Scarica Appunti di letteratura latina - Fedro e Seneca + versioni e più Versioni in PDF di Latino solo su Docsity! ETÀ’ GIULIO-CLAUDIA 14 d.C. morte Augusto, lascia solo 1 figlia (Giulia, nata dal matrimonio con Scribonia) => nipoti (Lucio e Gaio) => Tiberio (figlio adottivo di Augusto) 1° linea di governo: ➔ molto saggio, segue le linee del senato, abile nell’amministrazione delle finanze 19 d.C. morte di Germanico (nipote amato, figlio di Druso maggiore, suo fratello) 2° linea di governo: ➔ sospettoso e diffidente ➔ si ritira nella villa a Capri 37 d.C. Caligola ➔ monarchia assoluta di stampo orientale ➔ sperpera il denaro dello stato 41 d.C. Claudio (dopo l’assassinio di Caligola) (detto “Inadatto”, in realtà si rivela un buon imperatore) ➔ processo di romanizzazione ➔ migliore amministrazione dello stato MA… usa i liberti (scelta che non piace al senato; “dipende da loro”) ➔ matrimonio con Agrippina (già madre di Nerone, da Gneo Domizio Enobarbo) che (si dice) lo avvelenò per far salire al potere il figlio con aiuto di Afranio Burro 54- 58 d.C. quinquennio felice /aureo ➔ Nerone ➔ monarchia di stampo orientale ➔ Sotto la guida della madre, Afranio Burro (prefetto del pretorio) + Seneca (filosofo stoico) 59 d.C. Agrippina fatta assassinare da Nerone e Burro sostituito da Tigellino (antipatie per Seneca) 64 d.C. incendio di Roma => politica edilizia + capro espiatorio = comunità cristiana (volevano incolpare Nerone) 65 d.C. Congiura dei Pisoni (obiettivo: rovesciare Nerone) MA … scoperta + morti illustri (Lucano, Petronio, Seneca) Rivolta… Vespasiano POESIA E LETTERARIA NELL'ETÀ GIULIO CLAUDIA ● Cultura controllata ● Epica eroica, storica e didascalica + poesia bucolica ● Imperatori si dedicano alla scrittura (es. Claudio storiografia, Nerone poema epico, ) ● Ma... nessuno dei imperatori riesce ad essere come Augusto (no circoli, protezione dei poeti) FEDRO ● favole ○ Circa cento in cinque libri b ○ Appendix perottina (ha copiato una serie di favole per il nipote da un codice che non conosciamo) ○ ● Liberto di Augusto ● Insegnante , stesura delle favole legata al suo mestiere b ● Principato di Augusto e Tiberio ● Scrive in senari giambici ● Modello: Esopo ● Testo in italiano a pagina 20 ○ Indica il modello, la scelta metrica , le finalità (divertire e ammaestrare) e il fatto che nelle favole compaiono animali e piante parlanti ● Favole, brevi (brevitas) pagina 21 )+ morale (posizione iniziale o finale) ● Varietà (varietas) ● Storielle realistiche (pagina 22) ● Visione pessimistica della realtà dal punto di vista detto deboli (la situazione resta difficile,i deboli restano deboli, anche se a volte esaltazione libertà individuale) ○ Pagina 23: lupo che cerca pretesto per litigare e sbranare l'agnello (innocenti oppressi ) ○ Messaggio di rassegnazione (legge del più forte) ○ Pagina 24: la condizione del oppresso rimane tale (morale esposta all'inizio) ● Esaltazione della libertà: pagina 24 testo , libertà come primo vale che nulla può ripagare la perdita della libertà ○ Non è vero che abbiamo poco tempo, ma lo usiamo male ○ Non bisogna sprecato ○ Gli sfaccettati sprecano il tempo, il sapiente lo sfrutta bene ● De vita beata ○ felicità nella vita secondo natura (morale stoica) ○ respingere le critiche (predico bene e razzolo male) ● De tranquillitate animi (come condurre una vita bene) ● De otio (= ciò che non è negotium) (impegno e disimpegno e cos’ e più opportuno) ● De providentia (perché le persone buone subiscono tanti mali se il mondo è retto dalla Provvidenza divina? Perché non sono mali in realtà) ● De constantia sapientis (il saggio possiede la virtù che nessuno gli può togliere) TRATTATI: ● De clementia (55-56) ● De beneficiis: Seneca parla di benefici ● Naturales Quaestiones N.B. p. 44 . La fiducia nel progresso scientifico ... Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet…(= il popolo della generazione successiva saprà molte cose a noi sconosciute) (molto è riservato a generazioni future che ci avranno dimenticati => la scienza progredirà sempre) (Naturales quaestiones VII 30, 5) ○ Seneca anche moderno ○ dedicato a Lucilio ○ parla di fenomeni naturali ■ moralità: liberare gli uomini dal timore che hanno dei fenomeni naturali che non conoscono e come utilizzare le cose che la natura ci ha messo a disposizione ● De beneficiis ○ Il testo è diviso in due parti: ■ Seneca esprime la propria intenzione ■ Discorso diretto di Nerone (poteri del principe: quali?; princeps e dei; clementia) De clementia (pagina 42-43): - Trattato di filosofia politica : teorizzazione ed esaltazione della monarchia illuminata - si rivolge a Nerone (da poco imperatore), elogiato perché, anche se giovane, possiede la CLEMENZA (= moderazione, indulgenza adottata da chi ha il potere nell’infliggere le pene) - distingue il re giusto dal tiranno e procura amore e riconoscenza (meglio essere amati che temuti) => obiettivo: instaurare coi sudditi un rapporto paterno (si punisce malvolentieri e solo quando è indispensabile e sempre per il bene del popolo, che in cambio garantisce affetto, devozione e fedeltà) - Esordio del De Clementia (55-56) EPISTULAE AD LUCILIUM ● Scritto dopo il ritiro dalla vita politica, lettere indirizzate a Lucilio (funzionario imperiale in Sicilia) in veste di consigliere e maestro sul percorso per conquistare la sapientia ● diverso da Cicerone nello stile e nel fatto che quelle di Seneca sono state scritte con l’intenzione di essere pubblicate; Cicerone le rivede per un’eventuale pubblicazione ma la dimensione privata spicca ● STILE ○ Tono colloquiale ○ Non sono sistematiche (l’unico filo conduttore è il percorso fatto da Lucilio) ● CONTENUTI ○ otium (= analisi e perfezionamento interiore) risulta necessario ○ saggezza come unica felicità ○ ispirazione dalla filosofia stoica (+ citazioni di Epicuro) ○ Tema del tempo (De brevitate vitae => qualità > quantità) e della morte (il sapiente non ne ha paura perché egli vive in modo tale da essere pronto a morire in ogni momento) ○ Tempo come denaro e ricordo al Carpe diem ○ Seneca ammette di essere uno spendaccione (non ha ancora raggiunto la saggezza) MA ne è consapevole ○ “è troppo tardi per risparmiare quando si è arrivati alla feccia” (deposito rossastro in fondo ai bicchieri di vino) ○ la prima lettera ha valore pragmatico STILE ● No concinnitas ○ Concinnitas è un termine usato per indicare una particolare attenzione alla forma e all'ordine, per armonizzare elementi umani con regole naturali, matematiche, armoniche o ritmiche. Può essere usato in architettura (Leon Battista Alberti), letteratura (Cicerone) ● Periodi brevi e ad effetto => sententiae (= massimo significato in minimo di parole) TESTI SENECA De brevitate vitae, 1, 1-4 Maior pars mortalium, Pauline, de naturae malignitate conqueritur, quod in exiguum aevi gignimur, quod haec tam velociter, tam rapide dati nobis temporis spatia decurrant, adeo ut exceptis admodum paucis ceteros in ipso vitae apparatu vita destituat. Nec huic publico, ut opinantur, malo turba tantum et inprudens vulgus ingemuit: clarorum quoque virorum hic adfectus querellas evocavit. Inde illa maximi medicorum exclamatio est, "Vitam brevem esse, longam artem"; inde Aristotelis cum rerum naturā exigentis minime conveniens sapienti viro lis est: "aetatis illam animalibus tantum indulsisse ut quina aut dena saecula educerent, homini in tam multa ac magna genito tanto citeriorem terminum stare." Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene conlocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit, ubi nulli bonae rei inpenditur, ultimā demum necessitate cogente quam ire non intelleximus transisse La maggior parte degli uomini, o Paolino, si lamenta della malvagità della natura, poiché siamo generati per un esiguo spazio di tempo, poiché questi spazi di tempo datoci scorrono via così velocemente e così impetuosamente, a tal punto che, eccetto assai pochi, la vita abbandona alcuni proprio nella preparazione della vita. Non abbiamo poca quantità di tempo, ma (ne) perdiamo molto. E’ stata data una vita abbastanza lunga generosamente e per il compimento di cose importanti, se fosse tutta ben impiegata; ma quando essa si consuma nella dissolutezza e negligenza, quando essa viene spesa in nessuna attività utile, quando infine l’estrema necessità ci costringe, ci accorgiamo che è trascorsa (questa vita) che non ci siamo accorti che è passata. E’ così: non riceviamo una vita breve, ma (la) conquĕror, conquĕrĕris, conquestus sum, conquĕri = lamentarsi gigno, gignis, genui, genitum, gignĕre= generare dēcurro, dēcurris, decurri, decursum, dēcurrĕre= scorrere ● quod introduce due causali (una ha modo indicativo, causa oggettiva, l'altra è causa suggeriva, modo congiuntivo) ● mortalium = genitivo partitivo ● uomini = mortales (= esistenza destinata a cadere) ● destinatario: Paolino (funzionario imperiale, forse Pompeo Paolino, vuole il ruolo del prefetto dell'annona) ● Tam velociter, tam rapide= coordinata per asindeto ● Exceptis paucis = ablativo assoluto ● De + malignitate = complemento di argomento ● Vitae vita = poliptoto ● Pochi = saggi destĭtŭo, destĭtŭis, destitui, destitutum, destĭtŭĕre = abbandonare ● adeo ut introduce una consecutiva ● exceptis … paucis = ablativo assoluto ● Prima frase fino al punto e virgola = sentenza + parallelismo ● Necessitate cogente = ablativo assoluto ● Chiasmo finale ● Obiettivo= dimostrare la tesi che siamo prodighi del tempo ● cause esterne e interne ● Seneca si rivolge a una persona molto anziana ● Sententiae (sottolineate) (2) [...] [3] Repete memoria tecum quando certus consilii fueris, quotus quisque dies ut destinaveras cesserit, quando tibi usus tui fuerit, quando in statu suo voltus, quando animus intrepidus, quid tibi in tam longo aevo facti operis sit, quam multi vitam tuam diripuerint te non sentiente quid perderes, quantum vanus dolor, stulta laetitia,avida cupiditas, blanda conversatio abstulerit, quam exiguum tibi de tuo relictum sit: intelleges te inmaturum mori». [4] Quid ergo est in causa? Tamquam semper victuri vivitis , numquam vobis fragilitas vestra succurrit, non observatis quantum iam temporis transierit; velut ex pleno et abundanti perditis, cum interim fortasse ille ipse qui alicui vel homini vel Richiama alla memoria quando tu sei stato sicuro nelle decisioni, quanti pochi giorni e quali si sono rivelati come avevi progettato, quando hai avuto la disponibilità di te, quando il tuo volto (è rimasto) fisso, quando l’animo (è stato) intrepido, che cos’hai fatto in un periodo così lungo, quanti hanno saccheggiato la tua vita con te che non ti accorgevi di ciò che perdevi, quanto un vano dolore, o stolta gioia, avida passione, un’allegra conversazione ti ha sottratto, quanto poco è rimasto a te del tuo : comprenderai di morire prematuramente. Perciò qual è la causa? Vivete come destinati a vivere sempre, mai vi viene in mente la vostra fragilità, non osservate quanto tempo è già passato; ne prendete come da una provvista abbondante, in quel mentre forse quel giorno che viene donato a un uomo o a un rĕpĕto, rĕpĕtis, repetii, repetitum, rĕpĕtĕre= riportare cēdo, cēdis, cessi, cessum, cēdĕre = rivelarsi ● Dativo di possesso dīrĭpĭo, dīrĭpis, diripui, direptum, dīrĭpĕre = saccheggiare ➔ Te non sentiente = ablativo assoluto ➔ Vocaboli che si riferiscono alla sfera economica ➔ Ellissi del verbo essere in due punti ➔ Coordinate per asindeto (ritmo incalzante) ➔ Anafore ➔ Ripetizione della seconda persona singolare in varie forme => rende efficace l'esortazione aufĕro, aufĕrs, abstuli, ablatum, aufĕrre = portare via ➔ Victuri = participio futuro rei donatur dies ultimus sit. Omnia tamquam mortales timetis , omnia tamquam immortales concupiscitis . occupazione è l’ultimo. Temete ogni cosa come i mortali, bramate ogni cosa come immortali. ➔ Poliptoto + alitterazione (= victuri vivitis) ➔ Temporis = genitivo partitivo ➔ Iperbato succurro, succurris, succurri, succursum, succurrĕre = venire in mente concŭpisco, concŭpiscis, concupii, concupitum, concŭpiscĕre = bramare De brevitate vitae, 10, 2-5 Il valore del passato (T6) Viene spiegato il rapporto che bisogna avere con le tre parti in cui viene diviso il tempo: passato, presente e futuro ● presente: fuggevole e inafferrabile ● futuro: incerto ● passato: acquisizione definitiva e immutabile => obiettivo: instaurare il giusto rapporto col passato (possibile solo al sapiente, che rievoca volentieri le azioni virtuose che ha compiuto) ○ occupati, affaccendati = occupano il tempo in attività inutili e insensate e non hanno tempo o voglia di rievocare il passato (se trovassero tempo per loro capirebbero che passano le giornate a fare cose inutili) 2 In tria tempora vita dividitur: quod fuit, quod est, quod futurum est. Ex his quod agimus breve est, quod acturi sumus dubium, quod egimus certum. Hoc est enim in quod fortuna ius perdidit, quod in nullius arbitrium reduci La vita è divisa in tre momenti: ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà. Di questi (momenti), quello che viviamo è breve, quello che dobbiamo (ancora) vivere è incerto, quello che abbiamo vissuto certo. La fortuna infatti ha perso ogni diritto su di esso, che non può essere sottoposto ad alcun arbitrio. ● forma asindetica con anafora di quod e poliptoto del verbo sum ● acturi = participio futuro di ago (perifrastica attiva acturi sumus) => imminenza azione ● parallelismo dei cola + anafora di quod ● poliptoto ago + antitesi potest. 3 Hoc amittunt occupati; nec enim illis vacat praeterita respicere, et si vacet iniucunda est paenitendae rei recordatio. Inviti itaque ad tempora male exacta animum revocant nec audent ea retemptare quorum vitia, etiam quae aliquo praesentis voluptatis lenocinio surripiebantur , retractando patescunt. Nemo, nisi quoi omnia acta sunt sub censura sua, quae numquam fallitur, libenter se in praeteritum retorquet: 4 ille qui multa ambitiose concupiit superbe contempsit, impotenter vicit insidiose decepit, avare rapuit prodige effudit, necesse est memoriam suam timeat. Atqui haec est pars temporis nostri sacra ac dedicata, omnis humanos casus supergressa, extra regnum fortunae subducta, quam non inopia, non metus, non morborum incursus exagitet; haec nec turbari nec eripi potest; perpetua eius et intrepida possessio est. Singuli tantum dies, et hi per momenta, Gli affaccendati perdono questo: infatti quelli nè hanno tempo di guardare indietro le cose passate, e, se ne avessero, è spiacevole il ricordo di una cosa della quale bisogna pentirsi. E così richiamano l'animo malvolentieri ai tempi trascorsi male e né osano rievocare quelli i cui difetti, anche quelli che erano sottratti alla vista per un qualche adescamento del piacere presente, riesaminando diventano palesi. Nessuno, se non colui dal quale tutte le azioni sono state compiute sotto il suo controllo, che mai si sbaglia, si rivolge volentieri verso il passato: colui che molto ambiziosamente ha desiderato, superbamente ha disprezzato, senza misura ha vinto, insidiosamente ha ingannato, avidamente ha rapinato, prodigamente ha sperperato, è inevitabile che tema il proprio ricordo. Eppure questa è la parte sacra e inviolabile del nostro tempo, sottratta a tutte le vicende umane , rifugiata al di fuori del regno della fortuna, che non la povertà, non la paura, non l'assalto delle malattie potrebbe sconvolgere; questa non può né essere turbata né essere sottratta; eterno e indiscusso è il suo possesso. Soltanto uno alla volta sono presenti i giorni, e questi per momenti; ma tutti quelli del tempo passato, quando ordinerete, saranno (dubium...certum) ● doppio chiasmo incrociato ăgo, ăgis, egi, actum, ăgĕre= vivere perdo, perdis, perdidi, perditum, perdĕre = perdere rĕdūco, rĕdūcis, reduxi, reductum, rĕdūcĕre= ridurre ● ex his = complemento partitivo ● linguaggio giuridico di Seneca ● Si vacet = protasi della possibilità ● Vacat regge dativo illis ● Paenitendae = gerundivo di paenitet e concorda con rei ● Inviti = predicativo del soggetto ● Praesentis voluptatis = genitivo soggettivo văco, văcas, vacavi, vacatum, văcāre = fare digressioni respĭcĭo, respĭcis, respexi, respectum, respĭcĕre = guardare ● Quoi = forma arcaica di cui (dativo d'agente) ● Audeo,gaudeo, soleo, fido,confido diffido = semideponenti Audeo, audes, ausus sum, ausum, auděre= osare Contemno, contemnis,contempsi, contemptum, contemněre = disprezzare Vinco, vincis, vici, victum, vincěre= vincere (vedi anche paradigmi di vivo e vincio) ● Coordinate per asindeto costruite simmetricamente ● Necesse est = completiva paratattica ● è importante essere coerenti ● Come in una clessidra che non viene svuotata dall’ultimo granello di sabbia, ma anche da tutti quelli precedenti (= similitudine) Mors non una venit, sed quae rapit ultima mors est. La morte non viene una volta sola, ma quella che rapisce è l’ultima morte. esametro Epistulae ad Lucilium, 47, 1-4; 10-11 Gli schiavi (T17) ● Tema: trattamento e condizione degli umili, degli schiavi ● Seneca e gli altri , poi seneca e le passioni ● 62 - 65=> Indirizzate a Lucilio, più giovane di Seneca ● no implicazioni politiche e sociali (no rifiuto della schiavitù) => ma viene messa in discussione l’humanitas (il tipo di atteggiamento verso gli schiavi) Libenter ex iis qui a te veniunt cognovi familiariter te cum servis tuis vivere: hoc prudentiam tuam, hoc eruditionem decet. 'Servi sunt.' Immo homines. 'Servi sunt.' Immo contubernales. 'Servi sunt.' Immo humiles amici. 'Servi sunt.' Immo conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae. Itaque rideo istos qui turpe existimant cum servo suo cenare: quare, nisi Ho saputo con piacere da coloro che vengono da parte tua (che vengono da dove sei tu, da Siracusa) che tu ti comporti familiarmente con i tuoi schiavi: questo si addice alla tua saggezza, questo (si addice) alla tua istruzione. “Sono schiavi” Al contrario, uomini. “Sono schiavi” Al contrario, compagni di abitazione. “Sono schiavi”Al contrario, umili amici. “Sono schiavi” Al contrario, compagni di schiavitù, se penserai che su entrambi la sorte ha lo stesso potere. Perciò rido di coloro che ritengono disonorevole cenare con il proprio servo: perché una consuetudine superbissima mette intorno al padrone che cena (traduciamo con il presente) una folla di servi cognosco decet = (grammatica pag. 123) verbo impersonale come dedecet, fallit, fugit, peterit (?) , patet (?) e si costruiscono con l’accusativo della persona o della cosa cogitaveris= futuro anteriore servi sunt = anafora schiavi= non schiavi ma homines, contubernales… 4 termini in climax ascendente rido + acc interrogativa diretta introdotta da quare quia = causale cenanti dominum, = participio sostantivato + participio sostantivato (in contrapposizione la posizione del padrone e dello schiavo) quia superbissima consuetudo cenanti domino stantium servorum turbam circumdedit? Est ille plus quam capit, et ingenti aviditate onerat distentum ventrem ac desuetum iam ventris officio, ut maiore operā omnia egerat quam ingessit. At infelicibus servis movere labra ne in hoc quidem ut loquantur, licet; virgā murmur omne compescitur, et ne fortuita quidem verberibus excepta sunt, tussis, sternumenta, singultus; magno malo ullā voce interpellatum silentium luitur; nocte totā ieiuni mutique perstant. Sic fit ut isti de domino loquantur quibus coram domino loqui non licet. At illi quibus non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, che stanno in piedi? (Egli) il padrone mangia più di quanto contiene, e con grande avidità riempie il ventre dilatato e ormai disabituato alla funzione del ventre, così che butta fuori e rigetta tutto con maggiore fatica di quella che ha fatto per ingerirlo. Ma agli schiavi infelici è lecito neppure muovere le labbra per parlare; ogni bisbiglio è represso dal bastone, e neppure i rumori casuali, la tosse, gli starnuti, il singhiozzo, sono esclusi dalle percosse; il silenzio interrotto da voce alcuna viene pagato con una grande punizione; stanno in piedi tutta la notte digiuni e muti. Così accade che parlino (male) del padrone costoro , ai quali non è lecito parlare di fronte al padrone. Ma quelli ai quali è la conversazione (quelli che potevano parlare) non solo davanti al padrone ma con gli stessi (padroni), la cui bocca non era cucita, erano pronti a offrire la testa per il padrone, a volgere un pericolo minaccioso (per il padrone) sul proprio capo; est= voce del verbo edo (pagina 75) verbo anomalo ĕdo, ĕdis, ĕdi, esum, ĕdēre= mangiare edibile (commestibile) ut= valore consecutivo due composti di egero e ingero loquor lŭo, lŭis, lui, lŭĕre = scontare la pena ut= introduce una subordinata completiva soggettiva dativo di possesso consuor periculum imminens in caput suum avertere; in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant. parlavano durante i banchetti, ma tacevano nelle torture (sotto torture). CFR. De agricoltura, II, 7; 56 - 59 (Catone) [7] (Il padrone) Faccia vendite all’asta: venda l’olio, se va a buon prezzo, e venda il vino, il frumento in sovrappiù, i buoi vecchi, gli armenti malandati e le pecore in cattivo stato, la lana, le pelli, il plaustro vecchio, le vecchie ferraglie, lo schiavo anziano, lo schiavo malato, e tutto quello che c’è di superfluo lo venda. [56] Il vitto per i servi. Per quelli che faranno il loro lavoro, 4 moggi di grano in inverno, 4½ in estate. Al fattore, alla fattoressa, al pecoraio, 3 moggi. Per quelli incatenati, durante l’inverno, 4 libbre di pane; quando cominceranno a zappare la vigna, 5 libbre di pane, sino a che non cominceranno a mangiare fichi; poi torna a dare 4 libbre.. [59] Le vesti per i servi. Una tunica e una mantellina ogni due anni. Tutte le volte che darai ad uno tunica o mantellina, ritira quelle vecchie per farne centoni. Ogni due anni devi dare un paio di buoni zoccoli. ● Schiavi sono inseriti nella categoria degli strumenti: strumenti muti (carro, aratro) ,strumenti non muti (schiavi) strumenti che non sono muti ma non parlano (animali, buoi) ● Padrone: vendere all’asta ciò che non gli serve più (vecchio) oppure ciò che possiede in grande abbondanza ● Schiavi: diverso tipo di pagamento in base al lavoro e al periodo dell’anno; ogni due anni tunica, mantellina e zoccoli 'At ego' inquis 'nullum habeo dominum.' Bona aetas est: forsitan habebis. Nescis quā aetate Hecuba servire coeperit, quā Croesus, quā Darei mater, quā Platon, quā Diogenes? 13 Sii clemente con il tuo servo e anche affabile; parla con lui, chiedigli consiglio, mangia insieme a lui. A questo punto tutta la schiera dei raffinati mi griderà: "Non c'è niente di più umiliante, niente di più vergognoso." Io, però potrei sorprendere proprio loro a baciare la mano di servi altrui. (...) 15 "E dunque? Inviterò alla mia tavola tutti gli schiavi?" Non più che tutti gli uomini liberi. Sbagli se pensi che respingerò qualcuno perché esercita un lavoro troppo umile, per esempio quel mulattiere o quel bifolco. Non li giudicherò in base al loro mestiere, ma in base alla loro condotta; della propria Dissi “Ma io ho alcun padrone”. A te è una buona età : forse lo avrai. Non sai a che età cominciò a essere serva Ecuba, a quale età Creso, a quale età la madre di Dario, a quale età Platone, a quale età Diogene? ● diatriba + interlocutore fittizio exempla di diverso tipo ● Ecuba= moglie di Priamo (re di Troia) fatta prigioniera dagli achei; la seconda moglie di Priamo e la madre della maggior parte dei suoi figli ● Creso = fu il trentesimo e ultimo sovrano della Lidia, su cui regnò dal 560/561 a.C. fino alla sconfitta subita, intorno al 546 a.C., ad opera dei Persiani (CATTURATO DAl re persiano Ciro ) ● Madre di Dario (re dei Persiani) catturata da Alessandro Magno ● Platone (durante un viaggio in sicilia imprigionato da Dionigi) ● Diogene (filosofo cinico catturato dai pirati) condotta ciascuno è responsabile, il mestiere, invece, lo assegna il caso.(...) 16 Non devi, caro Lucilio, cercare gli amici solo nel foro o nel senato: se farai attenzione, li troverai anche in casa. Spesso un buon materiale rimane inservibile senza un abile artefice: prova a farne esperienza. Se uno al momento di comprare un cavallo non lo esamina, ma guarda la sella e le briglie, è stupido; così è ancora più stupido chi giudica un uomo dall'abbigliamento e dalla condizione sociale, che ci sta addosso come un vestito. 'Servus est.' Sed fortasse liber animo. 'Servus est.' Hoc illi nocebit? Ostende quis non sit: alius libidini servit, alius avaritiae, alius ambitioni, omnes spei, omnes timori. Ti mostrerò un ex console servo di una vecchietta, un ricco signore servo di un'ancella, giovani nobilissimi schiavi di 17 "È uno schiavo." Ma forse è libero nell'animo. "È uno schiavo." E questo lo danneggerà? Mostrami chi non lo è: c'è chi è schiavo della lussuria, chi dell'avidità, chi dell'ambizione, tutti sono schiavi della speranza, tutti della paura. Non giudicare le persone dalle apparenze, dal loro mestiere, dalle cose che non dipendono dalla loro persona (dal carattere invece sì) Se uno compra un cavallo e guarda le decorazioni, non il cavallo, è stupido ● Anafora (Alius, omnes) ● Interrogativa indiretta ● spei e timori = dativi pantomimi: nessuna schiavitù è più vergognosa di quella volontaria. Perciò codesti schizzinosi non ti devono distogliere dall'essere cordiale con i tuoi servi senza sentirti superbamente superiore: più che temerti, ti rispettino. 18 Qualcuno ora dirà che io incito gli schiavi alla rivolta e che voglio abbattere l'autorità dei padroni, perché ho detto "il padrone lo rispettino più che temerlo" (...) Se uno è rispettato, è anche amato: l'amore non può mescolarsi al timore. 19 Secondo me, perciò tu fai benissimo a non volere che i tuoi servi ti temano e a correggerli solo con le parole: con la frusta si puniscono le bestie. Non tutto ciò che ci colpisce, ci danneggia; ma l'abitudine al piacere induce all'ira: tutto quello che non è come desideriamo, provoca la nostra collera. 20 Ci comportiamo come i sovrani: anche loro, dimentichi delle proprie forze e della debolezza altrui, danno in escandescenze e infieriscono, come se fossero stati offesi, Epistula sulla schiavitù + atteggiamento illuminato MA non rivoluzionario (no implicazioni sociale e politiche) haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit. Essa ha stabilito l’equità e la giustizia ex illius constitutione miserius est nocere quam laedi; per il suo comando le mani siano sempre pronte ad aiutare. [53] Ille versus et in pectore et in ore sit: "Homo sum, humani nihil a me alienum puto". Teniamolo presente: siamo nati per una vita in comune. La nostra società è molto simile a una volta di pietre: cadrebbe se esse non si reggessero a vicenda ed è proprio questo che la sorregge. socievoli. secondo i suoi dettami è più triste nuocere che essere lesi; Sia nel cuore che nella bocca (sulle labbra) quel famoso verso: “ sono un uomo, non ritengo nulla di ciò che è umano a me estraneo “ cum + congiuntivo indidit = composto di indo indo, indis, indidi, inditum, indĕre = infondere gigno, gignis, genui, genitum, gignĕre = partorire verso di Terenzio (sull'humanitas ) ● autore di commedie ● ambiente scipionico la solidarietà è insita nella natura (comportamento naturale) riconoscere la propria umanità in se stessi (anche limiti) è il primo passo per riconoscerla negli altri De ira, I, 1, 1-4 L’ira (T9) ● Tema dell’ira: sottrae l’uomo alla ragione ● De ira: si rivolge al fratello maggiore (Novato) ● Vizio detestabile e rovinoso perché allontana dalla ragione ma anche brutto a vedersi ○ passione = adfectus ○ moto di furia ○ pazzia di breve durata = brevem insaniam (cfr. Epicuro) ○ pazzia ha la porta chiusa davanti alla ragione e ai consigli = rationii consiliisque preclusa ○ non sono sani di mente = non sanos De ira, III, 13, 1-3 La lotta contro l’ira (T10) ● Esame dei danni provocati dall’ira (la sua pericolosità cresce quando si appropria delle masse e dei potenti) ● cure: bisogna impedire che coinvolga la parte esteriore di noi => l’interiorità cambierà seguendo l’imitazione dell’esteriorità (Socrate come esempio massimo di autocontrollo) Pugna tecum ipse, si vis vincere iram, non potest te illa. Incipis vincere, si absconditur, si illi exitus non datur. Signa eius obruamus et illam quantum fieri potest occultam secretamque teneamus. Cum magna id nostra molestia fiet, cupit enim exilire et incendere oculos et mutare faciem, sed si eminere illi extra nos licuit, supra nos est. In imo pectoris secessu recondatur, feraturque, non ferat. Immo in contrarium omnia eius indicia flectamus: vultus remittatur, vox lenior sit, gradus lentior; paulatim cum exterioribus interiora Combatti con te stesso; se vuoi vincere l’ira, ella non può vincere te. Cominci a vincere (ella), se (essa) viene nascosta, se non le è data via d’uscita. Soffochiamo i suoi segnali, e quella, per quanto può essere fatto, teniamo ella nascosta e appartata. Ciò avverrà con grande nostro disagio, desidera infatti (l’ira) uscire fuori ed infiammare gli occhi e cambiare la faccia, ma se a quella è stato possibile elevarsi fuori di noi, è sopra di noi. Nel profondo recesso del petto ella si nasconda, e sia essa portata, non porti. Anzi, volgiamo al contrario tutti i suoi segnali: il volto sia placato, la voce sia più leggera, il passo più lento. Poco a ● 2 periodi ipotetici della realtà ○ pugna (imperativo presente) ○ potest Volo, vis, volui, velle = volere (verbo anomalo come nolo e malo) ● allitterazione (vis, vincere) ● ille, illa, illud (vedi declinazione) vinco, vincis, vici, victum, vincĕre = vincere vincĭo, vincis, vinxi, vinctum, vincīre = legare vīvo, vīvis, vixi, victum, vīvĕre = vivere ● congiuntivi esortativi (obruamus e teneamus) obrŭo, obrŭis, obrui, obrutum, obrŭĕre = coprire, soffocare fĭo, fis, factus sum, fieri = essere fatto / accadere (costrutto: fit ut…) / diventare ● cfr T9 (ira come una passione violenta, una brevem insaniam = pazzia; menti non sanos; da evitare perchè è una passione che sottrae l’uomo al controllo formantur. In Socrate irae signum erat vocem summittere, loqui parcius; apparebat tunc illum sibi obstare. Deprendebatur itaque a familiaribus et coarguebatur, nec erat illi exprobratio latitantis irae ingrata. Quidni gauderet quod iram suam multi intellegerent, nemo sentiret? Sensissent autem, nisi ius amicis obiurgandi se dedisset, sicut ipse sibi in amicos sumpserat. poco l'atteggiamento interiore si conforma all’esteriorità. In Socrate era segno d'ira abbassare la voce, parlare più pacatamente. Era chiaro, in quel momento, che si opponeva a sé stesso. E così veniva colto in fallo dai suoi familiari e dimostrato colpevole; né gli era sgradito il rimprovero dell'ira, che cercava di rimanere nascosta. Perché non avrebbe dovuto rallegrarsi, dato che l'ira sua molti la capivano, nessuno la percepiva? D’altra parte l'avrebbero percepita, se non avesse dato agli amici il diritto di rimproverarlo, così come lui stesso aveva assunto (esso) per se nei confronti degli amici. della rabbia, alla ragione) dedicato al fratello ○ descrizione dell’ira come fuoco exĭlĭo, exĭlis, exilui, exĭlīre = scappare incendo, incendis, incendi, incensum, incendĕre = mandare a fuoco ● licuit = tempo perfetto con valore logico (valore di presente) ● capacità di esprimere il concetto con minor numero di parole (SENTENTIAE) ● Poliptoto (feraturque…. ferat) ēmĭnĕo, ēmĭnes, eminui, ēmĭnēre = elevarsi lĭcĕo, lĭces, licui, lĭcēre = essere lecito [rĕcondo], rĕcondis, recondidi, reconditum, rĕcondĕre = nascondere ● gauderet => congiuntivo dubitativo ● quod = subordinata dichiarativa ● sentissent (sentio, paradigma) => congiuntivo piuccheperfetto (periodo ipotetico dell’irrealtà) ● obiurgandi (genitivo del gerundio) [rĕmitto], rĕmittis, remisi, remissum, rĕmittĕre = placarsi flecto, flectis, flexi, flexum, flectĕre = piegare dēprendo], dēprendis, deprendi, deprensum, dēprendĕre = essere ripreso cŏargŭo], cŏargŭis, coargui, coargutum, cŏargŭĕre Phaedra, vv. 589 - 684; 698 - 718 La passione distruttrice dell’amore (T11) T11 - La passione distruttrice dell’amore ● Phaedra dopo uno svenimento: momento in cui lei rivela i suoi sentimenti al figliastro ● Ippolito in realtà non capisce cosa sta dicendo lei: il linguaggio di lei allude alla sfera erotica ma lui non capisce le frecciatine (poi però lui reagisce male a queste dichiarazioni d’amore) nelle famiglie, tema del male e del dolore) Tragedia a Roma in età repubblicana inizia con Andronico (non fa solo tragedie) , Nevio e Ennio NEVIO ● TRAGEDIE ○ Hector proficiscens, Iphigenia, Equos Troianus… (ambientazione greca: fabula cothurnata, dal nome della calzatura tipica degli attori greci) ○ Romulus, Clastidium ( vittoria sui Galli a Casteggio 222 a, C tra la prima e la seconda guerra punica, pochi frammenti ) ● Produzione di praetextae (diverso da Andronico) ● COMMEDIE ○ Colax (adulatore), Figulus (il vasaio), Corollaria (commedia delle ghirlande), Tarentilla ( ragazza di Taranto) ENNIO ● COMMEDIE ○ due titoli e cinque versi… (Caupuncula= ostessa , Pancratiastes= lottatore) ● TRAGEDIE ● ca. venti titoli e frammenti ( es. Ambracia, Sabinae,Andromaca prigioniera ) ● successo ● stile sublime, effetti patetici PACUVIO (220 a.C. ) ACCIO (170 a.C. ) - entrambi hanno la caratteristica del gusto dell’orrido, del pathos - per Accio: insistenza sul personaggio del tiranno spietato e crudele - tiranno sanguinario e crudele Nella Tragedia scompare il ruolo del coro (= personaggio collettivo che rappresentava gli stessi cittadini della polis) SENECA: LE TRAGEDIE - le trame - Agamemnon: Agamennone (re di Argo), torna dalla vittoria di Troia e viene ucciso dalla moglie Clintennestra - Hercules furens: Ercole uccide i figli e la moglie, poi vorrebbe suicidarsi ma viene fermato dal padre Anfitrione e dall’amico Teseo - Oedipus: Edipo, re di Tebe, scopre di aver ucciso inconsapevolmente il padre e aver sposato la madre - Phoenissae: i figli di Edipo (Eteocle e Polinice) ingaggiano una contesa fratricida per ottenere il potere su Tebe - Troades: le donne troiane rapite dai greci piangono la loro sorte - Attenzione a : Medea, Phaedra e Thyestes (in italiano) - Medea: aiuta Giasone con la magia a conquistare il vello d’oro, fugge con Giasone ma quando arrivano a Corinto lui la abbandona coi loro due figli per sposare la figlia del re; lei (donna abbandonata) uccide Creonte e la futura sposa di Giasone (figlia di Creonte) ; uccide anche i due figli avuti da Giasone - Phedra: (trama: ippolito di Euripide), donna soccombe alla passione amorosa nei confronti del casto figliastro Ippolito; lei dichiara l’amore al figliastro, che però la respinge duramente. Phedra lo denuncia al marito (si inventa un tentativo di stupro)=> maledizione del padre sul figlio ma poi madre si pente e si uccide - Thyestes: Tieste ruba la moglie del fratello Atreo, che per vendicarsi fa cucinare i nipoti e li serve al fratello, che lo viene a sapere dopo il banchetto Teatro filosofico ed educativo, di esortazione. Viene rappresentata la contrapposizione tra la mens sanam (ragione) e il furor (irrazionalità) + esortazione a non seguire quest’ultima. Tema del tiranno efficace quando Seneca è consigliere di Nerone. Tragedie sono una messa in scena in origine, ma probabilmente quelle di Seneca vengono esposte tramite pubbliche letture in sale apposite, senza scena teatrale: alcune scene sono difficili da rappresentare (molti aspetti truci e macabri, impossibili da rappresentare). ● Enfasi, tono acclamatorio (dominio della parola), sententiae, tema macabro FORTUNA DEL GENERE DELLA TRAGEDIA (vedi file prof) De vita beata, 16 La felicità consiste nella virtù (T14) - De vita beata (pg. 41) - accanto a Nerone - testo dedicato come il de ira al fratello Numato - diviso in due parti - conclusione della prima parte (T14) : parla della felicità (si ottiene seguendo la ragione) - seconda parte: si difende da accuse che di solito ricevevano i filosofi di non essere coerente e di avere una vita diversa da quella proposta (dicevano che aveva una vita nel lusso) - “il filosofo non ama smodatamente le ricchezze e non soffre quando ne è privato, ma gli sono utili (solo che non ne è dipendente) ” Ergo in virtute posita est vera felicitas. Quid haec tibi virtus suadebit? Quid tibi pro hac expeditione promittit? Ingentia (neutro sostantivato) et aequa divinis: nihil cogeris, nullo indigebis, liber eris, tutus... È dunque nella virtù che è posta la vera felicità. Che cosa ti consiglierà, questa virtù? Di considerare o come bene o come male esclusivamente ciò che capiterà per effetto o di virtù o di malvagità; poi, di stare saldo sia davanti al male sia in seguito al bene, in modo che, nei limiti del lecito, tu faccia di te stesso un dio. Che cosa ti promette, in ricompensa di questa impresa? Cose straordinarie e pari a quelle divine: non sarai costretto a nulla, non avrai bisogno di nulla, sarai libero, al sicuro dai pericoli, dai danni; nessun tuo tentativo sarà vano, nessun impedimento ti ostacolerà; ogni cosa ti andrà secondo il tuo desiderio, nulla di avverso ti capiterà, nulla che sia contro la tua aspettativa e 3 parti ... premi .. [suādĕo], suādes, suasi, suasum, suādēre= consigliare ● interlocutore fittizio che gli fa una domanda ● Virtù= capacità di distinguere il bene dal male ● colui che pratica la virtù possiede l'imperturbabilità ● Nihil= accusativo di relazione ● accusativo costruito con l'ablativo (indigeo) ● Ingentia= neutro sostantivato ● ad e accusativo del gerundio ● Lui, seguace della ragione, si aspetta e prevede quello che gli può capitare, non accadrà nulla di imprevisto perchè lo avrebbe previsto (il saggio sa riconoscere il suo destino) - distingue il re giusto dal tiranno e procura amore e riconoscenza (meglio essere amati che temuti) => obiettivo: instaurare coi sudditi un rapporto paterno (si punisce malvolentieri e solo quando è indispensabile e sempre per il bene del popolo, che in cambio garantisce affetto, devozione e fedeltà) - Esordio del De Clementia (55-56) Scribere de clementia, Nero Caesar, institui, ut quodam modo speculi vice fungerer ... immittere oculos in hanc immensam multitudinem discordem, seditiosam, impotentem... et ita loqui secum: ‘...qui in terris deorum vice fungerer? Ego vitae necisque gentibus arbiter (sum) ; qualem quisque sortem statumque habeat, in mea manu positum est... nulla pars usquam nisi volente propitioque me floret; haec tot milia gladiorum, quae pax mea comprimit, ad nutum meum stringentur; 1] Ho deciso di scrivere sulla clemenza, Nerone Cesare, per svolgere in qualche modo la funzione di specchio e per mostrare te a te stesso destinato a raggiungere il potere più grande di tutti. Benché infatti il vero frutto delle azioni rette sia l’averle fatte, né benché ci sia alcun premio delle virtù degno all’infuori di esse stesse, giova esaminare attentamente e percorrere la propria buona coscienza, e poi posare lo sguardo su questa immensa moltitudine discorde, sediziosa, incapace di dominarsi, pronte a saltar su per la rovina altrui e per la propria, una volta che avrà abbattuto questo giogo; e giova parlare così con se stessi: [2] “Sono dunque io quello che fra tutti i mortali è stato preferito e scelto per fare in terra le veci degli dèi? Sono l’arbitro della vita e della morte delle nazioni/popoli; (è posto nella mia mano il potere di quale sorte e stato abbia ciascuno ) è posto nelle mie mani la decisione sulla sorte e sulla condizione di ciascuno; quello che la fortuna vuole che sia dato a ciascuno dei mortali, lo fa sapere attraverso la mia bocca; da una nostra risposta popoli e città traggono motivi per rallegrarsi; nessun luogo prospera, se non per la mia volontà e il mio favore; tutte queste migliaia di spade, che la mia Pace fa rimanere nel fedro, a un mio cenno verranno sguainate; quali popoli debbano essere distrutti completamente, quali fatti spostare altrove, a quali si debba dare la - vocativo - ut con valore finale instĭtŭo, instĭtŭis, institui, institutum, instĭtŭĕre = decidere fungor, fungĕris, functus sum, fungi = adempiere con ablativo piacere più grande di tutti= la clemenza - virtù come valore supremo (nel De vita beata, dove consiste con la felicità) - Il dominio su se stessi è fondamentale (importanza di dominare le proprie emozioni)=> il princeps ha a che fare con una moltitudine discorde,... - uso dello stesso verbo che ha usato per parlare della propria attività (fungor) - Participio presente (me volente) - subordinata relativa (quae…) ..........mea iuris dictio est. In hac tanta facultate rerum non ira me ad iniqua supplicia compulit, non iuvenilis impetus, non temeritas hominum... Conditum, immo constrictum apud me ferrum est.... nemo non, cui alia desunt, hominis nomine apud me gratiosus est. Severitatem abditam, at clementiam in procinctu habeo libertà, a quali strapparla, quali re debbano essere ridotti in schiavitù e quali teste debbano essere insignite della dignità reale, quali città debbano crollare, quali sorgere, dipende tutto dalla mia autorità giudicante. [3] In questa così ampia disponibilità di potere non mi spinse l’ira a iniqui castighi, non l’impeto giovanile, né la temerarietà degli uomini o la tracotanza degli uomini, che spesso toglie la pazienza anche dagli animi più tranquilli; non mi spinse mai l’orgoglio funesto, ma diffuso in chi è a capo di grandi imperi, di ostentare la propria potenza seminando terrore. La mia spada / il mio ferro è riposta nel fodero, anzi è legata, e io ho cura di risparmiare il più possibile anche il sangue più vile; non c’è nessuno che, pur essendo privo di altri titoli, non trovi grazia presso di me solo per il nome di uomo. [4] Tengo nascosta la severità e sempre pronta, invece, la clemenza, sorveglio me stesso, come se poi dovessi rendere conto alle Leggi, che ho richiamato dalla dimenticanza e dalle tenebre alla luce. Prima mi sono commosso per la tenera età di uno, poi per l’anzianità dell’altro, e uno ho perdonato per la sua dignità, a un altro per la sua umiltà; ogni volta che non ho trovato una ragione di misericordia, ho risparmiato per me stesso. Oggi sono pronto, se gli dèi mi chiedono il conto, a enumerare tutto il genere umano”. - tema del De ira compello, compellis, compuli, compulsum, compellĕre - tema dell’uguaglianza degli uomini De brevitate vitae, 8 - il valore del tempo non è considerato (lo si chiede e lo si dà via come fosse niente) Mirari soleo cum video aliquos tempus petentes et eos qui rogantur facillimos Re omnium pretiosissima luditur; fallit autem illos quia res incorporalis est quia sub oculos non venit ideoque vilissima aestimatur, … Nemo aestimat tempus At eosdem aegros vide Tanta in illis discordia affectuum est! Quo modo illis parcerent ! Io sono solito meravigliarmi quando vedo alcuni che chiedono tempo e (vedo) quelli che ne sono richiesti arrendevolissimi. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte; infatti si ingannano perchè (il tempo) è una cosa immateriale, perchè non viene sotto gli occhi e perciò è ritenuta una cosa assai vile. Nessuno dà valore al tempo Ma vedi questi stessi malati E’ in loro tanta discordia di sentimenti in che modo quelli risparmierebbero! - soleo verbo deponente con gaudeo, fido, confido, diffido, audeo - mirari= infinito di verbo deponente - cum introduce una temporale - qui introduce una relativa - facillimos = superlativo come facilis, difficilis, similis, dissimilis, gracilis, humilis - comparativo in -ior - superlativo in -illimus - luditur = impersonale - pretiosissima = superlativo relativo, costruito anche con ex e ablativo o inter e accusativo - fallo, fallis, fefelli,falsum, fallere= ingannare - eosdem (idem, eadem, idem) - parco, parcis, peperci, parsum,