Scarica Arcipelago N, Vittorio Lingiardi e più Appunti in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! of 1 34 ARCIPELAGO N INTRODUZIONE Siamo tutti narcisisti, ma non allo stesso modo. Obiettivo di Arcipelago N e’ illustrare le diverse forme di narcisismo e esplorare la zona di confine tra un carattere con tratti narcisistici più’ o meno accentuati e una patologia narcisistica. E’ li che il piacere di piacere e piacersi si trasforma in sofferenza, molto spesso per se’, quasi sempre per l’altro. Funambolo dell’autostima, Narciso cammina su una corda tesa tra un sano amor proprio e la sua patologica celebrazione. Tra questi due estremi c’e’ un arcipelago di possibilità. Rosenfeld propose di distinguere i narcisisti “a pelle spessa” da quelli “a pelle sottile”. Anche se in modi opposti, entrambi testimoniano un fallimento nella regolazione dell’autostima, l’incapacità di raggiungere un equilibrio tra l’affermazione di se’ e il riconoscimento dell’altro. Tutti i disturbi del carattere rappresentano un tentativo di affrontare un problema al limite tra il temperamento e l’accudimento, la biologia della nostra personalità e la storia del suo sviluppo nel contesto familiare. Quando terapeuta e paziente riescono ad entrare in contatto con questo problema, cioè a riconoscerlo, il processo di cura e’ avviato. L’incapacità di spostare l’attenzione da se’ per rivolgerla ad un altro e’ uno dei tratti più’ vistosi di certi narcisisti. Si può’ chiamare in molti modi: egocentrismo, cioè essere intrappolati nel proprio punto di vista perdendo cosi alcune dimensioni necessarie alla relazione, come la curiosità e l’empatia. Se aggiungiamo una costante ricerca di ammirazione, l’aspettativa di un trattamento speciale, un senso esagerato della propria importanza e la tendenza a sfruttare gli altri, la diagnosi di personalità narcisistica e’ probabile. Possiamo chiamare i due tipi di narcisisti “cover” se sono timidi o nascosti, e “overt” se sono pieni di se’ e reclamano ogni attenzione senza esserne consapevoli. Entrambi oscillano sul precipizio dell’autostima e da quella posizione scomoda si sentono guardati dagli altri. Solo che loro, gli altri, li vedono poco: li trattano come un pubblico da riconquistare o di cui temere le critiche. Li svalutano o li idealizzano. Avviene anche con il terapeuta, che può diventare lo specchio di uno splendore a due, per poi essere rapidamente dismesso come un incompetente che li ha delusi. Possedute dall’invidia, eccitate dalla prepotenza, baciate dal successo, prive di coscienza morale, schiacciate dal l ’ombra depressiva, tormentate dall’insoddisfazione, capaci di inquinare un amore fino al sadismo o di manipolare gli altri fino alla psicopatia, le personalità’ narcisistiche sono varie, diverse tra loro e vanno sempre pensate lungo un continuum di gravita’. Il narcisismo ci colpisce per i suoi aspetti ipertrofici, grandiosi e prepotenti. Meno visibile ma altrettanto diffuso, è il narcisismo silenzioso, caratterizzato da sentimenti di insoddisfazione, inadeguatezza, indegnità, paura di non essere visti, timore del giudizio. Sono diverse risposte difensive ai traumi dello sviluppo. of 2 34 Ma non tutto il narcisismo e’ patologico. C’e’ anche un sano amore di sé, fatto di soddisfazione e capacita di cura, ingrediente necessario alla conoscenza di noi stessi che ci consente di compiere, nel modo migliore possibile, il passo dall’io verso il tu. E’ un amor proprio senza presunzione, l’equilibrio precario del “ama il prossimo tuo COME te stesso”, non di più’ e non di meno, COME. Il narcisista, anche quando non se ne accorge, e’ infelice perché non riesce a provare un vero piacere per quello che fa. Certe forme di squisita gentilezza nascono dal timore narcisistico di non essere apprezzati. Ovvio, non tutte le persone premurose sono narcisiste, ma alcune hanno una sfumatura masochista o rabbiosa nella loro premura; la vera ragione della loro cortesia non e’ far star bene gli altri ma essere sicuri di venire apprezzati. Le persone narcisiste sono braccate dall’insicurezza, dalla paura, dall’invidia, dalla rabbia e dalla vergogna, vivono in un clima costante di confronto con gli altri. Alcune si sentono irrimediabilmente inferiori, altre sprezzantemente superiori, le più’ sono torturate dalle oscillazioni di questa altalena. Sulla scia del concetto di “cultura del narcisismo” coniata negli anni 70 da Lasch, tendiamo ad attribuire alla società e si suoi sviluppi virtuali molte responsabilità’ della nostra crescente narcisizzazione. Viviamo in un’epoca che facilita lo sviluppo di immagini di se’ fragili che si traducono in paura dei rapporti duraturi, terrore di invecchiare ed imbruttire, rimozione della vulnerabilità, ricerca di apprezzamento a buon mercato (i like) e presenzialismo (i selfie). CAPITOLO I of 5 34 Aminia, impugna anche lui la spada e si uccide. Dalla terra che assorbe il sangue di Narciso, spunta il suo fiore. Chi rifiuta eros, l'amore in ogni sua forma, fa una brutta fine. Non solo, innamorarsi di Narciso porta sventura. E’ così per Eco, per il giovane Aminia, sarà così per la povera Sybil innamorata di Dorian Gray. Quelle e quelli che, innamorati di narcisi inaccessibili, sono convinti, con la devozione o la guerra, di poterli cambiare, suggellano la fatale attrazione tra il narcisismo di chi non si concede e l'onnipotenza masochistica di chi attende la resa. Soffermiamoci sulla morte di Narciso. In Ovidio, una volta consapevole di non poter possedere l'oggetto del suo desiderio, Narciso muore di consunzione amorosa. Come profetizzato da Tiresia, è ucciso dalla conoscenza. In Conone, dove il fiore sgorga dal sangue, muore suicida. Narciso è sempre un altro inaccessibile, attento solo a sé. Non fa i conti con l'altro o li fa troppo tardi. Vive in un mondo autoreferenziale. L'omosessualità di Narciso, aldilà della facile suggestione anatomica dell'amore per l'uguale a sé, non sembra portare nuovi elementi di riflessione. Freud diceva che l'omosessualità sarebbe in una posizione intermedia tra amore oggettuale e narcisismo, dove si ama qualcuno perché è più simile a noi. LE ALI DI ICARO Dedalo, architetto ateniese, viene condannato all'esilio a Creta per l’omicidio di Talo, al quale ha insegnato il mestiere ma dalla cui bravura si sente minacciato. A Creta Minosse gli commissiona la costruzione del labirinto in cui rinchiudere il Minotauro. Ma Arianna, figlia di Minosse, chiede a Dedalo consiglio per aiutare Teseo a uccidere il Minotauro. Grazie al suggerimento di usare un filo per non perdersi nel labirinto, Teseo sopravvive e fugge da Creta con Arianna. A Minosse non resta che vendicarsi rinchiudendo Dedalo con il figlio Icaro nel labirinto da lui costruito. Dedalo inventa un metodo per evadere: costruisce due paia di ali per sé e per Icaro e raccomanda al figlio di stare sempre al suo fianco senza avvicinarsi troppo al sole perché il calore avrebbe sciolto la cera delle penne. Icaro, inebriato dal volo, si allontana dal padre, le ali si sciolgono e il ragazzo muore in mare. "La figura mitologica di Icaro", scrive Mitchell, "coglie in maniera vivida l'intensa relazione tra il bambino e le illusioni genitoriali". L'uso di quelle ali "richiede un autentico senso di equilibrio dialettico": se voli troppo in alto corri il rischio che il sole le sciolga, se voli troppo in basso, corri il rischio che si inzuppino per l'umidità dell'oceano. Mitchell ci aiuta a cogliere il ruolo delle illusioni genitoriali nello sviluppo narcisistico dei figli. Tutti noi, infatti, dobbiamo fare i conti, spesso per tutta la vita, con le illusioni e le aspettative dei nostri genitori. Lo stile e l'altezza del nostro volo dipendono da queste ali. Alcuni di noi riescono a goderne e a dargli una direzione personale, altri rimangono vittime del peso delle illusioni e finiscono per volare troppo in alto, bruciandosi, o non riescono ad alzarsi da terra. Molti sembrano portati dal volo proprio dove vogliono andare, ma un occhio esperto capisce se il volo è forzato, muscolare, oppure se è un volo leggero, di libertà. of 6 34 Negli anni 80 sono fiorite due teorie non compatibili: una tendeva a considerare le caratteristiche della personalità narcisistica, la grandiosità o l’idealizzazione, come difese regressive dalla frustrazione, dall'invidia o dalla dipendenza; l'altra le considerava l'esito di un fallimento nella capacità genitoriale di rispecchiare, valorizzare e ammirare il bambino e il suo bisogno creativo di grandezza e perfezione. Se nel primo caso, commenta Mitchell, il narcisista prototipico è il bambino, il pazzo o il selvaggio, nel secondo è l'artista creativo, che immerge l'ispirazione nelle sue illusioni. La prospettiva di Mitchell, invece, assegna un posto di rilievo al carattere dei genitori e alle loro fantasie. Molte caratteristiche del narcisista si sviluppano precocemente nel contesto familiare e si confermano come modelli prevalenti di relazione anche al di fuori della famiglia. Sul piano eziologico non sottolineiamo mai abbastanza l'importanza della personalità dei nostri genitori e i modi, più o meno benefici, con cui le loro illusioni narcisistiche hanno colonizzato e forgiato il nostro stile e le nostre relazioni. Quando facciamo i conti con gli aspetti difensivi degli ideali narcisistici non dobbiamo sottovalutare il loro ruolo nella costruzione della nostra salute e della nostra creatività; ma quando consideriamo il ruolo delle illusioni narcisistiche in relazione alla crescita, non possiamo sottovalutare il modo in cui spesso finiscono per interferire con la spontaneità del coinvolgimento nelle relazioni con gli altri. A ben guardare entrambe le posizioni, illusioni come zavorra difensiva e illusioni come potenziale fonte di crescita, sono plausibili. Ma cosa determina un uso piuttosto che un altro? La risposta di Mitchell è perentoria: "l'uso che di questo bisogno è stato fatto nelle relazioni del passato”. Un genitore che prende troppo sul serio il volo narcisistico finirà per sopravvalutare se stesso, il bambino e la sua relazione con lui. Le illusioni narcisistiche allora diventano necessarie per il genitore e condizionano sempre di più il modo di porsi nei confronti di del figlio; diventeranno fondamentali anche per il bambino, che vivrà come se l'unico modo per sentirsi amato e in contatto col padre o la madre sia partecipare alle loro illusioni, per non dire realizzarle. Si creano così beatitudini narcisistiche a due o anche a tre, che, se non elaborate e precocemente messe in discussione, sono il più delle volte destinate a naufragare o a bloccarsi nelle strettoie del bivio narcisistico: "se affermo me stesso perderò il tuo amore", ma anche "se affermo me stesso ti darò un dolore". Gli adolescenti che portano sulle spalle questo tipo di ali vorranno sempre volare in modo impeccabile per confermare la propria importanza agli occhi dei genitori, e quindi dei propri. Inevitabilmente sostenere l'ideale del genitore diventa lo stile di ogni tipo di legame: la tirannia narcisistica del non poter deludere, che il più delle volte ci fa sentire aquile che temono di essere scambiate per passeri. Le illusioni narcisistiche ci accompagnano per tutta la vita. Riguardano la considerazione di sé e delle proprie capacità; l'idealizzazione delle qualità altrui, che possiamo ammirare e invidiare: la fantasia di un'unione senza conflitti con qualcuno che, senza che ne siamo consapevoli, garantisce con la sua presenza, temuta o riverita, la nostra sopravvivenza narcisistica. E’ molto importante riconoscere se, dal punto di vista narcisistico, stiamo mettendo il piede nel campo della psicopatologia o se ci stiamo muovendo in of 7 34 territori compatibili con la capacità di uno sguardo autocritico e di un buon funzionamento delle relazioni. Molto dipende dal nostro atteggiamento nei confronti delle illusioni narcisistiche. A volte non è tanto questione di ingredienti ma di dosaggio. Sopravvalutare e sottovalutare, idealizzare o svalutare, venerare o disprezzare sono caratteri distintivi dello stile relazionale narcisistico che tutti conosciamo per averli provati in prima persona o per esserne stati l'oggetto. Il punto è quanto prendendosi sul serio, e soprattutto quanto spesso. Il problema del narcisismo non riguarda solo il contenuto dei nostri pensieri, ha molto a che fare con il modo con cui in cui li trasformiamo, e con la forma del nostro carattere. Riguarda la nostra capacità di guardare se lo specchio, oltre a noi stessi, riflette qualcun altro. Di solito ci sono altre persone: se non le vediamo è un problema. PETER PUER La bellezza della storia di Peter Pan è nel racconto della fantasia infantile come mondo rifugio per rinviare l'incontro con l’eccessiva dose di realtà della vita adulta. Peter è il bambino che non vuole crescere, magico e volante, libero e pieno di fantasia. Ha le caratteristiche letterarie del bambino di strada, seduttore e un po' sbruffone, avventuroso e travolgente. E’ l'idolo della banda dei bambini sperduti che non vogliono tornare in famiglia e si troveranno a vivere con lui avventure rocambolesche. Wendy alla fine sceglierà la comodità del suo lettino e l'affetto protettivo dei genitori e del grande cane-tata Nana. Peter rimarrà nel mondo dei sogni e della fantasia, una tentazione archiviata nel sapore della nostalgia. La forza dei legami reali alla fine vince sul rifugio immaginario di Peter, che è sempre in volo e sempre sostanzialmente solo. "Tutti i bambini crescono, meno uno" questo l'incipit del romanzo. Non ci sono vincitori né vinti e al lettore resta l'esperienza della scelta, sapendo che scegliere implica sempre una perdita. L'eternizzazione dell'infanzia e’ anche il tema del romanzo di Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie” alla quale il coniglio ti dirà "Sette anni e sei mesi. Un'età molto scomoda! Se tu avessi seguito il mio consiglio, ti avrei detto: fermati a sette! ma ormai è troppo tardi”. La psicologia junghiana riconosce nella figura di Peter Pan, come in quella del Piccolo Principe, l'archetipo del puer aeternus proveniente, come il mito di Narciso dalle Metamorfosi di Ovidio. Quella del puer è una figura psichica che, sul versante positivo, rappresenta il mondo delle possibilità infinite, la creatività, la spontaneità, la curiosità e l’anticonformismo. Sul versante negativo, rappresenta la mancanza di autonomia psicologica, l'instabilità, la pericolosa passione per il volo. Dunque, in bilico tra l'espressione propulsiva di un mondo fantastico prezioso e creativo e una forma patologica di infantilismo e disimpegno dalle responsabilità. Il Puer volante è la potenzialità. Ma poiché le potenzialità vanno raccolte, il Puer è sempre una figura mancante che richiede un completamento, un incontro, anche se vi si oppone caparbiamente. of 10 34 della propria bellezza e si carica di rabbia non appena la sente minacciata. Grandiosa perché insicura, egocentrica per non lasciare spazio al confronto, prepotente perché invidiosa. Dorian Gray è un giovane molto bello, a cui un pittore confeziona un ritratto. Dorian si scopre a provare invidia per quell'immagine destinata a non invecchiare mai. Allora fa un patto col diavolo: lui rimarrà sempre giovane, sarà il quadro invecchiare al posto suo. Con i segni della decadenza fisica, il ritratto mostra però anche quelli della decadenza morale, imbruttendosi ogni volta che Dorian si comporta in modo crudele o ingiusto. Il ritratto non riproduce il volto, ma la coscienza, e Dorian decide di sbarazzarsi di entrambi, ritratto e coscienza, nascondendoli in soffitta. Come nel mito ovidiano, chi si innamora di Dorian dovrà subire le conseguenze del suo spietato narcisismo: Sybil si suiciderà dopo essere stata abbandonata per una recita giudicata non all'altezza, il pittore verrà ucciso. Finché anche Dorian finirà per pugnalare il suo stesso ritratto: il suo cadavere verrà trovato dei servi, un uomo vecchio rugoso con un pugnale conficcato nel cuore, mentre il volto dipinto tornerà all'antico splendore. Il ritratto di Dorian Gray è uno straordinario quadro clinico su una personalità narcisistica grandiosa e al tempo stesso fragile: l'egocentrismo, l'idealizzazione della bellezza, l'invidia distruttiva, la vergogna di sé, la svalutazione dell’altro, l'incapacità di amare, il sentimentalismo compiaciuto, il vuoto che cresce dentro e attorno a sé e le fantasie grandiose che cercano di compensarlo. Fino alla forma più maligna, che si sottrae alla coscienza morale, elimina la colpa e rimorso, accentua il sadismo. of 11 34 CAPITOLO 2 IL CASO CLINICO NARCISISMO SANO E PATOLOGICO La consapevolezza del nostro valore, il bisogno di essere amati e riconosciuti, la capacità di tollerare le frustrazioni e di regolare l'autostima sono tra le principali componenti del nostro equilibrio psichico. Determinano il colore delle nostre relazioni e costruiscono livello di sicurezza e piacere delle nostre vite. Stiamo bene quando abbiamo una percezione realistica, quindi non idealizzata, delle nostre qualità e competenze, e non ci sentiamo minacciati o troppo vulnerabili, quando abbiamo una fiducia affettuosa, né troppo elevata né troppo scarsa, in noi stessi, quindi anche nel nostro corpo, di cui accettiamo limiti e difetti, e sperimentiamo in modo elastico sentimenti di padronanza, efficacia e vitalità. Sono caratteristiche che iniziano a formarsi nel contesto delle prime relazioni con i nostri genitori, quando l'esperienza di sintonizzazione reciproca ci consente di interiorizzare le cure che riceviamo. Chi si occupa di noi, ci nutre e ci accarezza, contribuisce a farci crescere pensandoci meritevoli d'amore. Un amore che restituiamo facendo sentire l'altro utile e competente. Accolti con il sorriso premiamo con il sorriso. La costruzione della nostra salute narcisistica vive nello scambio, sappiamo bene come è facile cadere su quel cammino, quante sfide e quanti ostacoli incontriamo: arrivano dal temperamento, dal tipo di accudimento ricevuto, dal contesto e dalle circostanze. Per fronteggiarli, certo non nel migliore dei modi, facciamo la coda come pavoni, carichiamo come tori, ci gonfiamo come tacchini, tweettiamo come usignoli, volteggiamo come farfalle, ci mimetizziamo come camaleonti. Per sentirci invulnerabili, per non sentire il sapore dell'umiliazione o della paura, ci costruiamo un vestito con la stoffa disponibile, escogitiamo difese con gli strumenti che abbiamo. Siamo i sarti del nostro narcisismo, che può essere un abito elegante o semplicemente adatto all'occasione, oppure un travestimento insincero e autocelebrativo, troppo appariscente o magari dimesso in modo sospetto. A fronte di un narcisismo con accezione negativa, c’è anche un narcisismo sano che, in alcuni casi di sottovalutazione di sé, va stanato, irrobustito, valorizzato. Bollas ha coniato l'espressione di "Antinarcisista" per definire chi, anziché cercare e inventare relazioni e oggetti capaci di articolare il proprio idioma, vive in una condizione di "stagnazione psichica", coltiva un narcisismo negativo che preclude la realizzazione del vero sé e si oppone "al proprio destino”. Il narcisismo sano è la capacità di riconoscere le nostre qualità positive e di regolare l'autostima; la convinzione del valore e della dignità personale, con l'aggiunta di una equilibrata soddisfazione per le nostre caratteristiche fisiche o mentali, le nostre capacità, i successi. of 12 34 Una gioia di sé che è intermittente ma ci sostiene senza bisogno di cancellare l'altro o di attivare dinamiche di rivalità invidiosa. E’ la collaborazione costruttiva fra lo sguardo degli altri e l'auto osservazione, l'equilibrio tra il bisogno di riconoscimento e la capacità di farne a meno. Un amor proprio senza presunzione, la capacità di provare gratitudine. Come dice Sacks “Non posso fingere di non aver paura. A dominare, però, è un sentimento di gratitudine. Ho amato e sono stato amato; ho ricevuto molto, e ho dato qualcosa in cambio; ho letto e viaggiato, e pensato, e scritto. Ho avuto un contatto con il mondo, di quel tipo particolare che ha luogo tra scrittori e lettori. Sono stato un essere senziente, un animale pensante, su questo pianeta bellissimo, il che ha rappresentato di per sé un immenso privilegio e una grande grandissima avventura”. In una cultura come la nostra, più volte definita "narcisistica", dove l'esibizione e l'autocelebrazione sono sempre più rinforzate dal contesto, non è facile riconoscere la linea di demarcazione tra il tratto narcisistico e l'adattamento culturale. Un buon sistema è considerare lo stile delle relazioni, l'autenticità nell'amicizia, la generosità nell'amore, la sincerità del proprio interessarsi agli altri, la capacità di perdonare le imperfezioni proprie e altrui e di tollerare le frustrazioni. Le persone che soffrono di un disturbo narcisistico di personalità non riescono a far star bene le persone che le amano. Tutti abbiamo dei tratti narcisistici e anche grazie ad essi riusciamo a perseguire i nostri obiettivi, essere orgogliosi dei nostri successi, provare gioia per ciò che facciamo. Lo stile narcisistico diventa un disturbo narcisistico e interferisce con la nostra vita psichica e relazionale quando questi tratti diventano troppo marcati e pervasivi. Dipende anche dall'età: tratti narcisistici particolarmente evidenti durante l'adolescenza appartengono al percorso di crescita e non indicano necessariamente un'evoluzione problematica. Nella vita adulta i tratti narcisistici possono accentuarsi in particolari momenti di competizione o di successo e mettersi al servizio della propria immagine sociale; nella seconda metà della vita la necessità di misurarci con l'invecchiamento del corpo può richiedere una corsa ai ripari narcisistici. Potremmo collocare il narcisismo sano nella posizione intermedia di una curva che ha due estremi patologici: da una parte un'immagine troppo negativa di sé, con sentimenti di inferiorità e impotenza; dall'altra un'immagine troppo positiva di sé, con sentimenti di superiorità e onnipotenza che possono impennarsi a configurare un disturbo narcisistico di personalità fino ad esprimersi in forma grave nella sindrome del "narcisismo maligno”. IL DISTURBO DEI DISTURBI Il disturbo narcisistico di personalità è stato per la prima volta inserito nel DSM-3 (1980) e definito come "un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell'individuo, pervasivo e inflessibile, ad esordio nella adolescenza o nella prima of 15 34 Sul concetto di vergogna, sentimento di inadeguatezza, turbamento o disagio suscitato dal timore della riprovazione e della paura di venire ridicolizzati o mortificati, le patologie narcisistiche hanno molto da insegnarci. In ogni narcisista grandioso si nasconde un bambino che si vergogna, in ogni narcisista depresso e autocritico si annidano le fantasie grandiose di un bambino onnipotente. Tutte le persone narcisistiche portano dentro di sé sentimenti di inadeguatezza, debolezza, vergogna. Possono compensarli con rabbia, paranoia o malinconia, spesso li proiettano disprezzando gli altri e svalutandoli, oppure li nascondono gelosamente, svalutando se stessi e riservando la loro idealizzazione ad alcune figure speciali della cui luce si nutrono. Importante differenziare la vergogna dalla colpa: nel caso della colpa i sentimenti negativi sono suscitati da una riprovazione interna per aver violato i propri standard morali: nel caso della vergogna nascono dal sentire che la riprovazione arriva dall'esterno, è nello sguardo dell’altro. Il punto di vista depressivo della colpa è interno, quello narcisistico della vergogna è esterno. La colpa è la convinzione di essere cattivi, la vergogna è il sentimento di essere considerati cattivi. L'altra grande emozione negativa della persona narcisistica è l'invidia: invidiare gli altri oppure, proiettivamente, sentirsi invidiati. L'invidia è un’ammirazione infelice e segreta, sara’ il motore di un atteggiamento svalutativo e ipercritico, nei casi più gravi distruttivo. Inaccessibile quindi, come scrive la Klein, il sentimento della della gratitudine. Madeddu scrive che i narcisisti "odiano essere soli, odiano avere bisogno dei loro oggetti e negano la loro invidia, nascondendo nella fantasia proprio gli aspetti che la provocano, evitando così l'invidia stessa e la gratitudine”. Ma non possono evitare la vergogna, che li afferra quando si rendono conto di quanto pericolante e fragile sia la loro strategia. A questo va aggiunta la vulnerabilità di alcuni pazienti quando sentono la loro protezione narcisistica infrangersi sotto il peso di frustrazioni e umiliazioni. L’umiliazione, secondo Steinert, è la vera bestia nera della personalità narcisistica, dalla quale alcuni si difendono nascondendosi per non essere visti, altri esibendosi per suscitare ammirazione, altri ancora attaccando e umiliando qualcun altro. Tornando alla classificazione dei sottotipi narcisistici, una ricerca condotta da Westen ne ha individuati 3 e li ha chiamati “grandiosi-maligni”, “fragili”, e “ad alto funzionamento”. Prima di descriverli bisogna ricordare che l'espressione delle patologie narcisistiche va inquadrata in quei contenitori del funzionamento psichico che chiamiamo livelli di organizzazione della personalità. PERSONALITA’ E DIFESE I livelli di gravità del narcisismo sono molto variabili. Kernberg propone un approccio diagnostico alla personalità che si dispiega lungo un continuum di gravità: sano, nevrotico, borderline (di alto e basso livello), of 16 34 psicotico. Le manifestazioni narcisistiche assumono connotati specifici in base al tipo di organizzazione della personalità del soggetto: da una normale preoccupazione per come ci vedono gli altri (livello sano) a un delirio di grandezza per cui siamo una reincarnazione di Gesù e nostro compito è salvare il pianeta dal COVID-19 (ivello psicotico). Il livello di organizzazione della nostra personalità, cioè la coesione dell'identità, la qualità dei meccanismi di difesa, la tenuta dell'esame di realtà, è come un contenitore che consente ai tratti narcisistici di esprimersi in modi più o meno patologici. Nel narcisismo SANO, la cura di noi stessi e della nostra realizzazione si accompagna a sentimenti realistici di benessere, sicurezza, vitalità e autostima che, anche in situazioni nuove o stressanti, mantengono una loro stabilità. A livello NEVROTICO la persona narcisista si muove in modo adeguato al contesto affettivo e sociale, e, pur non essendo molto capace di intimità autentica, può esercitare fascino e sviluppare relazioni affettive e durature. Nel lavoro si impegna con passione ma in situazioni stressanti, quando viene messo in discussione o criticato, il suo stato d'animo può essere molto turbato. Il timore del giudizio degli altri e la traballante fiducia nelle proprie capacità, spesso compensati da atteggiamenti "pieni di sé" sono un tallone di Achille che può richiedere "infusioni" di conferme esterne circa la propria importanza e il proprio valore. Quando impiega meccanismi di difesa tipicamente narcisistici, l'idealizzazione, la svalutazione e l'onnipotenza, lo fa senza distogliere il dato di realtà e con un grado di intensità e frequenza tale da non compromettere irreversibilmente i rapporti con gli altri. A livello BORDERLINE i sentimenti di vuoto, vulnerabilità e inadeguatezza prevalgono sulla stabilità dell’autostima. Sono presenti incongruenze evidenti tra l'autostima implicita e quella esplicita, tra l'esperienza interna e il comportamento manifesto: compensazioni grandiose e sprezzanti sottendono sentimenti di vulnerabilità e inferiorità, il sentimento della propria identità inizia a incrinarsi. Quando il contesto non fornisce sufficienti conferme, questi narcisisti possono cadere in pozzi depressivi, provare vergogna e invidiare chi riesce ad ottenere ciò che loro non hanno. Progredendo con la gravità, il ricorso ai meccanismi di difesa è sempre più massiccio, con una crescente distorsione nella lettura del mondo esterno e interno: convinti di possedere doti speciali e di meritare dunque trattamenti speciali; svalutano gli altri con ferocia; negano e disconoscono i segnali frustranti della realtà; attuano comportamenti maligni; si rifiutano di accettare i propri limiti e inseguono ideali e realistici fino a convincersi di averli raggiunti. Sono assorbiti in se stessi, incapaci di provare piacere nel lavoro o in amore. Nella struttura narcisistica più patologica, verso l'estremo PSICOTICO, l'identità e il sentimento di sé sembrano sgretolarsi e frammentarsi, celandosi dietro facciate onnipotenti. Le rappresentazioni di sé e degli altri sono poco differenziate, come pure il discrimine tra fantasia e realtà. Possono comparire comportamenti molto distruttivi e tossici, fino alla devianza psicopatica e antisociale. Compaiono angosce di annientamento e, quando l'esame di realtà viene compromesso, le difese arrivano a implicare proiezioni e dinieghi francamente deliranti. È il caso di quegli uomini incapaci di tollerare di essere stati lasciati dalla of 17 34 compagna, che continuano a perseguitarla con minacce, ricatti emotivi, stalking e aggressioni sadiche. La presenza di un conclamato delirio di grandezza, pur rappresentando un'esplosione psichica delle dinamiche narcisistiche, separate dal repertorio delle organizzazioni di personalità per rientrare nei disturbi psicotici e dello spettro della schizofrenia. NARCISI AD ALTO FUNZIONAMENTO Descrizione de “Il posto delle fragole”, film di Ingmar Bergman. La valutazione diagnostica di un narcisista ad alto funzionamento descrive un individuo caratterizzato da forte egocentrismo, sostenuto dall'ambizione, dalla capacità di perseguire i propri obiettivi e da importanti realizzazioni professionali. Di solito senza rilevanti comorbidità psichiatriche, spesso con caratteristiche di ossessività, perfezionismo e un’enorme dedizione al lavoro, dal quale possono sentirsi più gratificati che dalle relazioni interpersonali. Sanno usare i loro talenti in modo efficace e produttivo, sono carismatici, energici e articolati nel dialogo. Hanno un buon livello, spesso ottimo, di adattamento e riescono a mettere il proprio narcisismo al servizio del successo. La combinazione di aspetti narcisistici e ossessivi può portare a comportamenti prepotenti, con la tendenza a controllare gli altri, senza però perdere alcune doti empatiche nelle relazioni. Capaci di scherzare sulla loro ossessività, più raramente riescono a mettere a fuoco il loro narcisismo. Per il terapeuta sono pazienti stimolanti e a volte affascinanti. Ci vogliono tempo, sensibilità terapeutica e capacità di sintonizzazione per cogliere le sottostanti dolorose vicissitudini dell'autostima di questi pazienti, spesso legate alla difficile gestione interna delle aspettative dei loro genitori. Alcuni clinici considerano il tipo narcisistico ad alto funzionamento alla stregua di un “disturbo”, di una “rosa di tratti” o più semplicemente di uno “stile” narcisistico. NARCISI FRAGILI Descrizione de “i sogni segreti di Walter Mitty” di Ben Stiller. Il narcisista fragile mette la sua grandiosità nascosta al servizio di standard troppo elevati: è necessaria per regolare l'autostima e svolge una funzione difensiva, proteggendo da antiche ferite e allontanando sentimenti dolorosi di inferiorità e sicurezza, vergogna e timore del giudizio, ma anche invidia. Egli deve tenere a bada la tendenza a essere molto critico verso sé e egli altri. Quando l'impalcatura difensiva regge, sembra raggiungere un appagamento che gli consente di riconoscere il lavoro degli altri e le loro capacità, quando le difese falliscono, gli effetti negativi e sentimenti di inadeguatezza emergono, spesso accompagnati da sentimenti di rabbia. Essi guardano con ammirazione invidiosa, (spesso accompagnata da “schadenfreud”, che è il godimento per l'altrui sventura) quelli che ce l'hanno fatta e hanno bisogno di sentirsi importanti e privilegiati, a volte cercando la compagnia of 20 34 Oggi c'è chi preferisce il termine "psicopatico" a quello, più diffuso di "antisociale" sottolineando il carattere psicologico più che l'impatto sociale. Il termine psicopatico implica che questi soggetti non siano necessariamente in aperto contrasto con le regole sociali, anzi, molti individui con personalità psicopatica possono perseguire i loro obiettivi ricevendo l'approvazione sociale e persino ammirazione. Psicopatia e criminalità hanno molti punti in comune, ma non sono categorie equivalenti. C'è una forma aggressiva, sadica e violenta, e una disonesta e manipolativa. Se pure ci sono aspetti di narcisismo patologico che accomunano Jordan Belfort di “The Wolf of Wall Street” e Hannibal Lecter de “Il silenzio degli innocenti”, è evidente che non ci troviamo di fronte allo stesso tipo di persone. Tanto è vero che la diagnostica psicodinamica, oltre a distinguere i sottotipi narcisistici (fragile, grandioso, maligno), giustamente differenzia, nelle personalità psicopatiche, il sottotipo parassitario-disonesto da quello apertamente aggressivo. A questi si aggiungono i quadri diagnostici delle personalità sadiche e di quelle paranoidi. Una crescente mole di studi evidenzia le implicazioni neurobiologiche della psicopatia: dalle interazioni gene-ambiente al circuito neuroendocrino dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Rilevante il ruolo del testosterone visto che il disturbo psicopatico e’ 14 volte più frequente nei maschi che nelle femmine. Elevati livelli di testosterone funzionano come potenziali inibitori della maturazione della corteccia orbito-frontale destra, e quindi dell'area deputata alla risposta ai segnali sociali, provocando una diminuzione dell'empatia e un aumento del comportamento aggressivo. Diversi studi indicano la presenza di un tratto influenzato geneticamente e definito callous-unemotional (indifferenza emotiva), che descrive bambini con poca empatia, incapacità di provare rimorso, legami affettivi superficiali, alti livelli di aggressività, relazioni disfunzionali. La presenza di questo tratto, rilevata in studi su gemelli e tendenzialmente stabile nel tempo, riconosce un sottogruppo di adulti antisociali gravi con esordio in età precoce. Le componenti biologiche non bastano però a spiegare lo sviluppo di queste personalità, va aggiunto l’impatto del contesto. Gravi patologie del cargiver, trascuratezza, maltrattamento ed abusi, traumi evolutivi, insicurezza, instabilità e inaffidabilità concorrono a formare quel funesto mismatching tra le caratteristiche temperamentali del bambino e la personalità degli adulti che dovrebbero prendersi cura di lui. Shore ricorda come l'interazione tra attaccamenti traumatici e disfunzioni a livello di corteccia celebrale predisponga disturbi della condotta, comportamenti aggressivi e problemi affettivi e relazionali in adolescenza. La ricerca sulle neuroscienze del narcisismo è agli albori e soprattutto concentrata sul narcisismo grandioso e sugli aspetti di (dis-)continuità tra narcisismo maligno e psicopatia. In entrambi i casi sono presenti, rispetto alla popolazione, una minore attivazione fisiologica all'esposizione di stimoli negativi, scarsa capacità empatica, deficit nel riconoscimento delle emozioni, compromissione nell'inibizione del comportamento a seguito di punizioni, aumentata reattività dell'asse ipotalamo- ipofisi-surrene. Gli individui psicopatici presentano abitudini impulsive, aggressive of 21 34 e di calcolata disonestà che tendenzialmente non caratterizzano i quadri narcisistici classici. Nel tentativo di differenziare tra un grave disturbo narcisistico di personalità e un disturbo antisociale in senso stretto, il DSM-5 propone i seguenti criteri (almeno tre devono essere soddisfatti, l’individuo deve avere >18 anni e aver manifestato un disturbo della condotta in adolescenza). Sono criteri che sottolineano la violazione fisica e psichica dei diritti dell'altro, ma trascurano la dimensione manipolatoria, calcolatrice, anaffettiva della persona psicopatica. 1) l'incapacità di conformarsi alle norme sociali per il comportamento legale 2) disonestà (mentire ripetutamente, usare falsi nomi o truffare gli altri, per profitto o per piacere personale) 3) impulsività o incapacità di pianificare 4) irritabilità e aggressività 5) noncuranza sconsiderata della sicurezza propria o degli altri 6) irresponsabilità abituale (incapacità di sostenere un'attività lavorativa o di far fronte a obblighi finanziari) 7) mancanza di rimorso (essere indifferenti al danno altrui o razionalizzare dopo di averlo causato) Per continuare a distinguere l’ambito narcisistico da quello psicopatico, con la tenebrosa terra di mezzo del narcisismo maligno, oltre all’assenza di un disturbo della condotta in anamnesi e all’incompatibilità dell’attitudine impulsiva, un discorso a parte merita il tema dell’INVIDIA. Gli antisociali sono meno invidiosi e meno bisognosi dell’ammirazione altrui, meno concentrati su come appaiono agli occhi degli altri. E’ invece più frequente la COMPONENTE SADICA, con distacco emotivo e determinazione spietata e priva di rimorsi con cui vengono cercati il dominio e il controllo sugli altri (preparazione sistematica di uno scenario sadico che h effetto di disumanizzare l’altro). Le implicazioni terapeutiche sono diverse tanto che Kernberg definisce gli antisociali come intrattabili con la psicoterapia dato che il mirroring empatico (che conforta il narcisista) provoca disprezzo nell’antisociale. Priva dei requisisti anche minimi di empatia, moralità e colpa, affrancata dai tremori dell’ansia che toglie lucidità e accompagnata, invece, dalla freddezza del controllo, la dimensione psicopatica mostra la capacità “mentallizzante” di leggere con precisione gli stati emotivi altrui. Si potrebbe descrivere come una empatia “non empatia” finalizzata non ad identificarsi per aiutare o comprendere ma a sfruttare e distruggere. Lo psicopatico, secondo Clekley, “non ha familiarità con i valori morali” e, nonostante possa esibire spiccata intelligenza, “non fa caso al fatto che gli altri provino emozioni”. Da sempre esercitano fascino mediatico, innamoramenti patologici compresi (“ibristofilia” ovvero investimento erotico-mediatico verso una figura criminale). Kernberg dice che “il male e’ due cose: e’ una patologia individuale che va trattata, ma può’ anche evolvere in una forza sociale indipendente dal singolo e a quel punto non deve più essere curata ma combattuta”. of 22 34 TRACOTANZA TRUMPIANA Nel 1964 la rivista “Fact” inviò un questionario a psichiatri chiedendo se il candidato Goldwater fosse psicologicamente idoneo alla presidenza. Goldwater fece causa alla rivista e la vinse. Nel 1973 l’American Psychiatric Association istituì la REGOLA GOLDWATER per cui non era etico formulare una diagnosi senza adeguata consultazione clinica. Nel 2016 l’elezione di Trump riportò in auge il dibattito e molti psichiatri ritennero giusto mettere in guardia la popolazione da ciò che Trump rappresentava, non politicamente ma psicologicamente. Gli assegnarono la diagnosi di narcisismo maligno che ai tratti narcisistici affianca quelli paranoici, antisociali e sadici. Nel più noto dei testi pubblicati su Trump (The dangerous case of Donald Trump) segnalano la sua pericolosità e i rischi della sua influenza antisociale sulla popolazione. Il documentario “Unfit- la psicologia di Donald Trump” ricostruisce la personalità dell’ex presidente riportando sue frasi come “Potrei sparare a qualcuno in piena Fifth Avenue e non perderei voti”, “Tutte le donne del reality show hanno flirtato con me, consciamente o inconsciamente me lo aspettavo”, “Chiedere scusa è una gran cosa, pero’ devi avere sbagliato. Se mai mi capiterà di sbagliare, chiederò scusa”. Le persone come Trump ragionano solo in termini di vincitori e perdenti, godono nell’esibire sentimenti di trionfo e disprezzano i loro avversari. Molti suoi comportamenti documentano l’inflazione dell’autostima, la sua onnipotenza, la convinzione di avere ogni diritto, e poi fraudolenza, menzogna, bullismo misoginia. Si sentono costantemente spinti a dimostrare di essere i vincitori del mondo, spesso con sentimenti di trionfo o di disprezzo nei confronti degli altri, vissuti come perdenti. Queste descrizioni richiamano una diagnosi, mai ratificata, proposta sulla rivista “Brain” da Davidson della “sindrome da hybris” (in greco: tracotanza superbia verso gli dei e gli uomini). Indica una forma di superbia fondata sul proprio potere politico, economico o sociale, con ostinata sopravvalutazione delle proprie forze, grandiosità, bisogno di ammirazione, mancanza di empatia, ricerca di attenzione, scarso rispetto per le regole, violazione della dignità e dei diritti degli altri, assenza di colpa o rimorso, promozione compulsiva dei propri interessi e della propria immagine, di cui si preoccupano in modo spropositato, tendenza a far coincidere e stessi con lo stato, l’istituzione o il partito che rappresentano, dire di potere essere giudicati solo da Dio o dalla storia, autoesaltazione e atteggiamento messianico quando prendono la parola, temerarietà e impulsività. Oltre al mobbing, questi narcisisti psicopatici col colletto bianco usano il gaslighting, cioè convincono gli altri che non sono loro a dire una bugia ma tu a non capire, non hai mente strategica, non hai percezioni corrette. I NARCISI DI ELSA Come le maschere del teatro antico, i sottotipi psicologici sono prototipi utili per mettere a fuoco le tipologie, come ha fatto Elsa Morante che ha descritto, nel of 25 34 ritiro narcisistico, sono per lei caratterizzati dall'investimento libidico di oggetti, in questo caso di oggetti idealizzati, interiorizzati e assimilati al sé. L'attitudine allo sfruttamento interpersonale e al dominio sull'altro ritenuto inferiore rifletterebbero l'uso dell'oggetto come "contenitore" delle parti cattive del sé. Il distacco, la grandiosità e l'incapacità di stabilire legami duraturi sarebbero connessi alle difese mobilitate contro l'invidia, ovvero l'odio per l'oggetto buono che possiede e controlla tutto ciò che è desiderabile. La Klein mette in luce il ruolo dell'invidia nei disturbi narcisistici: rappresenta la forma psicologica degli impulsi umani più distruttivi, impedisce lo stabilirsi di un rapporto valido con gli oggetti buoni, mina il senso di gratitudine e rende incerta la distinzione tra buono e cattivo. Rosenfeld aggiunge che i narcisisti sviluppano un'immagine grandiosa e idealizzata di sé, svalutando gli oggetti e le relazioni, per sfuggire alla dipendenza e all'angoscia depressiva che proverebbero se fossero consapevoli di distruggere in modo invidioso gli oggetti che amano, con lo scopo di distanziare il dolore connesso alla dipendenza da oggetti, esterni ed interni, differenziati dal sé. A partire dalla metà del secolo scorso, diversi autori hanno descritto problematiche narcisistiche derivanti principalmente da fallimenti ambientali e relazionali, spostando l'attenzione sul deficit (più che sul conflitto) e sugli aspetti fragili e vulnerabili del paziente narcisista. Per Winnicott le patologie narcisistiche sarebbero l'esito di un fallimento materno nel sostenere lo sviluppo dello spazio potenziale generato dalla dialettica tra illusione di autosufficienza e dipendenza da una realtà riconosciuta come esterna. Le madri di questi pazienti non avrebbero permesso loro di arrivare a fare esperienza dell'uso dell'oggetto, cioè di conoscere e rapportarsi all'oggetto nella sua alterità, ma solo dell'entrare in rapporto con l'oggetto attraverso identificazioni. Le situazioni di indisponibilità emotiva da parte della madre pongono il bambino nella dolorosa situazione di doversi occupare delle esigenze emotive della madre al fine di garantirsi il vissuto della dipendenza, ma al prezzo di dissociare parte della propria esperienza più viva e autentica. A questo tipo di pressioni ambientali che suscitano agonie primitive, il bambino reagisce per mezzo di una dissociazione attiva dei propri stati emotivi e corporei, garantendosi un adattamento alla realtà esterna ma rinunciando al proprio senso di continuità, vitalità e spontaneità. Questa dissociazione verrebbe a strutturare un "falso sé" che svolge la funzione di celare e nascondere il se’ segreto e autentico. Modell e Volkan, ricorrendo ad espressioni come "bozzolo narcisistico" e "bolla di vetro" hanno messo in luce la funzione del ritiro narcisistico come tentativo di proteggersi da una dipendenza che procura dolore. Green mette in risalto vari elementi dell'esperienza narcisistica: per esempio il legame con il masochismo; la sottotipizzazione in narcisismo corporeo, intellettuale (come forma di onnipotenza del pensiero) e morale; la duplicità intrinseca alla struttura dell'Io che da una parte si conosce mortale ma dall'altra si crede immortale. Il narcisismo per lui si presenta da un lato come sostegno alla della funzione unificante dell'Io attraverso la pulsione di vita, dall'altro come espressione della pulsione di morte che alimenta le aspirazioni dell’Io al proprio annullamento. Il narcisismo di morte viene descritto come una condizione di paralisi del sé, un sentimento di grave vuoto, totale ritiro dall'investimento e aspirazione al nulla. Green ritiene che l'identificazione inconscia con una madre of 26 34 gravemente depressa e frustrante, che il bambino non può invocare ma neppure desidera abbandonare, contribuisce a uno stato di negazione delle relazioni vitali e ha un senso di morte interiore, incapacità di amare e di credere nelle proprie risorse. Descrive il "complesso della madre morta" per spiegare la depressione materna che elimina il figlio dall'orizzonte affettivo. Un vuoto a cui il bambino non è in grado di attribuire un significato, un "buco" nella trama psichica che lo accompagnerà alla vita adulta che apparentemente potrà sembrare soddisfacente, ma continuerà ad essere infestata da questo "lutto bianco”. K AND K Le concettualizzazioni più note in tema di naturalismo sono quelle di Kohut e Kernberg nella seconda metà del secolo scorso. Le loro posizioni sono complementari: Kohut pone l'accento sugli aspetti deficitari dello sviluppo connessi a fallimenti nelle cure genitoriali e vede nel narcisismo patologico un arresto del processo di costruzione dell’identità. Kernberg sottolinea gli aspetti conflittuali intrapsichici e aggressivi e vede il narcisismo patologico come negazione di una dipendenza sana e realistica che prevede la capacità di amare, realizzare se stessi e riconoscere il valore proprio e altrui. L’originalità della teoria kohutiana risiede nella funzione degli "oggetti" esterni nella formazione della personalità narcisistica. Kohut conia il termine "oggetto-sé" proprio per indicare il ruolo che il bambino attribuisce a qualcuno per soddisfare i suoi bisogni narcisistici. Il nostro sé si formerebbe attraverso le sollecitazioni e le interazioni con le figure significative del nostro ambiente di crescita. Nello sviluppo sano diventa un centro di azione indipendente e vitale, contiene un polo delle ambizioni e un polo degli ideali, connessi da "un arco di tensione" su cui esprimiamo capacità e talenti, come se il Sè fosse dotato di un "programma nucleare" la cui realizzazione creativa determina soddisfazione. Durante la prima infanzia, le energie del bambino sono dedicate alla ricerca del benessere e alla soddisfazione dei propri bisogni. Lo sviluppo della personalità infantile richiede, secondo Kohut, l'esperienza di alcune configurazioni fondamentali: a) oggetto-se è speculare (che riconosce, accetta, conferma e a mira il nostro sé nella sua grandezza, bontà e interezza); b) l’imago parentale idealizzata (che consente al sé di fondersi con la rappresentazione dell'altro significativo, al quale attribuiamo potere, calma, saggezza e forza); c) L’oggetto-sè gemellare (che consente una relazione di similitudine che dà sostegno e infonde sicurezza). Col tempo, le caratteristiche infantili di queste rappresentazioni vengono elaborate per mezzo di "interiorizzazione trasmutante" (l'appropriazione della capacità di svolgere da soli le funzioni finora svolte dagli oggetto-se è) sia per mezzo di "frustrazioni ottimali" e piccoli "fallimenti epatici" dei genitori (esperienze non traumatiche e tempestive attuate dagli oggetti-sè per attenuare o rinviare l'urgenza dei soddisfacimento dei bisogni parziali o più arcaici di esibizionismo, grandiosità, funzionalità). La funzione evolutiva di queste frustrazioni aiuta il bambino a tollerare of 27 34 i suoi limiti e a differenziare l'esperienza di sentirsi adorati da quella di sentirsi riconosciuti e sostenuti. Gli oggetti-sè rimangono a tutta la vita perché anche da adulti abbiamo bisogno di questo tipo di relazioni narcisistiche, che impariamo a modulare in accordo con quanto richiesto dalla realtà. Kohut elabora la teoria del narcisismo a partire dall'osservazione dei transfer sviluppati dai suoi pazienti. Nel transfert speculare predomina il bisogno di un oggetto la cui approvazione favorisce lo sviluppo dell'autostima; nel transfert idealizzante predomina il bisogno di "fusione" con un oggetto forte e speciale; nel transfert gemellare predomina la ricerca di un oggetto simile a sé, che assicuri e con validi l'esperienza e l'umanità stessa del soggetto. Analizzandoli Kohut nota come essi rappresentino la riattivazione analitica dei processi psichici evolutivi che possono essere stati frustrati o disattesi durante l'infanzia. Distanziandosi da Freud, afferma che il compito dell'analista non è frustrare i bisogni del paziente, magari interpretandoli come difese, ma accettarli e corrispondere empaticamente ad essi per permettere al sé di svilupparsi. Non si tratta di desideri conflittuali, ma dei bisogni legittimi del bambino (o del paziente). Il conflitto tra il sé e gli oggetti non è intrapsichico, come vorrebbe Freud che postula la conflittualità tra Es/Io e Super Io, lo sviluppo narcisisticamente sano del bambino dipende dall'ambiente e dall'empatia dei genitori. Le manifestazioni del sé grandioso ed esibizionistico nelle fasi precoci dello sviluppo infantile, normali, sono un'esperienza evolutiva necessaria per la costruzione dell'identità e la regolazione dell'autostima. Il sé grandioso infantile esige il rispecchiamento del genitore (mirroring), l'accettazione e l'orgoglio per le sue potenzialità, lo scintillio della conferma e della gioia che appare nello sguardo dell’oggetto-sè sintonizzato affettivamente. È comprensibile come carenze empatiche, gravi privazioni affettive o insufficienti possono provocare deficit strutturali primari nella costituzione del sé. Un arresto della crescita psicologica del bambino impedisce di "trasformare" il narcisismo e l'amore oggettuale arcaici in un narcisismo e amore oggettuale maturo. Le personalità narcisistiche rimangono "impigliate" in uno stadio primitivo di grandiosità. Molte espressioni adulte di rabbia narcisistica sono rivolte ai fallimenti degli oggetti-sè. Per Kernberg, invece, il narcisismo patologico è il risultato di conflitti intrapsichici che danno vita a un "sé grandioso patologico" onnipotente, intriso di aggressività, che attacca gli aspetti più fragili e amorevoli del sé, degli oggetti e delle relazioni di dipendenza. Il sé grandioso patologico si sviluppa difensivamente per eludere l'intensità dell'invidia per gli oggetti buoni e proteggere l'individuo da angosce persecutorie e depressive (originate dalla paura di perdere gli oggetti buoni, da cui il bambino sente di dipendere, ed ai sentimenti di colpa che derivano dall'ostilità invidiosa rivolta contro noi stessi). Si tratta di una struttura in cui convergono le rappresentazioni reali e ideali del sé e degli oggetti, sostenuta da meccanismi di difesa primitivi come scissione, proiezione, identificazione proiettiva, idealizzazione, svalutazione, negazione. Dominato dall'invidia e dalla rabbia, il mondo interno del narcisista si esprime, con atteggiamenti superbi, sprezzanti e carichi di un odio che emerge quando sentimenti di fragilità e inferiorità minacciano di incrinare la rappresentazione grandiosa di sé. of 30 34 Oscar Wilde propone una variazione del mito: la sorgente, dopo la morte di Narciso, si trasforma in una pozza di lacrime salate. Le ninfe del bosco le confessano di non meravigliarsi di tanto pianto, talmente bello era Narciso. " Ah, Narciso era bello?" domanda la fonte. "Chi potrebbe saperlo meglio di te? E’ nello specchio delle tue acque che rifletteva la sua bellezza" rispondono le ninfe. Ma la sorgente risponde “Io amavo Narciso perché, quando lui si inchinava nella mia riva, potevo ammirare la mia bellezza nello specchio dei suoi occhi”. Nel gioco degli specchi il narcisismo si moltiplica: quando nell'altro vediamo solo noi stessi, la relazione si accieca. L'incapacità di vedere l'altro è il cuore del film di Baumbach “Storia di un matrimonio”. Rilke diceva che un buon matrimonio è quello in cui ciascuno nomina l'altro custode della sua solitudine. Ecco cosa manca ai due competitivi sposi di Baumbach: analfabeti sentimentali, non si sono mai davvero chiesti che cosa ci faccio qui, non hanno imparato a prendersi cura di sé curandosi reciprocamente. L'idea meno narcisistica di coppia è quella di due persone che si dedicano a una terza "persona": la loro relazione. Alimentata dal riconoscimento reciproco, è lei che garantisce all'amore il suo spazio, la sua pienezza faticosa e vitale. Basta poco per muovere i piatti della bilancia e trasformare la coppia in un gioco di potere che pratica il narcisismo del comando e quello della sottomissione. Un esempio è la forma masochistica del donarsi a chi si concede senza darsi, a darsi all'oggetto che ci rifiuta. Talvolta è un tentativo di riscrivere la propria storia, cercando di farsi scegliere da grandi perché non siamo stati scelti da piccoli. Emblematico è il personaggio di O in “La histoire d’O” dove "il piacere di O risiede nella sensazione della propria sopravvivenza e nella connessione con il suo potente amante. Fino a che riesce a trasformare la paura della perdita in sottomissione, fino a che rimane l'oggetto e l'espressione del potere di lui, O e’ salva. Farsi strada fino all'altro, per il sadico; essere trovato per il masochista. per entrambi, un tentativo di controllare la perdita di sé. Ci sono amori che si nutrono di incertezze e amori che si nutrono di progetti. Ostacolo e visione, desiderio e sicurezza devono invece procedere insieme, convivere con l'equilibrio nella relazione amorosa. Parlare d'amore è quasi sempre parlare di narcisismo, che è forse il suo peccato originale. L’innamoramento è un'idealizzazione in cui l’Io allenta i suoi confini e si proietta nell'altro per riparare a una mancanza, a colmare un’assenza. La tragedia che affligge i narcisisti e’ l'incapacità amorosa: le caratteristiche delle loro relazioni amorose sono un indicatore "diagnostico". Alla domanda "mi ama?" dovremmo aggiungere molte altre domande: ”si prende cura di me?", "mi rende migliore?", "hai interesse per quello che penso?" Per il narcisista invece sono fondamentali il bisogno di "fare colpo" (il grandioso terrà una conferenza su di sé, poco attento alle vostre reazioni: il fragile sarà tutt'orecchi è già preda dell'idealizzazione); la paura del legame paritario (mascherata dalla scelta di partner indisponibili); la conferma del proprio potere e il controllo attraverso la negazione della vostra autonomia; la facilità con cui si sente offeso o trascurato, con permalosità e recriminazioni che avvelenano l'atmosfera; l'intolleranza alla critica che fa montare l'aggressività; la distrazione o quella "doverosa" presenza che tradisce l'assenza; la rivalità, la svalutazione, l’invadenza… of 31 34 COME SI DIVENTA NARCISISTI? Non sappiamo spiegare la patogenesi di un disturbo di personalità, possiamo affermare che dipende da un intreccio di infinite variabili riconducibile alla triade del modello bío-psico-sociale. Si puo’ cercare di capirlo facendo riferimento a due variabili che, epigeneticamente, si influenzano a vicenda: il temperamento e l'accudimento. Un bambino con un temperamento aggressivo, irascibile o facile dalla frustrazione svilupperà più facilmente una sindrome di personalità. Ma, oltre al temperamento del bambino, e’ di fondamentale importanza però quello di chi lo accudisce. Il termine “temperamento” si riferisce alle componenti costituzionali della personalità, il termine “epigenetica” invece si riferisce all'interazione tra i geni e l'ambiente e alle variazioni fenotipiche che ne derivano, l'annoso dibattito sull'influenza della "natura" e della "cultura" sullo sviluppo infantile. Il disturbo narcisistico si manifesta in persone che, nella prima età infantile, non hanno incontrato un accudimento adeguato ai loro bisogni. Il figlio di un genitore abusante, che adoperi il bambino in funzione di una propria gratificazione, finisce per identificarsi con quel genitore aggressivo e rinuncia all'espressione di sé pur di mantenere il suo amore e una certa padronanza sull'evento traumatico, compensando tale rinuncia con fantasie grandiose. Kohut tende a vedere nella formazione della personalità narcisistica un fallimento empatico di genitori incapaci di rispondere alle richieste di un sé infantile fisiologicamente grandioso; Kernberg vede invece il sé di questi pazienti come una struttura patologica, non riconducibile a una fisiologica grandiosità infantile. Quello che Kohut considera un sé bloccato nel suo sviluppo, con l'aggressività che gioca un ruolo secondario come risposta ai fallimenti genitoriali, Kernberg lo considera un sè patologicamente grandioso, una difesa contro l'investimento sugli altri e la dipendenza da loro, con l'aggressività innata che gioca un ruolo primario e promuove stati di invidia intensa e distruttiva. Genitori distaccati, svalutanti, incapaci di rispecchiamento, silenziosamente ostili oppure molto richiedenti, intrusivi, idealizzanti e ipergratificanti in modo acritico, portati ad esibire, sovraccaricare gli aspettative, usare il figlio come protesi narcisistica a conferma dei propri bisogni di autostima favoriscono lo sviluppo di patologie a lora volta narcisistiche che rappresentano soluzioni, in forma di autorappresentazioni grandiose compensatorie oppure svalutative, cariche di sentimenti di vuoto e mancanza di senso. Per tutta la vita il futuro adulto continuerà a cercare una risposta ai suoi bisogni narcisistici sfruttando le relazioni oppure scomparendo in segreti rifugi della mente. Anche esperienze traumatiche di abuso non solo emotivo possono portare a un grave danno nello sviluppo dell'autostima: sentimenti di vergogna, rabbia e desideri di vendetta. Danneggiata sarà la possibilità di vedere gli altri come fonti di conforto con cui sviluppare relazioni basate sulla fiducia con problematiche legate alla sicurezza dell'attaccamento alla funzione meta cognitiva (cioè alla capacità di osservarsi e riflettere sui propri stati mentali) e a un adeguato sviluppo della capacità di mentalizzazione (cioè di rappresentarsi la mente propria ed altrui). Per quanto riguarda l'influenza genetica, numerosi studi hanno dimostrato nei narcisisti, in risposta a stimoli negativi, minori livelli di attivazione fisiologica e of 32 34 maggiore difficoltà a inibire comportamenti disfunzionali. Ruolo di primo piano la regione dell'insula anteriore, coinvolta nel circuito dell'elaborazione emotiva e la rappresentazione di segnali e "sentimenti" afferenti dal corpo. Il suo malfunzionamento sarebbe associato alla difficoltà di sperimentare empatia e aumento dell’autoreferenzialita’ e della preoccupazione per il proprio sé. Studi neuroscientifici indicano lacune nello sviluppo di distinti sistemi neurali dell’empatia, nella sua componente di "contagio emotivo", che porta a riconoscere e condividere le emozioni dell'altro, nella componente di "assunzione della prospettiva", che porta a compiere inferenze su cosa un'altra persona sta pensando o sentendo. Deficit dei circuiti di regolazione orbito-frontale, implicati nello sviluppo della mentalizzazione coinvolta nel processo empatico sono sempre più’ frequentemente dimostrati nei quadri di alcuni disturbi di personalità. Le strutture cerebrali primarie coinvolte nella mediazione delle componenti dell'empatia ed è la rappresentazione di sé nel tempo sono l'insula anteriore, la corteccia cingolata anteriore, e specifiche regioni della corteccia prefrontale mediale. L'insula anteriore potrebbe svolgere un ruolo cruciale dinamico tra le due reti separate: la rete esecutiva centrale, che si occupa dell'esecuzione efficace dei compiti, e il default mode network che è coinvolto nei processi auto-riflessivi e di mind-wondering. Il deficit narcisistico di empatia potrebbe essere dovuto a una disfunzione dell’insula anteriore di destra che mantiene in costante attivazione il default mode network. In particolare nella componente legata all'autoreferenzialità a scapito dei processi impatti e nella capacità di condividere e comprendere effettivamente le emozioni degli altri. I soggetti con bassa capacità impatti che mostrano una minore connettività funzionale della corteccia prefrontale mediale e della corteccia cingolata anteriore all'interno del default mode network. NARCISISMO SOCIALE Nello omelia natalizia del 2015 Papa Francesco ci richiama a un comportamento "sobrio, cioè semplice, equilibrato, capace di cogliere e vivere all'essenziale", e a uno stile "colmo di pietà", capace di contrastare la "cultura dell'indifferenza". Viviamo, dice, in una società "di apparenza e narcisismo”. L'attrazione semantica per il narcisismo inizia alla fine degli anni 70 quando Lasch pubblica “La cultura del narcisismo” dove dice che "La gente risponde agli altri come se le proprie azioni fossero registrate e trasmesse simultaneamente a un pubblico invisibile oppure da’ risposte per essere minuziosamente esaminate in seguito". E questo prima che nascessero i selfie. Il tema del "pubblico invisibile” compare in uno dei più sofisticati sistemi diagnostici in uso, la Shedler-Westen Assessment Procedure (SWAP) che fornisce criteri che guidano il clinico nell'inquadramento della personalità del paziente. Uno di questi criteri, rilevante per la descrizione dello stile narcisistico, dice "tende a trattare gli altri come un pubblico che deve testimoniare la sua importanza, il suo ingegno, la sua bellezza". "Tende a sentirsi inadeguato, inferiore un fallito", "tende a provare vergogna o imbarazzo". Lasch scrive un saggio sulle conseguenze di uno sviluppo sociale che fa affiorare i tratti narcisistici presenti in ciascuno di noi. L'idea è che le radici del narcisismo