Scarica appunti web e social media modulo 2 e più Appunti in PDF di Leadership e comunicazione solo su Docsity! WEB E SOCIAL MEDIA II MODULO Introduzione Bibliografia: - social media marketing, strategie e tecniche per aziende b2b e b2c, Hoepli, 2015. - La pubblicità del futuro, Sisti, De Nardis, Pavone, Hoepli, 2015. Modalità d’esame: prova scritta, 3 domande aperte, soprattutto strategie di comunicazione digitale, metodologie analitiche, forme di advertising e strategia digitale e metodologie analitiche. Lezione 1 IL SEARCH ADVERTISING Fa parte della macrocategoria dei motori di ricerca. Fa parte della tipologia dei paid media, ossia tutti quei canali che sono utilizzati dalle aziende e dalle organizzazioni e che sono tutti quei canali che dietro pagamento consentono di promuovere un contenuto che la riguarda. Si rivolgono direttamente al consumatore finale. Questo sistema di paid media rientra nell’ambito del SEARCH ENGINE MARKETING (SEM) = marketing attraverso i motori di ricerca. Questo tipo di marketing ha la sua radice storica nella nascita dei motori di ricerca. Possiamo dire che i motori di ricerca sono nati a metà degli anni ’90 e il primo fu BackRub (1995) che si basava su un sistema di ricerca dei contenuti sul web che valutava i link relativi ad un sito come voti positivi e di conseguenza ne stabiliva il ranking. Puo essere considerato un precursore di Google. Pochi anni dopo, nel 1997, nasce Google. Nel 2000 nasce poi Google AdWords. Questo è stato il primo strumento di advertising completamente self-service, si cominciava a sviluppare un modello di business basato sulla pubblicità e sulla capacità di vendere spazi pubblicitari. Google AdWorks consente alle aziende proprietarie di siti internet di pubblicare una campagna di annunci promozionali a pagamento associati a gruppi di parole chiave selezionate dall’investitore. (definiremo questa strategia più a fondo) Accanto a Google AdWords, nel 2003 nasce AdSense ed è anch’esso un sistema che Google mette a disposizione delle aziende e anche di alcuni privati possessori di siti web, un metodo di online advertising che permette di collegare l’advertising a contenuti di pagine di terzi come siti web e blog. AdSense permette quindi agli editori di visualizzare sul proprio sito inserzioni attinenti al contenuto pubblicato, ricavandone delle revenues. Perché tutto questo funzioni è necessario avere la possibilità di verificare l’efficacia di queste campagne pubblicitarie e di vedere quindi l’aumento delle visualizzazioni, quanti click sono stati effettuati sull’annuncio di Google AdWords e in che modo ha raggiunto il pubblico. Deve essere dunque misurato l’impatto. Per questo motivo Google sviluppa Google Analytics (2005), che è un programma che permette a qualsiasi utente/partner di Google di avere info dettagliate sul traffico al proprio sito e cioè quante persone passando dal motore di ricerca e dall’annuncio sponsorizzato, sono arrivate poi a visualizzare il sito dell’azienda. Siccome un elemento cruciale di questo tipo di pubblicità è la capacità di raggiungere in modo mirato il proprio pubblico, Google sviluppa anche Site Targeting (2005) che è uno strumento che permette agli inserzionisti, in accordo con AdWords, di affinare la targetizzazione della pubblicità sul web. Nel 2005 tutti gli strumenti per il search advertising sono pronti! Quali sono gli strumenti che le aziende e le agenzie che si sono specializzate in questo settore possono utilizzare per fare search engine marketing? Il SEM si compone di 2 elementi: 1. Keyword advertising -> è lo strumento che corrisponde ad AdWords 2. Annunci contestualizzati sul modello AdSense Essi corrispondono alle prime due basi di quel sistema che Google ha organizzato negli anni 2000. Di cosa si tratta? Quali caratteristiche hanno? Sono annunci che vengono presentati solo a coloro che, attraverso le query, inserite sui motori di ricerca o siti (partner di ricerca) che stanno visitando, hanno mostrato in quel determinato momento un certo interesse verso quel prodotto o servizio. Quindi sono annunci che non raggiungono una massa indistinta di pubblico ma solo ad alcune persone in modo mirato e queste persone sono selezionate sulla base degli interessi specifici che queste persone hanno espresso navigando su alcuni siti partner di Google o digitando certe parole nei motori di ricerca. Sono quindi soggetti che in quel determinato momento si stanno interessando a quel prodotto/servizio e vanno dunque a costituire un target specifico. Quindi il SEM ci porta verso un tipo di pubblicità e promozione che mira ad un pubblico segmentato sulla base di specifiche caratteristiche ed interessi. (sono quei siti su Google che hanno la scritta ‘annuncio’) A cosa servono questi annunci? Google ci da 3 obiettivi che le aziende possono raggiungere attraverso questo tipo di promozione: 1. Ricevere più chiamate, 2. Aumentare il numero di visite al proprio negozio, 3. Indirizzare gli utenti verso il proprio sito web. Gli obiettivi che ci si propone attraverso una campagna di AdWords o di KeyWord advertising sono molto concreti che hanno un ROI (ritorno sugli investimenti) molto concreto. Ovviamente la guida di Google Ads suggerisce di strutturare in modo diverso l’annuncio in base all’obiettivo che si vuole raggiungere. Keyword Advertising: ha il compito di portare il cliente sul sito (o nel punto vendita) in seguito ad una ricerca su Google. Si basa sull’individuazione da parte dell’azienda di chiavi di ricerca idonee, cioè l’azienda deve individuare una serie di parole chiave che possono essere utili per condurre la clientela sul proprio sito web, sono parole che le persone generalmente digitano quando sono alla ricerca di un prodotto/servizio simile a quello che io azienda sto vendendo. Esistono alcuni strumenti che aiutano le aziende ad individuare queste parole e sono: Google Trends o AdWords. Una volta individuate, le aziende devono acquistare queste parole chiave affinché nel proprio annuncio siano contenute quelle parole. Questo tipo di pubblicità si paga ogni volta che qualcuno clicca su quel contenuto o su quella parola chiave. Riassumendo, il keyword advertising si usa per portare il cliente sul sito o nel punto vendita, in seguito ad una ricerca su Google e si basa sull’individuazione di chiavi di ricerca idonee da parte dell’azienda. Si giunge dunque alla creazione di aggregati di parole chiave (che diventeranno poi gruppi di annunci) dividendoli per concetti. > nel libro p.197 leggere approfondimento! un’altra differenza che viene fatta è quella tra le ricerche fatte da computer o da tablet, che sono dette ‘ricerche a cosa lunga’ perché vengono usate più parole fino a formare una frase oppure quelle che vengono fatte da smartphone, le quali tendono invece ad essere più sintetiche e di solito usano una sola parola. Gli annunci vengono poi organizzati in base ad una gerarchia e, sulla base di algoritmi, Google pubblica l’inserzione in base a quanto l’inserzionista ha investito e in base a quanto gli annunci creati dall’inserzionista sono rilevanti o pertinenti con le query effettuate dagli utenti. 1. Processo di selezione dei contenuti proposti; 2. Indicare direttamente una fonte affidabile. La posizione di Facebook è un po’ diversa da quella di Twitter, infatti non accetta inizialmente un accordo con il ministero e non accetta di rimandare ad un sito esterno che fornisca informazioni affidabili. A Febbraio 2020 la risposta di Facebook è inizialmente di gestione interna. Propone la propria squadra di fact-checker, ossia il modello sviluppato da Fb stesso come controllo di qualità delle informazioni che circolano sulla piattaforma. affermano che inizieranno a cancellare post con contenuti pericolosi, anche per quanto riguarda gli hashtag che promuovono fake news tramite Instagram. A Marzo 2020 Facebook cambia la propria posizione e si accorda con il ministero della salute permettendo di rimandare al sito del ministero. Inoltre, come per Twitter, anche su Facebook viene creata una pagina di aggiornamento live ritenuta affidabile sul tema del coronavirus. Anche per quanto riguarda Instagram, se si digita ‘coronavirus’ esiste un controllo rispetto alle prime fonti che vengono visualizzate. Ciò vuol dire che all’interno dell’algoritmo che lavora generalmente per mostrare i profili agli utenti, alcuni sono stati privilegiati. Quindi si è intervenuti sul modello di algoritmo di Instagram. (la prima che compare è la pagina della World Health Organization WHO). Anche una piattaforma come TikTok si è mossa in questa direzione. A febbraio, alla ricerca ‘coronavirus’ compariva un messaggio che suggeriva agli utenti di assicurarsi e verificare la veridicità dei contenuti che stavano pubblicando e venivano dunque sollecitati a non diffondere fake news. A marzo anche TikTok ha cambiato il proprio approccio: non c’è più solo una sollecitazione rivolta ai creators ma c’è un rimando ad alcune informazioni utili in merito al coronavirus. Proseguendo nello scrolling della pagina di TikTok troviamo un riferimento molto preciso, anche questa volta compare la pagina della WHO. Anche Pinterest è intervenuta nello stesso modo: a febbraio ha suggerito ai creators di verificare la veridicità dei contenuti che stavano pubblicando. A marzo 2020 Pinterest propone sempre un monito ai propri utenti perché non diffondano informazioni false o dannose ma soprattutto dice che è intervenuta a limitare i risultati di ricerca ai pin provenienti da organizzazioni sanitarie riconosciute a livello internazionale. Quindi ricercando la parola ‘coronavirus’ compaiono solo le campagne realizzate dall’OMS o da altri soggetti affidabili (intervento ancora più drastico rispetto alle altre piattaforme). Per la prima volta nella storia delle piattaforme social assistiamo ad un grande cambiamento: se prima le piattaforme social non si erano mai assunte la responsabilità dei contenuti che venivano condivisi e della loro qualità, ora con la pandemia, è stato riconosciuto che si tratta anche di piattaforme editoriali che hanno una responsabilità perché vengono utilizzate come fonte di informazione. È un cambiamento molto importante dal quale sarà difficile tornare indietro! Ma è comunque un cambiamento positivo che investirà anche tante altre tematiche in futuro. Lezione 2b LE FORME DEL FACEBOOK ADVERTISING (digital advertising) Stiamo sempre trattando l’ambito dei paid media. Prima di affrontare nel dettaglio le forme e le tipologie del Facebook advertising è necessario parlare del contesto in cui viene utilizzato il Fb advertising, ossia l’ambito delle fan page, cioè le pagine aziendali che Fb mette a disposizione per coloro che vogliono utilizzare la piattaforma come strumento di business. Le pagine fan nascono molto velocemente subito dopo la nascita della piattaforma stessa, consentendo così alle aziende di aprire una pagina per fare business. Nel tempo si sono poi consolidate le funzioni della pagina fan: 1. Una prima funzione è proprio quella di convogliare traffico qualificato verso il sito web. È ovvio che la pagina fan non sostituisce il sito web ma vi si aggiunge e anzi, è un ponte che viene costruito dalla azienda tra i suoi clienti e il sito web stesso. Il vantaggio è che gli utenti che dalla pagina fb accedono al sito sono già persone interessate al brand. Un altro vantaggio è che il brand può conoscere le caratteristiche sociodemografiche e gli interessi delle persone che accedono alla pagina dell’azienda attraverso le forme di analytics. 2. Stabilire una connessione costante nel tempo. Non è semplice per un brand poter interagire quotidianamente con i propri clienti o potenziali clienti e invece le pagine fan lo permettono perché svolgono un ruolo di mediatore della relazione con il brand e permettono di instaurare una relazione a lungo termine. Inoltre, si chiede ai fan un’azione semplice a basso investimento, come mettere un like. In cambio di questo like però ha una proposta di alto valore quale il piano editoriale dell’azienda, ossia l’insieme di contenuti che vengono pubblicati all’interno di una pagina aziendale su Facebook. 3. Favorisce un word-of-mouth automatico, un passaparola mediato dalla piattaforma. la pagina può innescare cicli di passaparola a partire dalla visibilità della pagina da parte di amici di amici oppure attraverso la condivisione di contenuti pubblicati dal brand tramite le proprie pagine personali. Una pagina fan ha dunque a disposizione vari strumenti: 1. Strumenti pay: annunci, sponsored stories, promoted posts. 2. Strumenti owned: sono i contenuti non sponsorizzati, ossia quelli pubblicati dal brand sulla sua pagina senza un investimento economico. 3. Strumento earned: il passaparola e le attività di condivisione e di sharing da parte degli utenti. Le forme di comunicazione pay attraverso Facebook La prima tipologia è quella delle inserzioni: corrispondono a dei veri e propri annunci pubblicitari che compaiono con la dicitura ‘sponsorizzato’ e che hanno lo scopo di promuovere un’azienda o un prodotto. Questi annunci vengono creati da un’azienda che possiede una pagina fan sulla piattaforma Facebook e sono rivolti a: (criteri di scelta) - un pubblico individuato a partire da una profilazione dei soggetti che hanno certe caratteristiche socio demografiche; - a persone che hanno già utilizzato un certo servizio; - o ancora a persone simili ai propri clienti. Inserzioni focalizzate sul ‘mi piace’ che sono tutte quelle inserzioni che ci vengono presentate sulla pagina Facebook e che ci viene segnalata in quanto alcune persone che appartengono alla nostra rete sociale hanno già messo il like a quella pagina. Quindi siamo sempre nell’ambito dei contenuti focalizzati ma non c’è essenzialmente la descrizione di un prodotto/servizio ma abbiamo la presentazione della pagina. Lo scopo primario è dunque quello di promuovere la pagina a persone interessate ai contenuti o ad aziende simili e, in secondo luogo, si avrà la descrizione del prodotto. Post in evidenza: una volta che esiste la pagina aziendale è possibile scegliere post in evidenza di particolare rilievo e sponsorizzarli in modo che siano visibili ad un numero di persone più ampio rispetto ai soli fan della pagina. In questo caso si crea un post che è semplicemente un post della pagina, lo si sponsorizza e si fa in modo che possa raggiungere un pubblico più ampio possibile di persone che hanno certe caratteristiche socio demografiche alle quali si vuole estendere la conoscenza del proprio brand o prodotto. Sono rivolti a fan, pubblici simili o pubblici profilati. Obiettivo: ottenere più reazioni, condivisioni o commenti e raggiungere nuove persone potenzialmente interessate alla pagina. Lezione 2c LA PROFILAZIONE DEGLI UTENTI NEL FACEBOOK ADVERTISING Facebook mette a disposizione delle aziende che hanno una pagina fan degli strumenti per poter mirare e dirigere la comunicazione ai destinatari che potrebbero essere interessati. Innanzitutto, è necessario sottolineare che le inserzioni su Facebook sono parte di un sistema d’asta, ciò significa che ogni volta che c’è la possibilità di mostrare un’inserzione a qualcuno, si verifica un’asta per determinare quale inserzione mostrare a tale persona. L’azienda vincitrice dell’asta è quella che ha realizzato il valore totale più alto su 3 indicatori: 1. Offerta: offerta in denaro impostata da un inserzionista per tale inserzione; 2. Tassi di azione stimati: ossia una stima della possibilità che una persona interagisca o effettui conversioni da una particolare inserzione, anche in base al successo che hanno avuto le inserzioni di una certa azienda in passato; 3. Qualità dell’inserzione: insieme di feedback delle persone che visualizzano o nascondono l’inserzione e la valutazione degli attributi di bassa qualità che possono essere presenti nell’inserzione, per esempio se c’è troppo testo, se mancano delle informazioni, se viene utilizzato un linguaggio troppo sensazionalistico ecc. I tassi di azione stimati e la qualità dell’inserzione misurano la pertinenza dell’inserzione rispetto al pubblico individuato, cioè quanto quell’inserzione è pertinente rispetto al target desiderato. Quindi la profilazione è parte della qualità dell’annuncio. Criteri di profilazione degli utenti: 1. Sociodemografici: - Dati demografici (escludono chi non li ha specificati) - Residenza (dichiarata o definita sulla base dell’indirizzo IP) - Avvenimenti importanti (compleanno ecc.) Ovviamente possono essere utilizzati solo i dati che gli utenti hanno deciso di rendere pubblici sul proprio profilo Facebook. 2. Interessi: - Tratti da parole chiave prese dai descrittori delle pagine a cui si è messo un like - In base alle categorie delle pagine like (x es. cibo, montagna ecc.) 3. Comportamenti: - Attività digitali (amministratori di pagine, early o late adopter selezionato rispetto al tipo di device e al tipo di sistema operativo da cui noi ci connettiamo) - Da quale device si connettono le persone (smartphone, tablet ecc. per marchio e per modello) - Viaggi (se le persone fanno check-in online, se aggiornano il proprio status in merito all’essere andati all’estero o essersi registrati in altre città, possesso di app di organizzazione di viaggi). 4. Dati in possesso del brand: - Pubblico selezionato per connessioni (per esempio le caratteristiche dei fan di una pagina) - Pubblico personalizzato nella forma del file di dati 5. Advocacy -> produrre contenuti mirati ai clienti più fedeli, per esempio coinvolgendoli nell’attività e nella comunicazione dell’azienda. Esempio per comprendere meglio questi passaggi: Brand Storytel, che è uno dei più produttivi nel settore degli audiolibri in Italia. L’awareness di questo brand è una componente fondamentale perché l’azienda è giovane e opera in un settore che non è ancora molto conosciuto e consolidato. In particolare, durante la quarantena Storytel ha deciso di introdurre un nuovo prodotto che si chiama ‘storie dalla quarantena’ che è un audiolibro disponibile sulla piattaforma e che viene comunicato sui profili social (dove questa società è molto attiva). Storytel ha dunque realizzato dei post su Facebook che raccontano qual è il progetto di comunicazione e produzione di audiolibri a cui risponde. Questa è sicuramente una attività di brand awareness. Un’altra strategia di brand awareness che hanno adottato è stata quella di utilizzare un hashtag che permette agli utenti di intercettare questo post anche se non conoscono direttamente Storytel. Quindi al centro troviamo la volontà di rispondere ad un bisogno, che in questo momento è legato alla quarantena. Per quanto riguarda la consideration, Storytel si rivolge ad esempio ai propri utenti (già fan del profilo) con un consiglio identificato specificamente al loro, quindi anche qui si rivela fondamentale l’individuazione di un bisogno. Un’altra strategia che è stata adottata in questo senso è stata il proporre delle nuove letture scritte da autori che generalmente piacciono molto al pubblico. Storytel risponde poi anche al passaggio della loyalty. Attraverso il suo profilo Instagram e le stories spesso propone contenuti rivolti ad utenti che sono già fedeli clienti della piattaforma, una di queste forme di comunicazione è quella del quiz. Storytel quiz presenta una domanda con 4 possibili risposte ed è chiaramente rivolta a lettori abituali che possono conoscere le risposte. Infine, Storytel promuove anche l’advocacy, e quindi premia gli utenti più fedeli coinvolgendoli all’interno della produzione di contenuti. Ad esempio, nelle stories di Instagram talvolta vengono pubblicate delle brevi recensioni dei libri scritte dagli utenti. (capitolo 2, Social media marketing). Lezione 3b CONTENT STRATEGY – DESTINATARI E ORGANIZZAZIONE IL MODELLO PERSONAS È un modello che si sviluppa negli anni ’90. Si tratta di un modello che serve a definire e descrivere i soggetti che possono essere destinatari dell’attività di comunicazione. Innanzitutto, come già detto, la social media content strategy deve contenere temi che interessano ai social media users che potrebbero interessarsi al prodotto offerto dall’azienda, intercettandoli a partire dai loro gusti e interessi- Il modello personas serve dunque a definire questi soggetti potenzialmente interessati ai prodotti/servizi. Il modello affida la creazione di tali profili attraverso la creazione di personaggi finzionali le cui caratteristiche descrivono specifiche tipologie di consumatori e utenti, effettivi e potenziali, di prodotti/servizi. Si cercherà dunque di dare forma ai potenziali clienti dell’azienda nell’ambito di personaggi che nella realtà possono corrispondere a varie tipologie di soggetti interessati ai prodotti. Quindi si inventano dei personaggi che hanno le caratteristiche di potenziali utenti, questi ‘personas’ sono quindi dei tipi ideali di utenti che rappresentano quello che un qualsiasi utente può essere nei confronti di un prodotto/servizio. Come si realizzano le ‘personas’? Si realizzano costruendo dei profili concreti e dettagliati per qualsiasi segmento di pubblico che sia di interesse per l’azienda (ovviamente più di una tipologia di persona), e lo si fa sulla base di: - Dati raccolti in rete (info che si trovano sui profili…), - Interviste (frutto delle ricerche di marketing), - Richieste arrivate al servizio cliente ecc. Esempio di una buyer persona, ossia di un cliente tipo. -> c’è una sintetica descrizione delle caratteristiche di background (probabile titolo di studio e probabile lavoro), descrizione delle caratteristiche demografiche (sesso, età, luogo di residenza), caratteristiche riguardanti lo stile di vita e vengono selezionate una o più citazioni che caratterizzano e tipizzano la tale categoria di buyer persona. Vengono poi considerati gli obiettivi della persona, le sfide e il tipo di messaggio di marketing che potrebbe funzionare con questo buyer persona. Il valore aggiunto del modello personas: Si tratta di persone verosimili che sono dunque più facili da utilizzare come interlocutori, Si tratta di modelli facilmente condivisibili anche tra più soggetti (anche all’interno delle aziende). Quanto viene utilizzata la social media content strategy in Italia? Ci riferiamo ai dati emessi dall’osservatorio IULM che ogni anno svolge una ricerca sulla socialmediability nelle aziende italiane in collaborazione con l’agenzia Blogmeter. Strategia di gestione della pagina Facebook da parte delle aziende italiane che le utilizzano. Innanzitutto, il 45,3% delle aziende italiane utilizza una pagina Facebook e ha implementato una social media content strategy stabile; nel 22,8% dei casi troviamo una strategia comunicativa coerente al brand ma una tantum, ossia vengono implementate delle social media content strategies solo per alcune occasioni come ad esempio il lancio di un prodotto ma non si tratta di una strategia di continuità nel rapporto con il cliente; il 16,6% delle aziende non possiede una strategia comunicativa ma ci si limita a condividere notizie di altri eventi aziendali come quelli che vengono proposti dagli uffici stampa ecc,; nel 15,3% dei casi ci sono solo delle iniziative spot, dedicate a comunicare eventi o singole attività. ci si basa sul presupposto che il comportamento corretto sia quello del 45,3% e cioè una campagna di marketing funziona se si concretizza in un’attività di comunicazione continuativa. Storytelling è uno dei temi che vengono approfonditi a tal proposito > il modello utilizzato è quello della struttura pentadica della storia, secondo cui, ogni storia si compone almeno di 5 elementi: attori, azione, scopo, strumento, scena. All’interno del panorama delle imprese italiane, la maggior parte di esse ha come attore principale della comunicazione l’azienda; le azioni principalmente svolte sono quelle di parlare di sé e della propria attività; lo scopo è fondamentalmente quello di incrementare il brand awareness attraverso l’uso di immagini, testo e link che rimandano al sito aziendale. Altre aziende però devono ancora crescere nella consapevolezza che le piattaforme social non servono a parlare solo dell’azienda. Nel 49% dei casi si parla del prodotto e si cerca di fare, da un lato marketing di prodotto, e dall’altro si cerca di creare engagement soprattutto attraverso l’esibizione fotografica del prodotto stesso. Sono tutte strategie che hanno senso nell’ambito della SMCS ma che forse non dovrebbero essere l’unica strategia adottata da parte di un’azienda. Obiettivi perseguiti attraverso l’uso di Facebook > gli obiettivi perseguiti sono soprattutto la brand awareness, l’engagement degli utenti (anche se molto ridotto) e il social media marketing di prodotto o di servizio. Obiettivi perseguiti con Instagram > c’è una grande presenza di strategie di contenuto volte a costruire notorietà del marchio e quindi in termini di brand awareness, ma il social media marketing di prodotto è molto più ridotto (solo 10% dei contenuti) e un grande investimento è fatto invece in materia di engagement. Quindi abbiamo visto che ci muoviamo in un contesto dove c’è una certa sensibilità delle aziende verso la costruzione di una strategia a lungo termine di comunicazione digital, c’è una minore sensibilità nell’accogliere all’interno di questa strategia il racconto di contenuti che non siano strettamente legati al brand o al prodotto. Però tutta questa strategia si basa sicuramente su una pianificazione a lungo termine. The periodic table of content marketing Un esempio delle linee guida da seguire per la pianificazione dei contenuti relativi alla strategia è dato da una sorta di ‘tavola periodica’ degli elementi del content marketing. È stata elaborata da un esperto in materia che fa parte del gruppo Econsultancy.com. A destra: si trovano una serie di indicazioni da seguire per costruire una strategia di content marketing. 1. È necessario pianificare la strategia a lungo termine; 2. Individuare i formati che si desidera utilizzare (testo, foto, video ecc.); 3. Indicare quali tipi di contenuti che si vogliono condividere e quali contenuti potrebbero piacere agli utenti, ragionare sulle personas, attività di brainstorming; 4. Individuare tramite quali piattaforme condividere il contenuto; 5. Definire obiettivi e scegliere gli strumenti da utilizzare per verificare se sono stati raggiunti gli obiettivi (metriche); 6. Fare in modo che il nostro contenuto venga condiviso e quindi concentrarsi su quegli elementi che fanno si che poi le persone condividano il contenuto. È importante inoltre coinvolgere il pubblico anche sul lato emotivo; 7. Fare una check list e controllare di aver seguito tutti i punti. Nella tavola degli elementi si trova invece qua è l’elemento chiave della dimensione strategica, quali sono gli elementi chiave dei format, i contenuti, le piattaforme, le metriche (= sistemi di misurazione dell’efficacia), gli obiettivi, gli elementi che portano alla condivisione da parte degli utenti e, alla fine, una check list per verificare l’efficacia della strategia. Per quanto riguarda gli obiettivi: 1. Generare traffico, ossia portare traffico qualificato sul sito dell’azienda; 2. Generare leads (= tutte le informazioni e i dati che riusciamo a raccogliere dai nostri utenti); 3. Branding, incrementare la conoscenza del brand; 4. Vendite; 5. Ricerche, incrementare ancora le informazioni che abbiamo sugli utenti; 6. Incrementare i like e i followers; 7. Incrementare le condivisioni; 8. Migliorare il coinvolgimento. Ogni azienda seleziona quelli che ritiene opportuni per sé in quel determinato momento di vita dell’azienda. Quindi all’interno dei profili social delle 3 persone citate precedentemente (non esisteva ancora un profilo dedicato a Pescaria) si comincia ad alimentare un discorso attorno a queste due tematiche a quindi si comincia a produrre e condividere contenuti, commentare ed entrare all’interno dei dibattiti sempre su questi temi. All’interno di questi contributi di queste 3 persone, si inizia a raccontare il concept del locale che si vuole aprire e si comincia a diffondere fotografie del prodotto anche se non è ancora stato né realizzato né, chiaramente, commercializzato. (più info articolo di Ninjamarketing “Domingo Iudice racconta Pescaria: quando lo street food diventa virale” settembre 2016). - Fatta questa prima operazione di diffusione del concept e di immagini di anteprima del prodotto, parte una sezione della comunicazione pre-lancio che racconta dell’apertura del locale, sempre sui profili delle 3 persone ma anche sul profilo di Pescaria che nel frattempo ha aperto. Vengono così promossi i prodotti a: Soggetti che vivono a meno di 10 km dal punto vendita, e quindi secondo un criterio di profilazione strettamente geografico; Criterio di profilazione per target affini a quelli di coloro che avevano partecipato alle conversazioni e avevano risposto alle sollecitazioni fornite con la presentazione del concept e con le immagini del prodotto già diffuse. Con lo scopo di generare un aumento di like ad una pagina che aveva appena aperto e un engagement sui singoli post like increment + post engagement. Avvicinandosi ad aprile, viene aperta la pagina di Pescaria, vengono promossi i post ai soggetti sopra citati. - 26 maggio 2015: apertura! La strategia di pre-lancio effettivamente funziona e crea attesa attorno al locale che viene riempito molto velocemente. Va precisato che anche il nome ‘Pescaria’ è stato definito attraverso un contest lanciato sul profilo di Iudice in cui si chiede di ideare un nome per questo locale. Quindi anche il nome viene realizzato in collaborazione con il pubblico. A partire dall’apertura si identificano ancora di più quali siano le 4 caratteristiche di questo concept: 1. Rivisitare lo street food basato sul prodotto ittico; 2. Puntare sulla qualità della materia prima; 3. Vendere panini ideati da uno chef; 4. Costruire una campagna di comunicazione social. - 2016: apertura a Milano. Anche qui viene utilizzata una strategia di pre-lancio, si cominciano a promuovere post profilando la comunicazione per pubblici simili a quelli che hanno partecipato per la sede di Polignano a Mare (pubblici sosia = stessa tipologia di persone che però risiede a Milano). Addirittura, il video ouverture Pescaria ha vinto il premio Sky come miglior video promozionale, nel 2016. Come viene costruito il piano editoriale di Pescaria oggi? Partiamo analizzando il profilo INSTAGRAM. Innanzitutto, ha un unico profilo ufficiale per tutte le sedi. Analizziamo il piano editoriale del mese di gennaio. (per la tesi fare un trimestre). Osserviamo che non tutti i giorni sono stati pubblicati dei post, anzi osserviamo che dopo le feste natalizie vediamo che non ci sono più post la domenica perché evidentemente è una strategia che tende a focalizzarsi sui giorni della settimana. Vediamo però che, nonostante le assenze della domenica, abbiamo una frequenza di pubblicazione estremamente alta dell’85,1%. Una seconda osservazione che possiamo fare è quella relativa ai formati: esiste un formato che caratterizza la comunicazione di Pescaria, che è il formato immagine che ha anche un’iconografia molto specifica e ricorrente che prevede una fotografia molto ravvicinata del prodotto e degli ingredienti in modo che siano ben visibili, un’insistenza sulla colorazione dei singoli ingredienti e l’iconografia tipica è quella del sandwich tenuto in mano da un potenziale cliente. iconografia molto chiara, molto ricorrente e molto marcata. Sempre in termini di formati, sono presenti anche video e, in 4 giornate, sono presenti anche ricondivisioni di contenuti prodotti dagli utenti. Queste immagini assomigliano sempre all’iconografia tipica del brand ma a volte vi si discostano, trattandosi comunque di repost. 59,2% - foto 14,8% - repost 7,4% - video 7,4% collages Analisi dei temi. Si tratta di una strategia estremamente focalizzata sul prodotto perché quasi il 60% dei post ha come tema il prodotto, i post che vengono dagli utenti invece mettono a tema l’azione del consumo del prodotto e sono l’11,1%. Quindi abbiamo un brand che comunica il suo prodotto e che affida agli utenti la comunicazione dell’attività di consumo. Il 3,7% dei post che hanno a tema la preparazione del prodotto e quindi racconta il backstage e poi abbiamo l’1,1% di real time communication, cioè di post che sono agganciati a temi di discussione o dibattito che sono diffusi in quei giorni all’interno della rete. Per esempio, troviamo un post che riguarda la separazione del principe Harry e di Megan Markle dalla famiglia reale inglese, un altro post riferito al blue Monday e uno ancora con la grafica che presenta lo stesso soggetto in versione FB, LinkedIn, Instagram e Tinder e che era molto diffuso in quei giorni perché si era sviluppata una catena sui social. Dunque, il brand ha un piano editoriale in cui si registra anche una specifica attenzione a rimanere agganciati ai grandi temi di dibattito e di chiacchiera all’interno dei social network, quindi è un brand che non ha abbandonato l’ascolto della rete (che è poi quello che gli ha permesso di avere grande successo all’inizio. Le immagini sono accompagnate da un testo che serve a disambiguare l’immagine perché sarebbe riduttivo che questo brand parla solo ed esclusivamente del proprio prodotto. In realtà se analizziamo i testi che accompagnano le foto vediamo che molto spesso la presentazione del prodotto non è fine a sé stessa ma è agganciata all’esperienza quotidiana degli utenti. Possiamo dunque affermare che la comunicazione di Pescaria si basa sicuramente sulla presentazione del prodotto ma si aggancia poi anche ad alcune tematiche specifiche, quindi al tema della food photography, ai sensi di colpa per aver ecceduto nel cibo durante il periodo delle vacanze, al fatto che il 6 Gennaio sia l’ultimo giorno di festa, al blue Monday, al tentativo di mettersi a dieta, ad iniziative solidali e di beneficienza ecc. Ciò significa che il brand pratica un costante ascolto della rete e presta attenzione a ciò di cui parlano gli utenti. Il testo illustra come, in molti casi, il prodotto sia presentato agganciandosi alla vita quotidiana delle persone: dal blue Monday alle diete… 51,9% - presentazione del prodotto. Ma non è mai solo presentazione del prodotto: spesso l’immagine del prodotto è accompagnata da un’informazione come una novità, una nuova apertura ecc. 33,3% - il prodotto è presentato in modo connesso alla vita quotidiana delle persone o eventi/catene 14,8% - il prodotto è presentato attraverso gli occhi degli utenti (repost) Quindi nell’analisi di un piano editoriale è importante considerare il testo che accompagna le immagini perché disambigua e spiega in che modo il brand sta proponendo agli utenti il suo prodotto. STORIE IN EVIDENZA: sono un importante strumento attraverso cui il brand seleziona, tra le storie che produce, quelle che raccontano alcuni elementi identitari forti che non sono presenti magari nel feed, dove invece ci si concentra più sul prodotto. Qui è interessante vedere come nel primo gruppo di storie ci siano le ricette che permettono all’utente di vedere il backstage della produzione dei piatti ma prevede anche engagement perché permette al cliente di riprodurli a casa. Secondo gruppo di storie in evidenza sottolinea l’elemento people che contribuisce a raccontare il mondo Pescaria da 2 punti di vista: quello dei clienti e il backstage dell’attività di comunicazione, quindi l’obiettivo è quello di creare engagement con il proprio pubblico svelando qualcosa di sé e dei propri clienti. Nel terzo gruppo di storie in evidenza troviamo invece sul piano della responsabilità sociale. Questa storia si chiama infatti ‘plastic free’ e racconta di come questo locale sia passato ad una gestione ecologica e dunque si racconta il progetto del passaggio alla dimensione plastic free, quali materiali si usino, i risultati ottenuti ecc. Un altro filone di storie riguarda ancora l’ecosostenibilità dei prodotti che si utilizzano per cucinare. Ultimo gruppo di storie in evidenza è dedicato agli eventi che sono legati al brand. possiamo dunque dire che le storie evidenziano alcuni punti chiave della comunicazione: - Un maggiore coinvolgimento degli utenti attraverso la condivisione della preparazione, - Le iniziative di sostenibilità, - La presenza sul territorio attraverso eventi. In sintesi… Si tratta di un concept brand, che nasce dunque da un’idea che è sia imprenditoriale e produttiva, sia anche di comunicazione. C’è stato un lavoro di costruzione del brand prima ancora del lancio ed è stato fatto un lungo e approfondito lavoro di ascolto della rete e degli utenti. Il tema della food photography è una particolarità iconico-visiva ed è stato un elemento cruciale nella costruzione della comunicazione ma è presente anche il formato dei post degli utenti che raccontano l’esperienza di fruizione. Tutti questi elementi sono ancora presenti nella pianificazione del piano editoriale, il quale ha un’elevata frequenza di pubblicazione e un’articolazione di contenuti che, seppure convergono sul prodotto, sono però estremamente diversificati nel modo con cui vengono trattati. Lezione 5a PERSONAL BRANDING ! Attenzione: non confondere con influencer, è diverso! È possibile che a volte coincidano ma quando parliamo di personal branding intendiamo un processo di costruzione di una comunicazione coerente e con una serie di caratteristiche (che vedremo dopo) finalizzata a creare reputazione e immagine attorno ad un personaggio pubblico mentre un influencer ha lo scopo di influenzare gli utenti ad acquistare un prodotto/servizio a partire da un loro consiglio. Il concetto di personal branding comincia a svilupparsi negli anni ’90 nell’ambito dell’economia dell’attenzione, ossia quel contesto in cui la molteplicità dei canali attraverso cui è possibile comunicare rendono l’attenzione del pubblico un bene prezioso o di quella che viene definita addirittura come ‘economia della reputazione digitale’, ovvero un sistema economico e comunicativo nel quale l’immagine che un personaggio riesce a costruire attorno a se e a comunicare agli altri ha uno specifico valore economico. 2. ATLETICITA’ > riguarda il racconto della parte di fisicità di un atleta, per esempio gli allenamenti. È qualcosa che caratterizza in modo significativo la vita dell’atleta ma è un attributo indipendente dal ‘prodotto atleta’. Gli elementi che fanno parte di questo punto sono: - Atleticità, ossia la capacità e le caratteristiche fisiche che consentono un’espressività fisica differente dai non-atleti. - L’unicità, lo stile personale dell’atleta, lo stile di abbigliamento sportivo e altri aspetti che ne definiscono l’unicità. - Fitness, ossia la cura dedicata alla salute del proprio corpo, allo sviluppo della concentrazione e controllo, all’alimentazione ecc. Esempio di Federica Pellegrini: troviamo post che raccontano l’allenamento in palestra o che ritraggono gesti atletici tipici dell’atleta, altri posti legati più alla dimensione del fitness e della nutrizione (succo d’arancia) e altri post ancora che ne definiscono l’unicità (cuffia con scritto ‘Fede’). 3. LIFESTYLE > fa riferimento a tutti gli aspetti dello stile di vita dell’atleta ed è anch’esso un attributo indipendente dall’immagine dell’atleta e riguarda l’unicità dei valori della persona. Nel lifestyle troviamo il racconto della vita dell’atleta nella forma dello storytelling: - Racconto della propria storia e della propria vita al di fuori dello sport (passioni, famiglia, lavoro ecc.) - Modelli di comportamento, ossia i valori che caratterizzano l’atleta e come questi valori si traducano in affidabilità e impegno sociale. - Attività relazionali, che comprendono l’interazione con i fans e con i giovani atleti. Esempio di Federica Pellegrini: troviamo un post che racconta la sensibilità verso gli incendi in Australia all’inizio dell’anno, un post che racconta di un impegno sul camp0o per promuovere il nuoto tra i giovani, un post legato al lavoro al di fuori dello sport con Italia’s got talent e un post con il suo animale domestico che racconta la vita privata ma anche la passione per gli animali ecc. Lezione 6a - ATHLETE BRANDING – CASO CANOA Il lavoro si è concentrato su 10 atleti che hanno conquistato medaglie nel circuito mondiale/olimpico e hanno una presenza certificata su Instagram. La presenza complessiva di questi 10 atleti sui loro profili Instagram consta di 808 post nel periodo considerato, con una frequenza media del 32,65% e una media di follower di 21mila. Rispetto ai temi che abbiamo visto nel MABI, troviamo un equilibrio tra le 3 parti: 37% dei post sono dedicati al lifestyle, 34% dei post sono dedicati alla performance e 29% sono dedicati all’atleticità. È interessante vedere poi come si declinano questi aspetti nei profili. fondamentalmente si segue un modello narrativo ricorrente: la preparazione della PERFORMANCE, la performance, la vittoria, il ringraziamento a chi ha reso possibile la vittoria ma si celebrano anche le vittorie passate. Il racconto delle performance sportive comprende anche, dove possibile, altri riconoscimenti ottenuti che non siano strettamente legati alle competizioni (per esempio il miglior atleta dell’anno, la celebrazione del successo mediale ecc.) Il vero centro narrativo di questi profili è però la preparazione atletica per arrivare alla gara piuttosto che il racconto della gara in sé. il secondo nucleo di argomenti è invece legato all’ATLETICITA’, che viene rappresentata soprattutto attraverso video e immagini degli allenamenti, in cui si racconta anche tuta quella parte di preparazione che avviene in palestra e non solo sulla canoa. Il racconto dell’unicità del gesto atletico si accompagna spesso all’unicità dei luoghi in cui questi allenamenti avvengono perché l’elemento che caratterizza la canoa è anche quello dell’allenarsi in meravigliosi fiumi e scenari naturali. La messa a tema dello spirito sportivo spesso trova spazio proprio nel racconto degli allenamenti e prevale la narrazione della determinazione, della capacità di sopportare la fatica, della volontà di non arrendersi anche davanti alle sconfitte ecc. che diventano anche fattori ispirazionali. l’elemento del LIFESTYLE rappresenta una componente di rilievo e occupa lo spazio maggiore. Questo include spesso l’impegno sociale che si declina, ad esempio, nella partecipazione a manifestazioni benefiche o al sostegno di cause come le mobilitazioni contro la violenza sulle donne e la promozione della ricerca sul cancro (queste cause non sono scelte a caso ma si prestano particolarmente alla figura dell’atleta). Il lifestyle include inoltre il rapporto con i fan e con i giovani atleti ma anche la comunicazione promozionale legata spesso a prodotti integrativi dell’alimentazione. In parte minore poi troviamo la narrazione della propria vita familiare e della propria identità nazionale. È possibile poi fare una serie di osservazioni legate al profilo di un singolo atleta: Fernando Pimenta, canoista portoghese. Nell’ambito del suo profilo, analizzeremo il primo trimestre del 2019 e vediamo che il rapporto tra le 3 componenti di performance, atleticità e lifestyle è un po’ diverso rispetto alla media: 23% - performance, 30% - atleticità, 46% - lifestyle Questa ridistribuzione si comprende meglio se si osservano i singoli elementi che costituiscono le 3 componenti sul profilo di questo atleta. Per quanto riguarda la PERFORMANCE, vediamo che il 42% dei post dedicati a questo tema si parla di performance vera e propria, ossia si parla di gare, di preparazione atletica, di vittorie ecc., il 15% dello spazio è dedicato ai ricordi, il 12% è dedicato a premi vinti indipendentemente dalla performance sportiva, l’11% è dedicato alla performance per come viene chiesto a questo atleta di raccontarla all’interno dei media e il 20% è dedicato al racconto dello spirito sportivo. Dunque, vediamo che anche il racconto della performance è molto articolato. Per ogni gara viene seguito uno schema molto preciso: partenza, allenamento pre-gara, performance vera e propria, risultato, trofeo, ringraziamenti. È una struttura narrativa che ha elaborato l’atleta e che ripropone in modo ricorrente in modo da aiutare l’utente a comprendere più facilmente e a riconoscere le varie fasi della performance. Anche il racconto dell’ATLETICITA’ è caratterizzato da una serie di sotto-argomenti: il 54% racconta la dimensione atletica e gli allenamenti, il 24% dei post racconta lo spirito sportivo, il 19% è dedicato al racconto dei luoghi dove si svolgono gli allenamenti (che è una specificità di questo sport), il 2% dei post è dedicato alle terapie e infine l’1% è dedicato alla sponsorship. Lo storytelling è molto organico anche qui. È altrettanto articolato anche il racconto del LIFESTYLE: 59% riguarda la storia personale dell’atleta, 19% è dedicato a post sponsorizzati (soprattutto integratori e alimentazione), il 7% riguarda l’impegno sociale e il sostegno a cause, il 6% dei post riguarda invece i giovani atleti, un altro 6% è dedicato ai fans e infine un 3% è dedicato al fitness. All’interno del 59% dedicato alla storia personale dell’atleta vediamo un’ulteriore suddivisione: 34% passioni personali come il calcio, 29% affetti e famiglia, 17% viaggi, vacanze e celebrazione della patria, un altro 17% vita quotidiana e 4% partecipazione ad eventi. Questo modo di lavorare sui media permette a Fernando Pimenta di avere 50mila followers nonostante sia un atleta di uno sport mediamente poco seguito. Lezione 7a GLI INFLUENCER Parlando di influencer si fa riferimento alla realizzazione di partnership con persone che hanno influenza per avere un supporto nelle proprie attività di business. Parliamo quindi di un ‘influencer marketing’. Quando si parla di influencer si parla anche di social icon, ovvero persone che vengono seguite dagli utenti delle piattaforme social. Quali utenti? Si tratta soprattutto di quegli utenti chiamati ‘addicted’ e cioè coloro che seguono fino a 7 tipologie di social diversi e ne fanno un uso intenso. Altri soggetti sono gli ‘E- commercer’, ossia coloro che si dedicano molto spesso all’attività di fare acquisti online. Altre caratteristiche di questi utenti sono la giovane età (il 54% sono ragazzi tra i 15 e i 24 anni) e il sesso in quanto sono soprattutto donne. Inoltre, gli utenti dicono di seguire le social icon per i seguenti motivi: 70% perché parlano di cose che interessano all’utente 70% perché sono simpatici e in grado di creare empatia 57% perché li trova spontanei 52% dice di fidarsi di loro Queste sono dunque le leve principali su cui lavorano gli influencer. Sintesi degli elementi caratterizzanti la figura degli influencer: si tratta di persone che possono cambiare le opinioni o i comportamenti di altre persone e per questo motivo risultano interessanti per le aziende come supporto alle loro attività di business poiché possono orientare i comportamenti di acquisto. Questa influenza si basa anche su una specifica conoscenza, sulla capacità di costruire delle relazioni ‘eccezionali’ con la propria audience (ossia essere in grado di creare engagement ma anche di creare una valorizzazione della propria audience che la faccia sentire parte di un discorso comune), sulla conoscenza approfondita di un tema di nicchia e su un’autorità e una posizione sociale che derivano dal riconoscimento di una leadership da parte degli utenti. Queste caratteristiche sono simili a quelle di opinion leader ma non lo sono! Perché gli opinion leader sono persone rilevanti presso la loro cerchia sociale in relazione al rapporto che hanno con i media e cioè sono persone in grado di ri-mediare i contenuti dei mezzi di comunicazione, sono in grado di porsi al centro della comunicazione tra i media e le persone/gli utenti. Dunque, se è vero che esistono delle analogie tra opinion leader e influencer, nel tempo però la figura dell’influencer ha acquisito una propria fisionomia. Gli influencer invece non comunicano in un contesto dove al centro c’è un mezzo di comunicazione privilegiato come ad esempio la televisione, collocandosi sui social media. Gli influencer, piuttosto, assomigliano di più alla figura della digital celebrity. Un esempio di (macro) digital celebrity è sicuramente quello di Chiara Ferragni che è diventata più di un influencer ma una celebrity che opera all’interno della comunicazione digitale e che, nel suo essere celebrity, svolge anche attività promozionali. Qual è il rapporto/la differenza tra influencer e digital celebrity? Crystal Abidin ci dice che ‘Gli influencer sono un tipo di micro-celebrity che accumula seguito su blog e social media attraverso la narrazione testuale e visuale della propria vita quotidiana e su questo seguito basa la produzione di ‘advertorials’ = pubblicità in forma di recensione per prodotti o servizi. Possono essere definiti come micro-celebrities multipiattaforma che all’inizio della loro carriera come lifestyle bloggers hanno anche avviato dei micro-shop blog che sono stati poi riconfigurati come vetrine di articoli e, man mano che la figura personale si è rafforzata, questi blog-shop sono diventati delle vere e proprie imprese virtuali. Chiari esempi sono Chiara Ferragni, Clio Makeup ecc. che sono partiti dai social media e sono arrivati a creare un proprio brand, un’azienda. INFLUENCER E RAPPORTO CON I BRAND Quali sono gli elementi che determinano la retribuzione degli influencer? Principalmente viene retribuito a contenuto prodotto, cioè per ogni post che parla del brand riceve una specifica retribuzione. In altri casi il pagamento a contenuto è più variabile in merito alla performance che ottiene, cioè il post viene comunque retribuito ma se il post ha un particolare riscontro si aggiunge una parte che è variabile. In ultimo c’è anche un pagamento a performance, ossia l’influencer viene pagato se consegue un certo numero di interazioni o di accessi al sito da Instagram. TIPOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DEGLI INFLUENCER Rientrano nell’ambito di altri criteri che le aziende possono utilizzare per definire i propri obiettivi di business in merito agli influencer. Prima classificazione: in base ai followers. Si distinguono le celebrities, con più di 1milione di followers, tra cui Chiara Ferragni, Buffon (non nasce come social icon ma lo diventa tramite lo sport), Francesco Nappo. I macro- influencer, con più di 100.000 followers facilmente legate a tematiche specifiche infatti è un settore facilmente suddivisibile per interessi e spesso le aziende ne possono giovare in modo più efficace perché più incanalato (talvolta più facile delle celebrities), tra cui per esempio Agipsyinthekitchen. I micro-influencer, tra 1.000 e 100.000 followers, che generalmente sono caratterizzati dall’essere a cavallo tra l’essere persone molto vicine e simili agli utenti e contemporaneamente però hanno una capacità di raccontare la loro vita quotidiana che li pone su un piano differente. Dalla prima distinzione, se ne sono sviluppate poi altre più articolate: 5 tipologie in base ai followers (ma ce ne sono anche molte altre ancora più precise): Mega influencer < 1 milione followers permettono incremento di visibilità e riconoscibilità del brand ma sono meno utili per cervare un rapporto stabile con gli utenti. Macro influencer + di 500k followers utili per campagne di larga scala e per supporto a brand che non hanno molta esperienza nella comunicazione social. Meso influencer 50k-500k followers adatti per campagne mirate e per l’incremento della brand awareness e per creare interazione. Micro influencer 5k-50k followers adatti per campagne che mirano ad una relazione stretta con i follower, di contenuti di sicuro interesse, con grande capacità di engagement e di suscitare fiducia. Nano infliencer >1000 followers utili per campagne di engagement Quindi chiaramente le aziende scelgono gli influencer in base agli obiettivi che si pongono, non scelgono sempre i mega influencer o le celebrities, anche l’uso dei micro influencer sta diventando sempre più importante. Ulteriore classificazione in base alla tipologia di influencer. A tal proposito ci rifaremo ad una classificazione internazionale che identifica 5 categorie di influencer con le loro specifiche caratteristiche: - Advocate sono influencer earned, spesso non retribuiti. Sono coloro che parlano di un brand perché racconta qualcosa della loro identità o perché sono particolarmente legati a quel brand. Esempio: alcuni brand del mondo dei gioielli possono essere raccontati come parte di identità, come oggetto di un regalo o come passione, anche senza avere un particolare rapporto di partnership con il brand. - Ambassador sono influencer paid che hanno un rapporto privilegiato con un brand e ne fanno un racconto costante all’interno del loro profilo Instagram. C’è una forte identificazione tra questo tipo di influencer e i prodotti, una sorta di partnership. Esempio: Fitvia usa molto spesso gli influencer ambassador, infatti la presenza del brand è un elemento che accompagna costantemente la vita quotidiana delle persone che diventano ambassador di questo prodotto. - Citizen sono influencer earned perchè raramente c’è un rapporto di partnership a pagamento con un brand. Condividono informazioni perché fanno parte di una comunità, per essere utili ad un gruppo di persone e infatti assomigliano di più agli opinion leader nel senso che recensiscono dei prodotti perché questi prodotti sono in sintonia con una serie di valori tipici della loro comunità. Lo scopo non è quello commerciale, è un consiglio ad un gruppo di persone. Esempio: è molto frequente tra le mamme che magari fanno recensioni di prodotti per i bambini da consigliare alle altre mamme. - Professional o occupational sono persone che hanno fatto della promozione la loro principale occupazione, sono influencer di professione e sono ovviamente paid. Alle volte solo online, alle volte anche dal vivo e sono particolarmente competenti in uno specifico settore. Esempio: è molto diffuso nel mondo del travel, come Humansafari, che è un traveller professionale e fa promozione di luoghi o prodotti legati al suo ambito del viaggio. - Celebrity sono paid e sono soggetti che sono già noti o hanno raggiunto un certo grado di notorietà e per questo possono avere influenza sulle persone. Esempio: oltre a Chiara Ferragni ecc. anche Valentino Rossi può essere considerato una social icon e un influencer, anche se è più vicino alla figura del testimonial. Ha una grandissima reach (capacità di raggiungere un’ampia gamma di persone) e a volte sono anche advocate di prodotti che non li retribuiscono e si mobilitano anche per cause.