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Appunti Economia dell'Informazione e della Comunicazione, Appunti di Economia Politica

Appunti del corso di Economia dell'Informazione e della Comunicazione del Prof. Merzoni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 04/06/2019

Ambroeus1996
Ambroeus1996 🇮🇹

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Scarica Appunti Economia dell'Informazione e della Comunicazione e più Appunti in PDF di Economia Politica solo su Docsity! Economia dell'Informazione ECONOMIA DELLA COMUNICAZIONE E DELL’INFORMAZIONE. Password pagina slides: infocom - 2 prove parziali scritte (Mercati gennaio/febbraio- Prodotti maggio/giugno) se si superano si può accettare oppure chiedere integrazione orale su tutto il programma. Il perfezionamento deve avvenire entro luglio 2019. - 1 prova scritta e 1 prova orale nello stesso giorno o successivi. Recuperare microeconomia in particolare teoria del consumatore e monopolio. ——————————————————————————————————————————— “Immaginiamo di essere un funzionario della Cina imperiale nella ricca zona del delta dello Yangzi nella metà del 1700, il periodo per molti storici miglior della Dinastia Ching, nel quale, come scrive Mitter, la Cina appariva pacifica e prospera, eccellente esempio di un impero ben governato che provvedeva al benessere del popolo.” In quel momento la Cina era il Paese più ricco del mondo e superava, seppur di poco, l’Europa. Dalla fine del 1700 si verifica la Rivoluzione Industriale che trasportò l’Europa alla vetta dei paesi più ricchi del mondo. Una confusione che cambia completamente il scenario mondiale. La Cina entra in crisi e scompare per un bel po’. La capacità di produzione di ricchezza europea diventa dominante e lo scenario coloniale si concentra intorno al Regno Unito, patria della Rivoluzione Industriale. Il cambiamento che viveva il funzionario cinese e gli europei non era paragonabile al cambiamento epocale che oggi noi attribuiamo a quegli anni. La sensazione che si ha è che oggi ci troviamo su un crinale storico simile a quello della Rivoluzione Industriale. Alcuni segni di questo mutamento che stiamo vivendo anche senza una consapevolezza piena meritano una certa attenzione. 1. Diseguaglianza sociale crescente. Stiamo vivendo sia nei Paesi più sviluppati che in quelli in via di sviluppo, una polarizzazione di redditi che non si è mai registrata se non in tempi di guerra o periodi precedenti alla Rivoluzione. Anche nell’Europa più equa il 10% più ricco detiene il 35/40% della ricchezza. Quando il reddito è così polarizzato si crea una concentrazione di potere economico molto forte nelle mani di pochi soggetti, soprattutto nel settore digitale. E ovviamente si crea un problema di convivenza tra sconfinatamente ricchi e poveri. Le determinanti di questa diseguaglianza sono molteplici. Tra queste il digitale verso cui la molti dei settori produttivi si stanno dirigendo (come l’industria delle automobili che da manifattura si trasforma in fornitore di servizi digitali). I mercati caratterizzati digitali sono mercati tendenti alla concentrazione crescente e del winner takes all (come il mercato dei social network). Un altro fenomeno che tende a far polarizzare la ricchezza è l’effetto superstar, ossia la volontà di sempre più settori di voler aver all’interno della proprio impresa il migliore del settore. In questo caso però lo scarto remunerativo tra risorsa migliore e altra risorsa è inversamente proporzionale alla differenza tra le abilità delle due risorse (Cristiano Ronaldo viene pagato 10 volte in più di un compagno di squadra ma la sua abilità non è 10 volte maggiore ma solo 2). Se prima questo effetto si manifestava in ambiti quali lo sport o lo spettacolo, ora si presenta anche in settori come la medicina o la manifattura. Un terzo fenomeno ha a che fare con la finanziarizzazione e la separazione tra economia reale e finanza. Spesso la finanza si smaterializza dai fondamentali dell’economia reale, ! di !1 38 Economia dell'Informazione creando determinate aspettative nei confronti degli agenti finanziari e rendendo poi reali queste idee (si era convinti che la Grecia non avrebbe mai pagato il proprio debito, anche non vi erano reali prove ma per colpa della finanza questa situazione si verifico realmente). Tutto questo tende a polarizzare ed estremizzare le differenze di reddito. 2. Segnali di crisi dei sistemi politici di democrazia rappresentativa. Sia nell’Unione Europea che negli Stati Uniti le democrazie rappresentative non riescono a gestire problemi non più nazionali ma globali che venivano gestiti meglio nel momento in cui vi erano due blocchi globali contrapposti. 3. Il quadro geopolitico globale e il ritorno della Cina. Dopo la Guerra Fredda il quadro mondiale e il bilanciere globale sono profondamente mutati soprattutto in conseguenza al rientro nello scenario della Cina con un PIL pari a un decimo di quello europeo nel 1980 e nettamente superiore nel 2018. 4. Venir meno di strutture e legami sociali che fanno funzionare i sistemi economici, sociali e politici. Si sta andando verso una tendenza all’atomizzazione della società non solo dal lato della produzione dei beni ma anche del consumo, attraverso l’estrema personalizzazione del prodotto di consumo. Un’economia in un sistema in cui non c’è struttura, funziona male, è necessaria fiducia, reputazione e coordinamento. Una delle cause della polarizzazione del reddito consiste nella progressiva integrazione economica dei mercati. Più le economie sono integrate, più i mercati di approdo delle imprese diventano ampi. Ma un ulteriore fenomeno che incide ancora di più sulla polarizzazione sta anche nella tendenza ad “accopparsi” con persone appartenenti allo stesso ceto, questo sembra influenzare in modo significativo la distribuzione del reddito. Un’altra cosa che si può notare è che la mobilità sociale è inversamente proporzionale alla polarizzazione del reddito. In un paese come l’Italia infatti vi è una correlazione tra l’aumento della diseguaglianza e la minor possibilità di mobilità sociale. La diseguaglianza tende a perpetuarsi nel tempo. INTRO: MOTIVAZIONI. - Perché i sistemi economici, sociali e politici hanno bisogno di operatori e strutture di comunicazione? - Quali sono i meccanismi di mercato tipici dell’informazione e della comunicazione e che implicazioni hanno sul funzionamento del sistema economico? - Che cosa rende più efficaci i meccanismi di costruzione della fiducia e del capitale sociale? - Che cosa hanno in comune le risposte a queste domande? • Perché è importante acquisire istruzione formale e certificata? • Cosa comunica l’istituto di garanzia? • Perché è più facile prendere a previsto se si hanno collaterals? - Ma anche, che cosa hanno in comune? • Perché esistono versioni tascabili e in brossura? • Perché i produttori di software tendono a vendervi insieme un programma di video scrittura, un foglio elettronico, un programma di presentazione e un database? - E ancora… • Perché la quasi totalità di voi conosce e/o utilizza Word e non WordPerfect, Facebook e non MyPlace? • Perché Brad Pitt o Ronaldo vengono pagati molto di più della media degli altri? LIBERO MERCATO. Proprietà di efficienza dei mercati: condizioni e limiti. ! di !2 38 Economia dell'Informazione fianco, la situazione migliorerebbe al massimo per un solo agente, non ci sarebbe dunque la volontà di entrambi a scambiare beni. Questa è l’allocazione Pareto-efficiente. Un’allocazione è Pareto-efficiente se non si può aumentare la soddisfazione di un soggetto senza diminuire quella di un altro. Quindi non ci sono scambi reciprocamente vantaggiosi: l’unico modo per aumentare la soddisfazione di uno è diminuire quella dell’altro. La scatola contiene un’infinità di allocazione Pareto-efficienti, perché c’è un’infinità di punti di tangenza tra le infinite curve di indifferenza tra due agenti. L’insieme infinito di allocazioni Pareto-efficienti è detto curva dei contratti, o insieme di Pareto. Rappresenta tutti i possibili esiti di scambi reciprocamente vantaggiosi. Tutti i “contratti finali” di scambio devono trovarsi su questa curva, altrimenti non sarebbe possibile qualche miglioramento e dunque i contratti non sarebbero finali. All’interno del nucleo si trova l’insieme delle allocazioni che potrebbero essere raggiunte volontariamente data un’allocazione di partenza. L’EQUILIBRIO GENERALE PERFETTAMENTE CONCORRENZIALE. Abbiamo individua l’insieme delle allocazioni che potrebbero essere raggiunte data un’allocazione di partenza, il nucleo. Ma non abbiamo specificato un processo di scambio che identifichi un equilibrio generale tra le allocazioni possibile contenute nel nucleo. Ciò è quello che caratterizza i mercati perfettamente concorrenziali. Il processo di scambio in mercati perfettamente concorrenziali è caratterizzato da: - domande individuali dei due beni sarà funzione dei prezzi di entrambi e della dotazione iniziale; - i prezzi per ciascun agente economico sono dati; - informazione perfetta sui beni e sul mercato. Per rappresentare l’equilibrio dei mercati in concorrenza perfetta, secondo le caratteristiche espresse, utilizziamo un diagramma a s c a t o l a d i Edgeworth. Dato il primo grafico, che rappresenta un vincolo, ciascuno d e g l i a g e n t i intenderà spostarsi su di una curva di indifferenza più alta. La curva più alta per avere la migliore condizione sarà quella tangente con la retta di bilancio. Dati questi prezzi però se sommiamo la quantità richiesta di bene 1 e 2 dagli agenti A e B otteniamo un eccesso di domanda e un eccesso di offerta, reciprocamente per i due beni. Dati i prezzi sarebbe disponibile un’allocazione efficiente ma gli agenti non la ! di !5 38 Economia dell'Informazione vogliono raggiungere, dunque non c’è un equilibrio generale. Questo disequilibrio fa modificare i prezzi, a seconda dell’eccesso i prezzi dei beni 1 e 2 tendono a ridursi (eccesso di offerta) o ad crescere (eccesso di domanda). Nel caso in cui il prezzo di 1 tenda a ridursi, e il prezzo di 2 tenda a crescere, la retta di bilancio si inclina verso l’interno. Un discorso analogo e simmetrico si può fare per l’altra allocazione estrema del nucleo. Ci troveremo di nuovo in una s i tuaz ione d i disequilibrio opposta r i s p e t t o a l l a precedente. Avendo u n e c c e s s o d i domanda legato al bene 1 e di offerta legato al bene 2, il prezzo di 1 tenderà a crescere, mentre i l prezzo di 2 tenderà a ridursi. La retta di bilancio in questo caso si inclinerà nella direzione opposta rispetto a prima. All’interno della scatola si troverà quel punto di equilibrio generale in cui i punti di tangenza esattamente coincidano. Ciò fa si che le quantità di bene 1 e di bene 2 che gli agenti vogliono non eccedano o avanzino dalle quantità disponibili nell’intero mercato. La condizione di tangenza deve essere dunque soddisfatta nello stesso punto. Ma se le curve di indifferenza sono tangenti alla retta nello stesso punto, significa che sono tangenti anche tra di loro. Ciò significa che questo punto si trova all’interno del nucleo. Tutto questo è riassunto in quello che la letteratura economica riconosce nel primo teoria dell’economia del benessere, che ci dice che l’equilibrio generale in mercati perfettamente concorrenziali corrisponde ad un’allocazione Pareto-efficiente. Se il funzionamento di un’economia è ben rappresentato dal paradigma dei mercati perfettamente concorrenziali, l’interazione spontanea degli agenti economici consente di raggiungere allocazioni efficienti, cioè il libero mercato è efficiente. Ma tale paradigma è una buona rappresentazione del reale funzionamento dell’economia? Non sempre. Le violazioni del paradigma di concorrenza perfetta sono rappresentate dall’informazione imperfetta (in particolare è distribuita in maniera asimmetrica), e un soggetto può avere potere di mercato (non prende i prezzi come dati). ! di !6 38 Economia dell'Informazione INFORMAZIONE ASIMMETRICA. Il modello dell’equilibrio economico generale in mercati perfettamente concorrenziali si basa sull’ipotesi implicita di perfetta informazione: le caratteristiche dei beni scambiati sono note a tutti, venditori e compratori, in egual misura. Quando l’informazione non è equamente distribuita e, ad esempio, nello stesso mercato sono compresenti beni di qualità diverse, note ai venditori ma non ai compratori, il meccanismo di aggiustamento dei prezzi che garantisce l’efficienza non funziona più. Ad esempio: - se, per eccesso di offerta, viene ridotto il prezzo - la qualità media dei beni presenti nel mercato potrebbe ridursi - e la domanda a sua volta ridursi invece di aumentare. In tal caso è necessario individuare strumenti di comunicazione tra venditori e compratori che consentano di ristabilire l’efficienza grazie al ripristino di una distribuzione simmetrica dell’informazione. Considerare che l’informazione può essere distribuita in modo non simmetrico consente di spiegare molti comportamenti, fenomeno, istituti, assetti organizzativi del mondo reale, che non possiamo spiegare con il paradigma della concorrenza perfetta, come un’istruzione certificata, una garanzia, informazioni su chi si prende a prestito, o un grosso investimento. La distribuzione asimmetrica delle informazioni si può presentare secondo due modalità: l’asimmetria informativa ex-ante e l’asimmetria informativa ex-post, che si suddivide a sua volta in azione celata ed informazione celata. L’asimmetria informativa ex-ante è quella già presenta al momento in cui le parti si accordano sullo scambio di un dato bene, solitamente il venditore è più informatore del compratore. Il bene scambio non è omogeneo, cioè i diversi esemplari del bene hanno caratteristiche o qualità diverse tra loro. Una parte conosce le caratteristiche del bene scambiato meglio dell’altra. Questa situazione può derivare dalla natura o dal caso, oppure può essere una conseguenza di una scelta del produttore. Per fissare le idee utilizzeremo il caso di un venditore più informato, ma il vantaggio informativo può essere del venditore (beni durevoli, mercato del lavoro) o del compratore (servizi assicurativi e creditizi). Quando c’è asimmetria informativa ex-ante la potenziale presenza sul mercato di beni di bassa qualità spinge verso il basso il prezzo, scoraggiando i venditori di beni di alta qualità dal partecipare al mercato, si mette in moto un meccanismo di selezione avversa. Abbiamo una relazione sistematica tra prezzo e qualità media del bene. Quando invece abbiamo asimmetria informativa ex-post, l’asimmetria si manifesta dopo che le parti di accordano. Nel caso dell’azione celata, ad esempio il lavoro dipendente, una parte del mercato non è un grado di osservare un comportamento (un’azione) scelto dall’altra. Questo comportamento della parte più informata ha un effetto sulla parte meno informata. Nel caso dell’informazione celata invece, ad esempio le consulenze legali o sanitarie, una parte del mercato non è in possesso delle informazioni sulla base delle quali l’altra decide, tali decisioni, prese dalla parte più informata, hanno un effetto sulla parte meno informata. Quest’ultima non può verificare se sono stati fatti i suoi interessi. Il mercato dei Lemons. Con il termine “Lemon” negli Usa si identificano le auto di bassa qualità. ! di !7 38 Economia dell'Informazione N e l c a s o d e l l a proporzione dei diversi t i p i d i b e n i n e l mercato, osserviamo che se la probabilità p di avere auto di maggior qualità è maggiore di 2 / 3 n o n a b b i a m o selezione avversa. Più è elevata la proporzione di auto di buona qualità presenti sul mercato, più i l valore atteso del compratore si alza e di conseguenza si equivale con il prezzo a cui il venditore è disposto a cedere l’auto di migliore qualità. Nel caso della differenza di valutazione, l’incremento di questa tra compratori e venditori evita che si metta n moto la selezione avversa. Più è elevata la differenza, a vantaggio del compratore, meno il mercato sarà caratterizzato da asimmetria informativa e meno sarà probabile mettere in moto la selezione avversa. Nella terza dimensione modifichiamo l’ampiezza dell’intervallo di qualità, cambia la differenza qualitativa tra i beni di buona qualità e di scarsa qualità. Non cambia il valore atteso ma il numero di possibili variazioni di qualità. La riduzione nell’ampiezza di qualità (a media costante) riduce la frequenza dei casi in cui si mette in moto la selezione avversa. Altre applicazioni di queste situazioni, oltre alla categoria della auto usate, possono essere il mercato dei servizi assicurativi, del lavoro o del credito. Per i servizi assicurativi il lato meglio informato è quello della domanda (es. assicurazione sulla vita). L’onere che deriva all’assicurazione dall’erogazione del servizio agli assicurati dipende dalle condizioni di questi ultimi. Solo gli assicurati più “rischiosi” sono disposti a pagare un premio elevato (selezione avversa). Nel caso del mercato del lavoro, al momento dell’assunzione il datore di lavoro non è in grado di distinguere lavoratori ad alta e bassa produttività. Tuttavia, se promette un salario basso sono i lavoratori peggiori si presenteranno (selezione avversa). Infine nel settore del credito il lato più informato è quello della domanda. La banca non è sempre in grado di valutare la qualità dei progetti che richiedono un finanziamento. Se, per compensare il rischio di finanziare attività profittevoli, la banca ala il tasso di interesse sui prestiti, ma finisce con l’attirare solo gli investitori che pensano di poter ottenere ritorni elevati da investimenti rischiosi. ! di !10 38 Economia dell'Informazione I possibili rimedi per far fronte alla selezione avversa sono i meccanismi di segnalazione (es. garanzie, istruzione certificata, investimenti onerosi e irreversibili, pubblicità), certificazioni, assicurazione obbligatoria, responsabilità civile e penale, e screening (in particolare nel mercato del lavoro e del credito). I rimedi possono essere classificati come: - istituzionali: assicurazione obbligatoria (è specifico di un particolare problema), responsabilità civile e pena del produttore (non sempre accertabile); - organizzativi: screening del personale al momento dell’assunzione (a volte l’asimmetria informativa non è riducibile); - strategie di comunicazione (non verbale e costosa): certificazione, meccanismi di segnalazione. La selezione avversa è il risultato di una carenza informativa, che strumenti hanno i venditori di alta qualità per comunicare in maniera credibile di essere tali, e quindi eliminare tale carenza informativa? La comunicazione in economia è in genere non verbale. La parte più informata del mercato fa o si impegna a fare qualcosa che sarebbe particolarmente costoso se la sua qualità non fosse quella dichiarata. In questo modo implicitamente si segnala la propria effettiva qualità, i meccanismi di segnalazione si basano tutti su questo principio. Esempio di meccanismi di segnalazione: l’istruzione come segnale. Consideriamo un mercato del lavoro è caratterizzato dalla presenza di due tipi di lavoratori di abilità alta e bassa. La produttività marginale del lavoratore di abilità alta è aH, mentre la produttività marginale del lavoratore di abilità bassa è aL. Naturalmente il primo valore è maggiore del secondo. Sappiamo che nella popolazione, una frazione ph dei lavoratori sono di abilità alta e un’altra, 1-ph è la frazione dei lavoratori di abilità bassa. Ad ogni lavoratore è corrisposto un salario (w) pari al valore atteso della sua produttività marginale. Se le imprese osservassero i tipi, il valore atteso sarebbe uguale a quello effettivo. wH = aH e wL = aL Quando le imprese non possono distinguere, ogni lavoratore è pagato uno stesso salario (pooling), pari al valore atteso della produttività marginale. wP = (1-ph) aL + ph aH La situazione di pooling può essere un equilibrio, cioè entrambi i tipi di lavoratori accettano di lavorare al salario corrispondente: non ci sono problemi di efficienza (tutti lavorano), ma di equità (individua di abilità diversa son pagati allo steso modo). Il pooling può anche innescare però il meccanismo di selezione aversa e portare ad un equilibrio inefficiente, perché i lavoratori con abilità maggiore non accettano di essere pagati allo stesso modo degli inferiori. Se si innesca il meccanismo di selezione avversa abbiamo un equilibrio di separazione: i lavoratori di abilità alta non lavorano, quelli di abilità bassa lavorano e sono pagati un salario pari alla loro produttività marginale cioè wL = aL. Un equilibrio di mercato in cui i diversi tipi di beni sono scambiati al medesimo prezzo senza che la parte meno informata del mercato sia in grado distinguere tra loro è detto equilibrio di pooling. Un equilibrio di mercato nel quale i diversi tipi di beni sono distinti da entrambe le parti e sono scambiati a prezzi diversi tra loro o in cui alcuni beni sono scambiati e altri no è detto equilibrio di separazione. ! di !11 38 Economia dell'Informazione Notiamo che wP = (1-ph) aL + ph aH < ah cioè il salario dei lavoratorio in una situazione di pooling è inferiore al salario dei lavoratori di abilità alta (quando l’abilità è osservabile). Quindi i lavoratori di abilità alta hanno un incentivo a trovare un segnale credibile della loro abilità. I lavoratori possono acquisire “istruzione”. L’istruzione costa cH per unità ad un lavoratore di abilità alta e cL ad un lavoratore di abilità bassa. Il secondo costo è maggiore del primo. Acquisire istruzione è dunque più costoso per i lavoratori meno abili. Il costo a cui ci si riferisce non è un costo monetario, ma la fatica di portare a compimento gli studi: chi è più “capace” fa meno fatica. Supponiamo che l’istruzione non abbia nessun effetto sulla produttività, cioè che il costo dell’istruzione sia una perdita secca. Ipotizziamo che l’istruzione sia un segnale credibile di qualità. Lavoratori di abilità alta acquisiranno iH di istruzione, se: Dove (i) dice che acquisire iH unità di istruzione favorisce i lavoratori di abilità alta e (ii) dice che acquisire iH unità di istruzione danneggia i lavoratori di abilità bassa, anche se l’istruzione consente loro di “mischiarsi” con i lavoratori di abilità alta. (i) e (ii) insieme richiedono: Solo agli individua di abilità alta conviene realizzare tale investimento in istruzione. Dunque tale livello di istruzione segnala davvero in maniera credibile abilità alta, consentendo la separazione. iH conviene solo ai lavoratori con abilità alta. Meccanismi di segnalazione come questo possono migliorare la situazione informativa del mercato e renderlo attivo in situazioni in cui altrimenti non lo sarebbe. Se invece il mercato era già in equilibrio di pooling e il segnale non migliora la qualità del bene scambiato, il meccanismo di segnalazione è inefficiente perché dissipa risorse (serve solo a migliorare la situazione degli individui di abilità alta peggiorando quella degli individui di abilità bassa, ma è costoso). Naturalmente, nel caso dell’istruzione l’ipotesi secondo la quale il segnale non migliora la qualità è semplificatrice, ma, speriamo, non realistica. IDEA #2. Quando prima dello scambio le parti non sono informate in maniera uguale circa le caratteristiche del bene scambiato, il mercato può non essere un meccanismo efficiente di allocazione delle risorse. Gli agenti economici devono trovare un modo di comunicare per ristabilire la simmetria nella distribuzione dell’informazione. In economia comunicare costa non solo perché è un attività in più ma proprio perché per farlo occorre sostenere dei costi. Tali comportamenti sono dunque segnali osservabili di una realtà non osservabile. Un tentativo di comunicazione puramente verbale non è invece efficace: se dico ciò che comunque mi conviene, il messaggio non è credibile, se faccio qualcosa che mi conviene fare solo se è vero ciò che dico, questo che dico diventa credibile. ! di !12 38 Economia dell'Informazione chiamato a decidere a quel noto. Se questo gioco viene giocato una sola volta l’equilibrio è nf-t. Ma l’equilibrio è inefficiente. In alternativa si può ipotizzare che i giocatori siano motivati anche da qualcosa che va oltre il loro tornaconto individuale: altruismo o senso di giustizia. In entrambi di questi casi gli individui devono essere fortemente motivati da qualcosa che li induce a rinunciare a massimizzare il proprio benessere personale a vantaggio della collettività. Se facciamo ipotesi del genere, però, cambiamo radicalmente scenario e non consideriamo più il problema del potenziale tradimenti della fiducia. Questi problemi possono essere risolti attraverso rimedi come il monitoraggio, i contratti incentivanti e la reputazione. Il problema del principale è quello di indire l’agente a scegliere il livello di impegno (i) che massimizza i profitti (∏) del principale. Come fare? È necessario far sì che anche l’agente preferisca tale livello. Esistono due esempi di contratti incentivanti: ! (decentramento produttivo); ! (remunerazione proporzionale ai risultati) La caratteristica comune di tutti i tipi di contratti di incentivazione è che rendono l’agente beneficiario residuo (residual claimant) dei profitti generati dalla sua attività: remunerati gli altri fattori, quello che resta è dell’agente. Il beneficio sta nell’eliminare o almeno ridurre la tentazione a tenere comportamenti sleali, il costo è invece che l’annette deve sopportare il rischio dell’attività, che n genere non sarà vocato a sostenere. In alternativa possiamo chiederci cosa accade se il gioco di fiducia viene ripetuto. Il gioco è ripetuto in ogni periodo t = 1, 2, 3… in ogni periodo t + 1 ciascun giocatore viene a conoscenza delle strategie scelte nel periodo precedente. Possiamo immaginare che i giocatori siano sempre gli stessi o che comunque siano a conoscenza di quanto è accaduto in passato, perché appartengono alla stessa comunità locale o collettiva. Una possibilità è che, pure ripetuto, il gioco continui ad essere giocato come prima (fiducia non data). In alternativa immaginiamo che entrambi i giocatori adottino la seguente strategia: essere comperativi se nei due periodo precedenti l’altro è stato cooperativo, oppure non essere cooperativi. Fintanto che cooperano i due giocatori guadagnano 1 in ogni periodo. Se il giocatore B prova ad abusare della fiducia dell’altro guadagnerà 2 anziché 1 in quel periodo, ma otterrà 0 da quel periodo in avanti. La struttura ripetuta consenti ai giocatori di costruirsi una reputazione. Scegliendo di cooperare rinuncio a qualcosa oggi, ma ottengo che anche la mia controparte sia cooperativa domani. L’equilibrio del gioco ripetuto è in media migliore di quello del gioco giocato una sola volta. Per costruire fiducia e reputazione è necessario che le interazioni siano ripetute sempre tra i medesimi soggetti (stabilità delle relazioni e standardizzazione in soggetti complessi), o tra soggetti diversi in un contesto di perfetta osservabilità dei comportamenti di tutti (governance comunitaria). Un esempio di governance comunitaria è la reputazione all’interno del commercio su internet, come ad esempio eBay. Il maggiore sito di aste person-to-person, non offre una piena garanzia ai suoi utenti. Nondimeno il tasso di transazioni che terminano con successo è straordinariamente alto per un mercato con così elevate potenzialità per frodi. eBay attribuisce il suo alto tasso di successi a Feedback Forum, il suo sistema di reputazione. w = ∏ (i ) − R w = F + s [∏ (i )] ! di !15 38 Economia dell'Informazione Un sistema di reputazione raccoglie, aggrega e distribuisce reazioni circa il comportamento passato dei partecipanti, aiutando a decidere a chi dare fiducia e incoraggiando quindi comportamenti onesti. Un altro esempio può essere rappresentato dal commercio nel tardo Medioevo ed in particolare dalla coalizione dei mercanti del Maghreb. In epoca pre-moderna un mercato era costretto ad organizzare i servizi omerali per l’acquisto e la vendita all’estero in un quadro caratterizzato da elevata incertezza. Il cercante poteva viaggiare molto o assumere degli agenti corrispondenti all’estero. I mercanti del Maghreb studiati da Greif si avvalevano dell’opera di agenti dislocati nell’interno bacino del Mediterraneo, che si occupano di carico e scarico, pagamenti, decisioni commerciali operative. Gli agenti operavano con capitale di proprietà del mercante. Assumere agenti era efficiente ma esponeva il mercante all’azzardo morale poiché in pochissimi era possibile regolare le relazioni tra mercanti ed agenti attraverso contratti formali. Nonostante ciò i documenti riferiscono di pochissimi casi di imbroglio. Come era possibile? Con un sistema incentivante con monitoraggio e “punizione” comunitaria dei devianti. IDEA #3. Quando l’oggetto dello scambio tra due parti (un principale e un agente) è una prestazione che ha luogo in un momento successivo al lavoro accordo e le caratteristiche della prestazione non sono osservabili in eguali misura dalle parti coinvolte o non sono verificabili da una terza parte (che svolga funzione di giudice), lo scambio può essere inefficiente, per l’azzardo morale, che può risultare in un comportamento sleale dell’agente nei confronti del principale. In tale situazione, si può cercare di porre rimedio all’inefficienza attraverso contratti incentivanti, ma questo non è sempre possibile e efficace. Se però il rischio di comportamento sleale si manifesta in un contesto nel quale le interazioni sono ripetute o si realizzazione all’interno di una comunità stabile, l’efficienza dello scambio può essere ristabilita grazie alla costruzione di un rapporto di fiducia tra le parti, che può nascere anche grazie all’interesse per il mantenimento della propria reputazione. IL MERCATO CHE FORNISCE INFORMAZIONI. MECCANISMI D’ASTA. L’asimmetria informativa può riguardare un aspetto caratterizzante le relazioni tra venditori e compratori, cioè la disponibilità a pagare di questi ultimi. Quando questo accade il venditore può utilizzare modalità di organizzazione del mercato che inducono gli acquirenti a rilevare spontaneamente al venditore la loro disponibilità a pagare. Tali modalità sono i meccanismi d’asta (es. opere d’arte, licenze per l’uso di frequenze per telecomunicazioni, appalti, viaggi). Le aste si distinguono per la natura del bene venduto, che influenza la valutazione da parte degli acquirenti. • Aste a valore privato. Il valore per ciascun acquirente è potenzialmente diverso (es. opere d’arte). • Aste a valore comune. Il bene venduto ha un valore uguale per ciascun acquirente (es. diritti di utilizzo di una frequenza, o diritti di trasmissione di un evento sportivo). Per le “regole del gioco” si utilizza una classificazione differente. • Asta a presenza inglese. Il banditore parte da una base d’asta. Gli acquirenti possono fare offerte incrementali (in genere con un limite mino per l’incremento tra un’offerta e l’altra). Quando nessuno è disposto a fare ulteriori offerte incrementali l’asta termina. Tutti acquisiscono informazioni sulla disponibilità a pagare dei compratori. • Asta a presenza olandese. Il banditore parte annunciando un prezzo elevato. Lo riduce poi progressivamente di intervalli di pari dimensione (il banditore è spesso sostituito da un meccanismo automatico). Finché qualcuno degli acquirenti si dichiara disposto ad acquistare il ! di !16 38 Economia dell'Informazione bene all’ultimo prezzo annunciato. A quel punto l’asta termina e tale acquirente ottiene il bene al prezzo fissato. Nessuno acquisisce informazioni ma il venditore mette in conflitto i compratori. • Asta in busta chiusa - primo prezzo. Tutti coloro che desiderano fare un’offerta devono scriverla, sigillarla in busta chiusa e consegnarla al banditore. Il banditore apre le buste e dichiara vincitore chi abbia fatto l’offerta più elevata. Questi ottiene il bene pagando l’ammontare dichiarato nell’offerta, a meno che non ci sia un prezzo minimo fissato dal venditore e tutte le offerte siano al di sotto di tale prezzo. • Asta in busta chiusa - secondo prezzo. Tutto come nel primo prezzo, ma il bene viene assegnato a chi abbia fatto un’offerta più elevata ad un prezzo pari alla seconda migliore offerta. Quindi vince chi ha fatto l’offerta più alta ma paga il secondo prezzo offerto. È anche nota come asta di Vickrey, dal nome del premio Nobel per l’economia del 1996, che ne analizzò le proprietà. È diffusa nei mercati filatelici. Il disegno dell’asta può avere due obiettivi: l’efficienza nel senso di Pareto, che ha a che fare con il sociale, oppure la massimizzazione del ricavo come obiettivo privato del venditore. L’efficienza dell’asta richiede che il bene sia assegnato all’individuo per il quale il bene ha il valore più elevato. Nell’asta a valore comune il bene ha per tutti lo stesso valore e quindi l’allocazione del bene non è un problema. Nell’asta a valore privato il meccanismo deve servire a selezionare l’individuo che attribuisce al bene il valore più elevato. Consideriamo due individuo A e B. A attribuisce al bene il valore più alto. Se B ottenesse il bene l’allocazione può essere migliorata: si trasferisce il bene da B a A e A è disposta a pagare a B un prezzo che sia intermedio tra la sua valutazione e quella di B. Dunque, assegnare il bene a qualsiasi individuo tranne quello che attribuisce al bene il valore più elevato non è efficiente. Che un’asta inglese, senza offerta minima, produca una situazione efficiente è intuitivo, perché se un individuo che attribuisce al bene un valore minore del massimo stesse per ottenerlo, l’individuo per il quale il bene ha massimo valore farebbe un’offerta più elevata. Non è vero però che il venditore ottiene il massimo ricavo possibile. Il ricavo dell’asta sarà pari alla valutazione dell’individuo con la seconda migliore valutazione, più il rilancio minimo. Esempio: A ha una valutazione di 100, B di 80. A è disposto ad offrire 85, B no. A vince l’asta. L’asta inglese massimizza i ricavi? Il disegno ottimo dell’asta dipende da ciò che il venditore crede circa la valutazione dei potenziali acquirenti. In taluni casi può essere preferibile per il venditore aggiungere il requisito dell’offerta minima. Anche se ciò può compromettere l’efficienza (se l’offerta minima scelta è troppo elevata e nessuno si aggiudica il bene). Esempio: A e B possono entrambi avere una valutazione pari a 100 o a 10. Il venditore crede che per ciascun offerente le due valutazioni siano egualmente probabili. Dunque le quattro seguenti combinazioni di valutazioni sono egualmente probabili: (10, 10), (10, 100), (100, 10), (100, 100). Rilancio minimo di 1; offerente vincenti: 10, 11, 11, 100. Ricavo atteso = (10 + 11 + 11 + 100) / 4 = 33 Il venditore può fare di meglio? Sì, fissando un’offerta minima pari a 100, in tre casi su quattro ottiene 100. Ricavo atteso = (0)1/4 + (100)1/4 + (100)1/4 + (100)1/4 = 75 Questa asta consente al venditore di ricavare di più che nell’asta senza offerta minima, ma non è efficiente, perché quando le valutazioni sono (10, 10) nessuno ottiene il bene. ! di !17 38 Economia dell'Informazione diverse forme proprietarie e può richiedere la realizzazione ed il mantenimento di una infrastruttura, anche qui CF elevati, CMg bassi. Ma abbiamo anche reti virtuali. Il primo rischio di qualità riguardante i beni a contenuto informativo concerne il loro carattere pubblico. Il consumo di un bene pubblico è non rivale, il consumo del bene da parte di un consumatore non riduce l’utilità che gli altri consumatori traggono dal consumo dello stesso bene, e non escludibile, non è tecnicamente possibile escludere dal godimento del bene i consumatori che non intendessero pagare. I beni a contenuto informativo sono pubblici? Dipende, per alcuni si perché i costi di riproduzione sono uguali a zero, per altri no perché esiste rivalità nell’uso del supporto (es. quotidiano o libro), ed esiste escludibilità nella distribuzione. Il duplice ruolo dell’innovazione tecnologica, da un lato ha reso possibile la duplicazione del bene da parte dei consumatori, rendendo così difficile, se non impossibile l’escludibilità, dall’altro, ha permesso di aumentare le modalità di distribuzione personalizzate dei beni, rendendo più facile attuare l’escludibilità (es tv digitale criptata). Nel caso dei beni privati e dei beni pubblici di mercato, il mercato è un meccanismo efficiente di allocazione che genera escludibilità, per i commons il mercato è un meccanismo inefficiente, è necessaria una regolamentazione e delle politiche pubblico, come il finanziamento ai quotidiani e sgravi fiscali all’editoria. Per i beni pubblici puri, invece, il mercato è un meccanismo inefficiente di allocazione e necessità dunque della fornitura pubblica. I beni a contenuto informativo che hanno natura di beni pubblici devono essere prodotti dall’operatore pubblico? Dipende, tra le principali soluzioni vi è il meccanismo di doppio mercato, cioè il bene a contenuto informativo è usato dal consumatore per la sua finalità apparente, ma in realtà il consumatore dell’intrattenimento è un mezzo di produzione, perché il prodotto al centro del mercato è lo spazio pubblicitario. Questo è un problema perché se il bene a contenuto informativo è anche uno strumento per produrre spazi pubblicitari, la sua qualità sarà misurata sulla capacità di attrazione dell’attenzione, non è detto che una tale misura della qualità sia concorde con altre dimensioni qualitative che potrebbero essere ritenute importanti per un bene a contenuto informativo (primo rischio-qualità). Un secondo rischio di qualità ha a che fare con il sovraccarico informativo, e riguarda gli incentivi alla sovra-produzione di beni di bassa qualità (es. pagine web) e la natura dei beni a contenuto informativo il cui consumo richiede del tempo, sia per la preparazione al consumo (raffinamento del gusto), sia per l’attività di consumo in sé (attenzione). Ma il tempo è una risorsa per definizione scarsa e il cui costo opportunità cresce al crescere del reddito. Esiste un contrasto di interesse tra produttori e consumatori. Questo perché i primi, utilizzano una tecnologia di produzione che esibisce economie di scala (elevati volumi di produzione), mentre i consumatori hanno una dotazione di tempo limitata. Dato che i beni a contenuto informativo sono beni di cui è difficile conoscere la qualità prima dell’acquisto (beni esperienza), c’è il rischio di una proliferazione di prodotti di qualità limitata e per questo di facile e rapido consumo (secondo rischio qualità). Questo può generare il sovraccarico informativo di cui facciamo esperienza pressoché quotidianamente e può disperdere il patrimonio di capitale umano necessario al consumo di qualità. ! di !20 38 Economia dell'Informazione Possibili rimedi parziali possono essere la presenza di ordine: catalogare, utilizzare motori di ricerca. O utilizzare strumenti di valutazione della qualità o di segnalazione di essa. IDEA #5. I beni a contenuto informativo sono soggetti a rischi qualitativi che dipendono dalla natura di beni pubblici di molti di essi, che induce a risolvere il problema del loro finanziamento utilizzandolo quali veicoli pubblicitari, e dal contrasto tra gli incentivi del produttore a incrementare i volumi di produzione, a fronte di forti economie di scala, e la dotazione limitata di tempo da destinare al consumo da parte dei potenziali acquirenti. STRUTTURA DEI COSTI DI PRODUZIONE Produrre un’informazione è molto costoso. Le economie di scala possono far evolvere il mercato verso un monopolio naturale, con tendenza alla concentrazione del mercato con una struttura oligopolistica, o addirittura monopolistica, e quindi interazioni strategiche. Le economie di scopo (economie di scala che vanno in senso orizzontale e che uso per produrre diversi prodotti con i medesimi fattori produttivi) permettono la possibile sovraoccupazione di tutte le nicchie da parte di un solo produttivo. Tutto questo fa si che vi siano alte barriere all’entrata. Riprodurre un’informazione, invece, non è costoso. I costi marginali sono nulli o molto bassi, ma tra i problemi figuriamo la tutela dei diritti di proprietà e che il volume della riproduzione può influenzare il valore dell’informazione. Come si determina il prezzo con CMg = 0? Con CF elevati e CMg = 0, il prezzo in genere non può essere basato sul costo, se possibile le imprese si baseranno sulla valutazione dei consumatori. In concorrenza perfetta la massimizzazione dei profitti, come copro i CF? Se ci sono, bisogna usare strumenti alternativi per coprirli, ad esempio la pubblicità. Tipicamente, in questa forma di mercato non ci sono alternative perché non è possibile cambiare la strategia di prezzo (caratteristica price-taker) o diversificare il prodotto (caratteristica bene omogeneo). L’unica cosa che posso fare è dunque costruire un doppio mercato. In oligopolio l’interazione strategica fa si, che anche con CMg = 0, il prezzo sia maggiore a zero, ma potrebbe non bastare a coprire i CF. Anche qui, se ci sono, occorre usare altri strumenti, come la pubblicità, inoltre bisogna allentare la concorrenza attraverso strategie di posizionamento più sofisticate: differenziazione del prodotto, che fa guadagnare potere di mercato. In monopolio, ho ancora qualche margine in più perché CMg = RMg, quindi il prezzo è maggiore a zero, ma potrebbe non bastare a coprire i CF. Anche qui, se risono userò altri strumenti e dato che ho potere di mercato è anche possibile usare strategie commerciali più sofisticate, come la discriminazione di prezzo, come il bundling o il versioning, che costruiscono le offerte di prezzo in maniera da ottenere margini di profitto più elevati, rispetto a quanto sarebbe possibile offrendo un prezzo fisso. In un mercato di monopolio standard, il monopolista fissa un prezzo uguale per tutti i consumatori (p*), ma ci sono consumatori disposti a pagare anche molto di più (p1) e consumatori che, potendo pagare meno (p2). In questa analisi p* è il prezzo che utilizzo per vendere tutte le quantità di prodotto, e questo prezzo è applicato a tutte le unità di prodotto che vendo. ! di !21 38 Economia dell'Informazione Il monopolista vorrebbe praticare prezzi diversi con consumatori diversi e per unità di prodotto diverse, cioè vorrebbe fare discriminazione di prezzo. A volte il problema del monopolista è identificare la disponibilità a pagare dei consumatori in presenza di informazione asimmetrica. A tal fine può organizzare il mercato attraverso meccanismi come le aste che inducono i consumatori a rivelarsi. DISCRIMINAZIONE DI PREZZO La discriminazione di prezzo è una strategia commerciale usata dalle imprese per utilizzare a proprio vantaggio le informazioni sulle caratteristiche personali dei consumatori. La raccolta di tali informazioni ha come strumenti: indagini di mercato che interpellino direttamente i consumatori o studi dei risultati delle strategie commerciali. Le ICT agevolano in maniera significativa la raccolta di informazioni sui consumatori: codici a barre e carte fedeltà per il rilevamento delle scelte dei consumatori o mercati elettronici. Secondo la discriminazione di prezzo di primo grado, nota anche come discriminazione di prezzo perfetta, ciascuna unità di prodotto è venduta a prezzi diversi, quindi il prezzo del medesimo bene può variare tra singole unità vendute allo stesso consumatore o da un consumatore all’altro. È una situazione ideale per il monopolista, ma non molto realistica. La discriminazione di prezzo di secondo grado, invece, prevede che il prezzo possa variare a seconda delle caratteristiche delle offerte fatte ai consumatori che si auto-selezionano. Tutti i consumatori fronteggiano la stessa struttura di prezzi, ma il prezzo può variare, ad esempio sconti sulla quantità, 3x2, tariffe delle public utilities, tariffe aeree, bundling misto, versioning. Infine, secondo la discriminazione di prezzo di terzo grado, il prezzo pagato dai consumatori di una certa categoria è lo stesso per tutte le unità del bene comprate. Il prezzo può variare tra categorie di consumatori, ad esempio gli sconti per anziani o studenti. Quando non sono disponibili informazioni puntuali su ciascun potenziale acquirenti, e non possono fare uso del primo grado, l’impresa può avvalersi di approssimazioni, quali la suddivisione dei consumatori in categorie, terzo grado, oppure può cercare di indurre i consumatori ad auto-selezionarsi, rivelando la propria disponibilità a pagare, offrendo loro menù di condizioni tariffarie, secondo grado, all’interno dei quali. I consumatori possono scegliere. Nella discriminazione di prezzo di terzo grado, il prezzo unico è minore di quello ottimo in mercato 1 e maggiore di quello ottimo in mercato 2; dunque discriminare incrementa i profitti. Se considero insieme i mercati, devo trovare un prezzo che massimizzi i profitti in entrambi i casi. Spacchettando il mercato in due posso offrire due prezzi diversi e incrementando i profitti. In questa situazione vediamo che se tengo insieme il prezzo è intermedio rispetto al prezzo che ottengo per massimizzare i profitti se divido il mercato. Una tariffa in due parti è composta da un trasferimento in somma fissa (es canone) C, e un prezzo per ogni unità venduta p. Il costo complessivo che che il consumatore deve sostenere per comprare x unità di prodotto è C + px. Il prezzo medio per il consumatore all’aumentare della quantità acquistata diminuisce: sconto implicito sulla quantità. ! di !22 38 Economia dell'Informazione consumatori disposti a pagare di più è sempre la stessa). Dato che RTv + RTfc = 420 = RTbu = 420, la strategia di bundling è inutile. Consideriamo un terzo esempio: il prezzo ottimo per la videoscrittura è Pv = 80 con un RTv = 160. Il prezzo ott imo per i l foglio elettronico è Pfc = 90 con un RTfc = 180. Il prezzo ottimo per il bundle è Pbu = 40, con un RTbu = 420. La strategia ottima è il bundling perché RTbu = 420 > RTv + RTfc = 340. Le cose cambiano se considero la possibilità del bundling misto. il prezzo ottimo per la videoscrittura è Pv = 130 con un RTv = 130. Il prezzo ottimo per il foglio elettronico è Pfc = 140 con un RTfc = 140. Il prezzo ottimo per il bundle è Pbu = 170, con un RTbu = 170. Il ricavo complessivo è RT = 130 + 140 + 170 = 440, dunque il bundling misto è preferibile a quello puro. Il bundling misto è un esempio di discriminazione di prezzo di secondo grado: di fronte alla medesima offerta commerciale, consumatori con diverse disponibilità a pagare si auto- selezionano, rivelando le proprie preferenze: alcuni, interessati solo ad un bene, compreranno quello, altri, interessati ad entrambi, pur se in minora minore, acquisteranno l’intero pacchetto. Ciò consente al venditore di ottenere ricavi maggiori. Negli esercizi penso subito al bundling misto se vedo che ci sono agenti non interessati o interessati molto poco ad uno dei beni. Il versioning è la condizione di vendita in cui lo stesso bene viene fornito con caratteristiche, o secondo modalità di fornitura, diverse in modo da essere appetibile a segmenti diversi del mercato costringendo tipologie di consumatori diverse a rivelarsi come tali. È una modalità attraverso cui operare una discriminazione di prezzo di secondo grado, e può essere applicata a qualsiasi tipo di bene ma è particolarmente efficace nel caso dei beni digitali perché il costo di modifica delle caratteristiche del bene è irrisorio. Perché sia possibile utilizzare questa strategia è necessario che valgano le condizioni che rendono possibile la discriminazione di prezzo, e che il produttore una volta classificate le diverse tipologie di consumatori, riesca ad indurli a rivelarsi attraverso la scelta della particolare versione che decidono di acquistare. Esempio: un’impresa x produce un software per l’acquisizione e il trattamento di immagini. Da analisi di mercato ha appreso che esistono due tipologie di consumatori: dilettanti e professionisti. La disponibilità a pagare delle due tipologie sono quelle in tabella. Il costo fisso di produzione del software è 8 per entrambe le versioni. Se l’impresa x non potesse discriminare allore: per vendere due copie dovrebbe fissare il prezzo a 20 ! di !25 38 Videoscrittura Foglio elettronico Bundle A 0 140 140 B 130 10 140 C 80 90 170 Videoscrittura Foglio elettronico Bundle A 0 140 140 B 130 10 140 C 80 90 170 Bassa risoluzione Alta risoluzione Dilettante 20 20 Professionista 0 50 Economia dell'Informazione euro cioè pari alla disponibilità a pagare del consumatore con la disponibilità a pagare minore ! producendo un software con alta definizione. In tal caso è però preferibile per l’impresa fissare un prezzo pari alla disponibilità a pagare del professionista e vendere una sola copia ! . Se invece, l’impresa x introduce il versioning e produce due versioni del software, una ad alta risoluzione ed una a bassa risoluzione, e fissa i prezzi a 20 e 50 euro rispettivamente per bassa e alta risoluzione. I due acquirenti rivelano la propria identità e disponibilità a pagare attraverso la scelta della versione, quindi ! . L’impresa ha dovuto creare una versione peggiore, per poter separare il mercato e vendere due copie del prodotto. LA PUBBLICITA’ Gli economisti classificano i beni e la pubblicità in diverse categorie. I beni sono classificati a seconda del momento in cui il consumatore può valutare la rispondenza effettiva del bene a sua disposizione. Distinguiamo tra beni ricerca, le cui caratteristiche sono osservabili prima dell’acquisto (es. PC), beni esperienza, le cui caratteristiche sono valutabili dal consumatore solo attraverso il consumo (es. prodotti alimentari), e beni fiducia, la cui qualità non può essere valutata neanche attraverso il consumo (es. servizi sanitari e legali). Dall’altra parte, la classificazione della pubblicità distingue tra informative e persuasive. Nel primo caso, intendiamo una pubblicità che segnala l’esistenza del prodotto, ne comunica le caratteristiche e le condizioni vendita. Nel secondo caso, si intende quella finalizzata a cambiare le preferenze del consumatore. Se la pubblicità fosse soprattutto informativa tenderemmo ad associarla ai beni ricerca. La ricerca e l’osservazione casuale mostrano che l’investimento pubblicitario è molto maggiore per i beni esperienza. Ne deriva che la pubblicità è soprattutto persuasiva. Esaminiamo il fenomeno pubblicitario dal punto di vista del benessere sociale, distinguendo tra pubblicità persuasiva e informativa. In particolare: conduciamo una valutazione in termini di efficienza sociale dell’investimento pubblicitario scelto dall’impresa al fine di massimizzare i suoi profitti; analizziamo il contributo al benessere sociale dell’investimento pubblicitario quando è usato come segnale di qualità. Consideriamo gli effetti sul benessere sociale (ΠT + CS) della realizzazione di una campagna pubblicitaria che aumenti la disponibilità a pagare dei consumatore, cioè sia persuasiva. La dislocazione in alto a destra della curva di domanda rappresenta la pubblicità persuasiva: aumenta la disponibilità a pagare dei consumatori. A ciò corrisponde un dislocamento dell’equilibrio in una posizione diversa. Più complesso è rappresentare la variazione nel benessere dei consumatori. La pubblicità ha modificato le preferenze quindi ora dobbiamo capire quali sono le loro vere disponibilità a pagare e preferenze. Sono quelle espresse dalla curva di domanda prima della campagna pubblicitaria, o piuttosto quelle espresse dalla curva di domanda dopo la campagna pubblicitaria. In altri termini: la pubblicità distorce le preferenze del consumatore o lo aiuta a “conoscere meglio se stesso”? Π = (20 + 20) − 8 = 32 Π = 50 − 8 = 42 Π = (50 + 20) − 8 = 62 ! di !26 38 Economia dell'Informazione Qualunque sia il criterio utilizzato per misurare il benessere del consumatore, si può mostrare che la quantità di pubblicità scelta dall’impresa monopolista eccede quella ottima per il benessere sociale. Nel caso ex-ante, una parte dell’incremento nei ΠT corrisponde ad un aumento nel benessere sociale: un’altra è una cattura da parte dell’impresa, un puro trasferimento da CS a ΠT, che in parte si riflette in CS negativo. Alcuni soggetti subiscono dunque un surplus del consumatore negativo poiché si trovano a pagare il bene più di quanto era la loro disponibilità a pagare prima della pubblicità persuasiva. L’aumento di ΠT in parte è dovuto all’allargamento di mercato, in parte è cattura di un surplus del consumatore che toglie quasi tutto al consumatore stesso. Ciò significa che l’impresa realizza più pubblicità rispetto a quanto sarebbe desiderabile dal punto di vista del benessere sociale. Nel secondo caso, una parte dell’incremento nei ΠT corrisponde ad un aumento nel benessere sociale, un’altra cattura dell’impresa di parte del Cs, solo parzialmente compensata dall’aumento nel CS. In questo caso sto valutando in funzione della seconda funzione di domanda ed il prezzo offerto dal primo equilibrio. Sulla base di queste preferenze, anche il consumatore ha un incremento netto, corrispondente al triangolino in alto a destra, ma è comunque un aumento più piccolo rispetto a quello dell’impresa. Il risultato netto è comunque una riduzione del benessere sociale. Allora anche qui, possiamo fare una considerazione analoga alla precedente. Il beneficio che l’impresa ottiene dall’investimento pubblicitario in parte dipende da un aumento nella quantità venduta (espansione del mercato), in parte dipende dall’aumento di prezzo (cattura di parte dei benefici che i consumatori ottengono dalla loro partecipazione al mercato). La seconda componente non corrisponde ad un incremento di utilità dai consumatori all’impresa ed è la misura di quanto l’incentivo all’investimento dell’impresa diverga dall’utilità sociale. Nell’analisi della pubblicità persuasiva, la distorsione negli incentivi dell’impresa rispetto al benessere sociale scomparirebbe se la realizzazione della campagna pubblicitaria non facesse aumentare il prezzo. In tal caso infatti non ci sarebbe cattura del CS. Ciò accade con la pubblicità ! di !27 38 Economia dell'Informazione Quando l’elasticità della domanda al prezzo è alta il prezzo di equilibrio nel mercato sarà basso, poiché aumenti di prezzo riducono molto la quantità domandata e anche basso sarà il mark-up cioè la differenza tra prezzo e costo unitario. Dunque, una variazione nella spesa pubblicitaria che provoca un dato incremento nella quantità domandata sarà più redditizio se tale elasticità è bassa. Se l’elasticità della domanda al prezzo cresce, l’incentivo ad investire nella pubblicità diminuisce. Cosa accade, invece, all’intensità pubblicitaria al variare delle condizioni (grado di concorrenza) del mercato? L’elasticità della domanda al prezzo cresce con il numero delle imprese sul mercato, giacché più numerose sono le concorrenti in grado di sottrarre quote di mercato ad un’impresa che alzi il proprio prezzo di vendita. Da questo punto di vista, più il mercato è concorrenziale minore sarà l’intensità pubblicitaria, minore è il margine di profitto e minore è l’incentivo ad investire in pubblicità. L’elasticità della domanda alla spesa pubblicitaria, se i produttori tendono a differenziare i propri prodotti per accaparrarsi quote maggiori di una domanda totale poco influenzata dalla pubblicità e l’unico effetto della pubblicità è quello di spostare domanda da un’impresa all’altra, cresce con il numero delle imprese nel mercato. Se, invece, i beni sono indifferenziati e la pubblicità ha natura di bene pubblico, decresce con il numero delle imprese. Dunque, all’aumentare del numero di imprese presenti sul mercato si riduce il margine di profitto, ogni impresa riesce ad appropriarsi di una parte via via minore del ritorno della pubblicità come bene pubblico, mentre l’effetto di spostamento della domanda derivante dalla pubblicità aumenta. I primi due effetti tendono a ridurre l’intensità pubblicitaria, il terzo ad aumentarla. In generale il segno sarà ambiguo e varierà a seconda di quale de tre effetti prevalga nel mercato considerato. Invece, dal punto di vista degli effetti della strategia pubblicitaria sul grado di concorrenza notiamo che la pubblicità può essere utilizzata come strumento di differenziazione del prodotto per evidenziare differenze esistenti o per creare una differenziazione artificiale anche in presenza di prodotti omogenei. La differenziazione del prodotto interagisce con la concorrenza di prezzo: differenziando il prodotto da quello di altri si crea o si evidenzia una preferenza, che rende meno probabile che il consumatore abbandoni il prodotto a vantaggio di quello di un altro solo perché il prezzo di quest’ultimo è più basso. Il modello della città lineare, nel caso in cui la concorrenza non sia basata sul prezzo, serve come metafora di problemi di differenziazione del prodotto diversi da quello di localizzazione del venditore: il lungomare può rappresentare un intervallo nel quale si distribuiscono i consumatore a seconda delle loro preferenze. Il produttore ha il problema di scegliere: le caratteristiche del prodotto (informativa) oppure la percezione di tali caratteristiche da parte del consumatore (persuasiva). L’esempio considerato nelle slide ci suggerisce che, quando la concorrenza di prezzo non è importante: i produttori cercheranno di ridurre al minimo la differenziazione dei loro prodotti, mirando a realizzare un bene che abbia caratteristiche apprezzate dal consumatore medio o facendolo percepire come tale, e quindi le strategie pubblicitarie tenderanno, invece, a differenziare troppo poco i prodotti e ad evidenziare come il prodotto sia buono e adatto per tutti e non per particolari categorie. Quando non c’è concorrenza di prezzo, il processo si blocca solo quando gli agenti raggiungono la minima differenziazione che può non rappresentare l’ottimo sociale. Ci sono moltissimo contesti in cui la concorrenza non ha prezzo, ossia tutti quelli in cui ho il doppio mercato, dove produco attenzione non si vende nulla ma è un puro posizionamento. ! di !30 38 Economia dell'Informazione Ma il risultato di minima differenziazione non sembra sempre plausibile, spesso la pubblicità è utilizzata per far percepire le differenze. Perché il produttore potrebbe desiderare di differenziare il proprio prodotto? Se il mio prodotto è percepito come diverso da quello di un mio concorrente ho meno possibilità di sottrargli clienti ma riduco anche la sua capacità di sottrarmene e dunque potrò alzare più facilmente il prezzo. La pubblicità in questo modo è usata non come strumento concorrenziale diretto, ma come strumento di posizionamento sul mercato. Nel secondo modello di città lineare gli agenti possono competere tra loro condizionando la percezione dell’importanza delle differenze da parte dei consumatori e fissando il prezzo. Per semplicità ipotizziamo che il prezzo abbia un intervallo unitario da 0 a 1, e che un consumatore che si trova in un qualsiasi punto x abbia un costo nel consumatore un bene con caratteristiche diverse dalle preferite pari a t(distanza) al quadrato. Consideriamo la localizzazione come produttore A è a x=0 e B è a x=1. Il consumatore indifferente tra i due è collocato nel punto x, dove x soddisfa la seguente: ! . La somma tra il prezzo di a e il costo per il consumatore che si trova in x che è la distanza al quadrato, dall’altra parte la somma tra il prezzo di b e il costo per consumare b. La condizione dice che l’onere di consumatore un bene è esattamente uguale per l’altro bene, quindi il consumatore è perfettamente indifferente. Ipotizziamo che ciascun consumatore consumi un’unità di bene. La domanda del produttore A sarà costituita da tutti i consumatori a sinistra di x: ! . La domanda del produttore B sarà costituita invece da tutti i consumatori a destra di x: ! . Se ipotizziamo che i costi unitari di produzione siano costanti e pari a c, le funzioni di profitto che i produttori massimizzano sono rispettivamente: ! e ! . Otteniamo due condizioni di ottimo, una per ciascun produttore: ! e ! . Da queste due condizioni otteniamo i prezzi di equilibrio, risolvendo rispetto a pa e pb: ! . Dunque, i prezzi si discosteranno dal costo unitario di una misura pari alla rilevanza dei costi di trasporto. I profitti per entrambe le imprese sono uguali a t/2: più costa ai consumatori servirsi di prodotti le cui caratteristiche sono percepite come distanti dalle proprie preferenze, meno forte è la concorrenza tra loro per il medesimo cliente, maggiore è la loro capacità di fare profitti. Se avessimo una concorrenza solo di prezzo e il fattore t fosse uguale a 0, i consumatori sono indifferenti tra i prodotti agli estremi dell’intervallo, allora i profitti delle imprese si annullano. Quando c’è concorrenza di prezzo, ai produttori dunque conviene enfatizzare quanto più possibile l’importanza delle caratteristiche peculiari del bene ridotto (aumentare t), distanziarsi, cioè differenziare il proprio prodotto. I produttori utilizzeranno dunque la pubblicità per differenziarsi. La pubblicità dunque attenua il grado di concorrenza sui prezzi, aumentando i profitti delle imprese. IDEA #6. La particolare struttura dei costi di produzione dei beni digitali rende inadeguata una strategia di prezzo uniforme e invece particolarmente appropriate strategie commerciali finalizzate a distinguere tra potenziali acquirenti con valutazioni diverse tra loro. IDEA #7. Dal punto di vista del benessere sociale: la pubblicità persuasiva è n genere tappa, mentre quella informativa è in genere troppo poca. Tuttavia, a volte la pubblicità persuasiva può essere informativa: quando è usata come segnale di qualità. pa + t x 2 = pb + t (1 − x)2 qa = (pb − pa + t)/2t − 0 = (pb − pa + t)/2 qb = 1 − (pb − pa + t)2t = (pa − pb + t)/2 Πa = (pa − c)(pb − pb + t)/2t Πb = (pb − c)(pa − pb + t)/2t (pa − 2pb + t)/2t = − c /2t (pa − 2pb + t)/2t = − c /2t pa = pb = c + t ! di !31 38 Economia dell'Informazione IDEA #8. Il fatto di operare in un mercato del prodotto molto concorrenziale, in cui i margini di profitto sono molto contenuti, può limitare la capacità dell’impresa di investire in pubblicità. Tuttavia, in molti contesti la pubblicità può essere utilizzata come strumento di differenziazione del prodotto, per stabilire un potere di monopolio su una parte del mercato attenuando la concorrenza di prezzo o per cercare di sottrarre quote di mercato alle imprese concorrenti. In tali contesti, regimi di mercato(almeno potenzialmente) molto concorrenziali possono incentivare un uso massiccio dello strumento pubblicitario. DISTRIBUZIONE IN RETE La distribuzione di molti beni digitali richiede realizzazione e mantenimento di un’infrastruttura: la rete, caratterizzata da costi fissi elevati, costi marginali ridotti o nulli, economie di scala, il costo totale medio decresce al crescere della dimensione della rete, ed economie di scopo, attraverso la stessa rete possono essere distribuiti beni digitali diversi. La rete fisica è una rete in cui la connessione fra i membri è costituita da un’infrastruttura fisica, nella rete virtuale, invece, non esiste una connessione fisica fra i membri ma vi sono rilevanti fenomeni di complementarietà e compatibilità. Ipotizziamo che i consumatori siano interessati a connettersi al numero di utenti (n) e la costante di proporzionalità sia pari ad 1. Allora il valore della rete per il singolo utente connessa è pari a n-1 e complessivamente è: n(n-1), che per comodità si approssima a n al quadrato. Cosa accade al valore di una rete se viene unita ad un’altra? Confrontiamo due alternativi processi di fusione: l’interconnessione e l’acquisizione. Nel primo caso, l’incremento di valore dovuto all’interconnessione è uguale per le due reti indipendentemente dalla loro dimensione. Nell’interconnessione i guadagni individuali sono a favore dei membri della rete di minore dimensione (R2); tante persone (n1) guadagnano poco dall’ interconnessione con una rete piccola; poche persone guadagnano molto dall’interconnessione con una rete grande. In ragione di ciò, R1 potrebbe osteggiare l’interconnessione, che pure è socialmente auspicabile. Nel secondo caso, l’incremento di valore dovuto all’acquisizione è uguale perle due reti indipendentemente dalla loro dimensione. Nell’acquisizione è evidente il vantaggio della rete di maggiore dimensione R1, che deve sborsare una cifra minore per acquisire R2 e ha quindi un ritorno più elevato per unità di spesa. L’incremento di valore realizzato mediante l’acquisizione è maggiore di quello realizzato a seguito di interconnessione, perché tutto il surplus della fusione va all’acquirente. ESTERNALITA DI RETE Distinguiamo tra esternalità di rete dirette ed indirette. Per le esternalità di rete dirette, l’utilità che un consumatore tra dal consumo di un bene (digitale) dipende (in genere in modo positivo) dal numero di altri individui che lo consumano (o che abbiano acquistato precedentemente il bene). Le economie di scala dal lato della domanda si manifestano fra copie diverse dello stesso bene. Per le esternalità di rete indirette, invece, l’utilità che un consumatore trae dal consumo di un bene dipende in modo positivo dal numero di prodotti complementari ad esso disponibili nel mercato. Le economie di scala si manifestano fra beni diversi se complementari, in particolare, sono tipiche dei sistemi hardware/software. ! di !32 38 Economia dell'Informazione numero di consumatore attesi è inferiore al numero di consumatori effettivi quindi conviene pensare di essere più di quanto atteso e si raggiungerà il terzo punto di equilibrio in 82. Che strategie deve utilizzare un’impresa che si trovi ad operare in un mercato simile? Superare velocemente la massa critica e fidelizzare il cliente aumentando i switching cost in uscita. Occorre poi convincere i consumatori del fatto che molti altri consumatori si apprestano a comprare il bene nel prossimo futuro, ridurre il livello minimo per l’acquisto dei consumatori evidenziando le qualità intrinseche del bene anche per una rete di modeste dimensioni, e cercare di convincere i consumatori che stanno comprando un bene esclusivo e che dunque il fatto che pochi lo comprino sia un vantaggio. Possiamo descrivere anche le mode attraverso il concetto di esternalità di rete con due qualificazioni: le esternalità di rete sono dapprima positive, poi negative, non tutti i consumatori sono come uguali: alcuni tendono a innovare il look e ganno un effetto moltiplicato rispetto ai consumatori consumi (influencer). Rendere visibile una moda richiede che sia diffusa in modo deciso, ma senza abbassare troppo il prezzo perché i beni di moda sono spesso di status. Fino ad ora abbiamo parlato di esternalità di rete positive. Oltre a queste si possono avere anche esternalità di rete negative, ossia situazioni che scoraggiano i consumatori ad acquistare un certo bene solo perché lo fanno gli altri. Seguendo Leibsten possiamo distinguere fra: - Effetto Snob: l’utilità, e dunque la domanda di un consumatore per quel bene, viene diminuita dal fatto che il bene viene acquistato da altri consumatori o che questi aumentino la quantità domandata del bene (vere e proprie esternalità di rete negative). Fare le cose che fanno gli altri consumatori, diminuiscono la mia utilità. - Effetto Veblen: o consumo ostentativo (bene di status): la domanda del consumatore per quel bene cresce, invece di diminuire, al crescere del prezzo. Indirettamente il consumatore “ama” il prezzo elevato perché l’acquisto segnala il suo reddito elevato e dunque gli conferisce esclusività. Con le esternalità di rete negative avremo delle curve di domanda diverse rispetto alle precedenti, ma che non cambieranno in modo radicale le situazioni di equilibrio. Se il bene presenta effetto snob, il prezzo di riserva per il singolo individuo è pari a u/n (dove n è il numero di persone che utilizzano tale bene, o lo hanno già acquistato). Sostanzialmente, all’aumentare della quantità di bene consumato dalle persone, l’utilità del consumatore diminuisce. Formalmente il prezzo è uguale a u/n, se questo individuo è indifferente, tutti gli individui con una disponibilità a pagare superiore alla sua acquisteranno il bene. Dunque avremo: n = N - u e quindi u = N - n. Sostituendo la terza equazione alla prima otteniamo: p = (N - n)/n, che è la relazione tra il prezzo del bene e il numero di persone lo utilizzano. La curva di domanda è rappresentata come una funzione decrescente. Il suo tratto quasi verticale, si caratterizza da un’elasticità della domanda rispetto al prezzo particolarmente ridotta: una riduzione del prezzo fa aumentare la quantità domandata molto poco. Nel caso dell’effetto Veblen invece, la domanda del consumatore cresce, invece di diminuire, la crescere del prezzo. Osservazioni empiriche hanno dimostrato che, in presenza di effetti Veblen la curva di domanda ha la forma seguente: p^ è un prezzo così alto che nessun ! di !35 38 Economia dell'Informazione consumatore domanda. L’effetto Veblen vero e proprio è nel tratto crescente R-S (in questo tratto il bene in questione si comporta come un bene di Giffen). Per prezzi più bassi il bene non può più essere utilizzato per consumo ostentativo e la curva torna ad essere negativa. IDEA #9. Quando, come in genere accade per i beni digitali, il consumo avviene nel contesto di una rete si generano dinamiche collettive dalle quali il comportamento individuale è fortemente condizionato. Quando ci sono esternalità di rete positive, ci sono equilibri multipli: esiti di mercato molto diversi possono scaturire da situazioni iniziali molto simili tra loro, e le strategie commerciali ne sono fortemente condizionate. E una rappresentazione del comportamento del consumatore che riconosca le specificità delle reti consente di cogliere la dimensione sociale e simbolica dell’attività di consumo. LOCK-IN Per lock-in intendiamo tutte quelle situazioni in cui un singolo utente o una pluralità di utenti potrebbero vere convenienza a trovarsi in una situazione diversa da quella in cui si trovano ma non hanno incentivi sufficienti ad indurli a cambiare, o a causa delle esternalità di rete positive acquistate dalla tecnologia o dalla tecnologia o dal fornitore presenti, o a causa degli alti “costi di transizione” (switching costs). Un esempio di lock-in sono le tastiere QWERTY, studiate in modo tale da poter essere usate sulle macchine da scrivere per minimizzare gli incastri tra le braccia della tastiera. Dalle macchine meccaniche si è passati a quelle elettriche e già in quel momento non c’era più il problema degli incastri, il problema si è poi annullato definitivamente con le tastiere da pc. Ma dopo tanti anni che si usava lo stesso formato di tastiera non sarebbe stato più efficiente modificare lo standard QWERTY. Questo è una conseguenza di esternalità di rete. Consideriamo due tecnologie che hanno evoluzioni differenti dei rendimenti: - tecnologia A: forti vantaggi per l’utente isolato, esternalità di rete contenute; - tecnologia B: limitati vantaggi per l’utente isolato, forti esternalità di rete. La tabella mostra l’utilità che il consumatore trae dalle differenti tecnologie in base alla numerosità degli utenti che le ha adottate precedentemente. Con una numerosità crescente di utilizzatori, l’utilità della tecnologia B comincia a crescere molto più velocemente. Ma se proviamo ad interrogarci su quale delle due tecnologie prevale se la scelta dell’adozione è individuale, il primo utente si trova a scegliere A, il secondo utente sceglie ancora A, anche perché nessuno ha ancora scelto B e quindi l’utilità di questa rimane ferma a 3, e così via. Se all’inizio è più conveniente scegliere A, sarà facile che venga adottata man mano da tutti gli individui e la tecnologia B rimane ferma con un utilità bassa poiché nessuno la sceglie. Posso avere un lock-in: viene scelta una tecnologia che se tutti la utilizzano è inferiore ad una tecnologia che inizialmente mostra scarsa utilità ma che potrebbe crescere maggiormente. Se invece pensiamo che le due tecnologie abbiano dietro i produttori che sponsorizzano le proprie tecnologie. Se ipotizziamo che i consumatori dovessero pagare allo stesso prezzo le due tecnologie, la situazione non cambia. Il produttore della tecnologia B potrebbe abbassare il Ad. Pr. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Tc. A 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Tc. B 3 7 12 18 25 33 42 52 63 75 88 ! di !36 38 Economia dell'Informazione prezzo del proprio prodotto nelle fasi “di lancio” ed alzarlo in seguito per recuperare il profitto con le unità successive. Tale strategia consente la diffusione della tecnologia B eliminando l’effetto negativo del lock-in. Analizziamo ora la condizione di lock-in generata dall’esistenza di switching costs (s). Ipotizziamo per semplicità che la struttura di mercato sia concorrenziale: p1= prezzo del servizio del produttore 1 e p2 = prezzo del servizio del produttore 2. In concorrenza perfetta: p2 = p1 = pcp = CMeT. Al consumatore conviene cambiare quando p2 + s < p1. Ma p2 non può mai essere minore di pcp, perché altrimenti l’impresa 2 opererebbe in perdita. Dunque, fissando un prezzo p1 = pcp + s l’impresa 1 si assicura di mantenere i propri clienti. Ma lo stesso farà l’impresa 2 e ne consegue che in equilibrio i prezzi saranno p2 = p1 = pcp + s. In presenza di switching costs i profitti unitari saranno pari all’ammontare degli stessi costi di transizione. Nell’interpretazione prevalente lock-in = inefficienza, quindi fallimento di mercato. Tuttavia, alcuni economisti disputano l’effettiva rilevanza del fenomeno. Secondo questi, il fenomeno esiste ma non è duraturo: nel lungo periodo tendono a prevalere le scelte efficienti. In riferimento alla tastiera QWERTY, dopo il passaggio ai computer era stato proposto un layout più efficiente: DVORAK. Liebowitz e Margolis attaccano l’interpretazione corrente sulla base di dati empirici: gli esperimenti condotti dalla Marina USA che avrebbe provato il DVORAK contro il QWERTY, non sarebbero stati condotti in maniera oggettiva proprio perché erano sotto la supervisione del Tenente Dvorak, inventore di questo layout. Altri esperimenti condotti in modo appropriati non mostrano miglioramenti significativi derivanti dall’adozione della tastiera DVORAK. Liebowitz e Margolis attaccano anche l’interpretazione corrente di un’altra sfida che secondo molti ha generato un lock-in in una tecnologia inferiore: il caso degli standard per videoregistrazioni, Betamax (Sony) contro VHS (JVC). Anche qui generalmente si presume che la società sia stata per alcuni decenni in una posizione sub-ottimale dato che VHS avrebbe avuto un qualità inferiore allo standard alternativo e che questo risultato sia imputabile ad errori di strategia di distribuzione di Sony. Si analizzano una serie di evidenze empiriche e sostengono che i due standard sono pressoché equivalenti, la scelta tra VHS e Betamax ha considerato due caratteristiche: la dimensione e la durata della potenziale dimensione. Liebowitz e Margolis portano un attacco anche all’interpretazione teorica sottolineando che l’informazione cruciale è: quale parte della tavola è conosciuta dal compratore al momento dell’acquisto? Se nell’esempio precedente il compratore vedesse tutta la tavola e non solo la prima colonna potrebbe cambiare le sue decisioni. Dunque, è vero che esiste path-dependence, cioè che le azioni del passato influenzano quelle presenti, ma ciò non significa necessariamente che la società nel suo complesso sia condotta al lock-in in tecnologie inferiori. Ad. Pr. 0 1 2 3 4 5 6 Tc. A 20 - 10 = 10 21 - 10 = 11 22 - 10 = 12 23 - 10 = 13 24 - 10 = 14 25 - 10 = 15 26 - 10 = 16 Tc. B 13 - 2 = 11 17 - 2 = 15 22 - 5 = 17 28 - 8 = 20 35 - 10 = 25 43 - 13 = 30 52 - 16 = 34 ! di !37 38