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appunti diritto ecclesiastico, Appunti di Diritto Ecclesiastico

appunti sistemati di tutte le lezioni di diritto ecclesiastico

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 22/06/2023

Arianna2023
Arianna2023 🇮🇹

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Scarica appunti diritto ecclesiastico e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! Lezione 13 settembre 2021 Il diritto canonico è il diritto che disciplina la chiesa. Il diritto ecclesiastico inizialmente riguardava il rapporto tra stato e chiesa cattolica, ad oggi riguarda le leggi non confessionali, ma dello stato che disciplinano le norme con il fenomeno religioso. Sono in corso proposte di riforma del nome diritto ecclesiastico, in quanto il nome fa pensare a un qualcosa che appartiene alla chiesa, non allo stato. Ad esempio, in Francia di parla di diritto pubblico ecclesiastico. Questo diritto concilia lo stato con ordinamenti confessionali. La materia presente dei caratteri politici, in quanto la gestione del rapporto con le confessioni religiose viene gestito dallo stato. Per effetto delle migrazioni, globalizzazione ecc. la composizione degli stati dal punto di vista religioso è mutata e diversificata, quindi il fulcro dello studio si sposta da stato italiano- chiesa cattolica a stato- confessioni religiose con particolare attenzione alla confessione religiosa di maggioranza. La scelta di come rapportarsi con le diverse confessioni religiose è di tipo politico, per qualsiasi stato. Ma le modalità di rapporto sono diverse per ogni stato e caratterizza la forma dello stato. All’art 8 la costituzione stabilisce come lo stato di può rapportare con le confessioni religiose diverse da quella cattolica. Non parla di uguaglianza di confessioni ma tutte le confessioni sono ugualmente libere. Non si attribuisce a tutte le confessioni lo stesso trattamento. Non c’è obbligo alla stipulazione dell’intesa. È il governo che deve inserire nell’ordine del giorno la discussione sul testo dell’intesa. Se ciò non accade, anche se i contenuti dell’accordo sono stati discussi, la confessione non ha diritto e quindi pretesa di costringere il governo a discutere dell’accordo in parlamento ne di farla approvare. Possono esserci accordi con confessioni religiose che hanno pochissimi appartenenti e invece altre confessioni con molti appartenenti che non hanno alcun tipo di convenzione (testimoni di Geova e Islam). Tutte le intese sono volte a garantire che le necessità della confessione religiosa vengano assorbite e riconosciute, garantendo anche una tutela per gli appartenenti. Anche agnostici o non credenti hanno chiesto di ottenere intese con lo stato pur negando l’esistenza di una divinità. Il problema che si pone recentemente è più quello di dimostrare di appartenere ad una confessione religiosa che sentirsi effettivamente affini ad una confessione. Prima era la religione di maggioranza ad influenzare le norme dello stato, in quanto si aderiva ai valori di una determinata confessione religiosa. Oggi questa influenza sul legislatore non esiste più, ma la pressione delle norme religiose c’è quando lo stato deve disciplinare questioni che riguardano le confessioni religiose. Sito governo-> sezione con confessioni religiose. Scritte le intese Riviste-> olir.it / statoechiese.it / quaderni di diritto e politica ecclesiastica Lezione 14 settembre 2021 Stati e Confessioni Religiose Il modo con cui uno Stato si rapporta con le confessioni religiose definisce un po’ la forma di Stato. Si identificano cambiamenti che servono per relazionarsi con le confessioni religiose. Uno Stato Teocratico fa coincidere la legge religiosa con la legge civile. Non soltanto prevale la norma religiosa, ma anche chi le interpreta e applica. Tradizionalmente i Paesi teocratici possono essere, al giorno d’oggi quelli islamici. Al giorno d’oggi in Occidente pensiamo ad ordinamenti separatisti oppure ordinamenti concordatari o pattizi. Ci troviamo di fronte comunque a realtà molto diverse. Se parliamo di separatismo alla francese o di modello americano o nei Paesi dell’ex-URSS, possiamo usare un’etichetta unica, ma vediamo esperienze diverse e, per certi versi, antitetiche. Se in Francia lo Stato e le confessioni religiose sono separate e l’appartenenza del soggetto è vista come un interesse che attiene solamente al privato e le singole confessioni sono considerate come associazioni private. Il separatismo francese nasce con un conflitto con la gerarchia ecclesiastica, non tanto con la religione in sé. Il separatismo statunitense mostra un’esperienza completamente diversa: negli USA infatti l’esigenza del modello separatista nasce dal fatto che per poter consentire a tutti di esercitare il proprio Credo l’unica possibilità era di tenere un’equidistanza da tutti i culti, mostrando altresì diffidenza verso i non credenti. Nel mondo sovietico, lo Stato si faceva promotore di un’appartenenza di tipo ateistico: la pratica collettiva del culto veniva fortemente limitata, secondo i dettami dell’ideologia marxista. Gli Stati Concordatari, che scelgono la soluzione pattizia per dirimere i rapporti con le confessioni religiose, diedero inizialmente a molti studiosi l’idea che la Chiesa Cattolica volesse una garanzia superiore rispetto agli altri culti. La nascita di questa esperienza coincide con la presenza di ordinamenti di Stati Totalitari. Finite le esperienze dittatoriali, i Concordati furono adattati con le nuove Costituzioni democratiche. Si è cercato, negli ordinamenti concordatari, di utilizzare lo strumento dell’intesa per disciplinare i rapporti con i culti non cattolici. Quasi nessuno Stato negli ultimi cento anni ha modificato il modello di relazione tra Stato e confessioni religiose, con l’eccezione di qualche Paese ex marxista come la Polonia. Ciò non vuol dire che nulla sia cambiato. Gli USA ad esempio sono diventati molto meno critici verso le posizioni dei non credenti, mentre la Francia ha irrigidito molto la sua posizione neutralista vietando i simboli religiosi nei luoghi pubblici, pur cercando di intensificare dal punto di vista anche dei finanziamenti i rapporti con le varie confessioni. I Paesi Nordici hanno una Chiesa di Stato, a cui il Re deve obbligatoriamente appartenere e in alcuni casi riveste anche il ruolo di Capo della Chiesa. L’esperienza italiana In Italia abbiamo avuto per molto tempo tutti i sistemi a cui abbiamo fatto riferimento. L’esperienza italiana è particolare per la presenza del Pontefice, che è un elemento che porta tutti i cattolici del mondo a guardare all’Italia. Non c’è dubbio che questo abbia inciso e che continui ad incidere non solo dal punto di vista giuridico, ma anche politico. Non ci sono solo le posizioni della Chiesa, ma anche la caccia del consenso dei cattolici. Il peso del pronunciamento del Pontefice ha sicuramente un peso maggiore in Italia. L’art.1 dello Statuto Albertino riconosceva la Religione Cattolica, Apostolica Romana come Religione dello Stato: si delinea così uno stato confessionale. Lo stato in questo modo cerca il più possibile di sposare i valori di una religione. Lo Stato confessionale tende ad avere questo tipo di atteggiamento: nel momento in cui si giunge all’Unità d’Italia, si arriva in antitesi con il potere della. Chiesa Cattolica. In questo modo si esaurisce il potere temporale dei Pontefici. Nasce il problema del trattamento che bisognava riservare allo stesso Pontefice. Con un’operazione che partiva da lontano, i beni ecclesiastici furono incamerati dal demanio pubblico. Poco dopo dall’entrata in vigore dello Statuto Albertino, che pure non era una Costituzione rigida, lo Stato cercò di riappropriarsi in modo unilaterale di una serie di attività che la Chiesa svolgeva ritenendoli suoi compiti: è il caso della scuola, della sanità, dello stato civile, dell’assistenza e della beneficienza. Lo Stato capì che questi compiti dovevano essere propri e non di una confessione religiosa. Con le leggi eversive, dal 1890, lo Stato trasferì a sé non solo molte funzioni che competevano alla Chiesa, ma anche i beni che servivano per svolgere quelle funzioni. Quello che crea maggiore conflitto tra Stato e Chiesa Cattolica una volta terminato il potere temporale era la cosiddetta Legge delle Guarentigie del 1871, che doveva disciplinare la posizione del Pontefice all’interno dello Stato Italiano: questa era una legge unilaterale e fu vissuta dai Pontefici come un affronto. Al Pontefice veniva riconosciuto, con la Legge delle Guarentigie, il diritto ad utilizzare i palazzi pontifici, di tenere il consueto numero delle guardie e la sua personalità fu paragonata a quella del Re. Pio IX si dichiarò prigioniero: in questo modo rifiutavano l’unilateralità della Legge dello Stato. Questo ebbe dei riflessi molto pesanti sulla vita politica italiana, che culminò con il Non Expedit (1874), divieto per i cattolici di prendere parte alla vita politica del Paese e di andare a votare. Per un lungo periodo di tempo, i cattolici non furono parte della vita politica del Paese. Alcuni anni dopo, nel 1881, Leone XIII chiarì che il Non Expedit era un vero e proprio divieto, che fu ribadito nel 1886 dal Santo Uffizio. Da un lato il potere politico si rese conto che in Italia i cattolici erano importanti per l’amministrazione della cosa pubblica, mentre i cattolici si resero conto che rimanere sull’Aventino li avrebbe continuamente esclusi dalle decisioni importanti. Il Patto Gentiloni (1911) portò i cattolici a candidarsi per portare i valori cattolici all’interno dello stato italiano. se si volesse cambiare l’ordine di questi articoli si dovrebbe partire dall’articolo che riguarda tutte le confessioni religiose. Il procedimento attraverso il quale si giunge a questa composizione è il seguente: Il 2 giugno del 1946 si svolgono due votazioni: Il referendum circa la forma di stato e elezioni per l’assemblea costituente. L’assemblea costituente avrà solo un vincolo, quella della forma di stato che sarà decisa dai cittadini (uomini e per la prima volta donne). La democrazia cristiana non ottiene maggioranza assoluta ma relativa. I cattolici sono contenti del risultato in quanto avranno comunque la loro rappresentanza, inoltre hanno a loro vantaggio il fatto che i partiti rivali, prevalentemente laici, sono divisi al loro interno. La democrazia cristiana presentò un progetto che venne quasi del tutto attuato poiché le altre forze politiche, divise al loro interno, non riuscirono a presentare un progetto diverso che venisse approvato da un numero sufficiente di persone. I partiti socialisti e comunista hanno più o meno la stessa matrice, ma la differenza è che il primo partito è disinteressato nei confronti del rapporto Stato- confessioni. Si chiedevano cosa fare dei Patti Lateranensi contenenti norme liberticide. La democrazia cristiana, alla fine della guerra, non pensava di tenere i Patti, poiché essi rappresentavano un periodo buio della storia. Alla fine, i Patti rimangono perché alcun partito ha intenzione di denunciarli. La ragione della mancata denuncia è il raggiungimento di una pace religiosa. Togliendoli si sarebbe riaperta una ferita per il popolo italiano. Le altre formazioni politiche erano: - Partito liberale legato all’idea libera chiesa libero stato; - Partito repubblicano; - Partito d’azione, molto piccolo ma prevalentemente laico votato dai valdesi; - Partito democratico del lavoro, del quale faceva parte Cevolotto; - Partito dell’uomo qualunque. La maggior parte dei partiti erano laici. Si stagliano due posizioni. In una si mantiene la posizione della chiesa cattolica secondo cui la religione cattolica deve essere religione di stato. Si concepisce la libertà religiosa come la libertà della Chiesa. Dall’altra posizione si ha uno schieramento laico, maggioritario, secondo cui la libertà religiosa è quella del singolo individuo. Le confessioni religiose devono essere uguali davanti alla legge, devono cavarsela da sole, senza alcun tipo di aiuto dallo stato. Una è quella della chiesa cattolica, che vedeva la religione cattolica come la religione di stato. La libertà religiosa era la libertà della chiesa. La seconda è la visione laica, la libertà religiosa non è quella della chiesa e delle altre confessioni, ma è quella di ognuno. Le confessioni non devono avere appoggio da parte dello stato. I programmi presentati dalle diverse forze politiche erano antitetici sotto certi aspetti: es. laicità/natura pubblica delle scuole (in quanto nelle scuole si insegnava la religione cattolica. Organizzazione dei lavori L’assemblea costituente istituisce la commissione dei 75 il cui presidente è Meuccio Ruini. La commissione deve elaborare il testo della Costituzione e si divide in 3 sottocommissioni, la prima è importante perché si occupa della libertà religiosa e rapporti tra stato e chiesa cattolica (le altre confessioni religiose non sono prese in considerazione). Nelle sottocommissioni i vari argomenti sono affidati a coppie di relatori appartenenti ad orientamenti diversi. Importanti sono stati Dossetti (democrazia cristiana) e Cevolotto (appartenente al partito democratico del lavoro) che si occuparono dei rapporti stato chiesa nel tema lo stato come ordinamento giuridico. Il problema che si pone è la posizione del rapporto stato chiesa quando si lavorava per occuparsi del rapporto dello stato con tutte le confessioni religiose. Questa modalità ha ovviamente prodotto conseguenze sulle minoranze religiose, ovvero che nessuna confessione religiosa ha personalità di diritto internazionale, le confessioni diverse dalla religione cattolica non trovavano spazio nel rapporto con lo stato perché non costituiscono ordinamenti come la chiesa cattolica. I democristiani ottengono: - Riconoscimento libertà religiosa intesa come libertà della chiesa non dei singoli. - Mantenimento dei patti lateranensi e loro citazione nella Costituzione - Libertà della scuola, si riconosce l’iniziativa educativa privata. L’unica cosa che non ottengono la norma sull’indissolubilità del matrimonio. Essa è prevista nel codice civile ma non nella costituzione. Il progetto viene discussa da sottocommissione, commissione dei 75 e poi assemblea costituente. Si cambierà la posizione di alcuni articoli, viene effettuata una nuova numerazione di alcuni articoli. Differenze sostanziali: Dossetti insiste sui rapporti tra ordinamenti e la libertà religiosa è la libertà della chiesa cattolica, in quanto la chiesa ha una sovranità sulla quale lo Stato non può interferire, La chiesa è un ordinamento originario distinto dallo stato. Cevolotto invece ha una visione più liberale, tant’è che crede che la libertà religiosa sia quella individuale, e ogni confessione deve essere uguale davanti alla legge. Se avesse appoggiato l’idea di Dossetti non ci sarebbe stata parità di trattamento tra individui perché coloro che appartenevano alla religione cristiana (considerata privilegiata) sarebbero stati preferiti. Una proposta di legge era: - in caso di legge ingiusta il cittadino può desistere dal rispettarla-> viene poi non approvata. (obiezione di coscienza). Il regime democratico si oppone fortemente. La legge aveva senso per i democristiani perché in questo modo si voleva superare il regime totalitario. - Lo stato si riconosce membro della comunità internazionale: idea di sovranità limitata che i cattolici rifiutavano. Il principio passa. - La differenza di religione non può essere causa di incapacità civile l’accento viene posto al centro, è possibile diffondere il proprio culto, è possibile il proselitismo. Cevolotto invece ha diversa opinione sull’obiezione di coscienza: non è possibile sfuggire alla legge a causa della propria religione o della filosofia di vita che si segue. Assemblea plenaria: ruini deve informare gli altri su cosa si è discusso. Ruini dice che tutti riconoscono che le confessioni religiose in generale devono essere autonome e non oppresse come sotto il regime fascista. Non si è d’accordo sulla sovranità e non si è d’accordo nemmeno sulla menzione dei Patti lateranensi nel testo. L’attuale articolo 7 è sostenuto, durante la votazione, dalla democrazia cristiana, i comunisti. Il partito liberale, era molto contrario, ma al suo interno alcuni votarono a favore. Il liberale Croce fu uno dei senatori contrari ai Patti Lateranensi quando questi dovevano essere votati dalle Camere. (in senato i patti passarono all’unanimità, in senato passarono ma con alcuni oppositori tra cui proprio Croce). Il giorno della votazione degli articoli discussi, Croce non c’era e quindi non votò. Votarono contro questo articolo anche i repubblicani e i labouristi (laici). Togliatti fece votare i comunisti a favore come “decisione personale”. Questo perché egli cercava un avvicinamento con la chiesa, sperando in una concessione. Negli anni 50 però i comunisti vennero scomunicati. Parte della storiografia dice che questo voto dei comunisti era totalmente a sorpresa mentre altri storiografi affermano che il voto favorevole dei comunisti fosse invece già noto. Venne cambiato l’ordine degli articoli. Quello che vediamo oggi è il frutto del cambiamento d’ordine. Le minoranze religiose sono fortemente contrarie perché credevano nell’indipendenza delle confessioni religiose e non volevano l’aiuto dello stato. Le comunità ebraiche dovettero affrontare grandi problemi anche dopo l’entrata in vigore del testo, perché dovevano ancora essere tolte le leggi razziali. Gli ebrei hanno dovuto fare campagne ed insistere per togliere, norma per norma, tutte le leggi razziali . Lezione 20 settembre 2021 L’art 7 C “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale ” ha permesso di aprire, per le confessioni religiose diverse dalla cattolica, una strada diversa rispetto a quella proposta ad esempio dal sistema francese, caratterizzato dal separatismo. Esso permette di mantenere un rapporto particolare tra lo stato e la chiesa cattolica che non veniva più vista come la religione di stato, ma diventava un sistema a se. L’assemblea costituente si prefigge l’obiettivo di elevare la posizione delle altre confessioni religiose e ci riesce, ma queste non vengono però messe sullo stesso piano della religione cattolica. L’art 8 ha creato dibattiti nell’assemblea costituente, in particolar modo il co. 2. Si discusse perché in una delle proposte era stato scritto “che tutte le confessioni sono eguali”. Venne instaurato un dibattito per due motivi: 1) Da un lato c’era l’idea che non si può dire che tutte le confessioni sono uguali davanti alla legge perché le confessioni si distinguono per le loro specificità ed esigenze di tutela differenti. Es la questione della macellazione rituale degli animali che consente di far divenire quella carne come lecita, sono esigenze tipiche di ebraismo ed islam. Si inizia a pensare che la vera uguaglianza non è trattare tutti allo stesso modo ma dare a ciascuno il suo. Il primo comma dell’art. 8 viene varato nel modo in cui lo leggiamo noi oggi. 2) Dall’altro lato si credeva che tante norme dell’ordinamento in realtà partivano dal presupposto della differenza delle confessioni religiose e trattavano e tutelavano la religione cattolica in modo diverso rispetto alle altre confessioni. Se si fosse detto da subito che le confessioni sono eguali si sarebbe andati incontro all’incostituzionalità di tutte le altre norme di altri scritti che trattavano la materia religiosa. Nel 2° comma dell’art 8 si fa riferimento alle forme di organizzazione delle confessioni religiose. Si sente questa necessità perché nel 1930/31, in corrispondenza nel periodo nel quale vengono firmati con la chiesa cattolica i patti lateranensi e viene inoltre emanata la legge sui culti ammessi, venivano approvate unilateralmente le leggi che disciplinavano le comunità ebraiche, che integravano lo statuto dell’ebraismo italiano. Era lo stato italiano che con la sua legge dava organizzazione ad una confessione religiosa. Dopo la guerra si voleva evitare questa invadenza statale, per cui si stabilisce che le confessioni hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti quando essi non contrastino con l’ordinamento italiano. Si impedisce che lo stato con legge unilaterale dia organizzazione di una confessione religiosa. Questa questione è importante perché dalla lettura dell’articolo 8 si evince che il legislatore immagina che possano esserci delle confessioni religiose organizzate e altre non organizzate. Il potere di organizzarsi secondo propri statuti non è un dovere. Quindi le confessioni possono anche vivere senza organizzarsi. Questo comma è frutto della difficoltà di trovare un’intesa con le confessioni non organizzate. Il co. 3 art 8 stabilisce che le confessioni diverse dalla cattolica vedono i rapporti con lo stato regolati da intese. Queste intese devono essere raggiunte dallo stato con le relative rappresentanze. Sembra cosi che una confessione che non sia in grado o che non voglia organizzarsi per trovare un legale rappresentante sia impossibilitata a stipulare l’intesa. La dottrina dice che un gruppo di persone con stessa credenza senza rappresentante non possa essere qualificato come confessione. Ciò implica che la mancanza di rappresentante non impedisce il riconoscimento da parte dello stato, ma costituisce ostacolo per la stipulazione dell’intesa, perché lo statuto consente di identificare chi sia il legale rappresentate della confessione religiosa. Se non c’è il rappresentante che agisce per nome o per conto di qualcuno deve comunque esserci uno strumento, seppur minimo, che giuridicamente consenta all’ordinamento italiano di riconoscere chi agisce per conto dei credenti per concordare uno statuto. La CC giunge a conclusione precise: “la corte non può esimersi dall’estendere la verifica di costituzionalità alla normativa negoziata, essendo indubbiata di contrasto con uno dei principi dell’ordinamento costituzionale, in particolare per la discriminazione dei cittadini per motivi di religione e per la limitazione della libertà negativa di non professare alcuna religione a causa del pluralismo religioso”. Poi dice “i valori richiamati permettono di strutturare il sistema della laicità dello stato, che è uno dei profili delineati nella costituzione”. la CC qualifica la repubblica come laica ma eleva il principio di laicità a principio supremo dell’ordinamento. “il principio di laicità implica non indifferenza dello stato nel trattamento riservato alle religioni, ma la garanzia dello stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale”. All’interno della sentenza il ruolo della CC è quello di chiarire e specificare in modo dettagliato cosa si intenda per stato laico. La corte poi, attraverso altre sentenza, ha usato il principio per giustificare e motivare alcune sentenze che hanno modificato non solo le norme pattizie ma anche unilaterali, dello stato, di tipo regionale. Ruolo della corte: chiarificatore. Pone attenzione su tutte le religioni e tutte le culture. Quando la costituzione all’art 7 parla dei patti lateranensi utilizza un termine cumulativo, ma bisogna distinguere i contenuti dei Patti. In quanto una parte verrà modificata, mentre l’altra no, nonostante la minaccia dei radicali. I patti sono costituiti da un lato da Concordato e dall’altro dal trattato del Laterano. Il Trattato è il trattato istitutivo dello Stato Città del Vaticano e sancisce la fine della questione romana, viene riconosciuto un territorio di autonomia assoluta del pontefice e vengono stabilite le norme necessarie per disciplinare le relazioni obbligatorie tra stato intercluso e stato all’interno nel quale esso vive. Questo però non viene mai modificato. Ad essere cambiato invece è stato il Concordato, accordo tra stato italiano e chiesa cattolica. Esso stipula i rapporti tra la chiesa e lo stato, i diritti e i doveri. Quando si parla di modifica dei Patti Lateranensi è da intendersi la modifica al Concordato. La procedura di revisione, secondo l’art 7 Cost, può avvenire mediante accordo tra le parti, senza applicare la procedura di revisione che si applica per modificar le norme della costituzione. il procedimento utilizzato per la modifica del concordato non è stato quello della revisione costituzionale, ma l’approvazione delle intese. È stata nominata una commissione mista (soggetti nominati da stato e altri dalla chiesa) che lavori per individuare i profili da modificare e le problematiche da risolvere. Dal 1970 lo stato italiano vive un periodo di cambiamento. Ciò è dovuto all’entrata in vigore della costituzione. Sono emerse le contraddizioni tra la carta costituzionale, le norme statali e i Patti lateranensi. Le modifiche dei patti costituiscono un periodo molto complesso, molti sono stati i periodi di stallo ma anche di accelerazione. Il cambiamento fu anche frutto degli interventi della CC. Gli argomenti che creavano difficoltà furono: - Matrimonio - Insegnamento della religione a scuola Entrambe queste materie erano quelle che maggiormente avevano risentito dei mutamenti sociali. L’insegnamento perché la presenza di studenti non cattolici diveniva più evidente e si poneva il problema del trattamento loro da riservare senza discriminarli, il matrimonio presentava delle lacune a causa degli interventi della CC tramite le sue sentenze. Sia lo stato che la chiesa convenivano sull’aggiornare il Concordato. Nella parte iniziale dell’accordo c’è l’accettazione da parte della chiesa cattolica delle motivazioni che hanno portato al cambiamento delle norme del Concordato. Ciò avviene nella consapevolezza di cambiamenti avvenuti sia all’interno della chiesa che dello stato. La chiesa però vuole tenere fermi alcuni principi, ad esempio circa l’indissolubilità del matrimonio, nonostante nel corso del tempo essa sia cambiata molto a seguito del concilio vaticano secondo e nell’83 venne emanato il nuovo codice di diritto canonico. La chiesa si dimostra dinamica, non rimane ferma alla situazione cristallizzata nel 1929. Con una legge separata vengono anche modificate le disposizioni sui beni ecclesiastici e il sostentamento dl clero nel 1985. L’accordo del 1984 è costituito di 2 documenti: 1) Accordo vero e proprio: contiene le questioni principali, sono 14 articoli; 2) Protocollo addizionale: ha uguale valenza giuridica a livello di fonti dell’accordo. Le sue norme non sono secondarie. Serve a specificare e a chiarire alcuni punti oltre che a integrarli. Alcuni passaggi, in materia matrimoniale soprattutto, sono rimasti incompiuti perché mentre si giungeva alla conclusione dell’accordo intervenne un fatto politico che accelerò la conclusione dell’accordo. Questo fatto politico era dovuto all’azione de Craxi, che teneva molto ad apporre la sua firma sul documento. Stipulò un patto che per poter firmare l’accordo doveva cedere la sua carica ad un’altra persona e quindi spinse per la conclusione dei lavori costringendo chi lavorava alle modifiche di lasciare aperto come quella della riserva di giurisdizione in materia dei tribunali ecclesiastici. Quando viene modificato l’accordo, l’art 8 non contiene la riserva di giurisdizione. Nella dottrina è passata l’espressione “interpretazione del silenzio”: probabilmente però per la fretta di chiudere l’accordo la commissione preferì non dire nulla, credendo che successivamente si sarebbe approvata una legge matrimoniale che avrebbe dovuto sostituire quella del 1929 ma che non è mai avvenuta. La materia degli enti ecclesiastici e degli aspetti patrimoniali del clero viene spostata un un’altra legge di cui si occuperà una precisa commissione paritetica. Se non si fosse nominata un’altra commissione la stipulazione dell’accordo sarebbe stata di molto ritardata. Pochi giorni dopo la firma dell’accordo viene firmata anche la prima intesa, quella dei valdesi. Essa era sempre stata rimandata dal parlamento che premeva per ottenere prima la revisione dell’accordo sulla religione cattolica, maggiormente praticata e seguita dal popolo italiano. Nel 1° articolo dell’accordo si ribadisce ciò che sancisce l’art 7 della costituzione. la costituzionalizzazione del principio pattizio fa si che a chiusura di accordi ed intese si dica che tutto deve essere concordato tra le parti. si da un senso al principio pattizio impegnando ulteriormente lo stato e le confessioni a rispettare l’accordo. L’accordo dell’84 è stato definito un accordo quadro, nel senso che dà per alcune materie delle indicazioni di carattere generale rinviando ad ulteriori accordi. Su tante materie l’accordo è stato seguito da accordi di livelli inferiore. Ad esempio, l’accordo tra stato e chiesa per insegnamento della religione è stato seguito da alcune intese di secondo livello tra ministero pubblica istruzione e conferenza episcopale italiana. Si attua così ciò che è contenuto nell’intesa di primo livello. L’art 2 riguarda il riconoscimento delle norme. Il fatto che si inseriscano le norme da una normativa unilaterale a pattizia, vuol dire che esse possono essere modificate con accordo delle parti o con procedimento di revisione costituzionale. Le modifiche non possono più essere unilaterali, ma per forza bilaterali. Si garantisce una maggiore tutela delle norme. Il tema del matrimonio è contenuto nell’art 8 dell’accordo. L’art 4 stabilisce che la Repubblica riconosce il particolare significato che Roma ha per la cattolicità. Ciò che aveva scatenato le riforme per la modifica del concordato era stato uno spettacolo teatrale ritenuto offensivo. Nei patti del 29 c’era scritto che lo stato si impegnava a far si che a Roma non si svolgessero situazioni contrastanti col carattere sacro di Roma. In questo caso riconoscerne il significato è diverso dall’impegnarsi ad impedire che si svolga qualcosa contrastante con la sacralità. La circoscrizione delle parrocchie viene determinata dall’autorità ecclesiastica. Per le regioni di confine si stabilisce che i cittadini che vivono sul territorio italiano non possono essere nella circoscrizione di un vescovo estero. Una norma importante è l’art 3 che attenua l’interferenza dello stato nell’elezione e nelle nomine delle cariche ecclesiastiche. L’autorità ecclesiastica darà solamente notizia allo stato italiano di chi ricopre un determinato ufficio ecclesiastico. Nel codice Rocco era previsto il reato elettorale dei ministri di culto. Riguarda il ministro di culto che attraverso i suoi discorsi cerca di incidere sull’orientamento politico dei suoi fedeli. Lezione 22 settembre Stato Città del Vaticano Il diritto ecclesiastico è la parte del diritto che studia il rapporto dello stato con le confessioni religiose. In Italia questo rapporto è stato declinato sul paradigma della chiesa cattolica, grazie anche alla presenza del Papa nello Stato italiano. Il Vaticano lo stato più piccolo del mondo, si torva nella penisola italiana, detto en clave, ha una forma di governo particolare: la teocrazia. È guidato da un monarca assoluto che è anche guida spirituale: il papa. La bandiera è costituita da due bande verticali, una bianca e una gialla. È quadrata. Nella parte bianca sono disegnate due chiavi di san Pietro, sopra di esse si trova il simbolo del pontefice: il triretro, una tiara papale a rappresentare un vero e proprio regno. Piazza San Pietro è il cuore del Vaticano, circondata da mura medievali. Sono presenti anche il palazzo apostolico, il palazzo del governatorato, i giardini vaticani e altri edifici minori. L’accesso al Vaticano è contingentato da controlli. Perché il vaticano è uno stato unico al mondo? Per il suo carattere funzionale. Ciò vuol dire che la sua caratteristica è la sua finalità. Viene creato per garantire l’indipendenza del Papa e della santa sede. La questione romana aveva spaccato l’opinione pubblica e la politica italiana. Con il non expedit i politici cattolici erano stati invitati ad escludere la propria attività all’interno delle istituzioni perché avevano portato alla Breccia di Porta Pia e alla lesa maestà del Papa. Il vaticano nasce il 11/02/1929 in forza de trattato lateranense, all’interno del quale la figura di mussolini e la sua idea di utilizzare la religione come fattore di unificazione del popolo italiano, portò ad una conclusione che garantisse da un lato al papa una indipendenza territoriale e assoluta, e dall’altra allo stato di dire di essere amico ed alleato del Papa, nonostante ci fossero molte notizie sul fatto che Mussolini non vedesse di buon occhio il Papa. Questa risoluzione assunse valenza storica: riconciliazione tra potere temporale e spirituale e la coesistenza dell’essere italiano e dell’essere cattolico. Si depone l’ostilità sia da parte dello Stato che della Chiesa. Ci si è chiesti che tipo di natura potesse avere questo stato, al quale viene riconosciuta una piccola sovranità territoriale. La santa sede è quella parte di diritto canonico che governa i cattolici di tutto il mondo e al su vertice c’è il pontefice. Sono state sviluppate due teorie: - Lo stato è una continuazione dello stato pontificio, preesistente all’unità d’Italia. La sovranità del regno d’Italia su questo territorio non c’è mai stata, quindi quel territorio è sempre stato della Chiesa. Art 5: edifici di culto e come si autolimiti l’intervento dello stato prevedendo che all’interno degli edifici di culto non possa entrare la forza pubblica, i poteri dello stato, la polizia, se non avendone dato prima avviso all’autorità ecclesiastica. Inoltre, gli edifici non possono essere espropriati o demoliti senza autorizzazione. Art. 6: giorni festivi. Si riconosce la domenica e festività determinate su intesa delle parti. C’è un accordo quadro, si fa riferimento ad ulteriori intese che determinano quali sono gli altri giorni festivi. Art 7: enti ecclesiastici e loro disciplina. Richiama l’art 20 che vieta per gli enti ecclesiastici un trattamento peggiorativo a livello fiscale. Tutte le attività che gli enti svolgono ma che non sono esercizio di culto, si conviene che esse siano sottoposte ad una legislazione che riguarda quelle proprie azioni. Es. se un monastero prevede la vendita di prodotti alimentari sono sottoposti alla stessa legge che si occupa delle attività non religiose. Art. 8: matrimonio concordatario. Riguarda il conflitto che può esserci tra la chiesa e lo stato. Art. 9: insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e la situazione delle scuole cattoliche, garanzia per le scuole che nascono con un tipo di orientamento specifico. Art 10: istituti universitari cattolici e diplomi che si possono ottenere. Tramite intese e convenzioni. Hanno uguale valenza di diplomi ottenuti da altri tipi di scuole. Il comma 3 significativo e riguarda le nomine dei docenti dell’università cattolica. Si utilizza come criterio interpretativo una sentenza della corte costituzionale precedente all’accordo. Si ribadisce che l0interpretazione da dare all’accordo è la stessa data dalla cc. Art 11: assistenza spirituale nelle forze armate. Strutture segregate nelle quali non c’è possibilità di spostarsi facilmente Art 12: materia nuova, beni culturali di interesse religioso. Nel concordato del 29 non veniva trattata. Prevede che anche in materia di beni culturali si possano concordare una serie di norme applicative per giungere a tutela congiunta del patrimonio storico e artistico. Art 13: rimanda a disposizioni precedenti. Riguarda un accordo quadro e aperto. Lascia la possibilità se si sente l’esigenza di disciplinare altre materie permette di aggiungerle, permette di stipulare intese che applichino i principi generali che le diverse norme contenute nell’accordo prevedono. Art. 14: si prevede l’accordo anche in caso di controversie interpretative. viene nominata una commissione paritetica per la risoluzione delle questioni interpretative. All’accordo è allegato protocollo addizionale di uguale valenza dal punto di vista delle fonti. Ciò è specificato nei documenti. Il matrimonio concordatario Questa forma viene ideata per risolvere una questione posta in essere dal recepimento del codice civile. Prima che si recepisse il code napoleon l’unico matrimonio riconosciuto era quello religioso. Nel 1865 si crea una situazione per cui diviene irrilevante per lo stato la celebrazione del matrimonio religioso. Chi è cattolico deve celebrare due matrimoni, uno di fronte all’ufficiale civile e l’altro di fronte al ministro di culto. Gli effetti erano paralleli ma non si incrociavano. Ogni matrimonio aveva le sue regole ed effetti che non coincidevano sempre. Lo stato italiano non ha mai introdotto ciò che ha introdotto ad esempio la Francia, cioè il divieto ancora vigente di celebrare il matrimonio religioso se prima non si è celebrato il matrimonio civile. In Italia era possibile sposarsi prima in chiesa che in comune. Ciò comportava la possibilità di sposare una persona civilmente e l’altra religiosamente. Il matrimonio concordatario inventato nel 1929 pone fine a questa situazione. Non elimina il matrimonio civile ma si prevede che il soggetto che celebra matrimonio religioso davanti al ministro di culto, attraverso la trascrizione dell’atto di matrimonio, può far produrre al matrimonio effetti civili quindi con una sola cerimonia + la trascrizione il soggetto risultava coniuge sia per la chiesa che per lo stato. Con questo elemento si introduce nell’art 34 anche il riconoscimento della riserva di giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici. Il matrimonio nel 29 viene riconosciuto come sacramento quindi indissolubile. Attraverso la giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio, se esso viene dichiarato nullo, non si è più coniuge non solo nell’ordinamento religioso ma anche per lo stato. Questo meccanismo introdotto nel 29 entra in crisi quando viene introdotta la legge sul divorzio. Si dichiara con sentenza della CC che sia applicabile anche ai matrimoni concordatari non solo a quelli civili. La CC distingue tra matrimonio come atto e matrimonio come rapporto. Il primo è oggetto di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, mentre il secondo è oggetto della giurisdizione dello stato. Essendoci questa distinzione effettuata dalla corte, il divorzio incide sul rapporto non sull’atto. La sentenza dichiarerà finito il rapporto dal punto di vista civilistico ma non finisce per la chiesa/diritto canonico. Il potere del giudice civile non è quello di incidere sulla validità del sacramento. L’introduzione della legge del divorzio diviene recupero del potere giurisdizionale da parte dei tribunali italiani rispetto a quelli ecclesiastici. Si è giunti alla modificazione della disciplina del matrimonio concordatario. Nel frattempo, si è modificata in generale la prospettiva rispetto al matrimonio e alla famiglia. In passato queste questioni venivano viste come questioni pubblicistiche, c’era interesse dello stato affinché la famiglia venisse tutelata. Col passare del tempo, la riforma del diritto di famiglia e il fatto che non ci fosse una figura di tipo autoritario, e che si andasse verso il riconoscimento di legami diversi da quelli matrimoniali e il divorzio semplicemente voluto dalle parti hanno apportato modifiche. Matura così un passaggio da una prospettiva pubblicistica a un’altra sempre più di tipo privatistico. Tutto il cambiamento che avviene all’interno della normativa matrimoniale dell’84 parte e si concentra su due profili: - Recupero della giurisdizione dello stato - Rilievo attribuito alla volontà delle parti. in passato non veniva molto considerata perché erano stato e chiesa a decidere fatti e conseguenze. In passato le scelte che oggi sono effettuate dalle parti non erano possibili perché c’erano meccanismi automatici. Consente di incidere per esempio sulla produzione degli effetti civili delle sentenze ecclesiastiche di nullità. È possibile che ci sia volontà di una sola delle parti. se c’è volontà di delibazione di una sola parte si apre un dibattito. Se c’è un ricorso congiunto delle parti si va direttamente in camera di consiglio perché entrambe concordano sulla possibilità di delibare la sentenza. La CC è intervenuta anche sui requisiti per far produrre gli effetti civili del matrimonio. Vigente il concordato del 29 c’era abdicazione dello stato rispetto alla legge canonica, per cui i requisiti per poter contrarre matrimonio venivano decisi dall’ordinamento canonico, inoltre quest’ultimo decideva sulla validità del matrimonio. Con l’entrata in vigore della costituzione, e in particolare sancendo il principio di uguaglianza, si è posta la possibilità di un contrasto con il principio di uguaglianza: il matrimonio concordatario era riservato ai cattolici, gli appartenenti alle altre confessioni non erano inclusi in questa modalità. Esisteva la possibilità di celebrare il matrimonio con ministro di culto acattolico purché la religione fosse riconosciuta dallo stato e chiedendo l’autorizzazione per celebrare il matrimonio, oppure si poteva chiedere il matrimonio civile. a disciplinare il matrimonio di altre confessioni religiose veniva disciplinato dal codice civile. era ed è ancora un matrimonio civile celebrato informa religiosa (ministro di culto delegato dell’ufficiale di stato). Con l’accordo del 29 si accettava anche la validità sacramentale del matrimonio e quindi si riconosceva che ad occuparsi di quel vincolo fosse la chiesa. La disparità di trattamento tra i fedeli cattolici e gli altri credenti circa la celebrazione del matrimonio ha fatto si che lo stato rivendicasse ed espandesse la propria competenza rispetto alla questione dei requisiti per la trascrizione del matrimonio. Attraverso gli interventi della CC ma soprattutto attraverso l’art 8 dell’accordo dell’84 si sono equiparati i requisiti richiesti perché il matrimonio concordatario e quello civile producono effetti civili. Il matrimonio celebrato concordemente ha requisiti di intrascrivibilità uguali a quelli del matrimonio celebrato civilmente. Per far si che il matrimonio sia valido: - Effettuare le pubblicazioni, doppie per matrimonio concordatario sia in parrocchia che in comune. Il compito delle pubblicazioni è di far si che ci conosca impedimenti alla celebrazione del matrimonio lo faccia presente. Se ciò avviene l’ufficiale di stato civile non può rilasciare il nullaosta per la celebrazione del matrimonio. C’è un termine entro il quale si può far presente all’ufficiale o al parroco che il matrimonio non si debba celebrare. Trascorso quel periodo di tempo, l’ufficiale rilascia il nullaosta, il matrimonio si può celebrare comunque, ma se ci fosse un impedimento sarebbe possibile impugnare la trascrizione. Gli sposi possono celebrare il matrimonio di fronte al ministro di culto cattolico trascorse due settimane. Figura del parroco: è un testimone qualificato ad assistere allo scambio del consenso (che crea il matrimonio). Egli redige il certificato di matrimonio. Dopo avere raccolto la manifestazione del consenso degli sposi, dopo essersi accertato delle generalità e avere letto gli articoli 143-44-47 cc e dopo l’ammonizione della produzione degli effetti civili del matrimonio dopo la trascrizione, redige un doppio originale, contenuto uno nella parrocchia e l’atto inviato all’ufficiale di stato civile affinché proceda alla trascrizione. Il certificato di matrimonio che viene inviato all’ufficiale e si presume fondato fino a che non viene effettuata una querela di falso. L’obbligo del ministro di culti di inviare uno dei due originale, impone che l’invio avvenga entro 5 giorni e l’ufficiale deve provvedere alla trascrizione entro 48 ore. Effettuata la trascrizione, essa retroagisce e i soggetti risultano coniugati per lo stato non dal momento della trascrizione ma dalla celebrazione del matrimonio. -> si parla di trascrizione tempestiva, ordinaria. Nel concordato del ‘29 erano previsti 3 tipi di trascrizione: - Ordinaria - Ritardata: si ha quando l’ufficiale di stato civile non trascrive l’atto entro le 48 ore previste ma più tardi a causa di qualche impedimento. Nell’accordo dell’84 non viene detto nulla circa questo tipo di trascrizione. - Tardiva: ancora disciplinata dall’accordo dell’84. Interviene anch’essa in un momento successivo alle 48 ore concesse all’ufficiale. Il concordato del 29 diceva che essa poteva essere chiesta da chiunque avesse interesse e senza limite di tempo. Si potevano recuperare sempre gli effetti civili del matrimonio. A far operare la trascrizione potevano essere anche gli eredi. Oppure poteva essere lasciato scritto per testamento che venissero trascritti gli effetti civili ecc. potevano essere il parroco o il vescovo a chiedere la trascrizione anche contro la volontà degli sposi. Es. i militari non potevano sposarsi prima dei 26 anni. Il militare mette incinta la fidanzata e il vescovo per la salvezza delle anime li sposa con l’impegno da parte dell’uomo che arrivato a 26 anni, avrebbe trascritto il matrimonio. Il militare, passato tempo, tradisce la moglie, la abbandona e non mantiene ne lei ne il figlio. Il vescovo manda all’ufficiale di stato civile l’atto di matrimonio cosicché si producessero effetti non solo religiosi ma anche civili (es. pagamento degli alimenti). Con il nuovo art. 8 si passa ad una possibilità limitata e sottoposta alla volontà delle parti. per manifestare la volontà delle parti è necessario che esse siano in vita. Non è più accettata a trascrizione es. post mortem. Rimane fermo nel concordato del 29 e accordo del 84 sono le condizioni per cui è possibile la trascrizione tardiva 1) Le parti hanno tenuto ininterrottamente lo stato libero. Se Le parti, dopo aver celebrato matrimonio religioso non trascritto, celebrano matrimonio civile con un’altra persona, anche se poi si divorzia e si chiede la trascrizione, essa non è possibile perché dal matrimonio religioso a Nell’ambito del diritto canonico le questioni circa lo status giuridico delle persone non passano mai in giudicato, le sentenze sono esecutive ma non esiste la cristallizzazione della situazione giuridica. Ciò accade perché rispetto alla salvezza delle anime, la certezza del diritto passa in secondo piano. Ciò che più è importante è che non si viva nel peccato. Si ammette che sia possibile in materia di stato delle persone che una sentenza di nullità pronunziata da un tribunale ecclesiastico, possa qualora emergano nuovi elementi, essere rivista. Il matrimonio dichiarato nullo può nuovamente essere dichiarato valido nuovamente. Es. tizio e caia si sposano con matrimonio concordatario, lui dopo qualche anno chiede al tribunale ecclesiastico la nullità del matrimonio dimostrando l’esistenza di un vizio. La sentenza produce effetti civili grazie alla delibazione e tizio sposa con matrimonio concordatario un’altra donna. La prima moglie viene a sapere che tizio ha presentato dei testimoni falsi e ha convinto delle persone a dichiarare il falso e il giudizio di nullità era quindi basato su una frode. Caia ricorre al tribunale ecclesiastico per chiedere che venisse dichiarata la validità del matrimonio che viene accordata dal tribunale. La donna chiede la delibazione della sentenza di validità e la corte d’appello di Napoli la accorda affermando che si possa delibare anche la sentenza di validità. Tizio si oppone dicendo che così diventerebbe bigamo. La corte dice che non tizio non è bigamo equiparando la questione a quando una persona scompare quindi il secondo matrimonio diviene nullo e torna in vita il primo matrimonio. Il concordato del 29 all’art 34 prevedeva che avessero effetti tutti i provvedimenti di giudici e dicasteri ecclesiastici. Quindi si prevedeva anche la sentenza id validità. L’articolo 8 ad oggi dice una cosa molto più specifica: possono produrre effetti le sentenze di nullità emesse da un tribunale ecclesiastico, non parla più di tutti i provvedimenti. Se la sentenza non viene delibata dalla corte d’appello gli effetti civili permangono. Il diritto processuale canonico è costituito da meccanismi simili a quelli statali, ma non uguali. Sono previsti giudici, testimoni, presenza di documentazione, perizie, più gradi di giudizio, presenza di figure particolari come promotore di giustizia (sorta di pm) e difensore del vincolo ecc. Motivi per cui il tribunale ecclesiastico può ritenere nullo un matrimonio concordatario: - Formazione della volontà e del consenso: incapacità di intendere e volere, errore violenza, dolo, ignoranza, consapevolezza che comporta la conoscenza e la volontaria assunzione di obblighi che discendono dal matrimonio. Ci si obbliga ad essere fedeli, il vincolo è indissolubile, non escludere la possibilità di procreare-> bonum prolis, bonum fidei, bonum sacramenti. L’invalidità del consenso può essere provata sempre non c’è un limite di tempo. Il diritto civile invece predispone un periodo limitato e breve; - Immaturità psicofisica - Insufficiente uso di ragione - Incapacità di assumersi obblighi che discendono dal matrimonio-> riguarda per esempio il soggetto omosessuale che vuole sposarsi per negare la sua omosessualità e per il suo modo di essere non può assumere gli obblighi - Simulazione: può essere parziale (oggetto della simulazione, codice dell’83 li elenca) o totale (si dice di volere il matrimonio ma in realtà non si accetta il modello matrimoniale canonico, non si vogliono gli effetti). Simulazione del consenso: nell’ordinamento italiano la simulazione per avere validità deve essere voluta da entrambe le parti. essa rileva in ambito civilistico solo se è un accordo simulatorio. La riserva mentale non ha rilevanza. La simulazione è comunque diversa tra ordinamento civile e canonico anche se il concetto è quello di dire una cosa che in realtà non si desidera L’esclusione di uno dei BONUM sopra citati, rilevano ai fii della dichiarazione di nullità anche se sono stati posi in essere da una delle parti e non da entrambi. Se si vuole prestare un valido consenso deve esserci coincidenza tra quanto detto e quanto pensato/desiderato. Alla fine del procedimento con il quale si dichiara nullo il vincolo matrimoniale si ha un decreto da parte della segnatura apostolica. Il tribunale verifica e certifica con il decreto che siano state rispettate le norme procedurali canoniche e che tutto si è svolto regolarmente. Quando il tribunale emana l’atto di esecutività, la sentenza diventa produttiva di effetti nell’ordinamento canonico, le parti non sono più coniugi. per far si che non lo siano anche nell’ordinamento statale è necessario chiedere la delibazione della sentenza di nullità. Quest’ultima non si può chiedere se la sentenza di nullità non prevede il decreto della segnatura apostolica, come simbolo di veridicità. A chiedere la sentenza di nullità possono essere una o entrambe le parti. Nel primo caso si apre un dibattimento altrimenti si presenta una domanda congiunta e a quel punto si va in camera di consiglio senza dibattimento. Stante al silenzio all’art 8 dell’accordo nella versione dell’84, esiste ancora una riserva di giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici oppure non esiste più? Nelle bozze precedenti dell’articolo si faceva riferimento alla riserva a favore dei tribunali. Oggi l’articolo tace circa la riserva di giurisdizione. La dottrina e la giurisprudenza hanno discusso a lungo. Il Dalla Torre propende per il mantenimento della giurisdizione. Un cittadino che ha celebrato un matrimonio concordatario e voglia scioglierlo, in assenza di riserva di giurisdizione, può scegliere se rivolgersi al tribunale ecclesiastico o al giudice civile. Il giudice italiano in caso che diritto deve applicare? è competente a giudicar della validità di un sacramento? È tenuto a conoscere il diritto canonico? La corte d’appello può solo vedere l caput di nullità: quindi sul perché il matrimonio è stato dichiarato nullo e decidere se la nullità ha effetti nell’ordinamento italiano Lezione 29 settembre Sentenze della CC sulla riserva di giurisdizione: sentenza n° 18/1982, viene prima dell’accordo di modificazione dell’84. Mentre si ritrovano nell’art 8 le limitazioni alla delibazione, non si trova altro che il silenzio per la riserva di giurisdizione. La CC dice che la riserva di giurisdizione, non è incompatibile con l’ordinamento costituzionale. Detta riserva appare connessa alla disciplina del negozio matrimoniale canonico cui il concordato riconosce con la trascrizione dell’atto rilevanza civile. se il negozio cui si attribuiscono effetti civili nasce nell’ordinamento canonico e da questo è regolato nei requisiti di validità è logico che le controversie sulla sua validità siano riservate alla cognizione degli organi giurisdizionali dello stesso ordinamento. E si da successivamente, grazie alla delibazione, effetti civili di queste pronunce nell’ordinamento italiano. Le affermazioni sono precedenti alla modifica dell’84, ma non sono prive di significato. Dalla Torre sostiene la tesi del permanere della riserva di giurisdizione mentre Finocchiaro la fine, ricavandolo dal fatto che nell’art. 8 non si dica più niente. Gli articoli dell’accordo sono più sintetici perché fanno da cornice, l’art più dettagliato è quello che riguarda il matrimonio, perché c’era necessità di aggiungere cose rimaste in sospeso, e la riserva di giurisdizione era un argomento politicamente delicato. La legge di riforma del diritto internazionale privato del 95 si applica alle sentenze straniere ma non alle sentenze dei tribunali ecclesiastici perché non sono considerate sentenze straniere. Secondo la giurisprudenza il riappropriarsi della giurisdizione sul matrimonio da parte dell’ordinamento italiano è da intendersi nell’esercizio della possibilità di costituire un filtro alla delibazione delle sentenze. Nella sentenza dell’82 per la prima volta si parla di un procedimento di delibazione, ma nell’art 34 del 1929 si parla di esecutorietà (perché serviva l’atto della Signatura Apostolica che poi la corta d’appello semplicemente vidimava). L’esercizio di giurisdizione deve essere esercitato secondo l’indirizzo della cc e di come si è orientata la giurisprudenza attraverso la possibilità di impedire che con la delibazione, alcune sentenze dei tribunali ecclesiastici potessero produrre effetti nello stato italiano. Il recupero di giurisdizione dello stato avviene attraverso l’esercizio della delibazione, quindi con la possibilità di negare che alcune sentenze pronunciate per alcuni motivi non producano effetti nell’ordinamento italiano. L’art 8 stabilisce i requisiti che la corte d’appello deve verificare e casi in cui le sentenze dei tribunali ecclesiastici non operano nell’ordinamento italiano. “Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della corte d'appello competente, quando questa accerti: - che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo - che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano-> le norme processuali sono diverse ma questo non implica che siano contrastanti con l’ordinamento italiano. C’è un limite in base al quale il grado di tutela della parte nel diritto ad agire e resistere in giudizio sia tutelato. il codice di diritto canonico offre delle garanzie alle persone coinvolte in un giudizio, non solo si è assistiti da difensori ma per evitare che il giudizio dinanzi al tribunale ecclesiastico fosse solo per i benestanti, è previsto il gratuito patrocinio, dimostrando di non avere la disponibilità economica, inoltre per i liberi professionisti è stata stilata una tabella per calmierare il mercato-> garanzia di diritto alla difesa. Uno dei motivi che ha fatto pensare alla fine della riserva di giurisdizione è relativo al ius penitendum = diritto di cambiare idea. Es. ci si è sposati con rito concordatario perché credenti, e nel mentre si abbandona la fede, può sembrare ipocrita continuare con il matrimonio canonico e si chiede al tribunale civile di ottenere la nullità del matrimonio religioso. Caso Pellegrini vs Italia-> collegato al diritto alla difesa all’interno di un matrimonio concordatario. È arrivato fino alla corte europea dei diritti dell’uomo, l’Italia è stata condannata per violazione del diritto alla difesa. È previsto un processo abbreviato detto: processo documentale. La nullità risulta da documenti certi e inoppugnabili per cui la nullità è conseguente al fatto che il motivo di nullità venga documentalmente provato. Matrimonio tra consanguinei che non avevano chiesto la dispensa e avevano tenuto nascosto questo elemento. Il marito della signora ha chiesto al tribunale la nullità del matrimonio per il fatto non dispensato. La moglie viene chiamata dal tribunale e afferma che lei e il marito fossero consanguinei. Il matrimonio è stato dichiarato nullo ed è stata chiesta la delibazione. La moglie si è opposta alla delibazione dicendo di non aver potuto esercitare il suo diritto alla difesa, non essendosi presentata con un avvocato e senza che venisse informata del perché fosse convocata in tribunale. La corte d’appello non le ha dato ragione in quanto si stava svolgendo un PROCESSO DOCUMENTALE. La corte europea ha ritenuto lesivo del diritto alla difesa il fatto che l’Italia avesse fatto produrre effetti civili alla sentenza pronunciata sulla base di queste modalità processuali. - che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere. Per molto tempo, per la dichiarazione di nullità, cisi rivolgeva al tribunale ecclesiastico non solo perché non esisteva il divorzio, ma anche perché rivolgersi al tribunale ecclesiastico era meno oneroso finanziariamente rispetto al ricorso ad altro tribunale. Con l’introduzione della legge sul divorzio si poteva scegliere a quale tribunale rivolgersi. Il problema che si pone riguarda il rapporto tra sentenza di nullità e quella di divorzio che dicono due cose differenti. Prima dell’intervento della giurisprudenza accadeva che con la sentenza di divorzio il marito veniva caricato del mantenimento e per scappare da questo obbligo si rivolgeva al tribunale ecclesiastico per ottenere la nullità, dichiarando il matrimonio come mai esistito era ingiustificato il pagamento degli alimenti. La delibazione della sentenza di nullità intervenuta anche dopo la sentenza di divorzio poneva nel nulla anche la sentenza di divorzio. Con l’intervento della giurisprudenza questa situazione è cambiata. Si è stabilito che il rapporto tra le sentenze rimane uguale, la sentenza di nullità una volta delibata pone nel nulla il divorzio ma se cade il provvedimento sul divorzio e la sentenza è passata in giudicato non cadono le statuizioni economiche 2) Libertà di coscienza-> di credere e di non credere 3) Tutela di libertà di scelta-> la libertà di religione ha due dimensioni, interna ed esterna. La prima rappresenta un diritto soggettivo assoluto perché questo riguarda l’essenza di una persona (dalla torre: la libertà religiosa è la madre di tutte le libertà), la seconda riguarda la manifestazione del proprio credo ed in questo caso si prevedono delle limitazioni 4) Principio di non discriminazione-> previsto anche dalla costituzione 5) Principio di autonomia religiosa delle collettività-> intese come confessioni religiose. In Italia non esiste una definizione precisa. Essere confessione religiose prescinde dalla stipulazione o meno di intesa. Le confessioni hanno propria autonomia nella vita degli stati, devono avere accesso alle risorse che lo stato mette a disposizione, devono avere un luogo di culto dove ritrovarsi. La corte non ha mai punito l’Italia per la chiusura di luoghi di culto perché ci ha pensato sempre la corte costituzionale dichiarato illegittime alcune leggi regionali. La corte europea per molti anni si è rifiutata di pronunciarsi riguardo alla libertà religiosa. Ciò fino al 93 nel caso Kokkinakis vs Grecia. In Grecia è punito il proselitismo illecito, quindi tutto il proselitismo non ortodosso. Kokkinakis era un testimone di Geova per cui il proselitismo è parte fondamentale del proprio culto. La corte riconosce che la normativa penale che punisce il proselitismo non ortodosso sia in contrasto con l’art 9 CEDU La Grecia è stata condannata diverse volte perché la visione ortodossa ha fatto si che il paese crescesse con commistione forte tra potere della chiesa ortodossa e lo stato. Inoltre, le chiese ortodosse non condividono la definizione, l’idea di libertà religiosa data dalla CEDU, soprattutto si trova difficoltà a riconoscere confessioni non ortodosse. Per la chiesa cattolica, dal concilio vaticano II è stata riconosciuta come parte integrante della disciplina canonica la libertà religiosa e il dialogo con le altre religioni. Non vengono escluse a priori le altre confessioni religiose diverse dalla cattolica. La giurisprudenza della CEDU in materia religiosa si inizia a formare dal 1993. La corte ha sempre cercato di procedere pari passo con il sentire degli stati contraenti per non affermare un’interpretazione di diritto che facesse soccombere l’autorità e la sovranità degli stati membri. Il caso Lausti è il caso sul crocifisso, ha avuto importanza giuridica e politica. Convoglia in sé questioni problematiche, ad esempio la questione sui simboli religiosi. Il simbolo è per sua natura polisemantico, e non è detto che chi lo vede gli attribuisca lo stesso significato di chi lo porta, soprattutto oggi che la società è multiculturale. Il crocifisso è il simbolo per eccellenza del cristianesimo e potrebbe essere considerato simbolo pacifico, invece con il caso Lautsi ciò non accade, soprattutto perché posizionato nelle aule scolastiche. La corte europea dei diritti dell’uomo perde la sua autorità tra la prima e la seconda sentenza in quanto 21 stati si sono presentati come amicus curiae dell’Italia, portando tesi secondo cui l’ingerenza della corte fosse tale da non rendere conto della peculiarità dello stato italiano, della sua storia e della sua cultura. Non era mai avvenuta una cosa del genere prima. Nel 2011, due anni dopo la prima sentenza della seconda sezione, la grande camera emette un giudizio opposto rispetto al precedente, anche in forza dello schieramento dei 21 stati. La sig.ra Lautsi, di origine finlandese, adisce la CEDU perché sostiene che la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole frequentate dai figli violi la convenzione. Vengono però prima esperiti i gradi di giurisdizione interna (consiglio d’istituto non toglie il crocifisso, TAR, Corte di Cassazione). La presenza del crocifisso nelle aule è stabilita da un regio decreto che stabilisce la presenza del crocifisso insieme a un simbolo di Vittorio Emanuele. Questo decreto è tale per cui la CC si dichiara non competente in materia, in quanto non è legge. Giunti dinanzi alla corte europea dei diritti dell’uomo, la signora dichiara di ritenere violato il proprio diritto all’istruzione, garantito dall’art 2 del primo protocollo addizionale (istruzione pubblica e non discriminante, non confessionale), inoltre dichiara la violazione dell’art. 9 (diritto di non credere a nulla) e l’art. 14 (divieto di discriminazione). La sentenza Lautsi è una strategic litigation: controversia che le associazioni come l’UAR, portano avanti per tramite di singoli, per affermare in via giurisprudenziale prassi e tutele che per altre vie, come quella politica, non riescono ad affermarsi. Si sperava così un risultato politico di portata generale, il punto non è togliere il crocifisso, ma affermare giuridicamente che la presenza del crocifisso lede la libertà di coscienza che il crocifisso discrimina. La critica mossa alla decisione della seconda sezione della corte di Strasburgo è che nel modo in cui è stata posta la controversia, il ragionamento della corte è stato più politico che giuridico. La seconda sezione ha spostato l’argomento giuridico sul piano politico, sul tema della laicità e della neutralità che sull’analisi delle disposizioni della convenzione. Il ragionamento ruota intorno all’idea della neutralità dello spazio pubblico: solo la neutralità garantisce la non discriminazione. Non è detto però che solo la neutralità garantisca ciò, infatti la grande camera, quando deve ritrattare la questione, cambia completamente il focus del decidendum. La corte europea non è corte costituzionale, deve intervenire solo a titolo sussidiario e deve rispettare il criterio del margine di apprezzamento. Allo stesso tempo ha dovuto correggere l’affermazione che la neutralità confessionale è l’unica possibile nelle scuole pubbliche e che garantisca la non discriminazione, è un discorso di tipo politico. La convenzione non esige totale neutralità, neanche nell’ambito dell’educazione pubblica. Dare alla religione maggioritaria una visibilità preponderante nell’ambiente scolastico non vuol dire di per sé ostacolare la laicità dello stato. Si riconosce solo la storia e l’origine di un paese. La corte dice innanzitutto che lo stato convenuto è l’Italia e il cristianesimo occupa nella sua storia un ruolo unico rispetto agli altri stati europei, è una peculiarità “laicità all’Italiana”. La presenza del crocifisso non è caratterizzante un intento o processo di indottrinamento da parte dello stato verso le nuove generazioni . Lezione 5 ottobre 🦔 Articolo 9 modifica dell’84 Viene disciplinata la questione dell’insegnamento della religione e la libertà di insegnamento. Introdurre questo principio all’interno del testo rinforza l’impegno dello stato italiano oltre che riprendere quanto detto nella Costituzione. Si parla di parità delle scuole. Le scuole paritarie affinché possano rilasciare dei titoli equivalenti alle scuole pubbliche, devono rispondere ad alcuni requisiti, altrimenti sarebbero considerate scuole pubbliche. Una scuola può essere orientata dal punto di vista religioso od educativo, ma deve rispettare i programmi ministeriali, devono essere rispettati obblighi ai quali sono tenute le scuole pubbliche come le qualificazioni dei docenti, si devono rispettare requisiti standard rispetto agli spazi, igiene, proporzione n° studenti e docenti ecc. Sulla questione della tutela della libertà religiosa dei docenti all’interno delle scuole (vedi dopo). L’insegnamento viene improntato sulla base di determinati principi che caratterizzano l’indirizzo scolastico. La seconda parte dell’articolo introduce un cambiamento sull’insegnamento della religione cattolica all’interno della scuola pubblica. Prima dell’unità d’Italia e quando i patti lateranensi vennero stipulati si prevedeva l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica affidato all’autorità ecclesiastica. C’era un regolamento che obbligava a porre il crocifisso nelle aule a fianco dell’immagine del re. L’insegnamento della religione cattolica non venne mai soppresso, si ha un insegnamento facoltativo, e si lasciava la scelta ai padri di famiglia circa la frequentazione del corso oppure no. Nel 1923 di Mussolini reintroduce l’obbligo anche dal punto di vista giuridico. Nel concordato del 1929 la disciplina dell’insegnamento della religione cattolica (religione di stato) diveniva di tipo obbligatorio, dal quale si poteva essere esonerati chiedendo ciò ai capi di istituto e su loro discrezione. Nel corso del tempo, ciò che non è mutato è la attribuzione di questo insegnamento a soggetti che vengono individuati dall’autorità ecclesiastica anche se poi nominati dall’istituto. Ci sono dei dipendenti pubblici tutt’ora che rispondono all’autorità ecclesiastica del loro comportamento. Chi insegna religione nella scuola pubblica deve avere una sorta di nullaosta rilasciato dall’autorità ecclesiastica. La ratio è che l’insegnamento non è neutro. Soprattutto nel 1929 l’insegnamento della religione veniva visto nell’ambito dei patti come fondamento e coronamento dell’istruzione. Ogni materia, ogni insegnamento impartito doveva rispondere ai principi del cattolicesimo. Il sistema si completava nella parte relativa ai docenti che erano quasi tutti religiosi, sacerdoti e pochi laici che insegnavano. La nomina interveniva da parte dell’autorità ecclesiastica, qualora il soggetto dovesse essere privato del nullaosta si interrompeva immediatamente il rapporto di lavoro. Cosa è cambiato nel modello di insegnamento della religione? Nel 29 l’insegnamento deve essere fondamento e coronamento di tutto l’insegnamento. Era quindi un insegnamento di precetti e Principi della religione cattolica-> tipo catechetico. Con l’entrata in vigore della costituzione si sancisce l’uguaglianza di tutti, prescindendo dalla religione Avviene anche un cambio di società-> le classi non sono formate quasi esclusivamente da cattolici. Si pone il problema di come affrontare il cambiamento e di come renderlo compatibile con le nuove norme della costituzione. In alcune bozze è stato ipotizzato l’insegnamento dei principi di più religioni ma la chiesa non accettava una soluzione di questo genere. Si poneva inoltre un problema non banale: individuazione dei soggetti che avrebbero tenuto quell’insegnamento. La soluzione fu un compromesso. Con l’art 9 dell’accordo viene introdotto un insegnamento della religione facoltativo dal punto di vista soggettivo. Lo studente sceglieva ogni anno se avvalersi o meno dell’insegnamento della religione, la scelta riguardava sostanzialmente la possibilità di avvalersene o meno, ma rimaneva l’insegnamento oggettivamente obbligatorio perché la scuola era obbligata ad impartirlo. Ciò che cambia è la tipologia di insegnamento: da catechetico a uno di tipo culturale. Uno dei problemi che si è posto subito è stato quello dei non avvalentesi. Si dovevano garantire uguali libertà anche a coloro che sceglievano di non frequentare l’insegnamento di religione cattolica-> diritto ad un’alternativa. Su questo argomento è intervenuto la CC dicendo che la scelta di non avvalersi dell’insegnamento della religione costituisce un non obbligo. Ha precisato nella sentenza circa la qualificazione dello stato come laico, che lo stato è obbligato in forza dell’accordo ad assicurare l’insegnamento di religione cattolica, per gli studenti e le famiglie è facoltativo, solo la scelta di avvalersene crea l’obbligo di frequentarlo. Quando si sceglie di avvalersene deve essere frequentato dal soggetto e diviene insegnamento obbligatorio. Dall’84 in avanti sorse il problema di cosa far fare agli alunni che sceglievano di non avvalersi dell’insegnamento. Vennero effettuate molte proposte (studio individuale, assistito) ma una circolare ministeriale che disponeva di organizzare questo tipo di attività venne impugnata dinanzi al TAR e il contenzioso si trascinò fino alla CC La CC conferma la legittimità costituzionale della nuova disciplina, è legittimo il mantenimento dell’insegnamento della religione cattolica, è lecito perché è garantita la possibilità di avvalersene o meno. Viene fatto un passo ulteriore. La questione riguardava lo status di chi sceglieva di non avvalersi dell’insegnamento cattolico. Il problema era la discriminazione di questi alunni (magari discriminazione sulla preparazione degli alunni frequentanti e non). Si sono susseguiti interventi giurisprudenziali per capire se una volta che si sceglieva di non avvalersi dell’insegnamento cattolico fosse poi obbligatoria la frequentazione dell’alternativa proposta all’ora di religione. La CC stabilisce che la previsione obbligatoria di altra materia per i non avvalentesi, sarebbe discriminazione a loro danno, perché proposta in luogo dell’insegnamento di religione cattolica quale corresse tra loro lo schema logico dell’obbligazione alternativa, quando dinanzi all’insegnamento cattolico si è chiamati ad esercitare diritto di libertà costituzionale non degradabile a opzione tra equivalenti discipline scolastiche. Si ha uno stato di non obbligo”. Ed è per questo che sono stati individuati altri modi (es. entrata a scuola anticipata o posticipata). Con il passare del tempo e la riforma dell’esame di maturità e sistema de crediti, la questione è di tornata di attualità. La questione è stata portata dinanzi al tar da studenti per il fatto che la scuola non offrisse loro delle attività alternative all’ora di religione che consentissero loro di acquisire gli stessi crediti di chi frequentava l’insegnamento cattolico. non potendo l’interesse della facoltà estendersi fino al punto da intaccare la sostanza delle garanzie procedurali riconosciute dalla medesima disposizione”. (mancata motivazione del provvedimento e mancato rispetto del principio del contraddittorio). Sentenza-> 10000€ per danni morali al prof. Lombardi. Art 11-> assistenza spirituale nelle carceri (vedere manuale) Art 12 accordo -> ha introdotto una nuova materia all’interno dell’accordo dell’84 e ha sollevato una questione di non piccola rilevanza. Qualcuno ha detto che non si trattava più di una modifica dell’accordo del 1929 ma di un nuovo accordo. Si è detto che una modifica dell’accordo dovrebbe riguardare l’aggiornamento di materia già esistenti, ma il fatto che sia stata introdotta l a materia die beni culturali di interesse religioso si crede si tratti di un nuovo accordo. A seconda che si accetti o meno la tesi della modifica, cambia la tesi relativamente alla copertura costituzionale. Parlando dell’art 7 della costituzione si è fatto riferimento alle teorie interpretative dell’articolo (richiamo ai patti lateranensi). Se si sposa la teoria della modifica, la copertura costituzionale dell’art 7 si riferisce ai patti e alle modifiche, mentre un nuovo accordo non sarà coperto. A quel punto il nuovo accordo sarà coperto dall’art 10 della Cost. (pacta sunt servanda) perché visto come accordo internazionale. L’art 12 “1. La Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico ed artistico. Al fine di armonizzare l'applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d'interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche La conservazione e la consultazione degli archivi d'interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti.” “2. La Santa Sede conserva la disponibilità delle catacombe cristiane esistenti nel suolo di Roma e nelle altre parti del territorio italiano con l'onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione, rinunciando alla disponibilità delle altre catacombe.” Vigente il concordato del 29 fino al 1989 (stipulazione intesa con comunità ebraiche) la santa sede aveva disponibilità di catacombe cristiane d ebraiche. All’interno della norma c’è riconoscimento della cessione della competenza e delle decisioni, gestione delle catacombe ebraiche alle comunità ebraiche a Roma. Si verificava che le catacombe ebraiche fossero aperte il sabato giorno sacro degli ebrei. si ha una cessione unilaterale della chiesa nei confronti della comunità ebraiche, lo stato italiano non c’entra nulla. “Con l'osservanza delle leggi dello Stato e fatti salvi gli eventuali diritti di terzi, la Santa Sede può procedere agli scavi occorrenti ed al trasferimento delle sacre reliquie.” L’art 12 è uno degli articoli sui quali maggiormente si pone in essere la struttura successiva di intese di diverso livello. Ci sono accordi quadro (accordi di massima) e poi si rimanda ad ulteriori intese. Si nota come queste norme di carattere generale vengano poi concretamente applicate. Ci si è chiesti cosa si debba intendere col principio di leale collaborazione attraverso quali modalità essa debba avvenire. Si è discusso anche sulla situazione relativa alla identificazione del patrimonio-> beni culturali di interesse religioso. Ciò che è fermo è che certi beni devono essere tutelati a prescindere dalla proprietà. Devono essere sottoposti a vincoli che prescindono dal regime proprietario. Cos’è il principio di leale collaborazione? Quali sono i beni destinatari dell’art. 12? Definizione di beni culturali di interesse religioso sottoposta a molti dibattimenti. In generale si ritiene rilevante il messaggio contenuto nell’oggetto in esame. Si identifica in un bene un interesse religioso quando ad es. è oggetto di devozione. Il bene non deve essere necessariamente un’opera d’arte. Il bene culturale di interesse religioso si differenzia dal bene culturale norma per le sensazioni che esso trasmette rispetto a quando si osserva una opera d’arte semplicemente. Si attribuisce all’opera d’arte un valore devozionale, significato aggiuntivo. Rispetto a questi beni si possono richiedere delle tutele differenziate es. immagine di santo situato in una grotta. Questo quadro è oggetto di pellegrinaggio. La grotta è umida e c’è il rischio che l’immagine possa deteriorarsi. L’interesse dello stato dinanzi a questa situazione è quello di conservare il bene. L’interesse non coincide con quello della chiesa e dei fedeli. L’opera perde il suo significato religioso. Gli strumenti per superare questi conflitti non sempre sono stati risolutivi. In tutte le intese stipulate dall’Italia c’è una norma che riguarda la tutela del patrimonio culturale. Il principio di collaborazione impone di trovare luoghi e modalità e soggetti attraverso i quali esercitare la collaborazione. Il problema è come fare emergere l’interesse religioso per beni non della chiesa cattolica. ci sono ad esempio, beni di proprietà di privati che possono essere d’importanza religiosa. Mentre dal punto di vista della disciplina dell’accordo dell’84 e delle intese, si è cercato di individuare dei modi per collaborare e far emergere l’interesse che lo stato può anche ignorare, i privati non hanno lo stesso tipo di tutela. I beni essendo fuori dalla disciplina non sempre possono essere tutelati. La chiesa cattolica si è occupata della tutela dei beni culturali prima di quando abbia iniziato lo stato italiano. Lezione 11 ottobre Art 12 dell’accordo-> la nozione di beni culturali di interesse religioso è sfuggente. In particolare, nelle intese con le altre confessioni religiose è una nozione diversificata. Ciò che unisce la disciplina in materia è il principio di collaborazione. Per tutelare i beni necessaria è la collaborazione tra lo stato e la chiesa cattolica e le altre confessioni religiose. L’introduzione di questa nuova materia (nel 29 non era stata presa in considerazione, non c’era l’art 9 Cost.) ha sollevato molte polemiche, perché c’era la questione se si trattasse di un nuovo accordo e l’altro aspetto è relativo al contenuto che bisognava dare a questo tipo di accordo tra le parti e alla collaborazione stessa. Sono tate emanate diverse intese di secondo livello rispetto all’accordo (precisamente 3): - 1995-> individua i soggetti che devono collaborare in materia e che debbano difendere gli interessi religiosi: ministero, conferenza episcopale, sovraintendenze regionali. La previsione dell’istituzione di una commissione mista perché si tenesse conto delle esigenze di tutela dei beni era stata eliminata, perché da parte di costituzionalisti il riferimento alla collaborazione con la chiesa veniva vista come invasione di campo. Nelle intese con altre confessioni queste norme a tutela del patrimonio sono passate senza polemiche. Le altre confessioni usano una terminologia anche più generica di quella usata nell’accordo con la chiesa cattolica. in quest’ultimo si fa riferimento ai beni di proprietà della chiesa, ma ci son alcune intese nelle quali si usa terminologia giuridica generica-> beni afferenti alle confessioni religiose. L’afferenza non è un vincolo proprietario. - La seconda intesa, nel 2000, ha riguardato gli archivi e le biblioteche -> intesa molto importante e più concreta. L’oggetto è più definito rispetto al bene culturale in generale. Stipulata tra conferenza episcopale italiana e ministro per i beni e attività culturali. Vengono create le basi per la collaborazione in materia di archiviazione, catalogazione e valorizzazione del bene. Lo stato si impegna ad aiutare mediante la formazione il personale della chiesa che si occupa di ciò, e la chiesa si impegna a collaborare per il rispetto degli standard. La chiesa sa che non può garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale senza l’aiuto dello stato a causa della mancanza di forza economica e del personale qualificato. Lo stato d’altro canto sa che senza l’aiuto della chiesa non riuscirebbe da solo a garantire l’accesso e la conservazione dei beni. Quando viene redatto il testo unico sui beni culturali e poi il codice del 2002, in un articolo viene utilizzato il termine beni culturali di interesse religioso ricomprendendo non solo i beni della chiesa cattolica ma anche i beni delle altre confessioni religiose. Prima della commissione Franceschini non si era mai stato utilizzato il termine patrimonio storico artistico. il codice generalizza l’utilizzo della formula e parla di beni culturali di interesse religioso comprendendo quelli della chiesa cattolica ma anche i beni delle altre confessioni religiose. “Per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per quanto di competenza, le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con le rispettive autorità”. Si fa riferimento al criterio dell’appartenenza, non proprietà. Devono quindi mettersi d’accordo il ministero e nelle regioni. - intesa 2005-> si specificano meglio i modi di collaborazione e si fa rinvio anche alle intese regionali. Nel 2 comma art. 9 codice beni culturali Si osservano, altresì, le disposizioni stabilite dalle intese concluse ai sensi dell'articolo 12 dell'Accordo di modificazione del Concordato lateranense firmato il 18 febbraio 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121, ovvero dalle leggi emanate sulla base delle intese sottoscritte con le confessioni religiose diverse dalla cattolica, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della Costituzione.” si prevede una analogia nel rispetto delle intese e del principio di collaborazione sia con la chiesa cattolica che le altre intese religiose. Le confessioni che non hanno intesa però continuano a non avere un luogo per far presente allo stato il valore e l’interesse religioso che si nasconde dietro un bene. Le intese vengono anche dette intese fotocopia, in quanto molte volte il testo tende a ripetersi. C’è un’intesa che si differenzia -> quella delle comunità ebraiche che si rifà all’art 12 accordo circa le catacombe. Nella stipulazione dell’intesa l’ebraismo ha prestato grande attenzione alla tutela del patrimonio storico e artistico. anche le confessioni religiose che più recentemente hanno stipulato intese con l’Italia, hanno ritenuto doveroso inserire una norma che riguardasse il patrimonio storico e artistico. nell’intesa ebraica si prevede all’art 17 “Lo Stato, l'Unione e le Comunità collaborano per la tutela e la valorizzazione dei beni afferenti al patrimonio storico e artistico, culturale, ambientale e architettonico, archeologico, archivistico e librario dell'ebraismo italiano.” Si parla anche di patrimonio ambientale perché ci sono città in cui l’ebraismo era particolarmente radicato ed esse devono essere tutelate nel loro insieme per il loro significato, si prescinde dal singolo edificio o bene. “2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sarà costituita una Commissione mista per le finalità di cui al comma 1 e con lo scopo di agevolare la raccolta, il riordinamento e il godimento dei beni culturali ebraici. La Commissione determina le modalità di partecipazione dell'Unione alla conservazione e alla gestione delle catacombe ebraiche e le condizioni per il rispetto in esse delle prescrizioni rituali ebraiche.” Le altre intese sono molto più generiche e meno dettagliate, non sempre prevedono una commissione mista. Sono sorti problemi circa gli oggetti tenuti in una sinagoga in un luogo dove non ci sono più ebrei. c’è contrasto tra interesse alla conservazione del bene e l’utilizzo dell’oggetto come sacro per il culto. Ci sono delle norme religiose che possono contrastare con il principio della preservazione del bene. Es. se la sinagoga non viene più utilizzata per assenza di comunità ebraica e in essa ci sono oggetti utilizzati per il culto. Per spostare o trasferire all’stero beni classificati come culturali occorrono permessi speciali. Deve essere preservata la qualità del bene, e la qualità viene prima del diritto del singolo proprietario a disporne. Nel caso in cui rimanessero nella sinagoga i rotoli della torah, è previsto dalla legge ebraiche che nel momento in cui si deteriorano debbano essere sepolti. Si ha differenza id valutazione ed interesse, lo studioso che vuole studiare i rotoli ha interesse che essi vengano conservati, mentre il rispetto delle regole ebraiche prevede la sepoltura. Si contrappone l’interesse della comunità con quello dello stato. Le commissioni miste, che devono trovare mediazione tra interessi, talvolta non riescono nel compito quindi si giunge ad un giudizio per difendere la collocazione di un bene culturale. Finanziamento delle confessioni religiose Riforma della materia degli enti ecclesiastici e del sostentamento del clero legge 222 20 maggio 1985. Era un accordo quadro e si era ritenuto opportuno non occuparsi della materia degli enti ecclesiastici essendo un problema di grande rilevanza, in particolar modo quello del finanziamento di questi enti. Si rinvia alla legge per stabilire delle innovazioni così come accaduto in materia matrimoniale e di insegnamento. Il sistema vigente prima di questo cambiamento: prima dell’unita d’Italia e il periodo subito successivo era stato caratterizzato da una serie di provvedimenti “legislazione eversiva dell’asse ecclesiastico” coni quali lo stato appropriandosi di alcune attività che fino a quel momento erano state svolte dalla chiesa (es. assistenza, beneficenza, insegnamento) perché crede che uno stato debba occuparsi di ciò, decide di avere bisogno dei mezzi che la chiesa poneva in essere per portare le attività avanti. Lo stato quindi avvia un procedimento di espropriazione una volta finito il potere temporale della chiesa. Lo stato, come forma di risarcimento danni alla chiesa, indennizzo, si impegna a pagare il supplemento di congrua. Il meccanismo con il quale si sostenevano i religiosi in Italia era basato sul sistema beneficiale: venivano collegati ad un ruolo ricoperto il cosiddetto beneficio (persona giuridica del tipo delle fondazioni, era un patrimonio destinato ad uno scopo). Il parroco o il vescovo, assumendo quell’incarico divenivano titolari del beneficio attribuito a quel determinato ruolo. Il beneficio consentiva al titolare di utilizzare i beni che erano del beneficio per sostenere se stesso, la parrocchia e al diocesi. I benefici potevano avere ovviamente delle consistenze diversificate in base alle circostanze. Il titolare del beneficio poteva aspettarsi, amministrandolo fondi che vengono donati come finanziamento è giusto che vengano spesi per pagare la pubblicità ed indurre ad ottenere il finanziamento? Il costo della pubblicità non è iniquo. Lo stato dovrebbe chiedere un resoconto su quanto è stato donato e il loro utilizzo ma le confessioni religiose dovrebbero mostrare questi dati. C’è una sorta di concorso di colpa. Scarsa pubblicità dell’entità di finanziamenti in quanto si tratta di finanziamenti ingenti. Nel testo della legge c’è scritto che ogni 3 anni deve essere effettuato una sorta di bilancio per verificare la necessità di qualche modifica del meccanismo. Ma a distanza di 30 anni dalla legge il sistema è molto cresciuto, superando di molto le aspettative. La corte dei conti lamenta la poca evidenza dell’uso che viene fatto dei fondi. Sul sito del ministero dell’economia e delle finanze non vengono indicati i fondi erogati e poche confessioni religioni pubblicizzano l’uso dei fondi a parte la chiesa valdese che pubblica tutto anno per anno. Cosa viene messo in evidenza dalla corte? La conferenza episcopale riceve i soldi dei gettiti e poi li distribuisce. Tutte le operazioni di trasferimento dei beni dai benefici agli istituti di sostentamento sono state esentate, si è evitato che il trasferimento dei beni costituisse un aggravio economico notevole per la chiesa cattolica. Evidenziate le criticità, il problema è modificare qualcosa a causa della rigidità nel nostro sistema. Si prevede che per poter modificare le norme pattizie, ex art, 7 Cost. sia necessario l’accordo delle due parti, non è possibile la modifica unilaterale dello stato. La commissione ista che ogni 3 anni doveva evidenziare criticità e punti di forza del sistema non ha mai funzionato. Un intervento legislativo sarebbe necessario per la generalizzazione del sistema. Limitare il meccanismo alle sole confessioni con intesa è altamente discriminatorio. Nell’ultimo progetto di legge sulla libertà religiosa che dovrebbe abrogare la legge del 1929 sui culti ammessi, si prevede un articolo nel quale l’accesso all’8x1000 sarebbe consentito a tutte le confessioni religiose riconosciute. Per le comunità ebraiche la questione è leggermente diversa, almeno fin quando non hanno richiesto la modifica dell’intesa per ricevere l’8x1000. Esse avevano avuto un meccanismo di finanziamento particolare stabilito sul criterio dell’appartenenza. Si pagava una percentuale del reddito alla comunità, perché le comunità hanno sempre avuto degli obiettivi che vanno al di la del supporto spirituale. Offrono un grande sistema di accoglienza e di servizi. Il pagamento della tassa di appartenenza serviva al sostentamento di questi istituti. Il contributo legato all’appartenenza era obbligatorio, per i cristiani non c’è l’obbligo di donazione. Per le comunità ebraiche si parla proprio di tassa di appartenenza e residenza. i regi decreti del 29 e 30, che recepivano lo statuto delle comunità ebraiche e la loro disciplina, vedono inserito questo strumento di sostentamento al loro interno e nel caso in cui i tributi non venivano versati potevano essere iscritti a ruolo e si imponeva il pagamento. Come i comuni potevano iscrivere a ruolo i tributi non riscossi, così le comunità potevano usare questo strumento per farsi pagare. La questione della doverosità del tributo è arrivata fino alla CC perché un tizio che risiedeva in una comunità romana si rifiuta di pagare il contributo perché non si sentiva più ebreo. la cc dice che c’è un diritto ad appartenere alla comunità, ma non può essere imposta un’appartenenza di diritto. Non si può essere obbligati, si deve avere la libertà anche di uscire dalla comunità. Viene così riconosciuto il diritto dell’ebreo di pagare l’imposta, solo per il fatto che egli risiedesse nella comunità. Di qui le comunità ebraiche hanno preso atto del fatto che il loro sistema di finanziamento obbligatorio avrebbe potuto essere messo in discussione dalla sentenza della CC. Perché è legittimo chiedere agli appartenenti una quota del reddito, ma si deve appartenere alla comunità in base ad una scelta del singolo. È da qui che le comunità ebraiche chiesero un atto volitivo che determinava l’appartenenza. Ciò che si temeva nel passare dalle leggi predisposte ad un’intesa era che venisse a cadere il sistema di finanziamento e che le comunità ebraiche potessero così impoverirsi. Con il sistema del tributo per appartenenza le comunità invece riuscivano abbondantemente a mantenersi. L’ebraismo non è mai stato visto solo come confessione religiosa, ma come qualcosa di più complesso, per questo alcune comunità non vedevano di buon occhio l’intesa perché si credeva fosse ormai un meccanismo di autolimitazione. Con la sentenza della CC ci fu il timore che molti, pur di non pagare i tributi, si definissero non ebrei. si preferì allora stipulare un’intesa con l’Italia. Il ritardo nella stipulazione dell’intesa è dovuto alla decisione sull’aspetto economico del finanziamento delle comunità. Lezione 13 ottobre Sentenza 13 luglio 1984 n° 239 -> statuisce la natura giuridica delle comunità ebraiche Rapporto fra stato e altre confessioni religiose diverse dalla religione cattolica. La legge sui culti ammessi del 1929 rimane in vigore per le parti che non sono state dichiarate illegittime dalla CC. Era una legge che aveva lo scopo di tenere sotto controllo le manifestazioni religiose non della religione di stato (cattolica). Le confessioni che non hanno stipulato l’intesa sono disciplinate dalla legge si culti ammessi 29. con l’attuazione dell’art 8 Cost. le confessioni che hanno usufruito dell’intesa sono state numerose. I problemi che si sono posti riguardano le intese fotocopia, che hanno tradito l’obiettivo dell’art 8 “le confessioni possono organizzarsi sulla base di propri statuti e che possono stipulare intese approvate con legge con le relative rappresentanze”. È intervenuta la CC su alcune questioni stabilendo che non si possa prescindere da un accordo. I rapporti tra stato e religioni sono rapporti prettamente politici. È politica la scelta di rapportarsi con una religione piuttosto che un’altra. Il frutto dell’applicazione dell’art. 8 sono state le 12 intese. Dopo aver stipulato intese con confessioni di matrice cristiana e con l’ebraismo, si è stipulata intesa anche con confessioni che non erano di matrice cristiana pur essendo antiche ed estranee alla nostra esperienza storica es buddhismo ed induismo. La numerosità degli appartenenti ad una confessione religiosa non è un elemento fondamentale per poter stipulare un’intesa. Quali sono gli elementi sui quali si è incentrato il confronto prima di stipulare le intese? - Compatibilità con l’ordinamento italiano-> quando la confessione professa dei principi in contrasto con l’ordinamento. Lo stato laico deve limitarsi a vedere la non contrarietà dei riti al buon costume, di fatto se si vedono i motivi per i quali non sono stipulate le intese con i testimoni di Geova e gli islamici… per i testimoni di Geova c’erano alcuni principi che si ponevano in contrasto con l’ordinamento italiano. Nel 2016 i testimoni di Geova hanno fatto ricorso alla cedu perché lo stato, analizzata l’intesa su cui si concordava non l’ha convertita in legge. Il problema è che la politica ha il diritto di decidere (ribadito dalla corte costituzionale) con chi stipulare un’intesa. Nell’intesa era stato inserito dai testimoni un servizio civile per lo stato sotto il ministro dell’interno e non della difesa, perché essi non volevano dipendere dal ministero della difesa. Ciò che non è stato superato è stato l’atteggiamento dei testimoni di vedere lo stato come ente dal quale stare lontani. I testimoni hanno il divieto di candidarsi, si rifiutano di votare e di partecipare alla vita politica dello stato. È una sorta di contraddizione riconoscere lo stato, non votare ecc e poi chiedere la stipulazione dell’intesa. Altra questione riguarda il rifiuto delle trasfusioni di sangue. Nelle prime bozze di intesa si chiedeva che fosse istituito un elenco di ospedali nei quali si potesse essere curati con la garanzia che non sarebbero state praticati trasfusioni di sangue, è seguito però il rifiuto dello stato. Comincia il processo di appiattimento delle intese perché pur di arrivare alla stipulazione dell’intesa, si è rinunciato alle proprie norme identitarie della confessione. C’è stata una sorta di tradimento dell’obiettivo iniziale, quello di valorizzare le diversità delle confessioni e salvaguardarle con l’intesa. Ma se per arrivare a stipulare l’intesa si rinuncia alle specificità si perde lo spirito iniziale. La politicizzazione della scelta è conseguenza del fatto che mancano dei riferimenti precisi legislativi per determinare quando e come bisogna arrivare ad una intesa. Sentenza 52/2016 (da guardare) da motivazione precisa e da anche suggerimenti. I testimoni di Geova si sono rivolti alla cedu, la materia della libertà religiosa e dei rapporti tra stato e confessioni, è una materia nella quale l’Europa lascia agli stati un margine di apprezzamento tenendo conto del proprio assetto sociale e culturale. La vicenda che da origine alla sentenza trae origine da una particolare situazione degli UAR associazione di atei che chiede allo stato di iniziare una trattativa per la stipulazione dell’intesa in quanto si classificavano come confessione religiosa. Il primo ostacolo che hanno incontrato in questo percorso è relativo alla qualificazione. Il ministero risponde che l’uar non è una confessione religiosa. l’avvocatura si stato ha ribadito lo stesso concetto. Il governo decide di non cominciare le trattative, l’uar fa ricorso al tar del Lazio che dichiara l’incompetenza in materia, si giunge al consiglio di stato ecc. si stabilisce che la scelta dello stato non è impugnabile dalla confessione religiosa perché l’ambito di scelta politica del governo è un ambito sul quale la corte costituzionale non si sente di poter intervenire. Manca una legge generale per la libertà religiosa che permetta alla confessione di chiedere un’intesa e sulla quale la CC possa pronunciarsi e che stabilisca le condizioni per le quali la confessione possa chiedere l’intesa. Quando la costituzione parla di confessioni religiose parla di confessioni abbastanza limitate in base al panorama storico dell’epoca. Intese approvate negli anni sono di diversa struttura: - Modello di intesa breve-> modello di riferimento tavola valdese - Modello di intesa lungo-> modello comunità ebraiche. Lungo-breve non riguarda solo il numero di articoli, si parla di un approccio diverso anche circa il contenuto e la struttura dell’intesa. In cosa si differenziano? La posizione della tavola valdese, che raggruppa diversi gruppi, è un’intesa che parte da una premessa un po’ contraddittoria che fa sembrare l’intesa di separazione che di collaborazione. I contenuti sono rivolti al minimo essenziale, rivendicando alcune posizioni della tavola e mettendo dei paletti rispetto alle possibili ingerenze da parte dello stato. Ribadisce che i diritti a livello costituzionale già sono garantiti, devono essere ulteriormente garantiti alla tavola valdese senza che questa comporti spese a carico dello stato. Si delimitano i campi dell’uno e dell’altro. La legge 11 agosto 84 n° 449 (ha introdotto nell’ordinamento l’intesa valdese) presenta tracce simili a quanto detto sopra. Nel primo articolo si dice che all’entrata in vigore della legge cessano di avere efficacia gli istituti del regio decreto e legge del 29 (legge dei culti ammessi). Per ogni intesa che è stata stipulata, gruppi di persone sono sottratte all’applicazione di quella legge e vale per quelle confessioni che non abbiano stipulato un’intesa, sempre che lo stato non abbia deciso di abrogarla. Qualcuno sostiene che essendo una legge che riguarda i rapporti con le confessioni religiose lo stato non potrebbe abrogarla unilateralmente ma con l’accordo perchè si violerebbe l’art 8 cost. Art 2: “La Repubblica italiana dà atto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’ordinamento valdese. La Repubblica italiana, richiamandosi ai diritti di libertà garantiti dalla Costituzione, riconosce che le nomine dei ministri di culto, la organizzazione ecclesiastica e la giurisdizione in materia ecclesiastica, nell’ambito dell’ordinamento valdese, si svolgono senza alcuna ingerenza statale. La Tavola valdese dichiara che essa, gli organi e gli istituti delle chiese che essa rappresenta continueranno a non fare ricorso, per l’esecuzione di provvedimenti da essi presi in materia disciplinare o spirituale, agli organi dello Stato.” Art 3 “La Repubblica italiana, accogliendo la richiesta della Tavola valdese, provvede a cancellare dallo stato di previsione della spesa dello Stato il capitolo delle spese fisse relativo all’assegno perpetuo per il mantenimento del culto valdese, previsto, a titolo di risarcimento di danni anteriormente subiti, dal regio biglietto 29 aprile 1843, ora corrisposto nella misura di lire 7.754,75 annue.”-> La tavola valdese chiede allo stato di cancellare la posta inserita nel bilancio dello stato, la confessione non vuole alcun tipo di aiuto economico da parte dello stato. Art. 4-> dichiarazione di principio Tutela penale) La Tavola valdese, nella convinzione che la fede non necessita di tutela penale diretta, riafferma il principio che la tutela penale in materia religiosa deve essere attuata solamente attraverso la protezione dell’esercizio dei diritti di libertà riconosciuti e garantiti dalla Costituzione, e non mediante la tute- la specifica del sentimento religioso. “La Repubblica italiana prende atto di tale affermazione.” -> lo stato non persegue chi offende il sentimento religioso, la tutela penale è generale. Bisogna sottoporre ciò al diritto comune. Le norme penali dello stato valevano comunque. Quando è entrata in vigore questa norma erano in vigore gli art 400-407. In caso di bestemmia in ambito valdese, essendo in vigore il codice rocco, veniva punita, ma era prevista una All’interno delle comunità ci sono stati dibattiti perché alcuni ritenevano che il qualificarsi esclusivamente come confessione religiosa per accedere all’8x1000 fosse una diminutio per l’ebraismo. L’aderire alla stipulazione dell’intesa sembrava quindi una autolimitazione dell’ebraismo. Per cercare di limitare queste opposizioni sono state inserite nell’intesa disposizioni circa l’identità dell’ebraismo e delle sue specificità. Art. 2 co 4 “È assicurata in sede penale la parità di tutela del sentimento religioso e dei diritti di libertà religiosa, senza discriminazioni tra i cittadini e tra i culti.” -> quando entra in vigore l’intesa, il codice penale prevedeva una differenziazione della tutela penale del sentimento religioso. L’art 406 prevedeva che i reati commessi nei confronti delle confessioni diverse dalla cattolica venivano puniti con una pena ridotta fino ad un terzo. L’art 402 e 709, vilipendio e bestemmia, non erano poi applicabili alle religioni diverse dalla cattolica. in questo comma si prevede la parità di tutela in sede penale, quindi ci sono le premesse per la modifica dell’art 406 del cp. Nb. La tavola valdese nell’intesa ha specificato che non serva una tutela penale per la confessione religiosa. Art 3 “Ai ministri di culto nominati dalle Comunità e dall'Unione a norma dello Statuto dell'ebraismo italiano è assicurato il libero esercizio del magistero. Essi non sono tenuti a dare a magistrati o altre autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero” -> Stessi compiti e trattamenti del ministro di culto cattolico. Il co 2 parla del servizio militare ma è una possibilità limitata, in quanto non viene più prestato. Si chiede l’esonero solo di colui che svolge il ruolo di rabbino capo, ruolo alto nella gerarchia. Sono le confessioni che devono trasmettere gli elenchi delle persone individuate come ministri di culto, non perché lo stato li controlla ma perché deve sapere i soggetti che possono ricoprire determinati ruoli e che possono prestare assistenza spirituale e avere accesso a determinati luoghi come ospedali o carceri. Art. 4-> riposo sabatico “La Repubblica italiana riconosce agli ebrei il diritto di osservare il riposo sabbatico che va da mezz'ora prima del tramonto del sole del venerdì ad un'ora dopo il tramonto del sabato.” -> il sabato è fondamentale per gli ebrei. Giorno esclusivamente dedicato alla famiglia e alla preghiera. Il riposo sabatico viene rispettato con certo rigore anche dai non particolarmente osservanti. Nell’intesa viene poi anche dettagliato cosa può fare lo stato per consentire il rispetto del sabato agli ebrei. “Gli ebrei dipendenti dallo Stato, da enti pubblici o da privati o che esercitano attività autonoma o commerciale, i militari e coloro che siano assegnati al servizio civile, sostitutivo, hanno diritto di fruire, su loro richiesta, del riposo sabbatico come riposo settimanale” -> è un’eccezione. Alcuni servizi essenziali come ospedali, medici, polizia vengono assicurati, infatti durante il sabato anche in Israele sono previsti i servizi essenziali. “Tale diritto è esercitato nel quadro della flessibilità dell'organizzazione del lavoro. In ogni altro caso le ore lavorative non prestate il sabato sono recuperate la domenica o in altri giorni lavorativi senza diritto ad alcun compenso straordinario. Restano comunque salve le imprescindibili esigenze dei servizi essenziali previsti dall'ordinamento giuridico.” Il sabato è vietata qualsiasi attività che non sia di tipo intellettuale o spirituale. Lo stato e il datore di lavoro si devono impegnare a rispettare le esigenze del lavoratore ebraico. “Nel fissare il diario di prove di concorso le autorità competenti terranno conto dell'esigenza del rispetto del riposo sabbatico. Nel fissare il diario degli esami le autorità scolastiche adotteranno in ogni caso opportuni accorgimenti onde consentire ai candidati ebrei che ne facciano richiesta di sostenere in altro giorno prove di esame fissate in giorno di sabato.” -> la comunità invia al ministero un elenco di festività, fisse e mobili (art. 5 intesa). Si prevede un importante impegno dello stato nell’organizzazione di esami e concorsi. “Si considerano giustificate le assenze degli alunni ebrei dalla scuola nel giorno di sabato su richiesta dei genitori o dell'alunno se maggiorenne.” -> punto abbastanza discusso. Lo studente ebreo che frequenta la scuola pubblica non deve giustificare le assenze, sono giustificate a prescindere solo per l’appartenenza all’ebraismo. Si deve dichiarare di essere ebrei per godere di questo diritto (nb. In genere l’appartenenza religiosa è un dato sensibile). La questione che ne è nata è, se oltre agli ebrei per il sabato, anche altre confessioni religiose iniziano a chiedere la giustificazione delle assenze in altri giorni della settimana, come gestire tutte queste assenze anche dal punto di vista pratico dei docenti. All’atto pratico però i problemi che si sono creati sono stati minimi, anche perché in genere dove ci sono comunità religiose sono presenti scuole confessionali nei quali si iscrivono i figli. Art 6 “Agli ebrei che lo richiedano è consentito prestare a capo coperto il giuramento previsto dalle leggi dello Stato. 2. La macellazione eseguita secondo il rito ebraico continua ad essere regolata dal decreto ministeriale 11 giugno 1980, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 168 del 20 giugno 1980, in conformità alla legge e alla tradizione ebraiche” -> le modalità del giuramento sono stati sia dalla CC che dal legislatore modificate. La questione del giuramento è guardata dalle confessioni religiose in modo diverso, ed. i testimoni di Geova di rifiutano di giurare. Per l’ordinamento italiano si giura a piedi e a capo scoperto. Per gli ebrei giurare è un atto sacro e lo fanno a capo coperto, l’intesa prevede questa norma come deroga a quello che prevede la legge italiana, proprio perché per gli ebrei è un atto sacro. Non c’è però rifiuto del giuramento. Altra norma richiamata riguarda la macellazione rituale degli animali, specificità. Il richiamare nel testo concordato la legge dell’1980 significa che essa non potrà più essere unilateralmente modificata dallo stato. Deve essere presente un rabbino che presenzi all’uccisione dell’animale ma deve anche certificare la macellazione avvenuta secondo le norme. La certificazione della carne serve poi per la consumazione lecita e per la vendita nei negozi ebrei. Art. 7 -> forze armate e assistenza spirituale all’interno di esse. Non si chiede solo che un ministro di culto possa prestare assistenza spirituale in alcuni servizi, ma si chiede anche “il diritto di osservare, a loro richiesta e con l'assistenza della Comunità competente, le prescrizioni ebraiche in materia alimentare senza oneri per le istituzioni nelle quali essi si trovano.” Le persone che devono essere assistite, possono derogando alle norme delle strutture stesse, chiedere assistenza di ebrei secondo le regole dell’ebraismo e questo a carica della confessione religiosa di appartenenza, non onere a carico dello stato. L’alimentazione per gli ebrei è elemento importante tanto quanto il rispetto del sabato. Art 11 -> insegnamento della religione nelle scuole pubbliche. La preoccupazione principale è la non discriminazione degli alunni ebrei all’interno delle scuole e che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica. c’è sempre l’impego di rispondere alle richieste di alunni e docenti per quanto riguarda l’insegnamento di carattere religioso. Nell’intesa con l’ebraismo si chiede qualcosa di più alla non discriminazione degli studenti: lo stato si impegna ad evitare qualunque tipo di ingerenza nella formazione e nell’educazione degli alunni ebrei. la norma è stata interpretata come norma che vieta l’insegnamento religioso diffuso. Si cercano di evitare interferenze nell’educazione religiosa degli alunni ebrei. Lezione 19 ottobre Emerge la possibilità, dall’art. 11 di evitare un insegnamento diffuso: anche se non si insegna la religione cattolica c’è il rischio che comunque l’insegnamento venga orientato. Bisogna ricordarsi che dal 29 si considerava l’insegnamento della religione cattolica come coronamento dell’insegnamento. Ma dall’entrata in vigore della costituzione questo orientamento dovrebbe essere evitato per principio. Art. 11 co 3 “Per dare reale efficacia all'attuazione di tale diritto, l'ordinamento scolastico provvede a che l'insegnamento religioso non abbia luogo secondo orari e modalità che abbiano per gli alunni effetti comunque discriminanti e che non siano previste forme di insegnamento religioso diffuso nello svolgimento dei programmi di altre discipline. In ogni caso non possono essere richieste agli alunni pratiche religiose o atti di culto”. Il problema della non discriminazione si presenta quando le classi iniziano essere composte da alunni di confessioni diverse, prima della costituzione le classi per la maggior parte erano costituite da alunni cattolici, e il problema della diversità di culto non si poneva. Art. 12 -> impegno della scuola e dei docenti di accettare ed esaudire richieste di alunni e genitori e possibilità di erigere istituti di formazione confessionalmente orientati e che possono rilasciare titoli di studio equivalenti a quelli delle scuole pubbliche sempre nel rispetto dei principi supremi dell’ordinamento garantiti dalla costituzione. “Alle Comunità, alle associazioni e agli enti ebraici, in conformità al principio della libertà della scuola e dell'insegnamento e nei termini previsti dalla Costituzione, è riconosciuto il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione.” Art. 14 -> riconoscimenti dei matrimoni “Sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni celebrati in Italia secondo il rito ebraico davanti ad uno dei ministri di culto di cui all'articolo 3 che abbia la cittadinanza italiana, a condizione che l'atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale.” Importante è la cittadinanza italiana del ministro di culto, nell’intesa con i valdesi questo particolare non è esplicitato. Rimane che il matrimonio produce effetti civili a seguito della trascrizione e previe pubblicazioni. Il nullaosta autorizza il ministro di culto a celebrare il matrimonio. Il ministro dopo la celebrazione legge gli articoli del codice civile. Altra cosa che non si trova nell’intesa valdese ma si in quella ebraica è che gli sposi possono aggiungere nell’atto di matrimonio le altre dichiarazioni sulla base del codice civile: regime patrimoniale, riconoscimento dei figli nati prima del matrimonio. Le procedure per la trascrizione sono le stesse per il matrimonio canonico. Non è prevista la trascrizione tardiva che è esclusiva del matrimonio concordatario. Non si è chiesto che le sentenze dei tribunali rabbinici valgano in Italia, ma si è chiesto ed ottenuto il diritto di celebrare e sciogliere i matrimoni con procedure ed effetti esclusivamente interni alla confessione religiosa art. 14 co 9 “Resta ferma la facoltà di celebrare e sciogliere matrimoni religiosi, senza alcun effetto o rilevanza civile, secondo la legge e la tradizione ebraiche.” Si può chiedere di celebrar un matrimonio esclusivamente religioso può chiedere di scioglierlo e contemporaneamente celebrare un matrimonio civile dal quale cis i può sciogliere con la sentenza di divorzio. Quello che viene chiesto è che sia considerato lecito, anche se non produttivo di effetti civili, del matrimonio religioso ebraico. Non si ha delibazione che per il matrimonio canonico viene usata per rendere efficaci le sentenze dei tribunali ecclesiastici. Il matrimonio ebraico è un atto di volontà, non ha la caratteristica dell’indissolubilità, e può essere sciolto con atto volontario, ghet, dato dall’uomo alla donna, senza ricorrere al tribunale rabbinico. Art 15 ->Norma introdotta nell’intesa con le comunità ebraiche e che riprende l’art 831 cc stabilisce “Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto ebraico, anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione, neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata con il consenso della Comunità competente o dell'Unione.” Esempio di estensione alla comunità ebraica di una norma contenuta nel cc che riguardava gli edifici di culto cattolici. “Tali edifici non possono essere requisiti, occupati, espropriati o demoliti se non per gravi ragioni e previo accordo con l'Unione. 3. Salvi i casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare per l'esercizio delle sue funzioni in tali edifici senza previo avviso e presi accordi con la Comunità competente” L’art 16 riguarda una questione specifica, che non si trova nelle altre intese: I piani regolatori cimiteriali prevedono su richiesta della Comunità competente per territorio reparti speciali per la sepoltura di defunti ebrei.” si chiede di ottenere delle zone riservate all’interno dei cimiteri per poter provvedere alla sepoltura secondo le regole della religione ebraica. La questione dei cimiteri e delle sepolture è molto importante sia per gli ebrei che per i musulmani, storicamente in città dove c’erano comunità ebraiche il cimitero ebraico esisteva già, e raramente vengono chiesti ulteriori cimiteri dedicati. La sepoltura deve essere perenne, non è ammessa la riesumazione del cadavere dopo un po’ di tempo e lo spostamento in un loculo più piccolo. Il fatto che non si possa procedere allo spostamento crea problematiche collegate alle norme che regolano le sepolture comunali. Infatti, le regole dei cimiteri comunali stabiliscono lo spostamento dopo 15 anni circa. Con lo strumento delle concessioni cimiteriali si crea una concessione che possa essere rinnovata. “Le sepolture nei cimiteri delle Comunità e nei reparti ebraici dei cimiteri comunali sono perpetue in conformità della legge e della tradizione ebraiche. 4. A tal fine, fermi restando gli oneri di legge a carico degli interessati o, in mancanza, della Comunità o dell'Unione, le concessioni di cui all'articolo 91 del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, sono rinnovate alla scadenza di ogni novantanove anni.” Le concessioni non sono gratuite ma a pagamento. L’intesa si preoccupa che le concessioni vengano rinnovate, che si abbia il diritto di chiedere il rinnovo, i cimiteri devono ammettere il rinnovo, ma si prevede anche che in caso in cui una famiglia sia estinta e che non si possa più pagare la tomba, la comunità paga per evitare che si violi la perpetuità della sepoltura. Chiedere il rispetto delle norme ebraiche vuol dire Edilizia di culto è una res mixtaedisciplina coinvolge diverse norme e livelli di norma. Edilizia di culto si trova tra due poli: - Deve rispettare quei principi stabiliti dalla costituzione e convenzioniprincipi: diritto di libertà religiosa (importanza del contenuto di questa libertà)da questi è garantita. - Nella sua attuazionesottostà alla disciplina delle norme regionali e quelle urbanistiche territoriali. Libertà religiosaè riconosciuta dalla costituzione: - Non discriminazione + tutte le religioni sono libere davanti alla legge. - Art.117materia del governo del territorio dove l’edilizia di culto rientramateria concorrente tra stato e regioniè formalmente concorrente, MA di fatto questo, con il tempo ha significato una libertà totale della libertà regionale. Esigenza del luogo di culto sentita soprattutto dall’islam. Perché? Le popolazioni degli anni 80-90 che sono venuti in Italia hanno sentito la necessità di trovare un luogo di culto adattosoprattutto per un foro esterno e la preghiera di culto collettiva. Grandi conflitti con l’islam con legge regionale lombarda n.2/2015limitazioni sull’edilizia di culto oggetto di contestazione davanti alla Corte costituzionalene ha riconosciuto in gran parte l’illegittimità. Legge regionale che ha comunque continuato a produrre i suoi effetti: 1. Anche se adottata nel 2015l’illegittimità pronunciata dalla CC è stata nel 2019. 2. Anche se alcuni passaggi erano illegittimi, la CC non può subentrare al governo dei comuniquindi di fatto la legge ha continuato a produrre effetti. Si è parlato di un progetto generale sulla libertà religiosa oltre le leggi regionaliparte dottrinanon può essere una soluzionesarebbe una legge superflua: va a ribadire cose + si rischierebbe di limitare il potere delle regioni in materia fino a farlo sparire. Analisi: Legge regionale lombarda n.2/2015ha creato un diritto di libertà religiosa a geometria variabile:  Confessioni religiose che stanno in regioni che predispongono leggi di tipo garantista  Confessioni religiose che stanno in regioni (lombarda, veneto) che predispongono leggi che vanno a restringere il diritto di libertà religiosa con riferimento all’edilizia di culto. La legge è stata adottata nel 2015denota una serie di problematicitàviene subito impugnata per illegittimità. Già nel 2005 la Lombardia aveva emanato una legge n.12/2005 che prevedeva che per poter usufruire delle varie facilitazioni previste per l’edilizia di culto, le confessioni religiose dovevano aver stipulato un’intesafu dichiarata incostituzionale. Art.8: “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”tutte, non solo quelle con un’intesa. L.2/2015modifiche della L.12/2005: principi per le pianificazioni urbanistiche dei servizi religiosivenne chiamata dai giornalisti “la legge anti-moschee”non menzionava mai i luoghi di culto islamici. Aspetti problematici della legge: 1. Contestoa dicembre del 2014 era stato emanato un bando a Milano per assegnare delle aree edificabili a delle comunità religiose. Partecipano varie comunità e anche quelle islamichepossiedono tutti i requisiti (sono una comunità, sono in un buon numero, sono li da tempo). Viene stesa una concessione provvisoria alle comunità islamiche. Con la L.2/2015 viene bloccato tuttocomunità mussulmane di Milano rimangono senza luogo di culto. 2. Art.1 co.1 lettera b)statuto regionale prevede ex lege che la regione Lombardia stabilisca una consulta dove i comuni possano esercitare un controllo sostanziale sullo statuto e i principi delle comunità religioseatteggiamento di tipo giurisdizionalista: si ha un’ingerenza nell’organizzazione delle singole comunità religioseentra nel merito, MA non si può fare, implica un potere che lo stato non ha sul poter entrare e giudicare in merito alla natura religiosa. 3. Comuni hanno la facoltà e non l’obbligo di porre le attrezzatture religioseparlare di facoltà significa parlare di un interesse legittimo, MA la libertà religiosa è un diritto fondamentale. 4. Art.1 co.1 lettera c)illegittimità: o Coinvolgimento di organizzazioni popolari e comitati di cittadinisi rischia effetto Mindy: cittadini siano in teoria favorevoli all’idea ma contrari se messa in pratica nel loro quartiere. o Referendum per approvazione di far aprire luoghi di cultosi delinea il rischio della: dittatura della maggioranza. o Requisiti di eventuali nuovi edifici di cultodovevano avere un impianto di videosorveglianza collegato alla autorità locale. o Conformità al paesaggio lombardo. Corte costituzionale interviene prima nel 2016 e poi nel 2019profili di incostituzionalità: 1. Irragionevole discriminazione tra soggetti portatori di interessi identicirichiesti requisiti: presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale per le confessioni che non hanno un’intesa questi requisiti non vengono richiesta. Inoltre: “presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale”cosa significa? Parametro labile, discrezionalenon è adeguato a disciplinare tout court. 2. Incostituzionale art.1 co.1 lettera b). 3. Incostituzionale nella parte in cui si parla di “facoltà”. 4. Incostituzionale art.1 co.1 lettera c) nelle parti elencatenorma dichiarata incostituzionale con 2 sentenze: 3/2016 e 4/2019CC stabilisce che è vero che il piano delle attrezzature religiose poteva essere utile per decidere la loro destinazione e la loro disciplina, ma di fatto nessun comune lo ha adottato. Sentenze TAR Lombardia Milano: luglio/2020 e gennaio/2021. Gennaio 2021comune di Cantùassociazione islamica costituita APS=associazioni di promozione socialenorma che disciplina queste APS permette la variazione della sede statutaria senza bisogno dell’autorizzazione comunale, avviene in modo automatico. Comunità di Cantù affitta con riscatto un immobilecon ordinanza gli viene impedito l’utilizzocomune richiede che: l’immobile venga messo in sicurezza + nega che questi lavori avvengano (ovviamente è un controsenso). Tarda ragione alla comunità islamica. Lezione prof Consorti Prime libertà violate: movimento e riunione Libertà interiori: muovo all’interno della nostra coscienza e che stimolano i nostri comportamenti di fatto e quello che noi facciamo. Il diritto si occupa di quello che noi facciamo, non il pensiero e la nostra libertà interiore. Libertà di pensiero, coscienza e religione anno parte delle libertà interiori. Nella storia a reclamare la libertà a comportarsi per il diritto di essere se stessi erano coloro che reclamavano il rispetto della propria identità religiosa, e coloro che seguivano principalmente una religione diversa da quella della maggioranza. Nella religione pagana, l’idea del pantheon permetteva di aggiungere ulteriori divinità da adorare senza problemi. Si crea contraddizione con l’avvento del monoteismo, perché questi ultimi non accettavano di aggiungere il loro dio agli altri. Questa incomprensione è sfociata nelle persecuzioni. La libertà religiosa, rispetto alle altre interiori, vanta primogenitura dal punto di vista giuridico. Libertà e diritti sono due concetti distinti. I diritti sono uno strumento con cui si può garantire l’espressione di una libertà. Quando gli ordinamenti vogliono garantire l’espressione di libertà, si producono diritti e doveri. La libertà è costituita da diritti e doveri. Per garantire il diritto alla vita, alla salute, di fronte alla scarsità di risorse, sono state prese delle scelte importanti. Es. scelta dei pazienti da curare (no anziani). La limitazione dei diritti di movimento si è riflessa sulla limitazione della libertà religiosa. In particolare, è stato negato il diritto di riunione di più persone nello stesso luogo per il culto. Non è stato toccato il diritto di credere o non credere, non è stata toccata la parte interiore del diritto di libertà religiosa. Perché non si è detto al credente di non credere, la sua possibilità di credere privatamente non è stato toccato. Non siamo stati provati di una libertà fondamentale, perché nel privato era possibile manifestare la propria religione e il proprio pensiero. C’è stato un cambiamento di forma del culto associato trasportando online le messe e le celebrazioni religiose. Nella religione, si è presenti anche se assenti, perché c’è la presenza di spirito. Quindi grazie a internet e alle riunioni virtuali si è stati comunque presenti concretamente. I cattolici vivono una percezione del luogo di culto che lo rende sacro, che rende più vicina la possibilità di essere più vicini a dio. La cultura cristiana rende il logo di culto sacro tanto che le possibilità di celebrare all’esterno di esso sono considerate eccezionali e tendenzialmente da evitare. Per altre religioni magari l’impossibilità di recarsi nel luogo di culto non ha creato molti problemi. Principio di elasticità: quando si ha a che fare con gli ordinamenti religiosi bisogna capire che le confessioni pongono regole per garantire la salvezza delle anime e quindi nessuna regola deve essere tassativa, ma le regole devono essere adattate alle persone e al contesto per permettere la salvezza delle anime. Le norme secolari devono invece essere generali ed astratte e rigide. Uno dei sacramenti più rivisitati è stato quello della confessione. Esso prevedrebbe che vi sia una vicinanza tra ministro di culto e fedele e che poi gli impartisca la punizione. Nel caso di pandemia, pe persone ricoverate in ospedale, non potevano ricevere la confessione. Da questo episodio ci sono state una serie di soluzioni. È possibile confessare per telefono? In alcuni casi si è detto di no perché non ci sarebbe stata segretezza e qualcuno poteva ascoltare. Ma in questi casi è possibile comunque elasticizzare le norme della confessione per quanto detto prima. Il diritto canonico ha trovato degli escamotage, come adattamenti liturgici es. non scambiare il segno di pace. Le altre confessioni in Italia, ad eccezioni di quelle ortodosse, hanno sospeso le celebrazioni di culto collettive e ancora oggi ad esempio i buddhisti non le hanno riaperte. È anche vero che i buddhisti hanno una dimensione più interiore e domestica del culto. Non esiste una definizione di assembramento. Nella tradizione italiana in particolare il profilo della tutela di libertà religiosa è collegato alla relazione tra stato e chiesa e tra stato e altre confessioni religiose. Da parte di alcuni è stata sollevata la perplessità della legittimità delle regole della libertà religiosa in audita altera parte, senza aver sentito la chiesa e le confessioni religiose. Da parte della autorità sanitarie le confessioni sono state viste come problema per le pandemie, non come aiuto nella loro attenuazione. I protocolli sanitari sono regole che inizialmente la chiesa ha prodotto, obbligando i fedeli cattolici al loro rispetto, in parte erano già le stesse regole vigenti per entrare nei luoghi pubblici e sono stati adottati dalla chiesa per aiutare nell’emergenza pandemica. La conferenza episcopale produsse il protocollo e lo consegno al comitato tecnico scientifico. Il nostro ordinamento riconosce il valore dell’obiezione di coscienza, del rifiutarsi di aderire ad un imperativo da parte dello stato se questo deriva da motivi collegati alla propria coscienza. La madre di tutte le obiezioni di coscienza è l’obiezione al servizio militare e all’uso delle armi più in generale. Le diverse confessioni hanno posizioni diverse all’uso delle armi. Non c’è mai stato da parte dei cattolici rifiuto di prestare il servizio militare, ma si è solo chiesto che i sacerdoti che non siano tenuti a prestare il servizio militare ma possono prestare assistenza spirituale all’interno delle forze armate. Non c’è richiesta di esenzione assoluta dei cattolici cosa che invece c’è nella prima bozza di intesa dei testimoni di Geova o per gli avventisti, che nell’intesa tutt’ora vigente, c’è perché sono totalmente contrari e hanno chiesto l’esonero dal prestare il servizio. Oggi l’obiezione coscienza il servizio militare è residuale, potrebbe tornare in discussione qualora ci fosse dichiarazione di guerra o se fosse necessario rinforzare l’esercito. Nella prima legge che introduceva la possibilità di svolgere in modo diverso il servizio militare con il servizio civile sostitutivo, questo era più lungo. Intervenne la CC per stabilire che fosse discriminatori prevedere un servizio civile più lungo di un servizio armato. Le obiezioni di coscienza devono essere suddivise in: - obiezioni di coscienza secundum legem: ovvero che la legge disciplina perché ritenute giustificate - Obiezioni di coscienza contra legem: viene richiesta ma non essendo disciplinata dalla legge o sono contrarie alla legge o non sono riconosciute dall’ordinamento in modo specifico ma possono trovare spiegazione nei principi generali dell’ordinamento attraverso l’attività giurisprudenziale. Riconoscere il diritto di libertà religiosa, al rispetto die principi della propria coscienza non implica che lo stato debba sempre consentire di vivere secondo essi o secondo le regole confessionali. Ci sono dei casi limitati nei quali i valori della coscienza o religiosi possono porsi in contrasto con i principi dell’ordinamento, e ci sono dei margini entro i quali un ordinamento può riconoscere la coscienza di un individuo o il precetto religioso di ogni religione ma ci sono dei margini che non possono essere illimitati. Se un ordinamento riconoscesse ad ognuno di comportarsi secondo i propri principi anche se contrastino con quelli dell’ordinamento, ciò porterebbe alla disgregazione di uno stato democratico. Talvolta quando l’obiezione di coscienza è qualificata dallo stato come molto importante, allora la si disciplina attraverso norme, ad esempio l’obiezione di coscienza sull’interruzione volontaria della gravidanza. Si prevede che la regione permetta il servizio, e a seguito della legge sull’aborto è obbligo dell’ospedale fornire il servizio, ma allo stesso tempo la legge permette di rifiutarsi qualora questa azione vada contro a propria coscienza o contro i propri principi religiosi. Una questione che differenzia la legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare e la legge che introduce l’aborto (almeno prima dell’intervento della CC) è che la prima non era considerata un vero e proprio diritto, ma interesse legittimo. Il soggetto poteva chiedere di essere adibito al servizio civile sostituivo ma non era un vero e proprio diritto (all’inizio la richiesta era valutata da una commissione). Per la seconda invece si considerano il medico e il paramedico come “proprietari” di un diritto. L’obiezione di coscienza per l’aborto era considerata un vero e proprio diritto. Lezione 27 ottobre Obiezioni di coscienza - Al servizio militare - Interruzione volontaria della gravidanza: nella legge l’obiezione di coscienza viene considerata un diritto. Il medico o paramedico possono dichiararsi obiettori senza alcuna conseguenza. L’obiezione di coscienza non esclude che il medico debba necessariamente prestare la propria assistenza qualora la donna corra un pericolo. La legge è destinata a proteggere la legge, e prevede la possibilità dell’interruzione come un’alternativa sussidiaria, quindi si chiede alla donna di riflettere per 7 giorni prima di sottoporsi all’intervento. Ci sono ospedali nei quali l’obiezione di coscienza tra i medici è così forte che non si permette di praticare l’aborto. Questo rifiuto di praticare l’aborto da parte dei medici ha provocato molte polemiche. Si è detto che ci fossero anche obiezioni di comodo, ma il SSN deve garantire questo servizio. La questione è cambiata con l’avvento di mezzi alternativi a quelli chirurgici. Utilizzabili e disciplinati da norme molto restrittive es. pillola abortiva che consente l’aborto chimico. Interviene nelle prime 7 settimane di gravidanza. In Italia viene obbligatoriamente effettuato in ospedale anche se si tratta solo di somministrazione di pillole. Così come il medico può rifiutarsi di praticare l’intervento per l’aborto può rifiutarsi anche nella somministrazione della pillola. Obiettore di coscienza non può essere il farmacista e colui che rifornisce della pillola gli ospedali. Ci sono poi dei farmaci che se assunti entro tot tempo dal rapporto sessuale possono impedire il concepimento o provocare un aborto molto precoce. Sulla vendita di questi prodotti la questione dell’obiezione di coscienza si è posta in maniera molto forte. In origine nel bugiardino, per la pillola del giorno dopo, c’era scritto che poteva ostacolare il concepimento e su questa base alcuni farmacisti si dichiaravano obiettori di coscienza perché non volevano contribuire all’interruzione della gravidanza. C’è stato conflitto tra farmacisti e ordine dei farmacisti, quest’ultimo ha detto che nel momento in cui il paziente si presenta con una prescrizione del medico non ha diritto a sindacare la scelta, ma deve solo dare il farmaco. alla luce di ciò si disse che l’obiezione dl farmacista non fosse legittima. L’aifa ha poi modificato il bugiardino dicendo che il farmaco non ha effetti abortivi ma contraccettivi perché il meccanismo di azione è quello di ritardare o inibire l’ovulazione e non può avere effetto nel caso in cui ci fosse un ovulo già fecondato. Questo cambiamento di dicitura ha fatto sorgere polemiche perché si è ritenuta ingiustificata la presa di posizione di alcuni farmacisti soprattutto cattolici perché nonostante il cambiamento (a base scientifica) hanno continuato a rifiutarsi di vendere il farmaco, affermando che le affermazioni contenute nel bugiardino non fossero vere. Per la pillola dei 5 giorni dopo si può parlare di effetto abortivo e non contraccettivo. Dal punto di vista giuridico la pillola del giorno dopo richiede la ricetta medica solo per le minorenni, e c’è conflitto tra ruolo del medico e del farmacista. In Europa e anche in Italia la pillola dei 5 giorni è divenuta farmaco da banco, e per i minorenni serve un certificato di non gravidanza. L’obiezione di coscienza in questo caso può essere non dichiarata perché contra legem, se il farmacista vuole fare ostruzionismo all’utilizzo di farmaci può non ritirarlo e dire che non è disponibile. Una volta che la pillola diviene farmaco da banco diviene un farmaco che il farmacista può anche decidere di non tenere. Si procura così difficoltà alla donna che vuole assumere il farmaco. con il covid, per le donne che volevano interrompere la gravidanza si è trattato di un periodo molto difficile, dovuto non solo all’obiezione di medici e farmacisti ma anche per la limitazione di spostamento. - L’obiezione di coscienza è prevista anche nella legge 40 sulla procreazione assistita. La prima legge prevedeva molti vincoli alla possibilità di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (soprattutto per gli innumerevoli divieti presenti al suo interno) tant’è che si parlava di trattamenti fortemente influenzati dalla religione cattolica. Per dichiararsi obiettori basta una dichiarazione che diviene operativa dopo un mese. La CC è intervenuta sulla legge 40 (ampliando le tecniche ad esempio) quasi riscrivendola e rendendola molto simile alle leggi con stesso oggetto in vigore in altri stati europei. Anche le ipotesi di obiezione di coscienza che si possono immaginare rispetto alla legge 40 si sono ampliate. Una dirigente medico aveva contribuito a creare un centro di procreazione medicalmente assistita all’interno dell’ospedale, nel momento in cui la CC inizia a revisionare la legge 40 ampliando le possibilità e prevedendo la diagnosi pre impianto e la fecondazione eterologa, questa dottoressa solleva la questione dell’obiezione di coscienza, perché era d’accordo con le regole della legge 40 ma non on le disposizioni contenute nella norma perché alcune pratiche erano contrarie alla sua religione. Le hanno proposto il trasferimento perdendo la sua posizione di dirigente. Ci troviamo di fronte ad un caso nel quale c’è conflitto tra il diritto riconosciuto dalla legge di dichiararsi obiettori di coscienza ma anche il diritto e il dovere dell’ospedale di garantire il servizio. Con il tempo nascono molte obiezioni di coscienza es. testimoni di Geova che si rifiutano di votare. Questione dell’abbigliamento religioso, simboli religiosi e norme alla base degli usi Il fatto che venga riconosciuto come diritto fondamentale quello di libertà religiosa, non implica sempre che ognuno possa vivere secondo le proprie regole e andare contro l leggi dello stato. Bisogna trovare una edizione tra il proprio convincimento e le regole dello stato. L’appartenente alla religione sich che voglia girare con un piccolo pugnale obbligatorio da potare per la propria religione, va incontro a problemi perché il pugnale è un’arma. La giurisprudenza ha ritenuto che il diritto di portare quel simbolo religioso po' divenire compatibile nel momento in cui sia utilizzato come simbolico, miniaturizzato, non deve più essere un’arma. Ogni stato adotta regole differenti. Es. in Francia si vietava alle studentesse musulmane di andare a scuola con il velo. A poco a poco molti stati hanno emanato leggi che disciplinano regole per la questione dell’abbigliamento. Quelli che erano casi assolutamente eccezionali col tempo sono divenuti frequenti. Nella legislazione italiana non si torva nulla che disciplini esplicitamente la questione dell’abbigliamento. Ci sono solo alcune norme contenute nel testo unico della pubblica sicurezza art. 85 e legge reale del 1975 n 152 finalizzato al contrasto del terrorismo che stabilisce che una persona deve essere riconosciuta in un luogo pubblico. La questione non si pone quando si parla del foulard islamico, perché consente riconoscimento. Costituisce una forma di rivendicazione di un’identità. In Francia è vietata a tutti gli studenti di ostentare simboli che dimostrino l’appartenenza religiosa, perché è uno stato fortemente laico. Se si mostrassero in pubblico simboli religiosi si perderebbe la neutralità dello spazio pubblico. Il comitato per l’islam in Italia ha stabilito che sia una scelta quella di vestirsi in un ceto modo da parte del fedele e non c’è un obbligo. Alcuni stati hanno compiuto una scelta radicale: in Canada lo stato del kebeck (?) ha vietato il burqa sui mezzi pubblici, uffici pubblici non solo per i dipendenti pubblici ma anche per coloro che si recano in un ufficio pubblico. La legge francese motiva la scelta di vietare atteggiamento non solo x ragioni di sicurezza e per la necessità di mettere in pratica il principio del vivere insieme. Per il legislatore francese se una persona vuole rispettare le regole della sua religione utilizza un abbigliamento che non consente agli altri di riconoscerla o semplicemente di comunicare, che possibilità ci sono di vivere insieme? Il burqa costituisce una sorta di clausura. In Francia sostanzialmente si vieta l’ostentare simboli religiosi. Le sentenza della cedu che si sono occupate della questione sono state richieste da donne che rivendicano al loro scelta autonoma rispetto ad una particolare abbigliamento. NB. ISCRIVERSI ALL’APPELLO DI DICEMBRE