Scarica appunti Tacito completi e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! TACITO VITA Cornelio Tacito, non si è certi di quale fosse il suo prenomen (Publio o Gaio) né data di nascita e luogo d’origine, nonostante fosse il più grande scrittore dell'epoca con Seneca. Dall'epistolario di Plinio il Giovane si comprende che era poco più grande di lui, quindi probabilmente è nato attorno al 55 d.C. e per la formazione ricevuta, di famiglia equestre. Come molti storici di Roma è stato anche un politico, infatti si è dedicato alla letteratura dopo i 40 anni, prima era un oratore di successo. Non sono giunti discorsi, ma importanti come quello in difesa dei provinciali d'Africa contro un precettore corrotto, come aveva fatto Cicerone con le "Averrine". Ha avuto un cursus honorem: pretore, console, proconsole. Nonostante gli anni dell’impero di Domiziano, convive con questo governo dittatoriale. Fu il funzionario romano che compie il suo dovere pur non amandolo, non vi si oppone apertamente. Solo quando cade l’impero con la congiura e inizia il periodo degli imperatori per adozione (Nerva, Adriano e Traiano) inizia a scrivere le opere storiche che lo hanno reso celebre, torna una libertà di espressione. A noi ne sono giunte 4 con certezza e una di dubbia attribuzione e sono: “Germania”, “Agricola”, “Historiae”, “Annales”. Le prime due risalgono al 98 d.C., anno della salita al trono di Traiano. AGRICOLA Si tratta della biografia di Giulio Agricola, con cui era imparentato (suocero), uno dei generali e uomini politici più illustri dell'età Flavia, distinto per valore militare e capacità amministrative. Ne fa un elogio funebre dopo la morte sotto Domiziano. Non aveva potuto pubblicarla subito, dato che Domiziano odiava Agricola per invidia e girava la voce l’avesse avvelenato (aveva ampliato il dominio romano in Britannia). Dunque, richiamato a Roma aveva rinunciato all'attività politica, riscattandosi dalla purga, ma poco dopo muore. Nel descrivere compie un omaggio, lo aveva aiutato nella sua carriera. I toni sono da panegirico, elogio funebre, ma il suo scopo era ancora più profondo. Vuole mostrare come ci si deve comportare sotto una tirannide, è stato fedele allo stato nonostante la guida corrotta. Non un eroe della libertà, ma ha seguito il senso del dovere, più utile di chi è morto per la libertà compiendo gesti eclatanti. Sta giustificando se stesso, non essendosi ribellato (diverso da Tabucchi in “Sostiene Pereira”). Ha però svolto il suo compito senza appoggiare o adulare l’imperatore, rivendica la sua moderazione. IMPERIALISMO ROMANO E DISCORSO DI CALGACO L’opera “Agricola” presenta anche caratteristiche storiografiche, soprattutto nelle imprese militari. Riflette sull’imperialismo romano, in quanto Roma ha conquistato tutto il mondo conosciuto con violenza. Inserisce i discorsi dei capi stranieri (Calgaco dei Calegoni), mostra il punto di vista dei conquistati che vedono i romani come uomini assetati di potere e ricchezza, pronti a cacciarli in nome della pace. I romani si giustificano dicendo che portavano civiltà e diritto a popoli selvaggi, guerre chiamate ‘bellum iustum’. È un discorso avvenuto nell’84 d.C., settimo anno della guerra in Britannia, prima della vittoria finale di Agricola e invidia di Domiziano. Nonostante Calgapo sia uno sconfitto, ne ammira la nobiltà della causa per cui è morto. Nel ‘900 c’è stato molto dibattito sull’ imperialismo romano, comparandolo a quello americano. Alcuni hanno condannato questi per azioni travestite da nobili ideali come libertà e democrazia sopra cause economiche, altri le vedono come buone azioni che hanno portato istituzioni come la scuola. Tacito riconosce le motivazioni altrui, parla della visione degli invasi ma segue comunque il discorso di Agricola che si giustifica, in nome di una missione positiva. Sallustio, suo modello, aveva fatto qualcosa di simile con il discorso di Catilina alle sue truppe e la lettera al re del Ponto nelle “Historiae” (romani come un popolo di predoni). Caratteristiche comuni tra i due: ricorso a monografia storica, pessimismo, frasi brevi e nominali, variatio, infiniti storici narrativi. Rifiuta la tradizione, la sua prosa è varia. GERMANIA Compone un trattato geoetnografico “De origine era situ Germanorum liber”, “Germania”, un libretto, una monografia che si sofferma su quella che è la principale minaccia per l’impero romano. Le prime invasioni furono durante l’epoca di Caio Mario nel II secolo a.C., poi con Cesare e la sconfitta di Teutoburgo, poi periodicamente la minaccia tornava. Spesso Domiziano aveva fermato la tribù dei Catti e consolidato il limes. Nell’opera vuole fornire un quadro più ricco e preciso delle popolazioni al di là del Reno: Svevi, Catti, Teutoni. L’operetta è divisa in due parti: prima si sofferma sulle caratteristiche comuni delle varie tribù (geografiche, sociali), poi presenta singolarmente quelle principali. Non è mai stato sul campo, ma desume le informazioni dai testi letterari precedenti in particolare le fonti sono Giulio Cesare del “De Bello gallico”, Tito Livio “Ad urbe condita libri” e Plinio il Vecchio in un’opera che non c’è giunta sulle guerra in Germania. Prima volta in cui un’intera opera è dedicata ad abitudini e usanze di una cultura straniera, di solito si trovavano excursus dentro ad opere storiografiche, è originale. Sceglie di indagare i costumi germani soprattutto per riflettere sulla decadenza dei costumi romani. I germani appaiono al romano Tacito un popolo ancora incorrotto, puro, simile ai romani di un tempo. Ora Roma gli appare avviata verso una decadenza di natura morale. Spera nella divisione tra le varie tribù, perché se fossero uniti non avrebbero speranza, per ora si fanno guerra tra loro. Attraverso questa esaltazione dei nemici (casti, religiosi, non avidi), critica implicitamente la vita e i costumi dei suoi tempi. Ne riconosce anche i difetti (pigrizia, passione per il gioco e per l’alcol), ma li ammira in quanto più autentici e meno corrotti. Il libricino è stato fondante per i tedeschi, soprattutto per i nazionalisti che lo hanno celebrato e strumentalizzato come fondamento della loro purezza (usato da Hitler e Hegel). Questo moralismo e critica alla corruzione presente, con un certo pessimismo, lo avvicina a Sallustio, fonte di ispirazione. Non mancano parti narrative sulle guerre passate e recenti. Si sofferma sulla loro autoctonia, dunque la loro etnia non ha subito alcuna mutazione con altri popoli, in quanto per il freddo nessun popolo vi si sarebbe trasferito. DONNE GERMANE Si sofferma sulle caratteristiche delle donne germane, opposte a quelle romane corrotte dalla lussuria. Il matrimonio è visto come un legame strettissimo tra gli sposi, quindi risulta raro l’adulterio e se accade viene punito gravemente. La donna veniva condannata dal marito, dalla comunità, le venivano tagliati i capelli, denudata dinnanzi ai parenti e cacciata di casa, spinta con la frusta davanti al villaggio, non c’è perdona per la donna che tradisce. Non si agghindano, semplicemente fanno le brave mogli, sono pure. Non ci si poteva risposare neanche da vedova, in alcune tribù arsa viva con il corpo del marito defunto. C’è una critica al divorzio e all’aborto, a Roma era illegale ma si ricorreva a quello illecito. Diventano dunque uno specchio negativo della Roma corrotta e questa polemica la si vede anche nella descrizione dell’educazione dei bambini che vengono allattati ed educati direttamente dalla madre, senza balie o nutrici. A Roma la figura femminile aveva ormai perduto l’immagine della matrona dedita alla casa e alla famiglia. Tacito piacque anche a Marinetti che lo “arruolò” tra i futuristi per la varietà e novità del suo stile. LE HISTORIAE E PROEMIO Monografia storica che segue il modello annalistico per descrivere le vicende dell'impero romano negli anni della dinastia Flavia, dei quattro imperatori (69-96), con ottica monografica (si concentra su un unico periodo). Ha come modello Sallustio. Dell'opera sono giunti i primi quattro libri e parte del quinto, probabilmente erano 12 ma non si è sicuri. Circolavano insieme agli “Annales” e insieme erano 30 libri. È un'opera di tensioni, guerre civili, crisi dei costumi, con il suo tradizionale pessimismo. Da proemio e costruzione dell'opera sembra giudicasse negativamente tutti gli imperatori, anche se si rivela obiettivo per gli standard latini. Già nel proemio dichiara di voler scrivere l'opera "neco amore e sine odio", atteggiamento che deve avere lo storico di fronte ai fatti narrati. Consulta le fonti e cita spesso gli atti delle deliberazioni del Senato, riportando anche più versioni di un fatto ma indicandone una come più probabile. Non nega però che ci siano stati anche atti di eroismo e uomini virtuosi anche negli anni duri per la patria. Non si limita a riportare i fatti, gli da un significato e un’interpretazione, prova a dare un quadro completo e indagare le cause. La definizione ciceroniana della storia è "opus oratoria maxime" (opera soprattutto oratoria). Mantiene un grandissimo stile, ma rifiuta l'ottica partigiana che caratterizzava la storiografia (adulatrice o di opposizione). Vuole rifiutarle entrambe, non denigra e non si accanisce contro i morti, fatto al centro del poema. Accetta il principato, sa che è l'unico modo per garantire la pace dopo le guerre civili, ma sa anche che toglie le libertà e la possibilità di esprimersi. La sua storiografia viene definita tragica dai critici a differenza dei toni epici con cui aveva cantato la fine di Roma Livio. Offre però ritratti credibili, le persone diventano quasi personaggi di un romanzo. Nel proemio aveva detto che il tempo di Nerva e Traiano era diverso, che si poteva dire ciò che si sentiva ma alla fine non ne ha parlato, ha preferito tornare indietro e denunciare gli errori. VITELLIO Sono giunti solo i primi quattro libri, del 69 d.C., anno dei quattro imperatori. Si concentra su Vitellio, il punto più basso toccato secondo lui dall’impero: imperatore senza alcun merito, incapace militarmente e senza coraggio. Compagno di bagorde di Nerone, caratterizzato da gola, lussuria e pigrizia, facile da comandare e per questo venne fatto imperatore da generali della regione del Reno. Si tratta dell’anno decisivo perché si capisce che sono gli eserciti a decidere chi comanda e non occorre discendenza o legittimità, ma solo armi e forza. Galba fu scelto dalle