Scarica biologia molecolare di base e più Dispense in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! 9 CAPITOLO 2 2.1. La composizione in basi del DNA: regole di Chargaff. Si è visto che l’esperimento di Meselson e Stahl si basava su una tecnica in cui si distinguevano molecole di DNA che differivano per la densità relativa; tali differenze erano dovute al fatto che esse contenessero 14N o 15N. La presenza di un neutrone in più nel nucleo di 15N determina un aumento di massa atomica di circa 1/14 rispetto a 14N, restando praticamente invariato il volume dell’atomo; perciò, le molecole contenenti l’isotopo “pesante” hanno maggiore densità. Se estraiamo il DNA da fonti biologiche diverse, il DNA con maggior contenuto percentuale di G+C ha anche maggiore densità di galleggiamento in gradienti di CsCl. Per capire l’origine di tale fenomeno, basta guardare la struttura delle coppie di basi (l’ossatura deossiribosio-fosfato è uguale per tutte le coppie): osserviamo con attenzione i gruppi che sporgono nel solco minore e in particolare quelli portati dagli atomi in posizione 2 sia delle purine che delle pirimidine. Nella coppia A:T (o T:A) il C-2 dell’adenina porta solo un atomo di idrogeno, mentre nella coppia G:C (o C:G) il C-2 della guanina porta un gruppo -NH2 che forma un legame a idrogeno con il C=O della pirimidina (sia timina che citosina hanno questo gruppo in posizione 2). Poichè la “larghezza” della coppia, ossia la distanza tra i due C-1’ dei residui di deossiribosio, è uguale per tutte le coppie di Watson-Crick, la densità di materia nei due tipi di coppia è diversa. Negli anni ’40, il biochimico Erwin Chargaff sottopose ad analisi quantitativa il contenuto in basi di diversi campioni di DNA, notando alcune regolarità tra i loro rapporti molari. Fu seguendo queste osservazioni che Crick riuscì a intuire l’appaiamento G:C e A:T che gli permise di arrivare al famoso modello della doppia elica. I rapporti tra basi nel DNA a doppia elica sono infatti riassunti dalle regole di Chargaff: 1) La quantità molare complessiva di purine è uguale a quella di pirimidine; 2) Il contenuto molare di G è uguale a quello di C, quello di A è uguale a quello di T; 3) Il rapporto molare (G+C)/(A+T) è costante nella stessa specie (in diverse cellule dello stesso organismo), ma può essere diverso da una specie all’altra. Proprio in base a queste differenze (e ad altre che vedremo in seguito) è possibile separare tra loro molecole di DNA a diversa composizione in basi (che di necessità avranno anche sequenze diverse, mentre un’uguale composizione percentuale non significa che vi sia identità di sequenza). La separazione in base alla densità di galleggiamento del DNA avviene indipendentemente dalla grandezza delle sue molecole (ossia dal peso molecolare o dalla lunghezza della sequenza). Quando si estrae il DNA con le tecniche usuali, tuttavia, esso facilmente si frammenta e quindi si presenta come un miscuglio di diversi tipi di molecole; se la loro composizione percentuale in basi è abbastanza diversa, si osserveranno bande o picchi distinti nel gradiente di CsCl, anche per il DNA estratto dallo stesso tipo di cellula. Ciò avviene per il DNA eucariotico, dove alcune bande secondarie assai strette si distinguono dal profilo principale: esse sono dette DNA satellite. In certi casi, si possono notare molecole che sono fisicamente distinte anche nella cellula, ad esempio i plasmidi, che si trovano separati dal DNA genomico in una cellula batterica; essi possono avere composizioni percentuali in basi diverse da quello genomico e talvolta sono presenti in copie molteplici, per cui la loro quantità in peso è talvolta non trascurabile rispetto al DNA genomico. 2.2. Preparazione del DNA su gradiente di saccarosio. La centrifugazione isopicnica è un metodo all’equilibrio; vi è però anche la possibilità di separare tra loro molecole o particelle basandosi su un altro principio e quindi sfruttando diverse proprietà chimico-fisiche di tali oggetti. Questo si realizza nei metodi di sedimentazione in velocità (in inglese: rate-zonal centrifugation), nei quali la separazione avviene durante il movimento delle particelle nel campo centrifugo. Poichè sono le proprietà idrodinamiche a entrare in gioco, la 10 velocità di sedimentazione dipenderà dalla massa e dalla forma delle particelle e non più dalla loro densità (ovviamente, questa dovrà essere sempre diversa da quella del mezzo in cui le particelle sono sospese). Oggetti di massa maggiore sedimentano più velocemente; a parità di massa, un oggetto di forma sferica sedimenta più rapidamente di uno che ha forma allungata. Per separare tra loro molecole di DNA di massa o forma diverse, si ricorre spesso alla centrifugazione in gradiente di saccarosio. Il mezzo è costituito da un tampone contenente saccarosio a concentrazioni via via crescenti verso il fondo della provetta, ma il gradiente di densità non serve per una separazione isopicnica: in effetti, anche in fondo alla provetta, la densità della soluzione di saccarosio è inferiore a quella del DNA e questo precipiterebbe tutto sul fondo (a meno che non sia molto frammentato) se la centrifugazione fosse protratta fino all’equilibrio idrostatico. Il saccarosio serve invece: 1) a creare attrito crescente verso il fondo della provetta, in modo che le molecole sedimentino tutte senza accelerazione; 2) a evitare rimescolamenti delle bande durante la decelerazione della centrifuga e durante la raccolta del campione dopo la corsa. Ciò che si sfrutta è quindi la viscosità della soluzione di saccarosio che aumenta notevolmente con la concentrazione, e non la sua densità1. Si ricorre al gradiente perché le bande più veloci hanno meno attrito intrinseco e sono anche le più strette e intense (cioè meno slargate): esse mostrano quindi forti differenze di concentrazione lungo la direzione di sedimentazione e vi è bisogno di una maggiore viscosità del mezzo che si opponga alla diffusione delle molecole e al mescolamento delle bande. 2.3. L’esperimento di Kornberg: i filamenti della doppia elica di DNA sono antiparalleli. Il modello della doppia elica proposto da Watson e Crick nel 1953 indicava nella struttura del DNA due filamenti, ossia polimeri lineari in cui i nucleotidi sono legati uno all’altro da legami fosfodiestere orientati (dal carbonio 3’ di un nucleotide a quello 5’ del successivo, e così via), in orientamento opposto uno all’altro nella doppia elica (orientamento antiparallelo). Questo dettaglio non era (allora) deducibile dai dati sperimentali di diffrazione dei raggi X, ottenuti su fibre di DNA e non risolti a scala atomica: quello che risultava evidente era la presenza di una struttura periodica a forma di elica e la stessa posizione delle basi rispetto all’asse dell’elica non era ben definita. Crick (che inizialmente fece un modello con le basi esposte al solvente e i gruppi fosfati all’interno dell’elica legati con cationi divalenti) sfruttò in seguito le regole di Chargaff per stabilire una corrispondenza tra coppie di basi e quindi intuì che esse si legavano tra loro, stando all’interno dell’elica; ma l’ottimizzazione dei legami a idrogeno di G con C e di A con T si aveva solo in un modello a filamenti antiparalleli. Un tratto di polinucleotide (singolo filamento) può essere così schematizzato: P PP P P P 1' 3' 5' 5' 5' 5' 5' 5' 3' 3' 3' 3' 3' 1' 1' 1' 1' 1' A C A T G C (i numeri degli atomi di C del pentosio sono indicati per chiarezza, ma di solito vengono omessi) 1 Vedi la figura alla fine del file “BiologiaMolecolare2_Appendice.pdf”. 13 Le sequenze ripetute, dirette o invertite, si possono presentare però anche separate da un notevole numero di coppie di basi: in questo caso, esse possono fungere da segnali per siti di ricombinazione specifica. E’ quanto avviene nei trasposoni, gli elementi genetici trasponibili, oppure nei genomi fagici integrati nel DNA dell’ospite (stato di profago). Se una certa sequenza è ripetuta alle estremità di un dato segmento di DNA, i filamenti possono essere scambiati tra due tratti di doppia elica quando i due elementi di sequenza sono affiancati in orientamento concorde; se la ripetizione è invertita, la ricombinazione tra i due siti produce una inversione del segmento di DNA interposto, se invece è diretta si ha la formazione di un circolo di DNA (risoluzione) dal segmento interposto e la saldatura dei due tronconi entro i quali era collocato. CAPITOLO 3 3.1. Le conformazioni del DNA. I polinucleotidi possono esistere in soluzione in una varietà di conformazioni diverse. Quando due polinucleotidi (a singolo filamento) presentano sequenze complementari in senso antiparallelo, essi formano strutture a doppia elica. Strutture parziali di questo tipo possono generarsi all’interno di un singolo filamento (ripiegato su se stesso) se vi sono regioni a simmetria diadica (palindromi) di una certa lunghezza. Ricordiamo che, oltre al DNA a doppia elica, nelle cellule si possono formare strutture transitorie a doppia elica ibrida (DNA-RNA). Strutture a doppia elica sono presenti inoltre negli RNA a singolo filamento, mentre in certi virus (Reovirus) il genoma è costituito da molecole di RNA a doppia elica. Il DNA a doppia elica, quando isolato e studiato con metodi di diffrazione dei raggi X o con metodi spettroscopici, può presentarsi in diverse conformazioni, dette forme; ne prenderemo in esame solo tre, che hanno maggiore rilevanza biologica: la forma A, la forma B e la forma Z. Le prime due non dipendono da una particolare composizione o sequenza in basi, anche se i loro dettagli ne possono essere influenzati, e in realtà possono essere convertite una nell’altra (allo stato isolato) da una variazione dello stato di idratazione: al di sopra di un’umidità relativa del 70%, si osserva la forma B, mentre al di sotto di tale valore le fibre o i cristalli si convertono alla forma A. La forma Z ha invece caratteristiche che richiedono una certa composizione in basi e una certa loro disposizione in sequenza; essa si può formare sotto certe condizioni ambientali della soluzione di DNA a partire dalla forma B. Si ritiene che, salvo casi particolari, la forma B del DNA a doppia elica sia quella attiva nel materiale genetico. Essa è caratterizzata dai seguenti parametri geometrici: il periodo o passo dell’elica (ossia la distanza tra due coppie di basi separate da una rotazione di 360° lungo l’elica), è in media 34 Å, ed è formato da circa 10 coppie di basi, cosicché ogni coppia di basi si innalza sulla precedente di circa 3,4 Å (3,32 Å, misurato su un dodecamero sintetico cristallino) e ruota rispetto ad essa di circa 36° intorno all’asse dell’elica. Guardando lungo l’asse, tale rotazione avviene in senso orario cioè destrorso. Il valore di quest’angolo, tuttavia, non è costante, variando in più o in meno anche di 8° a seconda delle due coppie di basi tra le quali avviene la rotazione. Anche l’inclinazione del piano delle coppie di basi rispetto a quello perpendicolare all’asse dell’elica (valore medio intorno a –1°) può cambiare di diversi gradi, conferendo al DNA in forma B una piegatura dipendente dalla sequenza. Questa forma del DNA è quindi tutt’altro che regolare: in certi tratti, la sequenza fa sì che l’asse dell’elica presenti curvature pronunciate, con cambiamenti di direzione che arrivano a 30° o 40°. Inoltre, la conformazione B del DNA è abbastanza flessibile e varia con le interazioni con altre molecole (enzimi che agiscono su di esso, fattori proteici di controllo della replicazione o della trascrizione, proteine di legame tipo istoni, ecc.). Una simile flessibilità non si riscontra invece nelle altre forme (A e Z), che sono molto più regolari e rigide. La struttura a doppia elica è caratterizzata dalla presenza di due solchi (o scanalature) tra le ossature zucchero-fosfato del filamento; nella forma B, uno di essi è decisamente più largo e 14 profondo dell’altro, per cui è abitudine consolidata chiamarli solco maggiore e solco minore (o scanalatura principale e scanalatura secondaria). Sui bordi dei solchi decorrono i legami fosfodiestere, che si trovano a minore distanza reciproca attraverso il solco minore, mentre sono più lontani tra loro attraverso il solco maggiore. Poiché la distanza tra i piani di due coppie è fra 3,3 e 3,4 Å (cioè, poco più della distanza di van der Waals per anelli aromatici eterociclici), la compattezza e la stabilità della doppia elica è determinata non solo dai legami a idrogeno tra le coppie di basi, ma anche dalle forze dei dipoli momentanei generati tra gli orbitali delle coppie di basi adiacenti (forze di impilamento o stacking forces). Per poter inserire anche un solo atomo di idrogeno tra una base e l’altra (a qualunque livello) occorre cambiare notevolmente la struttura della doppia elica, operando una transizione che assorbe energia. Anche vista lungo l’asse della doppia elica, la forma B è una struttura piuttosto compatta: infatti, poiché l’asse dell’elica passa nella zona in cui le basi formano i legami a idrogeno, le coppie proiettate lungo l’asse si sovrappongono senza lasciare varchi. Nella forma A, invece, l’asse decorre in una “cavità” centrale e non attraversa nessuna superficie di van der Waals. Lungo le scanalature (soprattutto quella principale, entro la quale sporgono maggiormente) si dispongono molti degli atomi delle coppie di basi a formare gruppi funzionali: una molecola di forma complementare al solco maggiore (o minore) potrebbe perciò “leggere” la sequenza delle basi senza separare i due filamenti. Infatti, ognuna delle quattro coppie di basi, definita dalla presenza di una base (A, C, G o T) su un filamento, presenta nei solchi una specifica successione di atomi o gruppi, se si segue la rotazione della doppia elica. La Tabella 3.I e la Fig. 3.1 mostrano tali successioni: come si vede, nel solco maggiore (che copre la maggior parte del perimetro di una coppia di basi) si possono individuare tre tipi di gruppi funzionali (h, n, o, cioè gruppi in grado di formare legami a H, e atomi di N e di O in grado di accettare quei legami) per ciascun tipo di base su un filamento, secondo 4 permutazioni; nel solco minore, le coppie G-C e C-G presentano ancora tre gruppi in due permutazioni, mentre le coppie A-T e T-A mostrano due gruppi nelle due possibili permutazioni (non sovrapposte ad alcuna successione interna alle permutazioni tipiche delle altre due coppie, sempre nel solco minore) e mostrano inoltre nel solco maggiore il gruppo metile di T. TABELLA 3.I Disposizioni dei gruppi n, o, h e del metile (M) nei solchi del DNA B ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ COPPIA DI BASI SOLCO MAGGIORE SOLCO MINORE A=T n h o M n o T=A M o h n o n GC n o h n h o CG h o n o h n Possiamo quindi concepire l’esistenza, ad esempio, di proteine dotate di un motivo strutturale di conformazione tale da potersi collocare per un certo tratto nel solco maggiore (o minore) del DNA; se tale motivo presenta residui amminoacidici che prendono specificamente contatto con una successione di coppie di basi, la proteina sarà in grado di riconoscere quel tratto di DNA, in quanto dotato di una sequenza precisa, legandovisi in maniera specifica. Possiamo anche prevedere che un polinucleotide (a singolo filamento) si possa “appaiare” al proprio filamento complementare che sta in una doppia elica, per poi spiazzare il “terzo” filamento; una leggera complicazione di questo meccanismo consente di accostare due doppie eliche che possono scambiarsi tratti di filamenti 15 omologhi. Questi due ultimi meccanismi di riconoscimento fanno intuire come possano avvenire gli eventi della ricombinazione tra molecole di DNA in base alle proprietà stereospecifiche del solco maggiore della doppia elica. COPPIA GC COPPIA A=T FIGURA 3.1– Il contorno nel solco maggiore e minore per ciascun tipo di coppie di basi. Per avere la disposizione dei gruppi funzionali nelle coppie con le basi invertite tra i due filamenti, è sufficiente ruotare la coppia di basi su un asse verticale passante per i legami a idrogeno.