precedenti la data presunta del parto e per i tre mesi dopo (possibilità di chiedere l'interdizione anticipata da lavoro alla ASL o all'ispettorato del lavoro); in detto periodo spetta alla madre (o al padre in caso di morte, infermità grave della madre o abbandono nonché affidamento esclusivo del bambino al padre) un'indennità giornaliera, per le subordinate pari all'80% della retribuzione media globale percepita nel mese precedente all'inizio dell'astensione. L'astensione facoltativa invece è per i sei mesi successivi al periodo di astensione obbligatoria, anche non consecutivi, fino al terzo anno di età del bambino ( e fino all'ottavo anno se il reddito del genitore interessato è inferiore ad un tot) e per questo periodo spetta alla madre (o al padre in sua vece) una indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione pura. Altre prestazioni: per il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre, e in caso di sua indisponibilità il padre, ha diritto a due ore giornaliere di permesso di allattamento (raddoppiabile in caso di parto plurimo) pagate al pieno. Spettano poi permessi e congedi parentali indennizzati al 30% della retribuzione per malattia del bambino per un totale massimo per entrambi i genitori di 6 mesi (congedi e permessi che diventano di 3 anni massimo per figlio con grave handicap nei suoi primi otto anni di vita). La prestazione compete anche in caso di collocamento in mobilità a seguito del licenziamento collettivo, e il vantaggio è che per i periodi di astensione facoltativa e obbligatoria per maternità non vengono computati al fine del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità, né il rifiuto di offerta di lavoro in questi periodo comporta cancellazione dalle liste. Tali periodi, infine, sono computabili al fine del raggiungimento del limite minimo di 6 mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità. L'indennità di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia (anche professionale) e per infortunio; ed è incompatibile con l'indennità di disoccupazione e con le integrazioni salariali. Il meccanismo per l'erogazione è quello del conguaglio massimo di età, e senza distinzione di qualifica. L'assicurazione non riguarda solo i lavoratori subordinati, ma anche gli autonomi, gli associati in partecipazione, che ricevano a titolo di complemento della loro retribuzione un salario o stipendio od altra competenza, nonché i soci di cooperative di lavoro che ai sensi della legge del 2001 siano stati qualificati come lavoratori subordinati. Sono esclusi invece i lavoratori retribuiti con partecipazione agli utili o al prodotto dell'azienda, i titolari di rapporti di lavoro con elementi associativi in genere (come il lavoro nell'impresa familiare), di lavoro occasionale o stagionale di durata inferiore a 6 mesi, gli apprendisti, i sacerdoti, il personale artistico. Le prestazioni: il trattamento ordinario a requisiti interi prevede l'essere in possesso di almeno due anni di anzianità assicurativa e un anno di contribuzione nel biennio precedente l'inizio della disoccupazione. A tali lavoratori viene riconosciuta una indennità giornaliera oggi pari al 60% della retribuzione per i primi 6 mesi, al 50% per i successivi 2 mesi, e al 40% per gli ulteriori mesi. La durate è di 8 mesi per i lavoratori under 50, e 12 mesi per gli over 50. Altro requisito è l'iscrizione nelle liste di collocamento, al fine di certificare lo stato di disoccupazione e dare immediata disponibilità ad altro impiego. Per godere di tale indennità occorre far domanda amministrativa entro 68 giorni dalla perdita del lavoro, pena decadenza. In caso di licenziamento per motivi oggettivi (per esempio crisi aziendale) se il lavoratore presenta la domanda entri i primi 7 giorni dalla perdita del lavoro, l'indennità viene erogata subito dall'ottavo giorno; altrimenti se lo fa comunque entro i 68 giorni, dopo il quinto giorno dalla domanda. Più comunicazione di immediata disponibilità ai centri per l'impiego. Il trattamento ordinario a requisiti ridotti, invece, spetta ai lavoratori saltuari che abbiano svolto almeno 68 giornate lavorative nell'anno precedente il periodo di disoccupazione. L'importo del trattamento è determinato in relazione al numero di giorni lavorati nell'anno precedente, entro il limite massimo di 312, ed oggi è pari al 35% per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi, fino ad un massimo di 180 giorni. Per i lavoratori agricoli vigono regole particolari: l'indennità ha una durata pari alla differenza tra il parametro annuale di giornate lavorative (270) e il numero di giornate di effettiva occupazione, fino ad un massimo di 180 giorni. Come requisiti sono richiesti l'iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli per almeno 1 anno e la contribuzione nel biennio per almeno 102 giornate. Contribuzione figurativa. Prestazioni accessorie sono l'assegno per il nucleo familiare (erogato ricorrendone le condizioni di carico familiare), e l'indennità natalizia, pari a 6 giornate, che spetta ai disoccupati che godono dell'indennità anche per una sola giornata tra il 18 e il 24 Dicembre. Incentivi per il datore che assume tali lavoratori. 4 Le integrazioni salariali → qui a differenza della disoccupazione e della mobilità il rapporto di lavoro non cessa, ma viene sospeso, tutto quindi è visto in ottica di ripresa dell'attività normale. Questo istituto ha una configurazione del tutto particolare nel nostro sistema previdenziale, rispetto alle altre assicurazioni sociali. Infatti pur avendo come compito primario quello di sostituire o integrare la retribuzione dei lavoratori sospesi o che prestano lavoro ad orario ridotto (assolvendo così una funzione previdenziale), alleggerisce anche nel contempo i costi di manodopera aziendale nei periodi di difficoltà, a vantaggio del datore di lavoro, consentendogli in tal modo di conservare il rapporto di lavoro con i propri dipendenti e poterli quindi avere a disposizione piena passato l'evento transitorio. Perché possa operare tale ammortizzatore sociale e sia legittimata la sospensione del lavoro stessa, occorre che sussistano i requisiti di legge, ed è necessario inoltre che l'organismo competente emetta un provvedimento amministrativo di autorizzazione dell'intervento; in assenza di tale provvedimento il datore di lavoro non sarebbe liberato dall'obbligazione retributiva. Quindi tale provvedimento fa nascere la prestazione previdenziale e sospende sul piano del rapporto di lavoro l'obbligazione retributiva da parte del datore di lavoro. Nel tempo c'è stata una progressiva estensione delle integrazioni salariali anche al di fuori del settore industriale (a cui tale istituto è stato storicamente dedicato) per le imprese edili, agricole, settori del terziario, del lavoro associato, degli apprendisti, e lavoratori a progetto (se presenti determinati requisiti reddituali e se il lavoratore opera in mono committenza). Esistono due diversi tipi di intervento della Cassa: quello ordinario e quello straordinario. L'intervento ordinario è disciplinato dalla legge 164/1975 e la contrazione o sospensione dell'attività lavorativa ha due cause giustificative: la dipendenza della situazione aziendale da eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o agli operai + la dipendenza della stessa da situazioni temporanee di mercato. Per non imputabilità originariamente si riteneva che presupponesse una fattispecie di impossibilità oggettiva sopravvenuta, ben presto però si è affermata la prassi di riconoscere tale intervento anche nei casi di mera difficultas , cioè a scelte non arbitrarie dell'imprenditore. La procedura prevede la presentazione della eventi interni: le cause giustificative dell'intervento sono la ristrutturazione, la riorganizzazione o la conversione aziendale. La richiesta di intervento straordinario è diretta ad un'apposita direzione generale presso il Ministero del Lavoro, e deve contenere il programma che l'impresa intende attuare (il programma è formulato in conformità ad un modello stabilito). Il procedimento che conduce all'erogazione del trattamento straordinario è caratterizzato da ampia discrezionalità (viene effettuato un giudizio di meritevolezza), da questa caratteristica deriva che le posizioni giuridiche dei lavoratori, dell'imprenditore e dei sindacati nei confronti dell'atto che accoglie o respinge la domanda hanno natura di interesse legittimo, e per questo tutelabili di fronte al giudice amministrativo (la Corte di Cassazioni a SSUU ha riconosciuto tale discrezionalità anche nell'intervento ordinario). Indennità pari all'80% della retribuzione globale netta, per le ore di lavoro non prestate, comprese tra le zero ore e il limite orario contrattuale ma comunque non oltre le 40 ore settimanali, sono escluse le festività e le assenze non retribuite, nonché le giornate nelle quali il lavoratore ha svolto altre attività remunerative. Durata massima di due anni per ristrutturazione, riconversione e riorganizzazione (con possibilità di proroga per altri due anni però); di un anno per crisi aziendale (qui una nuova concessione per la medesima causa può intervenire solo trascorsi 2/3 del tempo già intercorso: se passati 12 mesi dopo 8 mesi!). Anche qui l'erogazione avviene mediante conguaglio. Solo nel trattamento straordinario però ci può essere pagamento direttamente dall' INPS in caso di comprovate difficoltà di ordine finanziario, o a semplice domanda se il Ministero assente alla domanda. Contribuzione figurativa. Il trattamento è equiparato alla retribuzione corrisposta in costanza di lavoro ai fini dell'applicazione, ad esempio, della disciplina anti cumulo con i trattamenti pensionistici. Sono possibili poi interventi in deroga, cioè di forme di impiego di detto istituto a sostegno di imprese o lavoratori non destinatari della Cassa (per esempio aziende artigiane o del terziario); l'intervento si realizza anche attraverso la mediazione delle Regioni o degli enti bilaterali e dei fondi professionali per la formazione continua: questi ultimi in particolare sono stati autorizzati ad adottare misure temporanee ed eccezionali a sostegno del reddito destinate alla tutela dei lavoratori, anche con contratto di apprendistato o a progetto, a rischio di perdita del posto di lavoro. Il finanziamento della Cassa: è di tipo misto perché si basa in parte sui contributi a carico degli imprenditori e in parte sul finanziamento statale. Gli interventi straordinari sono di massima a carico del bilancio dello Stato (salvi i contributi addizionali, a carico sia dei datori di lavoro che dei lavoratori); gli interventi ordinari sono finanziati con il contributo degli imprenditori, secondo aliquote differenziate per i settori di rischio e, dunque, per attività, ma concorrono anche altre forme di finanziamento come quella statale o trasferimenti di eccedenze attive dalla gestione degli assegni familiari. La contribuzione a carico degli imprenditori è stata strutturata in modo da penalizzare chi si avvale degli interventi della Cassa: infatti la legge prevede un contributo fisso e differenziato tra interventi ordinari e straordinari a carico di tutte le imprese industriali, calcolati sulla retribuzione imponibile, ridotto per le imprese che hanno meno di 50 dipendenti; e un contributo addizionale a carico delle imprese che si avvalgono degli interventi (che non è dovuto quando l'integrazione è corrisposta per sospensione o riduzione dell'orario di lavoro, determinato da eventi oggettivamente non evitabili). La legge 223/1991 ha poi introdotto un contributo transitorio posto a carico di tutti i datori di lavoro – tranne quelli edili – che rientrano nel campo di applicazione CIGS. Oneri incombenti sul datore di lavoro : prima di tutto vincoli derivano dall'obbligo di osservare le procedure, dalle stesse condizioni indicate dalla legge per l'intervento della cassa, dal contenuto dispositivo dello stesso provvedimento amministrativo, ecc. tuttavia non si rinviene nella normativa una disposizione o un principio che consenta di ricavare come ulteriore limite ai poteri imprenditoriali, una deroga alla disciplina del recesso: anzi, bisogna osservare come la legge 223/1991 abbia dato luogo ad una sostanziale liberalizzazione del potere di recesso nella situazione di crisi, attraverso l'indennità di mobilità. Il datore di lavoro ha l'onere di presentare la domanda di ammissione al trattamento (in difetto grava su di lui l'obbligo di corrispondere una somma di importo equivalente all'integrazione concessa a causa della mancata o tardiva presentazione della domanda). Per quanto riguarda il potere di scelta dei lavoratori da sospendere, fino alla legge del '91 non erano stabiliti limiti. L'orientamento prevalente sosteneva che il potere si scelta fosse condizionato dal concorso di limiti esterni (cioè rispetto delle regole generali di buona fede e correttezza, e norme di tutela dei lavoratori) e limiti interni (cioè i limiti garantiti dal rispetto della procedura o comunque della congruità causale tra lavoratori scelti e finalità della richiesta dell'integrazione). La legge del '91 invece, all'art. 1 co. 7 e 8, ha stabilito che l'impresa deve adottare in linea generale il criterio di scelta della “rotazione”, salvo che sussistano “particolari ragioni di ordine tecnico organizzativo connesse al necessario mantenimento dei normali livelli di efficienza” che la costringano a fare diversamente. Tali ragioni tuttavia sono assoggettate alla valutazione dell'amministrazione centrale che, se non le ritiene giustificate, apre una fase conciliativa gestita dal Ministero del lavoro. Se entro tre mesi dalla concessione del trattamento, non viene raggiunto un accordo, il Ministero stabilisce con proprio decreto l'adozione della rotazione, e l'impresa che non ottemperi a tale decreto viene sanzionata con il raddoppio del contributo addizionale fin dall'origine, e con l'ulteriore incremento dello stesso in caso di proroga dell'integrazione salariale. Invece la mancata comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere o delle modalità di rotazione, costituisce condotta anti sindacale e determina l'illegittimità del provvedimento autorizzativo, con conseguente diritto dei lavoratori alla retribuzione piena. Esistono poi dei limiti indiretti rappresentati dalle sanzioni pecuniarie e dalle maggiorazioni contributive a carico dei datori che occupino lavoratori titolari di prestazione di integrazione salariale o assumano con contratti di formazione lavoro, mentre hanno in atto sospensioni per crisi aziendali. Infine, l' INPS può esercitare un'azione di responsabilità per il recupero delle somme erogate a carico dell'ente appaltatore che per negligenza non abbia tempestivamente previsto l'evento che ha dato luogo all'intervento della cassa integrazione per l'edilizia. Diritti e doveri dei cassaintegrati Infatti la procedura va attivata dal datore di lavoro con più di 15 dipendenti che voglia procedere alla riduzione del personale ex art. 24, ma soltanto i lavoratori licenziati dalle imprese che rientrino nel campo di applicazione della CIGS possono vedersi riconoscere l'indennità di mobilità in luogo dell'ordinario trattamento di disoccupazione. Tra tutti i lavoratori posti in mobilità solo quelli con certi requisiti soggettivi possono essere beneficiari della prestazione. Vale inoltre il principio della domanda per il lavoratore interessato. Soggetti beneficiari → come regola sono solo i dipendenti che rientrano nel campo di applicazione CIGS, però poi la legge ha previsto delle eccezioni. Altro requisito è l'iscrizione nelle liste di mobilità; lo stato di disoccupazione in dipendenza di uno degli eventi che giustificano l'attivazione della procedura di mobilità: cioè l'impossibilità da parte dell'impresa che si sia avvalsa della CIGS di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi o il licenziamento collettivo per “riduzione o trasformazione di attività di lavoro”. Il lavoratore deve avere un'anzianità lavorativa di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato, e che abbiano comunque svolto un'attività continuativa e non a termine. Non possono godere dei benefici della mobilità l'impresa che assume lavoratori collocati in mobilità nei 6 mesi precedenti da parte di impresa che sia in rapporto di collegamento o controllo con questa. Benefici particolari ci sono per le lavoratrici donne, infatti l'impresa non può collocare in mobilità una % di manodopera femminile superiore alla % occupata per le mansioni prese in considerazione. Obblighi dei fruitori → decadenza dal diritto alla prestazione in caso di ingiustificato rifiuto di offerte di lavoro o di non regolare frequenza a corsi di formazione o riqualificazione professionale; o di mancata comunicazione all'INPS del lavoro prestato con rapporto a tempo parziale o a tempo determinato. La prestazione → è di importo pari al trattamento CIGS corrisposto nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto (o che sarebbe spettato nel caso in cui l'intervento CIGS fosse stato richiesto). Dura a seconda dell'età del lavoratore dai 12 ai 36 mesi, ma già dopo un anno l'importo viene ridotto all'80% del trattamento CIGS. Per i lavoratori occupati in aree sfavorite la durata massima è di 2 anni, ulteriormente estensibile a 10 anni a particolari condizioni di età anagrafica e anzianità contributiva (è la cd mobilità lunga). Esiste un ulteriore limite generale di durata ed è quello per cui il lavoratore non può percepire indennità di mobilità per un periodo superiore all'anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell'impresa che ha attivato la procedura. Essendoci poi il requisito di minimo un anno di anzianità aziendale, la mobilità non può comunque essere inferiore ad un anno appunto. Cause di decadenza dal diritto → il diritto alla prestazione si estingue oltre che alla scadenza del termine di durata, quando il disoccupato venga assunto con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, e alla data in cui maturi il diritto alla pensione di vecchiaia. Ma il lavoratore decade dal diritto anche quando rifiuti di frequentare o non frequenti regolarmente corsi di formazione professionali o non accetti un progetto di reinserimento o l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore al 20% rispetto a quello di provenienza, salvo che sia distante più di 50 km dalla sua residenza. La decadenza interviene anche quando il lavoratore non accetti di svolgere LSU oppure non abbia provveduto a comunicare all' INPS che ha un rapporto di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato. Rapporti con altre prestazioni previdenziali → l'indennità di mobilità sostituisce ogni altra prestazione di disoccupazione nonché le indennità di malattia; invece l'indennità di maternità sostituisce il trattamento di mobilità. C'è incompatibilità con i trattamenti pensionistici diretti (vecchiaia, anzianità, invalidità). Un nuovo impiego non comporta la perdita, ma solo la sospensione del diritto. E anzi, anche nel caso in cui accetti un lavoro a tempo pieno ed indeterminato, se il livello retributivo è inferiore a quello corrispondente alle mansioni di provenienza, il lavoratore ha diritto per massimo 12 mesi ad un assegno integrativo mensile pari alla differenza. Infine va riconosciuta ai lavoratori in mobilità che intendano intraprendere un'attività autonoma o associarsi in cooperativa di ottenere, a richiesta, l'erogazione in conto capitale dell'intera indennità. Prestazioni accessorie → contribuzione figurativa e assegno per il nucleo familiare. Inoltre al lavoratore in mobilità che aderendo ad un'offerta di occupazione pervenuta tramite i CPI territoriali, lasci il luogo di residenza, spetta l'indennità di nuova sistemazione e il rimborso delle spese di viaggio. Ulteriori vantaggi sono il diritto di precedenza ai fini del collocamento e le altre misure agevolatrici del reimpiego. Il finanziamento → avviene con il concorso da parte dell'impresa che deve corrispondere ratealmente all' INPS per ogni lavoratore in mobilità (anticipandone una quota all'avvio della procedura) una somma pari a 6 volte il trattamento mensile spettante al lavoratore. La somma è dimezzata se sulla mobilità vi è stato il consenso del sindacato. Tale somma è invece pari a 9 volte il trattamento mensile nell'ipotesi in cui l'impresa proceda alla messa in mobilità senza passare attraverso la richiesta di CIG.