Scarica Appunti diritto della sicurezza sociale con integrazioni di Diritto della previdenza sociale e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Della Sicurezza Sociale solo su Docsity! 07/10/2008 INTRODUZIONE PRIMA PARTE: Parte generale 1) Fonti del diritto comunitario 2) Origini del sistema del diritto della sicurezza sociale in Italia 3) Caratteristiche principali del diritto della sicurezza sociale 4) Eventi protetti: eventi che colpiscono i soggetti e fanno sì che questi soggetti si trovino in uno stato di bisogno che legittima l’intervento dello Stato in favore di questi soggetti; a) art. 38 della Costituzione (non è elencata la morte, che è un evento protetto infatti dà diritto alla pensione di reversibilità); b) la malattia è considerata sotto il profilo della tutela della salute, come l’infortunio; ad ogni evento protetto corrisponde una forma di tutela, cui corrisponde un approfondimento nella seconda parte. 5) Oggetto della tutela: rapporto giuridico previdenziale SECONDA PARTE: Vari tipi di tutele 1) Tutela della salute a) 1978: creazione del Servizio Sanitario Nazionale per offrire una tutela universale e gratuita ai cittadini b) art. 32 della Costituzione c) 1992 c’è la Controriforma: si elimina in parte il principio della gratuità con l’introduzione del ticket. Esiste una contraddizione tra la necessità del legislatore di attuare delle riforme, ispirate da principi costituzionali, e la necessità della finanza pubblica di risparmiare le poche risorse finanziarie disponibili. 2) Sistema pensionistico a) prima degli anni ’60, il sistema pensionistico era contributivo: perché calcolava le pensioni in base ai contributi versati durante tutta l’attività lavorativa. b) Dopo gli anni ’60, a seguito della Riforma, il sistema pensionistico diventa retributivo, perché calcolava le pensioni in base alle retribuzioni medie I) 1995: con la legge Dini n. 335/95 si reintroduce il sistema contributivo c) Problema: regime transitorio è misto. d) Pilastri: I) Il Primo non offre al pensionato un tenore di vita più o meno uguale a quello che aveva durante lo svolgimento della sua attività lavorativa. II) Il Secondo soluzione al primo: sistema previdenziale integrativo III) Il Terzo è una soluzione al primo: polizze assicurative per integrare Capitolo 1 - I fondamenti della previdenza sociale Rapporto giuridico previdenziale è un rapporto giuridico che costituisce il pilastro da cui derivano tutte le tutele che studiamo. Le sue caratteristiche principali sono Principio di automaticità, ossia sorge automaticamente al sorgere del rapporto di lavoro l’obbligatorietà rapporto trilaterale tra lavoratore, è il soggetto che versa i contributi datore di lavoro, adempie gli obblighi contributivi ente previdenziale, effettua materialmente la prestazione (INPS, INPDAP, INAIL). Previdenza sociale: è riferita all’esistenza di un pregresso rapporto di lavoro (versamento di contributi). È corrispettiva, sinallagmatica: ottengo la pensione di vecchiaia perché ho versato dei contributi Il finanziamento è quasi totalmente dei soggetti e parzialmente dello Stato (invalidità derivante da rischi comuni) Ispirata al Modello Bismarck Assistenza sociale: prescinde dall’esistenza pregressa del rapporto di lavoro Principi ispiratori sono l’universalità e la gratuità. Il finanziamento è totalmente a carico dello Stato attraverso il sistema fiscale (invalidità civile) (pensione assegno sociale) Ispirata al Modello Beveridge IMPORTANTE Le prestazioni previdenziali non hanno un carattere assistenziale. Es.: Invalidità derivante da rischi comuni ha carattere previdenziale Invalidità civile ha carattere assistenziale PRIMA PARTE: PARTE GENERALE Capitolo 3 - Le fonti Le fonti del diritto sono la sorgente da cui scaturisce la norma giuridica. Esistono due principali tipi di fonti: Fonti di produzione Sono quegli atti che creano, modificano ed estinguono le norme giuridiche. Art. 76 ss. Tra le fonti di produzione distinguiamo: Costituzione: la legge fondamentale dell’Ordinamento Giuridico dello Stato. Leggi Costituzionali: leggi adottate dal Parlamento e dirette a Gerarchia Le fonti sono ordinate secondo un sistema gradualistico per cui vi sono fonti superiori e inferiori (ad es. la Costituzione rispetto ad ogni altra fonte). 1) In base a tale criterio una norma di grado superiore prevale su quella di grado inferiore, che non è esclusa dalla disciplina in caso di mancanza della fonte superiore. 2) La gerarchia delle fonti può essere rappresentata come una piramide: a) Costituzione b) Leggi ordinarie c) Leggi regionali d) Regolamenti e) Usi e consuetudini 3) Questa gerarchia è in crisi (anche se non tutti gli studiosi concordano con questo pensiero) perché la globalizzazione sta spazzando via queste rigidità. Questo sistema ha valore ed è vincolante perché si riferisce ad un territorio ben definito, ma se i rapporti giuridici riguardano persone che vivono in luoghi diversi nascono dei problemi. Si sta sgretolando l’autorità dello Stato. Infatti si parla di “globalizzazione giuridica”, indicando il rovesciamento della piramide gerarchica, che ora è così composta: a) Usi e consuetudini b) Regolamenti c) Leggi regionali d) Leggi ordinarie e) Costituzione Fonti comunitarie L’Unione Europea nasce il 1° novembre 1993 a seguito dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione Europea. L’UE è frutto di un processo che si avviò con la firma del Trattato di Parigi, che nel 1951 diede vita alla CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) tra Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. Da allora nacque l’idea di una crescente integrazione dell’Europa. La nascita della CECA fu seguita dall’istituzione dell’EURATOM (comunità EURopea per l’energia ATOMica) che aveva l’obiettivo di incoraggiare lo sviluppo dell’energia nucleare nell’ambito degli Stati aderenti assicurandone l’uso pacifico, e della CEE (Comunità Economica Europea) il cui scopo era rimuovere ogni ostacolo alla libera circolazione di persone, merci e capitali. Ciò avvenne a seguito del Trattato di Roma. La nascita della CE (Comunità Europea) si realizzò dall’unione di questi 3 organismi. 1) Nel 1974 nasceva un vero e proprio organo di indirizzo politico, cioè il Consiglio Europeo; 2) Nel 1986 fu introdotto l’Atto Unico Europeo che dettava l’obiettivo di costituire un grande mercato unico dove merci e persone potessero effettivamente circolare liberamente; 3) Nel 1992 fu firmato il Trattato di Maastricht che sanciva la nascita dell’Unione Europea. Il Trattato stabiliva: a) La creazione di una moneta unica e di un Istituto Monetario Europeo che funga da Banca Centrale unica; b) La realizzazione della cittadinanza europea; c) L’Unione Europea, e non più i singoli Paesi, dovrà essere interlocutore in tutte le relazioni estere per la difesa e sicurezza comune. L’Unione Europea dà vita ad una struttura organizzativa peculiare a tre pilastri: 1) Uno è costituito dalla preesistenti tra Comunità (CE, CECA, EURATOM); 2) Un altro è formato dalla politica estera e sicurezza comune; 3) L’ultimo è costituito dalla giustizia e dagli affari interni. Tutti e tre condividono una serie di disposizioni comuni, tuttavia si decise che tutto ciò che era ricompresso nella CE sarebbe stato gestito secondo le procedure del diritto comunitario; tutto ciò che faceva parte degli altri due pilastri sarebbe restato affidato ala cooperazione intergovernativa tra stati, secondo le regole del diritto internazionale. Nel febbraio 2001 è stato firmato il Trattato di Nizza con cui si è cercato di far fronte alle esigenze istituzionali poste dalla prospettiva ormai concreta dell’allargamento ulteriore dell’UE. Organi comunitari 1) Consiglio Europeo, che si riunisce per discutere su questioni di politica generale a) non ha poteri decisionali, ma solo di orientamento b) è composta dagli appartenenti dei singoli Stati membri 2) Consiglio dei Ministri: ha sede a Bruxelles a) è composto da 15 Ministri di ciascun Paese competenti per materia, secondo un criterio di maggioranza ponderata b) Spetta al Consiglio dei Ministri il potere legislativo e gli atti normativi che emana si chiamano Regolamenti Comunitari, che entrano in vigore dopo 20 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea. c) emana le direttive che stabiliscono degli obiettivi obbligatori per gli Stati membri che però diventano efficaci solo dopo che sono state recepite in una legge nazionale. 3) Parlamento europeo a) Ha funzioni di carattere consultivo, che può essere (I) Obbligatorio: codecisione (II) Non obbligatorio: provvedimenti normativi europei b) Non ha funzioni legislative, perciò si riscontra un vizio di democraticità 4) Corte di giustizia a) Ha funzione di interpretazione delle norme comunitarie e il suo compito è di dare uniformità all’interpretazione del diritto comunitario; b) Vigila sull’adempimento degli obblighi comunitari 5) Tribunale di primo grado: ha competenze limitate e non ha una portata generale sugli Stati membri 6) Commissione europea: è l’organo esecutivo che agisce nell’interesse generale della Comunità e ha sede a Bruxelles a) È composta da 20 commissari nominati dai singoli governi, ma da questi indipendenti, perché partecipano a titolo personale per poter controllare e vigilare (attraverso la procedura di infrazione messa in mora), b) Svolge diverse funzioni: (I) controllo: con la procedura di infrazione si controlla se i singoli stati adempiano agli ordini comunitari, perché tra suoi compiti rientra l’applicazione dei trattati e della legislazione comunitaria; (II) Carattere consultivo, infatti fa “draft”, ossia progetti di norme (III) Promuove inoltre la politica comunitaria; (IV) Dà un impulso all’attività legislativa Gerarchia delle fonti comunitarie Norme di rango primario 1) Trattati istitutivi dell’Unione Europea (Trattato di Parigi, Trattato di Roma, Trattato di Maastricht) 2) Protocolli europei: gli altri Stati che hanno aderito dopo l’Unione Europea Norme di rango secondario Direttive e regolamenti 1) Direttive hanno efficacia a) Utile o indiretta: non hanno efficacia immediata all’interno dei singoli stati, ma occorre un atto di recepimento (d. lgs.) all’interno del singolo stato per dare attuazione alla direttiva. b) Verticale perché vincola lo Stato 2) Regolamenti: hanno portata generale ma efficacia: a) Diretta perché i regolamenti si applicano direttamente e non hanno bisogno di un atto di recepimento b) Orizzontale perché si applicano a tutti, anche nei rapporti tra soggetti privati Scelta Le direttive e i regolamenti si differenziano per l’efficacia, la loro scelta dipende dalla diversa efficacia che hanno per armonizzare il diritto comunitario. Se la norma che si vuole emanare è caratterizzata da una comunanza degli Stati membri in quella materia, si emana un regolamento, che presuppone un’uniformità tra le discipline dei singoli stati membri. Se esistono profonde differenze tra le discipline dei singoli stati membri si emanano le direttive, che presuppongono delle differenze profonde e cercano dei principi unficatori. Mercato unico e Mercato Comune Mercato Comune È stato istituito col Trattato di Roma nel 1957. Lo scopo legislatore comunitario era cercare di armonizzare gli ordinamenti degli Stati membri, in quanto le nazioni erano separate: infatti ogni Stato manteneva la sua individualità. Per esempio le operazioni di mercato tra Gran Bretagna e Italia erano operazioni transnazionali. Mercato Unico È stato istituito nel Trattato di Maastricht del 1992, è la sua creazione fu resa possibile dall’assenza di differenze tra le legislazioni dei vari Stati perché, almeno in teoria, dovrebbero valere le stesse regole all’interno di tutti gli Stati membri. Era basato sul principio di mutuo riconoscimento o principio del paese d’origine: poiché c’è uniformità tra le varie legislazioni i prodotti e le persone possono circolare liberamente all’interno degli altri Stati, portandosi appresso le regole del mercato dello Stato di provenienza. Il difetto è che si anela ad una corsa di discriminazione inversa, ciò ha portato ad una corsa al ribasso provocando risultati negativi per i consumatori. Per tutelarli è stato introdotto l’obbligo della chiarezza dell’informazione. In realtà esistono delle differenze tra le legislazioni dei vari Stati. Controversie tra norme comunitarie e norme nazionali A questo punto è importante comprendere come siano disciplinati i contrasti tra le norme interne nazionali e le norme comunitarie (non solo norme nelle direttive e nei regolamenti, ma anche la norma nazionale che ha recepito la norma comunitaria). A tal proposito i giudici si sono interrogati per 20 anni e si sono contrapposte le posizioni della: 1) Corte di giustizia è sempre rimasta ferma sulla sua posizione sostenendo che, nell’eventualità di un contrasto tra una norma europea ed una norma nazionale, deve sempre prevalere la norma comunitaria 2) Corte Costituzionale, ha cambiato la sua posizione nel corso del tempo: a) Nel 1964 tendeva a considerare le norme comunitarie di pari rango delle norme nazionali. Nell’eventualità di un contrasto si applicano le regole generali che vigono in tema di conflitti di norme, basate sulla priorità temporale (lex posterior), ossia la legge successiva deroga alla legge precedente. b) Sentenza Costa: la norma comunitaria può prevalere solo se c’è stato un preventivo sindacato di legittimità costituzionale che abbia accertato il rispetto dell’ Art. 11 della Cost.3: bisogna vedere se vi è stata una violazione di una norma interposta (leggi di esecuzione del trattato istitutivo). 3) SOLUZIONE, che ha interrotto questa controversia, si ottiene nel 1984 con la sentenza Granital: in base ad un principio di carattere generale, occorre la ripartizione di competenze tra comunità e nazione. Ad es. la politica agricola e la sicurezza sul lavoro rientrano nelle competenze delle Comunità Europea perché esiste un generale accordo tra gli Stati in queste materie. Nel 1989 con la sentenza Francovic della Corte di Giustizia, il cittadino è legittimato ad agire contro lo Stato per avere il risarcimento del danno per inadempimento da parte dello Stato degli obblighi contrattuali, se non lo Stato membro dell’Unione Europea non ha provveduto a recepire una normativa europea. Si ricollega alla procedura di infrazione. 3 L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. FONTI INTERNAZIONALI Le fonti di diritto internazionale sono emanate dall’ONU e sopratutto dall’OIL. Le norme emanate si dividono in: 1) Risoluzioni: disposizioni che hanno valenza solo all’interno dell’organizzazione 2) Raccomandazioni: mozione che spinge ad adottare determinati provvedimenti 3) Convenzioni: atti normativi, che non hanno un’efficacia diretta ma occorre una legge di ratifica da parte del singolo stato. Gli Stati membri non hanno alcun obbligo di ratificare la convenzione e, anche quando l’abbiano ratificata, ne restano vincolati solo in seguito all’avvenuta ratifica anche da parte di un determinato numero di altri stati. 4) Soft Law è una normativa leggera, nata come una risposta alla globalizzazione per disciplinare le transazioni economiche e sono vincolanti solo quando le parti decidono liberamente di accettare quelle norme 14/10/2008 Capitolo 2 - Origine e sviluppi del sistema previdenziale Italiano Il principio più importante è la solidarietà, che nell’ambito della sicurezza sociale significa che lo Stato soddisfa i bisogni della collettività. Società di mutuo soccorso Prima dell’Illuminismo e in Italia prima della II Guerra Mondiale, i compiti di solidarietà erano soddisfatti dalla stessa società civile. Le Società di Mutuo Soccorso si occupavano di soddisfare questi bisogni. Ciò cambia in Europa dopo la Rivoluzione Francese e in Italia dopo la II Guerra Mondiale, quando si è avuta la promulgazione della Costituzione (1948). Stato di diritto e stato sociale Il diritto della sicurezza sociale è espressione di una nuova forma di Stato: Welfare State (Stato sociale) che si contrappone allo Stato di diritto, quando lo Stato riconosceva solo i diritti dei cittadini ( si è avuto con la Rivoluzione Francese). Stato sociale: lo Stato non solo riconosce i diritti dei cittadini ma interviene fattivamente per dare attuazione ai diritti che sono riconosciuti. Si parla di Stato interventista (nell’articolo 3 della Costituzione c’è una contrapposizione tra lo Stato di diritto – I comma – e lo Stato sociale – II comma -) Il passaggio dallo stato di diritto allo stato sociale si ha con la Costituzione in Italia ed è stata la conseguenza dell’evoluzione del Capitalismo (nella Rivoluzione Industriale si soddisfacevano prima i capitalisti e poi, solo per mantenere l’ordine pubblico, si sono voluti soddisfare i bisogni anche degli operai). Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino in Francia Il primo intervento a livello europeo si ha nel 1793 in Francia con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, periodo successivo alla Rivoluzione Francese e quando si diffonde la Rivoluzione Industriale. In Italia nasce il movimento chiamato socialismo giuridico, con 50 anni di ritardo rispetto all’Europa (movimenti portatore degli interessi dei lavoratori) e gli esponenti più importanti sono Gianturco e Vivante, che cercano di cambiare il modo di interpretare il diritto. Codice Civile 1942 Il primo Codice Civile è del 1865, dopo si avrà il Codice del Commercio nel 1882, mentre nel 1942 si è avuto il Codice Civile, composto da 3 libri (proprietà, successioni, obbligazioni) e tutti tutelavano la proprietà, esprimevano gli interessi della classe borghese per affermare il proprio potere anche nell’ambito giuridico. 1) Prima del 1942, i contratti di lavoro erano considerati come contratti di locazione: il lavoratore era considerato come una cosa che poteva essere sfruttata come più piaceva al capitalista e i lavoratori col passare degli anni si associavano a movimenti per rivendicazioni e nel 1910-1920 si delineò una nuova figura del contratto di lavoro. 2) Dopo il 1942 il Codice Civile è stato modificato con la Costituzione del 1948 (soprattutto per quanto riguarda la famiglia). Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dei cittadini dell’ONU Nel 1948 si ha la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e dei cittadini emanata dall’ONU e questo è stato il primo riconoscimento del diritto sociale, tra cui spicca il diritto alla sicurezza sociale. I prodromi del diritto alla sicurezza sociale sono riscontrabili nel 1793. La Dichiarazione dell’ONU si ispira alla politica del New Deal di Roosevelt ed è una ripresa del Piano Beveridge del 1942 che si affermò in Gran Bretagna, ed è ispirato da due principi fondamentali: 1) Universalità: i diritti devono essere riconosciuti indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro; 2) Gratuità: attraverso la leva fiscale si garantisce la gratuità delle prestazioni. Nel Modello Bismarck di fine ‘800 (1883) il diritto alla sicurezza sociale era riconosciuto solo ai cittadini che avevano un rapporto di lavoro (versavano dei contributi). Modelli Bismarck e Beveridge Da questi due modelli deriva la differenza tra previdenza e assistenza: 1) Previdenza si ispira al modello Bismarck: le prestazioni dipendono dall’esistenza del rapporto di lavoro, ha il carattere della corrispettività. 2) Assistenza si ispira al modello Beveridge: le prestazioni sono universali e gratuite, senza che ci sia un rapporto di lavoro. Vuole garantire la libertà dallo stato di bisogno (presupposto necessario affinché ci possa essere l’intervento da parte dello Stato) scaturito da un evento protetto (il punto da cui si parte), ossia un evento che colpisce i soggetti e può determinare uno stato di bisogno legittimando lo Stato ad intervenire, in base all’art. 38. La libertà dal bisogno ispira gli artt. 36 e 38 (tipica espressione dello stato interventista), lo Stato deve necessariamente intervenire perché questa libertà possa essere attuata. Le altre libertà invece non prevedono l’intervento necessario dello Stato, tipiche espressioni dello Stato di diritto. I diritti sociali hanno una valenza costituzionale e il legislatore interviene solo per stabilire le modalità con cui questi diritti sociali possono trovare attuazione. Il legislatore ordinario deve, da una parte, dare attuazione ai principi costituzionali, e, dall’altra, fare i conti con le risorse finanziarie a disposizione. Articoli della Costituzione 1) Art. 3 Cost.: contiene il principio di uguaglianza formale (I comma) e sostanziale (II comma). Il D. Lgs. 626/94 (modificato dal T. U. in materia di sicurezza sul posto di lavoro) disciplina la tutela della salute e la tutela contro gli infortuni; vuole dare attuazione pratica al principio di uguaglianza (art. 3), imponendo obblighi di protezione per ridurre rischi di infortunio sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro; è nato soprattutto per ridurre la Spesa Pubblica perché diminuendo gli infortuni, diminuiscono gli interventi per tutelare la salute. contributi all’INAIL Lavoratori sono indennizzati anche se nella colpa ordinaria sarebbero loro i responsabili Enti di tutela 1) INPS: offre tutela per determinate categorie di lavoratori a) INPDAP: lavoratori nel settore pubblico b) INPS: lavoratori nel settore privato 2) INAIL offre tutela per eventi, perciò prescinde dal pubblico e dal privato, offrendo tutela a tutti i lavoratori e guarda all’infortunio ricollegabile all’attività dello svolgimento del lavoro. In Italia, il periodo storico in cui si è avuto il maggior numero di leggi per tutelare i lavoratori è quello giolittiano e poi quello fascista (assicurazione obbligatoria estesa alle malattie professionali), ossia il periodo che va dalla fine del 1800 fino agli anni ’40, ed in seguito sarà codificato nel Codice Civile (libro V art. 2114). Dopo il Codice Civile è importantissima la Costituzione e poi il Diritto Comunitario (derivano da regolamenti ma soprattutto da direttive di cui la più importante è il d. lgs. 626/94). Costanti della Previdenza Sociale Sistema retributivo: sistema di calcolo della pensione che tiene conto del livello medio delle retribuzioni degli ultimi 5 o 10 anni di attività lavorativa e si applicano coefficienti che tengono conto di vari fattori. Sistema contributivo: (dal 1995 in Italia) è un sistema di calcolo delle pensioni che tiene conto dei contributi versati dal lavoratore nel corso di tutti gli anni di lavoro, tutti i contributi formano il montante contributivo individuale rivalutato di anno in anno. Il sistema del Welfare State sviluppato dopo la Rivoluzione Francese e in Italia dopo la II Guerra Mondiale, secondo il legislatore ordinario non può più andare avanti e quindi favorisce la nascita di strumenti privatistici che si affianchino alla previdenza di base. La Previdenza complementare, che è il secondo Pilastro della previdenza sociale, nasce dall’esigenza di garantire un tenore di vita adeguato ai lavoratori poiché lo Stato non può più garantirlo. Per alcuni ciò vuole favorire determinati gruppi di assicurazioni (argomentazioni politiche). La differenza importante tra sistema previdenziale di base e sistema previdenziale complementare è nei criteri usati per il finanziamento. Sistema previdenziale di base è ispirato dalla solidarietà intergenerazionale. Sistema previdenziale complementare è un sistema a capitalizzazione. 21/10/2008 Capitolo 4 - I soggetti e l’organizzazione STATO Lo Stato è uno dei soggetti del rapporto giuridico5 previdenziale. Infatti nell’Ordinamento vigente la previdenza e l’assistenza sociali restano compiti specifici dello Stato, anche quando sono affidati a soggettività private. Comunque all’iniziativa privata è riservato un ruolo complementare, sebbene non secondario. L’amministrazione della previdenza sociale è affidata quasi sempre a soggetti pubblici. Le prestazioni previdenziali sono esercitate da organi statali perché storicamente si è passati da una 5 Il rapporto giuridico è un legame, una relazione che esiste tra le varie parti interessate dal rapporto. situazione in cui nell’ambito della previdenza sociale esercitavano soggetti esclusivamente privati (Società di Mutuo Soccorso) alla presa di posizione da parte dell’organismo pubblico (con l’avvento della questione sociale). Lo Stato delega molte delle funzioni previdenziali e assistenziali ai soggetti privati, perché non è in grado di fronteggiare tutte le esigenze in ambito previdenziale e assistenziale. Queste forme di previdenza complementare sono state previste dal d. lgs. 124/93. Amministrazione statale I principali Organi Statali che svolgono funzioni di amministrazione attiva in materia di previdenza e assistenza sociale sono: Ministero del lavoro A questo Ministero è affidato il compito di provvedere a tutte le funzioni concernenti la protezione e il benessere dei lavoratori, sia attraverso l’azione diretta, sia attraverso il potere di vigilanza, di organizzazione e di direttiva, esercitato sugli enti che svolgono attività previdenziale. Queste funzioni sono esercitate attraverso uffici centrali e periferici, come la Direzione del Lavoro. A livello centrale, come gestione autonoma, ma sempre sotto la vigilanza del Ministero del lavoro, operano il Casellario Centrale delle pensioni e il Casellario Centrale degli Infortuni. Ministero per la solidarietà sociale Svolge funzioni in materia di immigrazione di lavoratori extracomunitari e neocomunitari, di politiche antidroga; svolge anche funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia. Ministero della salute Il suo compito principale è sovrintendere alla tutela dell’igiene e della salute pubblica, e si struttura in dipartimenti e servizi. Gran parte di queste funzioni sono state trasferite alle Regioni, sebbene il Ministero continui a mantenere la funzione di alta sorveglianza, di iniziativa, di direttiva nelle materie attribuite per delega alle Regioni e di coordinamento per l’attuazione del Servizio Sanitario Nazionale. Ministero dell’economia e delle finanze È il Ministero più importante perché provvede alle prestazioni previdenziali della Pubblica Amministrazione, attraverso una convenzione con l’INPDAP. Oggi se ne occupa solo l’INPDAP (dal 01/01/1996). Ministero degli interni Ad esso fa capo la Direzione generale dei servizi civili che esercita, tra l’altro, le funzioni relative agli interventi assistenziali straordinari, agli interventi previsti dalla legge in attuazione dell’art.38 comma 1 Cost. (tutela degli invalidi civili), all’assistenza dei profughi stranieri e al riconoscimento della qualifica di rifugiato. Fa capo al suddetto Ministero il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco, che svolgono le funzioni di vigilanza e di informazione, consulenza e assistenza alle imprese in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Commissione parlamentare di controllo Il suo compito è vigilare sull’efficienza e sulla gestione degli enti sull’operatività delle leggi in materia previdenziale e sulla coerenza del sistema con le linee di sviluppo dell’economia nazionale. ENTI PARASTATALI Lo Stato delega molte delle sue funzioni a enti privati per evitare un eccessivo appesantimento dell’apparato statale. Tali enti sono sempre soggetti a vigilanza ministeriale e al controllo della Corte dei conti. Questi enti sono definiti parastatali e i più importanti sono l’INAIL e l’INPS, che è il più importante perché ha una competenza generale, ossia si occupa di tutte le questioni previdenziali ed assistenziali di tutti coloro che hanno un contratto di lavoro privato. 1) Tuttavia solo per convenzione si può affermare che esiste un sistema pensionistico generale che fa capo all’INPS e che gli altri sistemi pensionistici si pongono come varianti di quell’unitario sistema. In realtà, già lo stesso INPS, accanto al regime generale riservato ai lavoratori subordinati del settore privato gestisce una serie di fondi speciali per le pensioni di particolari categorie di lavoratori subordinati. 2) Esistono anche una previdenza di categoria o di mestiere, riservata ai lavoratori che, sia per le caratteristiche dell’attività svolta sia per la forza contrattuale della categoria di appartenenza, sono riusciti a sottrarsi al regime generale, ritagliandosi una disciplina di regola più favorevole. Per esempio i liberi professionisti si possono rivolgere a enti previdenziali costituiti per la propria categoria, chiamate casse di previdenza dei professionisti (gli avvocati si rivolgono alla cassa forense). Il privilegio consiste nel fatto che il trattamento previdenziale della categoria di appartenenza è migliore. 3) In alcuni casi la legge ha affidato la tutela di base ai fondi aziendali, appositamente costituiti per assicurare ai propri iscritti (dipendenti dell’azienda) una tutela almeno equivalente a quella del regime generale obbligatorio. Sono delle forme di previdenza di azienda, che sostituiscono l’assicurazione generale obbligatoria. Quindi i contributi previdenziali possono essere versati all’INPS oppure a fondi previdenziali alternativi, come le casse o i fondi aziendali. Gli enti operano in modo diverso perché erogano le prestazioni sulla base di sistemi diversi. A tal proposito esistono due tipi di gestione previdenziale, per: 4) categorie, ossia in base all’appartenenza ad una determinata categoria, come accade nel caso di: a) INPS per i dipendenti che hanno un contratto di diritto privato b) INPDAP per i dipendenti della Pubblica Amministrazione 5) eventi, prescinde dall’appartenenza alle categorie come accade nel caso dell’INAIL, che offre una tutela trasversale a tutte le categorie. Anche se in linea generale esiste questa macro divisione, anche nell’INAIL esistono degli enti previdenziali che offrono tutela a determinate categorie di lavoratori (es. l’ente SPORTASS assicura le prestazioni agli sportivi professionisti). L’assistenza sociale è una prerogativa esclusiva dello Stato, anche se delega parte delle proprie prestazioni ad associazioni private per carenza di risorse economiche. Queste associazioni sono le associazioni di volontariato e le ONG che sono finanziate in parte dal capitale proprio e in parte dallo Stato. Dal 1994 si è stabilito che negli enti parastatali i rappresentanti delle organizzazioni sindacali siano presenti in misura paritaria (anziché maggioritaria, come in precedenza) con i rappresentanti delle categorie dei datori di lavoro. Ciò accade soprattutto nell’organo cui competono solo compiti di indirizzo, programmazione e controllo, ossia il CIV (Consiglio di Indirizzo e Vigilanza) e non più, come accadeva in precedenza, nei consigli di amministrazione degli enti, ossia l’organo cui spetta il concreto potere di gestione. Con l’istituzione di questo modello duale, si è avuta una separazione della funzione di gestione amministrativa Eventi protetti e rischio L’elenco degli eventi protetti si ricava dall’art.38 della Costituzione: Invalidità Malattia Infortunio Disoccupazione Vecchiaia Questo elenco non è tassativo. Oltre a questi eventi possono esistere altri eventi che colpiscono e determinano uno stato di bisogno, come: morte dell’unico percettore di reddito nella famiglia che dà diritto alla pensione di reversibilità gravidanza che dà diritto all’indennità di maternità tutela contro l’insolvenza del datore di lavoro La progressiva estensione della tutela previdenziale ad eventi ulteriori rispetto a quelli “tradizionali” o espressamente nominati dalla Costituzione, è indice dello sviluppo di sensibilità nei confronti di particolari situazioni di rilevanza collettiva e della tendenza del legislatore di farsi interprete e sostenitore dei nuovi bisogni che la società esprime. L’oggetto della garanzia costituzionale non è l’evento in sé e per sé considerato ma lo stato di bisogno che deriva da questi eventi, perché tutti gli eventi hanno pari dignità perché tutelano un interesse costituzionale garantito (tutela contro lo stato di bisogno). Di conseguenza il legislatore non può avere ripensamenti sugli eventi protetti perché così vìola la Costituzione (art. 3: principio di uguaglianza; art. 2: principio di solidarietà; art. 38: evento protetto). Poiché l’evento è considerato in quanto fatto obiettivo, che genera un bisogno socialmente rilevante, è ad esso estraneo il concetto di rischio. Non ha ragione di trovare applicazione nella materia il principio del rischio precostituito, ossia l’esistenza di una situazione antecedente alla creazione del rapporto giuridico previdenziale: ciò non rende nullo il rapporto e non impedisce il godimento delle prestazioni da parte dell’interessato. Per quanto riguarda l’assicurazione sulla vita (contratto aleatorio) questo principio è valido in quanto si tratta di un contratto privato. Invece questo principio non vale per eventi protetti giuridicamente rilevanti (come la tubercolosi) perché è un evento sociale e risalta lo stato di bisogno socialmente rilevante. I mezzi adeguati, in generale; il concetto di prestazione di sicurezza sociale e il rilievo delle misure di prevenzione e dei servizi in genere Ai sensi dell’art.38 comma 2 della Costituzione, l’oggetto della tutela sono i mezzi adeguati, ossia prestazioni con caratteristiche ed entità tali da poter soddisfare le esigenze della vita del lavoratore sia come singolo che come appartenente ad una famiglia. È importante allora chiedersi cosa si intenda con livello di adeguatezza. Per valutare l’adeguatezza dei mezzi cui i singoli hanno diritto occorre non solo tener conto delle prestazioni economiche individualizzate ma anche dei servizi, che combinate con misure indennitarie e misure preventive possono sollevare da situazioni di bisogno socialmente rilevante i soggetti interessati. Il concetto di adeguatezza della prestazione secondo Costituzione… L’aspetto centrale della problematica resta quello del significato da attribuire al concetto di adeguatezza alle esigenze di vita dei mezzi cui si riferisce la garanzia costituzionale prestazione adeguata 1) L’art. 38, che assicura il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale ai cittadini inabili al lavoro e sprovvisti di mezzi necessari per vivere (comma 1) e garantisce a tutti i lavoratori le prestazioni previdenziali (comma 2), è un’espressione sicura, anche se non esplicita, del principio di solidarietà (art.2 comma 2) ed è un criterio attuativo dell’uguaglianza sostanziale (art.3 comma 2). Poiché in base all’art.38 ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione che garantisca un’esistenza libera e dignitosa, ci si chiede se i mezzi citati nell’art. 38 siano uguali a quelli citati nell’art. 36. La Corte Costituzionale ha sostenuto che i mezzi dei due articoli sono diversi: l’art.38 esprimendo l’adeguatezza non tende alla sufficienza, ma ad un trattamento più elevato (almeno teoricamente). 2) l’art.36, che stabilisce i criteri relativi alla determinazione della retribuzione del lavoro subordinato, che deve essere proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro e comunque sufficiente a garantire al lavoratore una vita dignitosa (1° comma)invece, garantisce l’indispensabile e quindi mezzi sufficienti. Poiché l’art. 38 non può essere attuato concretamente per mancanza di risorse, il legislatore si è sempre più ispirato all’art. 36. Secondo la Corte Costituzionale la via intrapresa dal legislatore non è quella giusta perché le prestazioni previdenziali devono tendere ad un livello più alto seguendo l’art. 38, che comprende e supera il trattamento previsto dall’art. 36. Le misure a garanzia dell’effettività della tutela; in particolare, il principio di automaticità delle prestazioni e i rimedi surrogatori Gli strumenti attraverso cui la tutela dell’evento protetto socialmente rilevante è garantita sono: Automaticità del rapporto giuridico previdenziale: il rapporto giuridico previdenziale sorge automaticamente al sorgere del rapporto di lavoro. Infatti, come disciplinato dall’art.2116 del Codice Civile circa l’automaticità della prestazione: al sorgere del rapporto di lavoro il datore di lavoro versa automaticamente i contributi previdenziali. prestazioni automatiche per i contributi non ancora prescritti. Non vige sempre il principio di prescrizione: il lavoratore non può pretendere i contributi prescritti che dovevano essere versati precedentemente e non sono stati versati. Ma il lavoratore può chiedere al giudice il risarcimento del danno da parte del datore di lavoro per i contributi non versati. Le caratteristiche delle prestazioni previdenziali sono: 1) erogazione di somme di denaro (nella maggior parte dei casi) 2) prestazione di servizi (ad es. prestazione sanitaria). La prestazione previdenziale è diversa dalla prestazione nel diritto delle obbligazioni (che deve essere suscettibile di valutazione economica e deve soddisfare un interesse del creditore). Nella prestazione previdenziale non sempre abbiamo a che fare col dare o fare, per esempio si può avere a che fare con agevolazioni. 28/10/2008 SECONDA PARTE Capitolo 7 - La tutela dei diritti in generale L’oggetto della tutela del rapporto giuridico previdenziale è lo stato di bisogno socialmente e giuridicamente rilevante, che legittima l’intervento dello Stato, derivante dall’insorgenza di un evento protetto, presente all’interno dell’art. 38. Non esiste una differenziazione tra eventi protetti perché è importante lo stato di bisogno. Il legislatore ordinario non può intervenire o modificare lo stato di bisogno. Le prestazioni cui ha diritto un soggetto colpito da un evento protetto, sono stabilite secondo criteri oggettivi, come l’ISE (Indicatore della Situazione Economica). Le prestazioni previdenziali sono diverse dalle prestazioni nel diritto delle obbligazioni: prestazioni previdenziali: è un concetto più ampio, infatti presuppone anche forme di agevolazioni fiscali o contribuzione figurativa (come se il soggetto avesse versato anche se in realtà non è così). prestazioni nel diritto delle obbligazioni riguardano il fare o dare. TIPI DI PRESTAZIONI Prestazioni economiche Sono prestazioni che consistono nell’erogazione di somme di denaro e sono di 3 tipi: 1) Indennità temporanea: versata e ragguagliata alla singola giornata e ha una durata temporanea (come ad esempio l’indennità di disoccupazione); 2) pensioni o rendite: sono ragguagliate al mese, vita natural durante a favore del beneficiario; 3) prestazioni previdenziali erogate una tantum: ad es. per l’infortunio si dà una volta un assegno e basta. Le caratteristiche di queste prestazioni sono: Indisponibilità: non posso cedere il mio diritto ad altri perché ha natura alimentare (vd. cessione credito) Insequestrabilità: non può essere sequestrato perché ha natura alimentare Impignorabilità: non sono soggetti a pignoramento, se ci sono debiti, perché ha natura alimentare Prestazioni sanitarie Possono essere di 3 tipi: 1) prestazioni di carattere curativo 2) prestazioni riabilitative 3) prestazioni termali Con l’introduzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978 si è avuta una modifica nel modo di disciplinare la salute e si applica il principio della globalità (prevenzione, cura, riabilitazione). Hanno due funzioni: 1) Intervengono in favore di soggetti che hanno bisogno di cure. 2) Reintegrano le energie dei soggetti ammalati nell’interesse a) del soggetto che può lavorare e guadagnare nuovamente b) della collettività che vuole lavoratori con energia lavorativa piena. Il trattamento ordinario I requisiti per ottenere l’indennità ordinaria di disoccupazione sono: Disoccupazione per causa involontaria espressa con un’autocertificazione. Almeno 2 anni di anzianità assicurativa, per il lavoratore che intende effettuare la richiesta. Un anno di contribuzione maturata nel biennio precedente la richiesta. Evoluzione storica Passato L’indennità ordinaria disoccupazione spettava per 180 giornate lavorative in un anno (tranne nei settori edili in cui erano 360 giorni) a partire dall’8° giorno successivo alla fine del rapporto di lavoro; durava per 9 mesi dalla fine del lavoro per i lavoratori con più di 50 anni. Entro il 68° giorno dalla fine del lavoro (pena la decadenza della domanda) si avanza la richiesta. Quindi il termine di presentazione della richiesta era successivo all’8° e non oltre il 68° giorno dalla fine del rapporto di lavoro. C’erano diversi modi per la disciplina 1) la domanda poteva essere presentata nei primi 7 giorni 2) in misura proporzionale al 40% della retribuzione (media oggettiva) stabilita dai contratti collettivi, riferita al trimestre precedente, il lavoratore aveva diritto a) all’assegno familiare o b) ad una contribuzione figurativa. Il soggetto erogatore era l’INPS e il versamento era a totale carico del datore di lavoro. Il Decreto 35/05 sulla competitività stabiliva una durata di 210 giorni per i lavoratori con un’età inferiore ai 50 anni 300 giorni per i lavoratori con un’età pari o superiore ai 50 anni. La misura dell’indennità cambiava a seconda dell’età: 1) lavoratori con meno di 50 anni, hanno diritto a: a) 50% della retribuzione per i primi 6 mesi b) 40% della retribuzione dal 7° mese 2) lavoratori con un’età pari o superiore ai 50 anni, hanno diritto a: a) 50% della retribuzione per i primi 6 mesi b) 40% della retribuzione per i successivi 3 mesi c) 30 % della retribuzione per l’ultimo mese. Oggi Dopo la Riforma del mercato del lavoro, d. lgs. 223/1991 (Prima della legge Biagi), cambiano i presupposti per chiedere la Cassa Integrazione. Vengono introdotti nuovi criteri per i contratti di lavoro: 1) flessibilizzazione del lavoro 2) modulazione dell’orario di lavoro per alleggerire il costo del lavoro per gli imprenditori. 3) lavori socialmente utili: previsto per soggetti che possono non aver cessato definitivamente la propria attività lavorativa ed è pensato come un lavoro a termine e, quindi, temporaneo (non si sostituisce al lavoro precedente). È previsto solo in casi eccezionali e questi lavori devono avere un’utilità sociale. CIG (Cassa Integrazione Guadagni) Origini e svolgimenti della disciplina della CIG La Cassa Integrazione Guadagni è un rimedio o integrazione salariale nel caso in cui ci sia una sospensione dell’attività lavorativa o una riduzione dell’orario di lavoro, ricollegabile ad eventi transitori o situazioni temporanee di mercato, salvo che non siano imputabili a scelte del datore di lavoro. Misura previdenziale Non è una forma di tutela per la disoccupazione volontaria ma è una tutela per una disoccupazione parziale. Appartiene alle misure previdenziali e prevede l’erogazione da parte di un ente previdenziale di una integrazione di retribuzione per soggetti che hanno un rapporto di lavoro. Come misura previdenziale tutela un evento protetto come stabilito dall’art. 38 della Costituzione, ossia tutela contro la disoccupazione. Differenze La differenza tra l’indennità di disoccupazione e la CIG è che mentre la prima è uno strumento rivolto alla tutela del singolo individuo, la seconda è rivolta alla tutela collettiva, ossia alla tutela di tutti i lavoratori dell’impresa in difficoltà. Origini Nasce come un istituto che tutelava i lavoratori in imprese in difficoltà e in seguito si trasforma in uno strumento che tutela le imprese, perché può essere erogata solo se la situazione di difficoltà dell’azienda sia temporanea, ma spesso era erogata anche se si era consapevoli che l’impresa non poteva più riprendersi. 1) La CIG è nata negli anni ’40 (1941) con riferimento al settore industriale e col passare del tempo si è esteso al settore edile e poi all’agricoltura. 2) Negli anni ’60 era rivolta anche all’edilizia, in difficoltà dopo le ricostruzioni del secondo dopoguerra perché era cessata la ricostruzione. 3) Oggi la CIG è gestita solo dall’INPS, che ha inglobato le varie casse integrazione che esistevano nel passato. Forme di intervento Esistono diverse forme di intervento della cassa integrazione, che non sono cumulabili per lo stesso periodo di tempo e ognuna è caratterizzata da diversi requisiti soggettivi e oggettivi: Intervento ordinario: CIG Requisiti 1) Oggettivo: cause integrabili, che dopo la Riforma del mercato del lavoro del 1991, riguardano i lavoratori eccedenti in modo non definitivo. Le cause integrabili possono dipendere da: a) situazioni aziendali dovuti ad eventi transitori non imputabili al datore di lavoro. b) situazioni temporanee di mercato. 2) Soggettivo: riferito alle dimensioni dell’azienda con un numero di dipendenti pari o superiore a 5 assunti nei 6 mesi precedenti la richiesta, soggetto al principio della domanda. Oggetto di studio 1) non imputabilità della crisi dell’azienda all’imprenditore: a) interpretazione restrittiva: non dipendevano da scelte ricollegabili alla volontà dell’imprenditore in nessun modo, perché dipendevano da forze di causa maggiore o dal caso fortuito. b) interpretazione più ampia: non è imputabile se dipende da dolo dell’imprenditore c) posizione attuale è una via di mezzo tra le due posizioni e la CIG può chiedere all’imprenditore la dimostrazione delle scelte fatte con la diligenza del buon padre di famiglia. 2) situazione temporanea del mercato, che inizialmente era riferita al lavoratore e oggi è riferita alle imprese. I lavoratori hanno diritto ad un’indennità dell’80% della retribuzione, che avrebbe percepito se avesse lavorato, per le ore che non hanno lavorato. Ad es. se un lavoratore solitamente lavora 36 ore la settimana, dopo la crisi del mercato le sue ore di lavoro scendono a 20 ore la settimana, gli spetta un’indennità pari all’80% sulle 16 ore che non ha lavorato. i si riferisce alla retribuzione di base, senza considerare gli straordinari. L’assegno per i lavoratori è erogato per 3 mesi consecutivi, che possono essere prorogati per altri 3 mesi, ma non può superare i 12 mesi. Non sono ammessi periodi continuativi e il rinnovo non può superare un anno nel biennio. Il lavoratore può svolgere altre attività lavorative ma deve comunicarlo all’INPS. La CIG è richiesta dal datore di lavoro per il lavoratore La CIG è erogata dall’INPS, anche se in realtà è pagata dal datore di lavoro che chiederà il rimborso all’INPS. Finanziamento La CIG è finanziata per intero dal datore di lavoro, secondo diverse forme di contributo: fisso: da parte di tutti gli imprenditori e stabilito in proporzione alla contribuzione imponibile in base al numero di dipendenti. addizionale: rivolto solo a imprenditori che si sono avvalsi già della CIG. Procedura Il datore di lavoro che ritiene di avere accesso a questo diritto, presenta la domanda all’INPS, preceduta necessariamente da preventiva consultazione sindacale (a rotazione e in base all’età) per stabilire i criteri e i presupposti della CIG. Intervento straordinario: CIGS Requisiti: 1) soggettivi : imprese con un numero di dipendenti superiore a 15 2) oggettivi: cause integrabili che possono dipendere: A) Modifiche strutturali dell’azienda: (a) ristrutturazione dell’azienda dovuta a cambiamento di tecnologia usata dall’azienda (b)riorganizzazione dell’azienda dovuta ad una riorganizzazione dell’organigramma dell’azienda. (c) riconversione dell’azienda dovuta ad un mutamento dell’attività B) Crisi aziendale della prestazione legata ad attività lavorativa, era già contemplata nell’art. 1676 del Codice Civile, riferito ai contratti di appalto e alla cessione di azienda (azione di regresso). Credito Il credito è una garanzia patrimoniale generica, come disciplinato dall’art. 2640 del Codice Civile e può essere sottoposto ad azione surrogatoria o revocatoria. È una garanzia volontaria, perché deriva dalla volontà delle parti e può concretizzarsi come: 1) ipoteca di beni immobili o mobili registrati (auto, barca,..) 2) pegno di beni mobili. È una garanzia automatica in virtù della particolare natura del credito indipendentemente dalla volontà delle parti, per: 1) crediti derivanti da rapporti di lavoro: creditori privilegiati 2) crediti dello Stato per spese di giustizia, e ha il privilegio perché è accontentato subito, prima degli altri. Direttiva comunitaria Direttiva comunitaria per l’insolvenza contro il datore di lavoro è la n. 987/’80. Principi della direttiva 1) impone agli Stati membri l’obbligo di recepire il provvedimento 2) tutti gli Stati membri dovevano prevedere organismi di garanzia che avrebbero dovuto assicurare il pagamento dei crediti se il datore di lavoro era insolvente. 3) Questi organismi dovevano offrire una garanzia per i crediti limitati entro un arco temporale pari a 3 mesi di retribuzione maturati nel semestre precedente la dichiarazione dello stato di insolvenza. 4) Il patrimonio del fondo doveva essere separato da quello del datore di lavoro 5) Il datore di lavoro era obbligato al versamento dei contributi verso questi fondi e se ciò non avveniva comunque i lavoratori avrebbero avuto lo stesso i soldi. Italia: TFR Il Governo Italiano con la L. 287/1982 ha dato attuazione della direttiva comunitaria, attraverso la creazione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) per il mancato pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro. Il TFR è un organismo di garanzia gestito dall’INPS. Poiché l’Italia non aveva adempiuto totalmente era stata condannata dalla Corte di Giustizia e si è affermato il principio della responsabilità dello Stato per inadempimento degli obblighi comunitari. Ciò è avvenuto con la pronuncia della sentenza Francovic: lo Stato e responsabile e condannato al risarcimento del danno. L’Italia, quindi, con la l. 287/1983 ha dato attuazione parziale attraverso la creazione del fondo del TFR, che è gestito dall’INPS. Il legislatore comunitario dopo il 1980 ha imposto gli stessi obblighi per tutti gli Stati membri che non l’hanno ancora adottata. La direttiva n. 74/2002 sostituisce la n. 987/1982. 10/11/2008 Capitolo 10 - La tutela della salute Caratteristiche principali Articoli della Costituzione Occorre fare riferimento agli articoli della Costituzione che tutelano quest’ambito: Art. 2: garantisce la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nell’ambito delle formazioni sociali; emerge anche il principio di solidarietà, inteso come dovere giuridico di ogni cittadino Art. 32: afferma che la Repubblica tutela la salute dei cittadini e garantisce cure gratuite ai poveri. La tutela della salute deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona, poiché nessuno può essere obbligato ad un particolare trattamento sanitario se non nei casi previsti dalla legge per interesse pubblico (es. vaccinazioni). La salute va intesa non solo come assenza di malattia e di infermità, ma anche come stato di benessere sia fisico sia morale. Si tutela il diritto alla salute dell’individuo, considerato sia come singolo sia come collettività (diritto sociale) Art. 38: tra gli eventi protetti ritroviamo la malattia Diritto soggettivo assoluto inviolabile Il diritto alla salute è un diritto soggettivo assoluto inviolabile: 1) diritto soggettivo perché riguarda l’individuo 2) diritto assoluto perché il soggetto titolare fa valere questo diritto erga omnes (es. diritto di proprietà). Si contrappone perciò al diritto relativo, ossia il diritto da far valere solo su un soggetto (es. crediti). Il soggetto può far valere questo diritto verso: privati : si parla di diritto individuale enti pubblici (organi dello Stato): si parla di diritto sociale Diritto individuale Danno biologico Al diritto individuale è collegato il concetto di danno biologico (tutela della salute), ossia un danno che consiste nella lesione dell’integrità psicofisica del soggetto suscettibile di valutazione medico – legale. Si è parlato di risarcimento da danno biologico, che è un istituto della responsabilità civile. Secondo l’Ordinamento giuridico va risarcito il danno per colpa o dolo, considerato ingiusto. 1) Inizialmente, fino al 1986 (con la sentenza della Corte Costituzionale n. 124), era risarcito solo il danno patrimoniale, nella fattispecie del: A) danno emergente: spese che il soggetto deve pagare dopo il danno (es. spese mediche dopo un incidente); B) danno da lucro cessante: mancato guadagno a seguito del danno (es. minore reddito percepito dopo l’infortunio). Prima del 1986, la limitazione del risarcimento al solo danno patrimoniale, creava: disparità di trattamento, violando l’art. 3 della Costituzione, perché il soggetto che lavorava aveva un trattamento più favorevole rispetto ad un disoccupato; violava l’art. 32 della Costituzione perché non tutelava in pieno la salute. Allora la Corte Costituzionale interpretando in modo più estensivo l’art. 2043 del Codice Civile, estese il risarcimento non solo al danno patrimoniale, ma anche al danno non patrimoniale, come il danno biologico (es. calzolaio è diverso da studente o casalinga). 2) La sentenza della Corte Costituzionale del 1986, sul risarcimento da danno biologico, tutela il diritto alla salute in sé e per sé considerata. Esisteva già, ed esiste tuttora, il risarcimento per danno morale come disciplinato nell’art. 2059 del Codice Civile, nei casi espressi dalla legge e come conseguenza di un reato. Esiste anche la nozione di danno esistenziale, che è diversa sia da quella di danno biologico, sia da quella di danno morale. Il danno esistenziale è: quel danno che il soggetto subisce dopo aver fatto un illecito e si manifesta con alterazioni nella propria vita; ha una conseguenza negativa sull’economia politica, poiché il medico (soprattutto chirurgo) ha timore di intervenire per l’alto rischio di risarcimento da danno esistenziale che non può neanche prevedere); un’altra conseguenza negativa riguarda le compagnie assicurative, che per l’alto rischio di risarcimento sarebbero costrette a stipulare contratti assicurativi con polizze troppo alte. Quindi nel 1986 si è parlato per la prima volta di risarcimento da danno biologico, con la sentenza n. 124/ 86 della Corte Costituzionale. La misura del risarcimento è cambiata nel corso del tempo: 1) prima era un’esclusiva decisione del giudice, secondo il principio di equità, ma spesso se ne abusava; 2) in seguito era stabilita come una percentuale o come un multiplo della pensione sociale; 3) ora si usa il metodo tabellare aggiornato spesso, che dipende in modo: A) inversamente proporzionale rispetto all’età B) direttamente proporzionale rispetto al grado di invalidità Nel Decreto Legislativo n. 38/2000 è importante la tutela contro gli infortuni sul lavoro e si parla di indennizzo e non di risarcimento. Diritto sociale È uno strumento previsto, inizialmente, per la tutela delle Casse Mutue di Malattia, istituzioni private costituite per categorie. Tuttavia questo strumento non garantiva bene la tutela della salute perché le Casse: 1) non erano obbligatorie 2) creavano disparità di trattamento 3) non garantivano livelli essenziali di assistenza per tutti i cittadini. Storia Durante gli anni ’40 (1943) si decise di sostituirle con un unico ente, ossia l’INAM (Istituto Nazionale Assicurazione contro le Malattie). Tuttavia, di fatto, accanto all’INAM continuavano ad esistere altre Casse Mutue. Ciò rendeva il meccanismo molto complicato. Servizio Sanitario Nazionale Il cambiamento definitivo si ha il 23/12/1978 con la legge n. 833, che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che si sostituisce a tutte le Casse Mutue. (in America non è così). 2) elementi critici: lo Stato ha scarse risorse finanziarie per garantire un livello eccellente delle prestazioni e si riscontrano: a) bassa qualità delle prestazioni b) lunghi tempi di attesa c) differenza notevole tra le diverse aree del Paese, infatti i centri d’eccellenza sono al Nord e non al Sud. 3) Il rimedio, trovato nel 2006, è la creazione del Piano Nazionale della Salute che dà: a) maggiori risorse per il Servizio Sanitario Nazionale b) maggiori risorse per quelle Regioni in difficoltà maggiore, a condizione che rientrino dal debito contratto. La tutela economica per le malattie comuni Per malattia, che dà luogo al diritto a prestazioni economiche, deve intendersi qualsiasi alterazione dello stato di salute, di durata superiore a 3 giorni, che richieda l’assistenza medica o chirurgica o la somministrazione di mezzi terapeutici. Al suddetto periodo di carenza di 3 giorni può essere riconosciuta una duplice giustificazione: 1) si può ritenere che una malattia inferiore ai 4 giorni non generi uno stato di bisogno apprezzabile, ossia socialmente rilevante; 2) si può ritenere che tale regola risponda ad esigenze di opportunità pratica, mirando a scoraggiare forme di assenteismo spicciolo. La tutela della malattia, soprattutto per i lavoratori che si ammalino durante il lavoro, è garantita da leggi costituzionali e del Codice Civile: 1) art. 38 Cost.: mezzi adeguati per vivere dopo la malattia 2) art. 2110 del Codice Civile, presente nel Libro V – Del Lavoro, Titolo II – Del lavoro nell’impresa, che regolamenta i rapporti di lavoro, prevede, nell’eventualità di una malattia (o infortunio o gravidanza) contratta dal lavoratore, la sospensione del rapporto di lavoro. In questo caso il lavoratore ha diritto a: a) retribuzione b) indennità stabilita sulla base della contrattazione collettiva o dagli usi o secondo equità. Periodo di carenza: Per i primi 3 giorni di malattia il lavoratore ha diritto alla stessa retribuzione erogata dal datore di lavoro. Dal 3° giorno in poi il lavoratore ha diritto all’indennità che è erogata dall’INPS ed è una percentuale della retribuzione. Obblighi del lavoratore in caso di malattia: 1) entro 2 giorni deve comunicare la sua malattia, corredata da un certificato medico; 2) in seguito sarà soggetto a controlli attraverso la visita fiscale, che è un atto di accertamento del datore di lavoro, e può avvenire tra le 13 e le 14 (ora di pranzo). a) Prima le fasce orarie erano dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. b) Oggi dalle 8 alle 20 Finanziamento 1) prima del 2000 il finanziamento era a cascata: a) fondo sanitario nazionale era gestito esclusivamente a livello centrale b) il fondo era ripartito a seconda del numero di abitanti della Regione e delle spese sanitarie delle Regioni. 2) oggi spetta tutto alle Regioni che: a) hanno il compito di trovare i fondi necessari per le finanze della tutela della salute b) hanno finanziamenti dalle accise sulla benzina e dalle addizionali 11/11/2008 Tutela della maternità La tutela della maternità è disciplinata dal D. Lgs. n.151/2001: L’indennità di maternità è storicamente riconosciuta come prestazione previdenziale, destinata a quel carico familiare sostenuto personalmente dalla donna, rappresentato dalla gestazione e dal parto, nonché per il sostentamento del neonato nei primi mesi di vita. La funzione di sostegno economico che si realizza tramite questa indennità è duplice: sia come tutela della salute della madre e del suo nascituro e sia come tutela della famiglia, per evitare che la maternità possa rappresentare una fonte di bisogno economico per la famiglia. Per questi motivi, dal 1999, è erogata come prestazione assistenziale, con la denominazione di assegno di maternità, a tutte le cittadine italiane che non abbiano i requisiti assicurativi per beneficiare di questo trattamento previdenziale e il cui nucleo familiare non risulti in possesso di risorse economiche adeguate. La più importante misura per la tutela della maternità è l’indennità di maternità, con il congedo di maternità, ossia il periodo durante il quale la donna non deve lavorare prima e dopo la maternità, per 5 mesi in totale (2 mesi prima e 3 mesi dopo la maternità). È un’astensione lavorativa obbligatoria. Il congedo parentale vale anche per i figli adottivi che hanno meno di 6 anni e la richiesta va fatta entro il 3° mese dall’entrata del figlio nella famiglia. L’astensione dal lavoro è obbligatoria: il datore di lavoro non può in alcun modo permettere alla donna di lavorare in questo periodo. L’indennità è a totale carico dell’INPS (il datore di lavoro la dà alla lavoratrice e poi viene rimborsato dall’INPS) L’astensione è calcolata in base alla data presunta del parto. Il periodo di astensione non è rigido, ma flessibile. Ad es. la madre può decidere di prendersi un mese prima e 4 mesi dopo la nascita del figlio come periodo di maternità. Nel passato la data presunta del parto era inclusa nel computo dei 2 mesi di astensione dal lavoro prima del parto. Oggi il giorno del parto non è computato. Se la madre muore dopo il parto, l’indennità di maternità può essere usufruita dal padre. L’indennità di maternità è pari all’80% della retribuzione media nell’arco dei 5 mesi di astensione lavorativa. Indennità di allattamento La madre ha diritto a 2 ore di permesso completamente retribuite per allattare il nascituro. In mancanza della madre, le 2 ore di permesso spettano al padre. Astensione dal lavoro L’astensione dal lavoro è: 1) obbligatoria per il 1° anno di vita del nascituro 2) facoltativa a) per i primi 8 anni di vita del figlio, per un periodo totale non superiore ai 10 mesi e con un’indennità pari al 30% della retribuzione; b) fino ai 10 – 14 anni per figli portatori di handicap. La donna ha diritto all’indennità di maternità anche se c’è l’interruzione di gravidanza dopo il 180° giorno perché a livello medico ciò è equiparato ad un parto. Tutela contro la tubercolosi La tutela contro la tubercolosi è un’assicurazione sociale obbligatoria dal 1927, durante il periodo fascista, perché era considerata una malattia endemica (soprattutto nel Sud Italia), ossia una malattia molto diffusa. Dagli anni ’60 questa malattia non è più diffusa come prima perché: sono migliorate le condizioni igienico – sanitarie c’è stato un notevole progresso nella medicina Per questi motivi non è una malattia socialmente rilevante, è anacronistica. Nonostante ciò non è stata abolita perché c’è sta una riesplosione a causa di: aumento dei casi di contagio dell’AIDS, che porta all’esposizione al rischio di contrarre la tubercolosi; aumento dell’immigrazione in Italia, soprattutto da Paesi con condizioni igienico – sanitarie precarie e ciò ha portato ad u aumento di casi di tubercolosi soprattutto a scuola e nelle carceri. Nel passato il sistema funzionava come tutte le assicurazioni sociali. Oggi, invece, questa tutela è integralmente fiscalizzata, ciò significa che è a totale carico dello Stato. Capitolo 11 - La tutela per l’invalidità e l’inabilità da rischi comuni Premessa La tutela per gli invalidi civili è una tutela assistenziale La tutela per l’invalidità e l’inabilità derivante da rischi comuni è una tutela previdenziale Nell’Ordinamento Giuridico italiano è stata prevista la necessità di stabilire i mezzi di tutela per chi dopo una lunga malattia si trovi in uno stato di bisogno per inabilità e invalidità, che provoca nel lavoratore una diminuzione della sua capacità lavorativa e una permanente incapacità del soggetto a produrre reddito. L’inabilità e l’invalidità possono derivare da rischi: comuni: eventi che non riguardano l’attività lavorativa professionali: eventi inerenti l’attività lavorativa. La tutela per l’invalidità e l’inabilità derivante da rischi comuni è garantita attraverso l’assicurazione sociale obbligatoria, riservata alla tutela della: vecchiaia invalidità superstiti Tuttavia esistono anche delle 1) gestioni speciali di quell’assicurazione per particolari categorie di lavoratori autonomi. 2) fondi autonomi per le diverse categorie di liberi professionisti, attraverso le Casse separate (es. Casse degli avvocati) Tutela assistenziale Le prestazioni di natura assistenziale sono destinate a tutti i cittadini che si trovino in uno una situazione di salubre del luogo di lavoro. Egli si assume i rischi delle attività del lavoratore anche se l’infortunio non è riconducibile direttamente sé (non c’è un nesso di causalità: causa diretta di quell’effetto). Il nesso di causalità, disciplinato dagli articoli 2043 del Codice Civile e 40 – 41 del Codice Penale, è un legame che unisce l’azione all’effetto. In riferimento al nesso di causalità giuridica si parla di : condicio sine qua non: senza una determinata condotta umana, che è causa di un evento, l’evento stesso non si sarebbe realizzato. È una condizione necessaria dell’evento. causalità adeguata La teoria del rischio è di carattere generale e introduce delle eccezioni al principio di causalità. È rivolta a situazioni in cui determinati eventi possono essere imputabili ad un individuo anche se indirettamente. Infatti, ad esempio, il datore di lavoro si assume i rischi dell’infortunio anche se sussiste la colpa del lavoratore e ciò ha dato vita alla normativa infortunistica. Esistono, tuttavia, delle eccezioni che riguardano il rischio professionale sugli infortuni che il lavoratore si è procurato con: dolo: ad es. mi taglio un dito per avere i soldi colpa grave: mi ubriaco e, pur sapendo che posso provocare incidenti, mi metto al volante. Il lavoratore è tutelato attraverso la: 1) prevenzione 2) cura 3) riabilitazione dall’infortunio subito dal lavoratore stesso sul luogo di lavoro. Storia Nel passato la tutela era concentrata su misure indennitarie: il primo provvedimento è relativo alle assicurazioni con la l. 80/1898, contro gli infortuni sul posto di lavoro. Si parla di prevenzione solo a partire dagli anni ’60, dopo la nascite della Costituzione. Leggi che disciplinano la materia 1) L.1124/65: si occupa della prevenzione dei rischi sul posto di lavoro; 2) L. 833/78: d.p.r. esecutivo del Servizio Sanitario Nazionale per la prevenzione delle malattie contratte sul posto di lavoro; 3) L. 626/94 : è il provvedimento più importante 4) Testo Unico 81/2008 Le ragioni della prevenzione Ci sono diverse ragioni per l’importanza che si dà alla prevenzione e protezione, a seguito della promulgazione della 626/94: 1) ragioni di carattere ideale: A) il favore con cui il legislatore guarda alla tutela dalle malattie ed eventi conseguenti all’attività lavorativa dipende dal fatto che: (a) il nostro Ordinamento Costituzionale tutela il lavoro in base ai principi fondamentali della Costituzionale; (b)hanno un carattere sociale: infatti l’infortunio derivante da attività lavorativa è guardato con maggiore attenzione rispetto agli altri tipi di infortunio; (c) non c’è una violazione o contraddizione col principio di uguaglianza dell’art. 3 della Costituzione, sia nel I che nel II comma, perché tutte le situazioni uguali devono essere trattate allo stesso modo e le situazioni diverse (lavoratori) devono essere disciplinate in modo diverso. B) c’è la necessità di dare attuazione al principio di uguaglianza. Esistono diverse attività lavorative a cui corrisponde un diverso rischio di infortunio e si crea una disparità tra soggetti in virtù del lavoro che svolgono. Il legislatore cerca di ridurre questa disparità nel momento della prevenzione. Infatti le misure di prevenzione permettono di ridurre il maggior rischio di determinante categorie in modo da ridurre la disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 della Costituzione. 2) ragioni di carattere economico A) ridurre i costi del Servizio Sanitario Nazionale e di conseguenza ciò comporta una riduzione della spesa pubblica; B) riducendo il numero di infortuni si riducono le prestazioni dovute dall’INPS per gli infortuni. Ruolo della prevenzione La prevenzione è una modalità di funzionamento dell’assicurazione sociale contro gli infortuni e le malattie professionali. Il datore di lavoro è obbligato a versare i contributi assicurativi all’INAIL per la tutela del lavoratore. Questo sistema ha una funzione preventiva: i contributi variano a seconda del maggiore o minore rischio di malattie professionali e infortuni conseguenti allo svolgimento di determinate attività lavorative. Il datore di lavoro adottando maggiori misure preventive diminuisce il rischio professionale e diminuiscono i contributi versati dallo stesso. Il rischio, però, deve diminuire per tutta la categoria dell’attività lavorativa e non per la singola impresa, per poter ridurre i contributi. Il rischio è calcolato a livello statistico. Le misure indennitarie e la fase di riabilitazione e cura hanno avuto un diverso sviluppo nella storia: mentre la cura e la riabilitazione sono state sempre affidate alle strutture sanitarie, il rapporto tra misure indennitarie e misure di prevenzione è stato squilibrato, a favore delle prime, finché si è sviluppato una legislazione prevenzionistica, e al controllo della sua applicazione sono stati chiamati anche i sindacati dei lavoratori. Danno biologico Se nel passato le misure indennitarie erano rivolte solo alla tutela del danno patrimoniale, successivamente ci sono state delle modifiche: è stato istituito l'indennizzo del danno biologico8, indipendentemente dalle conseguenze del danno patrimoniale. L’indennizzo biologico si differenzia dal risarcimento per danno biologico perché: 1) indennizzo del danno biologico è erogato dall’INAIL: A) Il quantitativo è pari ad un ammontare minore rispetto al risarcimento; B) La predeterminazione del danno è fatta a priori, attraverso delle tabelle che stabiliscono la somma da versare; C) non si ricollega alla nozione di danno ingiusto. Es. esproprio per strade statali: si ha diritto ad un indennizzo e non ad un risarcimento perché è un danno giustificato dall’interesse pubblico. 2) risarcimento per danno biologico A) Il quantitativo è pari ad un ammontare maggiore rispetto all’indennizzo; B) Non esiste una predeterminazione del danno a priori: se un soggetto dimostra di aver subito un danno più grave avrà un risarcimento maggiore. C) si ricollega alla nozione di danno ingiusto. Ad es. a seguito di un investimento da parte di un automobilista si ha diritto ad un risarcimento e non ad un indennizzo perché non esiste una giustificazione di pubblica utilità. 8 Il danno biologico è considerato come una lesione all’integrità psicofisica dell’individuo in sé e per sé considerata Infortunio Per quanto riguarda l’infortunio si ha diritto ad un indennizzo perché si è voluti arrivare ad una soluzione transattiva: il datore di lavoro risponde anche per ragioni di colpa del lavoratore, ma in modo minore perché c’è l’indennizzo e non il risarcimento. Esistono delle ragioni superiori economiche che giustificano la tutela contro l’infortunio, come disciplinato dagli articoli 41 e 42 della Costituzione, ossia la necessità di svolgere le attività produttive a livello nazionale. Nel Codice Civile gli articoli coinvolti in questo ambito sono: art. 2043: regole per la responsabilità art. 2087: risarcimento da danno biologico se il datore di lavoro ha agito con colpa o dolo e riesco a dimostrarlo e danno differenziale (danno ulteriore). STORIA DELLE NORME PER LA SICUREZZA SUL POSTO DI LAVORO 1) L. 80/1898 a) Istituisce l’assicurazione sociale obbligatoria contro gli infortuni sul posto di lavoro limitato all’industria. b) È il primo provvedimento normativo previsto dall’ordinamento italiano: I) 1917, periodo giolittiano: estensione al settore agricolo, oltre all’industria II) 1929, periodo fascista: estensione anche alle malattie professionali, oltre che agli infortuni sul luogo di lavoro, concretamente operativa solo dal 1934 2) D.p.r. 1124/1965 3) L. 626/94 che regolamenta gli obblighi del datore di lavoro contro gli infortuni sul lavoro 4) D. lgs. 38/2000 che ha ripreso, riscritto e aggiornato il d.p.r. 1124/1965 sulle regole per l’indennizzo. 5) Testo Unico 81/2008 che riprende la 626/94 Le disposizioni che hanno avuto maggior successo nella tutela del lavoratore sono state il d.lgs. 38/2000 e il T.U. 81/2008 perché nel settore della tutela contro le malattie professionali a) Non ci sono contraddizioni come nel settore della tutela della vecchiaia e della salute; b) Non ‘è contraddittorietà: il corpus normativo del settore antinfortunistico è rimasto invariato. Infatti il d.lgs. 38/2000 riprende e amplia le norme prevista nella 1124/65, prevedendo: I) indennizzo per danno biologico II) infortunio in itinere. 25/11/2008 L’esonero della responsabilità civile del datore di lavoro L’esonero della responsabilità civile del datore di lavoro è valido per quella parte per cui il datore di lavoro ha ottenuto l’indennizzo (es. se ha ottenuto 1000 di indennizzo non posso chiedere risarcimento) e si riferisce alla parte per cui ha ricevuto già un indennizzo. Invece, non vale se il danno successivo è conseguenza di un reato posto in essere dal datore di lavoro. Affinché un soggetto sia responsabile personalmente occorre che ci sia: Responsabilità Sfumature responsabilità Intenzione e responsabilità Dolo diretto: ossia l’intenzione di arrecare l’evento che ha provocato Dolo eventuale: il soggetto agisce prevedendo che quel suo comportamento provocherà quell’effetto e, Responsabilità secondo infortuni che redige delle statistiche periodiche. Le caratteristiche del sistema tabellare sono: se il lavoratore rientra in quell’attività e si ammala della malattia prevista per quello categoria, deve solo dimostrare di aver svolto quella determinata attività lavorativa; il lavoratore è esonerato dall’onere della prova. Dagli anni ’70 si è parlato di un sistema misto. Le tabelle violano l’art. 3 della Cost. (principio di uguaglianza) e l’art. 2 della Cost. (diritto alla salute), per questo motivo è stato inserito il sistema misto, ossia le malattie riconducibili al lavoro anche se non si trova nella tabella, ma il lavoratore in questo caso ha l’onere della prova, c’è un aggravio, come disciplinato dall’art. 2667 del Codice Civile. Procedure In caso di infortuni o malattie professionali per ottenere le prestazioni: il soggetto lavoratore, quando subisce l’infortunio (nello stesso momento in cui lo subisce) o la malattia professionale (entro 15 giorni dal suo manifestarsi), deve comunicarlo tempestivamente al datore di lavoro. Il datore di lavoro nel caso di: infortuni deve informare entro 2 giorni l’INAIL malattie professionali deve informare entro 5 giorni l’INAIL l’INAIL attiva la procedura per verificare se si tratta di infortunio o malattia e procede all’accertamento; il lavoratore fa domanda all’INAIL per avere l’indennizzo e allega una certificazione medica l’INAIL fa ulteriori accertamenti per vedere il livello di gravità, cui corrisponde un determinato livello di prestazione, che può essere: indennità a seconda della gravità della malattia o dell’infortunio, per quanto riguarda l’ammontare. Erogazione di rendita per inabilità o invalidità permanente. 01/12/2008 Capitolo 14 - La tutela della famiglia La famiglia è tutelata anche in altre forme di tutela (parentale, tutela della salute, della maternità, della genitorialità). Sebbene la famiglia, non sia espressamente nominata, è tutelata dall’art. 38, nel I e II comma, della Costituzione, tra gli eventi protetti e bisogna fare una distinzione tra i mezzi adeguati delle esigenze del nucleo familiare. Esiste una distinzione tra l’art. 38 e 36, e in particolare l’art. 38 deve essere interpretato in base all’art. 36 della Cost. all’art. 29 della Cost. all’art. 30 della Cost. La famiglia è tutelata dalla Costituzione, quando essa sia fondata sul matrimonio (famiglia legittima), alla quale si ricollega la tutela previdenziale (art. 38); i genitori o gli ascendenti non sono in grado di provvedere è lo Stato che interviene (art. 30) garantisce la funzione della donna attraverso la tutela della maternità (art. 31). La famiglia è uno degli istituti più importanti disciplinati dal Codice Civile. La Costituzione mette in evidenza il suo intervento nello stato di bisogno, la famiglia quindi è tutelata in base all’art. 147 (obbligo di educare e istruire la prole) e all’art. 315 (i figli devono contribuire all’interno della famiglia, devono dare un contributo finanziario nel limite delle loro possibilità). Per cui i diritti e doveri nel diritto di famiglia sono una sorta di autoprotezione, per i doveri che si impongono ai membri della famiglia di intervenire in caso di bisogno (a seconda dei gradi ). Se le persone individuate non provvedono al mantenimento si procede a livello penale per mancato assegno di mantenimento. Si procede difficilmente in riferimento al figlio. L’istituto degli alimenti è previsto nel momento in cui un soggetto non ha i mezzi necessari per sopravvivere, legittimando l’intervento di altri soggetti (coniuge, figli, discendenti, genitori, ascendenti, fratelli in ultimo). 1) Parentela: rapporto di sangue che unisce due o più persone nate in linea retta (discende direttamente da una persona: es. padre – figlio) linea collaterale: le persone non discendono l’una dall’altra, ma due o più persone hanno in comune uno stipite (es. fratelli) 2) Affinità: legame che esiste tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge. 3) Grado: si calcola per quanto riguarda la parentela in linea retta si contano le persone interessate e si sottrae uno o la prima (fratello è parente di 2° grado) per quanto riguarda il grado in linea collaterale si parte dalla persona che vuole calcolare la parentela (il cugino è un parente di 4° grado) Nonno 3° grado Padre 2°grado Padre 4° grado Cugino (interessato) 1°grado Cugino Forme previdenziali indennitarie Le principali sono l’Assegno per il nucleo familiare e la tutela dei superstiti, ma esistono anche altre forme (ad es. subentrare nel TFR del deceduto). Assegno familiare Si chiama così dopo la legge di Riforma 153/1988. 1) Nasce con il primo provvedimento che parlava di assegni familiari, che è del 1934 e prevedeva assegni familiari per il capofamiglia, come integrazione salariale (nati dalle contrattazioni collettive). Questi assegni familiari erano previsti nel settore privato e poi anche in quello pubblico ed erano degli “aggiunti di famiglia”. Il requisito per avere questo assegno era “vivenza a carico”, ossia bisognava vivere nel nucleo familiare e non avere reddito. 2) Dopo il 1988 si parla di assegno per il nucleo familiare in favore non del singolo soggetto ma del nucleo familiare, considerato nel suo complesso. L’importo varia a seconda del numero del nucleo familiare e del reddito complessivo di tutti i componenti del nucleo familiare. L’assegno è unico ed è erogato a seconda di : del numero dei componenti del nucleo familiare del reddito complessivo della famiglia. Viene erogato dall’INPS e il finanziamento grava sul datore di lavoro. Prestazione a favore dei superstiti Si prevede l’intervento dello Stato quando viene a mancare il soggetto che provvede alla famiglia, ossia muore il produttore di reddito. In questo caso si ha diritto a: pensione di reversibilità: è quella che viene erogata ai superstiti in caso di morte dell’avente diritto (se legato al reddito). pensione indiretta: è quella che viene erogata ai superstiti quando muore un soggetto che non è titolare di pensione, ma svolge attività lavorative, è necessario allora che abbia maturato i requisiti minimi per ricevere la pensione. 02/12/2008 Capitolo 15 - La previdenza complementare 1. Il ruolo “strutturale” della previdenza complementare e le sue giustificazioni Il legislatore, in occasione delle riforme pensionistiche degli anni ’90, ha creato il secondo “pilastro”, accanto a quello costituito dalla previdenza di base, nella logica dell'art.38 comma 2 della Cost., per regolamentare le forme di previdenza integrativa o complementare, che avevano avuto modo di diffondersi nelle forme più diverse. I pilastri del sistema previdenziale sono: 1) Il primo quello di base, offerto obbligatoriamente e automaticamente a favore dei lavoratori, attraverso il versamento di contributi. 2) Il secondo è quello complementare, che a seconda dei fondi, chiusi o aperti, sono rivolti a categorie di lavoratori. 3) Il terzo pilastro è quello dei contratti collettivi sulla vita sulla base di assicurazioni individuali. “Istituzionalizzazione” dei fondi pensione Le Riforme che hanno istituzionalizzato i fondi pensione sono: 1) D. lgs. 124/1993 entrato in vigore il 29/04/1993 2) D. lgs. 252/2005 entrato in vigore il 01/01/2007 Tale scelta risponde alla tendenza di affidare le politiche sociali di welfare state, non solo ad iniziative e strutture pubbliche, ma anche a responsabilità di soggetti collettivi privati. Previdenza complementare e “federalismo” A seguito della riforma costituzionale del titolo V della seconda parte della Costituzione, in particolare in riferimento all’art.117, è stata ripartita tra le Regioni e lo Stato la competenza della Previdenza: Lo Stato ha una competenza legislativa esclusiva in materia di previdenza di base; Le Regioni hanno una competenza legislativa concorrente in materia di previdenza complementare. I fondi del 2° pilastro possono essere: 1) Chiusi: rivolti a determinate categorie di lavoratori individuati da chi ha istituito il fondo; 2) Aperti: poiché esiste la libertà di aderire al fondo pensione, i soggetti sono liberi di uscirne quando vogliono e sono rivolti ai LAVORATORI AUTONOMI. Per i LAVORATORI SUBORDINATI esistono solo i fondi aperti e per loro sono istituiti: 1) Fondi a contribuzione definita: in essi i lavoratori sanno già la contribuzione da versare al fondo, essa viene stabilita da un contratto collettivo, tuttavia non si può sapere la prestazione che si realizzerà alla fine a seconda di come incide l’andamento del mercato o a seconda di quanti contributi ho versato. 2) Fondi a prestazione definita: si ha nel caso in cui il soggetto che aderisce al fondo non sa quanto versare, ma sa già qual è la prestazione finale. La contribuzione del lavoratore sarà adeguata all’andamento del mercato. Questa divisione risente delle Riforme della Previdenza attuali. Finanziamento Il finanziamento dei fondi complementari è privato, quindi si aderisce volontariamente. Tali fondi sono sostenuti da tutti i soggetti che sono beneficiari della Previdenza complementare. Si distinguono due periodi: 1) antecedente all’entrata in vigore del D. lgs. n.124/1993 entrato in vigore il 28/04/1993, durante il quale il fondo era adeguato in base alla retribuzione del lavoratore. 2) nella fase successiva all’entrata in vigore del D. lgs. n.124/1993 entrato in vigore il 28/04/1993 è stata prevista un ulteriore forma di scelta per finanziare il fondo della propria pensione attraverso la deduzione di una parte delle finanze relative al TFR o una somma della retribuzione (come prima) dopo il 2005. Con il DPR 252/2005, entrato in vigore nel 2007 si stabilisce che, nel caso in cui un lavoratore aderisce ad un fondo pensione, deve aderire versando una somma di denaro che è accantonata per il TFR MATURANDO (le somme accantonate precedentemente sono utilizzate per il TFR, quelle successive per il fondo pensione). Questa è una disciplina transitoria per chi è stato assunto prima del 1993: i lavoratori possono non aderire oppure se aderiscono possono destinare parte o tutto il TFR nel fondo pensione. maggior numero di lavoratori oppure si aderisce ai fondi pensione INPS. 09/12/2008 1. I soggetti destinatari Teoricamente le forme di previdenza complementare sono accessibili a tutti i lavoratori, purché già destinatari di un regime previdenziale obbligatorio di base. Ai sensi della vigente legislazione i regimi di previdenza complementare continuano ad essere ad adesione volontaria e necessitano di risorse finanziarie aggiuntive rispetto a quelle di base. In conseguenza di ciò, a tali risorse possono avere accesso solo i lavoratori che appartengono alle categorie economicamente più forti. I soggetti beneficiari delle prestazioni di previdenza complementare sono i soggetti su cui grava il finanziamento dei fondi stessi. 2. Il regime finanziario: la contribuzione e il conferimento del trattamento di fine rapporto Il finanziamento dei fondi pensione grava sui destinatari, nonché sui datori di lavoro oppure sul committente, per i lavoratori autonomi o parasubordinati. La contribuzione 1) Per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti e i soci lavoratori, il contributo è definito in percentuale: Del reddito dichiarato ai fini dell’IRPEF Degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori. Per i dipendenti pubblici i contributi devono essere definiti in sede di determinazione del relativo trattamento economico. Per i lavoratori subordinati del settore privato, già attivi, il contributo complessivo deve essere una percentuale della retribuzione, che è assunta come base del TFR. Il conferimento del TFR Questi fondi pensione privati possono essere finanziati attraverso l’accantonamento annuale del TFR (trattamento fine rapporto). Le ragioni di questa scelta sono di vario genere: 1) L’ingente quantità di risorse finanziarie aggiuntive (o “massa critica”), indispensabile per un effettivo decollo del sistema di previdenza complementare, può essere raccolta solo attraverso questi accantonamenti periodici. 2) È una forma di impiego che dovrebbe essere vantaggiosa sia per i singoli contribuenti che per la collettività nel suo insieme. Infatti il passaggio (totale o parziale) degli accantonamenti periodici del TFR ai fondi pensione dovrebbe garantire ai lavoratori un rendimento della corrispondente quota di retribuzione differita maggiore di quello garantito dal TFR. Inoltre se queste risorse sono opportunamente investite aumentano le occasioni di sviluppo delle attività produttive e, quindi, dell’occupazione, recando maggiori benefici per la comunità. Il TFR è finanziato secondo una retribuzione differita: la somma che il datore di lavoro è obbligato a concedere al lavoratore alla cessazione della sua attività lavorativa (liquidazione, buonuscita), è ottenuta accantonando somme di denaro ogni mese. 1) Prima del D. Lgs. 124/93 la percentuale detratta dalla retribuzione era destinata al fondo pensione obbligatorio. 2) Dopo il 1993 il datore di lavoro ebbe la possibilità di destinare parte di quella somma o tutta la somma al TFR al fondo pensione indicato dal lavoratore, su richiesta dello stesso al datore di lavoro. 3) Dopo la Riforma del 2005, i lavoratori sono obbligati a versare queste somme integralmente (tutta la somma) al TFR maturando, per il finanziamento della previdenza complementare. L’unica eccezione è per i lavoratori assunti prima del 1993 che possono ancora scegliere se versare tutto o parte del proprio TFR per finanziare la previdenza complementare. Il TFR maturando è formato da tutte le somme che servivano a finanziare il TFR: se aderisco al fondo pensione, le somme versate al TFR saranno tutte trasferite al fondo pensione da me scelto. Il TFR maturando riguarda il futuro e quindi non ha efficacia retroattiva. Il Fondo TFR gestito dall’INPS Per quanto riguarda la disciplina del TFR si è stabilito che le imprese “maggiori”, ossia quelle con almeno 50 dipendenti, sono tenute , a decorrere dal 1° gennaio 2007, al versamento ad apposito Fondo (il Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei TFR), istituito presso l’INPS per conto dello Stato (l. 296/2006 o “finanziaria 2007”) degli accantonamenti maturandi del TFR. Per i lavoratori di prima assunzione (cioè assunti dopo il 28/04/1993, data di entrata in vigore del d. lgs. 124/93), il legislatore aveva previsto che il TFR dovesse essere integralmente destinato al fondo pensione, salva l’aggiunta a carico di entrambe le parti del rapporto e salva una parziale e temporanea attenuazione di tale obbligo per le aziende con più di 25 dipendenti. Per le imprese coinvolte da questa nuova disciplina sono previste delle misure compensative, rappresentate da agevolazioni sul piano della disciplina contributiva. Dal momento in cui questo fondo sarà concretamente operativo, la liquidazione del TFR sarà effettuato pro quota dal datore di lavoro e dal Fondo stesso, sulla base di un’unica domanda. Intanto le risorse del Fondo potranno essere usate per il finanziamento di interventi di carattere sociale (edilizia, ristrutturazione di imprese in crisi..). Inoltre, sul versante della Previdenza complementare si è stabilito (d. lgs. 252/2005, integrato dalla l. 296/2006) di completare il passaggio, già avviato, degli accantonamenti del TFR ai fondi pensione. Conferimento espresso e conferimento tacito Si è fissata al 30 giugno 2007 la data ultima per la scelta, da parte dei lavoratori che non l’avessero ancora compiuta, del fondo pensione cui destinare concretamente i periodici accantonamenti. Questa scelta può essere espressa o tacita. Nell’eventualità della mancanza di una indicazione esplicita, infatti, è prevista la destinazione di questi accantonamenti verso la forma pensionistica collettiva prevista dai contratti collettivi. Nell’eventualità che più forme pensionistiche dello stesso tipo concorrano insieme, la scelta ricadrà su quella a cui abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. RICAPITOLANDO: Il consenso di adesione al fondo pensione (possibilità di scelta) può essere fatto con: 1) modalità esplicita: la volontà esplicita attraverso moduli che invia al datore di lavoro per aderire al fondo pensione (dichiarazione di assenso o dissenso) 2) modalità implicita o tacita (placida): si applica il principio del silenzio assenso, ossia se non dichiara esplicitamente ciò che vuole entro 6 mesi, il lavoratore è come se avesse acconsentito. Il termine comincia a decorrere a seconda di varie situazioni: se il lavoratore aveva una posizione previdenziale già stabilita (versamento di contributi) entro il 31/12/2006, il termine di decorrenza è entro 6 mesi dall’entrata in vigore della l. 296/2006, ossia dal 01/01/2007 al 30/06/2007; se il lavoratore svolgeva un’attività lavorativa dopo il 31/12/2006, il termine decorre da quando il lavoratore è stato assunto. Se il soggetto non manifesta la propria volontà si applica il meccanismo del silenzio assenso, ossia il soggetto è considerato come se avesse aderito automaticamente al fondo pensione e non al TFR. Esistono diverse possibilità di scelta per i fondi pensione: 1) fondo per categorie 2) fondo aziendale 3) insieme di fondi Ruolo del contributo di solidarietà L’assetto finanziario della previdenza complementare è caratterizzato anche dall’incidenza della contribuzione di solidarietà. Prima che la materia fosse regolamentata con legge, si è a lungo dibattuto sull’imponibilità della relativa contribuzione in base alla l. 153/1969. La Corte Costituzionale ha riconosciuto l’illegittimità della pratica del “contributo sul contributo” ed è stata dichiarata la non imponibilità delle somme dovute ai fondi di previdenza integrativa. Pur riconoscendo che la previdenza privata integrativa debba essere incoraggiata, anche per uniformarsi ad una direttiva della Comunità Economica Europea, si è affermato che sarebbe contrario al principio di solidarietà il fatto che il finanziamento della previdenza complementare, sia interamente esentato da contribuzioni alla previdenza pubblica. Accogliendo una sentenza della Corte Costituzionale del 1991, il legislatore ha contemporaneamente: Escluso dalla base imponibile per la contribuzione obbligatoria le somme versate per prestazioni di previdenza complementare; Istituito un contributo di solidarietà ad esclusivo carico dei datori di lavoro, nella misura del 10%, in favore delle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori. Questa forma di contribuzione è rimasta inalterata anche a seguito del passaggio dal campo della retribuzione (retribuzione differita con funzione previdenziale) a quello della contribuzione. Tuttavia sembra che il legislatore abbai voluto configurare un tipo di vincolo solidaristico chiuso all’interno della categoria, con una valenza molto contenuta ed ambigua. Infatti ha ribadito che il contributo di solidarietà è destinato alle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori interessati dalla forma di previdenza complementare. Insolvenza del datore e Fondo di garanzia La legge accorda una (parziale) tutela all’iscritto al fondo di previdenza complementare, nel caso in cui, a seguito dell’omesso o parziale versamento dei contributi dal datore di lavoro, non possa conseguire la prestazione pensionistica. L’apposito Fondo di garanzia costituito presso l’INPS provvede, in caso di insolvenza del datore di lavoro, ad integrare presso la gestione interessata i contributi omessi. Al finanziamento di questo Fondo si concorre con una quota del contributo di solidarietà. 4. Fonti e struttura dei fondi pensione Forme collettive Le forme pensionistiche complementari collettive (o forme negoziali) operano secondo criteri di corrispettività e in base al principio della capitalizzazione. Il programma pensionistico può essere a prestazione definita o a contribuzione definita. Fondi chiusi a contribuzione definita Il Fondo a contribuzione definita è quello in cui l’importo della prestazione pensionistica finale non è predeterminato, ma dipende dai risultati di gestione delle risorse, accantonate col passare del tempo attraverso una contribuzione periodica, che è predeterminata. Questo è il sistema che si applica alla previdenza complementare dei lavoratori subordinati. Fondi chiusi a prestazione definita Ai lavoratori autonomi è consentito scegliere, in alternativa, il fondo a prestazione definita, ossia il fondo in cui è stato stabilito a priori il risultato al quale si vuole pervenire. In tal caso occorre un periodico adeguamento della contribuzione, sulla base del variare della situazione economica generale e dei conseguenti rendimenti degli investimenti di capitale. Questa scelta non è consentita ai lavoratori subordinati a causa della variabilità degli apporti contributivi che esso presuppone e che mal si adatterebbe a soggetti che ricavano dalla propria attività un reddito fisso. Libertà di adesione e di scelta Il sistema è retto dal principio della libertà individuale di adesione. Ciò non vuol dire anche libertà di scelta: per esempio non vi è libertà di recesso e non si può mutare il fondo, cioè trasferirsi da un fondo ad un altro. La libertà di adesione del lavoratore riguarda la possibilità dello stesso di scegliere: I Fondi chiusi, che non sono aperti a tutti ma limitati. Fondi aziendali, ossia fondi pensioni che possono essere costituiti su base aziendale; Fondi categoriali, ossia fondi pensione che possono essere costituiti per categoria o per professione. I Fondi aperti Fondi aperti I fondi aperti sono dei fondi pensione cui possono aderire tutti i lavoratori, senza vincoli di appartenenza aziendale, categoriale o professionale. Fondi di questo genere sono istituiti su iniziativa degli intermediari finanziari espressamente indicati dalla legge. Forme pensionistiche individuali: il 3° pilastro Nella logica di parificazione di forme sindacali e forme commerciali, il legislatore ammette anche forme pensionistiche individuali, da realizzare in alternativa all’adesione ad un fondo aperto, con la stipula di un contratto di assicurazione sulla vita con impresa di assicurazione autorizzata. A queste forme, che costituiscono il 3° pilastro, può accedere chiunque. Il finanziamento si attua mediante contribuzione, definita in importo fisso all’atto dell’adesione, ma suscettibile di essere variato successivamente o con altre modalità. Fondi territoriali Sono Fondi pensione istituiti o promossi dalle Regioni e, in quanto territoriali, sono fondi intercategoriali, che, per esempio, possono interferire con un fondo di previdenza complementare categoriale. Fonti istitutive Sono denominate fonti istitutive i soggetti che provvedono alla costituzione o promozione del fondo e alla sua regolamentazione; i testi normativi (statuti e regolamenti) che disciplinano ciascun fondo pensione. Queste fonti devono stabilire le modalità di partecipazione degli interessati al fondo, nonché le caratteristiche e la disciplina del fondo stesso. Le garanzie per gli iscritti La legge, in base al d. lgs. 252/2005 esclude la possibilità che i fondi pensione si costituiscano nella forma del patrimonio interno aziendale o patrimonio di destinazione. Questi fondi si possono costituire solo nella forma dell’associazione non riconosciuta oppure nella forma del soggetto con personalità giuridica, per evitare che un’eventuale fallimento dell’impresa possa avere delle ripercussioni sul patrimonio del fondo pensione. La presenza e il controllo degli interessati sono assicurati attraverso la partecipazione paritetica dei rappresentanti dei lavoratori e dei rappresentanti dei datori di lavoro, agli organi di amministrazione. 5. La gestione dei fondi Per garantire una corretta gestione dei fondi, la legge vieta la gestione diretta ed impone una gestione dei fondi ad organismi specializzati, come: Le società di intermediazione mobiliare Le società di gestione di fondi comuni di investimento Le assicurazioni In questo modo si può avere o una gestione finanziaria o una gestione assicurativa, a seconda che l’intermediario sia un operatore finanziario o un’assicurazione. Autonomia del patrimonio A garanzia della solvibilità del fondo e, di conseguenza, a garanzia degli iscritti, i valori affidati al gestore formano un patrimonio separato e autonomo, affinché siano sottratti all’azione esecutiva individuale dei creditori personali del gestore. Banca depositaria Affinché tale principio di separazione abbia effettività, le risorse finanziarie dei fondi devono essere depositate presso una banca depositaria, distinta da quella del gestore. Questa banca è obbligata ad eseguire le istruzioni del gestore, previa verifica che non siano contrarie alla legge, allo statuto del fondo e ai criteri di investimento. 6. L’organizzazione amministrativa: ruolo attuale della Commissione di vigilanza e prospettive di riforma L’esercizio dei fondi pensione è subordinato alla preventiva autorizzazione di un’apposita Commissione, costituita presso il Ministero del lavoro. Questa Commissione è denominata COVIP (Commissione di VIgilanza sui fondi Pensione). Autorizzazione Questa autorizzazione è concessa solo se i fondi si costituiscono come associazioni non riconosciute o come soggetti con personalità giuridica, mentre è espressamente esclusa la possibilità di autorizzare all’esercizio nuovi fondi aziendali nella forma del patrimonio interno al complessivo patrimonio aziendale. La preventiva autorizzazione riguarda anche i fondi aperti. Potestà regolamentare A questa Commissione spetta anche il potere di vigilanza sulla correttezza dell’operare dei fondi. Questo potere è stato anche attribuito al personale ispettivo delle Direzioni del lavoro. La “portabilità” Quando vengono meno le condizioni di partecipazione alla forma pensionistica complementare, al lavoratore deve essere garantita la libera circolazione nell’ambito dei vari fondi: gli deve essere consentito di optare per il trasferimento della propria posizione ad altro fondo o per il riscatto della posizione individuale. Si tratta della c.d. portabilità, ossia della libertà di scelta. Riscatto Il riscatto è rappresentato dal recupero dell’intera contribuzione, compresa quella a carico del datore, incrementata secondo il tasso tecnico di rendimento del fondo stesso. In caso di morte la posizione individuale del lavoratore può essere riscattata dal coniuge, dai figli o dai genitori. In mancanza di tali soggetti, la posizione resta acquisita al fondo pensione. Trasferimento Il trasferimento può essere: Verticale, se il trasferimento dell’intera posizione individuale è diretta verso fondi negoziali o aperti; Orizzontale, se il trasferimento dell’intera posizione individuale avviene tra forme previdenziali dello stesso genere. Il trasferimento è possibile purché siano trascorsi almeno 2 anni dall’iscrizione. Ai sensi del d. lgs. 252/2005, gli statuti e i regolamenti non possono contenere clausole che risultino limitative del diritto alla portabilità dell’intera posizione individuale. Tuttavia, in modo ambiguo, si precisa che il diritto di versare il TFR alle forme pensionistiche scelte può essere esercitato dal lavoratore nei limiti e secondo le modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi, anche aziendali. Sembrerebbe rientrare la possibilità di introdurre delle limitazioni alla portabilità, non consentite ab origine. 10. Svolgimenti e scioglimento del fondo Nell’eventualità di vicende del fondo pensione che possono incidere sull’equilibrio del fondo stesso, gli organi responsabili devono subito comunicare la situazione al COVIP, affinché possa assumere i necessari provvedimenti alla salvaguardia dell’equilibrio del fondo pensione stesso. Vicende relative agli iscritti o anche al datore di lavoro possono condurre allo scioglimento del fondo. In questo caso si provvede alla intestazione diretta della copertura assicurativa per i destinatari delle prestazioni pensionistiche; per gli altri, invece, si provvede o con il trasferimento ad altro fondo o con il riscatto della posizione individuale. Nel caso di fondi aziendali costituiti come patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, la cessazione dell’attività di impresa o la sottoposizione del datore di lavoro a procedura concorsuale, determina l’intervento di un commissario straordinario nominato, su proposta del COVIP, dal Ministero del lavoro. Il commissario avvia la procedura di scioglimento del fondo. 11. Le prospettive di ulteriori evoluzioni Per effetto dei più recenti interventi legislativi, d. lgs. 252/2005 (integrato dalla l. 269/2006), la previdenza complementare appare definitivamente avviata. Il dilemma dell’obbligatorietà Tuttavia sull’esito effettivo delle recenti innovazioni continua a pesare l’ipoteca della facoltatività. Il ruolo sociale della previdenza complementare può effettivamente e pienamente realizzarsi, finché tale forma di tutela resterà non obbligatoria, quindi priva del carattere di universalità. Previdenza complementare e diritto comunitario L’esperienza di altri paesi, che hanno, optato, invece, per l’obbligatorietà, può fornire un utile punto di riferimento. Allo stesso modo un motivo di riflessione può scaturire dall’orientamento espresso dalla Corte di giustizia europea, che, in relazione alle regole comunitarie, ha ritenuto la legittimità dei fondi pensione resi obbligatori dall’autorità amministrativa. Si è ormai convinti che il vigente sistema a ripartizione sia giunto al livello massimo di resistenza, perciò la sua conversione in un sistema misto, basato cioè in parte sulla ripartizione (previdenza di base) e in parte sulla capitalizzazione (previdenza complementare), non può essere realizzato se non rendendo obbligatorio, affinché abbia un carattere universale, la previdenza complementare. Il deficit di solidarietà o di redistribuzione della ricchezza, dovrebbe essere compensata nell’ambito dei regimi previdenziali di base. Il problema della esportabilità della previdenza complementare I principi espressi dall’ordinamento comunitario impongono di fare in modo che la diffusione delle forme di previdenza complementare non si risolva in ritardo rispetto alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dei paesi membri della Comunità. Appare perciò giustificato, perciò, l’adozione di misure atte a garantire il mantenimento dei requisiti per il diritto alla pensione per gli iscritti ad un regime pensionistico complementare, nei confronti dei quali, a causa dello spostamento da uno stato ad un altro, non siano più versati i relativi contributi. La possibilità di impiego “mirato” delle risorse Aspetto assai critico è quello relativo alla praticabilità di una politica di “indirizzo” degli impieghi delle risorse finanziarie raccolte tramite i fondi pensione. È auspicato un parziale recupero, attraverso adeguati criteri di indirizzo per l’utile impiego delle risorse raccolte collettivamente, del principio solidaristico (fondi territoriali). Bilanciamento tra “mercato” e “solidarietà” Non si può trascurare il fatto che ogni vincolo di impiego delle risorse in questione, implicando una resistenza alle regole del libero mercato, può risolversi in una minore redditività delle risorse stesse e, quindi, in un potenziale freno al decollo e alla diffusione dei fondi pensione. Gli interventi più recenti del legislatore, d. lgs. 252/2005 e l. 296/2006, sembrano prospettare la possibilità di una sorta di saggio di bilanciamento dei due contrapposti valori, parimenti meritevoli, che si contendono il campo: quello del mercato e quello della solidarietà. È significativo, comunque, il fatto che sia l’affidamento della gestione di parte degli accantonamenti del TFR al sistema pubblico, sia l’imposizione di modalità, anche tacite, di conferimento della restante parte di questi accantonamenti alle forme di previdenza complementare, risultano scelte che “oggettivamente” appaiono evocare la conversione della previdenza complementare in una forma di tutela sociale obbligatoria. Capitolo 13 - La tutela per la vecchiaia La vecchiaia è considerato un evento protetto perché il soggetto, che raggiunge questa fase della sua vita, si pensa abbia una riduzione dell’energia lavorativa e una riduzione potenziale della propria capacità lavorativa. Il soggetto perciò si trova in uno stato di bisogno che legittima lo Stato ad intervenire per sollevarlo da questo stato di bisogno. La tutela per la vecchiaia è importante perché: a) è un mezzo di tutela che gestisce le risorse finanziarie più elevate rispetto agli altri; b) è una tutela oggettiva, ossia tutti i soggetti lavoratori vanno incontro alla vecchiaia ed è un evento che colpisce potenzialmente tutti. Nonostante questo stadio non giunga nello stesso momento per tutti e sebbene non produca sempre con immediatezza e con la stessa progressività i suoi effetti, per tutti i soggetti, la legge, in via convenzionale, stabilisce un’età pensionabile, concetto che comprende in sé due nozioni: anzianità di lavoro: numero di anni durante i quali il lavoratore ha svolto la propria attività lavorativa; anzianità anagrafica: età anagrafica. L’assicurazione sociale è un’assicurazione obbligatoria per la vecchiaia, l’invalidità e ai superstiti. Le prestazioni pensionistiche possono essere: pensione di anzianità, inerente l’anzianità di servizio o lavoro del lavoratore, è destinata a scomparire dopo la Riforma Dini; pensione di vecchiaia: si ottiene col raggiungimento di una determinata età anagrafica (65 anni per gli uomini, 60 anni per le donne) e col raggiungimento dell’anzianità di servizio. Riforma Amato La Riforma Amato, promulgata col D. lgs. 503/92, è stata emanata in un periodo in cui tutte le democrazie attraversavano delle crisi economiche profonde e tutti dovevano ridurre la spesa pubblica per stabilizzare il rapporto tra PIL e spesa pubblica, le cui risorse erano per la maggior parte usate per finanziare le prestazioni previdenziali. Questa Riforma ha introdotto delle novità: 1) Innalzamento dell’età pensionabile a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini. 2) Aumento dell’anzianità contributiva per avere diritto alla pensione di vecchiaia. 3) Introduzione di sistemi di indicizzazione per le prestazioni previdenziali, infatti la scala mobile è stata superata o tuttora ci si riferiva al paniere dei prezzi al consumo, calcolati in base agli indici ISTAT. Riforma Dini La Riforma Dini, promulgata con la l. 335/1995 ed entrata in vigore il 01/01/1996, ha operato una revisione del sistema pensionistico: 1) tutte le pensioni oggi si definiscono pensione di vecchiaia; 2) è cambiato il sistema di calcolo: prima della Riforma era previsto il sistema retributivo dopo la Riforma si ritorna ad un sistema già adottato negli anni ’60, ossia il sistema contributivo. La Riforma Dini del 1995 è considerata lo spartiacque tra il sistema pensionistico vecchio e quello nuovo. Chi è assunto dopo il 01/01/2006, vede l’applicazione in toto di questa riforma che prevede: 1) cambiamento del sistema di calcolo delle prestazioni previdenziali: da un sistema retributivo, calcolato sulla media delle retribuzioni del lavoratore negli ultimi 5 o 10 anni; ad un sistema contributivo, calcolato sulla base di tutti i contributi versati dai lavoratori assunti dopo il 2006, durante tutto il corso della loro attività lavorativa. 2) flessibilità dell’età pensionabile