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APPUNTI PARZIALE2 Biologia e didattica della biologia, Appunti di Biologia

Biologia e didattica della biologia, Scienze della formazione primaria, 2^ semestre 3^ anno

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 10/05/2019

GiadaBragagnolo
GiadaBragagnolo 🇮🇹

4.3

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Scarica APPUNTI PARZIALE2 Biologia e didattica della biologia e più Appunti in PDF di Biologia solo su Docsity! BIOLOGIA, fondamenti e didattica – APPUNTI 2 TASSONOMIA E CONCETTO DI SPECIE Sin dai primordi gli esseri umani hanno sentito l’esigenza di dare un nome ai viventi coi quali interagivano e ai quali era legata la loro sopravvivenza. In molte culture arcaiche il conoscere il nome degli animali e piante del territorio è anche un modo per esercitare una forma di controllo su di essi. Spesso le esigenze ecologiche di classificazione si intrecciano con mito e religione. La tassonomia è la scienza che si propone di identificare e classificare gli organismi viventi. C’è bisogno di una nomenclatura formale e univoca che tutti possono usare per descrivere una specie. I nomi delle specie si scrivono in corsivo, con la prima iniziale maiuscola. Occorre classificare perché una parola può avere significati diversi se usata da persone diverse. Le specie sono quello stadio di divergenza evolutiva in cui 2 o più popolazioni, prima effettivamente o parzialmente infertili, si suddividono in insiemi distinti in cui lo scambio di geni è impedito da meccanismi di isolamento riproduttivo intrinseci (ereditati geneticamente). La tassonomia usa un sistema formale accettato da tutta la comunità scientifica per dare un nome a ogni specie. Questo sistema risulta oggi basato su uno dei capisaldi di Darwin: tutti i viventi hanno un antenato comune. Animali che condividono antenati recenti sono collocati in gruppi tassonomici vicini (volpe e sciacallo); altri che ne condividono uno molto antico sono collocati in gruppi tassonomici distanti (tonno e delfino). Discendenze e ascendenze vengono valutate con criteri anatomici, paleontologici, ecologici e genetici. Aristotele per primo classificò gli organismi sulla base delle loro somiglianze strutturali; S. Agostino propose una suddivisione in ottica antropocentrica (dannosi o no). Linneo propose uno schema di classificazione usato ancora oggi che si incastra perfettamente con l’idea che tutti i viventi discendano da un antenato comune: nella sua opera “Systema naturae” usò lo studio compartivo della forma di un individuo per ordinare gli esemplari in un sistema gerarchico partendo da insiemi molto generici e vasti, i Regni, per giungere via via a sottoinsiemi molto più piccoli, Generi e Specie… Ogni specie è caratterizzata da un nome latino (generico e specifico); si procede per sistemi sempre più ampi. Oggi la suddivisione prevede 3 grandi domini derivanti da antenato comune e 6 regni. Il cladogramma è un modo per rappresentare le storie evolutive dei diversi organismi. Una specie è una realtà naturale realmente esistente, ma esiste una molteplicità di vedute su come essa debba essere definita e la moderna tassonomia è orientata verso un approccio pluralistico al concetto di specie: • Concetto morfologico-fenetico: (Linneo, descrivere ciò che si vede, ma non ci dice nulla sul comportamento o sul ruolo ecologico) un insieme di organismi simili tra loro sulla base di caratteri anatomici. Omologia: struttura comune a 2 o più specie derivata da un antenato comune (ali di un uccello e di un pipistrello). Omoplasia: caratteri apparentemente omologhi, ma acquisiti indipendentemente (ali di un uccello e di una farfalla). Questa descrizione ci permette di elencare i caratteri di una specie. Una specie è quindi un gruppo di organismi simili fenotipicamente. Gran parte delle specie sono definite sulla base di questo concetto, vista l’assenza di dettagliate informazioni sulla compatibilità riproduttiva e le relazioni filogenetiche. È la base del sistema linneano. Descrive soprattutto dati morfologici (reperti conservati e non vivi), poco comportamento. È direttamente applicabile ai fossili e si può anche applicare ad organismi asessuali. Non considera però direttamente gli aspetti evolutivi: si basa sull’osservazione e non sul meccanismo. È piuttosto arbitrario per cui sono frequenti i disaccordi tra i ricercatori, anche per quanto riguarda i metodi statistici da applicare; il problema nasce con le specie criptiche (gemelle o sibling) che non vengono identificate perchè il problema diventa individuare il carattere distintivo. • Concetto biologico: il più piccolo gruppo di organismi interfertili tra loro. Presenta delle difficoltà: richiede di osservare la riproduzione, magari per più generazioni; non si può applicare ai fossili; ci sono eccezioni (incroci di piante, mulo, bardotto). • Concetto ecologico: una specie è il gruppo di organismi fenotipicamente simili che occupa una nicchia ecologica (le funzioni che un organismo compie in un ambiente). Funziona per specie asessuali, non ci sono barriere apparenti, è chiaramente legato al concetto biologico, implicando un premio selettivo per l’incrocio solo con individui della stessa specie, o si perderebbe l’adattamento. L’integrità della specie non è mantenuta dall’isolamento riproduttivo, ma dalla selezione per l’adattamento a diverse nicchie (nicchia diversa, specie diversa); l’ibridazione non invalida il riconoscimento di una specie su base ecologica, se l’ibrido è meno adatto ha range molto ridotto. Gli svantaggi sono che è difficile da definire per specie in cui diversi stadi vitali occupano diverse nicchie e il problema è che la nicchia è difficile da definire senza considerare la specie che la occupa, ma se definisco prima la specie rischio che la definizione non sia univoca perché la nicchia è uno spazio concettuale delineato da tutte le interazioni che influenzano l’esistenza di una specie in un ecosistema. Da un’analisi del DNA mitocondriale di 167 lupi e di cani domestici di 6 razze diverse si è visto che i cani rappresentano una sottospecie dei lupi. Ricostruendo la storia molecolare sono emersi dei cambiamenti: un uccello ha tra gli antenati più prossimi un dinosauro. Sarà sempre più economico leggere il genoma umano e questo ci aiuta a classificare le specie. La specie individua un insieme di organismi; il genere accomuna specie molto simili tra loro (che in alcuni casi possono riprodursi ed originare ibridi non fertili). EVOLUZIONE E SELEZIONE NATURALE non usare i termini “adattamento”, “adattarsi” La parola evoluzione non implica per forza progresso. Bisogna specificare sempre e regolarmente ciò che intendiamo. Anche oggi ci sono dei potenti che non credono alla teoria dell’evoluzione; ciò non è problematico se la discussione rimane in termini scientifici. Esistono oggi due proposte alternative all’evoluzione: intelligent design e risonanze evolutive. A scuola è un argomento controverso: dei genitori possono opporsi, la didattica attiva è difficile da fare. Gli scienziati che parlano per primi di evoluzione: Lamarck, Darwin, Aristotele, Wallace, ma già nell’antichità troviamo alcune testimonianze. Errori o preconcetti sull’evoluzione: • l’entità che evolve è il singolo individuo: cambiamento morfologico / genetico prodotto dall’ambiente su un individuo, evoluzione è modifica genetica per adattarsi all’ambiente in cui si vive, cambiamento lento (vantaggioso o svantaggioso) di alcuni caratteri di un essere vivente, a seguito di mutuazioni casuali un individuo cambia alcune sue caratteristiche che con il tempo si mostrano più favorevoli all’ambiente in cui si vive, cambiamento morfologico / genetico prodotto dall’ambiente su un individuo, evoluzione è modifica genetica per adattarsi all’ambiente in cui si vive, cambiamento lento (vantaggioso o svantaggioso) di alcuni caratteri di un essere vivente, a seguito di mutuazioni casuali un individuo cambia alcune sue caratteristiche che con il tempo si mostrano più favorevoli all’ambiente in cui si vive. • «volontà» di cambiamento (finalità e non contingenza) con un atto cosciente finalizzato ad avere un obiettivo: gli esseri viventi evolvono per sopravvivere e migliorare il loro stato di vituso del termine adattamento. • fenotipo che controlla genotipo (l’evoluzione sarebbe la variazione di alcuni caratteri fenotipici e di conseguenza genotipici in relazione agli adattamenti ambientali, ma in realtà è il contrario). • evolversi significa anche saper prevedere dei possibili cambiamenti e prepararsi per affrontarli. La storia delle scienza può essere divisa in 3 parti: prima di Darwin, la rivoluzione di Darwin e dopo Darwin. La scoperta di Darwin non è isolata, illogica o improvvisa, ma come quasi tute le scoperte scientifiche, è dovuta al fatto che egli sia riuscito ad unire tasselli diversi. Già nell’antichità e in molti racconti fondativi c’è un seme di un’idea di eventi che si sono succeduti nel tempo: la religione ebraica (Bibbia, il racconto dell’origine del mondo secondo una scansione temporale), il mondo greco (Anassimandro – evoluzione nel tempo senza selezione, Empedocle – selezione senza evoluzione per cui alcune forme di vita smettono di esistere, Platone – essenzialismo, cosmo dotato di un’anima demiurgo, riferimenti a principi incorporei, Aristotele – eternità per cui nessuno può essere creato o scomparire, anche se si deve a lui la fondazione della storia naturale da cui si dedurranno poi le prove dell’evoluzione), il mondo romano e classico (Lucrezio – origine spontanea di ogni creatura che se è troppo debole viene eliminata), in cui notiamo l’assenza del concetto di tempo (kosmos perfetto ed immutabile) e quello cristiano che vede una veloce creazione del mondo e una brusca fine (S. Agostino – ipotizzava la possibilità di cambiamento infondendo nella natura il potenziale per produrre nuove specie). Nel periodo tra il rinascimento e illuminismo si riscopre il mondo classico (e le diverse sfaccettature filosofiche), si scoprono nuovi mondi (Americhe, Australia) e ciò porta a scoprire specie nuove e a stimolare gli studi di carattere naturalistico, riscoperta degli studi delle scienze naturali, diverse scoperte mettono in dubbio quanto si è osservato fino ad ora, gli studi sull’astronomia mettono in discussione i testi sacri (Keplero e Galilei). In questo periodo Linneo fa la sistematica degli organismi viventi (si basa in realtà su un attuale punto fermo dell’evoluzione: la discendenza da antenati comuni); Buffon ipotizza che la terra abbia una storia più lunga (fino a 5 milioni di anni) e formula apertamente il concetto di discendenza comune per degenerazione; Cuvier è il fondatore della paleontologia dei vertebrati, osservando le rocce asserì che ciascun orizzonte aveva una sua mammalofauna e quanto più uno strato era profondo, tanto più la fauna che vi si ritrovava appariva differente da quella attuale, fu anche il fondatore dell’anatomia comparata riteneva che le estinzioni fossero causate da catastrofi (eventi naturali) più o meno locali che consentivano il ripopolamento delle specie da aree non colpite (catastrofismo); Lyell descrive un mondo stazionario tanto che il suo pensiero viene definito “uniformismo” per cui l’osservazione dei processi presenti consente di estrapolare al passato i tempi e gli effetti, a suo parere la terra va incontro a trasformazioni graduali dovute a forze che operano in modo uniforme e su tempi molto lunghi; Mantell scopre specie estinte e il primo fossile di dinosauro; Malthus pose l’accento sulla differenza tra la crescita delle popolazioni (esponenziale) e limitatezza delle risorse (aumentano in modo geometrico). Per Lamarck la vita comparve sotto forma di microorganismi per generazione spontanea. Gli organismi cambiano mediante ereditarietà dei caratteri acquisiti. La complessità degli organismi aumenta col tempo per una tendenza intrinseca. All’immagine statica che pervadeva la produzione scientifica dei suoi predecessori, sostituisce una visione dinamica, in cui non solo le specie, ma anche l’intera catena dell’essere e l’intero equilibrio della natura erano in continuo fluire. Colma risolutamente il salto che ancora divideva l’uomo dagli altri animali, considerando il primo come prodotto finale dell’evoluzione. Immagina un mondo che si trasforma e ne propone una spiegazione. L’evoluzione biologica si definisce come un cambiamento nella varietà e nell’adattamento di popolazioni di organismi. La prima teoria coerente fu proposta da Lamarck, il quale si concentrò sul cambiamento nel tempo, cioè su ciò che gli sembrava essere un progresso in natura, a partire dai più piccoli organismi viventi fino alle piante, agli animali più complessi e quasi perfetti, fino all’uomo. Scrisse che gli organismi subiscono modificazioni come risultato di fenomeni naturali, e non per intervento divino. Gli organismi sarebbero pervasi da una forza vitale (generazione spontanea) che li spinge verso complessità e perfezione. Il cambiamento risiede quindi nel singolo individuo e viene poi trasmesso alle generazioni seguenti: principio dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti (giraffe). Chiamava in causa 4 principi: 1 biodiversità umana; due persone dello stesso continente possono essere geneticamente meno simili di due persone di continenti diversi (Lewontin). La maggioranza dei caratteri dei geni sono diffusi in tutto il mondo, perché la storia umana è un continuo spostamento di individui e popolazioni a partire da un ceppo originario e questo ha determinato un variabilità e un rimescolamento enorme; nessuna popolazione è stata isolata abbastanza da creare sottospecie e non c’è mai stato un selettivo controllo della riproduzione che ha generato gruppi diversi ben distinti; perciò non possono essere usati i geni per classificare l’umanità. Anche le classificazioni forensi non sono coerenti tra di loro. Dall’insieme dei dati genetici possiamo capire le basi genetiche solo di alcune malattie. La presunta relazione tra gruppi biologici omogenei (che abbiamo visto non esistere) dovrebbe comportare anche una differenza culturale o di intelligenza; Watson, sosteneva che i neri africani fossero inferiori dal punto di vista intellettivo, ai bianchi. Per quanto riguarda l’intelligenza: i primi studi risalgono all’800 (Tiedemann, grandezza del cranio, ma ha considerato un valore medio che ci permette anche di dire che non ci sono differenze significative). I test del QI sono stati introdotti da Binet nel ‘900 (età mentale ottenuta tramite test / età anagrafica). Successivamente, Burt, un genetista inglese, fa delle affermazioni per cui l’intelligenza era determinata geneticamente e poteva essere quantificata esattamente con il QI, gemelli identici separati alla nascita hanno lo stesso QI, la correlazione tra QI e reddito è dovuta al fatto che persone più intelligenti guadagnano di più si scoprì che i suoi dati erano inventati (le misure di QI sono irreperibili, all’anagrafe non risultano 53 gemelli, nel corso di 23 anni di lavoro, mentre il campione si allargava la correlazione fra gemelli identici è rimasta la stessa fino alla terza cifra) decimale. Lyn, Herrnstein e Murray trovano una correlazione positiva tra QI in infanzia e reddito nella mezza età, suggerisce che il QI sia la causa del successivo reddito; hanno individuato il quoziente medio di intelligenza basandosi sui risultati scolastici e sulla lettura dei giornali del mondo (determinismo biologico); inoltre hanno dichiarato che sarebbe meglio non far figliare le donne di colore e che il welfare andrebbe smantellato. Quindi le caratteristiche umane complesse sono dovute all’interazione tra molti geni e molti fattori ambientali. Siamo in grado di spiegare l’origine di malattie semplici come la talassemia e la fibrosi cistica, ma per il cancro o le malattie cardiocircolatorie ci vorrà ancora molto tempo e molta ricerca. La variabilità umana non patologica è ancora più complicata. I geni studiati finora spiegano piccole percentuali della variabilità osservata, le loro interazioni sono tutte da chiarire, le loro interazioni con l’ambiente largamente sconosciute. Le caratteristiche cognitive sono estremamente complesse; ci vorrà molto tempo per comprenderne le basi genetiche. Il QI è fortemente influenzato dalla distanza culturale fra chi fa il test e chi ci si sottopone, e nessuno sa che cosa misuri in realtà. Ci sono tanti modi per essere intelligenti, e tanti per non esserlo, e non ha senso cercare di esprimerli con un numero. Il concetto di razza umana non ha quindi ragione di esistere in biologia, nonostante numerose persone abbiano cercato di creare cataloghi precisi dell’umanità il principio è privo di risconti. Non esiste accordo e criterio per definire univocamente gli insiemi che rappresenterebbero le diverse razze umane e la varietà genetica all’interno di un gruppo è di molto superiore rispetto a quella tra gruppi. In biologia, naturalmente esiste la possibilità di individuare delle divisioni al di sotto della specie (le sottospecie, le razze della zootecnia o le varietà), ma in questi casi si può attuare la separazione riproduttiva dei gruppi per fattori geografici o mantenuta artificialmente dagli uomini, cosa che non può avvenire nelle popolazioni umane. A scuola si può fare il race test: chiedere di classificare in razze 50 fotografie di persone provenienti da diverse parti del mondo sulla base di caratteristiche fisiche; si ottengono risultato discordanti. LA SINTESI MODERNA I punti contenuti nell’ “Origine della specie” sono 5: evoluzione, discendenza comune, gradualità dell’evoluzione, moltiplicazione delle specie, selezione naturale. La teoria evolutiva esposta da Darwin, incentrata sull’evoluzione attraverso selezione naturale, chiarì concetti quali cambiamenti evolutivi e adattamento. Tuttavia, sebbene i contemporanei di Darwin avessero accettato in gran parte il suo concetto di evoluzione, non compresero le dinamiche di evoluzione tramite selezione naturale. Ciò che mancò a Darwin fu in sostanza una teoria dell’ereditarietà. Quando le leggi dell’ereditarietà vennero riscoperte (Mendel), non ne venne immediatamente compresa la potenzialità in sostegno delle teorie evolutive. La teoria darwiniana dovette attendere l’intuizione di Haldane, Fisher e Wright , che, indipendentemente gli uni dagli altri, dimostrarono che la selezione naturale avrebbe potuto operare tramite meccanismi genetici mendeliani. Con la pubblicazione della sintesi tra le teorie darwiniane le leggi mendeliane dell’ereditarietà nacque ufficialmente la sintesi evoluzionistica. La teoria darwiniana possedeva ora solide radici nella teoria dell’ereditarietà. Nacquero due anime all’interno della sintesi moderna: a. I genetisti di popolazione: modelli matematico-quantitativi dedicati a fenomeni di microevoluzione (estrapolazionismo), competizione per la massimizzazione genica. b. La scuola di stampo naturalistico: modelli quantitativi, evoluzione su grandi scale temporali (macroevoluzione), competizione per la sopravvivenza ecologica. Il principio di Hardy-Weinberg: una popolazione le cui frequenze geniche e alleliche non cambiano da una generazione all’altra si dice in equilibrio genetico; ogni popolazione è caratterizzata da un pool genico che include tutte le forme alleliche dei geni presenti nella popolazione; ogni individuo ha una coppia di alleli. Matematicamente questo principio ci permette di usare le frequenze fenotipiche per calcolare quelle genotipiche attese, di vedere l’equilibrio genetico di una popolazione e di misurare il mantenimento delle frequenze alleliche: immaginiamo un allele A e a, la somma delle frequenze deve essere 1, p=frequenza dell’allele dominante A, q=frequenza dell’allele recessivo a, se p+q=1 anche (p+q)2=1, quindi estendendo l’equazione p2(frequenza AA)+2pq(frequenza Aa) +q2(frequenza aa)=1. Una popolazione le cui frequenze geniche e alleliche non cambiano da una generazione all’altra si dice in equilibrio genico. In popolazioni di grandi dimensioni il processo dell’ereditarietà non causa di per sé i cambiamenti delle frequenze alleliche purché: l’accoppiamento sia casuale (gli accoppiamenti non casuali avvengono quando gli individui selezionano i partner sulla base del fenotipo), non avvengano mutazioni, le popolazioni siano di grandi dimensioni (non popolazioni di piccole dimensioni rimaste separate dalle altre per molto tempo), non ci sia migrazione, non ci sia selezione naturale. In popolazioni di piccole dimensioni, mutazioni casuali possono cambiare le frequenze alleliche (deriva genetica); quando pochi fondatori stabiliscono una colonia si verifica l’effetto del fondatore; in alcuni casi i caratteri recessivi vengono mantenuti perché gli eterozigoti hanno un vantaggio di sopravvivenza (la variabilità genetica può essere mantenuta dal vantaggio dell’eterozigote). Popolazioni di diverse aree geografiche mostrano adattamenti genetici agli ambienti locali. OLTRE LA SINTESI MODERNA la sintesi estesa Dagli anni ’70 sono state fatte delle proposte di arricchimento del panorama evoluzionistico. Bisogna comprendere che quando oggi parliamo di evoluzione, non ci riferiamo più a Darwin perché il suo nucleo e i suoi paradigmi sono stati in parte rivisti, estesi ed integrati. ▲ Critica all’adattamentismo: è stato introdotto il concetto di exaptation o cooptazione, ossia caratteristiche che attualmente incrementano la fitness, ma che non furono selezionate per lo scopo attuale (esempi: penne degli uccelli, ali dei pinguini, storia evolutiva degli occhi). ▲ Equilibri punteggiati: idea che contrasta con l’idea di evoluzione lenta e graduale, sintetizzabile in variazioni molto rapide e improvvise in modo accelerato o rallentato alternate a momenti di stasi, a dispetto di un gradualismo lento e filetico (Gould e Eldredge). ▲ Epigenetica: riprende l’idea evoluzionistica di Lamarck delle variazioni evolutive ereditabili; studia la modulazione dell’espressione genica che fornisce plasticità al fenotipo e che è in parte ereditabile. ▲ Evo-Devo: studio della relazione tra processi di sviluppo del singolo ed evolutivi del gruppo a cui appartiene; l’evoluzione non va considerata solo come il cambiamento di genotipi e fenotipi, ma come il cambiamento nel tempo dei processi ontogenetici; dà un contributo importante per cercare di capire le trasformazioni avvenute nel tempo. Sottolinea l’esistenza di vincoli ontogenetici nello sviluppo: i geni che controllano lo sviluppo giocano un ruolo chiave nell’evoluzione, le mutazioni che avvengono nei geni che controllano lo sviluppo embrionale possono originare novità fenotipiche e tra esse alcune hanno possibilità di adattamento evolutivo. ▲ Costruzione della nicchia: la popolazione nel tempo modifica la sua nicchia ecologica e quindi cambia la pressione evolutiva che riceve e di conseguenza cambia la popolazione. Non solo gli organismi sono influenzati dall’ambiente in una direzione univoca, ma sono in grado di modificare l’ambiente in cui vivono e di conseguenza delle pressioni selettive su cui essi stessi e i loro discendenti si devono confrontare. Evidenzia come non solo i caratteri ereditati di maggior successo possono essere trasmessi, ma anche habitat modificati possono essere trasmessi alle generazioni successive per ereditarietà ecologica. Gli evoluzionisti concordano sul fatto che sia necessario un nuovo paradigma più completo, anche se una parte di loro ritiene che basti ciò che è già stato scoperto. Quando qualcuno mette in discussione l’evoluzione, bisogna capire bene che cosa realmente si sta mettendo in discussione. La sintesi moderna vede: il nucleo di Darwin, il gradualismo filetico, l’adattazionismo e l’estrapolazionismo; la sintesi estesa non elimina la sintesi precedente (non viene eliminato il quadro di Darwin, ma si tratta solo di integrazioni) e infatti vede: il nucleo di Darwin esteso, pluralità di ritmi (equilibri punteggiati), pluralità di fattori (funzioni e strutture, evo devo: un fattore della biologia che analizza come a livello embrionale si ripercorrono i passaggi evolutivi di quella specie), pluralità di livelli di evoluzione (micro: piccoli cambiamenti nelle mutazioni che determinano uno shift all’interno della popolazione, come avviene nella biston betularia; macro: ricostruire la storia evolutiva, ad esempio dai dinosauri agli uccelli, o dai primi mammiferi marini alle balene). Darwin, sostenendo il nostro antenato comune, crede nella macro evoluzione; essa è stata rivista nell’ottica degli equilibri punteggiati, poiché ci sono salti e cambiamenti improvvisi. LE DINAMICHE DELLA SELEZIONE Gli agenti principali dell’evoluzione sono la sopravvivenza differenziale e la diversa capacità riproduttiva di individui che differiscono l’uno dall’altro per uno o più aspetti. A. Selezione stabilizzante: penalizza i caratteri devianti, favorendo e stabilizzando quelli che aumentano la fitness, ossia agisce sul valor medio della curva che descrive l’insieme dei caratteri di una popolazione. Opera su tutti i caratteri di un organismo. B. Selezione direzionale: favorisce un estremo della curva a scapito dell’altro. Il risultato è un avanzamento costante del valore medio della curva, cioè forza un determinato carattere verso una condizione estrema. C. Selezione dirompente/diversificante/disruttiva: penalizza la parte centrale della curva a scapito della media: il risultato è una curva con due mode (bimodale), come succede in specie mimetiche o con altre forme di polimorfismo. La selezione naturale cambia le frequenze alleliche in modo da aumentarne l’adattamento. 1 In biologia evoluzionistica parlando di meccanismi di isolamento riproduttivo ci si riferisce alle caratteristiche biologiche intrinseche e, almeno in parte, ereditabili dagli individui, che impediscono il flusso genico tra popolazioni effettivamente o potenzialmente simpatriche. I meccanismi di isolamento precopula: • Isolamento ecologico: 2 o più specie sono presenti nella stessa area, ma non si incontrano perché vivono in ambienti diversi. • Isolamento temporale: specie che convivono n ella stessa area, ma raggiungono la maturità sessuale in momenti differenti (rana silvestre e rana leopardo). • Isolamento etologico: maschio e femmine di specie diverse, sessualmente maturi, non rispondono ai rispettivi stimoli in modo adeguato (uccelli giardinieri). • Isolamento meccanico: negli animali a scheletro esterno differenze nella forma e nella dimensione dei genitali, che sono sclerificati, possono rendere difficile o impossibile l’accoppiamento (salvia nera e bianca). I meccanismi di isolamento postcopula: • Isolamento gametico: attrazione assente tra i gameti, incapacità degli spermatozoi di sopravvivere nell’apparato riproduttivo femminile, incapacità degli spermatozoi di penetrare e fecondare l’ovulo, mancata formazione del tubo pollinico. • Mortalità zigotica ed embrionale • Non vitalità degli ibridi. • Sterilità degli ibridi. • Isolamento etologico degli ibridi: ibridi interspecifici, vitali e fertili, con uova e spermatozoi normali, non sono in grado di riprodursi perché incapaci di un efficiente comportamento riproduttivo. • Insuccesso degli ibridi: alcuni ibridi interspecifici sono completamente o parzialmente fertili, ma la progenie o è sterile o poco vitale. I principali meccanismi di speciazione: • Allopatrica: il differenziamento genetico e, spesso anche l’isolamento riproduttivo, vengono acquisiti in condizioni di isolamento geografico c’è una separazione geografica insuperabile (esempio: pesci ciprinidi, oca hawaiana, scoiattolo del Gran Canyon, pesci ciclidi). • Simpatrica: senza separazione geografica, c’è quindi la probabilità che le due varianti emergenti si riproducano tra di loro ed emergano nuove specie; radiazione (esempio: uccelli mangia miele). EVOLUZIONISMO E ANTIEVOLUZIONISMO Da subito le teorie e il quadro complessivo proposto da Darwin è stato messo in discussione, con affermazioni differenti: A. Interpretazione letterale della Bibbia (teoria della terra giovane): esistono però delle prove scientifiche / evidenze sperimentali (datazione della terra) che testimoniano il fatto che ciò che è narrato nella bibbia non può essere avvenuto realmente B. Teoria delle risonanze evolutive: proposta da un giovane fisico di Napoli che afferma l’esistenza di un modello matematico che riuscirebbe a spiegare l’evoluzione tramite equazioni dei pendoli a moto forzato; si opporrebbe alla teoria della selezione naturale, ma in questa sua pubblicazione ci sono errori grossolani a livello biologico e paleontologico che rendono irrealistico tutto il resto. C. Intelligent design (esistenza di un orologiaio/progettista/designer che avesse progettato il mondo così come lo vediamo): è la proposta evoluzionista più diffusa e per molto tempo è stata l’alternativa all’evoluzionismo darwiniano. Crede nel fatto che la vita sia stata progettata e realizzata. Chi sostiene questa prospettiva crede che sia scientifica e in quanto tale dovrebbe essere insegnata come alternativa al darwinismo, ma non può essere dimostrata. Il movimento è nato negli USA legato ai movimenti evangelici. Non viene più proposta un’interpretazione letterale della bibbia come fonte di verità scientifica, ma si afferma che gli organismi viventi sono un fenomeno troppo complesso per essere spiegati dalla casualità dell’evoluzione darwiniana (ma l’evoluzione non è casuale!). Affermano che un evento estremamente improbabile non può avvenire per caso (argomentazioni logiche non sono coerenti e veritiere, basta pensare alla vincita del lotto). Non si tratta di una scienza (e quindi deve stare fuori dalle aule scientifiche) perché non ha mai generato un progetto di ricerca e non esistono esperimenti finalizzati a dimostrare l’esistenza di un progettista. Le argomentazioni che usano sono le stesse degli avversari di Darwin di quell’epoca. Questo designer opera inoltre in modo illogico e con incongruenze nel suo operato. Bisogna ricordare che l’evoluzione non ha nulla a che fare con le nostre filosofie personali. D. Immoralità della teoria stessa che obbliga la popolazione ad assumere dei punti di vista E. Teach the controversity (non bisogna nascondersi dietro al dogmatismo per cui una scienza non si mette in discussione, ma una scienza si può discutere solo tramite un’altra scienza. Tutti questi approcci hanno bugie ed errori comuni: innanzitutto il fatto che l’evoluzione sia solo una teoria, il fatto che i fossili non provino l’evoluzione umana portando però come prova a sostegno solo l’uomo di Piltdown (che non è stato usato per studiare l’evoluzione), il fatto che l’evoluzione violerebbe il 2^ principio della termodinamica (ma bisogna far attenzione al fatto che questo principio funziona solo in un sistema chiuso e isolato), strutture come il Circa 3,5 miliardi di anni fa comparvero così i primi organismi autotrofi; essi arricchirono l’atmosfera di ossigeno che così divenne ossidante (2 miliardi di anni fa) e comparvero le alghe azzurre che riuscirono, grazie alla fotosintesi, a sopravvivere nonostante la scarsità di sostanze nutritive. La vita si spostò così dalle profondità oceaniche ai bassi fondali dove arrivava la luce. Nello stesso periodo, per l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera si formarono i batteri aerofobi. Essi sono capaci di utilizzare l’ossigeno per vivere ossia capaci di respirare. Successivamente si formò la prima cellula eucariota (1,8 miliardi di anni fa), più complessa, con un nucleo ben definito e delimitato da una membrana nucleare e la presenza di organelli nel citoplasma. Secondo l’ipotesi oggi più seguita, la prima cellula eucariota si sarebbe formata in seguito ad una simbiosi ossia ad una “convivenza” tra un batterio aerobio ed uno anaerobio. I primi eucarioti erano eterotrofi e con un meccanismo analogo al precedente si sarebbero formati gli eucarioti autotrofi. Va fatta risalire a più di 600 milioni di anni fa la comparsa dei primi organismi eucarioti pluricellulari, che fu particolarmente importante per l’evoluzione dei viventi sulla Terra in quanto da essi si sono evoluti, nel corso di milioni di anni, gli antenati degli attuali animali, piante e funghi. La varietà aumenta con il tempo. Le ere geologiche: • Era arcaica o Precambriana o Archeozoica: va dalla nascita della Terra a circa 550 milioni di anni fa. All'inizio la Terra era un ammasso di materiale incandescente. Man mano si formarono le prime rocce solide e comparve l'acqua. Nelle rocce di quest'era sono state trovate tracce fossili di esseri vissuti in quel tempo. • Era primaria o Paleozoica: va da 550 a 250 milioni di anni fa. La crosta terrestre è continuamente modificata da terremoti e da eruzioni vulcaniche. Le terre emerse (Pangea) si ricoprono di una fitta vegetazione, i cui resti formano in milioni di anni ingenti depositi di carbon fossile. La vita animale pullula negli oceani mentre sulla terraferma è ancora poco sviluppata. • Era secondaria o Mesozoica: va da 250 a 65 milioni di anni fa. È caratterizzata da notevoli variazioni del livello del mare. I Continenti cominciano a separarsi. La Terra è dominata dai grandi rettili (dinosauri), ma compaiono i primi mammiferi e gli uccelli. • Era terziaria o Cenozoica: va da 65 a 1 milione di anni fa. I Continenti cominciano ad assumere la forma attuale. Nascono le grandi catene montuose, come l'Himalaya, i Pirenei, le Alpi e gli Appennini. I mammiferi dominano le terre emerse. • Era quaternaria o Neozoica: va da 1 milione di anni fa fino ad oggi; è dunque l'era in cui noi viviamo. È il periodo delle grandi glaciazioni in cui il ghiaccio è arrivato a ricoprire il Nord America e mezza Europa fino alla Germania. Sono comparsi molti mammiferi attuali, come il cavallo e l'elefante, infine è comparso anche l'uomo. Nei primi 4 miliardi di anni: • Archeano (4,6-2,5 miliardi di anni fa): formazione della terra, sviluppo delle prime forme viventi (3,5 miliardi di anni fa) • Proterozoico (2500 – 542 milioni di anni fa): inizialmente la vita consisteva di procarioti (cianobatteri). 2200 milioni di anni fa compaiono le prime cellule eucariote. • Periodo Ediacarano (600-542 milioni di anni fa) fossili di animali pluricellulari, forse antenati delle attuali spugne, meduse e coralli ♦ Paleozoico (542 Ma – 251 Ma): – Cambriano (542 Ma) Esplosione di faune disparate. Tutti i phyla animali contemporanei e molti phyla ora estinti – Ordoviciano (488 Ma) Compaiono le barriere coralline, primi vertebrati, prime spore di piante terrestri – Siluriano (444 Ma) Diversificazione dei pesci privi di mandibole (Ostracodermi), piante terrestri e animali terrestri – Devoniano (416 Ma) Età dei pesci (compaiono i pesci con mandibole), primi anfibi, diversificazione delle piante – Carbonifero (359 Ma) Grandi foreste di felci, anfibi si diversificano, compaiono i primi rettili che si differenziano in due linee evolutive: lucertole carnivore (da cui discenderanno le attuali lucertole, i serpenti, i coccodrilli, i dinosauri e gli uccelli); rettili simili a mammiferi (Sinapsidi) – Compaiono i primi insetti – Permiano (299 Ma) Gli anfibi sono ancora il gruppo dominante, ma negli ambienti terrestri si diversificano i rettili, in particolare i Terapsidi, progenitori dei mammiferi. Alla fine grande episodio di estinzione di massa. ♦ Mesozoico (251 Ma-66 Ma): è caratterizzato dall’origine, differenziazione ed estinzione di un gran numero di rettili. – Triassico (251-200 Ma) Radiazione adattiva dei rettili (Terapsidi e Tecodonti sulla terraferma, Plesiosauri e Ittiodonti in mare, Pterosauri). Compaiono i primi mammiferi (insettivori notturni di piccole dimensioni) – Giurassico (200-146 Ma) compaiono coccodrilli, lucertole e serpenti, diversificazione dei dinosauri (Saurischi e Ornitischi) – Cretaceo (146-66 Ma) Compaiono le angiosperme, massima diversità dei dinosauri, si estinguono gli uccelli dotati di denti. Alla fine del Cretaceo scompaiono molte forme viventi (estinzione di massa), come gran parte delle gimnosperme e i dinosauri. ♦ Cenozoico, da 66 Ma a oggi: si divide in due periodi e in 8 epoche. a. Neogene: Antropocene (Homo sapiens domina su tutto), Olocene (0,001 Ma; declino di piante legnose, comparsa di Homo sapiens), Pleistocene (2 Ma; estinzione di alcune piante e mammiferi di grande taglia), 1 Pliocene (5 Ma; espansione di praterie e deserti, molti animali pascolanti), Miocene (23 Ma; diversificazione delle piante a fiore, degli uccelli canori e dei mammiferi erbivori). b. Paleogene: Oligocene (34 Ma; compaiono le prime scimmie antropomorfe, sono presenti tutte le famiglie di mammiferi attuali), Eocene (56 Ma; dominanza delle piante a fiore, compaiono e si diversificano i moderni ordini di uccelli e mammiferi), Paleocene (66 Ma; diversificazione dei mammiferi, diffusione della vegetazione semitropicale). EVOLUZIONE DELL’UOMO Se l’evoluzione è fraintesa, ancora di più lo è quando tratta dell’essere umano. Molti sussidiari sono pieni di errori concettuali. I punti fondamentali sono: ■ La storia dell’evoluzione umana è una scienza che continua a fare nuove scoperte ■ L’uomo non discende dalle scimmie ■ Ci sono e ci sono stati molti modi di essere umani (modello a cespuglio) ■ Veniamo dall’africa e in tempi abbastanza brevi abbiamo colonizzato l’intero mondo e soppiantato le altre specie di homo L’affermazione che l’uomo discende dalle scimmie è sbagliata: tecnicamente con le scimmie antropomorfe attuali condividiamo l’antenato più prossimo. La retorica del progresso nell’evoluzione tende a raccontare sempre una catena evolutiva unica dell’uomo. Normalmente si utilizza l’immagine della catena con lo scimpanzé che si alza, ma essa è errata perché: fa pensare che discendiamo dagli scimpanzé (che invece è un cugino), fa pensare che le specie si siano susseguite come anelli (anche se ci sono dei collegamenti, non c’è una successione lineare che vede un solo ominide alla volta), fa pensare che l’antenato sia una scimmia nera e l’uomo odierno un bianco con gli occhi azzurri (veicola che la razza caucasica sia il punto di arrivo della storia), sottende una retorica del progresso (con un punto d’arrivo); non è altro che un’iconografia della speranza. La verità è che sulla terra sono state presenti sempre più forme dei nostri antenati e in tempi più recenti è rimasto solo l’ominide homo sapiens (unico nel suo genere). Perciò dovremmo assumere una pluralità di pattern (gradualismo/puntazionismo: frequenze relative; exaptations), come il corallo dell’evoluzione umana di Tattersall. Bisogna educare fin da subito i bambini a questa visione, scegliendo quali antenati inserire nel cespuglio, che non deve per forza avere collegamenti trasversali (non è così negativo insegnare che ancora non si hanno alcune risposte o che esistono ipotesi diverse). Se osserviamo l’insieme odierni dei primati viventi, ci sono: il primo gruppo dei lemuridi che si separa nel tempo con quello dei lemuri, poi i tarsiformi con visione frontale (vantaggio negli ambienti di bosco perché aiuta a mettere a fuoco le distanze) e infine le scimmie del nuovo (coda prensile, naso piatto, narici aperte lateralmente) e vecchio mondo (narici vicine e verso il basso), cugini degli uomini. Nel gruppo degli ominoidei abbiamo Aegyptopithecus (34 Ma), Proconsul e Dryopithecus; ci differenziamo dai gorilla per 2 amminoacidi, dal macaco per 15; siamo più vicini a chi ci somiglia di più. È chiaro però che ci sono delle differenze: la nostra postura è quella eretta (e lo scheletro si è trasformato per consentirla), i gorilla invece tengono una postura a 4 zampe; il vantaggio è che negli ambienti semi- aperti della savana la postura eretta permetteva di vedere i predatori, ma raggiunta una certa età viene mal di schiena e anche il parto è più difficoltoso. Altra differenza è il volume interno del cranio che è aumentato nell’uomo (ma avere un cervello più grande non è sintomatico di più intelligenza). Una differenza tra scimpanzé e uomo si può vedere con l’esperimento di Kolher per vedere l’utilizzo degli strumenti (prendere un oggetto utilizzando un bastone e successivamente costruendoselo: lo scimpanzé non è in grado di costruire uno strumento per costruirne un altro). Bisogna ricordare che la storia dell’umanità è una storia africana; ardipiteco e australopiteco sono una specie africana separatisi quando l’africa diventa arida e la foresta in parte scompare lasciando spazio alle savane; seguono uscite dall’africa con popolazioni che rimpiazzano (sostituzioni non amichevoli, prime ondate migratorie). Manzi suggerisce 3 passaggi: le prime tracce di un’andatura bipede, la costruzione di strumenti che stimola la dimensione del cervello e il controllo del fuoco (passano milioni anni e tutto avviene prima dell’homo sapiens). Il Neanderthal, Denisovan, Flores e l’uomo delle Filippine (Naledi) non sono un nostro antenati, ma nostri cugini. Nel tempo sono stati proposti modelli diversi di storia dell’uomo: è chiaro che l’umanità venga dall’africa e poi si sia diffusa (modello a candelabro); ma i fossili non concordano, infatti un 2^ modello sostiene che gli uomini siano usciti dall’africa con ondate diverse, si siano incrociati arrivando a un’evoluzione indipendente e non convergente, eliminati poi dalle nuove ondate. Un paleogenetista ha analizzato il genoma del Neanderthal e l’ha comparato con quello umano: è emerso che parte delle popolazioni hanno in sé alcuni tratti, ma lo stesso vale per il Denisovan; ciò significa che si sono incrociati (maschi di Neanderthal e femmine di Sapiens). Bisogna avere chiaro che la storia non è completa, ma è soltanto un insieme di tasselli stiamo ancora tentando di unire; il quadro sta cambiando, ma non viene rovesciato; perciò bisogna lasciare l’immagine del cespuglio ricco che pian piano andremo ampliando. Ciò che osserviamo e che con l’arrivo di sapiens le altre specie scompaiono; Neanderthal probabilmente è scomparso per inferiorità nella lotta, nella competizione per la caccia e dopo i cambiamenti ambientali per lui sfavorevoli. Bisogna tralasciare il sussidiario, dare l’idea della profondità del tempo (con la linea o altri metodi), sottolineare che l’evento importante è la separazione dagli scimpanzé e la comparsa del sapiens, eliminare le iconografie della speranza, portare a visitare dei musei (ma solo dopo averli già visti e dopo aver preparato i bambini). Per quanto riguarda la diffusione dell’uomo, ultimamente si sono sviluppati 3 possibili modelli: a candelabro (ipotizza che in tempi lontani l’homo sapiens si è evoluto separatamente in 4 continenti), multiregionale (si ipotizza che non vi sia stata alcuna speciazione, ma che sia esistita solo la specie umana che si sarebbe solo differenziata in gruppi regionali) e fuori dall’africa (l’homo sapiens, uscito dall’africa, avrebbe colonizzato). LA DOMESTICAZIONE Gli europei hanno dimostrato superiorità nelle guerre, o quantomeno un vantaggio competitivo, contro il resto del mondo (Perù, inca, aztechi) grazie alla tecnologia non perché sono una razza superiore, ma perché bisogna guardare meglio alla storia umana per capire la transizione tra cacciatori/raccoglitori e agricoltori e perché hanno addomesticato gli animali. Quest’ultimo punto è una svolta nell’evoluzione poiché garantisce un surplus di cibo, le civiltà diventano sedentarie, stando a contatto con gli animali domesticati si può essere infettati dalle loro malattie (al pari delle influenze aviarie) e ciò ha causato la diffusione del vaiolo che poteva essere mortale, ma aveva poche possibilità di diffondersi molto poiché talmente virulente da autoeliminarsi. Un esempio di guerra biologica si vede negli spagnoli che hanno sbaragliato gli Inca portando nei loro accampamenti delle coperte infette di vaiolo: una popolazione che non è mai entrata in contatto con questo virus viene devastata perché non vi sono anticorpi in grado di combatterla. L’altro vantaggio degli animali domestici sta nelle armi (basti pensare al ruolo dei cavalli nella velocizzazione degli spostamenti e nella cavalleria) e nell’acciaio, nel senso di sviluppo di nuove tecnologie per avere autonomia logistica (ruota trainata da un cavallo o da un asino). Per domesticazione si intende un’interazione speciale tra due popolazioni. Le interazioni possono essere: neutralismo, competizione, amensalismo, parassitismo, predazione, commensalismo, protocooperazione e mutualismo (tra cui la domesticazione, entrambe le specie hanno un vantaggio). La domesticazione è un processo di selezione artificiale in cui pinte e animali sono posti in una nuova nicchia ecologica che è completamente determinata dalle esigenze antropiche, ma in cui gli uomini assicurano la possibilità di riprodursi e di essere protetti dai predatori; l’interazione uomo-animali è di tipo simbiontico. La domesticazione è un processo di selezione artificiale; il controllo umano della riproduzione modifica fenotipo e genotipo (esempio: girasole). La domesticazione della piante avveniva in tutto il mondo e ciò significa che quando l’umanità ne ha avuto bisogno è stata in grado di addomesticare tutte le piante. In Eurasia c’erano grandi animali da domesticare, ma nel resto del mondo no perché addomesticare un mammifero è difficile; se solo una di queste condizioni manca non si riesce a domesticare un animale e in africa non ci sono molte specie che rispettano tutte queste condizioni: • docilità di carattere e non pericolosità per l’uomo: non si cavalcano le zebre perché sono animali aggressivi ( cavalli), non si allevano gli ippopotami perché sono pericolosi ( maiali per la carne) • scarsa distanza di fuga (animali e uomini vivranno in spazi ristretti): l’antilope cervicapra si terrorizza alla presenza dell’uomo e cerca di scappare ( renna per i lavori di traino) • riproduzione in cattività: il ghepardo non può ( gatto per la caccia) • comportamento gregario: lo sciacallo non riconosce un capobranco e quindi l’uomo non può sostituirsi ad esso ( cane) • facilità di procurare cibo per l’animale: non si possono allevare i panda per fare pellicce perché l’eucalipto è difficile da procurare ( pecora) • crescita rapida: gli elefanti asiatici hanno bisogno di 15 anni per essere adatti al lavoro ( asino) La domesticazione serve per: per la cooperazione nella caccia e contro i competitori, per il cibo, per forza lavoro, vestiti, estetica e affezione. L’uomo si sviluppa come cacciatore e raccoglitore in africa, nei millenni affina le capacità di caccia, ma contemporaneamente le prede affinano quelle di difesa; i mammiferi che hanno accumulato una storia competitiva con l’uomo cacciatore sono quindi quelli africani. Quando l’uomo si sposta in Eurasia i grandi mammiferi vengono sterminati in poco tempo, poiché quei mammiferi non avevano le competenze per contrastare l’uomo. Perciò Diamond ipotizza che in questo modo ha estinto anche alcune specie che sarebbero state domesticabili; fa anche osservare che la percentuale di grandi mammiferi e uccelli inetti al volo diminuisce improvvisamente quando arriva l’uomo, ma non in africa, dove restano costanti: ciò dimostra che in africa e in Eurasia è avvenuta una coevoluzione, anche perché l’uomo si è insidiato da più tempo. Inoltre, non ci sono grandi differenze climatiche in Eurasia, ma in America sì (anche solo tra Nord e Sud). 1
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