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Biologia applicata - Libro Campbell: biologia e genetica 1° PARTE, Appunti di Biologia

Riassunto dettagliato del libro, capitolo per capitolo, utilizzabile al posto del libro.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 28/06/2019

Va_12
Va_12 🇮🇹

4.3

(70)

35 documenti

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Scarica Biologia applicata - Libro Campbell: biologia e genetica 1° PARTE e più Appunti in PDF di Biologia solo su Docsity! BIOLOGIA APPLICATA - Campbell: Biologia e genetica Le caratteristiche di un organismo vivente sono: • Cellule e organizzazione • Utilizzo dell’energia e metabolismo • Risposta ai cambiamenti ambientali • Regolazione e omeostasi • Crescita e sviluppo • Riproduzione • Evoluzione biologica I livelli di organizzazione biologica sono: • Biosfera • Ecosistema • Comunità • Popolazione • Organismo • Organi e sistemi di organi • Tessuti • Cellule • Organelli • Molecole Lo studio della vita si estende dalla scala globale dell’intero pianeta vivente fino alla scala microscopica delle cellule e delle molecole. Lo “zoom” con risoluzione sempre maggiore rievoca l’approccio del riduzionismo, che consiste nel ridurre sistemi complessi a componenti più semplici. Le proprietà emergenti sono una conseguenza dei livelli di organizzazione gerarchica che costituiscono organismi ed ecosistemi. Combinando le parti che compongono un livello per produrre quello più elevato emergono nuove proprietà. Studiare i singoli componenti di un livello organizzativo non permette comunque di comprendere il funzionamento del livello stesso. Ad ogni livello della gerarchia biologica si trova una correlazione tra struttura e funzione, da ricollegarsi al processo della selezione naturale. In generale, l’analisi di una struttura biologica aiuta a comprendere il ruolo e il funzionamento. Viceversa, conoscere la funzione di una cosa permette di intuire la struttura e l’organizzazione. Darwin nel 1859 pubblicò il libro “Sull’origine della specie per mezzo della selezione naturale” “Sull’origine della specie” si articolava in due punti principali: 1. Sosteneva che le specie contemporanee derivano da una serie di antenati diversi da loro. Darwin definì questo processo “discendenza con modificazioni”; 2. Affermava che la “selezione naturale” è un meccanismo evolutivo alla base della discendenza con modificazioni. Cominciò traendo dal mondo naturale le seguenti osservazioni: • In primo luogo, gli individui in una popolazione variano nei loro tratti, molti dei quali sembrano ereditabili • In secondo luogo, una popolazione può produrre molti più individui in grado di sopravvivere rispetto a quelli che originariamente la compongono, e lo stesso varrà per la popolazione successiva. Poiché questo condurrà a un numero di individui superiore a quello che l’ambiente è in grado di sostenere, la competizione è inevitabile • In terzo luogo, le specie in genere sono strutturalmente adatte agli ambienti in cui vivono; in altre parole, si sono adattate al loro ambiente Traendo le sue conclusioni da queste osservazioni, Darwin giunse a elaborare la teoria dell’evoluzione. Dedusse che gli individui che ereditano tratti più adatti al loro ambiente hanno maggiori probabilità di sopravvivere e di riprodursi rispetto ad altri. Egli chiamò questo meccanismo di adattamento selezione naturale che è la capacità di sopravvivenza e riproduzione differenziale degli individui in una popolazione che dipende dalla loro interazione con l’ambiente. Gli adattamenti di un organismo al suo ambiente sono il risultato dell’evoluzione. L’evoluzione è un insieme di cambiamenti che avvengono in una popolazione nel corso del tempo dovuti all’accumulo di differenze ereditabili. Inoltre, spiega nel contempo: • Unitarietà: significa che gli organismi possiedono in comune le caratteristiche della vita poiché condividono un antenato comune • Diversità: significa che ogni tipo di organismo (ogni specie) è adattata a uno dei numerosi ambienti della biosfera L’evoluzione è il principio organizzativo fondamentale della biologia. Porre delle domande sul mondo della vita e cercare delle risposte attraverso l’indagine scientifica sono le attività centrali della biologia, intesa come lo studio scientifico della vita. La biologia è una ricerca, un’indagine continua sulla natura della vita. La specie è l’unità di base di classificazione degli organismi viventi. Con il termine specie si indica l’insieme di esseri viventi con caratteristiche simili in grado di accoppiarsi e generare prole feconda, ma non sempre è possibile quindi occorre: 1. Analizzare le similitudine nell’anatomia, ma non sempre funziona 2. Analizzare il DNA Quindi ogni specie deve avere le seguenti caratteristiche: • Interfecondità • Affinità morfologica ed ecologica • Affinità molecolare La scienza è un mezzo per acquisire conoscenze; un modo per comprendere il mondo naturale. Il nucleo centrale della scienza è rappresentato dal concetto di indagine scientifica, una ricerca di informazioni e spiegazioni sui fenomeni naturali. Gli scienziati adottano un metodo d’indagine che prevede: • L’osservazione • L’elaborazione di spiegazioni (ipotesi) logiche e verificabili • Relativo riscontro Nel corso della verifica di un’ipotesi, nuove osservazioni possono ispirare una revisione del concetto elaborato in origine o la formulazione di una nuova ipotesi, che a sua volta dovrà essere sottoposta a ulteriori test. Nel corso del loro lavoro, gli scienziati descrivono strutture e processi naturali nel modo più accurato possibile, servendosi di osservazioni attente e di analisi dei dati. L’osservazione consiste nella raccolta di informazioni, sia mediante l’uso diretto di organi di sensi, sia con l’aiuto di strumenti (es: microscopi, termometri, ecc) che amplificano i sensi umani. Le osservazioni registrate sono chiamate dati. I dati sono le informazioni sulle quali si basa l’indagine scientifica. Il termine dati è sinonimo di numeri. Tuttavia, certi tipi di dati sono: • Qualitativi: spesso sotto forma di descrizioni • Quantitativi: generalmente espressi sotto forma di misurazioni numeriche e spesso vengono organizzati in tabelle e grafici Gli scienziati analizzano i dati ricorrendo alla statistica per controllare se i loro risultati sono significativi oppure riconducibili a fluttuazioni casuali. La raccolta e l’analisi delle osservazioni può portare a conclusioni basate su un tipo di logica chiamata ragionamento induttivo; attraverso l’induzione è possibile ricavare delle generalizzazioni a partire da un grande numero di osservazioni specifiche. Un’ipotesi è un tentativo di dare una risposta a una domanda ben strutturata. Di solito si tratta di tener conto di una serie di osservazioni logiche basate sui dati disponibili e guidati dal ragionamento induttivo. Un’ipotesi scientifica porta a predizioni che possono essere verificate tramite ulteriori osservazioni o con l’esecuzione di esperimenti. Un esperimento è un test scientifico eseguito in condizioni controllate. Il procedimento scientifico per ipotesi si serve anche di un altro tipo di logica, la deduzione; il ragionamento deduttivo adotta un approccio logico che procede dal generale allo specifico. Partendo da premesse generali, si prevedono i risultati che si dovrebbero ottenere qualora le premesse fossero vere. Nel procedimento scientifico, le deduzioni in genere assumono quindi la forma di una previsione dei risultati che si otterranno se una particolare ipotesi (premessa) è corretta. Successivamente, si verifica l’ipotesi per mezzo di esperimenti o osservazioni per controllare se i dati corrispondono a quelli previsti. Gli elettroni del secondo strato possiedo energia maggiore, nel terzo guscio la loro energia è ancora più elevata e così via. Un elettrone si può spostare da un livello energetico a un altro solo acquistando o perdendo una quantità di energia pari alla differenza tra l’energia potenziale del vecchio livello e quella del nuovo. Quando assorbe energia, un elettrone si sposta in un livello energetico più lontano dal nucleo. Il comportamento chimico di un atomo è determinato dalla configurazione elettronica, cioè la distribuzione degli elettroni nei gusci elettronici del’atomo stesso. Sottolivelli: il primo guscio elettronico contiene un solo orbitale s di forma sferica (detto 1s), il secondo guscio elettronico contiene quattro orbitali: un orbitale sferico più grande (detto 2s) e tre orbitali p con forma a manubrio (detti orbitali 2p), il terzo guscio elettronico e quelli successivi possiedono orbitali s e p, ma anche orbitali di forma più complessa come d e f. Nella tavola periodica degli elementi, gli elementi sono disposti in tre file orizzontali, o periodi, il cui numero corrisponde a quello dei gusci elettronici esterni dei loro atomi. Da sinistra a destra, la sequenza degli elementi di ogni periodo corrisponde all’aggiunta in successione di elettroni e protoni. Il comportamento chimico di un atomo dipende principalmente dal numero di elettroni presenti nel suo livello più esterno; questi elettroni sono indicati come elettroni di valenza e il guscio in cui sono contenuti come strato di valenza. Un atomo che possiede lo strato di valenza completo è non reattivo, cioè esso non reagisce facilmente con gli altri atomi con i quali può venire in contatto. All’estremità destra della tavola periodica sono presenti l’elio, il neon e l’argon, gli unici tre elementi che possiedono il guscio di valenza completo di elettroni. Questi elementi sono detti inerti, cioè chimicamente non reattivi. Invece gli altri atomi sono tutti chimicamente reattivi perché possiedono strati di valenza incompleti. Gli atomi con strati di valenza incompleti interagiscono con altri atomi in modo tale a poterli riempire. Per raggiungere questo obiettivo, gli atomi possono cedere completamente i loro elettroni di valenza oppure metterli in compartecipazione. Queste interazioni, di solito, portano gli atomi a mantenersi vicini tra loro grazie a forze di attrazione dette legami chimici. I tipi di legami chimici più forti sono: • Covalente: due atomi con elettronegatività uguale o simile possono legarsi mettendo in comune coppie di elettroni. I legami covalenti apolari si formano tra atomi di pari elettronegatività; i legami covalenti polari si formano quando un atomo con elevata elettronegatività (es: ossigeno) si lega a un atomo con bassa elettronegatività (es: idrogeno). • Ionico: gli ioni si attraggono per forza elettrostatica. Questo tipo di legame si forma quando la differenza di elettronegatività tra due atomi è maggiore di 1,9 Lo ione carico positivamente è detto catione; lo ione carico negativamente è detto anione. • Legami deboli: nelle cellule sono indispensabili anche legami più deboli all’interno di molecole o tra molecole diverse. Tali legami contribuiscono alle fondamentali proprietà della vita; tra di essi vi sono: - Legami a idrogeno: si forma quando l’idrogeno si lega ad un atomo fortemente negativo; i legami ad idrogeno si instaurano tra molecole di acqua (polari) - Interazioni di van der Waals: le troviamo in molecole apolari (es: benzina e olio) La formazione e la rottura dei legami chimici, che portano a modificazioni della composizione della materia sono definite reazioni chimiche. Quando si scrive una reazione chimica, si utilizza una freccia per indicare la conversione delle sostanze in partenza, dette reagenti, nei prodotti. I coefficienti indicano il numero di molecole coinvolte nella reazione. Il punto in cui la velocità delle due reazioni diventa uguale è detto equilibrio chimico. Le proprietà dell’acqua sono: • Coesione, adesione e tensione superficiale: le molecole di acqua si associano fra loro in virtù dell’esistenza dei legami a idrogeno; i legami a idrogeno tengono insieme l’acqua, un fenomeno detto coesione. L’adesione contribuisce a controbilanciare la pinta verso il basso dovuta alla gravità. Correlata all’adesione è la tensione superficiale. • Modera l’escursione termica: innanzitutto, tutto ciò che è in movimento possiede energia cinetica, la forma di energia legata al movimento. Atomi e molecole possiedono energia cinetica poiché sono sempre in movimento. L’energia cinetica associata al movimento casuale degli atomi o delle molecole è chiamata energia termica. La capacità dell’acqua di stabilizzare la temperatura deriva dal suo calore specifico relativamente elevato. Il calore specifico di una sostanza è definito come la quantità di calore che deve essere assorbita o perda da 1g di quella sostanza perché la sua temperatura aumenti o diminuisca di 1° C. • Galleggiamento del ghiaccio sull’acqua: l’acqua è una delle poche sostanze che allo stato solido presenta minore densità che allo stato liquido; in altre parole, il ghiaccio galleggia sull’acqua. Mentre altre sostanze si contraggono e aumentano la loro densità quando solidificano, l’acqua si espande. L causa di questo va ricondotta all’esistenza di legami ad idrogeno. Oltre a isolare l’acqua sottostante, il ghiaccio rappresenta anche un habitat solido per alcune specie animali. • Ottimo solvente: un liquido costituito da una miscela omogenea di due o più sostanze è detto soluzione; l’agente dissolvente di una soluzione è detto solvente, mentre la sostanza disciolta è detta soluto. Qualsiasi sostanza dotata di affinità per l’acqua è detta idrofila. Esistono anche sostanze che non presentano alcuna affinità per l’acqua; in effetti, sostanze non ioniche e non polari sembrano provare repulsione per le molecole di acqua e sono dette idrofobe. I biologi che cercano la vita in altre parti dell’universo hanno concentrato la loro attenzione sui pianeti sui quali potrebbe essere presente acqua. Marte è stato oggetto di studio e possiede un involucro di ghiaccio a entrambi i poli. Un atomo di idrogeno che partecipa a un legame a idrogeno tra due molecole di acqua passa da una molecola all’altra. Quando accade questo, l’atomo di idrogeno si lascia dietro il proprio elettrone e ciò che effettivamente viene trasferito è uno ione idrogeno (H+), un singolo protone con carica +1; la molecola di acqua che ha perduto il protone diventa uno ione idrossido (OH-), con carica -1. Il protone si lega all’altra molecola di acqua trasformandola in uno ione idronio (H3O+). Un acido è una sostanza in grado di aumentare la concentrazione degli ioni idrogeno in una soluzione mentre una base è una sostanza capace di ridurre la concentrazione degli ioni idrogeno in una soluzione. La concentrazione degli ioni idrogeno viene misurata con la scala del pH, i cui valori sono compresi tra 0 e 14; il valore 7 è neutro, un valore di pH inferiore a 7 indica una soluzione acida e infine, un valore di pH superiore a 7 indica una soluzione basica. La scala del pH utilizzando il logaritmo comprime l’intervello di variazione della concentrazione degli ioni H+ e OH-; il Ph di una soluzione è definito come il logaritmo negativo della concentrazione degli ioni idrogeno. Le soluzioni tampone sono soluzioni che resistono al cambiamento del pH per moderare aggiunte di acido o di base. Fra le varie minacce create dall’attività dell’uomo per la qualità delle acque, vi è l’impiego di combustibili fossili che provoca la liberazione di composti gassosi nell’atmosfera. La reazione di queste sostanze con l’acqua determina un aumento dell’acidità di quest’ultima e altera l’equilibrio di condizioni che sostiene la vita sulla Terra. Quando il CO2 si scioglie nell’acqua di mare, esso reagisce con l’acqua per formare acido carbonico e ciò determina un abbassamento del pH degli oceani, secondo un processo noto come acidificazione degli oceani. Il carbonio. Sebbene l’acqua sia il mezzo universale per la vita sulla Terra, gli esseri viventi sono costituiti da sostanze chimiche basate sull’elemento carbonio. Il carbonio entra nella biosfera attraverso l’azione delle piante che utilizzano l’energia solare per trasformare CO2 dell’atmosfera nelle molecole della vita, che sono assunte dagli animali erbivori. Il carbonio possiede una capacità unica di formare grandi, complesse e differenti molecole. I composti contenenti carbonio sono detti organici e il loro studio è detto chimica organica. Stanley Miller nel 1953 contribuì a inserire la sintesi abiotica di composti organici in un contesto evolutivo, grazie al suo classico esperimento. Miller concluse che le molecole organiche complesse possono generarsi spontaneamente in condizioni simili a quelle che dovevano esistere nelle fasi più precoci della storia della Terra. Il carbonio possiede 6 elettroni, di cui 2 nel primo guscio elettronico e 4 nel secondo; quindi, il carbonio possiede 4 elettroni di valenza in un guscio che può contenere fino a 8. Un atomo di carbonio completa normalmente il proprio livello di valenza mettendo in compartecipazione 4 elettroni con altri atomi, in modo che siano presenti 8 elettroni. Ciascuna coppia di elettroni condivisi costituisce un legame covalente. Nelle molecole organiche, il carbonio forma solitamente legami singoli o doppi: • Metano: quando un atomo di carbonio forma quattro legami semplici con altri atomi, la molecola ha struttura tetraedrica • Etano: una molecola può avere più di un gruppo tetraedrico formato da atomi uniti da legami semplici • Etene (etilene): quando due atomi di carbonio sono uniti da un doppio legame, tutti gli atomi uniti a tali atomi giacciono nel medesimo piano e la molecola è planare ↳ Tutte queste molecole sono idrocarburi, molecole organiche formate soltanto da idrogeno e carbonio. Variazioni evidenti dell’architettura di molecole organiche possono essere rilevate negli isomeri, composti molecolari che hanno lo stesso numero e lo stesso tipo di atomi, ma struttura , e quindi proprietà differenti. Ci sono tre tipi di isomeri: • Isomeri di struttura: composti con identica formula molecolare, ma che hanno diversa formula di struttura perché le loro molecole sono costituite dagli stesi atomi legati tra loro in sequenze diverse. Possono essere: - Isomeri di catena - Isomeri di funzione - Isomeri di posizione • Isomeri cis-trans: presentano legami covalenti con i medesimi atomi, ma differiscono per la disposizione spaziale di questi a causa della rigidità dei doppi legami • Enantiomeri: sono isomeri che possono essere considerati uno l’immagine dell’altro e che differiscono nella forma per la presenza di un carbonio asimmetrico perché lega quattro diversi atomi o gruppi di atomi I gruppi chimici sono coinvolti nelle relazioni chimiche e questi sono detti gruppi funzionali. I sette gruppi funzionali più importanti nei processi biologici sono: • Gruppo ossidrile: è polare per la presenza dell’atomo di ossigeno elettronegativo. Forma legami a idrogeno con l’acqua, favorendo la dissoluzione di composti come gli zuccheri. La denominazione del composto è alcol (es: etanolo) • Gruppo carbonile: gli zuccheri con gruppi chetonici sono detti chetosi, mentre quelli con gruppi aldeidici sono detti aldosi. La denominazione del composto è chetone o aldeide (es: acetone, propanale) • Gruppo carbossile: si comporta da acido. La denominazione del composto è acido carbossilico o acido organico (es: acido acetico) • Gruppo ammino: si comporta da base. La denominazione del composto è ammina (es: glicina) • Gruppo sulfidrile: la denominazione del composto è titolo (es: cisteina) • Gruppo fosfato: la denominazione del composto è fosfato organico (es: glicerolofosfato) • Gruppo metile: la denominazione del composto è metilato (es: 5-metilcitosina) Macromolecole. Possono essere classificate in quattro classi principali: • Carboidrati • Lipidi • Proteine • Acidi nucleici Le macromolecole sono molecole a lunga catena dette polimeri. Un polimero è una lunga molecola costituita da numerose subunità identiche o simili unite attraverso legami covalenti. Le unità ripetitive che servono come elementi da costruzione del polimero sono molecole di piccole dimensioni dette monomeri. I meccanismi chimici utilizzati dalle cellule per sintetizzare e demolire i polimeri sono gli stessi in tutte le classi. Nelle cellule questo processo è facilitato dall’intervento di enzimi, macromolecole specializzate in grado di accelerare le reazioni chimiche. Il legame fra i vari monomeri avviene mediante una reazione in cui due molecole sono legate covalentemente tra loro, con perdita di una molecola di acqua, nota come reazione di disidratazione. Acidi nucleici. Gli acidi nucleici sono molecole estremamente importanti perché responsabili della conservazione, espressione e trasmissione dell’informazione genetica. Le due classi di acidi nucleici sono: l’acido desossiribonucleico (DNA) e l’acido ribonucleico (RNA). Le molecole di DNA conservano l’informazione genetica, e le molecole di RNA sono coinvolte nella traduzione di questa informazione. Come carboidrati e proteine, gli acidi nucleici sono formati da sequenze lineari di monomeri. Ciascun monomero, detto nucleotide, ha tre componenti: • Un gruppo fosfato • Uno zucchero pentoso (ribosio o desossiribosio) • Una base azotata DNA. I nucleotidi nel DNA contengono lo zucchero desossiribosio. Sono presenti quattro nucleotidi, corrispondenti alle quattro diverse basi azotate che possono essere legate al desossiribosio: • Due puriniche, adenina (A) e guanina (G) • Due pirimidiniche, citosina (C) e timina (T) Le basi azotate non si appaiono in modo casuale: la distanza tra i due filamenti nella doppia elica è costante, l’appaiamento, quindi, ha luogo necessariamente tra una purina e una pirimidina. Le basi appaiate sono dette complementari. In particolare, l’adenina e la timina sono legate da un doppio legame idrogeno; la guanina e la citosina sono legate da un triplo legame idrogeno. La struttura del DNA è detta a doppia elica: la molecola è costituita da due filamenti polinucleotidici avvolti ad elica attorno ad un asse centrale. Ogni filamento è formato da uno scheletro di nucleotidi alternati: il gruppo ossidrico del C5’ di un’unità di desossiribosio è legato al gruppo ossidrilico del C3’ del desossiribosio successivo attraverso un legame fosfodiesterico. A causa della precisa complementarietà tra le basi azotate, la sequenza dei nucleotidi di un filamento determina in modo univoco la sequenza di nucleotidi di quello complementare. Ogni filamento ha un’estremità 5’ e un’estremità 3’. Poiché nella doppia elica l’estremità 3’ di un filamento fronteggia l’estremità 5’ di quello complementare, i due filamenti si dicono antiparalleli. Cronologia delle scoperte relative al DNA. Griffith scopre il principio trasformante, qualcosa che trasformava i batteri benigni in batteri virulenti. Avery identifica il principio trasformante nel DNA, tramite procedure biochimiche di purificazione delle proteine. Chargaff, dopo aver analizzato il DNA di numerosi organismi diversi, evidenzia le quattro basi azotate e il fatto che la quantità di adenina corrisponde sempre a quella della timina, mentre la guanina corrisponde alla citosina. Chase, utilizzando i batteriofagi, dimostrò che il DNA è coinvolto nella replicazione virale. Franklin, produce un’immagine di diffrazione ai raggi X del DNA. Watson e Crick, individuano la struttura tridimensionale del DNA e propongono il modello della doppia elica. Stahl, dimostrò che la replicazione del DNA è semiconservativa. Replicazione del DNA. Al momento della replicazione, i due filamenti della doppia elica si separano grazie alla rottura dei legami a idrogeno tra le basi appaiate (i primi a rompersi sono A-T). Ciascun filamento può così funzionare come stampo per la sintesi di un nuovo filamento a esso complementare. La replicazione del DNA è semiconservativa: ognuna delle due molecole figlie di DNA è costituita da un filamento del DNA parentale (conservato) e da un filamento sintetizzato ex novo. L’intero processo richiede energia e molti enzimi. Il punto di origine della replicazione è rappresentato dalla bolla di replicazione, che forma due forcelle di replicazione. La DNA-elicasi è l’enzima che si occupa di srotolare la doppia elica e determinare l’apertura della bolla di duplicazione. La sintesi vera e propria del nuovo filamento è catalizzata da un gruppo di enzimi definiti DNA polimerasi. La DNA polimerasi non può sintetizzare direttamente un nuovo filamento di DNA sul filamento parentale perché ha bisogno di un primer, o innesco, cioè un breve tratto a doppia elica, da cui iniziare la propria sintesi: questo è permesso dalla sintesi di un breve filamento di RNA. La replicazione procede sempre in direzione 5’ 3’, e questo ha una conseguenza importante: uno dei due filamenti, detto leading strand, può essere sintetizzato in maniera continua, utilizzando un unico innesco, mentre l’altro filamento, detto legging strand, deve essere sintetizzato in direzione opposta, sotto forma di piccoli frammenti discontinui chiamati frammenti di Okazaki, uniti successivamente dalla DNA ligasi. La DNA ligasi catalizza la formazione di un legame covalente tra questi frammenti adiacenti di DNA per completare il processo di replicazione nel frammento ritardato. Oltre ad aggiungere nuovi nucleotidi alla catena in crescita (funzione polimerastica), la DNA polimerasi è in grado di individuare l’eventuale aggiunta di un nucleotide sbagliato al filamento in costruzione. In caso di errore, l’enzima inverte la sua direzione di marcia rimuovendo i nucleotidi uno ad uno fino ad arrivare al punto del nucleotide sbagliato (funzione esonucleasica). Anche altri enzimi, chiamati nucleasi di restauro del DNA, hanno il compito di eliminare eventuali errori rimasti dopo la replicazione: scorrendo lungo la doppia elica, individuano i nucleotidi sbagliati e li sostituiscono con quelli corretti. RNA. Il passaggio dai geni alle proteine è reso possibile dall’intervento dell’acido ribonucleico. Il messaggio contenuto in un gene viene copiato (trascritto) sotto forma di RNA, nel nucleo, in un processo chiamato trascrizione. L’RNA si trasferisce poi dal nucleo al citoplasma, dove il messaggio che esso trasportava viene usato per sintetizzare una proteina (traduzione). Il dogma centrale della biologia stabilisce che l’informazione biologica: DNA trascrizione RNA traduzione proteina. L’RNA differisce dal DNA per alcune caratteristiche: • Lo zucchero pentoso è il ribosio anziché il desossiribosio • E’ costituito da un filamento singolo anziché da una doppia elica • Contiene quattro basi azotate, A-U e C-G • Negli eucarioti l’RNA è sintetizzato dal nucleo, ma svolge i suoi compiti nel citoplasma Esistono tre tipi di RNA, ciascuno dei quali interviene nella sintesi delle proteine: • RNA messaggero: trasporta l’informazione genetica dal DNA al citoplasma, dove vengono sintetizzate le proteine • RNA ribosomiale: è un elemento costitutivo dei ribosomi • RNA di trasporto: trasporta gli amminoacidi liberi nel citoplasma ai ribosomi, durante la sintesi proteica, e serve per tradurre l’informazione contenuta nella sequenza di nucleotidi dell’mRNA in una sequenza di amminoacidi La trascrizione è il processo mediante il quale l’informazione contenuta in un gene viene copiata in una molecola di mRNA: una sequenza di DNA viene copiata in una sequenza di RNA. La sintesi dell’mRNA è catalizzata da un gruppo di enzimi, il più importante dei quali è l’RNA polimerasi. Nel punto di attacco dell’enzima i due filamenti del tratto di DNA corrispondente a un gene si aprono e uno di essi funziona da stampo per la sintesi di una molecola di mRNA ad esso complementare, con un meccanismo simile a quello della replicazione. L’RNA polimerasi si sposta lungo il filamento stampo di DNA aggiungendo via via nuovi ribonucleotidi, in direzione 5’ 3’. Per iniziare la sintesi, l’RNA polimerasi si lega a una sequenza specifica di DNA, detta promotore; un’altra sequenza specifica, detta segnale di terminazione, indica il punto di arresto della trascrizione. Nella trascrizione, a differenza di ciò che avviene nella replicazione, viene copiato solo uno dei due filamenti di DNA, riconosciuto dall’RNA polimerasi per la presenza del promotore. Nei procarioti la trascrizione avviene nel citoplasma, e l'mRNA neoprodotto può essere utilizzato immediatamente per la sintesi proteica. Negli eucarioti, invece, la trascrizione ha luogo nel nucleo e l'mRNA deve essere modificato prima di migrare nel citoplasma. Quasi tutti i geni degli organismi pluricellulari sono discontinui, ovvero formati da un'alternanza di sequenze codificanti (che vengono tradotte in proteine), dette esoni, e sequenze non codificanti, dette introni. Il DNA di un gene discontinuo viene trascritto completamente: vengono copiati sia gli esoni che gli introni (mRNA immaturo). Affinchè l'mRNA immaturo diventi funzionale è necessario che avvenga lo splicing: processo mediante il quale vengono rimossi gli introni per mezzo del pre-mRNA (attraverso un complesso chiamato spliceosoma), e saldati tra loro gli esoni. In alcuni casi, la funzione dello spliceosoma può essere regolata in modo che lo splicing degli esoni di un dato mRNA possa avvenire in due o più modi diversi. Questo fenomeno, chiamato splicing alternativo, consente ad un unico gene di codificare per due o più polipeptidi con delle differenze nelle loro sequenze amminoacidiche. Infine, prima che l'RNA maturo si sposti nel citoplasma, avviene l'incappucciamento: all'estremità 5' viene legata in modo covalente una 7-metilguanosina. Il cappuccio protegge l'mRNA dalla degradazione, e una volta arrivato nel citosol, lega specifiche proteine: queste proteine permettono all'mRNA di legarsi al ribosoma per iniziare il processo di traduzione. La traduzione del messaggio contenuto nell'mRNA (scritto con un linguaggio basato su 4 nucleotidi) in una proteina (scritta con un linguaggio basato su 20 amminoacidi) è permessa da un sistema di corrispondenza, detto codice genetico. Il codice genetico è basato su triplette di nucleotidi, dette codoni, che rendono possibili 64 (43 ) combinazioni, più che sufficienti per codificare i 20 amminoacidi. Il codice genetico presenta importanti caratteristiche: • Contiene un segnale di inizio, rappresentato dal codone AUG. • Contiene dei segnali di fine lettura, rappresentati da tre codoni di stop (UGA-UAG-UAA). • Non è ambiguo: un dato codone specifica sempre un unico amminoacido. • È ridondante: quasi tutti gli amminoacidi sono specificati da più di un codone. • È universale: cioè valido per tutti gli organismi. La sintesi proteica,indicata anche come traduzione, è l'ultima tappa del processo di espressione di un gene. Avviene nel citoplasma e ha sede sui ribosomi. Al processo partecipano tutti e tre i tipi di RNA: l'mRNA, che trasporta il messaggio, l'rRNA, che è parte integrante del ribosoma, e il tRNA, che fa da interprete traducendo il linguaggio degli acidi nucleici in quello delle proteine. Il tRNA da un lato è in grado di legare gli amminoacidi, dall'altro di riconoscere i codoni dell'mRNA grazie a una tripletta di nucleotidi, detta anticodone, complementare a uno specifico codone sull'mRNA. La traduzione ha inizio quando l'estremità 5' dell'mRNA si lega alla subunità minore del ribosoma. Gli amminoacidi vengono legati al ribosoma attraverso una molecola di tRNA. Il tipo di amminoacido è determinato dalla sequenza dell'anticodone del tRNA. La complementarietà delle basi avviene tra il codone dell'RNA messaggero e l'anticodone dell'RNA transfert. Dopo che la molecola di tRNA si è legata al codone di inizio e alla subunità minore del ribosoma, la subunità maggiore ribosomiale si lega a quella minore per formare il complesso di traduzione. Sull'unità ribosomiale maggiore si possono distinguere tre regioni: • Sito E • Sito P • Sito A Durante la fase di allungamento, singoli amminoacidi sono condotti al filamento di mRNA da una molecola di tRNA (sempre attraverso la complementarietà delle basi). Si viene a formare un legame peptidico tra l'amminoacido della molecola di tRNA contenuta nel sito A e l'amminoacido della molecola di tRNA contenuta nel sito P. Successivamente il complesso si muove verso destra: il tRNA privo di amminoacidi esce dal complesso attraverso il sito E, e il sito A è pronto ad accogliere una nuova molecola di tRNA. L'allungamento continua fino a quando non si arriva al codone di stop. I fattori di rilascio si legano al sito A del codone di stop, permettendo al polipeptide di staccarsi dal tRNA e di terminare la traduzione. Dopodiché l'intero complesso si dissocia, preparandosi per una nuova fase di inizio. Tutto il processo di sintesi proteica richiede una notevole quantità di energia, fornita dall'idrolisi dell'ATP. L’origine della vita. Da dove ha origine la vita? Da dove è arrivata la prima cellula? Non vi sono risposte certe a questi quesiti. La concezione aristoteliana , secondo la quale la vita animata possa generarsi da vita inanimata rimase inalterata fino al 1500. Intorno alla prima meta del 1600 lo scienziato Francesco Redi, non riuscendo ad accettare l’ipotesi della generazione spontanea, dimostrò (attraverso l’esperimento dei barattoli) la fallaccia dell’abiogenesi. Successivamente, con la messa a punto del microscopio ottico, Pasteur arrivò a dimostrare che non sono solo gli animali superiori a generarsi da cellule preesistenti, ma si generano da vita anche i microrganismi (batteri). Tuttavia, l’esperimento di Pasteur non dimostrò che un evento di generazione spontanea non potesse essere avvenuto in passato, in condizioni primordiali, quando la terra e l’atmosfera erano completamente diverse. Oparin non escluse l’idea che la terra si possa essere generata da un evento di genesi spontanea; presupposte che la terra, formatosi 5 miliardi di anni fa, fosse compasta da metano, ammoniaca e acqua sotto forma di vapore acqueo, e che fosse esposta a radiazioni ultraviolette e fulmini molto intesi: tutti questi fattori possono aver dato origine a reazioni chimiche responsabili della formazione di materia biologica organica a partire da materia inorganica. Miller dimostrò in modo sperimentale come può materia organica generarsi da materia inorganica creando il brodo primordiale e gli oceani primitivi. Dopo di lui, numerosi scienziati ripeterono l’esperimento, variando la composizione dell’atmosfera primordiale. Così facendo riuscirono a creare: tutte le 5 basi azotate che compongono DNA e RNA, tutti i 20 amminoacidi, molti zuccheri e acidi grassi, e tante altre molecole. Al giorno d’oggi una generazione spontanea risulterebbe impossibile. Perché? • Perché vi è l’ossigeno che ossida tutto • Perché sono presenti innumerevoli microrganismi che degradano molecole organiche sostanziali; le sostanze vengono quindi impacchettate in vescicole i trasporto e dirette verso la membrana plasmatica dove avrà luogo la secrezione (o esocitosi) • I lisosomi: Il lisosoma è una vescicola circondata da membrane. Essi hanno diverse funzioni quali contiene enzimi idrolitici con funzioni digestive, è il centro di riciclaggio degli organuli danneggiati e demolisce le sostanze alimentari e di rifiuto delle cellule • I vacuoli e vescicole: sono grandi vescicole derivate dal reticolo endoplasmatico e dall’apparato del Golgi. La membrana vacuolare è selettiva nel trasporto di soluti. I vacuoli eseguono funzioni diverse; in particolare, i vacuoli alimentari si formano in seguito alla fagocitosi, i vacuoli contrattili provvedono ad espellere l’eccesso di acqua dalle cellule e il vacuolo centrale è sede di deposito di ioni inorganici compresi potassio e cloruro (K e Cl) ed ha la funzione di deposito e struttura • L’involucro nucleare • Membrana plasmatica I mitocondri costituiscono la sede della respirazione cellulare; inoltre, hanno la funzione principale di accumulare energia attraverso la scissione di molecole come il glucosio. I cloroplasti contengono il pigmento verde definito clorofilla, nonché gli enzimi e le altre molecole coinvolte nella realizzazione della fotosintesi, processo attraverso cui si realizza la produzione degli zuccheri. All’interno del cloroplasto si sviluppa un altro sistema di membrane formato da strutture sacciformi interconnesse tra loro definite tilacoidi. In alcune regioni i tilacoidi appaiono impilati e ogni pila viene denominata granum (grana) e il fluido presente al di fuori dei tilacoidi viene definito stroma e contiene il DNA del cloroplasto. Il cloroplasto è un membro specializzato della famiglia dei plastidi (es: amiloplasto e cromoplasto). Il citoscheletro ha le funzioni di sostenere e conservare la forma della cellula, mantenere in posizione gli organuli e muovere gli organuli nella cellula. Inoltre, è coinvolto nei movimenti citoplasmatici e interagisce con strutture extracellulari contribuendo ad ancorare la cellula nella sua sede. I componenti dei citoscheletro sono: • Microtubuli: strutture cilindriche cave costituite da molecole di una proteina globurale definita tubulina; ogni molecola di tubulina è un dimero. Provvedono al sostegno strutturale della cellula. Nelle cellule animali i microtubuli si formano da un centrosoma e all’interno di quest’ultimi si rinviene una coppia di centrioli. Negli eucarioti una particolare disposizione dei microtubuli è responsabile del movimento di particolari estroflessioni cellulari definite flagelli e ciglia. • Microfilamenti (filamenti di actina): strutture cilindriche compatte e sottili. Sono definiti anche filamenti di actina perché sono costituiti da molecole della proteina globurale actina. Il ruolo consiste nella resistenza alla tensione, ovvero alle forze di trazione. • Filamenti intermedi: ciascuna tipologia di filamento intermedio è costituita da differenti subunità molecolari appartenenti a una famiglia di proteine che comprende le cheratine. Essi sono caratterizzati da una maggior stabilità La matrice extracellulare ha come componenti principali le glicoproteine e altre molecole contenenti carboidrati prodotti dalla cellula stessa. La proteina presente in maggiore quantità nella matrice extracellulare della maggior parte delle cellule animali è il collagene; le fibre di collagene sono immerse in un reticolo formato da proteoglicani secreti dalle cellule. Le giunzioni cellulari sono di tre tipi: • Giunzioni serrate (tight): bloccano il flusso di fluidi fra le cellule epiteliali • Desmosomi: formano legami fra le cellule fornendo una connessione fra cellule e fra i filamenti intermedi del citoscheletro di cellule adiacenti • Giunzioni comunicanti: la comunicazione è la funzione di queste giunzioni (gap) che formano pori che connettono le cellule adiacenti Struttura e funzione delle membrane. La membrana plasmatica è caratterizzata da permeabilità selettiva, ossia consente ad alcune sostanze di attraversarla più facilmente di altre. Lipidi e proteine sono i costituenti fondamentali delle membrane, anche se i carboidrati rivestono una certa importanza. I lipidi presenti in maggior quantità nelle strutture membranose sono i fosfolipidi; un fosfolipide è una molecola antipatica, costituita da una regione idrofila e da una idrofoba. Nel modello a mosaico fluido, la membrana è un mosaico di molecole proteiche immerse in un doppio strato fluido di fosfolipidi. I fosfolipidi e alcune proteine si muovono lateralmente all’interno della membrana. Molto raramente un lipide potrebbe ribaltarsi trasversalmente (movimento di flip-flop) attraverso la membrana, passando da uno strato fosfolipidico all’altro. Le code idrocarburiche insature di alcuni fosfolipidi mantengono la fluidità della membrana alle basse temperature, mentre il colesterolo causa effetti differenti sulla fluidità della membrana alle diverse temperature: a temperature relativamente elevate riduce la fluidità delle membrane, limitando il movimento dei fosfolipidi; tuttavia, è anche in grado di ridurre la temperatura di solidificazione delle membrane. Dunque, il colesterolo, svolge un ruolo di modulatore della fluidità di membrana opponendosi ai cambiamenti di fluidità indotti dalle variazioni di temperatura. Le proteine integrali sono completamente immerse nel doppio strato lipidico; la maggior parte sono proteine transmembrana che attraversano tutto lo spessore della membrana. Le proteine periferiche, invece, non sono immerse nel doppio stato lipidico. Le funzioni svolte dalle proteine di membrana comprendono il trasporto, l’attività enzimatica (per la catalisi di reazioni intra- o extra-cellulari), la trasduzione del segnale, il riconoscimento fra cellule, l’adesione intercellulare e l’ancoraggio al citoscheletro e alla matrice extracellulare. Il riconoscimento e l’adesione cellulare sono determinate soprattutto dai carboidrati della superficie cellulare: i glicolipidi sono legate covalentemente a molecole lipidiche; la maggior parte dei carboidrati risulta legata a proteine che vengono perciò dette glicoproteine. Gran parte dell’organismo è costituita da fluidi distinguibili in due compartimenti: • Fluido intracellulare: rappresenta i 2/3 dei fluidi totali; è contenuto all’interno delle cellule (citosol) • Fluido extracellulare: è presente negli spazi microscopici fra cellule adiacenti per cui viene detto anche fluido interstiziale I fluidi sono soluzioni acquose di gas, nutrienti, ioni e altre sostanze alla vita. Alcune proteine di trasporto, note come proteine canale, svolgono la loro funzione formando un canale idrofilo utilizzato come un tunnel da alcune molecole o ioni monoatomici per attraversare la membrana. In certe cellule, l’attraversamento della membrana da parte delle molecole di acqua è facilitato dalla presenza di proteine di canale note come acquaporine; altre proteine di trasporto, note come trasportatori o carrier , racchiudono la specie che deve essere trasportata al loro interno e, grazie a un cambiamento conformazionale, la trasferiscono sull’altro lato della membrana. Le sostanze attraversano le membrane cellulari tramite processi passivi, detto anche trasporto passivo, in cui non viene utilizzata energia, se non quella cinetica, poiché segue il gradiente di concentrazione, che è la regione in cui la densità di una sostanza aumenta o diminuisce. Esso avviene: • Per diffusione: passaggio di sostanze da zone maggiore a zone minore di concentrazione fino a raggiungere l’equilibrio. Può essere semplice o facilitata. Quindi vi è il movimento del soluto da un comparto a maggior concentrazione a un altro con minor concentrazione • Per osmosi: passaggio passivo di acqua attraverso una membrana a permeabilità selettiva da un’area bassa ad un’area alta di concentrazione di soluto. Quindi vi è il movimento del solvente da un comparto a minor concentrazione a uno a maggior concentrazione Per spiegare il comportamento di una cellula in una soluzione bisogna considerare sia la concentrazione del soluto, sia la permeabilità di membrana. La tonicità di una soluzione è la capacità di una soluzione circostante di determinare il guadagno o la perdita di acqua da parte di una cellula: Se la soluzione all’esterno ha una maggiore concentrazione di soluto rispetto al citosol viene detta ipertonica quindi vedrà i suoi fluidi uscire all’esterno e raggrinzirà, l’acqua entra nella cellula se la soluzione ha una minore concentrazione di soluto viene detta ipotonica quindi l’acqua tenderà a gonfiare la cellula o addirittura farla scoppiare ed infine se le concentrazioni ai due lati sono uguali vengono dette isotoniche quindi il flusso di acqua in uscita è pari a quello in entrata e non avviene osmosi. In un tipo di trasporto passivo chiamato diffusione facilitata, una proteina di trasporto accelera il passaggio attraverso una membrana dell’acqua o di un soluto secondo il gradiente di concentrazione. I canali ionici, che sono proteine canale che trasportano ioni, possono anche essere canali ad accesso facilitato, che facilitano la diffusione degli ioni attraverso una membrana aprendosi o chiudendosi in risposta ad uno stimolo. Le sostanze, inoltre, attraversano le membrane cellulari tramite processi attivi, detto anche trasporto attivo, in cui si utilizza l’energia sotto forma di ATP per forzare la sostanza contro il gradiente di concentrazione. La pompa sodio-potassio scambia ioni sodio (Na+) con ioni potassio (K+) attraverso la membrana citoplasmatica delle cellule animali. La pompa protonica, invece, trasporta attivamente protoni all’esterno della cellula nelle piante, nei funghi e nei batteri. Gli ioni possono generare sia un gradiente di concentrazione (chimico), sia un gradiente elettrico (differenza di potenziale); questi due gradienti si combinano nel gradiente elettrochimico che determina la direzione netta della diffusione ionica. Le pompe elettrogeniche, come le pompe sodio-potassio e le pompe protoniche sono proteine di trasporto che contribuiscono alla formazione del gradiente elettrochimico. Il cotrasporto è il trasporto accoppiato di due soluti da parte di una proteina di membrana. Nell’esocitosi le vescicole di trasporto migrano verso la membrana plasmatica e si fondano con essa, liberando il loro contenuto all’esterno della cellula; nell’endocitosi la cellula assume dall’esterno macromolecole biologiche e piccole particelle attraverso la formazione di nuove vescicole che prendono origine dalla membrana citoplasmatica. I tre tipi di endocitosi sono: • Fagocitosi: una cellula racchiude una particella estendendo gli pseudopodi attorno ad essa e impacchettandola in un vacuolo alimentare • Pinocitosi: sistema di trasporto aspecifico che consiste nell’incorporazione di goccioline di liquido extracellulare all’interno di piccole vescicole • Endocitosi mediata da recettore: pinocitosi particolare che consente di assumere notevoli quantità di sostanze specifiche Introduzione al metabolismo. L’insieme delle reazioni chimiche di un organismo è detta metabolismo. Una via metabolica inizia con una specifica molecola che viene modificata attraverso una serie di tappe distinte, fino alla sua trasformazione in un determinato prodotto; le vie metaboliche possono essere cataboliche se demoliscono molecole liberando energia, oppure, anaboliche se sintetizzano molecole consumando energia. L’energia è la capacità di produrre un cambiamento. L’energia può essere: • Cinetica: quando un oggetto in movimento possiede una forma di energia • Termica: è l’energia cinetica risultante dal movimento caotico di atomi e molecole; l’energia cinetica che si trasferisce da un corpo all’altro è chiamata calore • Potenziale: un oggetto a riposo, apparentemente inerte, può possedere energia • Chimica: depositata nella struttura delle molecole La termodinamica è lo studio delle trasformazioni dell’energia che si verificano in un campione di materia. La prima legge della termodinamica, o della conservazione dell’energia, afferma che l’energia non può essere né creata, né distrutta, ma soltanto trasferita o trasformata. Ma se l’energia non può essere distrutta perché gli organismi non possono limitarsi a riciclarla più volte? In ogni trasferimento o trasformazione di energia una parte dell’energia in gioco diviene inutilizzabile per compiere lavoro. La seconda legge della termodinamica afferma che qualsiasi trasformazione spontanea, che non richiede apporto di energia dall’esterno, si accompagna a un aumento dell’entropia (disordine) dell’universo. L’energia libera è quella porzione di energia di un sistema che può essere utilizzata per compiere un lavoro quando la temperatura e la pressione si mantengono costanti in tutto il sistema. Il cambiamento di energia libera ∆G, può essere calcolato applicando la seguente formula: ∆G = G stato finale – G stato iniziale; ogni processo spontaneo diminuisce l’energia libera del sistema, e i processi che decorrono con ∆G pari a zero o positiva non sono mai processi spontanei. Al contrario, quando un processo avviene spontaneamente in un sistema, il valore del corrispondente ∆G è negativo. Una reazione esoergonica procede con liberazione di energia libera e poiché la miscela di reazione perde energia libera, il valore di ∆G di una reazione esoergonica è negativo. Al contrario, una reazione endoergonica assorbe energia libera dall’ambiente poiché questo tipo di reazione deposita energia libera nelle molecole dei prodotti, il valore di ∆G è positivo. Una cellula compie tre tipi di lavoro: • Chimico: necessario per reazioni endoergoniche che non avverrebbero spontaneamente quali la sintesi dei polimeri a partire da monomeri • Di trasporto: quale il passaggio di sostanze attraverso le membrane in direzione opposta a quella del movimento spontaneo mediante meccanismi di pompaggio • Meccanico: come il battito delle ciglia, la contrazione delle cellule muscolari e il movimento dei cromosomi durante la riproduzione cellulare L’accoppiamento energetico è una caratteristica del modo in cui le cellule utilizzano le loro riserve di energia per compiere lavoro sfruttando un processo esoergonico per farne avvenire uno endoergonico. L’ATP (adenosina trifosfato) è la molecola responsabile della maggior parte delle reazioni di accoppiamento energetico, ovvero lo sfruttamento di un processo esoergonico per farne avvenire uno endoergonico ed agisce da fonte energetica immediata che alimenta il lavoro cellulare. Contiene lo zucchero ribosio legato alla base azotata adenina e a una catena di tre gruppi fosfato (gruppo trifosfato). L’ATP compie lavoro attraverso il trasferimento di un gruppo fosfato dall’ATP a qualche molecola accetrice rendendola più stabile e attraverso il cambiamento della forma della proteina che influisce sulla sua capacità di legare altre molecole.