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Appunti Pro Caelio, Cicerone, Appunti di Letteratura latina

Appunti, analisi e traduzione della Pro Caelio di Cicerone.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 26/06/2022

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marta-canzi-1 🇮🇹

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5 documenti

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Scarica Appunti Pro Caelio, Cicerone e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! 21/09/21 PRO CAELIO – CICERONE La Pro Caelio è un’orazione di Cicerone che è stata celebre anche dal punto di vista del successo scolastico di Cicerone. È un ottimo esempio di orazione ciceroniana, tanto che poi Quintiliano spesso la cita. La struttura di un discorso antico aveva delle parti che si susseguivano per l’orazione giudiziaria [davanti a giudice o corte; questa lo è], che erano: - Exordium . - Narratio , dove viene raccontato il fatto. - Propositio , dove l’oratore dice come vuole affrontare la questione e come impostare la sua difesa/attacco. - Argumentatio , ovvero le argomentazioni e gli elementi che permettono di dimostrare la tesi. - Conclusio . La terminologia per indicare queste parti cambia nelle varie orazioni. Struttura e contenuti In questo caso abbiamo un’argomentazione particolare perché manca la narratio. Infatti, Cicerone parla per ultimo dopo tre discorsi di attacco e due in difesa di Caelio, che è il giovane chiamato in causa [il primo discorso è fatto da Caelio stesso]. I fatti sono già stati esposti, quindi Cicerone usa la narrazione in modo particolare. L’esordio è breve [primi due paragrafi], poi inizia con la praemunitio [parte accessoria], la quale serve per prevenire le possibili accuse presentate dagli avversari prima di passare all’argomentazione. Qui la praemunitio non serve a presentare argomentazioni della parte avversaria, perché i discorsi di accusa sono già stati fatti. In questo discorso, Cicerone cerca di distogliere l’attenzione dei giudici dai capi d’accusa. Propone tutto il caso sotto una luce particolare che sia favorevole alla persona difesa; il suo obiettivo è dire che dietro l’accusa è presente una donna, che è Clodia [quella di Catullo]. È una strategia difensiva di Cicerone, che affronta la questione mettendola sullo spettacolare. Siamo in un momento in cui a Roma non doveva svolgersi i processi, perché era in corso una festività religiosa con spettacoli teatrali. Così, Cicerone fa vedere come tutto il processo sia una messa in scena. Siamo nel 4 aprile del 56 a.C., dopo il consolato di Cicerone e dopo che quest’ultimo aveva dovuto respingere una attacco nei confronti della città di Roma, ovvero quello di Catilina [=> Cicerone si era posto come salvatore della patria]. Il tribunale di fronte al quale si svolge il processo è una questio de vi, ovvero un tribunale speciale per reati di violenza contro lo stato. Questo personaggio viene accusato di aver attaccato lo stato. L’orazione avviene durante i ludi Megalenses, spettacoli scenici in onore di Cibele [divinità orientale], presieduti da Publio Clodio, il quale era l’edile in quell’anno. Publio Clodio è l’acerrimo nemico di Cicerone, ma non deve essere confuso con il Publio Clodio che interviene nel processo. Vi sono riferimenti al teatro in tutta l’orazione: il tribunale viene trasformato in un teatro comico [ci sono anche citazioni tratte da opere teatrali]. Quest’idea fa sì che ci sia contrasto tra l’inconsistenza di accuse verso Caelio e la gravità di accusa de vi, ovvero di violenza a sfondo politico. Quindi, l’idea della teatralizzazione serve a smontare le gravi accuse fatte a Caelio. L’accusa è quella di aver commesso un delitto di violenza politica, ovvero un crimine che poteva compromettere la stabilità dello stato, in base alla Lex Plautia, per cui erano stati processati e condannati Catilina e i suoi seguaci. L’affare egiziano In realtà, il processo si svolge all’interno di un quadro storico più complesso: l’affare egiziano. È un periodo in cui la politica romana è entrata nelle mani di personaggi importanti, ovvero Cesare e Pompeo, la cui lotta diventerà anche un conflitto civile. Pompeo aveva importanza in Oriente, ,mentre Cesare si era occupato della Gallia. In questo sfondo di lotte all’interno di Roma, è presente un problema che riguarda l’Egitto. Nel 80 a.C. era morto Tolomeo Alessandro II, che lasciò il popolo di Roma come suo erede. In realtà, c’è una spartizione del regno d’Egitto fra i suoi discendenti. Nel 59, Tolomeo Aulete era stato riconosciuto da Roma come re d’Alessandria e d’Egitto, ed era stato nominato socius et amicus populi Romani, ovvero un suo alleato [senato di Roma scenderebbe in guerra]. Per ottenere questo, Tolomeo Aulete si impegna a versare a Roma una cifra enorme: 36 milioni di denari. Questa somma, però, non la consegna direttamente a Roma, ma a Cesare e Pompeo, in modo che loro, con questo enorme tesoro, possano, distribuendo i soldi, comprare i senatori in modo che il Senato sia favorevole a lui. Metà di questa somma viene versata subito mediante un prestito [le finanze di Alessandria d’Egitto non erano buone]: fa dei debiti con banchieri romani [gli equites]. Per poterli restituire deve aumentare le tasse ad Alessandria, tasse che gli egiziani non vogliono pagare. Tolomeo Aulete va a Roma, e gli serve nuovo denaro per convincere il Senato; i cittadini d’Alessandria mandano a Roma un’ambasceria formata da cento uomini importanti capeggiati dal filosofo Dione. Questi non fanno in tempo ad arrivare a Roma, perché alcuni vengono presi a Pozzuoli e vengono malmenati, poi vi è una sommossa a Napoli. Quindi, Tolomeo fa uccidere la maggior parte di questi ambasciatori prima che possano arrivare a Roma. Altri arrivano a Roma, e quelli ancora vivi sono impauriti e non si rivolgono ai magistrati romani. Il Senato non può fare finta di niente, quindi convoca Dione, il quale, però, non si presenta. Prima si rifugia presso Lucio Lucceio, alleato di Tolomeo e amico di Pompeo. Qui Dione rischia di morire una prima volta, perché attentano alla sua vita. Così, Dione si trasferisce presso Tito Coponio e lì sarà ucciso. Alla fine del 57 a.C., il Senato decreta la restaurazione di Tolomeo Aulete: vengono riconfermati quei diritti che gli erano stati assegnati da Roma. Vi è un conflitto: chi deve aiutare Tolomeo, all’interno di Roma, a ritornare al potere? Lentulo e Pompeo si contendono l’essere capo di questa spedizione in Egitto. Tolomeo parte per Efeso e il Senato, dopo aver accontentato Tolomeo, decide di agire contro chi ha ucciso gli ambasciatori alessandrini. Nei primi mesi del 56, vengono fatti questi processi contro gli alessandrini vicini a Tolomeo, alcuni vengono condannati e vengono colpiti anche due romani: Publio Asicio [accusato da Licinio Calvo, difeso da Cicerone e assolto] e Marco Caelio Rufo [difeso da Cicerone e assolto]. Cicerone riesce a scagionarlo perché Caelio Rufo non ha niente a che vedere con queste accuse. Una di queste è che ci sono testimoni che dicono che si sia procurato del veleno. In questa storia del veleno c’entra Clodia. Possiamo leggere la vicenda su più livelli, e tutti sono complessi. Le accuse contro Caelio L’accusatore è uno, ovvero Lucio Sempronio Atratino [ragazzo di 17 anni] e ha due subscrictores, ovvero due persone che lo aiutano nell’accusa [Publio Clodio e Lucio Erennio Balbo]. Sembra che dietro questa accusa ci siano questioni politiche/politica internazionali, ma viene preso un ragazzino di 17 anni e viene antenato, ma anche il parente più prossimo. Il terzo elemento che mette in scena è il dialogo a distanza tra il padre severo e quello indulgente, proprio della commedia. Nei paragrafi dal 51 al 55 abbiamo la confutazione dell’accusa di aver comprato il veleno con denaro prestato da Clodia; usa la testimonianza di Lucceio, che aveva ospitato Dione. Dal paragrafo 56 a 69, infine, confuta l’accusa di aver tentato di avvelenare Clodia, mettendo in luce le contraddizioni del processo montato dagli accusatori. La conclusio Nella conclusio abbiamo tre parti: - La recapitulatio : leggi alla base di questo processo non sono applicabili [è un questione privata]. - La amplificatio : ritratto positivo di Caelio. Quell’idea sbagliata del ritratto negativo di Caelio viene annullata facendone un modello di virtù. - La commiseratio : appello ai giudici e ai loro sentimenti. È una mozione di affetti e appello ai giudici, al vecchio padre di Caelio che sarebbe stato privato di un figlio, e allo Stato, che sarebbe stato privato di un cittadino capace. - Traduzione paragrafo 1 [pg 72] Se qualcuno1, o giudici, per caso ora fosse presente ignaro delle leggi, della procedura, della nostri prassi giudiziaria, certo si chiederebbe quale2 sia la tanto grande gravità di questa causa, per il fatto3 che in giorni di festa e di pubblici spettacoli4, quando tutti gli affari giudiziari sono stati sospesi, questo solo processo ha luogo, ne potrebbe dubitare che l’imputato sia accusato di un’azione tanto grande che trascuratolo la città non potrebbe rimanere in piedi5. Questa stessa persona quando venisse a conoscenza che c’è una legge6 che costringe a intentare un processo ogni giorno contro cittadini sediziosi e facinorosi, che armati abbiano assediato il senato, che abbiano usato violenza contro magistrati, che abbiano attaccato lo Stato, non accuserebbe la legge, chiederebbe il capo d’accusa che è al centro del nostro dibattimento7. 8Se poi sentisse che nessuna azione illecita, nessuna azione audace, nessuna violenza è chiamata in giudizio, ma che un giovane dotato di ingegno brillante, di voglia di darsi da fare, di prestigio9 è accusato dal figlio di colui che lui stesso chiama e ha chiamato in giudizio, combattuto con le risorse10 di una prostituta: non biasimerebbe la pietà filiale12 di chi lo accusa, ma penserebbe che è da controllare questo desiderio femminile, vi giudicherà vittime di un esagerato zelo di lavoro, voi a cui non è possibile stare tranquilli quando tutti si divertono. 1. =qualcuno che ci vede da fuori. 2. Quae è interrogativo. 3. =quod. 4. Omnibus forensibus negotiis intermissis: ablativo assoluto. 5. =resistere. 6. Non la nomina. 7. Comprende che è una legge giusta, quindi chiede di che caso si tratta. 8. Sono periodi ipotetici dell’irrealtà [possibili ma non avverrebbe mai]. 9. Nullum facinus / nullam audaciam / nullam vim si contrappongono a inlustri ingenio / industria / gratia. Questi ultimi sono ablativi di qualità. 10. =opibus. 11. Caelio quindi è accusato da due persone: una che ha dei motivi personali e una che è una “prostituta”. 12. Atratino difende il padre. 28/09/21 Dopo l’introduzione, inizia a occuparsi dei capi d’accusa: si rivolge al primo accusatore, Atratino. Si parla del padre di Caelio, perché una delle accuse è che avesse trattato male il padre. Un elemento messo in luce è che circola l’immagine del padre che non vivesse all’altezza del suo rango, e dall’altra parte il figlio che spende più di quello che è nelle sue possibilità [=> tratta male il padre]. Cicerone, nel paragrafo 5, introduce un altro elemento, quello dei pretuziani, ovvero gli abitanti di questa zona che è il municipio da cui proviene la famiglia di Caelio. L’accusa è che avesse una cattiva fama presso la stessa popolazione da cui proveniva. Cicerone smonta queste accuse dicendo che non solo Caelio era stato eletto all’interno del senato municipale, anche se era assente dal municipio [viveva a Roma]. I suoi concittadini apprezzano così tanto la sua persona che l’aveva scelto all’interno di questo senato municipale anche se era lontano. Si riferisce genericamente agli abitanti di Teramo. Locus de pudicitia Inizia a smontare le accuse preliminari, e passa ai due argomenti importanti, dai paragrafi dal 6 al 14, in cui l’attenzione si ferma ad affrontare due questioni: - Problema de pudicitia, ovvero un comportamento moralmente scorretto da parte di Caelio. Questa accusa, in modo velato, riguardava voci sull’omosessualità di Caelio. - Un’eccessiva familiarità di Caelio nei confronti di un personaggio specifico, Catilina. Si pensa abbia partecipato alla congiura di Catilina. - Traduzione paragrafo 6 [pg 80] Infatti1 per quanto riguarda il fatto che è stato attaccato riguardo alla mancanza di pudore2 e il fatto che sia stato proclamato non con imputazioni specifiche3 ma con voci e accuse di tutti gli accusatori, 4mai ciò Marco Celio lo sopporterebbe di malgrado5 da6 dispiacersi di non essere nato deforme7. (Queste maldicenze) sono assai diffuse contro tutti8 coloro dei quali durante la giovinezza è prodiga di bellezza di forme e nobiltà d’aspetto9. 10Una cosa è dir male di una persona, un’altra è accusarla11: un’accusa richiede un capo d’accusa, e che12 sia precisato13 il fatto, che sia definito l’uomo, provi l’argomentazione14, in modo che sia confermato da testimoni; invece il parlar male15 non ha nessun proposito tranne un’offesa; se questa16 viene buttata17 con più violenza18 è un’ingiuria, se (viene fatta) in modo più arguto, è chiamata spirito19. 1. Nam quod è una forma di trapasso che scandisce l’argomentazione; è un modo per rifarsi alle varie accuse mosse verso Caelio. 2. Obiectum significa gettare contro. 3. Crimen è un termine del linguaggio specifico. 4. È un ut consecutivo. 5. Fero + avverbio indica il modo in cui subisce l’accusa. 6. Penitet è congiuntivo presente impersonale; il soggetto logico è all’accusativo [=eum]. 7. Come fa spesso. Cicerone riporta il discorso a una questione generale. 8. In + accusativo. 9. Feret è il futuro del verbo fero. 10. Cicerone inizia una distinzione tra il dire male e l’accusarla. 11. Per accusare una persona servono elementi certi. Nelle orazioni, Cicerone non spesso si mette a definire, cosa che invece fa nei trattati. In questa parte fa una distinzione lessicale; è un elemento utile dal punti di vista argomentale. 12. Ut finale. 13. Notet è un elemento forte: il notare è l’atto che fa il censore, un magistrato romano che non si occupa solo di distinguere i cittadini in base alla loro ricchezza [deve anche giudicare la moralità del cittadino]. La nota censoria può escludere il cittadino da una determinata classe, ma anche per il suo modo di comportarsi. Notet viene a significare anche stigmatizzare, notare in senso negativo. 14. Elemento funzionale per l’argomentazione. 15. Nihil + genitivo. 16. Riprende la maledictio; è un nesso del relativo. 17. Iectat = gettare parole cattive. 18. È una comparazione. 19. Urbanitas è un termine complicato da tradurre. È tutto quel modo di parlare e agire tipico delle persone della città, in contrapposizione con quelle di campagna. È una differenza tra modi raffinati dei cittadini contro quelli rozzi di chi vive in campagna. Da una parte dice che non può vergognarsi di essere un bel ragazzo, e che queste maldicenze vengono fatte a tutti i giovani belli, ma questa non interessa perché è solo un’offesa nei suoi confronti, che non ha a che vedere con il processo. Un altro argomento che svolge nei paragrafi seguenti è concentrare l’attenzione su Atratino. Nel paragrafo sette viene portata alla luce la giovinezza dell’accusatore Atratino [17-18 anni]; questo suscita stupore e disappunto in Cicerone. Poi si porta la differenza tra pudor [distinguere bene e male, riserbo] e pudicitia [pudore riguardo al sesso]. Infine, vi è il legame sociale tra Cicerone, Atratino e suo padre: Cicerone aveva difeso Bestia in un processo de ambitu e in altri processi, in cui era accusato proprio da Caelio [beneficium = scambio di favroi]. - Traduzione paragrafo 7: Certo, mi meraviglio e mi dà fastidio che questa parte dell’accusa sia stata data soprattutto ad Atratino. […] Avrei voluto che qualcuno tra voi, con maggiori forze1, avesse preso questo compito; se così fosse stato, in modo più libero e in modo più consono avrei smontato2 questa eccessiva libertà nel parlare male. 3Nei tuoi confronti, Atratino, procederò con più cautela4, sia perché la tua verecondia smorza la mia parola, sia perché io debbo conservare intatto il legame sociale che c’è tra me, te e tuo padre5. 1. = più adulti. 2. Usa noi per indicare se stesso. 3. Si rivolge all’accusatore. 4. Il pudor, che è quello di Atratino, è il riserbo di questioni intime. La capacità di distinguere il bene e il male di essere riservato come persona è distinta dalla pudicitia, che è il pudore di questioni sessuali. Lui ha visto nell’accusa di Atratino un certo ritegno, che fa parte della reticenza nei confronti del parlare apertamente di questi costumi sessuali di Caelio. Dall’altra parte, deve tener conto del rapporto sociale esistente fra loro. 5. Il beneficium funziona così: se faccio piacere ad un’altra persona, sono legata ad un vincolo sociale con quella. Questi beneficia sono delle relazioni orizzontali che creano legami sociali nella società romana. È qualcosa che ha un profondo legame sociale; andare contro ad un beneficium diventa un tradimento. Si riferisce al fatto che lui avesse difeso il padre di Atratino, quando aveva subito un processo de ambitu (=manovre elettorali). Tra di loro è presente un legame che tutti sanno esistere, è un legame riconosciuto; quindi lo tratta bene perché sono legati dal punto di vista sociale. - Traduzione paragrafo 8 Nel paragrafo 8 dice che vuole che Atratino capisca bene che non bisogna parlare male di un’altra persona, se non si vuole che queste accuse vengano fatte falsamente anche a te [erubescas = arrossire; dignitas = bellezza maschile, venustas = bellezza femminile. Istarum partium culpa, parte al plurale = ruolo]. Conclude questo quadretto dicendo : Tua invece la lode per l’imbarazzo che, lo vedevamo, inceppava la tua parola, e per l’ingegno con il quale tuttavia la usasti con eleganza e garbo. Questo ritratto di Catilina è, dal punto di vista retorico, ben congegnato e insiste su uno stile concitato, basato su una serie di interrogative retoriche spezzate dall’anafora di quis; inoltre, è tutto costruito su antitesi; è un ritratto paradossale. Vi è un frequente riferimento a molti uomini per bene che hanno supportato Catilina, con un’allusione a Cesare e Crasso [appoggiarono Catilina contro Pompeo]. Nella parte seguente avviene lo sviluppo del motivo del ritratto paradossale [mirabilia = qualcosa di paradossale; è un termine tecnico]. Anche nella tradizione filosofica c’erano raccolte di elementi paradossali, in cui sono presenti elementi che vanno contro l’opinione comune [Catilina assomma in sé elementi eterogenei]. Chi mai in quel tempo fu più gradito a uomini illustri1, chi più vicino ai più vergognosi2? Quale cittadino delle parti migliori della città3, quale nemico più terribile per questa città? Chi più sporco nei piaceri, che più sopportava nelle fatiche? Chi più avido4 nel desiderio di beni, chi più prodigo nel dare denaro? O giudici, davvero ci furono in quell’uomo cose eccezionali/paradossali5, raccogliere molti con la sua amicizia6, conservarli con la devozione, mettere in comune ciò che aveva con tutti7, servire8 il momento sfavorevole di tutti quelli dalla sua parte con denaro, con la sua influenza, con la fatica del corpo, anche con il delitto, se era necessario, con azioni audaci9, 10adattare la sua natura e controllarla alle circostanze11 e girarla e volgerla qua e là12, di vivere con quelli austeri in modo serio, con quelli sereni in modo giocoso, con gli anziani13 in modo serio, con i giovani da compagno, con quelli facinorosi in modo audace, 14con i libidinosi in modo volto ai piaceri. 1. Cesare, Crasso. 2. Antitesi tra inquinatior e patientior. 3. È un comparativo. 4. Avarus. 5. Illa mirabilia sono quelli espressi nella parte seguente con infiniti: comprendere, comunicare, servire ecc. 6. Amicitia è un termine forte dal punto di vista sociale, perché lega due persone dal punto di vista politico. 7. Le ricchezze vengono messe in comune. 8. Tempus significa circostanza favorevole. 9. Capacità di andare contro l’ordine costituito. 10. Usa ablativi strumentali martellanti con il condizionale, poi torna all’infinito [variatio]. Sono una serie di infiniti che si riferiscono alla naturam. 11. Regere si può usare anche nel senso di controllarla. 12. Conclude con vivere luxuriose, perché vuole che l’elemento più importante rimanga impresso nei suoi ascoltatori [sul finale]. 13. Gravitas è pacatezza nel comportamento. 14. Allitterazione l. - Traduzione paragrafo 14 Dalla foga oratoria si passa all’argomentazione incentrata sempre su Catilina. Costui con questo tanto variabile e molteplice carattere come aveva riunito da tutte le terre tutti gli uomini malvagi e audaci1, anche controllava2 molti uomini coraggiosi e onesti con una certa apparenza di una virtù finta3; né mai4 sarebbe da lui scoppiato un così scellerato5 furore distruttivo6 contro l’ordine costituito7, se un così grande cumulo di vizi non si fosse sostenuto sopra un fondamento di duttilità e perseveranza8. Bando, dunque, o giudici, a quella pretesa avversaria9; e l’amicizia con Catilina non sia apposta come titolo d’accusa. Lo dovrebbe essere per troppi, e fra questi per molti galantuomini. Io stesso, dico, per poco non fui un tempo tratto in inganno da lui10, quando mi parve di vedere in lui un buon cittadino , sollecito di ogni migliore relazione, amico sincero e fedele. Le sue infamie mi caddero innanzi agli occhi prima che io le immaginassi, le toccai con mano prima di sospettarle. Se perciò nella caterva11 dei suoi amici ci fu anche Celio, è il caso12 che egli si dolga di aver errato (come io mi dolgo13 – e quante volte! – dello stesso errore verso lo stesso uomo), assai più che non tema gli si faccia di quell’amicizia un’accusa. 1. Omnis omnibus ex terris: poliptoto e iperbole. 2. Tenebat. 3. Virtus nel duplice senso: virtù che è morale [quella dei buoni], ma anche un valore i guerra [i fortes]. Questo attrae i cittadini onesti e valorosi in guerra, e persone stimate in patria [per questo è pericoloso]. 4. Ipotetica. 5. Consceleratus perché mette insieme tanta gente. 6. Imperium è il potere del magistrato. 7. Attaccare il potere dei magistrati. 8. Facultas indica la capacità di agire. 9. Ista ciondicio: circostanza, possibilità = iustus rei condivio. 10. Anche Cicerone, nel 65 a.C., pensò di difendere Catilina dell’accusa de repetundis. 11. Caterva = banda di uomini = turba, manus. 12. Magist est ut … quam: est ut = è ragionevole che, è il caso che. 13. Paenitet + accusativo + genitivo. 5/10/21 Questioni politiche È messo da parte il problema della familiaritas con Catilina di Caelio e il discorso si sposta verso le questioni politiche. Nel paragrafo 15 ammette che Caelio è stato amico di Catilina, ma non ha partecipato alla congiura [lo dimostra in questo paragrafo]. Nel paragrafo 16 affronta un altro genere di accusa, in particolare quelle di brogli elettorali e de ambitu, e la supposta appartenenza di Caelio a circoli de criminibus sodalium ac sequestrium [=circoli politici e deposito di fondi neri]. L’accusa era quella che si appoggiasse a persone che usavano denaro per corrompere gli elettori. Dice che non sono accuse formali, ma il riferimento è oscuro perché non capiamo a che elezioni faccia riferimento. Il paragrafo 17 si concentra sulle accuse di aver condotto una vita dispendiosa. Cicerone usa luoghi comuni dell’argomentazione retorica. Dice che l’affitto della casa non è così grande come si fa sapere; è una casa che ha come vicini dei personaggi importanti: Cicerone, Crasso e Clodia [moglie di Metello]. Il fatto che è andato a vivere in questo luogo è stata causa di danno per la vicinanza con la donna. Nel paragrafo 18 si concentra sull’accusa di aver lasciato la casa paterna. È interessante perché usa una citazione da un’opera teatrale di Ennio: la poesia entra nell’argomentazione. Lì dice che la rovina di Caelio è la presenza di Clodia. Il trasloco dalla casa paterna è stato fatto con il consenso del padre. Il paragrafo 19 presenta la testimonianza di un senatore, probabilmente un personaggio che si chiama Fufio, il quale dice di essere stato malmenato da Caelio durante le assemblee per le elezioni dei pontefici. Altra accusa era quella di aver commesso una violenza nei confronti delle matrone romane, che dopo una cena [di sera] tornavano a casa con i loro mariti [paragrafo 20]. Il 21 si concentra sulla validità dei testimoni, perché è facile per gli accusatori trovare dei testimoni che costruiscono le loro testimonianze e dicono menzogne [sono pagati per dire falsa testimonianza]. Nel paragrafo 22 mette in guardia i giudici dalle false testimonianze, dicendo che i testimoni sono manipolabili. Chiude la sezione dicendo che la sua difesa non si baserà su voci, ma su argomenti razionali e prove chiare [res, cause e rationes]. Dice che le argomentazioni hanno più forza delle testimonianze. Si tratta di cittadini romani per le testimonianze in questo caso; quella degli schiavi era valida solo dopo che venivano torturati. - Traduzione paragrafo 15 Pertanto il vostro discorso è scivolato velocemente da accuse generiche1 all’odio per la congiura2. Avete pensato3, anche se ciò in modo titubante e superficiale4, che perciò Celio è stato partecipe della congiura per l’amicizia nei confronti di Catilina5; a tal proposito6 non solo non si trattava7 di un capo d’accusa, ma a stento stava insieme7* il discorso del giovane eloquente8. E infatti9 quale grande pazzia10 c’è in Celio, quale11 grande difetto12 nei comportamenti (di Celio) o nei suoi beni13 e nella fortuna14? Dove mai si è stato sentito il nome di Celio15 tra questi sospetti16? 17Troppe cose dico di una cosa per niente dubbia18, tuttavia dico ciò19: 20non solo se fosse stato complice della congiura, ma se non fosse stato assai avverso a questo delitto, non mai avrebbe voluto dare grandissima importanza21 alla sua adolescenza con una accusa di congiura22. 1. Della pudicitia. Delabor (qui delapsa) significa scivolare, passare (a un altro argomento). 2. Avversione che viene contro Caelio per il fatto di aver partecipato alla congiura; si passa dal motivo personale all’azione politica. 3. Posuistis=pono, ritenere, giudicare. 4. Titubanter et strictim sono due avverbi. 5. È presente una disposizione particolare delle parole: coniurationis si collega a participem [è un iperbato]. Mette subito l’argomento, quello della congiura, per creare una certa suspence. Questa dislocazione delle parole, se si immagina il contesto (=comunicazione orale), è molto efficace. 6. In quo=qua in re. 7. Haerebat e cohaerebat sono lo stesso verbo senza e con preverbio, quindi cambiano significato creando un gioco di parole. 8. = Atratino. 9. Est sottinteso. 10. Furor: pazzia, in questo caso furore rivoluzionario. 11. Quod è un aggettivo interrogativo. 12. Volnus (vulnus): danno, difetto, letteralmente ferita. Notare la struttura qui tantus furor/quod tantum volnus. 13. In re atque fortuna si riferisce allo status economico. 14. =buona sorta nelle finanze favorevoli. È possibile che fosse così pazzo? Aveva così bisogno di appoggiarsi a Catilina per avere sicurezza economica? No, perché era un giovane ricco. 15. Usa l’astratto per il concreto. 16. =quelli dell’argomento. 17. Liquida l’argomento. 18. Lo dà come dato di fatto. 19. Sotterfugio retorico della preterizione. 20. È un periodo in cui ha si/nisi [verbo al congiuntivo piuccheperfetto fuisset]/voluisset; il soggetto è sempre Celio. 21. Commendo vuol dire fare una cosa per poi essere considerata in modo positivo. 22. È presente l’allusione è al fatto che Celio aveva accusato un personaggio, Gaio Antonio Hybrida, il quale era collega di Cicerone durante l’anno del consolato (63) e aveva mostrato un atteggiamento titubante nei confronti della congiura. Era stato pro console e riguardo all’amministrazione della Macedonia (59 a.C.) Celio l’aveva accusato di maiestas [lesa maestà] e repetundae [concussione]. Se fosse stato un partecipante alla congiura, ma addirittura se non fosse mai stato contrario alla congiura, non si sarebbe mai permesso di fare accuse a personaggi che riguardavano la congiura - Traduzione paragrafo 16 lavori di ristrutturazione erano ancora in corso a fine di 54. Invece, Crasso è l’uomo più ricco di Roma. 9. Suis sono i suoi amici e colo è usato nel senso di frequentare [in realtà è passiva]. Avere la casa vicino al foro segnala l’intenzione di avere un ruolo politico. 10. Litote di non magno, che sottolinea il fatto che l’affitto non fosse così caro. 11. Quo loco: a questo proposito, Palatino => Medea palatina. 12. Clarissimus: titolo per i senatori più autorevoli. 13. È una citazione dalla Medea exul di Ennio, una tragedia (Ennio è un autore classico ed era il poeta per eccellenza). Ennio fu il primo a scrivere un poema in esametri. Non solo è conosciuta la sua opera epica, ma anche la sua produzione teatrale, che è arrivata per frammenti e citazioni in altre opere. La citazione era stata fatta da Crasso nei discorsi precedenti, il quale riprende l’inizio della tragedia con le parole della nutrice di Medea. Lo fa per mostrare quanto fosse stato disastroso l’arrivo a Roma dell’ambasciata alessandrina guidata da Dione [=paragone con arrivo funesto di Medea a Corinto] oppure come esempio di argumentum longius repetitum [regressione causale], ovvero per la necessità di trovare cause lontane [arrivo di Tolomeo a Roma] per le sventure di Celio, che è vittima come Medea. Cicerone fa grande uso di citazioni teatrali. 14. È il bosco sul monte dove fu preso il legname per fare la nave Argo. 15. Contexere: intrecciare => continuare [metafora]. 16. Era errans: era = padrona, signora; fa un gioco di parole, erro=viaggiare, ma anche errare [=allontanarsi dalla virtù]. 17. Ad id loci: pronome neutro + genitivo partitivo [colloquialismo]. 18. Cicerone amplia la citazione per introdurre il personaggio di Medea (maga, strega per antonomasia, esperta di veleni). Hanc Palatinam Medeam è Clodia, Medea gelosa di Glauce (figlia di Creonte, re di Corinto) nuova sposa di Giasone, Medea provoca morte di Glauce e Creonte (vestito e corona intrisi di veleno), Medea uccide figli avuti con Giasone. Come nel mito troviamo un personaggio che si rivela terribile [Medea], accanto a noi abbiamo un personaggio tanto terribile, che è Clodia, anche perché è esperta di veleni. Non ha parlato ancora di Clodia, ma l’ha già caratterizzata prima come colei che manovra la causa con ricchezze da prostituta, ora dice che è paragonabile a Medea. 19. Atratino aveva chiamato Celio pulchellum Iasonem (notizia da Fortunaziano, retore tardo, Atratinus Caelium pulchellum Iasonem appellat, Fortun. rhet. 3.7), pulchellus → Giasone effemminato ("bellino"), Celio aveva chiamato Atratino Pelia cincinnatus = Pelia ricciuto (di capelli) (notizia da Quintiliano, inst. 1.5.61), allusione a zio di Giasone che aveva mandato nipote alla ricerca di vello l'oro, cincinnatus > effemminato. Mito di Medea: famosa maga, figlia del re di Colchide Eete e dell'oceanina Idia ( o di Ecate), sorella di Apsirto e nipote della maga Circe e del dio Elio. Quando Giasone con gli Argonauti giunse nella Colchide per impadronirsi del Vello d'oro, Medea che era stata imprigionata dal padre perché ostile alla sua pratica di uccidere gli stranieri che giungessero nel regno, ma che si era facilmente liberata con le sue arti magiche, si innamorò dell'eroe e, tradendo il padre, lo aiutò a vincere tutte le difficoltà e i pericoli, in cambio della promessa di sposarla. Giasone avrebbe dovuto aggiogare all'aratro due tori dagli zoccoli di bronzo, che sputavano fiamme; tracciare quattro solchi nel Campo di Ares e poi seminarvi alcuni denti di serpente, i pochi rimasti tra quelli che Cadmo aveva seminati a Tebe; infine avrebbe dovuto combattere da solo contro i guerrieri che sarebbero balzati dai solchi. Aiutato da Medea, Giasone uscì vincitore da tutte le prove. Ma Eete, nonostante ciò, non volle dargli il Vello, col pretesto che nell'impresa aveva avuto l'aiuto di Medea, onde Giasone prese il Vello a forza dopo aver ucciso o addormentato il drago che lo custodiva con certi farmaci preparati dalla donna, e con essa e i compagni, che lo attendevano sulla nave, fuggì. Inseguiti dalle galere di Eete, Medea, che aveva portato con sé a bordo il fratellino Apsirto, lo tagliò a pezzi, che gettò poi in mare a distanza l'uno dall'altro, affinché il padre, trattenendosi a raccoglierli, fosse ritardato nell'inseguimento. Secondo un'altra versione Apsirto era già un uomo adulto e guidò l'inseguimento della sorella risalendo il Danubio. In un'isola dell'Adriatico Medea lo invitò a parlare con Giasone che con l'inganno lo assassinò. Più tardi la maga Circe, zia di Medea, purificò la coppia dei loro delitti, ma scoprendo i dettagli del crimine inorridita li allontanò. Nella mitica terra dei Feaci, Medea riuscì finalmente a sfuggire all'inseguimento di suo padre e a Drepane, nella Grotta di Macride, figlia di Aristeo e nutrice di Dioniso, sposò Giasone. Gli Argonauti celebrarono le nozze con un sontuoso banchetto e stesero il Vello d'oro sul giaciglio degli sposi. Il mattino seguente il re Alcinoo proclamò la salvezza di Medea e i Colchi non poterono eseguire gli ordini di Eete, cioè ottenere la restituzione di Medea e del Vello. Verso la fine del viaggio Medea aiutò Giasone uccidendo Talo, il Gigante di bronzo posto da Minosse a guardia di Creta per evitare che chiunque la abbandonasse o vi approdasse. Bruciava le vittime che catturava e affondava le loro navi con pietre. Medea estrasse il chiodo di bronzo che chiudeva l'unica vena di Talo che correva dal collo ai talloni, e quindi il mostro morì dissanguato; ma altri dicono che Peante l'Argonauta lo colpì alla caviglia con una freccia avvelenata. Così gli Argonauti poterono rientrare a Iolco dove Medea con le sue arti ringiovanì Esone, padre di Giasone. Secondo un'altra versione, essendosi sparsa la voce che gli Argonauti erano periti, Pelia, non temendo più niente, decise di uccidere Esone, ma questi chiese come ultimo favore il diritto di uccidersi con le proprie mani e, bevuto sangue di toro, spirò. Giasone presentò il Vello a Pelia invitandolo a mantenere la promessa. Al suo rifiuto Medea persuase le figlie di Pelia a tagliare a pezzi il corpo del padre e a farlo bollire in un calderone; essa con la sua arte magica lo avrebbbe resuscitato più giovane; con questo inganno Pelia fu tolto di mezzo. Acasto, succeduto a Pelia, scacciò Giasone e Medea che si recarono a Corinto presso il re Creonte, dove vissero qualche tempo felici, allietati dalla nascita di due figli, Mermero e Fere. Ma poi Giasone, stanco di Medea, si innamorò di Creusa (o Glauce) figlia di Creonte, e per sposarla ripudiò Medea, la quale, sdegnata, donò alla rivale una veste nuziale e un diadema. Non appena Creusa li ebbe indossati, subito si levarono fiamme indomabili che divorarono Creusa e anche re Creonte. Poi Medea uccise di sua mano i due figli, ancora fanciulli, avuti da Giasone e su un cocchio tratto da draghi alati, dono di Elio suo avo, fuggì ad Atene ove convisse con Egeo, da cui ebbe il figlio Medo. La fine di Giasone è controversa. Alcune fonti riferiscono che morì per il dolore provocato dalla morte dei figli soppressi per vendetta da Medea, altre che trascorse in pace il resto della sua vita e morì vecchio, colpito al capo da un pezzo di legno staccatosi dall'alberatura della nave Argo tratta in secco sull'istmo di Corinto e da lui consacrata a Poseidone. Alcuni anni più tardi Teseo giunse ad Atene a reclamare le sue eredità. Il padre Egeo non lo riconobbe, ma Medea, ben consapeole di come stavano le cose, indusse Egeo a mandare il ragazzo contro il pericoloso toro bianco di Minosse che infestava Maratona. Allorché Teseo tornò vittorioso, Medea cercò di ucciderlo offrendogli una bevanda avvelenata. Teseo si era già portato la coppa alle labbra senza sospettare di nulla quando Egeo notò i serpenti Eretteidi incisi sull'elsa della spada, i simboli della madre Etra, e subito gli strappò la coppa con il liquido avvelenato dalle mani. Animato da propositi di vendetta, Teseo inseguì allora Medea; essa però riuscì a sfuggirgli avvolgendo il proprio corpo in una magica nube, si allontanò da Atene e fece ritorno in Colchide facendosi precedere dal figlio Medo. In Colchide il re Perse che aveva ucciso il fratello Eete per impossessarsi del trono, imprigionò il giovane credendolo l'erede di Eete destinato ad ucciderlo, nonostante Medo protestasse a gran voce di venire da Corinto, di chiamarsi Ippote e di essere figlio di Creonte. Frattando una carestia s'abbattè sul paese e Medea, arrivando sul suo carro trainato da draghi sostenne presso lo zio Perse di essere una sacerdotessa di Artemide giunta per porre fine alla siccità se l'avesse lasciata eseguire un rito che richiedeva la morte del ragazzo. Secondo alcuni prima di vederlo Medea pensò che si trattasse davvero d'un figlio di Creonte e desiderò ucciderlo, poiché Creonte alla sua famiglia aveva causato molto dolore. Durante il rito scoprì che il giovane era in realtà suo figlio Medo, lo prese in disparte e gli diede una spada con la quale egli uccise Perse, vendicando così il nonno Eete. Secondo altri fu la stessa Medea a uccidere Perse. Medo ebbe il trono e conquistò la terra di Mede che da lui prese il nome. Sulla fine di Medea esisteva un mito tardo secondo il quale Medea non morì mai, ma divenne immortale e regnò nei Campi Elisi, dove si unì con Achille. - Traduzione paragrafo 19 1Perciò2 non temo3 quelle cose, che capivo dal discorso degli accusatori che erano già preparati e costruiti4, fidandomi della vostra saggezza5. Dicevano infatti che ci sarebbe stato6 come testimone un senatore che diceva di essere stato colpito7 da Celio durante i comizi pontificali8. 9Ma io gli chiederò, se verrà, anzitutto perché non abbia immediatamente reagito; in secondo luogo, dal momento che ha preferito lagnarsi anziché reagire, perché abbia scelto di farlo, scovato da voi, anziché di sua iniziativa, e tanto tempo dopo il fatto anziché subito. Che se egli risponderà a queste mie domande in modo intelligente e brillante, allora gli chiederò d’onde mai, infine, egli scappi fuori: perché, se esso è nato per generazione spontanea, allora sì che io correrò il rischio, come m’avviene, di rimanerne turbato; ma se invece egli fosse un 10rivoletto scaturito e avviato dalla stessa fonte maggiore della vostra accusa, allora mi rallegrerò del fatto che, con tante aderenze e così potenti mezzi di cui essa dispone, ella non sia riuscita a scovare che un solo senatore disposto a rendervi servizio. La testimonianza di Fufio11 1. È la testimonianza di un senatore, Fufio, che Celio avrebbe malmenato durante i comizi pontefici. 2. Quam ob rem. 3. Pertimesco. 4. Praemunio=costruire fortificazioni [diventa poi termine retorico = preparare i giudici per un argomento riferito ad accuse], fingo = plasmare, inventare [=> dubbi su veridicità delle accuse]. Mostra come ha capito dove volevano andare a parare gli accusatori e quali fossero gli argomenti da smontare. 5. Prudentia = senso comune (in latino communis sensus = sentimenti comuni a tutti gli uomini). Cicerone loda i giudici per cercare di portarli dalla sua parte. Infatti, più volte fa appello alla loro saggezza/onestà, richiamandoli al fatto che non devono lasciarsi ingannare dalle manovre messe in campo dagli accusatori. Hanno fatto un giuramento, ovvero quello di giudicare in modo equo, quindi non si devono far sviare dai testimoni. 6. Fore è l’infinito futuro del verbo essere. 7. Pulsatum: questa azione avrebbe comportato un’accusa di iniuria, non di vis. 8. Pontificiis comitiis: nel 63 a.C. viene ripristinata la lex Domitia (di 104) abolita da Silla (→ possibile elezione di Cesare come pontĭfex maximus), secondo la quale le elezioni di pontefici e auguri avveniva da parte di una specifica assemblea popolare. 9. La domanda è: perché il senatore non si è lamentato subito? Il problema è che il testimone potrebbe aver inventato tutto. 10. Rivolus: usa la metafora del corso d’acqua, con il contrasto tra rivolus e caput=fons [vedi orietur, nascetur]. Un conto è la fonte dell’accusa, un conto è quel canaletto pieno d’acqua che è fatto deviare ed è condotto alla fonte della loro accusa. 11. De teste Fufio: forse Quinto Fufio Caleno tribuno nel 61 e amico di Clodio, probabilmente è il senatore menzionato prima. Vi è il problema di autenticità di questo titulus; la sua presenza non è necessaria, tanto che forse è una nota marginale entrata in testo (presente solo in parte di tradizione manoscritta). - Traduzione paragrafo 20 1Non mi preoccupo per quell’altro genere di testimoni notturni2, i quali3 (così ci è detto) dovrebbero venirci a dire che le loro mogli, mentre tornavano da cena, sarebbero state molestate4 da Celio. Gente seria, costoro, se osino dichiarare sotto giuramento5 una tal cosa! Essi, che dovranno insieme confessare di non essere insorti contro una così grave ingiuria, non dico in giudizio, ma neppure in qualche incontro o convegno privato. Ma quale sia il sistema di attacco degli accusatori, voi, o giudici, già presentite in cuor vostro6; e quando sarà sferrato, dovrete essere pronti a respingerlo7. Poiché le persone che qui accusano 5. Neque solum Caeliu …. Dionis tenebantur: sono presenti due proposizioni principali coordinate (da neque solum e sed etiam) nelle quali il verbo è sottinteso; i verbi sono putat, che riprende il putat di prima (è sottinteso) ed è riferito a Celio, e un putant per Tito e Gaio. Poi abbiamo qui…tenebantur; qui doluerunt e qui tenebantur, che sono tre relative, mentre la seconda è divisa in due parti con cum/tum [correlativi]. Tenebantur regge gli ablativi di causa efficiente studio et hospitio. Dionis è un genitivo oggettivo [=il legame di ospitalità con Dione]. - Traduzione paragrafo 25 1Dunque queste cose siano rimosse affinché veniamo finalmente alla sostanza del processo. Infatti mi sono accorto, o giudici, che il mio amico Lucio Erennio era ascoltato da voi con grande attenzione. In ciò anche se in gran parte eravate tenuti (attenti) dal suo ingegno e da un certo genere di discorso, tuttavia a volte temevo che quel discorso, teso con sottigliezza ad incolpare, giungesse a poco a poco e con dolcezza ai vostri animi2/3. Infatti egli vi parlò molto del lusso4, di dissolutezza, di vizi giovanili, di costumi; e sebbene costui fosse mite il resto della vita e a questo clima di umana cordialità, della quale noi tutti godiamo, suole serenamente abbandonarsi, fu in questa causa un certo zio5 assai severo, un censore, un maestro6; rimproverò Marco Celio come mai nessun genitore; molto disse sull’incontinenza e sull’intemperanza. Che cosa domandate, o giudici? Scusavo voi che ascoltavate con attenzione, perché io stesso era spaventato7 da quel genere di discorso tanto severo e tanto aspro. 1. Erennio è un nuovo accusatore. Cicerone dice che il discorso di accusa era stato ascoltato con grande attenzione da parte dei giudici. Sottolinea la serietà e severità del suo discorso. Si era scagliato contro il comportamento dei giovani, alle voglie, ai desideri. Cicerone mette in luce una contraddizione su di lui, in particolare sulla sua vita privata e il suo discorso. Fa un paragone tra Erennio e lo zio severo, il censore, il maestro. Erennio diventa un carattere da commedia, dove spesso vi era il padre cattivo/severo e quello indulgente. Erennio, qua, diventa il burbero per eccellenza. 2. Cicerone fa una lode ad Erennio, perché è in grado di portare gli animi dove voleva, cosa che fa spaventare Cicerone. 3. In quo etsi .. accederet: in quo etsi…tenebamini è una concessiva; in quo è nesso relativo; ingenio e genere quondam sono ablativi di causa efficiente. Poi abbiamo tamen non numquam verebar, che è la principale; regge una completiva introdotta da ne in questo caso. Il soggetto della completiva è illa oratio, a cui si collega il participio inducta, precisato dall’avverbio subtiliter. Ad criminandum è ad+gerundio accusativo, che indica una proposizione finale implicita. 4. De luxurie: da luxus, ha il significato della vegetazione rigogliosa, ma diventa il rigoglio di una persona. In senso figurato indica il lusso, e da lì ha una connotazione sempre più ampia e ingloba i riferimenti alla vita sessuale e all’immoralità. È applicata anche in ambito stilistico per indicare la sovrabbondanza in un discorso. 5. Il patruus è lo zio paterno. I latini distinguevano i nomi degli zii: patruus, amita [zia paterna], avunculus [zio materno], matertera [zia materna] . Lo zio paterno era quello che, in mancanza del padre, faceva le sue veci. 6. Di solito Erennio è una persona tranquilla, invece in questa occasione si comporta diversamente. 7. Horrebam: rizzarsi dei peli/capelli, ma anche essere rigido per il freddo; indica il tremare per la paura in senso figurato. Cicerone si era impressionato per questo discorso [usa egomet per calcare]. - Traduzione paragrafo 26 1La prima parte fu quella che meno mi turbava, che Celio ebbe familiarità con il mio amico Bestia, che cenò da lui, che ne abbia frequentato2 la casa, ne abbia sostenuto la candidatura per la pretura. Non mi turbano queste cose, che sono chiaramente false, e infatti disse che cenarono insieme quelli che o sono assenti o ai quali è necessario dire lo stesso3. Né certo sono impressionato per il fatto che disse che Celio è suo confratello nei Lupercali4. Una certa confraternita selvatica e davvero pastorale e agreste quella dei fratelli lupercali, quella loro riunione selvatica fu istituita prima che l’umanità e le leggi (furono istituite) se davvero non solo i confratelli si denunciano fra di loro, ma anche ricordano la confraternita nell’accusare, come sembrino temere che qualcuno per caso non lo sappia5! 1. Erennio ha accusato Celio di essere amico di Bestia, ma per Cicerone queste sono falsità. Erennio, poi, ha affermato che Celio è suo confratello nel sodalizio dei lupercali, e Cicerone prende in giro questa confraternita. 2. Venitasse: verbo frequentativo da venio [=venire più volte, frequentare]. 3. I testimoni di questo o non si sono presentati, o sono stati costretti a dire ciò. 4. Lupercis è una grotta sotto il Palatino dedicata da Evandro al dio Pan, dove secondo la leggenda la lupa nutrì Romolo e Remo. Lupercos è uno dei nomi di Pan e i luperci erano i sacerdoti di Pan. I lupercalia erano una festa, celebrata a febbraio (13-15), in cui i sacerdoti facevano un’azione selvaggia: seminudi correvano attorno al Palatino colpendo il suolo e le donne con fruste, per garantire la fertilità di entrambi. È un mito che Cicerone allontana da Celio, dicendo che non è più adatto al mondo civilizzato. 5. Fera quaedam … videantur. Fera … Lupercorum è la principale, non vi è il verbo perché è est sottinteso. Quorum coitio … leges è una relativa e quorum si riferisce a Lupercorum; da notare ante quam, che è separato [tmesi]. Siquidem…accusando: abbiamo non modo/sed etiam; in accusando : in + gerundio al dativo. Ut è da collegare a timere videantur; timeo regge il ne…nesciat [completiva]. Quis è la forma abituale del pronome indefinito quando abbiamo si/nisi/sivi/num/ne/seu. Forte è un avverbio e vuol dire per caso. - Traduzione paragrafo 27 1Ma tralascerò queste cose; a quelle cose che di più mi hanno sconvolto rispondo. Il rimprovero del lusso fu lungo, e lo stesso piuttosto tranquillo, ed ebbe più della trattazione filosofica che non della requisitoria, per cui anche fu ascoltato più attentamente. Infatti Publio Clodio, il mio amico, dal momento che si agitava in modo assai serio e veemente e faceva tutto come infiammato con parole assai severe, con voce altissima, anche se approvavo la sua eloquenza, tuttavia non lo temevo2. Invece te, o Balbo, rispondo a te prima con preghiere3, se è lecito che sia difeso da me colui che non ha rifiutato nessun pranzo, che è stato nei parchi, che ha preso unguenti4, che ha visto Baia. 1. Cicerone dice di non temere il discorso di Clodio, ma si scaglia contro quello di Balbo, con una sezione che è abbastanza ironica, perché ricorda le abitudini di Celio: non rifiuta inviti a pranzo, frequenta giardini pubblici, si mette profumi e frequenta località turistiche alla moda [Baia centro di villeggiatura lussuoso vicino a Napoli]. Cicerone sottintende che tutti fanno quello, quindi non si può parlare male di lui perché fa questo. 2. Nam P … litigantem. La principale è tamen non pertimescebam, perché poi abbiamo la prima parte [nam … maxima] che è un cum narrativo con congiuntivo imperfetto [contemporaneità rispetto ad un tempo storico = pertimescebam,]; il soggetto è Clodius, cum si trova dopo il soggetto. Tametsi probabam eius eloquentiam è una concessiva; eius è riferito a Clodio. Aliquot … litigantem è una coordinata alla principale. Aliquot è un aggettivo indefinito invariabile, che va insieme a in causis. Frustra è un avverbio e videram è un piuccheperfetto indicativo. 3. Precario è un avverbio da pregor. Significa ottenuto con preghiere [pregatus, aggettivo], quindi per supplica, chiedere il permesso in modo ironico. 4. Unguenta è qualcosa che riguarda il costume. È l’olio profumato: i greci e i romani non diluivano le essenza in alcol, ma a base oleosa. - Traduzione paragrafo 28 1Certo in questa città ho visto e sentito che molti che non solo avevano gustato a fior di labbra2 questo genere di vita, e come si dice, l’hanno toccato con le punte delle dita2, ma che avevano dedicato l’intera giovinezza ai piaceri; e che ad un certo momento seppero strapparsene fuori e, come si usa dire, rimettersi in carreggiata2, e si fece uomini seri e illustri. Infatti per concessione di tutti è data a questa età qualche svago e la natura stessa elargisce i desideri alla giovinezza. Se queste si manifestano in modo tale che non rovinano la vita di nessuno, non sconvolgono la casa di nessuno, sono soliti essere considerata di scarsa importanza e tollerabili3. 1. Molti si dedicarono da giovani ai piaceri, ma poi sono diventati uomini seri e illustri. È una caratteristica propria della giovinezza: è possibile godere di quei piaceri con moderazione. 2. Caratteristica di questa sezione è l’uso di espressioni colloquiali, che spesso sono introdotte da ut dicitur. La prima è primoribus labris gustassent = assaggiare appena. La seconda è extremis digitis attigissent=sfiorare appena. La terza, invece, è se ad frugem hona recipisse; frux è il frutto = il risultato/onestà: significa ritornare sulla retta via [metafora dell’albero]. 3. Quae si ita … solent: quae si ita erumpunt è la protasi del periodo ipotetico; quae è nesso del relativo e si riferisce a cupiditates. La frase latina, soprattutto nelle orazioni, ha sempre bisogno di legami perché il discorso sia coeso. Ut nulliis … evertant sono consecutive [ita è spia]; il soggetto è sottinteso (cupiditates). È presente l’anafora di nullius: crea una struttura in parallelo, con il pronome indefinito in negativo. Facile et .. .solent è la principale. Habeo vuol dire ritenere [infinito passivo], faciles vuol dire di scarsa importanza. - Traduzione paragrafo 29 [traduzione vedi libro] Contenuto: necessità di non fare un "discorso senza limiti" (una tesi), si potrebbe parlare per giorni dei vizi dei giovani, i giudici devono separare l'accusa contro i vizi dei giovani dall'accusa specifica di Celio. Lessico - Conflare: far divampare il fuoco soffiando → suscitare. - De protervitate: da protervus = violento, insolente, impudente, da pro-tero = calpestare, schiacciare, trebbiare → distruggere, abbattere, mettere in fuga - immensa oratio: Erennio ha presentato non una hypothesis (una discussione su un caso specifico) ma una thesis (una discussione su un problema generale), espressione tecnica genus infinitum (o quaestio infinita) = thesis. - Aculeos: aculeo, pungiglione, spina, punta di arma, sottigliezza di ragionamento (senso figurato), motto pungente, stimolo, diminutivo di acus (ago, spillone) Grammatica Sed vestrae sapientiae, iudices, est non abduci ab reo nec, quos aculeos habeat severitas gravitasque vestra, cum eos accusator erexerit in rem, in vitia, in mores, in tempora, emittere in hominem et in reum, cum is non suo crimine, sed multorum vitio sit in quoddam odium iniustum vocatus. - Sed vestrae sapientiae, iudices, est: proposizione principale, sum + genitivo = è proprio della vostra saggezza, seguono due infinitive (abduci, emittere). - non abduci ab reo nec ... emittere in hominem et in reum: proposizioni infinitive, il complemento oggetto sottinteso di emittere è aculeos (presente nella proposizione relativa quos aculeos ... vestra). - quos aculeos habeat severitas gravitasque vestra: proposizione relativa, il verbo è al congiuntivo (habeat) per attrazione modale (dipende da proposizione all'infinito). 8. Quid est aliud quod. Quid è il pronome interrogativo, mentre quod un pronome relativo. 9. Debeamus è un congiuntivo [relativa con congiuntivo dubitativo]. 10. Gioco ironico di Cicerone. 11. Quod quidem facerem vehementius. Quod è il nesso relativo e si tratta dell’apodosi di un periodo ipotetico dell’irrealtà con il verbo al congiuntivo imperfetto [facerem=farei]. 12. Ad un certo punto fa finta di sbagliarsi e quasi come un lapsus chiama Clodio uomo/marito di Clodia. Entrambi erano figli di Appio Claudio Pulcro ma con madri diverse. Esplicita la correzione con fratre volui dicere: è una auto correctio, per correggere un presunto lapsus. Poi dice hic erro: hic è un avverbio [a questo proposito]. In questo modo mette in rilievo la relazione incestuosa fra i due. [altro esempio di correctio in 75]. 13. La fides è la parola data a Celio, ovvero il rapporto tra patrono e cliente. 14. Muliebres umquam … putavi: fino a gerendas con sottinteso esse [infinitiva]; poi perifrastica passiva in forma personale [mihi dativo d’agente; inimicitias=soggetto]. 15. Muliebris inimicitias mihi gerendas significa mantenere sentimenti di inimicizia con donne. Infatti, gerere amicitiam significa mantenere sentimenti di amicizia, qui è l’antitesi. Muliebris è l’aggettivo concordato con inimicitias. 16. Poliptoto omnem/omnium e la figura etimologica+antitesi amica/inimica che sottolineano l’ironia di Cicerone. Qui amica è eufemismo per prostituta. - Traduzione paragrafo 33 1Ma tuttavia chiederò2 prima a lei stessa,3 se preferisca che io mi comporti4 con lei in modo 5severo, serio e all’antica, o in modo tranquillo, mite e moderno. Se (preferisce che io agisca) con quel comportamento e modo austero6 [protasi], devo richiamare dagli inferi qualcuno tra quei barbuti7 non con questa barbetta8 di cui lei si diletta9, ma con quella ispida, che vediamo nelle antiche statue e ritratti10, che rimproveri la donna e che al mio posto parli11 affinché12 lei per caso non si adiri con me. Si presenti dunque qualcuno da questa stessa famiglia e soprattutto quel famoso Cieco [Appio Claudio Cieco]; infatti riceverà un minimo dolore poiché non la vedrà13. 1. Cicerone usa l’ironia: chiede a Clodia stessa come vuole essere trattata. In questo modo prepara l’espediente retorico che userà dopo, quello della prosopopea. Introduce un personaggio parlante, che è defunto e accusa Clodia al posto di Cicerone. 2. Ex ipsa quaeram: quaero + ex + ablativo = chiedere a qualcuno. 3. Utrum … malit an: interrogativa indiretta disgiuntiva. 4. Agere cum vuol dire trattare con. 5. Severe … urbane: sequenza di avverbi. Urbane vuol dire “in modo cittadino” contrapposto ai valori antichi (prisce), i quali sono semplici e rigorosi come quelli della vita di campagna. 6. Austero more ac mood: allitterazione. Austero è un aggettivo inizialmente usato per il vino [aspro/secco], ma viene esteso anche alle persone e allo stile. Questa è la protasi del periodo ipotetico. 7. Aliquis mihi … barbatis illis: perifrastica passiva [aliquis soggetto, ex barbatis illis partitivo, mihi è dativo d’agente]. 8. Barbula è un diminutivo [contrapposizione tra barba curata che piace a Clodia e quella incolta degli antichi romani, i quali portavano la barba fino al 300, quando arrivarono i barbieri dalla Sicilia (notizia da Varrone) e iniziano a radersi]. 9. Qua ista delectatur: proposizione relativa; qua ista in ablativo ed è riferito a Clodia. 10. Imaginibus: è un riferimento ad un uso delle famiglie romane; le imagines sono la raffigurazione degli antenati che venivano conservate nell’atrio della domus. Erano le maschere funebri in cera degli antenati, soprattutto di quelli illustri. Per le famiglie più importanti, potevano anche essere portate fuori dalla casa in processione durante particolari occasioni. 11. Qui … loquatur: sono due relative con una sfumature finale [qui si riferisce ad aliquis]. Pro me è un complemento di sostituzione. 12. Ne … suscenseat: proposizione finale negativa [suscenseo + dativo = adirarsi con qualcuno]. Forte è un avverbio [=per caso]. 13. Qui ista non videbit: proposizione relativa con una sfumatura causale, anche se il verbo è al futuro. - Traduzione paragrafo 34 1Costui2 certamente, se si sarà presentato3, così si comporterà e così parlerà4: “O donna, che cosa c’entri con Celio, che cosa c’entri con un uomo giovane5, che cosa6 con un estraneo? 7Perché sei stata tanto legata con costui 8da prestare dell’oro e tanto nemica da temere il veleno? Non avevi visto che tuo padre (era console), non avevi sentito che tuo zio, tuo nonno, tuo bisnonno, l’avo tuo, il padre di lui erano stati consoli; infine 9non ti rendevi conto che poco fa eri sposata con Quinto Metello, uomo assai famoso e valoroso, e assai amante della patria, che non appena aveva alzato il piede dalla soglia10 superava quasi tutti i cittadini in valore, in gloria, prestigio? Dal momento che (provenendo) da una stirpe assai prestigiosa11 con le nozze eri entrata a far parte di una famiglia famosissima12, perché Celio ti fu così legato? Egli era un parente, un affine, amico di tuo marito13? Nulla di ciò. Che cosa dunque fu se non una certa avventatezza e lussuria14? 15Se i nostri ritratti virili non ti commuovevano16, neppure la mia discendente, la famosa Quinta Claudia, non ti ammoniva ad essere emula della domestica lode17 nell’onore femminile; o quella della vergine Claudia, la Vestale, che stringendo18 fra le braccia il padre impedì ad un tribuno della plebe, suo nemico, di trarlo giù dal carro trionfale19? Perché poterono su di te più i vizi fraterni che le paterne e avite virtù, rinnovantisi, a partire da me, di generazione in generazione, fra uomini e donne? Forse io ho impedito la pace con Pirro perché tu ogni giorno stringessi patti20 degli amori più vergognosi, ho condotto l’acqua21 21perché la usassi in modo empio, ho costruito la via23 perché tu la frequentassi accompagnata da mariti altrui? 1. Cicerone presenta questa prosopopea: chiama a testimoniare un illustre membro morto della casa di Clodia, Appio Claudio Cieco (270 circa), famoso per la sua censura. È caratterizzato subito in modo ironico: lo chiama perché aveva perso la vista, dunque può mitigare il suo dolore perché non vede cosa fa Clodia. Abbiamo il discorso diretto di Appio, che richiama la nobile tradizione familiare e gli esempi non solo maschili [consoli per ogni generazione ed esempi virtuosi per donne: Quinta Claudia (designata dalla sibilla cumana per accogliere a Roma la statua della patria mater) e la vestale Claudia (collegio sacerdotale femminile in cui le donne erano vergini e mantenevano il fuoco sacro di Roma nel tempio di Vesta)]. La vestale Claudia è la figlia/sorella di Appio Claudio Pulcro [console nel 143 a.c.], il quale aveva sconfitto i Salassi [popolazione alpina]. Il senato gli rifiutò il trionfo, quindi lo celebrò a sue spese. Il tribuno della plebe cercò di opporsi [non può essere ucciso], ma la figlia, che è vestale, abbracciò il console. Non potendo violare la sacralità della vestale, il console non può essere tirato giù dal carro. Infine, vi è il riferimento alle opere di Appio Claudio Cieco: dissuase romani ad accettare la pace con Pirro, re dell’Epiro [momento in cui Roma sposta i conflitto verso Grecia], la costruzione del primo acquedotto [Aqua Appia] e della via Appia da Roma fino a Capua [poi continua fino a Brindisi]. 2. Sic aget ac sic loquetur: anafora. 3. Exstiterit è un futuro anteriore: esprime un’azione precedente rispetto ad un altro futuro [aget, loquetur]. 4. Qui profecto è un nesso relativo. 5. Adulescentulo è un diminutivo del linguaggio familiare. 6. Quid tibi esse sottinteso. 7. Cur .. fuisti: interrogativa diretta [+anafora]. 8. Ut commodares … ut … timeres: consecutive. 9. Modo te … matrimonium tenuisse: modo è un avverbio; vuol dire essere sposata a qualcuno. 10. È un’immagine proverbiale [soglia di casa]. 11. Ex amplissimo genere: proveniente da una stirpe assai nobile [ex + dativo = provenienza]. 12. In familiam clarissimam nupsisses: entrare a far parte di una famiglia con le nozze. 13. Congatus … familairis: cognatus è consanguineo, adfinis è parente acquisito, familiari non ha rapporti di parentela ma fa parte della famiglia [amico]. 14. Temeritas ac libido: endiadi [un’avventata lussuria]. 15. Nonne te … est: interrogative indirette [nonne .. admonebat / non virgo … admonebat sottinteso] coordinate. 16. Si nostre … commovebant: protasi periodo ipotetico. 17. Te aemulam … muliebri esse: infinitiva che dipende da admonebat. 18. Complexa è un participio congiunto, con soggetto quae [=Claudia]. 19. Quae .. non est: quae si riferisce alla vestale Claudia. Patrem … detrahi infinitiva dipendente da passa non est. 20. Foedera ferires: fare un’alleanza [allitterazione]. 21. Aquam adduxi: allitterazione; significa costruire acquedotto, ma anche riferimento ad un lavoro degradante, colui che portava l’acqua alle prostitute. 22. Proposizione finale 23. Viam munivi: costruire una strada. - Traduzione paragrafo 35 [vedi traduzione – libro] Nel paragrafo 35 Cicerone dice, pensando ad un’obiezione da parte dei giudici, se non pensa che Appio possa accusare Celio. Cicerone dice di no, perché Celio è innocente. Cicerone si rivolge direttamente a Clodia e chiede di spiegargli la natura del legame che ha con Celio, e chiede alla donna stessa di confutare le accuse riguardo la vita dissoluta di Celio. Se lei non le confuta, indebolisce anche l’immagine sua [=di clodia], perché a quanto si dice lei è stata con Celio e si è dedicata ad una vita dissoluta con lui. Quindi le conviene smentire queste accuse perché andrebbe a tuo vantaggio. Lessico - Probaturum esse: "fare approvare", infinito futuro. - Quae ... arguis: anafora di quae. - Tantae ... coniunctionis: anafora di tantae. - Rationem ... reddas: causam o rationem reddere = dare una spiegazione, spiegare. - Actas: Servio (commentatore di Virgilio) spiega acta = secreta et amoena litorum idemque: intensivo = anche, inoltre. Grammatica - Ita .. ut verear: proposizione consecutiva. - Ne ... convertat ... incipiat: proposizione completiva retta da verbum timendi. - Videro hoc posterius: indicativo futuro anteriore spesso con avverbio temporale (qui posterius) → certezza di compimento di azione. - Nulla persona introducta: ablativo assoluto, persona = maschera, personaggio teatrale - Rationem ... reddas atque exponas necesse est: proposizione completiva senza ut. - Te invita: ablativo assoluto, invitus = controvoglia. - Diluas oportet ac ... doceas: proposizioni completive rette da oportet senza ut. - Fateare = fatearis da fateor (confessare), congiuntivo presente II pers. sing., il verbo regge una proposizione infinitiva (nihil ... credendum esse). - Nihil ... credendum esse: perifrastica passiva personale, il soggetto è nihil, crimini e testimonio sono dativi che dipendono dalla costruzione del vero credo, credo + dativo = "aver fiducia in". - Traduzione paragrafo 36 Nel 36/37/38 abbiamo ancora inserti poetici. 1Ma se preferisce che mi comporti in modo più raffinato, così farò con te; toglierò di mezzo quel vecchio rozzo e quasi selvatico2; prenderò qualcuno tra questi tuoi compagni e in primo luogo il tuo fratello più Grammatica - Responderet: congiuntivo imperfetto di un periodo ipotetico dell'irrealtà in cui la protasi è sottintesa ("se si presentasse questo vecchio severo e rigido, Celio gli risponderebbe che..."). - Quid signi?: pronome interrogativo neutro + genitivo partitivo, lett. "che cosa della prova?" → "quale prova?". - Leni vero ... patri: il dativo è legato al seguente fili causa est expeditissima, dativo della persona che giudica, vero avverbio = invece. 26/10/21 - Traduzione paragrafo 39 La nuova sezione inizia con un’obiezione fatta da un interlocutore anonimo che lui immagina. 1Dirà qualcuno: <<questo dunque è il tuo insegnamento? Così tu insegni ai giovani [accusativo in is plurale]? Per questo motivo ti ha raccomandato e affidato il genitore costui da bambino2/3, 4affinché dedicasse la sua giovinezza all’amore e ai piaceri, e affinché tu difendessi questa vita e questi interessi5? >>. O giudici, 6io se ci fu qualcuno con questa forza d’animo e con questa indole di virtù e temperanza, 7che rifiutasse tutti i piaceri e compisse tutto il corso della sua vita nella fatica del corpo e nello sforzo dell’animo, 8che non il riposo, non lo svago, non gli interessi dei coetanei9, non i passatempi10, non i banchetti dilettassero, che pensasse che nella vita 11non bisogna cercare di ottenere nulla se non ciò fosse congiunto con la lode e la dignità, 12ritengo a mio parere che costui sia stato provvisto e ornato di virtù davvero13 divine. Penso che di questo genere furono i famosi Camilli, Fabrizi, Curi e tutti quelli che resero queste cose tanto grandi da piccolissime14. 1. Cicerone immagina che un anonimo interlocutore prenda direttamente la parola e accusi Cicerone stesso di essere stato un cattivo educatore per Celio. Quando Cicerone riprende la parola, [ego molto in evidenza ed enfatico] costruisce un ampio periodo dalla sintassi complicata, con il quale manifesta la sua ammirazione per chi è stato sempre virtuoso fin dalla giovinezza. Il susseguirsi delle subordinate dà idea di artificiosità che corrisponde alla cautela con cui Cicerone propone questo giudizio. Ammira chi è stato virtuoso, ma in fondo la ricchezza di subordinate è come se rallentasse il suo pensiero. Corrisponde ai dubbi di Cicerone in merito alla reale possibilità che un uomo simile possa realmente esistere. Poi gli esempi che fa, indicati in modo generico con i nomi propri, sono riportati ad un passato lontano, quindi non più attuale per i tempi di Cicerone. 2. Ob hanc causam … hunc puerum: poliptoto hanc/hunc. 3. Hunc puerum: funzione predicativa di puerum "da bambino". Puerum esprime qualcosa riguardo ad hunc. 4. Ut in amore ... defenderes: proposizioni finali. 5. Hanc tu vitam … haec studia: poliptoto hanc/haec. 6. Si quis ... continentiae fuit: apodosi di periodo ipotetico della realtà nel passato, qui pronome indefinito, robore e indole ablativi di qualità [forza d’animo e carattere virtuoso]. 7. Ut respueret ... conficeret ... putaret: proposizioni consecutive, omnis (accusativo plurale) e omnemque poliptoto. 8. Quem ... delectarent: proposizione relativa impropria (consecutiva). 9. Aequalium = dei coetanei [uguali nell’età]. 10. Ludi: in questo caso il significato sembra essere quello generico di “passatempi”. 11. Nihil ... expetendum (esse): proposizione infinitiva con perifrastica passiva. 12. Mea sententia: ablativo di limitazione. La cautela nell’affermazione è duplice: dice io penso che costui sia ornato di queste qualità positive, ma a mio parere. È molto cauto nell’offrire questa affermazione, perché Celio e i giovani della sua epoca smentiscono l’idea di persona virtuosa per tutta la vita. 13. Quibusdam: l’aggettivo indefinito concordato con bonis; qui significa “davvero”. 14. Haec ex minimis tanta facerunt: il neutro haec si riferisce in modo generico allo Stato romano e alla grandezza di Roma. - Traduzione paragrafo 40 1Ma questi generi di virtù si ritrovano ormai a fatica non solo nei nostri comportamenti ma anche nei libri. Persino i fogli2 stessi che contenevano l’antico vigore invecchiavano; e non solo presso di noi che abbiamo seguito questa regola e modo di vita con i fatti più che con le parole3 ma anche presso i greci, uomini dottissimi, ai quali, quando non potevano agire, tuttavia era permesso parlare e scrivere con virtù e magniloquenza4 [sono avverbi], cambiati i tempi5 in Grecia ci furono davvero6 altri precetti. 1. Cicerone sottolinea che i tempi del vigore morale sono passati definitivamente. Per sottolineare questo dice che non sono più attuali né nei comportamenti né nelle opere scritte [non trattano di queste virtù]. Usa l’immagine delle carte rovinate, ovvero i rotoli di papiro su cui si scriveva ai suoi tempi, per indicare che le virtù si trovavano in opere antiche che non venivano trascritte, ma rimanevano su vecchi rotoli danneggiati. Il cambiamento non riguarda solo i romani, che da sempre erano caratterizzati dall’agire piuttosto che dal pensare/fare filosofia. Infatti, anche presso i greci, celebri per aver pensato e scritto sul problema della virtù, il tema della virtù non è più presente. È un’esagerazione, perché anche la sua epoca dà riflessioni nelle scuole filosofiche, ma è funzionale alla sua difesa di Celio. 2. Chartae = fogli di papiro. 3. Hanc sectam ... secuti sumus: qui secta significa "linea di condotta, regola di vita", notare la figura etimologica secta/secuti sumus [ripreso dal verbo reggente]. [deponente perfetto]. 4. Quibus ... licebat: licet è verbo impersonale ("è permesso, è possibile") con dativo della persona (pronome relativo riferito a Graecos). 5. Mutatis ... temporibus: ablativo assoluto. 6. Alia quaedam ... praecepta: l'aggettivo indefinito concordato con praecepta qui significa "davvero". [paragrafo precedente]. - Traduzione paragrafo 41 1Così alcuni2 dissero che i sapienti fanno tutto per il piacere3 e uomini eruditi, non si sottrassero a questa deformità del discorso; altri pensarono che bisogna unire la dignità con il piacere4 così che, grazie all’abilità del parlare5, unirono cose che tra loro sono al massimo grado incompatibili6/7; quelli che ritennero giusta quella sola strada dritta (che giunge) alla lode con la fatica8, ormai sono stati lasciati quasi soli nelle scuole. Infatti la natura stessa ha per noi generato molte attrattive: [prolessi relativa] la virtù assopita9 da queste talvolta chiudeva gli occhi10; (la natura) ha mostrato11 alla gioventù12 molte strade scivolose sulle quali quella a stento poteva stare in piedi o procedere senza qualche caduta o scivolata13; (la natura) offrì una varietà di molte cose piacevolissime 14da cui era conquistata non solo questa età ma anche quella già rafforzata15. 1. Fa una breve presentazione di quelle che sono le prospettive filosofiche delle teorie greche sulla virtù, in particolare sul rapporto tra piacere e virtù. Ricorda l’epicureismo [piacere regola tutto; dottrina filosofica più lontana da Cicerone, che lui sempre confuta e rifiuta], poi parla di una via intermedia tra epicureismo e stoicismo [pensa a filosofi come Callifone e Dinomaco] in cui è presente la possibilità di congiunzione tra virtù e piacere [per virtù usa molte parole diverse, come limitas, laudem (=raggiungimento della virtù)]. L’ultima dottrina che presenta è quella dello stoicismo [quelli che pensano che ci sia un’unica strada dritta che porta alla virtù e che sia faticoso]. Cicerone prende molto dallo stoicismo, ma qui è più vicino al probabilismo accademico [cercare cosa sia più probabile]. Cicerone sottolinea come lo stoicismo sia ormai minoritario. Poi dice che la natura ha fornito agli uomini molte tentazioni che rendono impotente anche la virtù. Allora usa la metafora della strada: una strada dritta verso la virtù proposta dallo stoicismo che è resa scivolosa e insicura; le possibilità di caduta si moltiplicano soprattutto per i giovani. 2. Alii: anafora di alii per distinguere le prime due correnti filosofiche [con variazione qui]. 3. Voluptatis causa: complemento di fine. [causa/gratia + genitivo]. 4. Cum voluptate ... coniungendam (esse): proposizione infinitiva con perifrastica passiva [tende a sottintendere esse con infinitiva]. 5. Dicendi facultate: dicendi è un gerundio. 6. Ut ... coniungerent: proposizione consecutiva. 7. Res ... repugnantis: il participio repugnantis è un accusativo plurale concordato con res con funzione attributiva. 8. Illud unum ... qui probaverunt: proposizione relativa. Il pronome relativo è direttamente in contatto con il verbo [poteva metterlo in principio => lo posticipa per dare risalto al percorso della strada dritta]. 9. Quibus ... interdum: proposizione relativa introdotta da quibus che si riferisce a blandimenta, quibus è un ablativo (causa efficiente) che dipende da sopita (participio congiunto a virtus). 10. Coniveret: coniveo = chiudere gli occhi (per sonno, luce, paura ecc.), da cui il nostro connivenza [chi fa finta di non vedere qualcosa di male commesso]. 11. Ostendit: si tratta di un indicativo perfetto, il soggetto è natura (soggetto anche del seguente dedit). 12. Adulescentiae: astratto per concreto (metonimia). 13. Quibus ... posset: proposizione relativa introdotta da quibus che si riferisce a vias, illa è un pronome che si riferisce a adulescentiae → "quella gioventù" (= quei giovani). 14. Qua ... caperetur: proposizione relativa introdotta da qua (riferito a varietas), si tratta di un ablativo (causa efficiente) dipendente da caperetur. 15. Haec aetas ... conroborata: con haec aetas di intende l'adulescentia (la giovinezza), con (aetas sottintesa) conroborata si intende l'età adulta [è quella fortificata]. - Traduzione paragrafo 42 1Per questo motivo 2se per caso avrete trovato qualcuno che respinga con gli occhi la bellezza delle cose, che non sia attratto da nessun odore, non dal tatto, non dal sapore3, allontani dalle orecchie ogni piacevolezza, forse io e pochi penseremo che gli dei siano a questo uomo propizi, invece i più penseranno che siano irati. Dunque questa via sia lasciata abbandonata e trascurata e bloccata da rami e cespugli4. 5Sia dato qualche svago all’età, sia la giovinezza piuttosto libera; non tutte le cose siano rifiutate ai piaceri; non prevalga sempre quella vera e dritta ragione, 6purché a questo proposito si conservi quella limitazione e moderazione. [accostamento di vari elementi] 7La gioventù8 abbia riguardo per la sua pudicizia, non tolga quella altrui, non dilapidi il patrimonio, non sian rovinata dai debiti, non assalga la casa e la servitù9 di un altro, non arrechi infamia agli onesti, vergogna ai virtuosi, disonore alle persone per bene10, 11non spaventi qualcuno con la forza, non prenda parte agli inganni, si astenga dal delitto [fa un suo decalogo]. Insomma dopo che abbia obbedito ai piaceri, abbia dato un po’ di tempo allo svago dell’età e a questi vani desideri della giovinezza, alla fine torni alla cura degli affari della casa, a quelli del foro, a quelli pubblici12, 13affinché le cose che prima non aveva trascurato secondo la ragione sembri averle disprezzate per sazietà e averle disdegnate per esperienza. 1. Nella prima parte Cicerone delinea in modo preciso il ritratto ideale di un uomo virtuoso, ma dice di essere tra i pochi ad apprezzare ancora questo stile di vita. Vi è cautela da parte di Cicerone nel proporre questo modello. Infatti dice che i giovani hanno bisogno di svago purché non sia eccessivo e di danno per la propria rispettabilità, per il proprio patrimonio, per i beni e l’incolumità altrui. I giovani, dopo essersi dedicati ai piaceri, possono poi dedicarsi alla cura degli affari privati e pubblici nell’età adulta. 2. Si quem forte inveneritis: quem pronome indefinito (= aliquem). 3. Non odore ... capiatur: notare il tricolon. 4. Haec deserta ... relinquatur: metafora di strada (ripresa da fine di par. 41). 5. Detur ... vincat: congiuntivi esortativi. 6. Dummodo ... teneatur: proposizione condizionale. 7. Parcat ... careat: congiuntivi esortativi, notare l'anafora di ne. - In tantis ... honore: notare il poliptoto e l'anafora (tantis, tanta, tanta, tanta, tanto). - Sermo = "dialogo, discussione". - Doctrina puerilis: si intende l'istruzione ricevuta da bambini (si trattava perlopiù di conoscenze linguistiche, grammaticali e letterarie). Grammatica - Tanta voluptate dicendi: dicendi è un gerundio. - Obterendae ... deserendus: perifrastiche passive in forma personale, è sottinteso il dativo d'agente ("gli oratori"). - Non quo ... puerilis: quo (avverbio) introduce una proposizione causale. - Traduzione paragrafo 47 1/2Forse costui, se si fosse dato a questa vita immorale, avrebbe chiamato in giudizio molto giovane un ex console3? Costui se sfuggisse la fatica, se fosse tenuto e legato dai piaceri, ogni giorno si troverebbe in questo campo di battaglia, si attirerebbe inimicizie, chiamerebbe in giudizio, si esporrebbe al rischio di una pena capitale4 lui stesso, 5sotto lo sguardo del popolo romano già da tanti mesi lotterebbe per la salvezza6 o per la gloria? Dunque quella vicinanza7 non puzza per niente, nulla dicono la fama degli uomini, infine nulla la stessa Baia8? Anzi quelle cose non solo parlano, ma anche proclamano a gran voce9 10che la lussuria di una sola donna è degenerata 11a tal punto che quella non solo non cerca solitudine12 e tenebre e queste coperture degli scandali, ma in azioni assai vergognose, è allietata dalla presenza della 13folla più ampia14 e dalla luce più chiara. 1. Ricorda l’impegno oratorio di Celio che testimonia a favore della moralità dell’imputato. Poi introduce, con un’interrogativa diretta, la possibile obiezione di un generico interlocutore per spostare il discorso da Celio a Clodia e ribadire che la causa delle sventure dell’accusato risiedono nella lussuria della donna. Da notare è la caratterizzazione negativa di Clodia, con ampio uso di superlativi (turpissimis, frequentissima, clarissima). 2. An hic ... vocavisset? hic ... dimicaret?: proposizioni interrogative dirette con periodi ipotetici di irrealtà nel passato (si .. dedisset ... vocavisset) e nel presente (si fugeret ... teneretur ... versaretur ... appeteret ... vocaret ... subiret ... dimicaret). 3. Consularem hominem: un uomo che ha ricoperto il consolato. 4. In hac acie: acies in ambito militare indica l'esercito schierato e il campo di battaglia periculum capitis: lett. "rischio di perdere la vita" (in seguito a condanna che prevede la pena di morte). 5. Inspectante populo Romano: ablativo assoluto. 6. De salute: salus significa "salute" e "salvezza". È come se fosse un soldato della Roma repubblicana. 7. Vicinitas: si riferisce al fatto che Celio e Clodia erano vicini di casa. 8. Nihilne ... loquuntur: notare l'anafora di nihil, redoleo ("aver odore") può essere transitivo o intransitivo, qui regge il neutro nihil. 9. Personant: intensivo di verbo sono → far molto rumore, proclamare a voce alta. 10. Huc ... esse prolapsam: proposizione infinitiva dipendente da loquuntur, huc avverbio "a tal punto". 11. Ut ... quaerat ... laetetur: proposizioni consecutive (huc ... ut "a tal punto che"). 12. Solitudinem: "solitudine, abbandono" ma anche "deserto". 13. Celebritate ... luce: ablativi (causa efficiente) dipendenti da laetetur. 14. Frequentissima celebritate: aggettivo (superlativo) e sostantivo hanno significato simile e indicano un assembramento di persone, in questo modo è amplificata l'immoralità di Clodia che prova piacere a commettere in pubblico azioni immorali. 2/11/21 - Traduzione paragrafo 48 1Ma se c’è qualcuno, che pensi che alla gioventù sia vietato2 anche (di avere) relazioni con le prostitute, quello è certo molto severo3 – non posso negarlo – ma provo avversione4 non solo per la sfrenatezza di questa epoca ma anche per la consuetudine e per le cose concesse5 degli antenati. Infatti 6quando ciò non è stato fatto spesso7, quando è stato rimproverato, quando non è stato permesso, quando infine avvenne che8 non fosse permesso ciò che è permesso9? Qui10 ormai io definirò il fatto, non nominerò nessuna donna; soltanto11 (lo) lascerò disponibile a tutti12. 1. Cicerone concentra la sua attenzione sulla possibilità per i giovani di frequentare prostitute [ben presente anche nelle commedie; figure tipiche anche del teatro e della vita quotidiana di Roma], in particolare afferma che a Roma questo è sempre stato permesso e chi rimprovera ciò si comporta in modo eccessivo. Inoltre, Cicerone dichiara di non voler fare nomi di donne, ma chiaramente allude a Clodia. 2. Interdictum: interdico = vietare + dativo (di persona) e ablativo (di cosa vietata). 3. Valde severus: valde avverbio intensivo ("davvero, molto"), forma contratta di valide. 4. Abhorreo: ab aliqua re abhorrere = essere lontano, estraneo da qualcosa [regge l’ablativo]. 5. Concessis: participio perfetto sostantivato, vale come neutro plurale; da concedo. 6. Quando: avverbio interrogativo, notare anafora. 7. Factitatum est: factito è frequentativo di facio. 8. Quando ... fuit ut: fuit ut = "avvenne che". [verbo essere + ut]. 9. Alternanza fra tempi: licet/liceret [=> sguardo a passato e presente]. 10. Hic: avverbio di tempo/luogo, "in questo momento/luogo". 11. Tantum: avverbio = "soltanto" . 12. In medio: "disponibile a tutti". - Traduzione paragrafo 49 1/2Se una qualche donna senza marito3 abbia aperto la sua casa al desiderio di tutti4 e pubblicamente si sia dedicata alla vita da prostituta5, abbia incominciato a frequentare banchetti di uomini assolutamente estranei, se faccia ciò in città, nei giardini, in quella folla di Baia, 6se in breve non solo con il modo di camminare ma anche con l’abbigliamento e con la compagnia, non solo con l’ardore degli occhi, non solo con la libertà delle conversazioni, ma anche con abbracci7 , con baci, festini sulla spiaggia, gite in barca, banchetti, si comporti così che sembri non solo una prostitua, ma anche una prostituta sfrontata e lasciva: 8se per caso un giovane sia stato con lei, costui, o Lucio Erennio, ti sembrerebbe un adultero o un amante, ti sembrerebbe aver voluto conquistare con la forza il pudore o soddisfare il desiderio9/10? 1. Cicerone con un unico lungo periodo ritrae Clodia come una sfrontata prostituta. Celio dunque non ha attentato alla pudicizia della donna, ma ha semplicemente soddisfatto i suoi desideri e quelli della donna. [ambiguità : libido di Celio o Clodia?]. 2. Lungo periodo con senso di accumulazione. 3. Non nupta mulier: "donna senza marito" = vedova, come Clodia; quae è un indefinito. 4. Omnium cupiditati: astratto per concreto; omnium cupiditati = omnibus cupidis ("a tutti i desiderosi"). 5. Sese in meretricia vita conlocarit: conlocarit = conloca(ve)rit (congiuntivo perfetto; forma sincopata); sese conlocare in meritricia vita = "dedicarsi alla prostituzione", in generale se conlocare = mettersi in una condizione/situazione. 6. Si denique ita sese gerat ... ut ... videatur: ut ... videatur è una proposizione consecutiva introdotta dal precedente ita; sese è un pronome riflessivo rafforzato con raddoppiamento, mentre se gerere = "comportarsi". 7. Sono singolari tradotti con plurale. 8. Utrum hic tibi ... an ... an voluisse videatur: proposizioni interrogative disgiuntive; videatur (costruzione personale di videor) regge prima due sostantivi (adulter, amator) poi l'infinito perfetto voluisse (verbo servile a cui dipendono expugnare e explere). In un primo caso hic soggetto, poi due sostantivi che vengono uniti a videor. 9. Explere libidinem: il desiderio sessuale può essere quello di Celio o quello di Clodia. 10. Expugnare pudicitiam .... explere libidinem: in expugnare pudicitiam metafora militare; notare allitterazione di preverbi. È l’unico caso nell’orazione di libido per il comportamento di Celio. - Traduzione paragrafo 50 1Ormai dimentico le tue offese, o Clodia, rinuncio al ricordo del mio dolore; trascuro le cose che sono state fatte da te2 in modo crudele contro i miei familiari quando era assente3; non siano state dette contro di te4 queste cose che ho detto. Ma chiedo proprio a te, perché gli accusatori dicono che hanno il capo di imputazione da te e te stessa come testimone di quel capo d’accusa. Se ci fosse una donna di tal modo quale io poco prima ho descritto, diversa da te5, con vita e modi da prostituta6, forse ti sembrerebbe essere assai vergognoso e assai infame7 8che un giovane uomo abbia avuto una relazione con questa? Se quella non sei tu, così come io preferisco (pensare), che cos’è che rimproverano a Celio? Se invece vogliono che tu sia quella, per quale motivo noi dobbiamo temere fortemente questo capo di imputazione, se tu lo tieni in poco conto? Per ciò dacci una via e un modo di difesa. O il tuo pudore dirà in propria difesa9 che nulla è stato fatto da Marco Celio in modo insolente, o la (tua) impudenza darà a questo e agli altri una grande possibilità per difendersi10. 1. Cicerone si rivolge direttamente a Clodia e afferma di voler dimenticare i motivi per inimicizia personale con lei. Ci sono non chiare allusioni a crudeltà commesse da Clodia contro famigliari di Cicerone durante il suo esilio. Cicerone chiede a Clodia di giudicare i comportamenti di Celio: se non è stata lei l'amante di Celio non ci sarebbe niente di male nel comportamento del giovane, se fosse invece lei l'amante di Celio il giovane non dovrebbe temere le accuse di scarsa moralità se lei stessa non le teme. Smonta la credibilità della testimonianza di Clodia in ogni caso. 2. Abs te: complemento di provenienza. 3. Me absente: ablativo assoluto; fa riferimento all’esilio di Cicerone in seguito ad avvenimenti di consolato. 4. Ne sint ... dicta: congiuntivo esortativo negativo (ne). 5. Tui dissimilis: dissimilis + genitivo o dativo. 6. Vita institutoque meretricio: ablativi di qualità. 7. Perturpe aut perflagitiosum: per prefisso intensivo → allitterazione; vd. sotto anche pertimescamus. 8. Aliquid ... rationis: pronome indefinito più genitivo partitivo ("un po' di"); ratio in questo caso = "relazione". 9. Pudor tuus defendet: defendet (indicativo futuro semplice), qui = "dire in propria difesa". 10. Ad se defendendum: ad + gerundivo, è una proposizione finale implicita; ricordare che pronome personale riflessivo se si riferisce sia al singolare che al plurale ("se stesso, loro stessi"). - Traduzione paragrafo 51 1/2Ma poiché il mio discorso sembra ormai essere emerso3 dalle secche e aver oltrepassato gli scogli, il tragitto restante si mostra facilissimo per me. Infatti due sono i capi d’accusa di eccezionali delitti in una sola donna4, quello dell’oro, 5che è detto essere stato preso da Clodia, e quello del veleno, 6che accusano Celio di esserselo procurato7 per uccidere la stessa Clodia. 8Prese l’oro, come dire, per darlo ai servi di Lucio Lucceio, per mezzo dei quali fosse ucciso l’alessandrino Dione, che allora abitava presso Lucceio9. Un grave capo d’accusa 10/11sia nel tendere un’imboscata agli ambasciatori sia nell’istigare gli schiavi a uccidere12 l’ospite del padrone, un piano pieno di malvagità, pieno di temerarietà! 1. Accantonate le accuse di immoralità, Cicerone può passare ai reali capi d'accusa contro Celio (l'oro e il veleno). Da aurum sumpsit inizia una narratio del crimen auri, che diventa un eufemismo per riferirsi al tentato omicidio di Dione; occupa i paragrafi dal 51 al 55. Lucio Lucceio fu console nel 59 18. = cose sospette. 19. Non causa ... non vestigium: Cicerone passa in rassegna i luoghi comuni del discorso oratorio di tipo giudiziario. 20. Non perficiendi, non occultandi malefici: genitivo di gerundivo. - Traduzione paragrafo 54 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Continua su questa linea e sottolinea le caratteristiche morali di Lucceio. Dice che non sarebbe mai potuto essere complice di Celio: se avesse saputo qualcosa sarebbe intervenuto. Lessico - Oratoris propria: riferimento a "prove da tecnica oratoria" (éntechnoi pisteis). - Propter ingenium meum: l'ingenium (da gigno) riguarda le capacità innate. - Proter hanc exercitationem usumque dicendi: l'exercitatio riguarda l'apprendimento retorico e l'usus la sua applicazione nella pratica oratoria. - Iurisque iurandi: ius iurandum = giuramento, giudici e testimoni hanno entrambi fatto giuramento. - Facinus in famam atque in fortunas: notare allitterazione, fortunae al plurale = ricchezze. - Illa humanitate: ablativo dipendente da preditus ("fornito") da cui dipendono anche i seguenti studiis, artibus, doctrina, difficile tradurre humanitas = piena realizzazione morale e culturale di essere umano, notare poliptoto (ille, illa, illis, illius). - Illius ipsius periculum: illius ipsius si riferisce al filosofo Dione ospitato a casa di Lucceio. - In insidiis doctissimi hominis: insidiae = agguato, hominis genitivo oggettivo (Dione è il bersaglio dell'agguato). Grammatica - An: introduce una interrogativa diretta semplice = "forse che, forse". - Cum a me ipso viderentur: cum narrativo con significato concessivo. - Brevitatis causa: complemento di fine. - Neque non audisset: doppia negazione → affermazione. - Inlatum a M. Caelio: inlatum da infero è un participio perfetto concordato con facinus. - Quod facinus ... id ... in hospitem: quod introduce una proposizione relativa con prolessi del relativo (la proposizione relativa viene prima della reggente), intentum (da intendo) si riferisce a facinus ("un delitto diretto contro un uomo estraneo"), id riprende quod facinus è il complemento oggetto di curare, in hospitem sottintende intentum → id (facinus intentum) in hospitem ("quel delitto diretto contro l'ospite"), la costruzione sintattica "quod ... id" torna anche nei periodi seguenti. - Quod ... doleret: doleo è qui transitivo ("deplorare"), quod è il suo complemento oggetto, comperisset da comperio ("venire a sapere"). - Domi suae: domi locativo ("a casa"). - Coeptum esse: da coepi verbo difettivo (solo forme da perfetto). - Traduzione paragrafo 55 1Ma perché, o giudici, dilungarmi? Tenete presente la coscienza e l’autorità di un tale testimone giurato; considerate attentamente la deposizione, parola per parola2. Ecco che cosa egli vi dice3: (seguiva la deposizione di Lucceio). Che volete di più4? Forse che la verità della causa può prendere la parola5 da sola6 in propria difesa? Questa è la difesa della innocenza, questo è il discorso della causa stessa, questa è l’unica voce della verità7. 8Nello stesso capo di accusa non c’è nessun motivo di sospetto, nella questione non c’è nessuna argomentazione9, nel fatto che si dice essere stato compiuto nessuna traccia di conversazione, luogo, tempo; non è nominato nessun testimone, nessun complice, tutto quanto il capo d’accusa è tirato fuori 10/11da una casa nemica, disonorata, crudele, malvagia, dissoluta. Invece quella casa, che è detta essere stata toccata da questo delitto scellerato, è piena di onestà, prestigio, senso del dovere, coscienziosità; e proveniente da questa casa è proclamata a voi l’autorevolezza vincolata con il giuramento12, 13così che sia posta al centro della contesa una questione che non deve essere minimamente messa in dubbio, se14 sembri che una donna avventata, dissoluta e adirata abbia creato un capo d’accusa, o che un uomo serio, saggio ed equilibrato15 abbia testimoniato in modo scrupoloso. 1. Cicerone fa leggere la testimonianza di Lucceio a favore di Celio e la contrappone alla testimonianza di Clodia: la diversa statura morale delle due persone deve convincere i giudici della innocenza di Celio. 2. Percipǐte ... cognoscǐte: imperativi, come il seguente recita. 3. Recita: l'ordine è rivolto all'addetto della corte giudicante chiamato a leggere il testo della testimonianza. 4. Amplius: avverbio = "più, ancora", forma comparativa di ample. 5. Aliquam vocem ... mittere = "dire qualcosa", lett. "produrre qualche voce". 6. Pro se: complemento di vantaggio. 7. Haec ... veritatis: notare tricolon, anafora di haec, allitterazione di vox veritatis. 8. In crimine ... temporis: notare tricolon con anafora di in, in ultimo elemento altro tricolon (sermonis loci temporis). 9. Nihil ... argumenti: pronome indefinito neutro + genitivo partitivo. 10. Ex inimica ... domo; domus ... plena est ... religionis: rappresentazione antropomorfica di casa di Clodia e di Lucceio; facinerosa: facinerosus o facinorosus da facinus. 11. Ex inimica ... domo: complemento di provenienza, notare anafora di ex. 12. Iure iurando devincta: devincta da devincio ("legare"). 13. Ut res ... ponatur: proposizione consecutiva. 14. Utrum temeraria ... an gravis ... videatur: proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva, costruzione personale di videor. 15. Temeraria ... irata ... gravis ... moderatus: due tricola in caratterizzazione di Clodia e Lucceio. 9/11/21 - Traduzione paragrafo 56 1Dunque l’altro capo d’accusa è a proposito del veleno; del quale io non posso né trovare il principio né svolgere la fine2. Quale fu infatti il motivo perché Celio volesse dare il veleno a questa donna? Affinché non restituisse l’oro3? Forse lo chiese4? Affinché il capo d’accusa non rimanesse attaccato a lui? 5Forse qualcuno glielo rinfaccio? Forse infine qualcuno ne avrebbe fatto menzione, se costui non avesse denunciato qualcuno? Anzi6 averte sentito Lucio Erennio dire che non sarebbe stato molesto a Celio7 con una sola parola8, se essendo stato il suo amico assolto9, costui non lo avesse denunciato di nuovo a proposito della stessa cosa. È dunque credibile che un tanto grande delitto sia stato commesso per nessun motivo? E voi non vedete che è inventato il capo d’accusa di un delitto grandissimo 10affinché sembri che ci sia stato il motivo di intraprendere un altro delitto? 1. Cicerone passa a trattare del capo d'accusa che riguarda il veleno (de veneno), con una serie d'interrogative retoriche. Mette in evidenza la mancanza di una motivazione valida (causa) per quest'accusa. Cicerone cita in modo esplicito le parole Erennio per mettere in luce le motivazioni personali dell'accusa: questa dipenderebbe dal fatto che Celio ha accusato due volte Lucio Calpurnio Bestia (familiaris di Erennio) di brogli elettorali (ambitus) nonostante una prima assoluzione sulla medesima materia (suo familiari absoluto). Inoltre, Cicerone afferma che Celio viene accusato del tentato omicidio di Dione (sceleris maximi crimen = il crimen auri) per rendere plausibile l'accusa di aver tentato di avvelenare Clodia. 2. Evolvere exitum: evolvo ha un uso metaforico = "svolgere con la mente, scoprire", forse da un uso di svolgere papiro metafora di gomitolo di filo da svolgere (vd. evolvere) [capo e fine di filo]. 3. Ne aurum redderet: proposizione finale in forma interrogativa, come la seguente ne crimen haereret; notare anafora di ne. 4. Num petivit: num introduce un’interrogativa retorica. Viene usato num per la certezza negativa con risposta retorica negativa ("certo che no"), nonne per certezza positiva con risposta retorica positiva ("certo che sì"). 5. Num quis ... detulisset: è un’interrogativa retorica con periodo ipotetico di irrealtà (verbi al congiuntivo piuccheperfetto fecisset, detulisset). Quis è un pronome indefinito, hic = Celio, nullius nomen detulisset lett. "avesse riferito il nome di nessuno" [→ "non avesse denunciato qualcuno"], detulisset da defero. 6. Quin etiam: locuzione avverbiale = "anzi". 7. Se ... futurum fuisse: apodosi all'infinito di periodo ipotetico di irrealtà (infinito futuro), nel discorso diretto (oratio recta) avremmo trovato fuissem. È un infinito perfetto del verbo essere più il participio futuro: la troviamo quando abbiamo periodo ipotetico dell’irrealtà con un’infinitiva. 8. Verbo: "con una sola parola", "minimamente" . 9. Suo familiari absoluto: ablativo assoluto; questo processo si era svolto nel mese di febbraio. 10. Ut alterius ... videatur: suscipiendi è un gerundivo al genitivo concordato con sceleris dipendente da causa; notare la declinazione pronominale di alter (genitivo alterīus). Ut ... videatur è una proposizione finale. - Traduzione paragrafo 57 1Infine a chi si affidò2, chi usò come aiutante, chi come compagno, chi come complice3, a chi affidò4 un crimine tanto grande, a chi se stesso, a chi la sua salvezza? Forse agli schiavi della donna? Così infatti gli è stato rinfacciato. E costui, a cui voi almeno5 attribuite intelligenza, anche se con un discorso ostile gli togliete tutte le altre cose, era tanto pazzo6 7da affidare tutte le sue fortune a schiavi altrui? Ma a quali servi? Infatti questa cosa importa8 moltissimo. Forse a quelli, che sapeva che erano in una non comune condizione di schiavitù, ma che vivevano con la padrona con libertà, cordialità e famigliarità. Chi infatti, o giudici, non vede questo, o chi lo ignora, che in una casa di tal genere, nella quale la padrona di casa vive come una prostituta, nella quale non è compiuto nulla, che si debba mostrare fuori, nella quale ci sono orge, atti di libidine, dissolutezze, insomma ogni giorno di vizi e scandali inauditi, qui9 gli schiavi non sono schiavi, 10a cui tutte le cose sono affidate, attraverso cui sono compiute, che prendono parte agli stessi piaceri, a cui sono confidati le cose segrete, su cui si riversa parecchio12 dalle spese quotidiane e dal lusso? E tutto questo proprio Celio non lo avrebbe veduto? 1. Cicerone dimostra come sia impossibile che Celio (dotato di intelligenza a parere di tutti) si sia affidato agli schiavi di Clodia per compiere il suo delitto. Cicerone insiste sulla condizione particolare che gli schiavi domestici godevano nella casa della padrona, dove con grande libertà partecipano della sfrenatezza sessuale e delle ricchezze di Clodia. Il passo ha un ritmo accusatorio incalzante basato su anafore e poliptoto. 2. Cui ... commisit: alicui (se) committere = rimettersi/affidarsi a qualcuno; notare l'anafora di cui e quo. 3. Quo adiutore ... conscio: il verbo utor (indicativo perfetto usus est) regge l'ablativo del pronome interrogativo (quo) con adiutore; socio, conscio sono usate come apposizioni e i tre termini sono quasi sinonimi. 4. Credidit: credo qui usato come transitivo → "affidare, consegnare, confidare". 5. Certe tribuistis: certe ha valore limitativo ("almeno"). 6. Et erat tam demens: et per introdurre esclamazione. 7. Ut omnis ... committeret: proposizione consecutiva anticipata nella reggente da tam. 7. Se ... interfecturum ... dixerit: sottinteso il verbo dell'infinitiva (esse); interfecturum è il participio futuro da interficio. 8. Incipientem furĕre atque conantem: Cicerone allude alla transitio ad plebem, il passaggio a stato, tentato da Clodio all'inizio del 60 a.C. per poter essere eletto al tribunato della plebe. Metello come console si era opposto a questo passaggio, ma Clodio aveva anche cambiato il suo nomen da Claudius a Clodius, una forma del latino più popolare. Clodio, cambiando il nome, passa dagli aristocratici ai popolari, perché in quel modo poteva farsi eleggere al tribunato della plebe. 9. De veneni celeritate: gioco di parole sul nome di Metello Celere. 10. Ipsam domum metuet ne...: il verbo metuo regge sia l'accusativo domum sia la completiva ne ... eiciat che ha come soggetto proprio la sottintesa domus. 11. Ne quam vocem eiciat: immagina topica di "casa parlante", quam è un aggettivo indefinito (aliquam) dopo la congiunzione ne. 12. Revertar: congiuntivo esortativo (da revertor), Cicerone esorta se stesso. 13. Debilitavit ... impedivit: i verbi sono concordati con il singolare mentio ma hanno come soggetto logico anche haec facta. - Traduzione paragrafo 61 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Cicerone riporta tutte le circostanze ricordate dagli accusatori in merito alla vicenda del veleno. Ricorda un altrimenti sconosciuto Publio Licinio che avrebbe fatto da intermediario tra Celio e gli schiavi di Clodia. Cicerone però riporta l'attenzione su quella che è secondo lui la reale causa dell'accusa rivolta da Clodia a Celio, cioè la rottura della loro relazione (discidium). Lessico - Pyxidem: pyxis, pyxidis grecismo = contenitore (scatola, cofanetto, barattolo). - Ad balneas Senias: non sono altrimenti noti, strana forma Senias, aggettivo in accusativo femminile plurale? genitivo alla greca?. - Simultas: letteralmente "il fatto di essere insieme" (cfr. simul, similis) → rivalità, competizione, animosità. - Nimirum: avverbio "senza dubbio, appunto". - Hinc illae lacrumae: espressione di Terenzio (Andria 126, diventata proverbiale). - Scelerum atque criminum: endiadi, "i capi d'accusa di tutti questi delitti". Grammatica - Eodem: avverbio, "nel medesimo luogo". - Hic primum: hic avverbio "qui, a questo punto", primum avverbio "per prima cosa" - Ad Caelium domum: domum moto a luogo in accusativo semplice. - Quid suspicionis: pronome interrogativo neutro + genitivo partitivo. - Exstiterat: da exsisto indicativo piuccheperfetto. - Traduzione paragrafo 62 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Cicerone narra la vicenda attraverso un'obiezione dell'accusatore di Celio che presenta il punto di vista di Clodia e le sue contromisure nei confronti del presunto tentativo di avvelenamento da parte di Celio. In particolare Cicerone mostra quanto sia assurdo il luogo fissato per l'appuntamento. Lessico - Manifesto: avverbio, "manifestamente, in flagrante, sul fatto". - Cur enim potissimum: potissimum qui = "in particolare". - Quadrantaria illa permutatione: si tratta della tariffa pagata per l'uso dei bagni pubblici. Il quadrans (un quarto di asse) era la moneta di valore più basso in circolazione; l'allusione è a quadrantaria Clytaemestra, l'espressione usata da Celio nel suo discorso di difesa per definire Clodia come una Clitemnestra (con allusione all'omicidio del marito) che si prostituisce per un quadrante. Secondo Plutarco (Cic. 29.5) a Clodia fu dato il soprannome di Quadrantaria quando un amante le mandò una borsa piena di monete di rame invece che d'argento ritenendo che fosse tutto ciò che valeva. Grammatica - Rationem ... reprehendi: reprehendi gerundio genitivo riferito a rationem, lett. "modo del confutare". - Quae latĕbra ... posset: proposizione interrogativa indiretta. - Si essent ... non laterent; sin .. vellent, nec possent ... et ... reciperentur: periodi ipotetici di irrealtà con verbi al congiuntivo imperfetto. - Traduzione paragrafo 63 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Cicerone narra come si sarebbero svolti i fatti relativi alla consegna del veleno agli schiavi di Clodia. il racconto è attribuito agli accusatori e di questa ricostruzione viene messa in luce con grande ironia la mancanza di verosimiglianza. Lessico - Quin sint pergraves: ironia di Cicerone nell’uso dell’aggettivo. - Eam provinciam susceperint: provincia (etimologia dubbia) in generale "sfera di attività, incarico, funzione"; nel lessico ufficiale "giurisdizione, competenza di magistrato dotato di imperium". Indica il governo della provincia romana; provincia come territorio sottoposto a potere di magistrato. La provincia per antonomasia è la Gallia meridionale [→ Provenza] - Impetu se in fugam coniecisse: termini del linguaggio militare. Grammatica - Quinam: aggettivo indefinito che introduce interrogativa indiretta. - Deprehensi: participio perfetto da deprehendo al genitivo concordato con veneni. - Non dubito quin: quin introduce una proposizione completiva retta da verbo di dubbio. - Quam velit sit potens: cfr. quamvis in origine formata da due parole (quam vis = "quanto tu voglia") - > uso avverbiale e poi come congiunzione concessiva ("sebbene, anche se"); quam talvolta usato anche con altre forme di verbo volo [→ qui quam velit = "per quanto"]. - Delituerunt: indicativo perfetto da delitesco, notare omoioteleuto con prosiluerunt. 16/11/21 Cicerone insiste su questa narrazione perché sta costruendo una scena da teatro. Non solo il riferimento al teatro è esplicito a partire dal paragrafo 64, ma questa scena comica è di qualità molto bassa. Come dice Cicerone, può essere paragonata non a una trama teatrale, ma ad un mimo [rappresentazioni sceniche di successo durante la sua età. Erano fatte da mimi/danzatori che avevano una trama molto sommaria e sui quali i danzatori facevano queste rappresentazioni basate sull’espressività del corpo]. Abbiamo tracce anche di una forma più letteraria del mimo, ma la conosciamo male perché non abbiamo questi canovacci. - Traduzione paragrafo 64 1Per esempio tutta quanta questa 2storiella di una poetessa esperta e autrice di molte commedie quanto è senza valore3, quanto non può trovare una conclusione! Che cosa infatti? Questi tanti uomini – infatti è necessario che siano stati non pochi affinché Licinio potesse essere preso facilmente e il fatto fosse più attestato attraverso gli occhi di molti – perché persero Licinio dalle mani4? 5Come infatti Licinio potè essere preso meno quando si ritrasse per non consegnare il contenitore (del veleno), di quanto se lo avesse consegnato6? Infatti quelli si erano posizionati per prendere Licinio, affinché Licinio fosse preso sul fatto7 o quando tenesse il veleno o quando l’avesse consegnato. Questo fu tutto quanto il piano della donna8, questo il compito9 di costoro a cui era stato richiesto; 10certo non trovo perché tu dici che essi erano balzati fuori avventatamente e prima del tempo. Erano stati chiamati per questo, erano stati posti per questa cosa, affinché il veleno, affinché la trappola, insomma il delitto stesso fosse colto sul fatto. 1. Cicerone mette in ridicolo il racconto della consegna del veleno e con molta ironia lo paragona a una sconclusionata; trama comica inventata da Clodia. 2. Fabella ... poetriae: il racconto della consegna del veleno è paragonato a un racconto comico (fabella) composto da un'abile commediografa (poetria); qui l'aggettivo vetus significa "esperto", mentre fabula = commedia. Le commedie a Roma erano scritte in versi, per questo dice poetessa. 3. Sine argumento: "senza valore, realtà". 4. Fa riferimento a quelle persone mandate da Clodia nascoste nei bagni e che dovevano sorprendere Licinio. In particolare, fa riferimento alla favella: è un termine generico; fabula è l’intreccio della commedia (termine tecnico della narratologia). Questa poetessa che è esperta è Clodia: è l’autrice di tutta questa invenzione. 5. Qui minus ... quam si?: qui interrogativo "come", minus ... quam comparativo di minoranza, cum ... retraxit proposizione temporale, ne ... traderet proposizione finale negativa; notare il poliptoto traderet – tradidisset. 6. La sintassi è complicata per rendere l’assurdità della situazione. Bisogna collegare minus a quam, a cui si lega l’ipotetica con il congiuntiva piuccheperfetto che indica l’irrealtà del fatto [=> come hanno potuto prendere Licinio quando lui non consegnò questo contenitore; come meno potè accadere ciò se lui l’avesse consegnato]. 7. Manifesto ... teneretur: manifesto è un avverbio che ritorna spesso [= "sul fatto, in flagrante"]. 8. Consilium mulieris: Cicerone si riferisce a Clodia; è il piano di Clodia e aveva predisposto tutto perché questi potessero cogliere Licinio sul fatto. 9. Provincia: è in generale l’incarico, il compito. È anche un termine che si riferisce all’incarico di un magistrato che amministra una zona alle dipendenze di Roma, a cui poi il termine di provincia. 10. Quos, che funziona da soggetto di prosuilisset, è un nesso relativo [si riferisce a quei personaggi mandati da Clodia]. - Traduzione paragrafo 65 1Forse poterono balzare fuori più al momento giusto2 che quando Licinio era arrivato, quando teneva in mano il contenitore del veleno3? 4Quando già fosse stato dato agli schiavi, 5se gli amici della donna improvvisamente fossero usciti dai vani e avessero catturato Licinio, avrebbe implorato l’aiuto degli uomini6 e avrebbe negato con forza che quel contenitore fosse stato consegnato da lui7. Come quelli lo avrebbero confutato?8 Avrebbero detto di averlo visto? In primo luogo avrebbero richiamato a sé il capo di accusa di un grandissimo delitto; poi avrebbero detto di aver visto ciò che non avrebbero potuto vedere nel luogo in cui erano stati messi9. Dunque si mostrarono nel momento stesso, quando Licinio era arrivato, aveva preso il contenitore, aveva porto la mano, aveva consegnato il veleno10. Dunque allora (è) il finale di un mimo, non di una commedia11 ; 12nel quale quando non si trova una conclusione, qualcuno sfugge dalle mani, poi gli zoccoli fanno rumore, il sipario è sollevato13. con principe troiano, che l’aveva portata in oriente. Questo muliebre è il riferimento a questa guerra che è stata causata da una donna; anche questa è una guerra da donna, perché ha come causa scatenante, per Cicerone, la rabbia di Clodia nei confronti di Celio. 10. Mostra Licinio. 11. Nesso relativo. 12. Uso del futuro semplice e anteriore, che indica l’anteriorità rispetto un futuro semplice. 13. Alia fori ... lychnorum: anafora alia, alius come correlativo "una cosa ... l'altra"; lychnorum viene da lychus "lampada, lume" grecismo; notare le antitesi. Fa una contrapposizione fra quelle che sono le virtù che bisogna avere a banchetto e che questi testimoni potevano avere, e le virtù che danno la forza nel foro. Abbiamo queste contrapposizioni che sono rimarcate dall’uso correlativo di alius. I dibattimenti avvenivano alla luce del sole, altra è la luce offerta dalla luce dei banchetti (grecismo). 14. Omnis ... delicias, omnis ineptias: notare l'anafora. 15. Chiude la sezione con l’appello ai testimoni. 16. Aliam operam, aliam ... gratiam, in aliis ... rebus: notare anafora e poliptoto. - Traduzione paragrafo 68 1Ma quelli sono schiavi affrancati2 su parere di parenti, uomini assai nobili e famosi. Infine troviamo qualcosa che questa donna è detta aver fatto su parere e secondo l’autorità dei suoi valorosissimi parenti3. Ma desidero sapere che importanza argomentativa ha questo affrancamento4; 5con essa o è stato ottenuto il capo d’accusa contro Celio6 o è stata tolta l’indagine o a buon diritto7 è stato pagato il premio agli schiavi che sapevano molte cose8. 9Dice “ma è piaciuto ai parenti”. Perché non sarebbe piaciuto (a loro), dal momento che tu stessa dicevi che il fatto era stato riportato a te non da altri ma che era stato scoperto da te stessa?10 1. Cicerone ironizza sul fatto che Clodia abbia affrancato gli schiavi che l'hanno aiutata e che questo fu un atto che Clodia avrebbe fatto su indicazione dei suoi parenti; l'affrancamento degli schiavi sarebbe soltanto funzionale all'accusa contro Celio, poiché li avrebbe indotti a testimoniare contro di lui (crimen est Caelio quaesitum) o avrebbe impedito di torturarli durante il processo (quaestio sublata) o sarebbe stata la ricompensa per la loro connivenza (multarum rerum ... persolutum). 2. Sunt servi ... manu missi: manu mittere significa liberare uno schiavo dalla condizione servile. 3. De suorum propinquorum …: lungo periodo ironico. Se questi schiavi sono stati liberati non possiamo chiamarli a testimoni ed estorcere loro una testimonianza con la tortura. Altro elemento ironico che usa è che sono degni di considerazione perché sono stati liberati e si scaglia anche su questo. 4. Quid interrogativo [argumenti genitivo dipendente da pronome interrogativo quid]; prima attestazione del termine manumissio. 5. In qua aut ... aut ... aut: in qua nesso relativo riferito a manumissio; notare anafora di aut. 6. Affrancati perché accusato Celio. 7. Cum causa ... persolutum: "a buon diritto". 8. Con manumissione Clodia ha ripagato il favore che questi schiavi avevano fatto a lei. 9. Immagina il modo in cui a questa sua obiezione poteva essere risposto. 10. Cum tu ... diceres: cum narrativo, il verbo diceres regge l'infinitiva te ad eos deferrem che a sua volta regge due proposizioni infinitive rem non ab aliis tibi adlatam (esse) e sed (rem) a te ipsa compertam (esse). - Traduzione paragrafo 69 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Cicerone allude a un episodio per noi oscuro ma ben conosciuto dai presenti (audita et percelebrata sermonibus, hominum sermo atque opinio) che ruota intorno alla pisside [contenitore]. Durante il suo discorso di difesa Celio stesso aveva suscitato il riso del pubblico mostrano una pisside. Qui fa riferimento ad una storia scabrosa della pisside. Non riusciamo a capire cosa intende. Probabilmente è il riferimento ad una storia di un altro contenitore sulle storie di Clodia che riguardavano lei e un suo amante. Sono solo congetture e non riusciamo a capire a cosa si riferisca. Poi alla fine è presente un riferimento alla prostituta. Lessico - Obscenissima ... fabula: vaga allusione di Cicerone ad una storia legata a pisside. Celio durante sua arringa doveva aver suscitato riso mostrando una pisside, forse un’allusione a una storia conosciuta dal pubblico che riguardava Clodia e un suo amante. - In ... mulierem ... cadere: cado + in e accusativo = "convenire, adattarsi". - Insulso ... inverecundo: notare allitterazione. - In istam quadrare: allusione ad epiteto quadrantaria riferito a Clodia (= in istam). Grammatica - Hic etiam miramur: hic avverbio, "a questo proposito, a questo punto" - Quid velim ... quid nolim: proposizioni interrogative indirette, notare anafora e antitesi (volo – nolo). Questa conclusione è piuttosto incerta per noi perché anche nel paragrafo 71 troviamo il riferimento a due personaggi, Camursio e Cesernio, che vengono portati dall’accusa come casi simili a quello di Celio, che doveva riguardare anche un certo Vezio di cui non sappiamo nulla. Si hanno riferimenti di Cicerone ad altri casi simili, che dice non c’entrare nulla con il caso di Celio, ma che erano stati portati dall’accusa per avvalorare l’attacco. Inizia in quest’ultima parte la vera e propria peroratio di Cicerone [paragrafo 70: dicta est … perorata]. Riassume quelli che sono gli elementi che riguardano la causa in generale. Dice che le leggi di violenza non centrano nulla con l’accusa a Celio e proprio attraverso questi confronti fa un ritratto positivo di Celio. In particolare, nel 71 dice che in realtà da sempre Celio aveva frequentato persone per bene, da cui aveva imparato a comportarsi in pubblico nel migliore dei modi, e aveva privilegiato quelle occupazioni che potevano essere a favore dello stato. - Traduzione paragrafo 70 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Cicero inizia la requisitoria finale (peroratio) e ricorda la legge in base a cui Celio è accusato a suo parere ingiustamente: una legge fatta per garantire la sicurezza dello Stato è in questo caso usata per soddisfare i piaceri di Clodia Lessico - Quantum iudicium ... quanta res: notare il poliptoto. - Legem ... tulit: legem fero = proporre una legge. - Catulus: riferimento alla lex Lutatia de vi fatta votare da Quinto Lutazio Catulo nel 77 o 78 a.C., ripresa e aggiornata nel 70 ca. dalla lex Plautia → quaestio perpetua per la repressione di crimen de vi. - Ad ... poenas ... deposcitur: aliquem ad poenam deposcere = esigere la punizione di qualcuno. Grammatica - Quae lex ... quam legem ... quaeque lex: proposizione relative che anticipano hac nunc lege; notare il poliptoto. - Sedata ... flamma: ablativo assoluto. - Traduzione paragrafo 71 [vedi traduzione – libro]. Contenuto Cicerone ricorda il caso di Camurzio e Cesernio, sui quali non abbiamo altre notizie. Probabilmente Cicerone citò questo caso come esempio di estensione della legge de vi a casi di immoralità (struprum); a questi si collega anche il nome di Vezzio, un altro personaggio di difficile identificazione. Lessico - M. Camurti et C. Caeserni: personaggi non altrimenti noti, come anche il Vettius seguente. - Audetisne ... audetisne: anafora. - Nempe: avverbio usato con valore affermativo ed esplicativo ("appunto, proprio"), nelle risposte anche con senso ironico ("certo che sì"), nelle proposizioni interrogative (come in questo caso, "dunque, non forse?"). - Idcirco: avverbio, "perciò" . Grammatica - Ut audiretur ... ut ... referretur: proposizioni consecutive. - Quamquam ... tenebantur: proposizione concessiva. - Ut ... viderentur: proposizione consecutiva (notare nella reggente l'avverbio eo "tanto"); costruzione personale di videor. Eximendi sottinteso esse [→ perifrastica passiva]; eximo + ablativo o e/ex e ablativo = "sottrarre a, liberare". - Traduzione paragrafo 72 [vedi traduzione – libro] Contenuto Cicerone, come già in precedenza, insiste sulla dirittura morale di Celio, sul fatto che abbia seguito l’esempio positivo di persone più grandi e si sia dedicato ad attività utili per lo Stato. Lessico - Proprium quaestionis crimen: quaestio fa riferimento al tribunale che giudicava i reati de vi. - Seiunctum ... coniunctum: notare la figura etimologica e l'antitesi, entrambi i termini sono composti di iungo (da seiungo e coniungo). - Cursum laudis: lett. "carriera della lode" = cursus honorum. Grammatica - Cui neque proprium: cui nesso relativo (si riferisce a Celio). - Cuius prima aetas: cuius nesso relativo (si riferisce a Celio). - Ad hunc usum ... dignitatem: complementi di fine; notare la costruzione con il gerundivo ad capessendam rem publicam. Capesso ("voglio, cerco di prendere") è un verbo desiderativo da capio. - Is ... amicitiis ... is ... studiis: ablativi di qualità, is = eis. - Maiorum natu: maiores natu = quelli più anziani, lett. "maggiori di nascita"; natu viene da natus, us (sostantivo usato solo all'ablativo singolare natu), a sua volta da nascor = "di età, per età, per nascita". - Quorum ... vellet: proposizione relativa impropria (consecutiva). 1Perciò, 2se3 a qualcuno sembra essersi infiammata4 troppo sia nel cominciare sia nel nutrire inimicizie5 la forza di quello, la ferocia, l’ostinazione, se anche qualcosa di queste cose minime irrita qualcuno, se il genere di porpora, se i mucchi di amici, se il lusso, se la bellezza, presto queste cose sbolliranno, presto l’età, presto la realtà, presto il tempo6 avrà calmato7 tutto. Conservate dunque allo stato, o giudici, un cittadino di buone qualità, di buoni principi politici, un cittadino (che fa parte) degli uomini per bene8. Prometto questo a voi e giuro allo stato, se soltanto noi stessi9 abbiamo dato soddisfazione allo stato, che mai costui sarà separato dai nostri pareri. E prometto questo sia fiducioso nella nostra amicizia, sia perché egli stesso già si obbligò con leggi durissime10. 1. Cicerone ammette che i toni e l'atteggiamento di Celio possono infastidire qualcuno, ma afferma che tutto sarà mitigato dal tempo e dall'esperienza. In particolare, tra le cose che possono infastidire ricorda il fatto che si possa vestire troppo sgargiato [porpora], il fatto che sia circondato da mucchi di amici; in sostanza, il fatto che emerga fra gli altri. Cicerone garantisce che Celio si dimostrerà un uomo virtuoso, moderato e utile allo Stato. 2. Anafora di si. 3. Si cui ... videtur ... vis: protasi di periodo ipotetico; cui pronome indefinito, costruzione personale di videor, notare nel periodo l’anafora di si e iam. 4. Effervisse ... deferverint: da effervesco e deferveo, antitesi. 5. Vel in suscipiendis vel in gerendis inimicitiis: in + gerundivo all'ablativo. 6. Aetas ... res ... dies: tricolon; res = realtà, dies = tempo (in generale). 7. Deferverint ... mitigarit: verbi al futuro anteriore, mitigarit = mitigaverit. 8. Bonarum ... bonarum ... bonorum: anafora e poliptoto; bonae artes = buone qualità, bonae partes = buoni principi politici, boni viri = uomini perbene. 9. Usa pluralia maiestatis. 10. Cum ... tum quod ... obligavit: cum/tum correlativi; quod ... obligavit proposizione causale. - Traduzione paragrafo 78 1Infatti colui che abbia chiamato in giudizio un ex console2, 3poiché diceva che lo stato era stato da lui oltraggiato, non può egli stesso4 essere un cittadino turbolento nello stato; colui che non sopporta che sia assolto dall’accusa di brogli elettorali neppure uno già assolto5 egli stesso non può mai essere impunemente un corruttore. O giudici, lo stato ha da marco Celio due accuse o come garanzie del pericolo o come pegni della volontà6. O giudici, perciò prego e imploro che, nella città in cui7 da pochi giorni Sesto Clelio8 è stato assolto, che voi per un biennio avete visto o promotore o capo della rivolta, che con le sue mani ha incendiato le sacre sedi9, i registri del popolo romano, gli annali pubblici, un uomo 10senza sostanza, senza lealtà, senza speranza, senza dimora, senza fortune, del tutto volgare nella bocca, nella lingua, nella mano, nella vita, che ha abbattuto il monumento di Catulo11, ha demolito la mia casa, ha incendiato (la casa) di mio fratello, che sul Palatino e sotto gli occhi della città ha incitato gli schiavi12 alla strage e ad incendiare la città13: in questa città non lasciate che quello14 sia assolto grazie ad una donna, Marco Celio sia consegnato alla smania di una donna15, non sembri che la medesima donna con il suo compagno e fratello16 abbiamo salvato un vergognosissimo bandito e abbia eliminato un onestissimo giovane. 1. Secondo Cicerone le accuse intentate da Celio sono una garanzia per la sua onestà futura, inoltre Celio non può essere condannato se negli stessi giorni è stato assolto un uomo malvagio come Sesto Clelio. Serve per mettere a confronto la sorte di questo personaggio con quella che è la sorte di Celio. 2. Hominem consularem: riferimento a Gaio Antonio Hybrida. 3. Quid ... diceret: proposizione causale, il verbo al congiuntivo (invece che all'indicativo) dipende dal congiuntivo vocarit = vocaverit della proposizione reggente. 4. Non enime potest ... non potest: notare l'anafora. 5. Si riferisce all’accusa intentata contro Calpurnio Bestia. 6. Periodo molto lungo in cui si ha una ripresa; grande digressione su un personaggio mai citato, Sesto Clelio. 7. Ut qua in civitate ... in hac civitate ne patiamini: in hac civitate riprende qua in civitate dopo un’ampia digressione su Celio; la proposizione completiva introdotta da ut (dipendente da oro obtestorque) rimane in sospeso e viene ripresa da ne patiamini e ne ... videatur. 8. Sex. Cloelius: un luogotenente di Publio Clodio assolto alla fine di marzo. 9. Aedis sacras: le aedes Nympharum sono dove è custodito il recensus (lista di cittadini che potevano ricevere distribuzione di grano). 10. Sine re ... sine fortunis: notare anafora. 11. Catuli monumentum: portico di Quinto Lutazio Catulo vincitore dei Cimbri posto sul Palatino vicino alla casa di Cicerone e di suo fratello. 12. Servitia: da servitium, nome collettivo per "schiavi". 13. Ad inflammandam urbem: inflammandam gerundivo. 14. =Clelio. 15. Absolutum muliebri gratia ... lubidini muliebri condonatum: chiasmo. 16. Cum suo coniuge et fratre: riferimento a Clodio e allusione a incesto tra fratello e sorella. - Traduzione paragrafo 79 1E perciò quando avrete posto davanti a voi la giovinezza di questo2, ponete3 davanti agli occhi anche la vecchiaia di questo misero che si appoggia su questo unico figlio, riposa nella speranza di questo, teme la sventura di questo solo4; costui supplice della vostra misericordia, servo del vostro potere, gettato non tanto ai (vostri) piedi quanto ai vostri comportamenti e sentimenti, voi sorreggete per il ricordo dei vostri genitori e per la felicità dei (vostri) figli, 5affinché nel dolore di un altro abbiate cura per il rispetto per i genitori e della vostra indulgenza (per i figli). O giudici, non vogliate6 che costui7 ormai alla fine per la natura stessa sia ucciso dalla vostra ferita prima che dal suo destino, e non abbattete questo8 che ora per la prima volta 8fiorisce 9essendo stata ormai rafforzata la radice della virtù come con qualche turbine o un’improvvisa tempesta. 1. Cicerone si appella alla clemenza dei giudici (in termine tecnico: miseratio "appello alla pietà", par. 79-80) insistendo sulla misera condizione del padre di Celio che, con la condanna del figlio, rimarrebbe privo di sostegno. Allo stesso modo i giudici sono esortati ad assolvere Celio che ha dimostrato di voler proseguire nel cammino della virtù. 2. Quod cum ... proposueritis: quod congiunzione "e perciò"; cum ... proposueritis proposizione temporale con verbo al futuro anteriore. 3. Constituitote: imperativo futuro da constituo. 4. Qui ... nititur ... requiescit ... pertimescit: tricolon, notare anafora e poliptoto (hoc, huius, huius). 5. Ut ... serviatis: proposizione finale. 6. Nolite ... velle ... pervertere: imperativo negativo. 7. Riferimento al padre. 8. = il figlio. 9. Florescentem ... stirpe: metafora da mondo vegetale; stirps "radice, germoglio". 10. Firmata iam stirpe virtutis: ablativo assoluto. - Traduzione paragrafo 80 1Preservate il figlio al padre, il padre al figlio2, 3affinché non sembri che abbiate disprezzato una vecchiaia ormai quasi senza speranza o non solo non abbiate alimentato ma anche abbiate colpito4 e abbattuto una giovinezza piena della massima speranza. 5Se lo preservate per noi, per i suoi, per lo stato6, lo avrete conservato7, vincolato, dedito, obbligato8, a voi e ai vostri figli e, o giudici, raccoglierete in moltissima misura i frutti abbondanti e duraturi di tutte le energie e le fatiche di quello. 1. Cicerone ribadisce la sua richiesta di assoluzione con un due periodi molto equilibrati ed elaborati dal punto di vista stilistico in cui torna sottotraccia la metafora vegetale in riferimento a Celio (perculisse, adflixisse, fructus ... capietis). 2. Parenti ... filio: notare poliptoto e chiasmo. 3. Ne ... videamini: proposizione finale negativa, costruzione personale di videor. 4. Perculisse: infinito perfetto di percello (colpire). 5. Quem si nobis: quem nesso relativo = Celio. 6. Si nobis ... rei publicae: tricolon, anafora e poliptoto. 7. Conservate ... conservatis: poliptoto [imperativo]. 8. Addictum ... obstrictum: tricolon e omoioteleuto. Celio per Cicerone è il rappresentante della parte buona della società romana, di quei giovani che hanno avuto un percorso accidentato, ma hanno avuto buone scuole. Lo diffonde come testo politico.