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Guide e consigli
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Appunti diritto ecclesiastico, Dispense di Diritto Ecclesiastico

Il documento riporta gli appunti delle lezioni tenute dalla prof. Marchei, sufficienti per poter sostenere l'esame da frequentante.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 29/09/2023

Bomagiurononloso
Bomagiurononloso 🇮🇹

5

(3)

11 documenti

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Scarica Appunti diritto ecclesiastico e più Dispense in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! DIRITTO ECCLESIASTICO – LOMBARDO ALEKSANDRA lezione 27/09 - Di cosa parla il diritto ecclesiastico? Di come il legislatore regola il fenomeno religioso. Fenomeno religioso è un’espressione talmente ampia da ricomprendere anche le religioni in senso negativo (es. ateismo). - In cosa si differenzia dal diritto canonico? Il diritto ecclesiastico è un diritto statale (realtà regolata dal diritto dello Stato), mentre il diritto canonico (diritto della Chiesa) è di provenienza confessionale. Ci sono anche altri diritti confessionali, come il Diritto ebraico o il Diritto islamico… - Altra differenza del diritto ecclesiastico da altre materie è che si tratta dello Stato Italiano, tenendo conto quindi come fondamento la Carta costituzionale, e le sentenze della Corte costituzionale. Gli articoli della Costituzione dedicati sono quattro: art 7 - art 8 - art 19 - art 20. - Perché l’ordinamento italiano si occupa del fenomeno religioso? Perché la scelta religiosa, anche in segno negativo, impatta su tutti gli ambiti della vita (es. cibi che non possono essere consumati, trasfusioni di sangue, interruzione di gravidanza); quindi quando parliamo di religione parliamo della vita di tutti i giorni. Quindi quando si parla di distinzione degli ordini, ossia distinzione tra ordine spirituale e ordine temporale (principio irrinunciabile), non abbiamo risolto la maggior parte dei nostri problemi, perché la maggior parte delle materie d’interesse dello Stato possono essere d’interesse della religione. Quindi possiamo distinguere idealmente e tale distinzione deve esserci, ma nella pratica tantissime di tali questioni attendono entrambi gli ordini. - Cosa succederebbe se non se ne occupasse? Sempre la scelta del legislatore sul fenomeno religioso, è condizionata dalla storia del Paese, dalla cultura e dalle presenze religiose. E di conseguenza la legislazione è improntato su i principi delle maggioranze (es. matrimonio civile nato sull’impronta del matrimonio canonico). Di conseguenza chi ci rimetterà di più sono le minoranze, con restrizione delle loro libertà. Vi sono casi di conflitto tra i due ordinamenti (es. medico obiettore, dove Stato indica diritto della donna ad interrompere la gravidanza e religione porta medico ad obiettare), ma la maggior parte delle situazioni non si arriva ad una situazione di conflitto, dove anzi lo Stato adotta delle misure per garantire la manifestazione della propria fede religiosa. Le questioni sono molto variegate, c’è tutto un modo di istanze, richieste religiosamente orientate che possono o meno ricevere una risposta. Lezione 28/09 Modelli di relazione Stato-gruppi religiosi (in Europa) Nessuno Stato incarna un modello, non esiste un modello esaustivo e completo (modelli significa descrivere come si delinea l’ordinamento statale rispetto al fenomeno religioso, come ci si sviluppa attorno). Si parla di gruppi e non di confessioni religiose per non escludere tutta una serie di realtà che resterebbero escluse da questa seconda definizione. Gruppo dà l’idea di una religiosità vissuta da soggetti collettivi, e cioè gruppi strutturati. Resta esclusa da questi modelli la libertà religiosa individuale. Quali criteri possiamo usare per costruire una mappa dei modelli? Potenzialmente i criteri sono infiniti. 1. Il primo angolo visuale è quello dello strumento normativo che il legislatore nazionale usa per disciplinare il fenomeno religioso. Per strumento normativo si intendono le fonti a cui il legislatore fa ricorso. 1  Nel caso del fenomeno religioso il quadro delle fonti presenta un’anomalia: le c.d. fonti bilaterali e cioè accordi che coinvolgono due parti (confessione religiosa e Stato). [In Italia esistono altre fonti così prodotte, che coinvolgono cioè due parti, es. contratti collettivi, ma non si parla di fonti bilaterali perché restano relegate all’ambito del diritto interno, non hanno la pretesa di assurgere ad accordi di diritto esterno, restano gestiti interamente dagli organi dello Stato.] Nel caso degli accordi con gruppi religiosi si ha a che fare con ordinamenti originari esterni allo Stato, indi per cui si può effettivamente parlare di accordi.  Il legislatore che utilizza strumenti bilaterali dà vita a uno Stato concordatario. Il concordato è un accordo dalla natura molto precisa, con una storia antichissima risalente all’epoca medioevale. Si tratta di specifici accordi che gli Stati territoriali stringono con la Chiesa cattolica e non con altre confessioni religiose. La chiesa cattolica ha da sempre portato avanti la volontà di stipulare accordi con tutti gli ordinamenti secolari con cui si interfacciava, un’istanza di bilateralità, di parità, espressione della volontà di non sottoporsi alla legislazione unilaterale dello Stato  Gli Stati concordatari sono normalmente Stati a maggioranza cattolica. Capita comunque che questa istanza nata in relazione alla religione cattolica si estenda anche ad altri gruppi religiosi. Parlando degli accordi con altre confessioni religiose si utilizzano però altri termini, es. intese.  Altri legislatori non fanno ricorso alle fonti bilaterali e regolano il fenomeno religioso solo attraverso fonti unilaterali di produzione statale  Stato separatista. Es. legge del 1905 in Francia: legge di separazione tra Stato e confessioni religiose Spesso gli Stati separatisti sono Stati che non hanno una religione di maggioranza ma vedono la coesistenza di più gruppi ugualmente numerosi.  Stati unionisti: presentano un collegamento talmente stretto tra istituzioni secolari e confessioni religiose da rendere molto difficile chiamare tali ordinamenti separatisti, ma al tempo stesso non hanno stipulato accordi con gruppi religiosi. Es. Grecia, dove la religione greco-ortodossa è iper-diffusa. 2. Se si passa ad analizzare la sostanza delle cose la questione si complica ulteriormente. Guardando al movimento sostanziale si può distinguere tra • Stati confessionisti: Stati che mutuano da una confessione religiosa (o da più confessioni se lo Stato è pluri confessionista) i principi su cui basano la propria legislazione  peccato = reato. Lo stato confessionista riserva alla religione prevalente un trattamento di favore, per esempio la sovvenziona economicamente. Al tempo stesso rende indirettamente più difficile la vita di chi non sposa la religione della maggioranza. In Europa al giorno d’oggi non esiste uno Stato che è definibile confessionista in tutto e per tutto (fatta eccezione per Città del Vaticano). Spesso Stato confessionista, lo dichiara esplicitamente in vari strumenti normativi, anche se questo non è indispensabile (es. se c’è un concordato questa dichiarazione viene presentato in esso; oppure questa dichiarazione viene inserita nella carta costituzionale o altri strumenti normativi). • Stati laici: non mutuano valori da una confessione specifica, garantiscono la libertà religiosa, principio della pari dignità di tutte le religioni (in teoria, poi nella pratica è un altro discorso). 2 Esempi = crocifissi progressivamente tornano in tutti i luoghi pubblici come arredo obbligatorio oppure la Riforma Gentile (1923 – riforma dell’istruzione scolastica), prevedeva che la religione cattolica apostolica romana è fondamento e coronamento di tutta l’istruzione pubblica. 4/10 LA ‘RICONFESSIONALIZZAZIONE’ E IL CONCORDATO LATERANENSE Nel 1929 con i Patti lateranensi il partito fascista raggiunge il suo culmine. Il partito fascista mette in essere un processo di riavvicinamento con la Chiesa, costellato da diversi avvenimenti. Moltissime fonti che attualmente regolano il diritto ecclesiastico sono di matrice fascista: nel 1930 lo Stato fascista ha introdotto numerose leggi che regolassero tale rapporto e che rimangono ancor’oggi. Es. posizione del crocifisso nelle scuole: non è ancora chiaro se sia ancora in vigore l’obbligo di porlo, l’ultima Cassazione SSUU dice di no. Il fascismo ha avuto un ruolo determinante nella soluzione della questione romana. Il cuore della questione era che si doveva trovare una soluzione al fatto che il Pontefice fosse diventato suddito dopo la Breccia di Porta Pia (sottoposto al potere temporale). Nel processo di riconfessionalizzazione posto in essere dal fascismo Mussolini e il Papa hanno raggiunto un accordo su questa questione: Patti lateranensi (febbraio 1929). Mussolini fu salutato dal Papa come l’uomo della conciliazione mandato dalla Provvidenza. I patti lateranensi sono stati recepiti con la l.810/1929. Si parla di ‘patti’ in quanto erano diversi strumenti, non solo uno: • Trattato che regolava le questioni di ordine territoriale e patrimoniale, in gran parte tutt’ora in vigore. • Concordato che regolava gli aspetti di natura sostanziale legati all’esercizio e al riconoscimento della libertà religiosa dei cattolici in Italia, oggi non più in vigore (nel 1984 è stato sostituito da un nuovo accordo sottoscritto da Craxi). • Altri strumenti collegati: convenzione finanziaria (regolava gli aspetti finanziari), …. I Patti lateranensi avevano l’obbiettivo di raggiungere la pace religiosa in Italia e il non essere più suddito del Papa. Questi accordi raggiungono tale obbiettivo, che la Legge delle Guarentigie non era riuscita a raggiungere, in quanto i Patti lateranensi avevano le seguenti caratteristiche: • Sono un accordo bilaterale, un accordo tra pari (apicale); • Viene creato un nuovo stato, lo Stato del Vaticano per far sì che il Papa non sia più suddito (Art. 3 Trattato). Si tratta di una novità molto particolare, in quanto non è normale che gli Stati nascano tramite un trattato internazionale (Italia – Santa Sede). Lo Stato Città del Vaticano non è la Chiesa cattolica e non è la Santa sede, perché le seconde sono una confessione religiose, mentre la Città del Vaticano è uno Stato territoriale che condivide con la Chiesa cattolica il governo centrale. Si riconosce un piccolo potere temporale al Papa, limitatissimo al territorio della Città del Vaticano facendo in questo modo salvo il principio dell’alterità del potere temporale del Papa, che diventa sovrano di uno Stato. È una soluzione di natura simbolica, ma che consente di superare tutte le frizioni che fino a quel momento avevano diviso l’Italia e la Chiesa cattolica. Attraverso questo accordo, anche nei contenuti la Chiesa cattolica ottiene moltissimo. 5 All’art 1 Trattato c’è il riconoscimento del confessionismo di Stato. Le parti all’art. 1 vogliono riaffermare il contenuto dell’art. 1 dello Statuto albertino, sottolineando come il principio confessionista sia già in vigore ma lo vogliono riaffermare in quanto fino ad allora nella sostanza quel principio era stato svuotato di contenuto, era lettera morta. L’unica cosa che nell’art. 1 del Trattato viene omessa è il riferimento agli altri culti tollerati. Nello Stato liberale i culti erano tollerati e vigeva un certo principio di uguaglianza, nello Stato fascista vengono ammessi ma non si può certo parlare di principio di uguaglianza, in quanto godono di un trattamento decisamente deteriore. Questa riaffermazione comporta conseguenze importantissime nell’ambito della legislazione, anche unilaterale. All’interno del Concordato erano previsti moltissimi privilegi a favore della Chiesa cattolica: • Art. 34 Concordato: prevedeva il matrimonio concordatario, la più grande vittoria raggiunta dalla Chiesa cattolica, in quanto di fatto ottenne la rinuncia dello Stato a regolare il matrimonio stipulato dai cittadini cattolici. Si consentì al matrimonio canonico di ottenere effetti civili. Gli unici giudici che avevano giurisdizione su questi matrimoni erano giudici canonici, i giudici civili non potevano pronunciarsi sulla validità di questi matrimoni. Inoltre, le sentenze di nullità pronunciate dai giudici canonici venivano automaticamente riconosciute sul piano civile. Questo cambierà in maniera notevole con l’introduzione del divorzio negli anni ’70. • Art. 36 Concordato: regolava l’ora di religione. Dopo la riforma Gentile del 1923 che aveva detto che i principi del cattolicesimo fossero coronamento e fondamento dell’istruzione pubblica, l’inserimento dell’ora di religione era doverosa e con l’art. 36 diviene obbligatoria salvo dispensa. I genitori, qualora appartenessero a un’altra confessione religiosa, potevano fare istanza perché i figli fossero dispensati dal seguire l’ora di religione. Entrambi questi istituti – matrimonio concordatario e ora di religione – sono sopravvissuti all’introduzione della Carta costituzionale e esistono ancora oggi, ma disciplinati in maniera differente. Sul piano del diritto unilaterale, molti sostengono che si tratta di un diritto naturale che ha dato esecuzione ai patti lateranensi. Nel 1930 il legislatore fascista crea un quadro sicuramente armonico con i patti lateranensi. Sicuramente il legislatore ha introdotto numerose disposizioni rilevanti: • Legge 1159/29 sui culti ammessi, a cui ha dato esecuzione il regio decreto 289/1930: è una legge unilaterale regola la condizione giuridica in Italia dei culti ammessi oltre alla religione cattolica. È una legge di stampo giurisdizionalista, in quanto tende a controllare i culti ammessi e restringerne la libertà, sottoponendoli a un controllo amministrativo (legge liberticida). Questa legge e il regio decreto sono tutt’ora in vigore, ed è lo scandalo della nostra materia. È stata diverse volte segnalata - hanno subito negli anni degli interventi ablativi della Corte Costituzionale. Tra le norme più significative di questa legge abbiamo l’art. 1: Sono ammessi nello Stato culti diversi dalla religione cattolica apostolica e romana, purché non professino principi e non seguano riti contrari all'ordine pubblico o al buon costume. L'esercizio, anche pubblico di tali culti è libero. Quadruplice ordine di limiti: - Riti - Principi - Ordine pubblico - Buon costume 6 Tale articolo è stato ritenuto abrogato per incompatibilità con l’art. 19 della Carta costituzionale, anche se la Carta costituzionale mantiene i limiti dei riti e del buon costume. Nell’art. 19 non è previsto un controllo sui principi, in quanto lo Stato democratico non può limitare i principi e punire i pensieri, se no verrebbe meno l’art. 21 sulla libertà di pensiero. Nel Codice penale sono presenti diversi reati d’opinione, ampio dibattito. • Codice Rocco: risente dello spirito dello Stato confessionista fascista totalitario. Una parte del CP, nel tutelare il sentimento religioso, tutelava due nuovi beni giuridici specifici: - Religione dello Stato; - Culti ammessi. Prevede una tutela privilegiaria per il bene ‘religione dello Stato’. Si tratta di una differenza di tipo qualitativo, perché alcune norme tutelano solo la religione dello Stato (es. vilipendio alla religione di Stato) e di tipo quantitativo, perché le pene previste per le offese alla religione dello Stato sono più alte di 1/3 rispetto alle pene per le offese agli altri culti. Questa legislazione tende al controllo. I matrimoni tenuti dai culti ammessi, sono comunque sotto la disciplina del codice civile, previsto per i matrimoni civili – presente una differenza tra matrimonio canonico (religione dello Stato) con effetti civili e matrimonio religioso celebrato da culti diversi (culti ammessi). Le religioni erano tutelate e garantite in quanto ammesse e gradite, con situazioni di evidente privilegio nei confronti della religione cattolica e con un atteggiamento di controllo nei confronti dei culti ammessi = culti non ammessi non legittimati ad operare nell’ordinamento. Quindi non si può parlare di diritto di libertà religiosa di tutti - non c’è nessuna norma che lo preveda e la garantisca, però l’unica norma che possiamo ricordare è l’art 5 sulla legge dei culti ammessi con ‘la discussione religiosa è libera’, interpretato come diritto di proselitismo. La discussione di religiosa → tra specialisti, dotti, teologi, studiosi della materia, quindi non un diritto alla portata di tutti. Art 402 c.p. - vilipendio della religione di Stato→ interpretata in materia così estensiva da ricomprendere qualsiasi critica non fondata e non costruttiva alla religione dello Stato. Lezione 5/10 Arrivando al referendum tra Repubblica e Monarchia, 1946-1947, si tratta di un periodo importante in quanto troviamo inoltre i lavori preparatori della Carta costituzionale- che ci danno lo spirito che ha animato l’assemblea costituente nella formazione in poco tempo di una Costituzione, che anche ad oggi funziona e può considerarsi moderna. Pur partendo da idee diverse, in quanto l’assemblea costituente era formata da soggetti appartenenti a partiti politici diversi, risulta molto chiaro dove queste persone volessero arrivare e quale ordinamento volessero costruire → spirito unitario per ricostruire lo Stato. Obiettivo = creare uno Stato nuovo democratico, separato dal passato. Art 7 – 8 → le istanze erano diverse nella costruzione di questi articoli che dovevano regolare il fenomeno religioso in Italia, però ancora una volta risulta molto chiaro l’obiettivo comune. Il nuovo Stato era chiaro non dovesse essere uno Stato confessionista, liberticida (in cui non ci fosse un riconoscimento egualitario per tutti, o per lo meno dei cittadini), quindi lontano dal passato, ma bensì uno Stato democratico, che garantisse la libertà di tutti. Nessuno in quegli anni però parlava di laicità (ne nei lavori preparatori ne nella nostra carta costituzionale) – parola che verrà fuori successivamente. Si preferiva usare termini negativi come ‘non vogliamo uno Stato confessionista’ ‘non vogliamo una religione di Stato’ – che costellavano i lavori preparatori. 7 La Chiesa Cattolica ha questi elementi?  Ha il popolo (i cattolici), ma ha diverse nazionalità. È un popolo cattolico ma anche svizzero, francese, tedesco eccetera. Sui popoli cattolici incombono 2 sovranità: Chiesa e Stato in cui vivono. Quindi ce l’ha ma non proprio.  il territorio (non possiamo dire che Città del Vaticano è della Chiesa Cattolica, perché non è solo per Cattolici, che invece sono in tutto il mondo! Tant’è che per essere considerati cattolici è necessario battezzarsi). Non ha quindi un territorio.  Ha il governo. La Chiesa Cattolica è sicuramente la confessione religione più organizzata in assoluto dal punto di vista del Governo, perché possiede una struttura gerarchica molto particolare, che addirittura prevede una persona sola in tutto il mondo che abbia il governo. È un regime capillare, gerarchico, stabile. È indiscutibile che la Chiesa cattolica abbia un governo, che esercita un suo potere indipendente. ø È sicuramente indipendente. Questa indipendenza è talmente indiscussa che è stata riconosciuta anche a livello di diritto internazionale (ed è molto raro che venga riconosciuta ad uno Stato non territoriale). Per il diritto internazionale, solo la Chiesa cattolica esercita questo potere in maniera talmente indipendente da poter essere considerata soggetto di diritto internazionale; e lo è proprio in ragione del suo Governo. Quindi quando c’è accordo tra Chiesa e Stato territoriale, questo si chiama Trattato internazionale. ø Più difficile invece è parlare di sovranità, perché il concetto di sovranità è molto più specifico. Non è molto corretto parlare di sovranità, dal punto di vista giuridico, quando si fa riferimento alla Chiesa Cattolica. Motivo per il quale i costituenti non hanno solo scritto nell’art. 7 che sono “indipendenti e sovrani”, ma hanno aggiunto “ciascuno nel proprio ordine”  questo inciso è proprio quello che dà ragione alla sovranità, e spiega che quella sovranità è particolare. Cosa vuol dire “ciascuno nel proprio ordine”? Distinzione tra ordine temporale e ordine spirituale. Lo Stato si occupa del “corpo” e la Chiesa dell’anima (frase detta da studente). I problemi su cui dobbiamo riflettere sono: come definiamo questi confini? Come definiamo i contenuti? Come si decide chi decide cosa? Cioè se stiamo parlando di anime o corpo? Quindi cosa ci mettiamo dentro e chi decide? È facile capire cosa appartiene al corpo e cosa all’anima? No. Il principio di distinzione degli ordini, benché irrinunciabile, non possiamo pensare che risolva tutto, perché in realtà ci sono conflitti (la prof. ha detto che Chiesa, ad esempio, si occupa di prezzo del petrolio, che non è tanto ordine spirituale…). Lo Stato potrebbe fare una legge in cui regola la legge ai sacramenti? Beh, no. Chi è che decide? Chi è che mette l’asticella tra ordine temporale e ordine spirituale? Nell’art. 7, messo all’interno della Carta Costituzionale, quali conseguenze pratiche ha? (e rispondiamo qui a Calamandrei). È lo Stato che mette l’asticella, perché è lo Stato che decide di mettere nella Costituzione questo articolo 7. La Costituzione la scrive lo Stato, la Chiesa non c’entra niente in questa costituzione; è lo Stato che si impegna a fare qualcosa, non la Chiesa. L’unico modo per dare un contenuto pratico e sostanziale a questo comma è quello di dire che è una autolimitazione dello Stato  è lo Stato che definisce la propria competenza. Lo Stato ci sta dicendo che non si occupa della sfera religiosa. Siccome lo Stato è democratico (e potremmo aggiungere anche laico, ma ne parleremo più in là) decide lo Stato che la sfera religioso non gli interessa. Altrimenti non sarebbe più democratico, entrerebbe in una sfera che non gli compete. Lo Stato con questo articolo autolimita la sua sovranità. Nel momento in cui lo Stato si autolimita, fissa l’asticella. 10 Però è chiaro che lo Stato, nel fissare l’asticella, deve tener conto che c’è distinzione degli ordini e che questa asticella deve operare all’interno della Carta Costituzionale. Es: se domani legislatore impazzisce e scrive legge su accesso ai sacramenti, quella legge sarà incostituzionale! Quindi è fissata dallo Stato negli interessi di ordine temporale, che però devono avere aggancio nella nostra Carta Costituzionale (ad esempio il matrimonio  nessuno potrà dirmi che mi sto occupando della sfera spirituale, è previsto nella Carta). Questo articolo limita la Chiesa cattolica? Sicuramente l’art. 7 Cost. non limita la Chiesa, è una fonte unilaterale, non dice “tu Chiesa devi fare così”, tant’è che la Chiesa non è che visto che lo Stato si occupa di matrimonio, lei non se ne occupa. Certamente quindi non limita la Chiesa. È la chiesa che decide cosa rientra nella sfera spirituale. Dopodiché però, la prof. vuole dire che quando la Chiesa e lo Stato hanno iniziato a modificare il concordato (nel 1984 nuovo accordo che ha sostituito concordato), nell’articolo 1 del nuovo accordo, Stato e Chiesa hanno ricopiato il comma 1 dell’articolo 7 Cost., e hanno detto che Stato e Chiesa considerano operanti nei loro accordi art. 7 comma 1, poi però Stato aggiunge comma in cui si dice che “le parti si impegnano a collaborare efficacemente per il bene del paese”. Quindi, con l’art. 1 dell’accordo la Chiesa ha preso anche lei un impegno. Quali sono le conseguenze di questo impegno? Fecondazione assistita (legge del 2004) animata da principi molto vicini alla Chiesa. È stata dichiara incostituzionale più volte. Questa legge all’inizio era stata sottoposta a legge abrogativa: in quest’occasione ci sono stati interventi molto pesanti fatti dalla Chiesa su come votare al referendum: i media in quest’occasione hanno fatto notare l’intervento importante della Chiesa su questioni che non appartenevano alla sfera spirituale. Diciamo quindi che questa distinzione degli ordini riguarda soprattutto lo Stato, però, mentre il principio di distinzione degli ordini è un principio costituzionale che fonda in maniera irrinunciabile il principio democratico dello Stato, farci esempi specifici su cosa voglia dire impegni della Chiesa è un po’ più faticoso… è difficile immaginare esempio in cui Chiesa si occupa di cosa di specifica competenza dello Stato. Quindi, la Chiesa Cattolica è indipendente, è autocefala, non è sottoposta a sovranità dello Stato, gode dell’ordine spirituale da cui lo Stato si è impegnata a stare fuori (principio di distinzione; che fonda anche Stato democratico). Lezione 11/10 Strumenti che legislatore usa per regolare i rapporti con le professioni religiosi e possibili soluzioni per risolvere i conflitti di competenze: - Istituto dell’obiezione di coscienza: modalità residuale, quando vi è un evidente conflitto, indipendentemente da accordi, si consente alla coscienza di prevalere sulle ragioni del diritto, in quanto spinto da valori particolarmente forti. Questo però non significa che l’altro interesse non sia degno di essere riconosciuto e per questo è necessario un bilanciamento degli interessi. Ordinamento con tale strumento va a bilanciare gli interessi in gioco – è chiaro che l’esercizio dell’obiezione di coscienza non sarà mai totalmente libero. Se uno Stato prevedesse troppi casi di obiezioni di coscienza sarebbe il caos, e per questo che gli ordinamenti lo prevedono raramente e che ha un ruolo residuale. Esempi – interruzioni di gravidanza, fecondazione assistita… L’obiezione di coscienza non per forza deriva da un’appartenenza religiosa, e per questo l’obiezione di coscienza non sono previste negli accordi bilaterali in quanto si considererebbe direttamente appartenente a una determinata confessione religiosa. - Strumento pattizio 11 L’art. 7 comma secondo della Costituzione: il principio di bilateralità necessaria Come ben sappiamo è stata la norma più discussa all’interno dell’Assemblea costituente, proprio perché vi era la questione del ‘richiamo espresso’ dello strumento pattizio esistente (Patti lateranensi). Esito del lungo percorso ha portato all’inserimento dei Patti lateranensi nella carta costituzionale, per garantire la non modifica tramite una semplice maggioranza parlamentare. Art 7 comma 2 → ‘i loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi (richiamo allo strumento pattizio); le modifiche dei patti, qualora concordate dalle parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale (se modifica avviene sull’accordo delle parti no procedimento cost)’. Con questo comma lo Stato italiano diventa a tutti gli effetti uno Stato Concordatario. Questo principio concordatario, o di bilateralità necessaria, entra nella nostra carta costituzionale in relazione ai rapporti con la Chiesa cattolica e con le altre professioni religiosi. Questo principio rispecchia la visione del legislatore costituente e della Chiesa cattolica come ordinamenti giuridici primari (in teoria anche altre professioni religiose sono considerati ordinamenti primari, e quindi è normale che i rapporti siano regolati da accordi – lo Stato si è autolimitato nella competenza e non vuole regolare le questioni di ordine spirituale). Questa è la teoria sottesa allo spirito della Carta costituzionale (di provenienza cattolica) – se lo Stato vuole regolare la vita dei gruppi lo deve fare anche tramite accordi con quei ordinamenti che siano in grado di occuparsi delle questioni religiose – vocazione dello Stato a fare un passo indietro. Gerarchia delle fonti = subisce delle importanti variazioni proprio in ragione di tale principio di bilateralità necessaria e dell’interpretazione che tale principio ha ricevuto dalla Corte costituzionale. Legge 810/1929 - La prima cosa che salta agli occhi è che questa legge che da esecuzione all’accordo con la Chiesa cattolica viene recepito da un accordo di esecuzione (accordi religiosi non sono efficaci se non sono recepiti con legge d’esecuzione). Tali leggi sono presenti nella gerarchia delle fonti = leggi atipiche o leggi rinforzate. Leggi atipiche – formalmente sono leggi ordinarie ma hanno una forza passiva molto particolare (resistenza all’abrogazione) che non è propria delle leggi ordinarie. Questa legge ordinaria ha la forza passiva delle leggi costituzionali, quindi si chiama fonte atipica perché è una fonte ‘ibrida’ tra le leggi ordinarie e le leggi costituzionali. Per essere modificata richiede un procedimento aggravato che prevede un accordo tra le parti, che sostituisce o modifica il precedente accordo, e questo nuovo accordo può essere recepito tramite una legge di esecuzione che abroghi e sostituisca quello precedente. Rimase un interrogativo → se non si raggiunge l’accordo cosa succede? → Revisione costituzionale - Sarebbe necessario modificare il principio di bilateralità, abrogare l’art 7 della Costituzione. Esigenza di sindacabilità costituzionale di queste norme = Corte costituzionale interviene per decidere della conformità alla Costituzione di tali norme pattizie. Le norme pattizie era sindacabili davanti alla Corte costituzionale? La risposta della giurisprudenza (anni 50) era no, non sono sindacabili, perché non sono leggi ordinarie, ma anzi sono costituzionali, in forza del richiamo contenuto nell’art 7 comma 2. I timori di Togliatti diventano perciò realtà, in quanto divengono intangibili i patti lateranensi. Per questo motivo nessuno le ha toccate per molto tempo, anche perché ‘metterci mano’ voleva dire toccare articoli importanti della Costituzione. →Sentenza 30/71 Corte costituzionale = sentenza innovativa perché apre la porta al sindacato di legittimità costituzionale delle norme pattizie. Pretore di Torino coraggiosamente, alla fine degli anni 60, si imbatte in una sua causa (su violazione degli obblighi di assistenza familiare) nell’art 34 del Concordato, e formula un’ordinanza di rinvio alla Corte costituzionale per violazione dell’art 102 della Carta costituzionale che prevede un divieto di giudici speciali. 12  Oggetto: ora di religione  Enuclea il principio supremo di laicità dello stato (ma afferma che in quel caso non sia stato leso)  Importante perché applica il parametro dei principi supremi anche al nuovo accordo: nella sentenza 30 del 71 la corte aveva detto che il richiamo dell’art 7 ha prodotto diritto (=richiamo materiale), ma allora la dottrina si sarebbe aspettata che con il venir meno del concordato quel richiamo non avesse più valore. Anche questa costituzionalizzazione delle norme pattizie dovrebbe essere venuta meno, invece in questa sentenza si mostra che così non è! Lezione 14/10 Fino ad adesso la Corte non ha mostrato l’intenzione di usare tale parametro nei confronti delle altre professioni religiosi (solo ai rapporti con la Chiesa cattolica). Siccome l’accordo del 1984 è un accordo di modifica, la Corte ha ritenuto di tener buono quel richiamo del passato. → Sentenza 203/89: in questo caso la Corte mostra un certo coraggio nell’individuare questo principio supremo (laicità) , in quanto l’esito del giudizio è un esito di getto della questione. Questa sentenza è ancora più compromissoria delle altre: la Corte per un verso è coraggiosa ma da un altro verso non dichiara l’incostituzionalità. Sentenza parla dell’art 9 dell’accordo del 1984 che introduceva l’ora di religione facoltativa nell’ordinamento italiano – istituto molto antico sempre stato presente in Italia, dalla riforma Gentile, e disciplinato dal concordato lateranense come un obbligo per tutti nella scuola pubblica, salvo dispensa; ed è stato ripreso nel nuovo accordo (1984) in maniera non tanto diversa da quello che era previsto nel ‘29 con la differenza che l’ora di religione non fosse più obbligatoria ma solo facoltativa (genitore e maggiore di 14 anni può scegliere autonomamente se frequentare). - Questo istituto è compatibile con la nostra carta costituzionale? E con il principio supremo di laicità dello Stato? Il principio di laicità nel nostro ordinamento ha avuto un percorso lungo e complicato, non nasciamo laici ma bensì confessionisti. Perciò il fatto che la Corte nel 89 parlasse in una sentenza di laicità era molto coraggioso, sopratutto nel momento in cui si esprime sul principio di laicità, definendolo come supremo. La Corte individua inoltre un settore di norme costituzionali, da cui evincere tale principio di laicità dello Stato italiano e che tale laicità sia un principio supremo (art 2 – art 3 – art 7 comma 1 – art 8 – art 19 – art 20). A questo punto, dopo tali affermazioni, ci saremmo potuti aspettare una sentenza di incostituzionalità dell’art 9, la Corte però dice che nonostante l’Italia sia uno Stato laico, l’ora di religione (in quanto facoltativa) sia compatibile con la laicità dello Stato. Quindi se è facoltativo è compatibile con la laicità. [Su tale questione si è espressa molte volte la Corte europea per i diritti dell’uomo – divieto di indottrinamento da parte degli Stati e per l’insegnamento delle confessioni religiose ritiene che debbano essere per forza facoltativa e non avere contenuto di indottrinamento]. La Corte costituzionale in tale sentenza va a definire il principio di laicità in base al nostro modo di agire nei confronti del fenomeno religioso → laicità positiva/ inclusiva. Laicità positiva/ inclusiva = l’Italia non è indifferente nei confronti delle confessioni religiose, quindi questa laicità si connota per una non indifferenza – la religione è considerato come un fattore positivo di promozione umana che deve essere per certi versi favorito (interventi a favore della 15 libertà religiosa). Però tutto in un orizzonte di pluralismo confessionale e culturale, facendo emergere tutte le realtà, tutte le fedi, tutti gli aspetti confessionali e culturali. Per questo motivo la laicità positiva è affiancata al principio pluralista. In questo caso il problema era capire come la Corte potesse legittimare l’ora di religione cattolica in una scuola pubblica, nonostante bisognasse tendere al pluralismo confessionale e culturale. Come si fa a mettere insieme questi aspetti in contrapposizione? La Corte presenta nella sentenza la questione per cui la religione cattolica è vista come un patrimonio storico e culturale, recuperandolo dall’art 9 dell’Accordo. Cambio di prospettiva - religione cattolica non più una religione ma patrimonio storico e culturale, e i principi del cattolicesimo fanno parte del nostro patrimonio storico e culturale. E proprio per questo criterio si trasforma una situazione che sembra di privilegio in una situazione accettabile nell’ottica della laicità positiva. Principio di bilateralità necessaria dell’art 7 ha impattato in maniera notevole sulla gerarchia delle fonti e sul rapporto tra Carta costituzionale e tali norme pattizie → formazione di una norma atipica, e la creazione di una particolare gerarchia all’interno delle norme costituzionali stesse, formando un gruppo di super-norme che prevalgono sulle altre. Lezione 19/10 Art 8 Cost comma 1→ Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Comma 2 - Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. Comma 3 - I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. È una norma che deve essere letta in parallelo con l’art 7 in quanto enuclea principi presenti in quest’ultimo e gli estende a confessioni religiose diverse da quella cattolica. Esce invece fuori da questo parallelismo tuttavia il primo comma – disposizione centrale importantissima in materia di fenomeno religioso – in quanto riguarda tutte le confessioni religiosi, quindi non solo quelle diverse dalla cattolica → è onnicomprensivo. In dottrina si vede, guardando l’art 8, una forma di piramide rovesciata = primo comma riguarda una sfera di soggetti la più ampia possibile (tutte le confessioni religiosi); mentre il secondo comma, prevedendo un’autonomia statutaria alle confessioni, in realtà si rivolge a un gruppo di confessioni più ristretto, ossia le confessioni religiose che si sono date una normazione, organizzate; il terzo comma da invece la possibilità di stipulare un’intesa con lo Stato, restringendo ancora di più l’ambito in quelle che vogliono entrare in rapporti con lo Stato. Comma 1 = è stata una delle disposizioni maggiormente discusse - si doveva risolvere un complicato problema cioè come e se prevedere l’uguaglianza dei gruppi religiosi. I padri costituenti hanno dovuto quindi prendere posizione sull’eguaglianza delle confessioni religiose, e per questo vi è un legame con tale situazione e ciò che invece era stato previsto nel primo, e sopratutto, secondo comma dell’art 7. - Vi era una parte dell’assemblea costituente che voleva proclamare l’uguaglianza delle confessioni religiose (riconducibile all’art 3 della Costituzione) – principio egualitario recepito nell’art 8 comma 1. Non ritenevano che il ruolo preminente della religione cattolica avrebbe dovuto impattare sull’eguaglianza di tutte le confessioni religiose. - Vi erano poi un’altra parte che invece sosteneva che oggettivamente le confessioni religiose non possano considerarsi uguali, sia da un punto di vista quantitativo (numero di fedeli in Italia) che 16 qualitativo su ad esempio l’organizzazione = caratteristiche non estendibili a tutte le confessioni religiose. Il principio di uguaglianza non può imporre un uguale trattamento a situazione molto diverse; ma comunque sostenevano l’importanza che non ci fosse discriminazione e che le confessioni religiose potessero godere egualmente di tutte le libertà - tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge – principio di libertà. Queste due parti hanno trovato un compromesso nel primo comma dell’art 8, che cerca di coniugare principio di uguaglianza e principio di libertà = tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge (possono accedere a tutte le libertà in maniera eguale). Quindi l’esito è stata una formula ellittica di non facile interpretazione, forse volutamente generica da parte del legislatore. Questa formula consentiva differenze, anche di trattamento, ma vietava discriminazioni o privilegi. Bisogna quindi trovare un criterio che ci faccia distinguere le confessioni e legittimare le differenze di trattamento che non siano privilegi (irragionevoli e ingiustificati = incostituzionali). La Corte si è trovata a interpretare tale formula (art 8 c 1) già dagli anni 50 e le prime sentenze, su cui si è sviluppata tale vicenda, riguardavano i reati che tutelavano il sentimento religioso. Le sentenze riguardavano disposizioni, all’interno del Codice Rocco, che prevedevano veri e propri privilegi per la religione cattolica = tutele rafforzate da vari punti di vista per la ‘religione dello Stato’ e una tutela più blanda per le altre religioni accettate dallo Stato – pene erano diverse quindi si trattava di norme privilegiarie. Con l’ingresso della Carta costituzionale tali norme sembravano prive di oggetto, non si sapeva cosa tutelassero, in quanto la Costituzione si mostrava come aconfessionale. Non ci stupisce quindi che nelle prime sentenza della Corte, essa abbia preso di mira tale situazione, cogliendo la palla al balzo, per dare un’interpretazione (debole) dell’art 8 comma 1. In una prima fase, la Corte ha utilizzato un paio di criteri, abbastanza collegati tra loro, per dare ragione di queste differenze di trattamento = interpretazione per cui in base alle differenze oggettive delle confessioni religiose è giustificato prevedere differenze di trattamento. La Corte con un unico ragionamento risolve diverse questioni, sia sulla presenza delle norme privilegiarie che sull’esistenza o inesistenza della ‘religione di Stato’→ “ anche se non c’è più la religione di Stato non bisogna dimenticare che tale termine non si riferisce ad un elemento normativo (religione considerata di Stato in base a disposizioni di legge), ma è semplicemente un modo per chiamare quella che allora era la religione dello Stato, la religione cattolica. Quindi questo bene esiste ancora (religione cattolica), e le norme non sono indeterminate, ma anzi sono degne di una particolare tutela, in ragione del fatto, che la maggior parte dei cittadini italiani appartiene ad essa ”. Tale criterio è definibile come criterio quantitativo (maggioranza italiani sono cattolici). La Corte ha poi usato un ulteriore criterio – criterio sociologico. Secondo la Corte, siccome le offese e il vilipendio alla religione cattolica suscitavano maggiore indignazione nel popolo italiano, rispetto a offese e di vilipendi nei confronti di altre religioni, è da considerarsi legittimata una tutela aggravata nei confronti di tale confessione. Da li a non molto tempo la Corte ha sconfessato entrambi questi argomenti, sopratutto in relazione alla materia penale. Sentenza 925/88 – questione di bestemmia→ sconfessa criterio quantitativo, in quanto dice che quando si tratta di coscienza religiosa delle persone non si possono fare differenze in base al numero quantitativo degli appartenenti, quando si tratta di tutelarlo. 17 I motivi di tale denominazione sono di tipo politico-giuridico = parti volevano specificare che tale accordo rientra a pieno titolo nella materia dell’art 7 comma 2 della Costituzione (copertura costituzionale); in quanto modica dei fatti. Questa copertura costituzionale è poi stata assorbita effettivamente dal nuovo accordo: si parla ad esempio nell’accordo di principi supremi dell’ordinamento, e di garanzia costituzionale. Questo accordo introduce anche importanti novità: → gli istituti vengono disciplinati in modo maggiormente conforme ai nuovi principi costituzionali (come anche poi il principio di laicità), e sopratutto le parti hanno convenuto, nell’art 1 del Protocollo addizionale, che non è più in vigore il principio confessionista. Questa presa d’atto da parte della Chiesa cattolica mostra un cambio di prospettiva e di visuale, anche da parte di essa = apertura al pluralismo anche da parte della Chiesa cattolica. [L’interesse della Chiesa cattolica in tale momento era di salvare il proprio accordo, aprendo la strada anche ad accordi con le altre confessioni religiose]. - Sottoscrizione della prima intesa, con la Tavola valdese, 21 febbraio 1984 e approvata con legge 449/84= apertura al pluralismo tramite le intese. Tale Intesa era molto simile all’accordo; e tale sottoscrizione da inizio a un fiorire di intese (anni 80-90), per cui appunto molteplici confessioni hanno stipulato un’intesa con lo Stato italiano. Le prime intese erano con confessioni religiose di base giudaiche-cristiane, radicate nel territorio. Queste intese avevano contenuto estremamente simili, quasi tutte uguali, e questo porta a un quesito – ma se le intese devono dare rilievo alla specificità delle confessioni, perché sono tutte uguali? Si è infatti parlato in dottrina di diritto comune delle intese. C’è pertanto qualcosa che non quadra. Perché queste confessioni religiosi hanno deciso di concludere il prima possibile tali intese, cosa le ha spinte? Le ha spinte il bisogno di liberarsi dalla legge dei culti ammessi, in quanto con tali stipulazioni non veniva più applicata nei loro confronti tale legge del 1929 (nata nel periodo fascista). - Principio di laicità sentenza 203/1989 = Corte costituzionale definisce il principio di laicità come supremo, portando poi la Corte stessa a utilizzare tale principio in altre questioni future, per dichiarare l’incostituzionalità di disposizioni normative unilaterali. → materia di tutela penale: Corte a partire dagli anni 90, usa la laicità per dichiarare l’incostituzionalità di alcune norme penali sul sentimento religioso, affermando che laicità vuol dire l’equidistanza dello Stato nei confronti delle confessioni religiose. → giuramento dei testimoni nei processi: c’erano delle disposizioni che obbligavano i testimoni a giurare di dire la verità, che vennero considerate incostituzionali, secondo il principio di laicità sotto l’aspetto del principio di separazione degli ordini visto come presupposto essenziale della laicità. → sentenze sugli edifici di culto: sent. 195/93 la Corte applica la laicità specificando l’equidistanza dello Stato verso le confessioni, in materia di edifici di culto, in quanto non si può discriminare in uno Stato laico equidistante tra confessioni con intese e confessioni senza intese. La Corte usa il principio di laicità per dichiarare l’incostituzionalità di disposizioni, però, nonostante il principio sia supremo, non lo usa mai per dichiarare l’incostituzionalità di norme pattizie ma solo di norme unilaterali (es. norme del codice di procedura penale o civile). Lezione 26/10 Art 8 comma 2 → Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. Restringe il novero dei soggetti garantiti e tutelati, e prevedono espressamente le confessioni diverse dalla cattolica – comma che non riguarda la Chiesa cattolica. 20 L’ordinamento giuridico, a cui si devono conformare tali statuti, è un concetto diverso dall’ordine pubblico – impostato invece dalla legge dei culti ammessi sotto una visione, posta dallo Stato totalitario fascista, estremamente ideologica. Questo art 8 comma 2 introduce nel nostro ordinamento l’autonomia statutaria → concede alle professioni religiose che lo voglio (non obbligo giuridico, ma facoltà concessa) di organizzarsi con proprio statuto, e sopratutto, con forte parallelismo con il comma 1 dell’art 7, se la confessione si organizza e si da uno Statuto proprio diventa un ordinamento giuridico primario (non derivati), indipendente e sovrano. Statuto di una confessione religiosa = fonte esterna; regola la vita della confessione religiosa e non fa parte dell’ordinamento interno, e in questo senso le confessioni sono sovrane e indipendenti. Autonomia statutaria prevista per le confessioni religiose è fortissima. La conseguenza dell’organizzazione con propri statuti è che si danno norme statutarie che non possono essere intaccate da alcun organo statale, in quanto esterne (→ non si può intervenire direttamente su tali disposizioni; non si possono annullare, abrogare, dichiarare incostituzionali). - Perché precisazione ‘confessioni religiose diverse dalla cattolica’? Tale facoltà è di tutti, ma la garanzia riguarda espressamente le confessioni che hanno deciso di darsi uno Statuto, quindi c’è già una riduzione dell’ambito soggettivo. Tuttavia, per quanto riguarda lo specifico riferimento a confessioni diverse dalla cattolica, si può dire sia presente anzitutto dal fatto che la Chiesa cattolica ha un articolo specifico a sua disposizione, in cui, per quanto non si parli di statuti, si parla di indipendenza e sovranità – esclusione sottolinea il fatto che la Chiesa cattolica è già ben organizzata (art 7). L’esclusione quindi nasce da motivi fattuali. Questione complicata è rappresentata dal limite previsto = statuto della Chiesa cattolica non è sottoposta ad alcun limite nella loro organizzazione? A differenza delle altre confessioni religiose? Secondo il principio egualitario delle confessioni religiose, anche la Chiesa cattolica deve assoggettarsi al limite di non contrasto con l’ordinamento giuridico italiano. Quindi in relazione al limite, tale comma lo possiamo considerare comprensivo anche della Chiesa cattolica, che quindi in tal caso non viene esclusa. - Cosa non deve contrastare nel dettaglio con l’ordinamento giuridico? A quali disposizioni normative si riferisce l’art 8 comma 2? I principi confessionali possono essere sottoposti a controlli preventivi? In uno Stato democratico la risposta è no Esempio - Nella Chiesa cattolica le donne non possono accedere al sacerdozio, che effettivamente è in contrasto con il nostro principio costituzionale dell’eguaglianza. Tuttavia, stando parlando dell’accesso ai sacramenti, è una questione che non ha alcuna possibilità di avere risvolti nell’ordine temporale, nasce e si esaurisce nell’ordine spirituale. Esempio – stessa situazione la troviamo per i divorziati, che non possono accedere al sacramento dell’eucarestia, che potrebbe essere considerato un trattamento discriminatorio nei confronti di un soggetto che si trova in uno status legittimo per il nostro ordinamento (divorziato). La risposta a tale quesito è quindi che dobbiamo considerare le norme che hanno conseguenze che impattato anche nel nostro ordinamento, quindi non le pure norme di principio, che esauriscono la loro portata nell’ordine spirituale. Ovvio che, nel momento in cui, per dare seguito si tengano comportamenti che violano nostri disposizioni normative, l’ordinamento risponderà con tutti i mezzi necessari. 21 - Cosa vuole dire ‘ordinamento giuridico’? La Corte costituzionale, dagli anni 80 in alcune sentenze è intervenuta a delimitare l’ambito dell’ordinamento giuridico italiano, perché si è trovata a pronunciarsi sullo ‘Statuto della confessione ebraica’ nonostante sia una fonte esterna - perché si era creata in quegli anni una peculiare congiuntura, di ordine storico e politico, per cui lo Statuto delle comunità ebraiche era statuto riconosciuto per legge (→ era legge dello Stato). Questa situazione ha consentito alla Corte di decidere sulla compatibilità di tale statuto con i principi costituzionale, dando la possibilità di dare anche una relazione ampia su cosa si intendesse per ordinamento giuridico italiano. → Era previsto che un soggetto si considerasse ebreo se si trovava in un determinato territorio (e se nasce da madre ebrea), salva esplicita dichiarazione in senso contrario – contrasto in quanto il singolo non aveva la libertà di manifestare la sua volontà di appartenere a un gruppo, ma vi era un’appartenenza automatica alla comunità ebraica, e inoltre il singolo doveva contribuire con una tassa ai bisogni della comunità. Questa situazione è stata censurata dalla Corte costituzionale, con la dichiarazione di illegittimità dell’art 5 dello Statuto, per contrasto con l’art 2 e art 18 della Costituzione. Art 2 Costituzione → La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Art 18 Costituzione → I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. La Corte afferma che non si può evincere dal silenzio di un soggetto l’appartenenza automatica di un soggetto a un gruppo. La Corte aggiunge che non tutte le norme del nostro ordinamento possono costituire uno sbarramento per le norme statutarie, ma esiste una certa tolleranza. Le norme del nostro ordinamento che sono un limite, sono i principi fondamenti e diritti inviolabili dell’uomo, che rappresentano il vero nucleo della nostra Costituzione. Quando noi parliamo di diritti inviolabili dell’uomo come limite alla libertà statutarie, parliamo sopratutto del rapporto tra confessione religiose e singolo. Molto spesso i casi di contrasti, sono i casi in cui esiste un contrasto tra singolo e gruppo. - Quali sono le conseguenze del contrasto? Cosa succede a uno statuto in tal caso? Innanzitutto nella realtà in relazione alle confessioni religiose non esiste un vero e proprio controllo. Tuttavia quale dovrebbe essere la reazione dell’ordinamento di uno Statuto abnorme? Esempio – Testimoni di Geova, per motivi di ordine confessionale, vietano le emotrasfusioni; ma nel caso di minori l’ordinamento interviene il Giudice tutelare, per prendere una decisione al posto dei genitori. La conseguenza non è quindi cambiare le norme statutarie della confessione religiosa, ma bensì ci si comporta come se tale norma statutaria non ci fosse. Esempio – Caso della Università Cattolica del Sacro cuore – nel suo Statuto è previsto che tutti i docenti innanzitutto devono essere cattolici e in secondo luogo devono essere sottoposti al gradimento della Santa sede, che se ritiene per motivi suoi che tal docente non è più in grado di portare avanti i valori dell’Università cattolica, il professore viene licenziata. Negli anni questa situazione è avvenuta pochissime volte, ma è stato eclatante uno di questi casi: il professor Lombardi Vallauri (professore di filosofia di diritto) aveva cambiato il suo orientamento religioso, portando il Papa a negare il gradimento che è stata portata a conoscenza dell’Università cattolica che lo ha recepito provvedendo al licenziamento del professore. Il Prof Vallauri ha esaurito tutte le vie di ricorso interne (tar e consiglio e di stato), che tuttavia non gli aveva dato ragione in quanto riteneva che egli potesse vivere la sua libertà religiosa in un’Università diversa, in forza della regola del gradimento, presente anche nel Concordato 22 La Core inoltre dice – se ci fosse una legge che regola l’accesso, sarebbe diverso, in quanto si limiterebbe la discrezionalità del Governo, ma siccome la legge non c’è il Governo è libero di fare quello che vuole, potendo liberamente dire di no per motivi che possono rimanere ignoti. Una presa di posizione così pesante è stata data soprattutto del fatto che si parlava del UARR, e quindi per evitare di affrontare direttamente il tema spinoso della qualificazione religiosa, ha preferito aggirare l’ostacolo dicendo confessione si o no non importa perché tanto il Governo è libero di fare quello che vuole  Discrezionalità politica. Nel caso in cui il gruppo passasse tutti questi step, il rappresentante legale, allora, può sottoscrivere l’intesa con il presidente del Consiglio. A questo punto c’è l’intesa, è sottoscritta, è un atto esterno. Questa intesa sottoscritta non è efficace finché non è approvata per legge  e lo dice l’art. 8 3° co. “sono regolati per LEGGE” e non per intesa. Quindi c’è ancora uno Step: La legge deve essere approvata - si parla di legge di approvazione. È una legge ordinaria, del parlamento italiano. Arriviamo all’ultimo step: Questa legge potrebbe anche non essere approvata; ed è già successo. Può capitare che l’intesa venga sostituita e resti lettera morta. Questo è avvenuto ai testimoni di Geova = I testimoni di Geova hanno avuto personalità giuridica, si sono organizzati, hanno aperto le trattative (2 volte, una nel 2000 e una nel 2007), e queste intese non sono mai state approvate: non hanno efficacia. Lezione 2/11 Riprendiamo il discorso dell’altra volta parlando delle intese; abbiamo visto che non si può parlare di vero e proprio diritto all’intesa: si potrebbe parlare, e una parte della dottrina e della giurisprudenza lo fa, più che altro di un diritto all’apertura delle trattative. È anche molto difficile in realtà parlare di un diritto all’apertura delle trattative – se guardiamo alla recente giurisprudenza è erroneo parlare di questo diritto: abbiamo visto che la Corte costituzionale con la sentenza 52/2016 si limita a dire che la decisione sull’apertura delle trattative è insindacabile; ne parla come un atto politico. Di certo non potremmo parlare dell’apertura come di un diritto, ma come un mero interesse. L’apertura delle trattative è un atto politico. Poi ci sono tutti gli step che abbiamo visto la scorsa volta (organizzazione, qualificazione, eccetera). Per i culti che chiedono apertura delle trattative in realtà, con step personalità giuridica, c’è controllo sugli statuti. Una volta stipulata l’intesa, la maggior parte dei contenuti sono molto simili  non c’è specificità. Le specificità non hanno spazio all’interno del contenuto dell’intesa. Il contenuto è quasi predeterminato (anche se ovviamente ci sono piccole differenze, ad esempio giorni festivi o ancora riconoscimento degli enti). Ultimo step, di cui abbiamo parlato la scorsa volta, è la legge di approvazione. Questa è l’ultimo step fondamentale - senza l’approvazione resta un atto politico senza effetti giuridici. La legge di approvazione ha la stessa natura delle leggi di applicazioni di trattati internazionali - ai fini interni la differenza è solo terminologica. È una legge ordinaria quindi di competenza del Parlamento. 25 Il parlamento in questa operazione è sovrano e non ha obbligo di approvare l’intesa. È un’occasione per esprimere le proprie potenzialità? In realtà, se leggiamo art. 8 comma 3 vediamo che costituente ha scritto “per legge sulla base di intese”  l’intesa deve necessariamente essere la base della legge. Quindi quando diciamo che Parlamento può espletare tutti i suoi poteri non è tanto vero, o meglio: può non applicare la legge, ma non può modificarla: non ha un potere di emendare (che di solito il parlamento ha sempre sulle leggi) - Il parlamento può approvare o meno, ma non può emendare. Come è potuto capitare che il Parlamento non ha approvato quello che ha fatto il Governo nel 2000 e nel 2007 con i Testimoni di Geova? Una ragione potrebbe essere il scollamento temporale. Per le intese stipulate dagli anni 2000 in poi c’è stato scollamento temporale tra stipulazione intesa e approvazione (a volte fino a 5 anni)  il collegamento tra Governo e Parlamento non può essere così scontato. Se andiamo a guardare i lavori preparatori dei Testimoni di Geova, è chiaro che il problema dell’intesa dei Testimoni di Geova non erano tanto i contenuti dell’intesa (come si dovrebbe immaginare), ma tutti i rilievi che sono stati fatti erano legati alla confessione: era problema di ordine soggettivo e non oggettivo - si riteneva che avesse struttura settaria che/ portasse avanti principi in contrasto con l’ordinamento giuridico (e quindi era sgradita, indipendentemente dai contenuti dell’intesa, che erano quasi tutte uguali). Questi principi sgraditi (ad esempio su emotrasfusione) non erano scritti nell’intesa!!! Il Parlamento, benché con un atteggiamento che può essere definito discutibile sul piano politico, sul piano costituzionale è un comportamento legittimo: ha esplicitato il suo potere politico. Non così nel caso (mai capitato) in cui il parlamento emendasse: in questo caso, se dovesse entrare all’interno delle disposizioni, non sarebbe un comportamento legittimo da parte del Parlamento. Questo perché intesa è presupposto di costituzionalità della legge = infatti, la legge dice “per legge sulla base di intesa”, cioè il rispetto del contenuto dell’intesa è un vincolo per il legislatore. Se il legislatore non rispetta questo vincolo, sarà una legge incostituzionale!!! Riportiamo alla mente quello che abbiamo detto sull’art. 7 comma 2 sulla gerarchia delle fonti – perché vale anche per art. 8 comma 3 Cost. = Così come nell’art. 7 2° co. il riconoscimento del principio di bilateralità necessaria incide su gerarchia delle fonti. = La legge di approvazione dell’intesa è una fonte atipica, perché è una legge rinforzata, perché si pone a metà strada tra le leggi ordinarie e le leggi costituzionali. Non sono ordinarie in quanto forza passiva (forza di resistenza all’abrogazione o modifica): mentre le leggi ordinarie possono essere abrogate con legge successiva, queste leggi rinforzate invece non possono essere abrogate da legge ordinaria, a meno che quest’ultima non sia anch’essa una legge pattizia. Esempio - intesa con la Tavola Valdese è stata la prima e presentava delle sue peculiarità, ad esempio il fatto che avevano deciso, nel 1984, di non partecipare all’8x1000. Dopo qualche anno questo meccanismo entra nel giro delle confessioni diverse da quella cattolica e quasi tutte le confessioni prevedono di entrare a far parte dell’8x1000. I Valdesi cambiano idea: chiedono modifica intesa 1984 e integrazione della stessa in questo senso. Interrogativo che rimane aperto: il fatto che non si capisce, perché non è mai avvenuto nella pratica, quale sia il parametro di costituzionalità che la corte dovrebbe usare nel caso in cui dovesse dichiarare incostituzionalità legge di approvazione? 26 Usare parametri diversi tra accordo (in cui si usano principi supremi dell’ordinamento - principio di laicità) e intese sarebbe diseguale e incostituzionale. Non si sa se nel caso delle intese si deve o meno applicare principi supremi e principio di laicità. Questa questione sul parametro di costituzionalità usata per le intese rimane quindi aperta. Proviamo ora a ragionare sui contenuti della sentenza 52/2016 (sentenza che come abbiamo detto ha deluso molto dottrina e giurisprudenza): Forse questa sentenza si può giustificare, per certi versi, dicendo che poiché Corte stava avendo a che fare con UARR e di conseguenza non voleva addentrarsi nella qualificazione di quest’ultimo. È chiaro che la problematica più evidente di una situazione di questo tipo in cui si dice che è un atto politico e che Governo fa quello che vuole è che: c’è discrezionalità del Governo. Il problema è se siamo uno Stato laico o meno  capire quali siano i rapporti tra il 3 comma e il 1 comma art. 8 Costituzione. Si deve fornire angoli di visuale che lascia aperti molti interrogativi su questa uguale libertà. Si lasciano aperti interrogativi se la nostra laicità è una vera laicità, se è cioè una laicità sostenibile. La Corte dice che comma 1 e comma 3 sono compatibili - certo che la mia interpretazione non contraddice le uguali libertà, questo perché questi 2 commi sono completamente slegati. La Corte dice “è vero che tutte le confessioni sono egualmente libere; con qualcuna di queste lo Stato decide liberamente di addivenire ad un’intesa”. Ma questa decisione di costituire con alcune religioni un rapporto speciale non intacca le uguali libertà di tutte. Questi 2 commi possono quindi continuare ad operare in maniera svincolata. Ha senso quello che dice la Corte?  se introduci in questa legge che dovrebbe essere speciale, ma poi non lo è, delle condizioni di libertà che sarebbero interesse di tutti, è molto difficile poi concludere che non ci sia un atteggiamento privilegiato. Diverso sarebbe se la Carte non parlasse di “eguali libertà”, ma solo di “libertà”. Sono poste all’interno dell’intesa delle condizioni che interesserebbero tutti (ad esempio 8x1000 o ancora ingresso ministri culti nelle carceri) - quindi abbiamo confessioni che hanno uno status privilegiario, e confessioni che non ce l’hanno e devono far riferimento a legge di 100 anni fa, ispirata a principi non liberali. La Corte sa che questa è la situazione, ma dice che è il legislatore che dovrebbe operare, valorizzando le specificità. La Corte comunque afferma la necessità di una legge di attuazione dell’art. 8 Cost. - Legge che disciplina accesso e che quindi riduce (non può essere in ogni caso esclusa del tutto) la discrezionalità. Spagna, ad esempio, ha disciplinato con legge questo iter per accesso alle intese. Meglio ancora se si emanasse una legge unilaterale. Questa questione della legge speciale viene fuori anche in altre sentenze della Corte. La Corte parla proprio di legge speciale ad esempio: - sentenza degli anni ’70 in materia fiscale: possibilità di detrarre dal gettito fiscale liberalità che contribuente versava a confessione religiosa con intesa  i testimoni di Geova sono intervenuti presentando un’ordinanza di rinvio al giudice fiscale dicendo che “solo perché noi non abbiamo intesa allora non abbiamo diritto a esenzione?” - viola laicità dello Stato e art. 3 e 8 1° co. Si chiedeva alla Corte di estendere quel beneficio anche a fedeli Testimoni. 27 Anni 70 = Questi criteri sono stati poi abbandonati quando la Corte ha iniziato a dire che la tutela del sentimento religioso aveva come referente costituzionale l’art 19 Cost. [Art 19 Cost → Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume] Bene giuridico è il sentimento e la coscienza religiosa del singolo, e non il contenuto della religione, e di conseguenza non sono più giustificati i trattamenti differenti per le diverse confessioni religiose, perché gli individui essendo uguali tra di loro, meritano in egual modo la tutela della propria coscienza religiosa. In collegamento al referente nell’art 19 iniziano i moniti al legislatore per l’ampliamento della tutela, in quanto il sentimento e la coscienza religiosa è uguale per tutti. → Sentenza 925/88 = in materia di bestemmia, ed è rilevante perché in questa sentenza, più che in altre, si capisce il disagio della Corte che si trovava ancora costretta a salvare la norma (in quanto non dichiara l’incostituzionalità del reato di bestemmia), ma con una forte percezione della fatica a non dichiarare tale incostituzionalità – si sconfessa inoltre criterio quantitativo. Inoltre dopo tale sentenza manda un altro monito al legislatore. Perché costretta a non dichiarare l’incostituzionalità? La paura di dichiarare incostituzionalità deriva dal fatto che questo avrebbe comportato l’assenza di qualsiasi tutela per tutti. Quindi per salvare la costituzionalità si crea un nuovo bene giuridico = bestemmia non tutela solo il sentimento religioso (in tal caso avrebbe dovuto dichiarare l’incostituzionalità) ma anche il buon costume, in quanto è una manifestazione di malcostume. È una sentenza compromissoria, che però possiamo giustificare in base al contesto in cui la Corte operava. Questa sentenza chiude la fase di salvataggio di queste norme. Anni 90 = Corte interviene su tutte le norme (art 402-405 e 724) in questo decennio con 5 sentenze; tutte nell’ottica della parificazione della tutela verso l’alto – quando potrà farlo cercherà sempre di non lasciare il bene giuridico privo di tutela. → Sentenza 440/1995 = conformità costituzionalità dell’art 724, in relazione agli articoli 3 e 8 della Costituzione – norma puniva chiunque bestemmiasse contro la divinità, le persone e simboli della religione dello Stato. Corte interviene con una sentenza manipolativa di incostituzionalità parziale = Corte vuole salvare la tutela del bene e per questo non dichiara l’incostituzionalità dell’articolo, però deve fare in modo che tale tutela sia paritaria, non tutelando solo la religione dello Stato e per questo toglie la parte della norma in cui si precisano ‘persone e simboli della religione dello Stato’ (parte incostituzionale). Esito = si punisce chiunque bestemmi contro la divinità. Dottrina penalistica critica la sentenza→ questa è una sentenza additiva in materia penale in quanto si vanno ad ampliare le condotte punibili – si tutelano divinità di tutte le confessioni religiose – e questo non si può fare in quanto la Corte non è il legislatore e si viola l’art 25 della Costituzione (tassatività materia penale). La Corte si è difesa da tale accusa dicendo la sua interpretazione della norma = la tutela della divinità era già riferita a tutte le religioni (era già intenzione del legislatore del passato), mentre solo la specificazione di persone e simboli era riferito solo alla religione dello Stato → non vi è un’aggiunta di oggetti di tutela in quanto vi era già. Con tale sentenza la Corte riesce quindi a parificare verso l’alto. Corte voleva fare lo stesso nei confronti dell’art 402 in quanto tutelava solo cattolici. → Sentenza 508/00 = conformità dell’art 402 con articoli 3 e 8, in questo caso però la norma è più scarna in quanto si puniva chiunque vilipendesse la religione dello Stato. 30 Per questo per la Corte sarebbe stato più difficile parificare la tutela, senza violare l’art 25 Cost. Infatti la Corte espressamente dichiara questa difficoltà e questo disappunto, prendendosela prima con il legislatore che non ha agito nonostante i moniti (preciso attacco all’inerzia del legislatore); dopo la Corte afferma espressamente che non può operare perché violerebbe l’art 25 e che di conseguenza non gli resta altro che, al fine di parificare la tutela, parificare verso il basso (nessuna tutela per tutti)→ dichiarazione dell’incostituzionalità dell’art 402. Anche quando nel 2006 legislatore riscriverà queste norme, il 402 non sarà più riscritto. Con queste due sentenze la Corte si è liberata dei due problemi più spinosi – tutelavano solo la religione dello Stato. A questo punto rimaneva il lavoro più facile ossia parificare le pene (art 403-405); e quindi nelle altre tre sentenze non fa altro che intervenire su tali articoli semplicemente parificando le pene, verso il basso (non poteva aumentare le pene dei reati) → si applicano solo le pene previste dall’art 406, in passato previste per i culti ammessi. 2005 = quasi tutto il lavoro era stato fatto. 2006 = legislatore è intervenuto per ‘pulire’ in un contesto di ampia modifica del codice penale, intervenendo su tante fattispecie di reato. Questa novella del 2006 si pone come obiettivo – rendere compatibile l’assetto del codice rocco con l’art 21 (libertà di manifestazione del pensiero). Cosa fa quindi di queste norme? Interviene in modo coerente a tale idea, perché: - non ripropone l’art 402: si poneva un potenziale contrasto con l’art 21 perché in essa non era nemmeno immaginabile un principio di azione, ma poteva essere punita semplicemente un’espressione di opinione manifestata in qualsiasi modo. - gli articoli 403, 404 e 405 vengono riproposti con pene parificate e tutelano penalmente le confessioni religiose: sostituzione dei termini ‘culti ammessi’ e ‘religione dello Stato’. In dottrina ci si è interrogati sulla determinatezza del bene giuridico = prima i beni era determinati perché si sapeva bene chi fosse tutelato e chi no (religione cattolica/ culti ammessi che erano specifici e determinati) mentre ora abbiamo un termine che non andiamo nemmeno a definire e di conseguenza che ci porta a non sapere chi sono i soggetti tutelati. - distingue i vilipendi che si commettono con azioni precise, che si traducono in atti (che fuoriescono dall’ambito dell’articolo 21), e quelli che si realizzano in mere manifestazioni del pensiero: questa cosa si vede molto bene nella nuova formulazione dell’art 404. Art 404 → si puniscono vilipendi contro cose, ma con due fattispecie diverse di reato nei 2 commi; comma 1 – distruzione e rovina di cose destinate al culto (reato di danneggiamento), punito sempre con pena detentiva; comma 2 – manifestazioni del pensiero vilipendiose e offensive ma con pene pecuniarie. Legislatore quindi = amplia soggetti tutelati/ toglie il 402/ trasforma le pene da detentive a pecuniarie per questi reati, tranne che per la nuova fattispecie di reato del danneggiamento delle cose destinate al culto. Attualmente per parlare di vilipendio o blasfemia intesa come tutela dei contenuti di una confessione religiosa possiamo ritenere che gli unici reati puniti penalmente siano quelli che si realizzano con vilipendio a cose, a persone specifiche, e a funzioni religiose. Esito = se non c’è una persona specifica, una cosa specifica, e una funzione religiosa l’offesa non viene considerata meritevole di tutela e non è punita. Esempio – offese a santi o al Papa si applica l’art 403 c.p. lezione 09/11 31 Art 19 Cost = riconosce la LIBERTA’ DI RELIGIONE a livello individuale. Articoli simili a questo si ritrovano in molte carte dei diritti → perché il tema della liberà religiosa è un tema molto importante. Art 19 risente delle condizioni politiche e storiche del tempo in cui è stato scritto - tale articolo si presta a diverse interpretazioni. Gli articoli 7 e 8 non si occupano direttamente di individui se ne occupano in senso indiretto → si occupano del rapporto tra stato e confessioni religiose. Art. 19 → “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. “tutti” -> è la prima parola dell’articolo al posto di “tutti i cittadini” -> significa che tale libertà è riconosciuta a tutti senza che debbano sussistere le condizioni di reciprocità Ambito soggettivo è il più ampio possibile “Individuale o associata” è la forma con cui si può professare la fede → La religione storicamente si accompagna alla dimensione associate; la costituzione prevede anche la professione della fede in modo individuale → oggi la fede è vissuta in modo diverso rispetto al passato L’art 19 garantisce tre facoltà (ma non solo, queste facoltà non sono elencate in modo tassativo, il panorama è più ampio - queste tre sono quelle che i costituenti hanno deciso di inserire in costituzione): 1) Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede = professare in greco deriva da pro fei = dire a qualcun altro significa dire agli altri che si è di quella fede - il senso è poter essere liberamente di una determinata fede e poter manifestarlo Nessuno stato si occupa dell’intimo delle persone → allo stato interessa la manifestazione esterna della nostra credenza, non la credenza che non può controllare ne vedere, è questa che deve essere garantita (se lo stato ci dice non puoi credere in…. Lo stato non può impedirlo e controllarlo). Professare = significa manifestare - è una categoria che ricomprende una serie di facoltà es la fede si manifesta tramite simboli, segni, comportamenti Lo stato non può obbligare a essere e ad appartenere a una certa fede Si pone una questione: esiste la libertà di ateismo e la libertà di non credere? L’art 19 ha solo un limite espresso è più garantista dell’art 21 cost [ Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione]→era importante capire se la libertà di ateismo fosse da ricondurre a uno o all’altro. Nel 79 con sentenza 117 la questione viene risolta (ma non del tutto) dalla Corte Costituzionale dicendo che la tutela della libertà di coscienza non religiosa rientra nella tutela religiosa dell’art 19 → il quale tutela in positivo che in negativo. La corte parla qua di coscienza: la libertà di coscienza è qualcosa di simile alla libertà di religione ma non sovrapponibile (in più la libertà di coscienza non è citata →mentre nell’art 9 della CEDU si chiama libertà di coscienza e religione). Allora qual è il rapporto tra libertà di religione e coscienza? La coscienza è un concetto più ampio della religione infatti non per forza le scelta fatte in ambito della coscienza (che sono scelte con cui 32 I simboli religiosi rimandano a un elemento religioso, ma dal punto di vista giuridico, costituiscono un esercizio concreto della libertà di manifestazione della religione e del credo, in qualsiasi forma, anche pubblica (nell’ordinamento italiano è garantita). I simboli religiosi non si pongono solo come libertà di manifestazioni, ma costituiscono anche fattori di identità personale o collettiva e strumento di integrazione. Problema = Polisemia – stesso simbolo (significante) può comunicare diversi significati, sulla base della percezione soggettiva ma anche sulla base del contesto in cui il simbolo è posto. La dottrina li distingue: - forti = contengono un potere evocativo intenso (es. crocifisso è stato considerato tale in alcune ipotesi); - deboli = con potere evocativo più sottile; - ostentatori = rendono immediato il riconoscimento della fede religiosa di una persona (deriva dalla legislazione francese per cui – divieto di portare simboli ostentatori nei luoghi pubblici); - passivi = simboli che non hanno un potere coercitivo importante rispetto all’osservatore (es. crocifisso è stato considerato tale perché ‘affisso al muro’). Vi sono diverse tipologie di simboli religiosi: 1) Simboli religiosi tramite l’uso del vestiario e abbigliamento simbolico → abiti o gioielli di chierici, velo islamico, kippah, turbante e pugnale sikh... Problema – può andare contro a normative del nostro ordinamento (es. pugnale sikh). In Italia è presente solo una normativa che potrebbe rimandare a un divieto verso tali simboli = art 5 l. 152/75, Disposizione a tutela dell’ordine pubblico ‘è vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto a pubblico, senza giustificato motivo.’ Regolamento che va inserito in un contesto (anni 70) caratterizzato da problemi di terrorismo, ma che tuttavia nel concreto ad oggi non va a toccare direttamente ad esempio l’hijab. 2) Pratiche che incidono sul corpo → - tosatura della barba (no problemi) - circoncisione rituale maschile (attualmente consentito) - mutilazione genitale femminili (divieto) 3) Esposizione dei simboli religiosi negli edifici pubblici →Problema del crocifisso ha toccato diverse materie, in base ai luoghi istituzionali in cui sono stati affissi: - Per quanto concerne l’ordinamento penitenziario - Art 58 del Regolamento penitenziario consente ai detenuti che lo desiderano di esporre il simbolo religiosi di appartenenza. - Si è posto il problema di un giudice che era contrario all’esposizione del crocifisso all’interno delle aule giudiziarie in quanto dovendo essere lui figura imparziale era necessario togliere tale simbolo – si è data ragione a tale giudice. - Problema del crocifisso ha riguardato anche i seggi elettorali – essendo i seggi collocati all’interno delle scuole erano presenti i crocifissi, un Presidente di seggio aveva rimosso il crocifisso in quanto riteneva che per il ‘ruolo’ del seggio vi fosse incompatibilità, ed è stata richiesta verso di lui la rimozione dal ruolo – si è data ragione al Presidente di seggio - Problema del crocifisso ha toccato anche gli ospedali e le aule delle scuole pubbliche. - Ricostruzione della legislazione che ha abbracciato l’ostensione di tale simbolo = 35 → Stato liberale = art 1 Statuto Albertino ‘religione cattolica apostolica romana è religione dello Stato’ – il regio decreto n. 4336/1860 art 140, sancisce l’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole: ‘ogni scuola dovrà essere fornita di diversi oggetti – banchi di studio, un crocifisso, e un ritratto del re’. Regio decreto 150/1908 art 112 ha poi previsto l’estensione di tale obbligo alle scuole elementari e il regio decreto 27/1914 alle scuole d’infanzia. Si pensa questo sia stato un tentativo per unire gli italiani, tramite un simbolo (= coerente essendo presente una religione di Stato). → Lo Stato Fascista = circolare del Ministero della Pubblica istruzione n 68/1922 – si lamenta del fatto che vi siano scuole che non rispettano tale obbligo (violazione manifesta e non tollerabile della regola a danno della religione dello Stato e dell’unità della Nazione), introducendo di conseguenza nuovi regi decreti che intimino a ristabilire tale simbolo nell’ambiente scolastico, visto come simbolo sacro per la fede e per il sentimento nazionale. Tuttavia è cambiato qualcosa dallo Stato liberale, in cui poteva essere trovata una coerenza = cambia l’impianto del regime - crocifisso non è più solo il segno visibile della fede storicamente condivisa dalla maggioranza della popolazione (certa coerenza dello Stato liberale), ma bensì nello stato fascista, la sua presenza era piegata a simboleggiare il fondamento etico del credo nazionalista, nel quale occorreva che fossero educate le nuove generazioni. → Stato di democrazia pluralista = Costituzione repubblicana del 1948 - art 7 e 8, art 19 e 20 →insieme agli art 2 e 3 (principio di uguaglianza) costruiscono le fondamenta del principio di laicità, che è definita dalla sentenza 203/88 come ‘non indifferenza dello stato davanti alle religioni ma è garanzia dello Stato per salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale’. - Decade quindi il principio della religione dello Stato - La libertà di coscienza e della libera formazione è visto come diritto costituzionale - Vigono principi di imparzialità e neutralità dello Stato in materia religiosa e di distinzione tra gli ordini. - Legislazione alla prova con la Carta costituzionale = vi sono stati alcuni problemi preliminari – fonti di rango secondario: Il Regio decreto era un atto normativo adottato dal Consiglio dei Ministri e promulgato dal Capo di Stato. Sono formalmente escluse ex art 134 Cost dallo spettro di giudizio della Corte costituzionale. Il controllo diretto è inammissibile, quello indiretto invece si – cioè se integrano i precetti delle norme primarie. Tali norme regolamentari sono state abrogate? Vi sono state diverse tesi – art 15 Preleggi - Abrogazione espressamente = nessuna norma successiva ha dichiarato la formale abrogazione delle norme predette (quindi no); - Abrogazione implicita = d.lgs 297/94 art 676 – “le disposizioni inserite nel presente testo unico vigono nella formulazione da esso risultante, quelle non inserite restano ferme” (quindi non possiamo considerare l’abrogazione implicita) - Abrogazione tacita = Cass. Pen. 439/00 ‘Principio confessionista’ – la matrice confessionista dei Regi decreti si pongono come incompatibili con il carattere laico e pluralista dell’ordinamento. Tuttavia anche questa si tratta di una tesi poco persuasiva per la dottrina – incompatibilità è teleologica e non comporta un livello di contrasto antinomico tale da rendere impossibile la contemporanea applicazione dei Regi decreti e della Costituzione. 36 Più possibile la tesi del principio della distinzione degli ordini – art 1 dell’Accordo: non introduce chiaramente una nuova disciplina degli arredi ma potrebbe essere una base giuridica migliore per giustificare l’abrogazione tacita per incompatibilità delle norme fasciste (tese appunto a stabilire un troppo intimo legame tra istituzioni civili e religione cattolica). - Principali tappe della giurisprudenza = - Pretore di Roma, ord. Del 1986 – il crocifisso è parte del pubblico patrimonio indisponibile e la sua presenza non costituisce pregiudizio alcuno per la formazione culturale e ideologica dell’alunno perché, pur costituendo il simbolo delle religioni cristiane, esso assume rilievo per lo Stato italiano, data la particolare importanza che la figura di Cristo ha assunto nella nascita della civiltà occidentale. - Parere del Consiglio di Stato, 63/88 – il crocifisso non è incompatibile con i principi della Costituzione perché comunque si assicura la libertà di manifestazione della religione e fa parte del patrimonio storico italiano. - Interviene la sentenza 203/88 - principio di laicità - Cassazione penale 439/00 – rifiuto dell’ufficio di scrutatore (per legge non possibile) per motivi di coscienza legati alla presenza del crocifisso nei seggi elettorali = la Cassazione si esprime dicendo che il crocifisso si tratta di un’immagine religiosa, che si pone in rapporto di incompatibilità con la neutralità del luogo (seggio elettorale) richiesto per l’esercizio del voto. - Tar veneto 1110/ 2005, Caso Lautzi – figlie iscritte in una scuola pubblica e la madre (signora Lautzi) decide di impugnare gli artt 159 e 190 T.U. sulla scuola – delibera dell’istituto scolastico contenente la volontà di lasciare esposti i crocifissi nelle aule scolastiche, in contrasto con il principio di laicità. Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità. Tar del Veneto successivamente si pronuncia in questi termini = croce è simbolo del cristianesimo, ed è espressione di un sistema di valori di libertà, uguaglianza, dignità umana, tolleranza religiosa e quindi anche della laicità dello Stato – principi e valori compatibili con la Carta costituzionale. Per questo motivo il ricorso della signora viene respinto,e lei risponde impugnando la sentenza al Consiglio di Stato che esprime = crocifisso simboleggia l’origine religiosa dei valori laici, anche questa volta compatibili con la costituzione. Ragionamento quindi è che crocifisso è simbolo: - religiosa cristiana - di una serie di valori, che sono anche proclamati dalla Carta costituzionale E che di conseguenza ancora una volta si afferma che non vi è incompatibilità. Dottrina presenta delle critiche: - giudice che passa per teologo, che però laicizza il simbolo della croce - un giudice che viola il principio di distinzione degli ordini - un simbolo laico che effettiva rappresenterebbe tali valori è la bandiera La signora non si è comunque arresa e fa ricorso alla Corte EDU, che finalmente le da ragione definendo il crocifisso come un simbolo religioso ‘forte’ ed è inopportuno che sia esposto nelle scuole italiane, anche perché la libertà di coscienza merita particolare tutela. L’Italia impugna la sentenza alla Grande camera, nel 2011: - afferma che il crocifisso è un simbolo ‘passivo’ - esiste un margine di apprezzamento che è molto ampio in tale materia 37 - Per l’approvazione del piano per le attrezzature religiose è previsto un iter molto complesso, che prevede una serie di pareri di autorità legate alla pubblica sicurezza, che sono legittimati per ragione di ordine pubblico (→ evidente riferimento alla legislazione sui culti ammessi). All’interno di tale iter è prevista la possibilità per i comuni di emanare referendum consultivi. - Possibilità di cambiare la destinazione e uso di un immobile → vista l’impossibilità di aprire un luogo di culto, i fedeli modificavano la destinazione di edifici trasformandoli in luoghi di culto. E per evitare questi situazioni si è previsto che i campi di destinazione relativi ai luoghi di culto sono sottoposti in ogni caso a un permesso a costruire anche quando non c’è una nuova opera aggiuntiva – solo il fatto che quell’immobile sia destinato al culto implica un permesso. - Estensione di tale disciplina anche ai luoghi non specificamente destinati al culto, ma collegati in maniera indiretta ad associazioni anche culturali, perché è prassi che questi gruppi di persone si presentassero come ‘associazione culturale’ per poter nei fatti trasformare i locali in luoghi di culto. Su questa legge è intervenuta 2 volte la Corte costituzionale = - Sentenza del 2016, su ricorso del Presidente del Consiglio → dichiara l’incostituzionalità della legge regionale del 2015 per incompetenza della Regione su tale materia (di competenza). Incostituzionalità del doppio binario (confessioni con o senza intesa) e di tutti i controlli previsti per l’approvazione del piano per le attrezzature religiose da parte di autorità di pubblica sicurezza. Questa pronuncia fa capo all’art 117 della Costituzione (competenza), ma non a principi costituzionali – doveva esclusivamente occuparsi di governo del territorio e non libertà religiosa e ordine pubblico. Al contrario di quello che era successo nel 1993 quindi la Corte non prende posizione, non dichiara l’incostituzionalità della discriminazione, dice solo che la libertà religiosa non è di competenza delle Regioni (sotto intendendo che lo Stato sarebbe stato invece libero di farlo). - Sentenza del 2019 → dichiara l’incostituzionalità in relazione all’art 19 della Costituzione. La Corte fa qualcosa di molto più rilevante, dice – è incostituzionalità il fatto che l’obbligo di inserire necessariamente i luoghi di culto nel piano per le attrezzature religiose, come condizione per la loro costruzione, in quanto rende liberi i Comuni a impedirlo non approvando mai il piano (tutto ciò atteneva a una scelta politica). Infatti la Corte fa riferimento all’art 19 – questa condizione viola libertà religiosa in quanto è un aggravio irragionevole previsto solo per i luoghi di culto, e non tutti i luoghi. Inoltre dice che non sarebbe irragionevole questo controllo (iter aggravato) nel caso in cui il luogo di culto avesse un effettivo impatto sul territorio – per dimensioni, per numero di persone, per frequenza dei riti determina un aggravio urbanistico. Non può essere quindi una condizione sempre presente. In entrambi i casi con sentenza di accoglimento, svuotando il contenuto della legge 2/2015. Ad oggi l’apertura in Lombardia di un luogo di culto è libero, se questo non impatta in modo importante sul tessuto urbano – se questo accade si possono prevedere delle discipline specifiche. Lezione 16/11 MATRIMONIO CONCORDATARIO = tre tipi di discipline matrimoniali: → il matrimonio canonico trascritto = è disciplinato dall’Art 34 concordato + dalla legge matrimoniale che da attuazione all’art 34 del concordato (legge 847/1929); ora è disciplinato 40 dall’art 8 accordo del 1984 e ancora dalla legge matrimoniale (dato che non venne approvata la legge matrimoniale di applicazione dell’art 8 dell’accordo del 84) → matrimoni religiosi di confessioni senza intesa = era disciplinato dalla legge sui culti ammessi e dal regio decreto di esecuzione del 1930: questi regolano la trascrizione dei matrimoni religiosi di confessioni che non hanno stipulato intesa → matrimoni religiosi di confessioni con intesa = la disciplina è contenuta nelle intese La disciplina del matrimonio incarna la questione del diritto comune delle intese (intese fotocopia) - perché tutte le intese prevedono la trascrizione dei matrimoni e la prevedono con una disciplina identica. 1. Matrimonio canonico trascritto nasce come istituto nuovo con caratteristiche peculiari; le discipline e gli istituti dei matrimoni dei culti ammessi erano diverse. Tutte le diversità erano legate alla natura del matrimonio canonico trascritto: - era un sacramento regolato dal dir canonico a cui lo stato riconosce effetti civile tramite la trascrizione - il matrimonio era trascritto in modo automatico e la volontà delle parti era irrilevante - la trascrizione inoltre prescindeva dall’esistenza di impedimenti inderogabili per la legge civile la natura peculiare di tale istituto aveva delle conseguenze in relazione alla nullità Esistevano una serie di regole che rendevano la peculiarità di tale istituto: una di tali regole era la riserva di giurisdizione esclusiva dei tribunali ecclesiastici - significa che aveva competenza a pronunciarsi sulla validità del matrimonio soltanto il giudice ecclesiastico. Le pronunce di nullità dei giudici canonici venivano riconosciute in modo automatico nell’ordinamento dello stato tramite il procedimento di delibazione di competenza della corte di appello → procedimento caratterizzato da automaticità - infatti la volontà delle parti era irrilevante perché una volta emessa la sentenza dai tribunali ecclesiastici essa veniva mandata alla corte di appello che aveva solo poteri di controllo formale Queste regole incarnavano il principio di unicità degli status = chi risultava sposato davanti alla chiesa risultava sposato anche davanti allo stato. 2. Diversa era la natura del matrimonio celebrato davanti ai ministri di culto dei culti ammessi: disciplinanti dalla legge sui culti ammessi - Il ministro di culto doveva essere autorizzato a celebrare il matrimonio - Ci voleva un nulla osta specifico per la trascrizione del matrimonio - Il matrimonio poteva essere trascritto solo in assenza di impedimenti previsti per il diritto civile - Nessun riconoscimento era previsto per eventuali sentenze di nullità dichiarate da tribunali confessionali In pratica era una speciale forma di celebrazione del matrimonio civile Quindi matrimoni canonici trascritti e matrimoni dei culti ammessi SONO MOLTO DIVERSI Anni 40-60= Entra in vigore la Carta costituzionale e per parecchi decenni la situazione rimane immutata perché era di questi anni il principio di insindacabilità delle norme pattizie - quindi l’art 34 del concordato è intoccabile. Anni 70 = la situazione inizia a cambiare specialmente dal punto di vista sociale. - Nel 1970 viene approvata la Legge sul divorzio, la n 898, prevede lo scioglimento del matrimonio civile se sussistono una serie di condizioni richieste dalla legge 41 Tale legge all’art 2 prevedeva e prevede che lo scioglimento potesse essere pronunciato anche in relazione dei matrimoni religioni trascritti - ma in questo caso si parlava non di scioglimento ma di cessazione degli effetti civile = veniva meno il principio di uniformità degli status matrimoniali il principio che animava l’art 34 del concordato - quindi un soggetto poteva risultare sposato davanti alla chiesa con una persona davanti allo stato con un’altra. Primi anni 70 → ci furono numerose ordinanze di rinvio alla corte costituzionale che ponevano questioni di legittimità dell’art 2 della legge sul divorzio: la norma costituzionale ritenuta lesa era l’art 7 della costituzione in quanto norma che richiamava l’art 34 del concordato = art 34 del concordato diveniva parametro di costituzionalità. Le ordinanze pure essendo diverse ponevano la questione da due punti di vita: a) Se il matrimonio canonico trascritto era regolato dal diritto canonico ciò significava che era regolato anche da quei principi del dir canonico quale il principio di indissolubilità del matrimonio → tale principio era recepito allo stato quando riconosceva effetti civile a quell’atto regolato dal dir canonico b) Altre ordinanze facevano riferimento alla riserva di giurisdizione esclusiva → si sosteneva che fosse impensabile che un giudice civile potesse sciogliere tali matrimoni dato che non ha competenza. Queste sentenze della Corte Costituzionale sono importantissime nel superamento del sistema matrimoniale concordatario = enuncia dei principi che ci serviranno alle successive sentenze della CC e del legislatore per superare tale sistema vecchio e il principio dell’unicità degli status matrimoniali. La CC ci dice che se anche quel atto è regolato dal dir canonico ciò non implica che la disciplina canonica venga recepita dalla disciplina dello stato perché la legge sul divorzio si occupa solo sugli effetti civile dello stesso non della validità dell’atto -> il matrimonio resta indissolubile viene privato degli effetti civili-> dato che al ricorrere di alcune condizioni lo stato ha decido di riconoscere al matrimoni effetti civili allo stesso modo può eliminarsi; in più dice che la riserva riguarda solo la validità del matrimonio e non sugli effetti civ il giudice civ non interviene sulla validità ma sugli effetti -> la riserva di giurisdizione non viene tocca rimane integra Tali sentenze ci conducono al concetto che GLI EFFETTI CIV SONO DELLO STTAO -> TUTTO CIO’ CHE RIGUARDA LA VALIDITA’ E LOS CIOGLIEMNTO RIGUARDA LA CHIESA Con tali sentenze e la legge sul divorzio faccio un balzo in avanti nel superamento del vecchio sistema matrimoniale MA IL VERO SUPERAMENTO SI HA (prima della modifica del concordato del 1894) è fatto dalla CC negli anni 80 (ancora in vigore i patti lateranensi) intervenendo due volte con sentenze rivoluzionarie: intervengono sulla trascrizione che sul riconoscimento della sentenza di nullità - 16 del 82 sentenza importante perché denota il superamento dei principi del matrimonio concordatario-> tale sentenza riguarda la trascrizione e si occupa in particolare dell’impedimento dell’età  Noi sappiamo che i matrimoni canonici venivano trascritta anche se esistevano impedimenti previsti dal cod civ. il cod civ non prevedeva tra gli impedimenti la minore età; quindi, le età previste dal diritto canonico e civile coincidevano. MA la situazione cambia con la riforma del diritto di famiglia nel 75 viene fissata la maggiore età a 18 e si introduce l’impedimento dell’età vietando il matrimonio civile ai minori si 18 A metà degli anni 70 la situazione diviene problematica: i minori potevano sposarsi anche se minori con matrimonio cattolico, il quale veniva trascritto anche se esisteva un nuovo impedimento nel cod civ= la situazione era contraddittoria-> in più quindi solo i minori cattolici potevano sposarsi ciò era in contrasto con art 3 della cost 42 – prima della cerimonia le parti devono presentarsi davanti all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza, dichiarando di volersi sposare con matrimonio con effetti civili chiedendo quindi la pubblicazione nella casa comunale della loro volontà – richiesta di pubblicazione (primo atto di manifestazione di volontà). Questa richiesta già si sottende la volontà di trascrivere l’atto di matrimonio. - L’Ufficiale renderà pubblica l’intenzione delle parti di contrarre matrimonio, pubblicando i dati anagrafici delle parti → pubblicazione ha il fine di dare la possibilità ai terzi, potendone venire a conoscenza, di far valere gli eventuali impedimenti inderogabili. - Le pubblicazioni devono restare visibili per almeno 8 giorni (comprese due domenica) e dopo tale periodo, in assenza di opposizioni, l’Ufficiale rilascia entro 3 giorni un certificato chiamato nulla osta = quando i coniugi hanno tale certificato sono certi della futura trascrizione del matrimonio. Se eventuali opposizioni verranno presentate dopo il nulla osta non impediranno la trascrizione, ma bensì potranno valere come impugnazione della trascrizione (già avvenuta). - A questo punto le parti possono fissare con il proprio ministro di culto la data del matrimonio – conferma la volontà tacita ma inequivocabile di trascrivere il matrimonio. - Ministro di culto leggerà diritti civili e doveri dei coniugi (in alcune intese la lettura dei diritti civili è consentita al di fuori dalla celebrazione). - Coniugi e testimoni firmano l’atto in doppio originale (doppia sottoscrizione che conferma che tale matrimonio è destinato ad essere trascritto perché un originale va alla casa comunale e uno va al ministro di culto). - Ministro di culto ha 5 giorni (perentorio) di tempo per prendere l’originale e portarlo in comune. - Ufficiale di stato civile ha 24 ore di tempo per trascrivere il matrimonio. Questa appena descritta è la trascrizione tempestiva, caratterizzata da tale concatenazione di eventi. La tempestività è rappresentata anche dal fatto che la pubblicazione ha una validità di 180 giorni – se sposi entro tale termine non celebrano il matrimonio devono ripresentare una nuova richiesta di pubblicazione. Dopo tale analisi possiamo dire quindi che carattere fondamentale è la tacita ma inequivocabile volontà delle parti. Il matrimonio non può essere trascritto in presenza di un impedimento inderogabile per il codice civile = diverso dal Concordato del 29 che invece consentiva la trascrizione anche in presenza di impedimenti inderogabile, ad eccezione dell’interdizione legale e assenza di libertà (art 12 della legge matrimoniale). Questa è un’altra importante differenza con il passato. Trascrizione tardiva = retaggio del 1929 quando tutta la disciplina del matrimonio concordatario era caratterizzato dal principio di unicità degli status (regola non scritta) – in ragione di tutto ciò era previsto l’istituto della trascrizione tardiva, che è stato conservato anche nell’Accordo. Questo istituto riguarda solo ed esclusivamente i matrimoni canonici (ne nelle intese ne nella legge sui culti ammessi). Istituto – non è rispettato l’ordine e comportamenti previsti dall’art 8 comma 1 per la trascrizione tempestiva, per qualsiasi motivo. Per assurdo anche quando le parti quando hanno contratto matrimonio non volevano un matrimonio con effetti civili, volevano solo un matrimonio religioso, per ragioni economiche o perché esiste tra di loro un impedimento inderogabile → in tutti questi casi si può applicare la trascrizione tardiva. Matrimonio non viene trascritto nei tempi definiti dall’art 8, ma in un futuro ipotetico. In questi casi si perde l’idea della volontà tacita dei coniugi – se si segue i tempi previsti per la trascrizione tempestiva si può presumere la loro volontà. Venendo meno tale presunzione è prevista la dichiarazione espressa della loro volontà: 45 da entrambi i coniugi, o da uno dei due, con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro (impossibile provare la conoscenza e non opposizione nel concreto). Quindi questo istituto va ad aprire numerosi dubbi. Trascrizione post mortem = richiesta di trascrizione proveniente dopo la morte di uno dei due coniugi – caso tipico nella disciplina del 1929 caratterizzato dalla mancanza di limiti. Il fatto che la richiesta della trascrizione debba essere contestuale esclude di per sé la richiesta effettuata post mortem di uno o entrambi i coniugi – anche se la richiesta fosse contenuta in un testamento. La richiesta di trascrivere il matrimonio deve essere assolutamente contestuale (si desume dalla necessaria attualità della volontà della parte e della dichiarazione). Questo perché gli effetti della trascrizione sono retroattivi – risultano sposati dal momento della celebrazione – e anche per questo l’art 8 prevede che la trascrizione tardiva sia possibile solo se i coniugi hanno mantenuto lo stato libero dal momento della celebrazione. → Riconoscimento delle nullità canoniche, art 8 comma 2: le differenze rispetto al passato sono maggiori rispetto all’art 8 comma 1, ed è proprio in questa disciplina che si evidenzia la natura ibrida di questo istituto (totale incoerenza dell’istituto non si capisce niente) rendendo difficile un’interpretazione coerente dell’istituto. La prima importante novità è che la competenza esclusiva dei giudici ecclesiastici non c’è più – esegesi del silenzio, dottrina e giurisprudenza non capivano se tale buco normativo implicasse l’abrogazione della riserva di giurisdizione oppure no. Però possiamo dire che ormai da parecchi anni, i giudici civili dichiarano nullità di matrimoni concordatari – quindi potremmo dire che tale questione molto complessa è stata superata nei fatti. Altro problema invece è quale diritto usano i giudici civili per dichiarare la nullità del matrimonio? Diritto canonico o civile? Il diritto civile se no ci sarebbe una grave violazione del principio di separazione degli ordini. La Cassazione dice che non ci sarebbe alcun problema nell’applicare il diritto canonico, perché giudice civile può ad esempio applicare il diritto di uno stato straniero – tuttavia non è proprio così perché la Chiesa non è uno Stato, la sovranità non è generica ma è ciascuno nel proprio ordine. Infatti nessun giudice si è mai messo nella posizione di applicare il diritto canonico. Già capiamo da queste affermazioni che inizia a vacillare l’idea di matrimonio canonico trascritto come atto regolato dal diritto canonico a cui lo stato si limita a collegare effetti civili (del 1929): - giudici civili può dichiarare nullità - in più dichiarano l’applicazione del diritto civile dai giudici civilistico (superamento della riserva e tutto ciò che ne consegue) Ma bensì ci avviciniamo sempre di più a una visione del matrimonio canonico come una speciale forma di celebrazione. L’aspetto che in cui vi sono ancora molte differenze tra matrimonio concordatario e altri matrimoni: - riconoscimento delle sentenze di nullità → previsto solo per matrimonio canonico trascritto - gli altri matrimoni religiosi, se anche venissero sciogli da giudici confessionali → tutte queste pronunce di natura confessionale nel nostro ordinamento non sono riconosciute (non le recepisce direttamente) Diverso è il caso in cui invece queste pronunce vengano recepite in ordinamenti diversi dal nostro (confessionali) che le recepiscono come sentenze proprie – il nostro ordinamento può recepire indirettamente tali sentenze confessionali, ma in quanto sentenze internazionali (non proveniente da giudice confessionale ma visto come sentenza dell’autorità straniera). 46 Il nostro ordinamento recepisce solo le sentenze di nullità. Novità principale = necessaria istanza di parte, non è previsto alcun riconoscimento di sentenze di nullità se una delle parti non lo chieda. - Se le parti non sono interessate, per qualsiasi motivo, al riconoscimento quella nullità resta nella sfera confessionale → matrimonio resta valido per l’Italia e nullo per la Chiesa. Questo ancora una volta conferma che non si può parlare di un atto regolato dal diritto canonico a cui lo stato si limita a collegare effetti civili (si rafforza l’idea di una natura ibrida dell’istituto – due nature, uno canonico e uno civile). - Può capitare che le parti non siano d’accordo nel chiedere il riconoscimento di tale nullità = si instaura un vero e proprio contraddittorio davanti alla Corte d’Appello per il riconoscimento. In questo caso in quanto un vero e proprio giudizio, verrà instaurato con un atto di citazione. - Diverso dal caso in cui entrambe le parti siano d’accordo che con ricorso congiunto chiederanno il riconoscimento della nullità, non creando alcuno specifico contraddittorio. Lezione 22/11 Procedimento per ottenere riconoscimento della sentenza di nullità canonica = questo procedimento è disciplinato dall’art 8 comma 2 dell’Accordo e dal punto 4 del Protocollo addizionale, mentre non ha una legge di applicazione specifica, e di conseguenza bisogna applicare ancora la legge del 1929 – anche se la possibilità di applicarla è quasi impossibile, a causa delle novità rilevanti che si sono adottate. Una novità assoluta è la necessarietà dell’istanza di parte – senza, la nullità rimane limitata alla sfera confessionale. Come abbiamo detto i problemi nascono quando le parti non sono d’accordo = una parte vuole il riconoscimento degli effetti civili e l’altra no – contraddittorio. Questo contraddittorio ha come oggetto l’accertamento dei requisiti della sentenza per ottenere riconoscimento – art 8. = forte legame con il procedimento previsto per il riconoscimento delle sentenze straniere (art 796 ss c.p.c.) – Corte d’Appello deve accertare una serie di condizioni. C’è proprio un richiamo esplicito a tale disciplina nell’art 8 comma 2 dell’Accordo tra le condizioni per il riconoscimento della sentenza di nullità → “che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere”. Quindi l’art 8 comma 2 recepisce quindi le risultanze della sentenza 18/82, ma non si limita a questo, perché richiama il procedimento per il riconoscimento delle sentenze straniere. Riconoscimento quindi da automatico diviene eventuale – avviene solo all’esito positivo di tal procedimento. Il richiamo a tale procedimento è detto dalla giurisprudenza un richiamo materiale = il fatto che il richiamo, basato su articoli del c.p.c. che sono stati poi abrogati, non implica un’abrogazione anche di tale richiamo → ultrattività, resistenza all’abrogazione. Quindi la successiva abrogazione delle norme sul riconoscimento delle sentenze straniere (non più applicabili per queste ultime), non implica la loro disapplicazione nei confronti delle sentenze ecclesiastiche. Materiale = non formale 47