Scarica Bietti Sestieri - L'Italia nell'età del bronzo e del ferro e più Sintesi del corso in PDF di Preistoria solo su Docsity! Bietti Sestieri – L’Italia nell’età del bronzo e del ferro 1 Parte prima: L’età del bronzo antica, media e recente 1. Le regioni settentrionali a nord e a sud del Po 1. L’antica età del bronzo 1.1 La facies di Polada La facies archeologica più nota e diffusa della IEB si sviluppo fin dall’inizio del periodo nell’Italia settentrionale a nord del Po, ed è circoscritta nel momento più antico alla fascia prealpina dei laghi e degli anfiteatri morenici allo sbocco delle valli glaciali. La massima concentrazione è intorno al lago di Garda. La comparsa della facies di Polada in Italia settentrionale potrebbe essere il risultato di un movimento di gruppi provenienti dalle regioni transalpine (SVI e GER mer.) nelle quali è stata osservata un’interruzione degli insediamenti palafitticoli in corrispondenza dell’età del bronzo antica e media. La facies di Polada si sviluppa in tutta la IEB, ovvero tra 2200 e 1700-1600 a.C. La cultura materiale di Polada comprende una ceramica d’impasto eseguita a mano, di colore uniformemente scuro e di livello tecnico ed estetico modesto, con prevalenza di forme chiuse, un’industria metallurgica relativamente sviluppata, con forti collegamenti al di là delle Alpi. L’industria metallurgica utilizza rame senza stagno, come nella fase iniziale dell’età del bronzo dell’Europa centrale. Sono presenti asce a margini rialzati e pugnali con impugnatura composita in corno. Nella fase BA2 il cambiamento delle ceramiche è sensibile. Il passaggio alla MEB presenta le caratteristiche di un processo culturale ininterrotto, che proseguirà nelle successive fasi dell’età del bronzo. Fra i siti di lunga durata, il bacino del lago Lavagnone è uno dei pochi nei quali l’occupazione continua per tutto il corso dell’età del bronzo. L’insediamento è collegato prevalentemente ai bacini inframorenici che costituiscono l’area esclusiva di concentrazione degli abitati nel corso del BA1; solo verso la fine di questo periodo sono documentati abitati nella media e bassa pianura padana. Gli abitati del periodo più antico sono piccoli villaggi (da 0,5 e 3-4 ha), a breve distanza gli uni dagli altri. La massima concentrazione è stata osservata sul lago di Garda. Ci sono state fasi di occupazione di durata variabile, in alcuni casi anche molto breve, con frequenti abbandoni, spesso dovuti a incendi e crolli, spostamenti e rioccupazioni. Nella fase più antica gli abitati sono costruiti su palafitte con impalcato aereo sulle rive dei laghi e sull’acqua. Nella fase avanzata gli abitati in area lacustre sono costruiti su bonifiche sostenute da cassonature di travi orizzontali e paletti verticali, con case a pianta rettangolare disposte regolarmente; i siti all’asciutto hanno acciottolati, piani pavimentali e buche di palo. Ai siti che continuano dalla fase precedente se ne aggiungono altri di nuovo impianto. La colonizzazione della pianura arriva fino al Po. Gli abitati della pianura, spesso su palafitte, prediligono aree basse, almeno potenzialmente umide; come nella fase più antica, sono di estensione limitata e di solito vicini, probabilmente un’indicazione di spostamenti frequenti. Il modulo di occupazione per tutta l’antica età del bronzo è rappresentato da un gruppo di villaggi vicini e collegati, con una consistenza demografica complessiva compresa fra alcune centinaia e un migliaio di persone. La produzione agricola è documentata da aratri di legno, falcetti di legno, semi bruciati di cereali e legumi; l’allevamento comprende le tre specie principali, con specializzazioni legate alle differenze ambientali. La caccia è relativamente importante. Sono frequenti i ripostigli di bronzi, formati da oggetti interi, di solito una sola categoria per ripostiglio. I ripostigli sono depositi intenzionali in località isolate. La maggior parte dei ripostigli si concentra nelle fasi recenti del periodo. La produzione metallurgica locale, certamente specialistica, è documentata dalla presenza di oggetti finiti e di attrezzature per la fusione. I minerali provengono dai giacimenti in area alpina del Trentino e probabilmente delle regioni vicine, della Liguria e dell’Etruria. Gli usi funerari dei gruppi Polada sono poco documentati, probabilmente perché i morti non venivano sepolti in aree destinate specificamente a questa funzione. Le più note manifestazioni di culto dell’età di Polada, che proseguono dall’eneolitico, sono le statue-stele e i massi incisi della Valtellina e della Valcamonica, che associano elementi antropomorfi maschili o femminili con rappresentazioni del sole, di armi, di scene di aratura e caccia, di animali domestici. Queste raffigurazioni sono state per lo più riferite a personaggi reali, e considerate sostitutive della sepoltura di membri eminenti delle comunità o come rappresentazioni di antenati eroizzati. La distribuzione di forme metalliche simili su gran parte del territorio europeo si collega ai modi di circolazione della materia prima, nei quali sembra probabile il ruolo essenziale dei metallurghi, mentre è meno chiaro il loro grado di integrazione nelle comunità. Fra IEB e EBR aumentano le categorie di materiali metallici prodotti e il livello di organizzazione della produzione, che sembra concentrarsi in alcuni centri, e della circolazione dei manufatti. Questo processo sarebbe accompagnato dalla progressiva integrazione dei metallurghi nelle comunità produttrici. CI sono scambi e collegamenti a lunga distanza. La struttura socio-politica dei gruppi Polada è probabilmente di tipo tribale, con insiemi di comunità di villaggio che occupano comprensori territoriali che gravitano prevalentemente sui bacini lacustri. La relativa uniformità della facies archeologica, insieme all’evidenza di collegamenti e scambi, indica contatti sistematici fra le comunità interessate; è possibile ipotizzare che fra le comunità di Polada si siano sviluppate specializzazioni produttive-artigianali locali, collegati a fattori diversi come la differenza nella distribuzione delle risorse naturali e l’accessibilità a vie di comunicazione. La coesione culturale era mantenuta e rafforzata anche dall’esistenza di luoghi di culto intertribale come la zona delle incisioni rupestri della Valcamonica. 1.2 L’antica età del bronzo in Liguria 2 E’ invece possibile ritenere che alla rilevanza dei portatori di armi nelle manifestazioni funerarie corrispondano forme di organizzazione politica delle comunità basate su equilibri politicamente instabili. Quindi nelle necropoli dell’EBF la presenza esclusiva delle armi nel corredo di singoli individui indica un processo generalizzato di centralizzazione della decisione politica. • Collegamenti interregionali: l’area dei collegamenti della regione delle palafitte e dei siti arginati è molto ampia. Alcuni tipi di spade circolano tra la pianura veronese, il Friuli, le Alpi orientali e la pianura danubiana. Fra la MEB avanzata e l’EBR si intensifica nelle facies locali la presenza di una componente peninsulare (ceramica appenninica e subappenninica). I contatti si sarebbero sviluppati lungo la costa adriatica. Rispetto alla IEB, è possibile riconoscere alcune indicazioni convergenti di aumento della complessità: la maggiore stabilità e durata degli abitati e la presenza di necropoli con centinaia di tombe, che indicano comunità più consistenti e in grado di sviluppare processi di articolazione interna; la concentrazione della produzione metallurgica in alcuni siti, che implica una rete di rapporti sistematici. C’è una tendenza all’aumento della complessità socio-politica, che si sviluppa all’interno di singole comunità o di gruppi di comunità per periodi di tempo relativamente brevi: almeno per ora, non sembra possibile identificare durante questo periodo processi che giungano fino all’emergere di forme di organizzazione politica complessa e stabile, e su un’ampia scala territoriale. Questi processi vengono interrotti o rallentati dalla crisi che investe la regione alla fine dell’EBR. 2.5 La cultura dei castellieri: le fasi dell’età del bronzo media e recente L’area compresa tra il Carso triestino e Goriziano, l’Istria, le isole del Quarnaro e la costa settentrionale della Dalmazia, è interessata dalla cultura dei castellieri. Il termine cultura potrebbe essere usato in questo caso legittimamente, dal momento che siamo in presenza di una situazione nella quale l’omogeneità della facies archeologica coincide con un sistema di insediamento con caratteri specifici e riconoscibili; a questi elementi si aggiungono la continuità territoriale e l’occupazione ininterrotta della stessa area per uno spazio di tempo complessivo che va dalla MEB all’età del ferro. Un elemento geomorfologico di importanza strategica per l’insediamento e per lo sviluppo di collegamenti a lunga distanza in questa regione è costituito dalla linea delle risorgive. Il repertorio della MEB e EBR è ben differenziato rispetto a quello dei complessi contemporanei della pianura padana. Nel Carso e nell’Istria i castellieri hanno inizio con la MEB; gli abitati sono collocati su pianori di sommità di estensione limitata, spesso in posizioni strategiche e difesi da cinte murarie e terrapieni; il perimetro dell’area difesa, per lo più di forma ellittica o circolare, si aggira intorno a 300m. La continuità di occupazione negli stessi siti ha di solito impedito la conservazione delle strutture difensive originarie. In alcuni abitati, l’area difesa comprende una piccola acropoli e una zona inferiore pianeggiante, con cinture murarie separate. E’ documentata anche l’occupazione di grotte. Le aree di pianura nei territori di Pordenone e Udine sono intensamente insediate fra la MEb avanzata e l’EBR; alcuni siti arginati occupano posizioni di altura a quote comunque poco elevate, ma gli abitati si sviluppano anche in posizioni aperte, spesso in zone umide. Nella fascia pedemontana e collinare ai margini dell’alta pianura, sui due lati del Tagliamento, sono presenti abitati in posizione difesa e di controllo territoriale, come Sequals e Ragogna. Nel repertorio ceramico dei castellieri sono presenti alcuni elementi tipologici di origine padana, e qualche raro elemento di tipo peninsulare appenninico e subappenninico. La regione dei castellieri costituisce il tramite tra l’Europa sud-orientale e la pianura padana settentrionale attraverso il movimento di individui e gruppi, la circolazione di oggetti in bronzo e contatti fra cerchi metallurgiche. La specificità della produzione metallurgica di questa regione è ben documentata dai ripostigli di bronzi, concentrati nella tarda età del bronzo. Nell’EBR molti ripostigli vengono dalla fascia delle risorgive. La crisi dell’insediamento al passaggio tra EBR e EBF è documentata anche in questa regione, in particolare nell’area a sud della linea delle risorgive e sulla costa, dove si interrompe la fitta rete di collegamenti in direzione del Veneto e della pianura padana. 2.6 Le terramare L’area terramaricola classica è una delle regioni meglio note della protostoria italiana, grazie sia alle ricerche del passato, sia a una concentrazione di ricerche sistematiche recenti di carattere archeologico e paleoambientale. Tale area è composta dalla pianura padana centrale a sud del Po (Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza) e dalle aree appenniniche che si affacciano sulla pianura. Secondo la maggior parte degli studiosi, l’occupazione della pianura padana a sud del Po è il risultato di un fenomeno di colonizzazione proveniente dalle regioni settentrionali, già da molti secoli intensamente abitate, inizialmente nell’area dei laghi inframorenici ai piedi delle Alpi, e più tardi anche nella pianura. Tracce di occupazione della pianura padana a sud del Po compaiono già nelle fasi iniziali della MEB, con materiali di facies vicina a quella delle regioni italiane nord-occidentali nella parte occidentale del territorio, e materiali riferibili alla facies peninsulare di Grotta Nuova. Nella fase centrale della MEB (1550-1450 a.C.) vengono impiantati molti nuovi insediamenti nei quali compaiono le tipiche strutture delle terramare: l’area di abitato è delimitata da un fossato e da un terrapieno, spesso preceduto nella fase di impianto da una palizzata, le case sono costruite su un impalcato di legno e disposte in file regolari. Generalmente gli abitati non vengono impiantati in ambiente umido, anche se le tecniche costruttive sono simili a quelle adottate nella costruzione delle palafitte. L’impianto degli abitati era accompagnato dal diboscamento su ampie superfici, destinato a fornire materiale da costruzione, ma soprattutto a circondare il nuovo insediamento di terreni coltivabili. Al momento dell’inizio dell’insediamento corrisponde una forte contrazione della copertura forestale e un aumento consistente di piante erbacee e cereali coltivati. La densità di occupazione è molto alta (un sito ogni 10 kmq). Alle terramare con terrapieno e fossato si alternano numerosi piccoli insediamenti non strutturati, che documentano lo sfruttamento capillare del territorio agricolo. Nell’area appenninica collinare e montana gli abitati sono poco estesi, e sono di solito in posizioni adatte al controllo delle vie di comunicazione e del territorio. 5 Nell’ultima fase della MEB una tendenza di concentrazione di insediamento nella pianura è indicata dallo sviluppo di villaggi di grandi dimensioni. Con l’EBR le opere di delimitazione e di difesa degli abitati raggiungono le massime dimensioni, e compare una tendenza alla gerarchizzazione dell’insediamento. L’inizio dell’EBR è il momento di massima espansione demografica delle terramare. Nel momento finale invece, attorno al 1200 a.C., il sistema subisce invece una crisi, che segna la fine dell’occupazione della pianura. • Necropoli, demografia, organizzazione sociale: Le necropoli delle terramare sono poco conosciute: solo 5 su più di 100 abitati. I dati generali sono la collocazione a breve distanza dall’abitato, l’uso esclusivo dell’incinerazione, le dimensioni consistenti (>100), il corredo limitato ad alcuni ornamenti personali. Gli elementi più completi riguardano la necropoli di Casinalbo. (dalla fine MEB). Le strutture sono fosse o pozzetti poco profondi. Sono frequenti i casi di riapertura della fossa per alcune sepolture successive. • Ideologia e religione: Vasi in miniature, figurine di animali e antropomorfe, ruote, tutti di ceramica d’impasto, provengono da molte terramare, e sono per lo più considerati oggetti di carattere cultuale. La lettura di questo tipo di materiali in relazione con un culto solare paneuropeo è relativamente frequente, così come la lettura dei dischi di lamina d’oro. La deposizione delle armi nelle acque di fiumi e laghi sembra concentrata nell’area padana a nord del Po ed è probabilmente collegata alla diffusione del rito dell’incinerazione e al divieto della deposizione delle armi nelle tombe. Una evidenza di grande interesse è la vasca dalla terramara di Noceto-La torretta. Si tratta di un grande contenitore di legno di quercia collocato all’interno del perimetro dell’abitato. La vasca veniva riempita d’acqua. La stratificazione interna è formata da una successione di sottili livelli laminari, tipici dei depositi in acque ferme, con differenze dei livelli dovute alle variazioni climatiche stagionali. La vasca è stata in uso per alcuni decenni. Durate questo periodo ci sono stati due principali episodi di deposizione all’interno di oggetti, semi, attrezzi agricoli, fauna. Secondo una interpretazione plausibile, si tratta di un impianto votivo legato alle pratiche agricole. • Sussistenza, produzione e scambi: L’economia di sussistenza delle terramare è basata sull’allevamento, finalizzato al consumo di carne e di prodotti secondari, e su un’agricoltura sviluppata, basata sul disboscamento, sull’uso dell’aratro a trazione animale e su tecniche complesse di irrigazione. La facies terramaricola è strettamente correlata con le facies delle palafitte e degli abitati arginati della pianura padana centrale a nord del Po. Due elementi che riflettono la particolare intensità di collegamenti che ha caratterizzato questo ampio territorio. Dopo le fasi iniziali della MEB, nella quale gli aspetti formali e decorativi della ceramica si collegano con le facies delle regioni nord-occidentali e con la facies di Grotta Nuova, fra la fase centrale della MEB e l’EBR è possibile seguire lo sviluppo specifico della facies ceramica terramaricola. I tratti distintivi sono anse con sopraelevazioni plastiche. L’industria metallurgica si collega all’ambiente palafitticolo. Questo settore della produzione è evidentemente un’attività stabile, documentata negli abitati, legata allo sviluppo di molte attività artigianali e produttive. Un importante salto di qualità si verifica in questo settore con l’EBR. L’industria metallurgica di questo periodo prende il suo nome dal sito di Peschiera. In tutta l’area palafitte-terramare cresce il volume della produzione e compaiono nuove categorie di strumenti. • Il processo storico delle terramare: La comunità del villaggio terramaricolo era basata sulla parentela (lignaggi e gruppi familiari estesi), con una capacità di controllo sociale forse maggiore a quella che possiamo ipotizzare per i gruppi contemporanei della pianura padana a nord del Po. Una indicazione in questo senso potrebbe essere ricavata dall’assenza di armi nelle tombe e dalla prevalenza assoluta dell’incinerazione, un rituale che sembra costituire un efficace strumento d controllo ideologico della competizione e della violenza fra i gruppi di parentela delle singole comunità. Apparentemente, all’interno di queste, o forse fra gruppi di comunità collegate, esiste una struttura gerarchica in grado di organizzare e controllare le attività di interesse comune. Una organizzazione territoriale gerarchica a due livelli indica probabilmente la presenza di più entità politiche sovracomunitarie di tipo tribale. Per analizzare lo sviluppo delle terramare bisogna prendere in considerazione alcuni elementi, tra cui l’omogeneità complessiva, culturale e linguistica, che per 3 o 4 secoli caratterizza queste comunità, si struttura grazie ad una situazione ambientale favorevole allo sviluppo di comunicazioni intense e sistematiche; la pianura attraversata da una importante rete fluviale. Questo insieme di fattori potrebbe essere all’origine dello sviluppo nell’area terramaricola, di per sé priva di risorse minerarie, della più importante produzione metallurgica dell’età del bronzo italiana, caratterizzata anche dalla omogeneità formale. Alcuni siti con una forte concentrazione di manufatti giocano probabilmente un ruolo centrale nella produzione e distribuzione dei prodotti. Il secondo elemento è la collocazione dell’area palafitte-terramare, e in generale della pianura padana centro-orientale, in una posizione strategica, all’incrocio delle vie di scambio dell’Europa e del Mediterraneo. Incrocio che viene raggiunto dai metalli della zone alpina e probabilmente dell’Etruria, dall’ambra baltica, da conterie egee o orientali. Il loro complesso sistema produttivo non era sostenuto da una forma di direzione politica unitaria ed efficiente, e questo è dimostrato dalla rapidità e dall’impatto della crisi che in poco tempo travolse il sistema terramaricolo. Sulla fine delle terramare e sulla crisi del 1200 a.C. ci sono state molte ipotesi. Quella tradizionale della crisi ambientale non veniva considerata come un fattore determinante, dal momento che il deterioramento climatico che si verifica tra MEB e EBR si presenta come un processo graduale, che non produce eventi catastrofici, ai quali si pensava visto l’abbandono rapido in una situazione di emergenza. La crescita demografica superò alla fine dell’EBR la soglia della capacità produttiva dei suoli agricoli della pianura, provocando il collasso delle strutture politiche e dell’organizzazione produttiva delle comunità terramaricole. Il complesso di rifornimento idrico della terramara e del suo territorio agricolo, basato sulla scavo di pozzi con la funzione di impianti di risalita dell’acqua, entra in una crisi irreversibile a causa del costante abbassamento della falda, legato a un fenomeno regionale di siccità che aveva determinato l’abbassamento del livello del Po. Questo fattore di crisi potrebbe aver costituito il detonatore del collasso del complesso sistema territoriale delle terramare, già reso progressivamente meno stabile dalla crescita demografica e dall’aumento della pressione sulle risorse agricole. 6 2. Le regioni centrali e meridionali 1. L’età del bronzo antica e media iniziale. Problemi di definizione della cronologia relativa e assoluta 1.1 Le regioni meridionali Rispetto alla situazione del Nord ci sono difficoltà nella costruzione della cronologia relativa, date da un insieme di fattori come la complessità e la disomogeneità del territorio, che costituisce una condizione di partenza negativa per lo stabilirsi del tipo di contatti e scambi culturali intensi e sistematici che nella pianura padana centrale hanno favorito l’omogeneità formale delle facies dell’età del bronzo, e l’incertezza sulla effettiva autonomia delle singole facies che sono state tradizionalmente identificate, che rende difficile trattarle come entità separate nel tempo. Ai problemi dell’approccio crono-tipologico alla classificazione dei manufatti mobili si sommano quelli che derivano dalla scarsa sistematicità e da un uso spesso arbitrario delle date assolute calibrate. Sequenza: ■ Il passaggio tra eneolitico e IEB (intorno al 2300-2200) vede la continuità delle facies di Laterza-Cellino S. Marco (nota nelle regioni meridionali fino al Lazio a Sud del Tevere) almeno fino agli ultimi secoli del III millennio ■ La facies più chiaramente definita della IEB è quella di Palma Campania, che dovrebbe coincidere con la fase tarda del periodo. La fine dei villaggi Palma Campania nella pianura campana e nell’avellinese avviene a causa dell’eruzione vesuviana datata attorno al 1750 a.C. ■ Questa data segnerebbe anche l’inizio di una nuova facies, il cosiddetto Protoappenninico B, corrispondente alle fasi iniziali della MEB. Secondo l’opinione corrente, la comparsa del Protoappenninico corrisponderebbe all’inizio delle navigazioni sistematiche dall’Egeo in direzione del Mediterraneo centrale, che vengono datate al XVII-XVI secolo. La situazione locale più favorevole per la definizione della IEB dal punto di vista sia della consistenza e posizione relativa delle facies archeologiche, sia della cronologia assoluta, è quella della Campania centro-settentrionale, provincie di Napoli, Caserta e Avellino. Qui infatti le consistenti tracce archeologiche delle comunità vissute in questo periodo sono strettamente collegate a una serie ravvicinata di eruzioni vulcaniche del Vesuvio e dei Campi Flegrei (2780-2610 ca, 2350-2200 ca, 1782-1690 ca). Tutti i complessi coperti direttamente dai materiali provenienti dall’eruzione, e in gran parte abbandonati, mostrano un momento di pieno sviluppo della facies di Palma Campania, che nell’area campana può essere considerata come una cultura nel senso antropologico del termine. L’impatto dell’eruzione ha investito molti villaggi e il territorio circostante. Dopo la distruzione degli insediamenti e del relativo territorio agricolo la zona sembra essere stata abbandonata in modo pressoché completo fino alla fase finale della MEB. Il Protoappenninico B è la facies più ampiamente documentata specialmente sul territorio pugliese, e di più difficile definizione cronologica, soprattutto per quanto riguarda gli sviluppi iniziali e il rapporto con la facies di Palma Campania. Una proposta di scansione cronologica del periodo è basata sulla documentazione archeologica dal sito di Capo Piccolo, sulla costa ionica della Calabria. La ricostruzione mette in evidenza un’altra situazione nella quale elementi convenzionalmente attribuiti a facies diverse, come Palma Campania, Capo Graziano (Eolia), Rodì-Tindari-Vallelunga (Sicilia), Protoappenninico B, oltre alla presenza di alcune importazione egee, si trovano associati in varie combinazioni. Il problema principale in questo caso è l’affidabilità stratigrafica molto limitata. Viene proposta una successione di due fasi, caratterizzate dalle seguenti associazioni: ■ Capo Piccolo I: materiali tipo Palma Campania, Capo Graziano I (2000/1900-1800/1700) ■ Capo Piccolo II: materiali RTV, Torre S. Irene (Tropea), Protoappenninico B (secoli centrali del II millennio). Un’analisi della situazione basata soprattutto sull’evidenza dalla Puglia è stata proposta da Alberto Cazzella. La premessa è la scarsa sostenibilità di scansioni cronologiche con le rispettive sottofasi, applicate al territorio italiano. Gli elementi presi in considerazione sono: 1. La continuità dell’aspetto eneolitico Laterza-Cellino S.Marco fino agli ultimi secoli del III millennio che vengono generalmente fatti coincidere con le fasi iniziali della IEB 2. La presenza nell’Italia sud-orientale di contesti che sii correlano con la facies transadriatica di Cetina, il cui inizio viene collocato intorno al 2500 a.C. ma che potrebbe continuare negli ultimi secoli del III millennio, cioè fino agli inizi della IEB. 3. Alcune indicazioni di un inizio del Protoappenninico B nei primi secoli del II millennio, quindi in un momento più antico di quello generalmente accettato. Secondo la convenzione attualmente seguita, gli elementi convergenti sulla cronologia alta della prima comparsa della facies protoappenninica ne indicherebbero quindi l’inizio nella IEB. La proposta di Cazzella è di sostituire alle due fasi IEB (2300-1700) e MEB iniziale (1700-1500) una divisione in due fasi con limiti cronologici ampi, e non coincidenti con singole facies archeologiche. 1. I fase (fra la fine del III e gli inizi del II millennio) caratterizzata da un aspetto Laterza-Cellino S. Marco e da una stretta relazione con la facies transadriatica di Cetina 2. II fase (dagli inizi del II millennio al 1500 ca) caratterizzata dallo sviluppo della facies protoappenninica, nel cui ambito cronologico è compreso quello di Palma Campania. 1.2 Le regioni centrali Il periodo corrispondente alla IEB è caratterizzato da alcuni aspetti archeologici che possiamo considerare almeno parzialmente in successione: un momento molto antico è rappresentato in molte regioni (Toscana e Lazio settentrionale) da aspetti locali, generalmente mal definiti, la cui caratteristica formale più riconoscibile è la presenza di elementi campaniformi tardi o di derivazione del vaso campaniforme. Dopo questo momento, la facies “preappenniniche” tipo Farneto-Candalla-Grotta Nuova costituiscono il primo gruppo di aspetti archeologici abbastanza chiaramente riconoscibili. 7 mare e dalla presenza frequente di piccoli promontori e penisole, mentre per gran parte della costa tirrenica meridionale le propaggini dell’Appennino arrivano fino al mare, con elevazioni anche consistenti. Inoltre, le navigazioni sistematiche dall’Egeo, che hanno inizio poco prima della metà del II millennio, si dirigono prevalentemente verso le coste adriatica e ionica dell’Italia meridionale. Le datazioni assolute del Protoappenninico indicano che i siti costieri, il cui inizio veniva fatto coincidere con le prime navigazioni micenee, sono almeno in parte molto più antichi. Si tratta comunque di un sistema di insediamenti che si sviluppa per tutto il corso dell’età del bronzo. A causa dei cambiamenti ambientali avvenuti dall’età del bronzo, la presenza nei siti direttamente sul mare di caratteristiche morfologiche e di condizioni generali favorevoli per la navigazione e per l’approdo non sono sempre osservabili nella situazione attuale. Un tipo frequente di abitato costiero in area adriatica e ionica è una penisoletta-promontorio fra due piccole baie naturali, che dovrebbero offrire una possibilità di approdo indipendente dalla direzione del vento. Questo schema è frequente fra la costa adriatica pugliese e la parte orientale del golfo di Taranto. Sulla costa adriatica a sud del Gargano i siti costieri su piccole penisole, che hanno inizio probabilmente in momenti diversi dallo sviluppo del Protoappenninico, sono separati da intervalli di 20-40km, in gran parte determinati dalla morfologia naturale. Nel golfo di Taranto, la distribuzione degli insediamenti costieri è in alcuni tratti molto più fitta, con intervalli di 3-5km. Questo tipo di abitato costiero, quasi completamente assente sulla costa tirrenica, compare sporadicamente nell’area ionica occidentale. Nell’esame dello sviluppo dell’occupazione nell’area del Tirreno meridionale è essenziale prendere in considerazione anche la costa siciliana (nord-orientale) con l’arcipelago delle Eolie, interessato dalle più antiche frequentazioni sistematiche dall’Egeo. L’occupazione durante questo periodo si sviluppa anche nelle aree interne, dalle fasce collinari a ridosso della costa ai terrazzi fluviali, fino ai bassi versanti dell’Appennino. Molti siti sono abitati di piccole dimensioni e spesso di breve durata, in posizione sia aperta che difesa. In Abruzzo alcuni abitati sono sulle rive dei laghi. Anche in queste regioni i siti in grotte e ripari costituiscono una componente significativa del sistema di occupazione del territorio (20% circa), con funzioni spesso cultuali o funerarie, ma di certo anche con un ruolo non secondario nello svolgimento delle attività stagionali. • Necropoli, demografia, società: Le sepolture dei gruppi che utilizzano ceramica di tipo protoappenninico sono a inumazione, prevalentemente collettiva, in ambienti delimitati di origine naturale o, più spesso, artificiale, e sono concentrate per ora nella parte sud-orientale della penisola. Nel Lazio meridionale si riconoscono alcune grotte funerarie. Grazie anche alla sua notevole estensione territoriale, la Puglia comprende diversi tipi di strutture funerarie, in parte concentrate su aree definite: nella sezione settentrionale si conoscono grotte naturali, ambienti sotterranei scavati nella roccia tenera locale; nel territorio di Bari dolmen con corridoio megalitico, originariamente coperti da tumuli; nel Salento le piccole e grandi specchie (camere o ciste dolmeniche coperte da tumuli di pietrame); in varie aree del territorio grotticelle artificiali. Il rituale inumatorio e alcuni tipi di strutture, in particolare le grotticelle artificiali, si collegano all’eneolitico della regione, con i complessi funerari della facies di Laterza-Cellino S. Marco; tuttavia le grotticelle artificiali dell’età del rame o della I età del bronzo potevano ospitare oltre un centinaio di sepolture, mentre nel periodo che stiamo esaminando questo tipo di struttura è riservato prevalentemente a gruppi ristretti o comunque selezionati, in alcuni casi anche a singoli individui. Le sepolture collettive continuano nelle fasi successive dell’età del bronzo. Nel caso delle sepolture dolmeniche, la distinzione rispetto al resto della comunità, indicata dall’uso esclusivo di uno spazio funerario delimitato, è sottolineata dal carattere monumentale della struttura, un elemento a lungo riconoscibile nel paesaggio e probabilmente un segno di demarcazione territoriale. Nella parte settentrionale della regione, fra un momento finale del Protoappenninico e gli inizi dell’Appenninico, le sepolture collettive, sempre riservate a gruppi familiari, cominciano a caratterizzarsi per la presenza di corredi maschili con armi. Alcuni elementi relativamente completi e analitici sono stati elaborati sulla base dell’evidenza archeologica da due gruppi vicini di strutture artificiali sotterranee. Le tombe ipogeiche riunite in gruppi possono essere ragionevolmente considerate come gli spazi funerari esclusivi di ognuna delle unità di parentela (lignaggi e/o famiglie estese) che formavano le singole comunità. Le tombe sono ambienti articolati o multipli scavati nella crusta calcarea del Tavoliere, costituiti da un corridoio a cielo aperto, un ambiente intermedio generalmente a corridoio con volta scavata nella roccia, che costituisce il vestibolo della camera funeraria, e la camera stessa, che presenta in alcuni casi un pozzo di aerazione. Un altro tipo di sepoltura collettiva probabilmente familiare che si sviluppa nel Protoappenninico e continua nell’Appenninico è rappresentato dal tumulo di Santa Sabina, sormontato da una stele, con due sepolture centrali. Il tumulo copre altre 23 tombe a fossa, senza corredo o con uno o due vasi di ceramica locale; in questo caso l’enfasi del rituale funerario è su un singolo individuo, che occupa il centro dell’area di seppellimento. La collocazione del gruppo di sepolture sotto un unico tumulo deve essere ovviamente considerata come un’indicazione di unità, che anche in questo caso potrebbe essere di tipo parentale. Nel Salento le strutture funerarie più frequenti sono tombe dolmeniche a cista o a camera costruite con lastre tagliate dalla roccia calcarea locale, coperte da grandi tumuli di pietrame (specchie). Il gruppo più noto è quello delle piccole specchie, nel territorio fra Vanze e Acquarica, dodici delle quali sono state esplorate negli anni ’50. I tumuli delle piccole specchie, formati da blocchi irregolari di calcare con o senza aggiunta di terra, hanno un diametro compreso fra 15 e 30 metri. Le strutture megalitiche hanno di solito un orientamento est-ovest, con ingresso sul lato est. Gli ambienti funerari, spesso preceduti da un corridoio, sono a pianta rettangolare, con dimensione interna intorno a 1,50x1x1,20. Le piccole specchi erano utilizzate per sepolture individuali; i corredi recuperati e ricostruiti completamente o in parte da Lo Porto comprendono solo ceramica protoappenninica riferibile a una fase antica dello sviluppo della facies. Gli elementi principali che sembrano definire il sistema funerario del Salento nella prima metà del II millennio sono quindi: ■ La visibilità delle strutture funerarie. ■ L’isolamento dello spazio riservato ai defunti rispetto a quello frequentato dai vivi: oltre alla camera/cista separata artificialmente dal suolo naturale, va anche considerato il fatto che la lastra di chiusura sembra essere aperta e subito dopo richiusa dopo aver accolto una nuova deposizione 10 ■ Il numero limitato di individui sepolti nelle strutture megalitiche (fra una e alcune unità) ■ L’assenza apparente di indicatori di ruolo o di status, e soprattutto di armi. Almeno alcuni di questi elementi sembrano configurare un cambiamento rispetto al periodo caratterizzato dall’aspetto Laterza- Cellino S. Marco, durante il quale per le sepolture venivano scelti prevalentemente ambienti non visibili in superficie, come grotticelle artificiali sotterranee e grotte naturali. Inoltre, queste strutture ospitavano di solito un numero molto consistente di deposizioni, probabilmente tutti i membri di una singola unità di parentela. Deve essere comunque ricordato che i monumenti funerari megalitici di tipo dolmenico potrebbero avere avuto inizio già nel corso della facies di Laterza-Cellino S. Marco. Rispetto alle manifestazioni funerarie più antiche, le specchie salentine potrebbero quindi documentare lo sviluppo di un processo in direzione di una maggiore articolazione interna delle comunità: in primo luogo, queste tombe non accoglievano più centinaia di morti, ma solo uno o alcuni individui, verosimilmente singoli capi o alcuni membri dei gruppi di parentela che formavano le comunità. Inoltre, la visibilità delle strutture funerarie è stata di solito considerata come una espressione tangibile di controllo del territorio. • Ideologia e religione: sono attestati rituali che includono l’uso del fuoco e offerte sacrificali nelle tombe a camera sotterranea. Attività di culto sono documentate anche in alcune grotte • Sussistenza, produzione e scambi: L’economia di sussistenza delle comunità protoappenniniche è caratterizzata dall’importanza della pastorizia: questa componente appare particolarmente sviluppata nelle grotte in aree appenniniche interne, mentre gli insediamenti stabili mostrano situazioni più diversificate. La pesca e il consumo di molluschi marini sono importanti in alcuni siti costieri. Per quanto riguarda le produzioni agricole, sembra ci sia stata produzione locale di olio di oliva, forse risultato di contatti precoci dall’Egeo o dal Mediterraneo Orientale. • La produzione metallurgica: Fra il momento finale del Protoappenninico e l’Appenninico Iniziale gli oggetti di bronzo vengono prevalentemente dai corredi di sepolture collettive della Puglia settentrionale. Le caratteristiche dei ripostigli e la prevalenza di oggetti di prestigio e armi sembrano indicare che l’attività degli artigiani metallurghi, dall’acquisizione della materia prima alla produzione e alla circolazione degli oggetti metallici, non sia in genere inserita stabilmente nelle strutture delle comunità locali. • I collegamenti interregionali: I collegamenti interregionali delle comunità protoappenniniche sono numerosi e importanti; lo sviluppo culturale e socio-politico delle regioni meridionali della penisola nel periodo corrispondente è modellato probabilmente in misura molto rilevante dalla combinazione di collegamenti interni intensi e sistematici e di contatti marittimi a media e lunga distanza. Fattori di contatto e di integrazione culturale di origine interna alla penisola sono: ■ Movimenti determinati da attività stagionali, come la transumanza. Questo elemento pervasivo dell’economia della penisola si configura come un fattore di omogeneizzazione culturale, che favorisce lo sviluppo di piccoli gruppi di comunità autonome basate sull’integrazione e sullo sfruttamento in comune delle risorse di ambienti diversi, piuttosto che la formazione di organismi socio-politici complessi di grandi dimensioni ■ Frequentazione di luoghi di culto esterni agli abitati. Il fatto che i luoghi di culto non coincidano con aree di insediamento indica la possibilità che venissero usati da più comunità, costituendo un fattore di contatto e di integrazione di lunga durata, anche se sembra per ora impossibile valutare l’estensione delle aree entro le quali questi luoghi di culto rappresentavano un punto di riferimento comune. ■ Circolazione di metallo e manufatti metallici. Sembra che gli artigiani seguissero percorsi noti a intervalli di tempo determinati. I collegamenti esterni della penisola, in prevalenza marittimi, continuano con una tradizione che risale almeno al neolitico. Nell’età del bronzo, in particolare con l’inizio della facies protoappenninica, i contatti assumono alcune caratteristiche di sistematicità e di organizzazione che indicano probabilmente l’emergere meglio definito di motivazioni di natura economica. Come abbiamo visto, fra la costa adriatica e quella ionica la nascita di una serie di insediamenti costieri su promontorio coincide in linea generale con la comparsa e lo sviluppo della facies protoappenninica, nei secoli iniziali del II millennio a.C. La posizione e la morfologia di questi abitati sembrano una chiara indicazione del fatto che la scelta non è solo in funzione dello sfruttamento delle risorse marine, ma è legata alla navigazione, e quindi a collegamenti marittimi a lunga distanza, che nell’area adriatica sono rivolti prevalentemente alla costa opposta. Nell’area tirrenica la combinazione di fattori ambientali e culturali che condizionano i contatti marini è diversa e molto specifica. Il bacino del basso Tirreno (Calabria, Sicilia, Eolie e Flegree) forma un’area nella quale sono possibili collegamenti marittimi con brevi percorsi di navigazione costa a costa. Inoltre, la Sicilia e le Eolie costituiscono una delle aree di massima concentrazione dell’evidenza di contatti sistematici dall’Egeo e dal Mediterraneo orientale ■ Le fasi iniziali delle navigazioni sistematiche dall’Egeo: Sia nell’area adriatico-ionica, sia nel Tirreno meridionale, la frequentazione sistematica da parte dei navigatori egei non costituisce l’elemento determinante allo sviluppo dei collegamenti marittimi, ma appare invece come una nuova componente che si inserisce con modalità non identiche in situazioni locali già consolidate. Nei siti dell’area adriatico-ionica i frammenti di ceramica egea sono in numero limitato e sembrano generalmente riferibili al momento più avanzato della fase iniziale dei contatti. Apparentemente questi materiali documentano una fase di passaggio o di frequentazioni saltuarie. Lo sviluppo delle comunità indigene è caratterizzato dalla presenza di centri maggiori fortificati, sulla costa e nell’interno, questi ultimi in posizioni adatte al controllo territoriale. Ai centri fortificati si alternano numerosi siti minori con economia essenzialmente agricola. Su questo territorio i centri più importanti svolgono ruoli attivi nella produzione e negli scambi, e sviluppano forme di competizione sociale fra le diverse comunità di parentela che costituiscono la comunità. I primi contatti sistematici dall’Egeo con le comunità della costa adriatica italiana si trovano di fronte a una situazione caratterizzata da comunità relativamente strutturate, e da reti di scambio già attive, anche sul piano internazionale. In altri termini, una situazione locale in parte simile a quella dell’area tirrenica delle navigazioni costa a costa ma più articolata perché parte integrante delle attività della via di scambi fra Mediterraneo ed Europa costituita dal corridoio adriatico. Nell’area tirrenica meridionale invece la presenza egea si sviluppa sin dal momento più antico nei due arcipelaghi: nelle Eolie e nell’arcipelago Flegreo. In entrambi è documentata da percentuali consistenti di ceramica egeo delle varie classi note in questo 11 periodo. Apparentemente l’inizio dei contatti nel Tirreno ha caratteristiche di progettualità e di organizzazione più definite rispetto all’area adriatica: scelta di piccole isole vicine, ma non direttamente sulla terraferma, bene inserite nella rete locale di scambi con il sistema delle navigazioni costa a costa. E’ possibile ipotizzare che da questo momento la presenza egea comporti l’inserimento nelle comunità indigene di gruppi che stabiliscono impianti in posizione adatta per l’organizzazione e il controllo degli scambi. 4. L’ultima fase della MEB e l’EBR nelle regioni centrali e meridionali 4.1 Le facies appenninica e subappenninica Il termine “civiltà appenninica” esprime sinteticamente la prospettiva antropologica adottata dallo studioso S. Puglisi nell’analisi relativa all’età del bronzo: l’elemento centrale della ricostruzione culturale e storia è il rapporto delle comunità umane con il loro ambiente. Fra le comunità dei due versanti dell’Appennino l’elemento unificante è la condivisione di una struttura economica basata sulla pastorizia e sulla pratica della transumanza estiva delle greggi verso i pascoli di montagna. In questo quadro la catena appenninica svolge un ruolo di collegamento e di relativa omogeneità culturale e non è una barriera. Attualmente il termine “appenninico” viene usato solo come indicatore cronologico della facies caratterizzata da questa ceramica decorata, presente soprattutto nell’ultima fase della media età del bronzo. La facies appenninica (divisa in sette gruppi regionali) segna un momento di sviluppo del processo di relativa omogeneizzazione degli aspetti formali della cultura materiale nella penisola che si delinea nelle facies di Grotta Nuova e protoappenninica. E’ interessante notare che le affinità formali più marcate nella ceramica si riscontrano fra regioni dei versanti opposti della penisola; in altre parole, sembrano essere il risultato di contatti sistematici attraverso i passi appenninici, del tipo di quelli che potrebbero risultare da spostamenti dalle zone di pianura dei due versanti alle aree interne appenniniche per attività stagionali come la transumanza e la caccia. Qualche elemento di cronologia relativa è stato proposto in base alle decorazioni e alla forma più o meno articolata dei manici. Tuttavia le suddivisioni sono notevolmente incerte, con differenze sensibili nella cronologia relativa dei vari elementi tra i due versanti della penisola. Un’altra difficoltà nella distinzione tra la facies appenninica e le precedenti deriva dalla estrema rarità di contesti stratigrafici sicuri. La facies subappenninica, considerata coincidente con l’EBR, è presente su tutta la penisola, spesso in continuità con l’Appenninico, con alcune differenziazioni regionali; è caratterizzata dalla ceramica d’impasto quasi completamente priva di decorazioni di tipo grafico. La cronologia delle facies appenninica e subappenninica dipende ancora in gran parte da quella della ceramica micenea; tuttavia il numero di datazioni assolute per contesti indigeni stratificati, che permettono la verifica incrociata delle datazioni assolute con quelle archeologiche della ceramica micenea, sta crescendo in modo significativo. Le più antiche importazioni sistematiche di ceramica egea in Puglia e Campania si trovano in contesti protoappenninici di fase avanzata e dell’Appennino iniziale. Nella penisola, la ceramica di queste fasi si concentra negli abitati costieri della Puglia e delle regioni ioniche. A parte i problemi di cronologia assoluta egea, un’altra difficoltà deriva dal fatto che gran parte della ceramica micenea in Puglia e Calabria è di produzione locale, quindi non corrisponde in modo puntuale alla sequenza costituita in area egea e del Mediterraneo orientale. • L’insediamento: I dati più incerti sono quelli relativi alla durata degli insediamenti, al rapporto fra siti di nuovo impianto e siti che continuano da fasi precedenti, e allo sviluppo di una gerarchia di insediamenti in determinati comprensori territoriali. In generale, sembra che nella maggior parte delle regioni fenomeno di continuità e discontinuità di insediamento negli stessi siti fra le fasi più antiche e la fase tarda della media età del bronzo siano più o meno bilanciati; inoltre, alla scomparsa di un certo numero di siti di fase preappenninica fa spesso riscontro la comparsa di nuovi siti che sembrano avere inizio nel corso dell’Appenninico. Un fenomeno in parte analogo si verifica al passaggio fra Appenninico e Subappenninico, che tuttavia in alcune zone sembra segnare una diminuzione del numero di siti. L’area di distribuzione territoriale e adriatica delle facies appenninica e subappenninica, dalla Toscana settentrionale all’Emilia Romagna alle Marche e al Molise, e quella relativa alla costa tirrenica meridionale, è conosciuta in modo ancora piuttosto limitato. Nel bolognese e in Romagna le due facies sono documentate in alcuni abitati di altura, in posizione analoga a quella dei siti di facies terramaricola nell’Appennino emiliano, spesso in vicinanza di fiumi, oltre che in siti costieri che continuano dalla fase precedente. Apparentemente, la crisi che alla fine del periodo investe l’area delle terramare coinvolge anche questo territorio, in particolare con l’abbandono dei siti di pianura. Nell’area adriatica centrale alcuni siti non sembrano continuare oltre la MEB appenninica. Pochi insediamenti all’aperto si sviluppano durante l’Appenninico e il Subappenninico; alcuni siti continuano anche nella fase successiva. Anche l’occupazione dei siti in grotta, come la caverna di Frasassi, che ha avuto inizio nel corso della facies Grotta Nuova, sembra continuare nel corso dell’Appenninico e della tarda età del bronzo, fino all’età del ferro. Nelle Marche c’è una diffusa continuità tra la IEB avanzata e le fasi iniziali della MEB, che sembra interrompersi con la MEB appenninica. I siti in facies appenninica continuano invece senza eccezioni nell’età del bronzo recente; questi periodi segnano un aumento del numero complessivo degli abitati, e un certo grado di articolazione per quanto riguarda la localizzazione e le dimensioni. Per il territorio toscano i pochi dati includono la continuità di frequentazione dei ripari e delle grotte nel territorio di Siena. L’occupazione dei siti in posizione aperta, nelle valli e conche interne sulla costa, che si svilupperà nella Toscana settentrionale fra EBF e la I età del ferro, sembra avere inizio almeno in alcuni casi con l’EBR. Per l’Etruria meridionale dalla MEB un certo numero di nuovi siti sembra comparire con l’Appenninico. Con il passaggio all’EBR il numero di siti sembra diminuire. In questa zona fra MEB e EBR c’è il progressivo affermarsi di un tipo di abitato in posizione interna e naturalmente difesa. Questo tipo di unità morfologica comincia ad essere occupato con una certa sistematicità 12 I gruppi micenei sono relativamente isolati gli uni dagli altri, e partecipano in qualche misura alle attività di scambio delle singole comunità con le regioni interne e con l’area tirrenica centrale. In questa, il forte radicamento egeo nelle comunità indigene della Sicilia e delle Eolie consente probabilmente il collegamento diretto con le regioni centrali della penisola, in particolare con le aree metallifere dell’Etruria, senza più passare attraverso la mediazione delle isole del basso Tirreno. E’ possibile supporre che le attività marinare dei Micenei assumano progressivamente le caratteristiche di incursioni ostili sulle coste della Calabria e forse della parte meridionale della Campania, compresa probabilmente l’occupazione di tratti della costa più meridionale. La diminuzione degli insediamenti calabresi e campani fra Appenninico e Subappenninico costituisce probabilmente un indizio della situazione di crescente insicurezza nell’area. E’ verosimile che la contrapposizione con i Micenei abbia rappresentato uno stimolo allo sviluppo di una identità etnica comune nelle comunità indigene delle regioni tirreniche meridionali. • Struttura e organizzazione delle comunità: Le tendenze generale nella penisola nel periodo che stiamo esaminando sono da un lato la continuità e un certo rafforzamento della componente pastorale dell’economia di sussistenza; dall’altro il progressivo radicamento dell’attività metallurgica nell’economia delle singole comunità. Gli indizi di un processo di articolazione socio-politica e di sviluppo economico più precoce e complesso che nel resto della penisola si concentrano in Etruria meridionale e nelle regioni sud-orientali. In Puglia e in Basilicata orientale gli elementi costitutivi del processo di trasformazione sono la comparsa di aggregazioni di popolazione più concentrate, e con territori più ampi, che si verifica durante la media età del bronzo appenninica e la possibile comparsa di un sistema gerarchico di insediamenti nell’area del golfo di Taranto. 15 Parte seconda: La fine dell’età del bronzo e la I età del ferro Alcuni dati complessivi • Le facies archeologiche: Dal punto di vista archeologico, l’EBF si caratterizza per la comparsa su gran parte del territorio italiano e fino alla Sicilia nord-orientale di facies regionali relativamente definite, ma che comunque condividono un certo numero di elementi formali e tipologici nella ceramica e nella produzione metallurgica. Queste facies venivano spesso indicate complessivamente come protovillanoviane, ma il termine è diventato troppo generico La produzione metallurgica è abbondante e di livello tecnico ed estetico elevato. I manufatti metallici sono ormai una componente funzionale insostituibile di tutti i tipi di attività. Questo ampliamento è meno sensibile nelle regioni settentrionali, dove la produzione di oggetti metallici è ricca e relativamente diversificata fin dagli inizi dell’età del bronzo; nelle regioni peninsulari esso rappresenta invece un cambiamento tecnologico di impatto molto ampio. La varietà tipologica e funzionale dei manufatti si accentua fra le fasi centrali e la fine del periodo, durante il quale compaiono anche i primi indizi consistenti di lavorazione del ferro. I numerosi ripostigli comprendono prevalentemente oggetti fuori uso e spezzati intenzionalmente, verosimilmente preparati per la rifusione. Durante l’età del bronzo finale si accentua il carattere locale della produzione metallurgica, che nella maggior parte dei casi rientra tra le attività artigianali stabili di singole regioni o comprensori, anche se probabilmente non di ogni comunità. Nelle fasi iniziale e avanzata del periodo la massima concentrazione di materiali e le soluzioni tecniche ed estetiche più raffinate si trovano in Etruria meridionale e nelle regioni adiacenti (Umbria, Marche, Romagna). L’area padana nord-orientale costituisce un queste fasi un polo di primaria importanza nell’acquisizione e lavorazione del metallo e nell’organizzazione degli scambi. Con l’età del ferro si consolida l’attività di officine metallurgiche locali, che servono singole comunità o comprensori territoriali di estensione limitata. La produzione assume un carattere regionale, anche se alcune categorie o singoli tipi di manufatti hanno un’ampia circolazione interregionale. • Sussistenza: Le analisi dei resti vegetali e soprattutto delle faune dei singoli insediamenti mostrano un certo grado di variabilità nelle basi di sussistenza anche nella stessa regione. La consistente produzione di attrezzi agricoli metallici, come le falci, costituisce un fattore di sviluppo per la coltivazione estensiva soprattutto di cereali. Un altro elemento che si afferma nell’età del ferro è l’aumento delle dimensioni dei bovini, legato al miglioramento delle tecniche di allevamento. • Fattori di trasformazione sociale, economica e politica: C’è la scomparsa del polo culturale, produttivo e di scambi rappresentato dal complesso palafitte-terramare e dell’abbandono della pianura padana a sud del Po. E’ molto probabile che questa crisi sia uno dei fattori che nell’EBF determinano l’emergere di nuovi poli della produzione e degli scambi fra la pianura padana nord-orientale, con il centro più importante di Frattesina, e l’Etruria. I collegamenti interregionali e internazionali costituiscono probabilmente per la prima volta in questo periodo un fattore complessivo di integrazione economica e politica delle diverse traiettorie regionali. Sotto questo aspetto, uno dei fattori storicamente più importanti che caratterizzano la tarda età del bronzo è il declino della presenza egea, e il coinvolgimento più o meno attivo di molte regioni italiane nei nuovi rapporti che, a partere dal XIII secolo, si dirigono dal Mediterraneo orientale (Cipro e Fenicia) verso Occidente. In gran parte, le comunità sono dotate di un livello limitato di articolazione sociale e di organizzazione politica; la parentela continua a svolgere un ruolo fondamentale come principio ordinatore di base della società, indipendentemente dai cambiamenti nelle articolazioni sociale e nelle forme di strutturazione politica. Nelle regioni emergono gerarchie di centri su territori relativamente estesi, forme di centralizzazione della decisione politica, che sembrano essere collegate sistematicamente all’affermarsi del rituale dell’incinerazione, un sistema di produzione e di scambio di tipo commerciale-industriale, che distribuisce capillarmente su tutto il territorio della penisola manufatti di interesse non primario. 3. Le regioni settentrionali 1. L’area nord-occidentale 1.1 La facies protogolasecchiana e la cultura di Golasecca in Lombardia occidentale e in Piemonte. Le facies del cuneese e il collegamento con la Liguria Nell’area più occidentale, fra la Valle d’Aosta, il territorio di Torino, il biellese e l’alta valle del Po, è stata definita recentemente una facies dell’EBF nella quale convergono elementi dei campi di urne occidentali e protogolasecca Nel territorio di Cuneo, nel Piemonte meridionale, lo studio della necropoli di Valdieri ha consentito una messa a fuoco della specificità della facies locale, vicina agli aspetti culturali della Liguria. La necropoli si sviluppa con materiali della facies meridionale di Alba-Solero, con un aspetto Protoligure. Per quanto riguarda gli aspetti protogolasecca e Golasecca della Lombardia occidentale e del Canton Ticino, nel momento più antico esistono forti elementi di continuità con la facies di Canegrate, mentre i materiali riferibili alla fase più recente (protogolasecca) si collegano direttamente all’aspetto dell’età del ferro di Golasecca. L’area di distribuzione dei complessi protogolasecca, e poi della cultura di Golasecca, è compresa fra il Canton Ticino e il Po, e fra la Slesia e il Serio; i siti si distribuiscono fra bassa e alta pianura, colline moreniche, il Lago Maggiore e il Lago di Como, e aree di montagna. Una facies molto vicina al protogolasecchiano e il golasecchiano lombardi si sviluppa nella parte orientale del Piemonte, corrispondente alle provincie di Novara, Vercelli e Alessandria. La documentazione relativa all’EBF viene prevalentemente da necropoli e da alcuni ripostigli. Nella Lombardia occidentale i siti si distribuiscono fra la bassa pianura e la fascia collinare e subalpina. Sia in pianura che nella fascia collinare è riconoscibile una tendenza al collegamento dei siti con i corsi d’acqua. Alcuni complessi della fine dell’età del bronzo della bassa pianura giungono fino agli inizi dell’età del ferro, ma la concentrazione maggiore dell’insediamento di questo periodo si trova nella fascia collinare subalpina. E’ possibile distinguere un comprensorio 16 occidentale, uno orientale intorno a Como e un’area settentrionale che include la Val d’Ossola e il Canton Ticino. Fra i tre comprensori esistono alcune differenze nella facies archeologica, nel rituale funerario e nello sviluppo del popolamento. Le necropoli dell’EBF e della fasi iniziale dell’EDF, esclusivamente ad incinerazione, possono essere esemplificate da quella di Morano Po. Oltre alle incinerazioni, nell’area della necropoli sono presenti alcuni pozzetti senza ossa cremate, forse cenotafi, e alcune fosse rituali con carboni, resti di alimenti e frammenti consistenti di ceramica d’impasto. In maggioranza ci sono incinerazioni singole, in alcuni casi sepolture doppie o plurime. Nella grande maggioranza dei casi il corredo è limitato ad alcuni oggetti di ornamento di bronzo, che costituiscono anche gli indicatori del genere del defunto. Le fasi iniziali dell’EDF nell’area golasecchiana occidentale mostrano uno sviluppo culturale autonomo, con collegamenti in direzione del Veneto e dell’area alpina centrale. L’area orientale, intorno a Como, ha un popolamento più denso a partire dalla fine dell’età del bronzo; nelle necropoli i corredi sono pià ricchi dell’area occidentale, con contatti sistematici con il Veneto indicati da affinità nella ceramica e nei bronzi fra le necropoli. Compaiono tombe ricche con armi nel corredo. La produzione metallurgica della fase protogolasecca è documentata anche in alcuni ripostigli. Un ruolo importante nell’organizzazione e nel controllo di questa rete di scambi potrebbe essere stato svolto dal sito di Badia Pavese, probabilmente un abitato; gli indizi sono la posizione favorevole nelle vicinanze del corso del Po e la notevole ricchezza dei materiali metallici. I centri della cultura di Golasecca svolgono un ruolo di cerniera negli scambi fra l’Etruria padana e l’Europa transalpina, in particolare con l’area celtica, che si sviluppa tra VIII e IV secolo a.C. La struttura socio-politica delle comunità sembra essere relativamente poco articolata; le necropoli mostrano la presenza di singoli personaggi di rango all’interno di una compagine sociale poco differenziata. Non mancano comunque centri che svolgono un ruolo preminente negli scambi. 1.2 La Liguria Gli sviluppi nell’EBF e nella IEF della Liguria sono in continuità diretta con la situazione dei periodi precedenti, nella facies ceramica come nelle caratteristiche dell’insediamento e dell’economia di sussistenza; aumentano invece i collegamenti interregionali per via terrestre e marittima. La regione partecipa all’intensa rete di comunicazione e di scambi attiva nella sezione occidentale del Mediterraneo, che si estende dalla Francia meridionale alla costa orientale della penisola iberica con le Baleari, alla Sardegna, alla Corsica e alla Sicilia. Nell’EBF le strutture che caratterizzano gli abitati sono ancora le opere di terrazzamento dei pendii e l’uso di muretti di pietre a secco. Aumentano gli oggetti metallici; sono frequenti i frammenti, che indicano probabilmente l’intensità dell’uso e della lavorazione di manufatti metallici anche attraverso il riciclaggio. I complessi più importanti sono alcuni ripostigli. La coincidenza con aree estrattive indica probabilmente attività minerarie per ora non direttamente documentate. Con la IEF è evidente una tendenza alla concentrazione dell’insediamento in pochi siti maggiori. Le attività si svolgono in un’area centrale di uso comunitario, mentre terrazzi distinti in posizione marginale ospitano le abitazioni e articolazioni diverse dell’economia di base. La regione non è coinvolta in sviluppi di tipo protourbano, ma mostra una crescita complessiva di identità culturale, riconoscibile nella specificità dei nodi di insediamento e dell’economia di sussistenza e nei caratteri della cultura materiale. La produzione ceramica è omogenea, e almeno in alcune aree è organizzata a un livello sovralocale. La produzione metallurgica è legata in parte a quella dell’Italia settentrionale, in parte alla produzione transalpina occidentale. Gli usi funerari sono differenziati: continuità del seppellimento collettivo in grotta, sepolture sotto tumulo di pietrame, incinerazione con urne in fossa o in anfratto naturale. Il complesso funerario più noto della Liguria è la necropoli di Chiavari. La facies ceramica della Liguria fra EBF e IEF non è ancora completamente definita, e si collega sia a tradizioni locali e peninsulari, sia a modelli diffusi nei campi di urne dell’area RSFO. Fra i manufatti metallici sono presenti tipi “occidentali” e tipi comuni nei complessi dell’Italia settentrionale. Dall’EBF la Liguria di Ponente è legata soprattutto alla Francia e al Piemonte, il Levante all’Appennino emiliano. 2. La pianura padana centro-orientale 2.1 Il protovillanoviano padano e il fenomeno di Frattesina • Il quadro generale: In questa parte del territorio padano, che comprende la Lombardia orientale e il Veneto, la facies archeologia dell’EBF mostra forti elementi di convergenza e di affinità con la facies Chiusi-Cetona, un insieme di aspetti archeologici presenti nelle regioni centrali della penisola. Le affinità formali riguardano la ceramica e alcuni tipi molto specifici di manufatti metallici. A questo si aggiunge una somiglianza generica con il protovillanoviano dell’Etruria meridionale. Questi elementi sono all’origine della facies locale con il termine “protovillanoviano padano”. In questa regione si sviluppa il sito di Frattesina, un nodo di produzione e di scambio su scala interregionale e internazionale. La relativa omogeneità della facies archeologica su tutto il territorio che stiamo considerando indica l’esistenza di collegamenti sistematici fra tutte le diverse comunità, fra le quali esiste verosimilmente un certo grado di omogeneità culturale complessiva. • Insediamento e territorio: Rispetto all’EBR, il numero dei siti è fortemente ridotto (circa 1/10) con una concentrazione di popolazione in alcuni siti maggiori. Alcuni casi di continuità di occupazione dall’EBR sono noti in Veneto nel territorio di Verona. E’ possibile riconoscere alcuni cambiamenti significativi nel sistema di insediamento, che investono sia la localizzazione che l’organizzazione interna ed esterna degli abitati. Molti insediamenti di questo periodo proseguono nella fase iniziale dell’EdF senza discontinuità nella facies archeologica. Prevalgono siti di pianura, ma non mancano insediamenti di altura. 17 con l’EBF questo divieto è strettamente collegato con il rituale dell’incinerazione, che con rare eccezioni caratterizza le necropoli villanoviane. Questo fortissimo condizionamento ideologico ammette solo un numero ridotto di eccezioni, probabilmente relative a individui che rivestono i più importanti ruoli verticali. Nel villanoviano padano, in particolare a Bologna, la convergenza del divieto di riporre armi nella tomba e della necessità di rendere visibile il ruolo eccezionale del defunto anche al momento della sepoltura viene risolto con la frammentarizzazione delle armi. Nei complessi villanoviani dell’Etruria meridionale e della Campania le armi sono altrettanto rare, ma non vengono frammentate. Questi elementi sono sufficienti a mostrare la condivisione tra tutti i gruppi villanoviani del rituale funerario e delle sue caratteristiche formali, dell’ideologia relativa alle armi, di aspetti qualificanti del costume e del gusto decorativo, del livello tecnico ed estetico e del volume della produzione metallurgica. Inoltre, nel loro insieme, i complessi villanoviani costituiscono la punta più avanzata del processo di articolazione sociale, crescita di complessità della strutturazione politico-territoriale e organizzazione della produzione e degli scambi nell’Italia della IEF. La situazione di diffusa discontinuità in coincidenza con l’EBF può apparire come una conferma della spiegazione tradizionale della comparsa di complessi di facies villanoviana in Emilia Romagna, vista come un evento localizzato nel tempo, risultato di uno spostamento di popolazione dall’Etruria Tirrenica. Come abbiamo visto a proposito dell’EBF nel Veneto e nella Lombardia orientale, molti elementi indicano uno stretto collegamento con le regioni centrali. Gli elementi di affinità formale riguardano la ceramica (la facies Chiusi-Cetona e il protovillanoviano padano), ma anche la circolazione di una serie di tipi metallici esclusivi collegati a una importante rete internazionale di scambi, che gravita soprattutto verso est: FVG e regioni balcaniche settentrionali. Agli inizi della IEF i collegamenti nella cultura materiale fra la pianura padana nord-orientale e il villanoviano più antico dell’Etruria toscana si presentano come la prosecuzione diretta del rapporto tra il protovillanoviano padano e la facies Chiusi- Cetona. Questo collegamento non sembra però coinvolgere nella stessa misura tutti i centri contemporanei della regione. La lettura di questa situazione è complicata da due fattori di discontinuità: 1.L’assenza quasi completa di una fase di occupazione nell’EBF nel bolognese, dove gli insediamenti villanoviani agli inizi dell’EDF si presentano come una espansione in territorio sostanzialmente disabitato. 2.La fine dell’abitato di Frattesina e del suo ruolo di central place della produzione e dello scambio fra Europa, penisola italiana e Mediterraneo. Sembra possibile riconoscere due diversi esiti della complessa situazione che caratterizzava l’EBF. Il primo è lo sviluppo dei centri paleo-veneti di Este e Bologna, nei quali non rimangono molte tracce del “protovillanoviano padano”. Si tratta di una facies locale fortemente connotata, che si lega piuttosto agli aspetti contemporanei nella stessa macroregione (FVG e area nord- balcanica). Il secondo esito è rappresentato dal centro villanoviano di Bologna e da quello di Verucchio, che si collegano direttamente a Frattesina nel rapporto privilegiato con il villanoviano toscano, nella facies ceramica e metallurgica e, in modo molto più consistente rispetto ai centri paleoveneti, nella funzione di nodi di scambi internazionali. Il cambiamento consiste nello spostamento a sud della posizione del central place principale, da Frattesina a Bologna. Sul piano della cultura materiale, è evidente che lo sviluppo successivo della facies che caratterizzava Frattesina non si riconosce nella cultura paleoveneta dell’EDF, ma nel villanoviano soprattutto bolognese. 4.2 Il villanoviano di Bologna • Dati generali: la fase villanoviana di Bologna non ha precedenti diretti nell’EBF. Il nucleo villanoviano bolognese si sviluppa prevalentemente in pianura; fino dagli inizi dell’EDF appare chiaramente il ruolo centrale di Bologna, dove glia abitati e le necropoli sono compresi in massima parte nell’area della città attuale. A Bologna si conoscono finora alcune migliaia di tombe divise fra numerose necropoli. Sono stati identificati tre nuclei di abitato più antichi, corrispondenti alle fasi iniziali del villanoviano. • Il territorio intorno a Bologna: L’occupazione del territorio si sviluppa in direzione del Veneto. Gli abitati sul territorio sono di dimensioni limitate (1-3 ha), in posizione aperta e in prossimità di corsi d’acqua. Apparentemente, sono formati da nuclei distinti di capanne, separati da aree libere probabilmente utilizzate per la coltivazione e il pascolo. • Attività economiche e scambi: L’importanza e il peso economico della metallurgia bolognese possono essere misurati sulla base della quantità di materiali presenti nel ripostiglio di S. Francesco, quasi certamente la riserva di metallo di una fonderia. Nella fase più antica del villanoviano bolognese la tipologia dei materiali metallici indica uno stretto rapporto specialmente con il Veneto e i complessi temporanei della Toscana; nella successiva continua il collegamento a nord. Molti elementi documentano il ruolo sovraregionale della produzione metallurgica di Bologna, che va molto oltre i limiti del territorio italiano. Sembra probabile che le officine emiliane fornissero agli altri centri villanoviani alcune categorie specifiche di manufatti metallici. La distribuzione delle categorie di manufatti tipici della produzione tardo-villanoviana emiliana tocca anche molte regioni dell’Europa. • Le manifestazioni funerarie: A Bologna e nel territorio le necropoli sono a incinerazione, con una incidenza crescente, ma sempre molto limitata, dell’inumazione. Le armi, presenti in un numero limitatissimo di corredi e di solito spezzate intenzionalmente, indicano probabilmente la presenza di un potere politico-militare centralizzato. Segni di differenziazione e concentrazione di ricchezza in particolare in alcuni corredi si moltiplicano nel periodo datato tradizionalmente alla seconda metà dell’VIII secolo a.C., con abbondanza di vasellame metallico, bardature equine, ornamenti di ambra. 4.3 L’EBF e la IEF in Romagna 20 Nell’EBF l’attuale regione Romagna rientra nell’area di distribuzione della facies Chiusi-Cetona, vicina per molti aspetti al “protovillanoviano padano”, che si estende a sud al territorio delle Marche, inglobando anche San Marino, e verso l’interno all’Umbria centro-settentrionale e alla Toscana. Come si è già notato, questa facies copre le regioni della penisola che nei periodi precedenti dell’età del bronzo erano più direttamente collegati all’area delle terramare. • L’insediamento: In Romagna gli insediamenti di questa età si collocano nelle aree appenniniche ai margini della pianura costiera adriatica. I ripostigli sono formati da pezzi interi e rotti intenzionalmente, che appartengono a tipi la cui distribuzione indica il collegamento fra la pianura padana nord-orientale, in particolare Frattesina, e l’area della facies Chiusi-Cetona. Nella IEF la distribuzione complessiva degli insediamenti villanoviani è limitata alla fascia costiera e collinare, profonda 20-30 km, compresa fra la valle del Rubicone a nord e il confine con l’area picena a sud. Gli abitati sono generalmente su alture isolate di estensione limitata; la vicinanza al are costituisce uno dei fattori qualificanti dell’occupazione di questo territorio. Il sito di Verucchio è l’epicentro del sistema insediativo del villanoviano romagnolo. 4.4 Scambi e collegamenti interregionali dei centri villanoviani dell’Emilia Romagna L’estensione dei collegamenti interregionali è uno dei tratti specifici del villanoviano bolognese e romagnolo. Soprattutto nella IEF è ben riconoscibile lo stretto rapporto con l’Etruria toscana, che costituisce un elemento di continuità con la situazione dell’EBF. Una caratteristica essenziale del processo di formazione dei centri di Bologna e Verucchio sembra essere il suo carattere pianificato: le indicazioni principali sono la scelta di aree definite e relativamente limitate; l’instaurarsi di una organizzazione territoriale gerarchica, con un centro maggiore che almeno nel caso di Bologna assume fin dall’inizio una fisionomia protourbana; la differente vocazione, di Bologna come grande nodo interno di collegamenti terrestri, di Verucchio in posizione di contatto sulla pianura costiera e sui collegamenti marittimi. Verosimilmente, i centri villanoviani settentrionali attingono alle risorse minerarie dell’Etruria, e Bologna si qualifica come il più importante centro di produzione metallurgica dell’Italia settentrionale, in apparenza erede diretto del ruolo svolto fino agli inizi dell’EDF da Frattesina. I collegamenti con la pianura padana settentrionale sono complessi. Il centro villanoviano di Bologna assume in questo periodo un ruolo centrale negli scambi in direzione della penisola e dell’Europa transalpina. Il nucleo romagnolo sembra avere un ruolo primario nei collegamenti marittimi in direzione della costa adriatica dal FVG all’Istria e alla Dalmazia. 4.5 I processi di articolazione socio-politica dei centri villanoviani dell’Emilia Romagna Il processo di sviluppo socio-politico riconoscibile a Bologna è simile a quello dei grandi centri villanoviani dell’Etruria meridionale. Nelle fasi più antiche della formazione di Bologna, l’organizzazione delle necropoli e dei nuclei di insediamento sembra corrispondere a un centro unico, ma diviso in entità fisicamente separate, che corrispondono probabilmente a singole comunità basate su strutture di parentela; la coesistenza di queste comunità entro uno spazio predeterminato ci permette di supporre che fra esse esista un certo grado di coesione. Il livello di integrazione politica può essere identificato sulla base dell’evidenza di un’organizzazione territoriale gerarchica, fondata fin dal momento iniziale su un progetto condiviso da tutte le comunità. In altri termini, questo tipo di organizzazione territoriale, che avvicina Bologna ai centri villanoviani dell’Etruria, presuppone una direzione politica intercomunitaria più definita e stabile di quella di solito attribuita a un organismo tribale su base territoriali. In termini neoevoluzionistici, questo livello può essere assimilato a quello del chiefdom. Nel corso della IEF, l’ereditarietà del potere, già raggiunta nella fase precedente, viene rafforzata attraverso lo sviluppo di forme permanenti di dipendenza basate sulla conquista del controllo delle risorse economiche cruciali, come le vie di comunicazione o il possesso della terra. 4. Le regioni centrale nell’EBF 1. Introduzione Fra l’EBF e la IEF ci sono molti fattori che influenzano i processi delle regioni centrali; il più importante è la crisi delle terramare, che determina lo spopolamento della regione che aveva raggiunto il livello più avanzato di complessità socio-politica ed economico-produttiva riconoscibile nell’età del bronzo italiana. L’evidenza archeologica indica che la crisi non si risolve nella scomparsa del popolo delle terramare, ma piuttosto in uno spostamento di individui e gruppi che portano con sé un insieme di fattori culturali significativi. Lo spostamento avviene in due direzioni. Da un lato verso le regioni centrali (Toscana, Umbria, Marche) che nei secoli precedenti erano state investite da contatti sistematici dall’area delle terramare. Dall’altro lo spostamento avviene verso l’area centro-orientale a nord del Po, la cui traiettoria di sviluppo precedente è collegata a quella delle terramare, e che nell’EBF sembra assorbire e concentrare in alcuni insediamenti (in particolare Frattesina) il patrimonio di competenze tecniche, capacità organizzativa della produzione e dello scambio e crescita di centralizzazione politica elaborato dalle comunità delle regioni padane centrali fra l’EBM e EBR. Un altro problema, forse più complesso, è quello della lettura degli ulteriori sviluppi di questa situazione nella fase iniziale della IEF. La relativa omogeneità di facies fra nel regioni centrali nell’EBF non continua nell’EDF, nella quale emergono aspetti regionali differenziati. Contemporaneamente, in Emilia Romagna si sviluppa il villanoviano padano, con i due centri di Bologna e Verucchio che sembrano succedere a Frattesina nel ruolo di central place nella produzione, negli scambi e nel collegamento sistematico con l’Etruria toscana e con l’area adriatica. 2. Marche, Umbria, Toscana: dalla facies Chiusi-Cetona agli sviluppi differenziati della IEF 21 Il repertorio delle forme ceramiche della facies Chiusi-Cetona è quello che caratterizza in generale l’EBF. La distinzione più evidente rispetto alla produzione ceramica dell’Etruria meridionale è la prevalenza di decorazioni plastiche. Questi elementi mostrano in modo abbastanza chiaro un collegamento con la ceramica delle terramare e degli abitati arginati dell’area padana a sud e a nord del Po, e costituiscono probabilmente la traccia di rapporti intensi che nell’EBM e EBR collegavano le regioni centrali della penisola alla pianura padana. • L’insediamento: Accanto ad abitati difesi, sono frequenti i siti in posizioni aperte. Nella parte settentrionale del territorio considerato e lungo la costa tirrenica i siti sono di piccole dimensioni e spesso di breve durata; la continuità con l’inizio dei futuri centri urbani dell’EDF ha un carattere graduale e meno programmatico rispetto al rapido processo di concentrazione di popolazione che avviene in Etruria meridionale. La continuità dell’uso delle grotte naturali per attività stagionali, fra le quali rientra la pastorizia, è attestata nelle Marche. • Le necropoli: Sono tutte a incinerazione, Si tratta di solito di un piccolo numero di tombe senza corredi, non si sa quanto rappresentativo delle dimensione reali dei complessi e delle comunità. La necropoli più importante è quella di Pianello di Genga. • Scambi e collegamenti, sviluppi della produzione metallurgica: ai collegamenti capillari e agli scambi diffusi documentati dalle affinità nella ceramica, si affianca l’evidenza di un circuito di scambi direzionali di metalli e manufatti finiti. Il percorso è segnato dalla distribuzione di ripostigli e manufatti di bronzo isolati o da abitato. La direttrice di scambi non è limitata al territorio italiano; da Frattesina, passando per il Friuli, si collega alla circolazione di metallo e di manufatti in direzione delle Alpi orientali e delle regioni balcaniche settentrionali e costiere. La circolazione di questi materiali arriva fino alla Francia orientale e nord-occidentale, alla Svizzera e alla Germania meridionale. Non mancano ripostigli e manufatti isolati da collezioni e ritrovamenti casuali, che documentano una ricca produzione metallurgica di tipo genericamente “protovillanoviano”. Ad una fase avanzata dell’EBF appartengono alcuni ripostigli dalla Toscana settentrionale che documentano uno sviluppo relativamente autonomo della produzione metallurgica locale e la partecipazione della regione a un circuito di scambi “occidentale”, legato alle risorse minerarie della Toscana e della Liguria. Fra la fase avanzata dell’EBF e gli inizi dell’EDF tutta l’area dell’Etruria propria è interessata dalla distribuzione dei manufatti di bronzo della cerchia metallurgica Piediluco-Contigliano. Nell’ampia area di distribuzione della facies Chiusi-Cetona si riconoscono due aspetti regionali differenziati che vengono generalmente identificati come le manifestazione di due popolazioni distinte dell’Italia antica: nel territorio marchigiano la facies picena, in quello dell’Etruria toscana, l’aspetto villanoviano o proto-etrusco. 3. L’EBF in Etruria meridionale (Viterbo): la facies di Tolfa-Allumiere La facies dell’EBF dell’Etruria meridionale, articolata nei due aspetti successivi di Tolfa e di Allumiere, si distingue in modo relativamente netto dalla facies Chiusi-Cetona, il cui limite meridionale è approssimativamente segnato dal corso del fiume Fiora, per alcuni caratteri formali della ceramica, soprattutto le tecniche e il repertorio di motivi delle decorazioni. Alle differenze formali tra le due facies si associano altri elementi, che ci permettono di ipotizzare che fra le due parti dell’Etruria propria esistesse in questo periodo una significativa differenziazione culturale-ideologica e in alcuni aspetti anche strutturale. • L’insediamento: il sistema insediativo si qualifica in modo sistematico per la scelta di siti in posizione elevata sul territorio, di solito pianori isolati dall’erosione fluviale nel tavolato di tufo del vulcano Sabatino. Le dimensioni delle aree potenzialmente abitabile variano fra un massimo di 20 e un minimo di 1-2 ha.. La posizione difesa naturalmente viene spesso ulteriormente rafforzata da un muro e da un fossato. Conosciamo anche un numero limitato di abitati sul versante, oppure sulle rive del mare o di laghi. Nel corso del periodo si definisce una struttura gerarchica dell’insediamento, con alcuni centri maggiori ai quali fa riferimento un certo numero di centri più piccoli, e si delinea una divisione complessiva della regione per comprensori che prefigurano i territori dei centri protourbani della IEF: Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci. • La documentazione funeraria e l’organizzazione sociale: Il rituale funerario esclusivo dell’Etruria meridionale è in questo periodo l’incinerazione; nei periodi precedenti esistevano probabilmente tombe collettive a inumazione coperte da tumuli o con struttura litica. L’incinerazione si presenta con alcune caratteristiche specifiche, condivise con il Lazio antico, in particolare nella fase più antica. Il solo complesso finora noto che comprenda probabilmente almeno un centinaio di incinerazioni è la necropoli di Poggio la Pozza. In tutti gli altri casi le tombe di questo periodo non appartengono a necropoli nel senso tecnico del termine, cioè a luoghi destinati esclusivamente alla sepoltura di interi gruppi o comunità; si tratta invece regolarmente di piccoli gruppi di poche unità. Oltre al loro numero limitato, vanno presi in considerazione gli elementi di prestigio che connotano alcune di queste tombe. Un altro elemento di grande interesse è il fatto che la sepoltura formale riservata esclusivamente a un numero limitato di individui si collega sistematicamente alla prima comparsa di un’ideologia funeraria specifica dell’Etruria meridionale e del Lazio antico: a partire dalla fase più antica dell’EBF, nel rituali dell’incinerazione la distruzione con il fuoco del corpo del defunto si lega all’idea dell’urna come casa. Questo elemento ideologico è documentato a partire dalla fase di Tolfa, nella quale per la prima volta il coperchio dell’urna è la riproduzione di un tetto di capanna. L’implicazione è il trasferimento del defunto in una diversa dimensione fisica, che si presenta come un privilegio relativo alla vita ultraterrena riservato esclusivamente a un numero ristrettissimo di individui. Sembra molto probabile che questi piccoli gruppi di incinerazioni corrispondano ai personaggi che rivestono i ruoli di maggiore rilievo all’interno delle singole comunità, e che l’introduzione generalizzata di un rituale esclusivo e così fortemente connotato indichi un processo di centralizzazione della decisione politica. Le differenze tra il rituale della cremazione documentato in Etruria meridionale e quello dell’Etruria toscana, e in generale dell’area della facies Chiusi-Cetona, sono piuttosto nette. L’elemento ideologico centrale in Etruria meridionale appare del tutto estraneo alle regioni centrale a nord del Fiora. Tuttavia, nonostante queste differenze, i due ambienti condividono sul piano ideologico il divieto della deposizione di armi nelle tombe, sul piano strutturale-organizzativo la centralizzazione del potere politico. 22 La rarità delle tombe con armi e con elementi del corredo che si collegano al rituale dell’EBF potrebbe essere un’indicazione della concentrazione del potere politico nelle mani di singoli capi. Con la seconda fase della IEF emergono chiaramente specificità nei materiali di corredo di gruppi familiari distinti, differenze consistenti di ricchezza, indicazioni di una gamma di ruoli sociali verticali. I titolari di questi corredi eccezionali di armi, probabilmente non più di uno per generazione, sono stati identificati come capi guerrieri, che assumono gradualmente un ruolo politico esclusivo di tipo principesco, segnando il passaggio a un nuovo tipo di gestione del potere. • Gli scambi e i collegamenti interregionali: I collegamenti interregionali dei gruppi villanoviani dell’Etruria si collocano a livelli diversi di intensità e di significato; è comunque evidente che essi rappresentano uno dei fattori strutturali del processo di formazione e di sviluppo delle comunità dell’Etruria da un punto di vista non solo economico, ma anche politico e territoriale. Nell’EBF emerge e si consolida progressivamente il ruolo centrale della regione nella produzione e circolazione di metallo e di manufatti metallici. Il salto qualitativo che si verifica nel corso di questa età è il passaggio dallo scambio diffuso allo scambio direzionale: in altri termini, da un sistema di circolazione di materia prima e oggetti finiti legato prevalentemente all’attività e ai movimenti degli artigiani metallurghi, a un sistema controllato da gruppi di comunità riuniti in organismi politico-territoriali progressivamente più stabili e meglio definiti. Questa trasformazione strutturale delle comunità rappresenta la condizione necessaria perché lo sfruttamento delle risorse minerarie dell’Etruria e la circolazione di materia prima e manufatti verso le altre regioni della penisola e verso l’Europa transalpina abbiano una ricaduta effettiva sull’economia della regione, diventando a loro volta un veicolo di espansone e di stabilizzazione politica. 3. La cultura laziale • Il territorio: Fra l’EBF e la IEF si riconosce nel Latium vetus un processo storico coerente e continuo, che porta dalle comunità di villaggio con organizzazione tribale alla formazione di centri protourbani, documentato dallo sviluppo di una facies archeologica specifica. I principali elementi costitutivi del territorio laziale sono il corso del Tevere, confine naturale con l’Etruria; la pianura costiera, di formazione recente, chiusa verso l’interno dal massiccio vulcanico dei Colli Albani e dai rilievi preappenninici dei Monti Lepini, Ausoni e Aurunci; più all’interno la valle Latina, che costituisce una via di comunicazione verso la Campania e un tramite in direzione delle regioni appenniniche. La mancanza di risorse minerarie ha rappresentato uno stimolo ai collegamenti in direzione delle regioni metallifere (Etruria e Calabria). Inoltre, grazie alla sua posizione intermedia fra Etruria e Campania, il Lazio è stato spesso coinvolto nelle attività, nei collegamenti interregionali e nei processi di trasformazione socio-politica ed economica che investono queste due regioni: in particolare la formazione delle città-stato etrusche e le fasi iniziali della colonizzazione greca in Campania. • Elementi generali: La documentazione archeologica e linguistica del Lazio in età storica indica uno stretto collegamento culturale con le regioni tirreniche meridionali e una forte differenziazione rispetto all’Etruria, già chiaramente riconoscibile nella IEF sulla base della specificità della facies villanoviana rispetto a quella laziale. I cambiamenti strutturali che si riconoscono nel Lazio nel corso del periodo che stiamo esaminando sono legati a fasi alterne di gravitazione verso l’Etruria e verso Campania e Calabria. Il collegamento con l’Etruria implica la partecipazione diretta alla rete di rapporti e scambi interregionali che partono da questa regione; le fasi di avvicinamento alle regioni meridionali tirreniche segnano piuttosto un ripiegamento sulle specificità culturali condivise con quest’area, fra le quali ad esempio l’adozione precoce dell’inumazione. • La sequenza della cultura laziale: Si riconoscono in modo abbastanza preciso 4 chiari momenti successivi nello sviluppo di questo processo; contemporaneamente, l’area nucleare della regione, inizialmente sulla costa, si sposta nella zona dei Colli Albani e infine a Roma. 1. La fase iniziale dell’EBF (XII-XI). In questa fase il Lazio antico è praticamente indistinguibile dall’Etruria meridionale, con la quale condivide la facies archeologica di tipo protovillanoviano sia nella ceramica che nella produzione metallurgica. L’area più attiva della regione è la pianura costiera, che costituisce la principale via di collegamento dall’Etruria meridionale alla Campania. Abitati su pianoro sono relativamente frequenti sul resto del territorio laziale, anche se non con la stessa sistematicità osservata a Nord del Tevere. Le presenze riferibili complessivamente all’EBF comprendono circa il 60% di siti di collina o pianoro e il 40% di siti di pendio o fondovalle. Sono stati individuati una serie di siti costieri specializzati nell’estrazione del sale; le altre attività documentate nello stesso periodo comprendono i movimenti della transumanza e un limitato sfruttamento agricolo. Oltre agli elementi formali nella facies archeologica, il Lazio condivide con l’Etruria meridionale le novità nel rituale dell’incinerazione che compaiono nella fase più antica dell’EBF. Le sepolture sono riunite in gruppi di poche unità, con urne con coperchi generalmente che riproducono un tetto di capanna. C’è passaggio dalle tombe senza corredo della fase più antica a quelle con corredo di vasi miniaturizzati. Il significato della comparsa nel Lazio di questo rituale, riservato esclusivamente a un numero ristrettissimo di membri delle singole comunità, e caratterizzato per la prima volta dall’idea dell’urna come casa del defunto, è probabilmente lo stesso che è stato indicato per l’Etruria: si tratta della comparsa di forme di controllo politico centralizzato, affidato dalle comunità ai singoli capi. 2. La fase avanzata dell’EBF (XI e parte del X). La definizione di 1* periodo laziale si basa sul fatto che solo a partire da questo momento è possibile riconoscere una facies archeologica specifica del Lazio a sud del Tevere. Le presenza più numerose del 1 periodo, sempre consistenti in piccoli gruppi di incinerazioni, sono nei Colli Albani. Alcuni elementi archeologici convergono nell’indicare un cambiamento nella gravitazione culturale della regione. Nella Campania settentrionale compare un rituale dell’incinerazione con evidenti tratti in comune con il rituale laziale; contemporaneamente, un allentamento del rapporto di quasi identità che in precedenza collegava il Lazio all’Etruria meridionale è indicato dall’emergere di divergenze formali e strutturali fra i rituali funerari delle due regioni. L’area trainante del territorio laziale antico si sposta dalla pianura costiera ai Colli Albani con il territorio circostante. 25 L’evidenza archeologica più significativa di questa fase è l’elaborazione locale del rituale dell’incinerazione, ancora riservato esclusivamente a un numero limitatissimo di membri delle singole comunità. La caratteristica principale dei corredi nel 1 periodo è la miniaturizzazione di tutti gli oggetti. Una differenza significativa fra il rituale laziale e quello dell’Etruria riguarda la composizione dei corredi: nel Lazio sono sistematicamente presenti armi e coltelli, in Etruria c’è il divieto di riporre armi nelle tombe. La presenza di un intero corredo di oggetti miniaturizzati costituisce l’elaborazione coerente dell’idea dell’urna-casa e del passaggio del defunto, attraverso la cremazione, a una dimensione fisica diversa. Il numero limitato di tombe, con corredi che includono regolarmente indicatori riconoscibili di ruolo verticale, è una chiara indicazione che anche in questo periodo la sepoltura formale è riservata esclusivamente ai membri della comunità che rivestono i ruoli sociali più importanti. I due principali ruoli verticali riconosciuti formalmente attraverso il privilegio esclusivo della rappresentazione funeraria sono quelli di capo politico-militare (spada) e di sacerdote (coltello, statuetta, doppi scudi). Per quanto riguarda i ruoli verticali maschili, in alcuni corredi nei quali compaiono gli indicatori più consistenti di prestigio e di funzioni sociali sono presenti gli indicatori di entrambi i ruolo (spada e coltello). Si tratta probabilmente di un’indicazione della presenza in questo periodo di figure di singoli capi investiti di una somma di poteri eccezionale, sia politico-militare che religioso. 3. La fase antica della IEF (X-IX). La continuità di insediamento dal I periodo è attestata in alcuni casi, ma sembrano più numerosi i complessi che hanno inizio con l’EDF. Nella fase più antica continua il ruolo centrale dei Colli Albani, e i rapporti sistematici con i gruppi delle tombe a fossa delle regioni tirreniche meridionali sono intensi e visibili. Nella seconda fase cresce l’importanza del ruolo di Roma, mentre nascono o vengono rioccupati alcuni centri di medie dimensioni del territorio circostante. Nei comprensori dei futuri centri urbani del Lazio sono presenti più nuclei separati di abitato e necropoli, con differenze interne e specificità spesso molto evidenti. Un importante cambiamento è la comparsa div ere necropoli formate da centinaia o migliaia di tombe, cioè tendenzialmente rappresentative dell’intera comunità corrispondente. L’incinerazione, con corredo miniaturizzato o di dimensioni normali, è presente in misura variabile nei singoli complessi, mentre si afferma progressivamente l’inumazione. La ceramica laziale di questo periodo ha molti elementi di somiglianza con il repertorio dei gruppi della cultura delle tombe a fossa della Campania e della Calabria. Le armi compaiono ancora quasi esclusivamente in versione miniaturizzata nelle tombe a incinerazione. Le informazioni più consistenti sulla struttura e sull’organizzazione delle comunità laziali derivano dall’analisi ella necropoli di Osteria dell’Orsa. I ruoli orizzontali sono suddivisi per genere e classi di età in modo sistematico; le donne giovani svolgono il compito principale della tessitura, mentre un’altra attività prevalentemente femminile è la fabbricazione della ceramica. I principali ruoli verticali sono ricoperti dagli uomini adulti. La rarità degli indicatori di ruolo politico-militare e sacerdotale è un’indicazione di centralizzazione del controllo politico e religioso delle comunità, che come abbiamo visto era già in uso nel periodo precedente. 4. La fase avanzata della IEF (IX-VIII). Questo periodo segna un cambiamento generalizzato in tutte le articolazione della struttura e organizzazione delle comunità laziali. Il fenomeno più rilevante è la definitiva rottura degli equilibri interni fra le unità di parentela che formavano le comunità e la comparsa di forme di articolazione sociale e permanente, seguita quasi immediatamente dall’evidenza di disuguaglianza economica. Ci troviamo di fronte a una specificazione locale della formazione del sistema gentilizio-clientelare che struttura in modo permanente la società etrusca e latina in età arcaica. La subordinazione delle unità di parentela sconfitte nello scontro sociale si concretizza, oltre che nella disuguaglianza dei diritti sulla terra, anche nel monopolio del controllo dei collegamenti interregionali e dello scambio da parte dei gruppi vincenti. 5. Le produzioni artigianali di questo periodo documentano la fine dei rapporti privilegiati con le comunità delle tombe a fossa meridionali, e una forte ripresa dei collegamenti con l’Etruria, che coinvolge definitivamente la regione, e in primo luogo Roma, nel sistema di scambi in direzione della Campania. Roma subentra ai Colli Albani nel ruolo di centro trainante della regione. Un fattore cruciale del ruolo assunto da Roma a partire da questo periodo è la sua posizione privilegiata rispetto a tutto il territorio della regione: direttamente sul Tevere, in corrispondenza del guado dell’Isola Tiberina, che offre la via più facile e più diretta di collegamento con l’Etruria, e in particolare con Veio (che acquista un ruolo centrale fra i centri villanoviani). Negli abitati, che per la maggior parte continuano dalle fasi precedenti, si verificano spostamenti di concentrazione nelle aree di insediamento e di spostamento all’esterno delle necropoli. Un altro fattore che acquista peso all’interno degli abitati è la presenza di luoghi di culto. Il fenomeno dell’occupazione o rioccupazioni e di centri di dimensioni medie sulle principali vie di collegamento, che comincia nella fase precedente, continua anche nel III periodo; in un momento più avanzato si verifica una occupazione capillare del territorio per lo sfruttamento agricolo. 4. L’EBFF e la IEF in Abruzzo e nelle regioni centrali interne (Sabina, Umbria meridionale) • Il territorio: si tratta di un territorio disomogeneo dal punto di vista della formazione geologica e morfologica, corrispondente all’attuale regione Abruzzo, con estensioni che comprendono la Sabina e l’Umbria meridionale. In una certa misura, questo territorio è unificato dalla presenza di importanti via naturali di collegamento a lunga distanza. Alcuni elementi principali strutturano il territorio e ne condizionano la rete di collegamenti interni ed esterni: ■ A nord la valle del Tronto costituisce una delimitazione abbastanza netta rispetto al territorio piceno. Meno rilevante il limite naturale verso ovest (Lazio) e verso sud (Molise). ■ L’area interna appenninica, che comprende i massicci più importanti dell’Italia centrale, ai quali si alternano ampie conche intermontane. 26 ■ Le propaggini inferiori dell’Appennino che si affacciano sull’ampia pianura costiera adriatica, con insediamenti collinari in vista della costa e una via principale di collegamento costa-interno costituita dalla valle del Pescara. ■ Importanti vie di collegamento longitudinali e trasversali (valli fluviali). ■ L’area costiera partecipa alla fitta rete di collegamenti terrestri e marittimi che si sviluppa lungo il corridoio adriatico. Nel suo insieme, questo territorio si caratterizza per la convergenza di vie di comunicazione interregionale, in parte seguite dalla rete dei percorsi della transumanza, che sono stati probabilmente usati a partire dall’età del bronzo. ■ Le facies archeologiche che compaiono in questo periodo nell’area si definiscono, per quanto riguarda la ceramica, per la minore frequenza e visibilità di alcuni elementi diagnostici, mentre il repertorio delle forme e delle funzioni è sostanzialmente omogeneo rispetto alle regioni adiacenti. La comparsa di aspetti locali si verifica dall’ultima fase dell’EBF. La produzione metallurgica, che dipende da modelli esterni, è abbondante in tutti i periodi, con aree di concentrazione lungo la costa adriatica. La facies della IEF è affine a quella laziale, con collegamenti anche con l’area di Veio. ■ L’insediamento: La continuità nell’uso delle grotte fino all’età del ferro e anche in periodi successivi è documentata in particolare nell’area del Fucino. Gli abitati si collocano in aree collinari di sommità e di pendio, su terrazzi fluviali e su rive di laghi, probabilmente con continuità di occupazione fra EBF e IEF. Nell’area appenninica sono frequenti gli abitati in zone submontane e di media montagna. In Abruzzo e fino al Molise alcuni degli insediamenti più importanti occupano posizioni di collina direttamente sulla costa o a breve distanza dal mare. Lo sviluppo della regione in direzione di forme complesse di organizzazione politico-territoriale non sembra anteriore all’Orientalizzante. ■ La documentazione funeraria: Alcune caratteristiche proprie delle necropoli abruzzesi si definiscono nella fase conclusiva dell’EBF: il rituale esclusivamente inumatorio, probabilmente già in uso nell’EBF, con singole deposizioni in fossa in posizione distesa; la presenza di tumuli di terra con margine di lastre o di ciottoli, che coprono singole sepolture. La fase iniziale della IEF è documentata da un numero limitatissimo di tombe, con corredi che comprendono quasi solo manufatti metallici. Con la fase avanzata della IEF agli ornamenti e alle armi di bronzo o di ferro si aggiungono alcuni vasi. Il trattamento funerario è simile per i due generi e per adulti e bambini, salvo alcuni elementi specificamente femminili o maschili. Molte delle necropoli che hanno inizio in questo periodo giungono fino a età ellenistico-romana. Le necropoli sono spesso impiantate in aree pianeggianti. L’Umbria e la Sabina: Nell’Umbria interna, nella facies di Terni-Colfiorito, le tombe sono a incinerazione in pozzetto e a inumazione in fosse singole circondate da circoli di pietre; in alcuni casi sono riconoscibili nelle antiche piante di scavo file di stele che partono dai tumuli, anche se di aspetto poco monumentale. Le armi sembrano essere presenti solo in sepolture a inumazione. La facies archeologica è omogenea, senza elementi di discontinuità al passaggio fra EBF e IEF. Il repertorio ceramico mostra elementi di affinità con quelli del Lazio e dell’Abruzzo. I bronzi sono abbondanti fin dal momento più antico. ■ La produzione metallurgica e i collegamenti interregionali: in Abruzzo, Umbria meridionale e Sabina i manufatti metallici sono fra i documenti di maggiore interesse sulla produzione di questo periodo in Italia centrale, e sul sistema della circolazione interregionale di metallo e manufatti finiti. Nelle fasi iniziale e piena dell’EBF molti manufatti di bronzo sono collegati dal punto di vista tipologico alla produzione dell’Etruria meridionale. In Abruzzo, sia nell’area interna che sulla costa, compaiono anche manufatti specifici della produzione della Puglia. Le evidenze sembrano indicare una partecipazione attiva all’area fra Abruzzo interno e e Umbria alla più importante produzione di manufatti metallici che si afferma nella fase iniziale del villanoviano, e probabilmente alla loro circolazione. La situazione sembra cambiare in modo radicale poi con lo spopolamento dell’area del Fucino o con la perdita di importanza del suo ruolo engli scambi interregionali. Nel corso dell’EDF e dei periodi successivi lo sviluppo della metallurgia di tutta la regione che è stata considerata sembra staccarsi rapidamente dal collegamento con l’Etruria villanoviana, adottando l’uso del ferro e modelli che indicano una gravitazione preferenziale verso le regioni adriatiche. 6. Le regioni meridionali nell’EBF e IEF 1. La Campania: i precedenti nell’EBF, le tombe a fossa, il villanoviano meridionale, gli inizi della colonizzazione Il territorio della Campania si caratterizza in modo specifico come il punto di convergenza di vie naturali di collegamento marine e terrestri a lunga distanza. Nell’EDB questa potenzialità si concretizza con il coinvolgimento della regione nelle navigazioni costa a costa e con il ruolo centrale dell’arcipelago Flegreo nelle prime frequentazioni sistematiche egee nel Mediterraneo centrale; nella IEF la situazione della Campania è notevolmente più articolata rispetto alle regioni adiacenti, con la presenza sullo stesso territorio dei centri villanoviani meridionali, delle diverse specificazioni delle comunità che adottano un rituale funerario inumatorio e di alcune manifestazioni più antiche della colonizzazione euboica. 1.2 La IEF ■ La “cultura delle tombe a fossa”. Si tratta in prevalenza di villaggi, con le rispettive necropoli, distribuiti nella piana del Sarno, nella penisola di Sorrento e nella parte settentrionale interna della regione. Il solo centro vicino alla costa, in una situazione che offre una difesa naturale, è Cuma, che riveste una funzione e ruolo privilegiati fra le comunità di questo gruppo. 27 • I collegamenti interregionali: Fra i numerosi collegamenti interregionali della Calabria è possibile distinguere almeno due diversi livelli. L’affinità culturale ed etnica è all’origine dei collegamenti diffusi e sistematici, riconoscibili nella facies archeologica, che si sviluppano da un lato verso la Sicilia orientale e le Eolie, dall’altro verso la costa enotria. E’ probabile che la continuità di questi contatti sia legata alla ricchezza del metallo della regione. Un grado consistente di affinità etnico-linguistica fra le comunità di inumatori delle regioni tirreniche meridionali e fino al Lazio antico sembra proponibile. Per quanto riguarda i collegamenti a più ampio raggio, elementi di affinità con l’area balcanica e con la Grecia continentale, o con Cipro, sono stati segnalati per alcuni tipi di bronzi. Ci sono tracce dell’attività della rete di scambi fenicia nel Mediterraneo centrale. 2.3 La Basilicata e la Puglia. Dati complessivi. Alcuni fattori significativi nei processi di sviluppo locali, presenti soprattutto in Puglia, sono gli intensi collegamenti marittimi con le regioni balcaniche costiere, la continuità dei rapporti sistematici con l’Egeo e il coinvolgimento nelle attività di scambio internazionale che utilizzano il corridoio adriatico. Alcuni degli aspetti locali riconoscibili fra la fine dell’EDB e la IEF vengono indicati con le designazioni etniche che si sono state trasmesse dagli storici antichi: la principale è quella fra le aree enotria (Basilicata) e japigia (Puglia), nella quale si distinguono ulteriori articolazioni fra Daunia (Puglia settentrionale), Peucezia e Messapia. Nella IEF alcuni elementi sono presenti su tutto questo territorio: una parte del repertorio di oggetti metallici; la scarsità di ceramica nei corredi tombali della prima fase dell’EDF; la presenza di ceramica geometrica con stili locali differenziati. 2.4 La Basilicata • L’insediamento: In Basilicata nell’EBF si conoscono abitati di altura, spesso a controllo delle vie fluviali o della piana costiera, in parte con continuità del periodo precedente. Sulla presenza di forme di organizzazione complesse, con integrazione di più insediamenti, uno dei casi di maggiore interesse è quello del monte Timmari. Si tratta di un comprensorio costituito da un insieme di altura, nel quale sono concentrati numerosi piccoli nuclei di abitato con le relative necropoli. Con la IEF gli abitati, che almeno in parte continuano dal periodo precedente, hanno caratteristica differenziate: in posizione difesa e in vicinanza dei fiumi, sulle colline dell’interno o vicino alla costa. Lo sviluppo dell’insediamento in questo periodo è in alcuni casi condizionato dall’inizio della colonizzazione greca. • La documentazione funeraria: Le necropoli della IEF comprendono centinaia o migliaia di tombe, spesso distribuite in nuclei distinti attorno all’abitato; le sepolture sono a inumazione, con scheletri in posizione rannicchiata nell’area costiera e distesa nell’interno. I caratteri complessivi del rituale e la cultura materiale documentata dai corredi sono piuttosto omogenei, ma sembra possibile che fra le diverse comunità esistano differenze strutturali, in particolare processi più o meno avanzati di articolazione interna. • I collegamenti interregionali: Nell’EBF i collegamenti esterni della regione sono di definizione incerta, soprattutto a causa di una documentazione insufficiente. Alcuni dati potrebbero indicare la partecipazione al sistema di distribuzione che fa capo al central place di Frattesina. Per la IEF i collegamenti più noti della Basilicata sono quelli in direzione della Campania. La ricchezza di oggetti metallici indica la dipendenza dalle risorse minerarie della Campania. Come è noto, bronzi e ceramiche di tipo enotrio compaiono con relativa frequenza nei complessi villanoviani dell’Etruria; il tramite per l’arrivo di questi manufatti potrebbe essere rappresentato dai centri villanoviani della Campania. 2.5 La Puglia • Territorio e insediamento: I siti aumentano in questo periodo sia nell’area interna che in quella costiera. La difficoltà di definire un quadro complessivo dei processi che interessano questo territorio dipende anche dalla sua dimensione eccezionalmente ampia, nonostante la relativa omogeneità morfologica, che ha favorito differenziazioni e articolazioni sociali spesso molto rilevanti, e dalla sua collocazione geografica: allo sbocco meridionale del corridoio adriatico, con un ampio sviluppo costiero su due mari, punto di riferimento essenziale dei movimenti marittimi sia dal Mediterraneo orientale e dall’Egeo, sia dalla costa balcanica e greca occidentale. L’attenzione degli studiosi si è concentrata sui siti costieri, nei quali compaiono quantità più o meno consistenti di ceramica di tipo “miceneo”. Come si è visto, si tratta di abitati di dimensioni non superiori ai 5 ha. Molti di questi si collocano su promontori direttamente sul mare o in corrispondenza di lagune. Si conoscono casi di discontinuità di occupazione rispetto alle fasi precedenti dell’EDB, per esempio nella regione del golfo di Taranto, ma la continuità fino alla IEF è più frequente. • La documentazione funeraria: Nella IEF le necropoli sono formate prevalentemente da tombe a inumazione sotto tumulo; in molti dei casi noti, le deposizioni continuano fino ad epoca storica. Le tombe dell’EDF sono fosse rettangolari o ovali a sezione tronco-piramidale, scavate nella roccia e circondate da una canaletta, probabilmente traccia di una copertura aerea. Sono organizzate per gruppi, con una distribuzione sul terreno piuttosto fitta, e sono sempre a più deposizioni e a inumazione in posizione rannicchiata. Le tombe più antiche non hanno corredo, o solo qualche ornamento personale, mentre nelle successive compaiono ceramica d’impasto, dipinta e ornamenti personali. Rare le armi di bronzo. Alle tombe erano collegate sculture eseguite in modo sommario nel calcare locale, divise in due classi: la prima più numerosa che comprende elementi a disco o cono schiacciato, la seconda sculture antropomorfe (teste o stele). • La produzione metallurgica: La regione mostra, sia nei bronzi che nella ceramica, stretti rapporti con la costa adriatica orientale (Istria, Dalmazia, Slovenia). 30 La metallurgia della Puglia è documentata in modo organico e completo dal punto di vista della sequenza cronologica nei ripostigli, formati prevalentemente da alcune categorie di manufatti. Una differenza significativa rispetto alle regioni settentrionali e centrali è la presenza di oggetti quasi sempre interi. • I collegamenti interregionali e internazionali: La componente di origine balcanica, già evidente nel corso della MEB diventa più rilevante. La componente di origine egea è localizzata nel Salento. 31