Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

CAIROLI FULVIO GIULIANI- L'EDILIZIA NELL' ANTICHITÀ, Sintesi del corso di Rilievo

Sintesi coincisa, semplice e completa del testo del Giuliani, dove vengono esposte le metodologie di costruzione dell'antichità e i principali sistemi edilizi.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
In offerta
50 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 28/06/2020

MarziaCt
MarziaCt 🇮🇹

4.7

(21)

3 documenti

1 / 15

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica CAIROLI FULVIO GIULIANI- L'EDILIZIA NELL' ANTICHITÀ e più Sintesi del corso in PDF di Rilievo solo su Docsity! L’EDILIZIA NELL’ANTICHITÀ CAIROLI FULVIO GIULIANI INTRODUZIONE Inizialmente materie come architettura e archeologia non erano ancora ben definite e attingevano "personalità" da discipline diverse, oggi considerate anche distanti o contrastanti. Per questo si istituì la cattedra di Topografia Romana nella facoltà di Lettere della Sapienza di Roma (per volere dell'ingegnere Rodolfo Lanciani). L'attrito tra le due sezioni della materia, la parte tecnica e la parte teorica, si sviluppò a favore della seconda, in parte per via dell'impronta data alla materia e in parte per via della sede nella quale venne istituita. Presto però ci si rese conto che lo studio della parte materica del pezzo (lo studio del muro), spesso forniva più informazioni dei soli documenti, pertanto si sentì l'esigenza di organizzare e di mettere ordine nelle varie "tecniche edilizie" romane. Le prime nozioni ottenute divennero anche le uniche, la ricerca in questo senso subì un arresto poiché le informazioni ottenute erano sufficienti alle esigenze di catalogazione, inventariato, schedatura... Bisognerebbe invece riconsiderare l'attuale concetto di tecnica edilizia per identificare i supporti strutturali, utili alla comprensione e alla ricostruzione delle architetture antiche, capendo così l'incidenza che tali costruzioni hanno avuto nel passato, sia dal punto di vista economico che organizzativo. L'unico elemento a nostra disposizione per comprendere il nesso tra fonti e ricostruzione storica è l'analisi tecnica e strutturale dei monumenti. Lo stato di degrado dei monumenti obbliga spesso ad interventi repentini, eseguiti in molti casi prima ancora degli studi, la lentezza di questi ultimi porterebbe infatti a non avere più il pezzo da studiare per avvenuto crollo. Gli interventi che lasciano segni sul pezzo (restauro o scavi) hanno bisogno di una preparazione che gli studi possono evitare. Inoltre le profonde differenze tra archeologo, ingegnere e architetto, figure tutte ugualmente importanti ai lavori, portano spesso a incomprensioni e problemi che gravano sugli edifici. Queste divergenze nascono dalla distinzione che si fece tra archeologo (studioso di categoria A) e tecnico (studioso di categoria B). CAP. 1 : ALCUNE QUESTIONI PRELIMINARI 1. IL PROBLEMA DELLA CRONOLOGIA (quando e da chi?) La datazione dei pezzi su basi certe e uguali per tutti si fonda sul "metodo stilistico", che prende però in considerazione anche aspetti tecnici. La cronologia dell'edilizia antica pone molti problemi poiché lo studio delle strutture murarie è quello nato per ultimo, questo perché la cronologia di ogni costruzione ha due tempi diversi: quella della progettazione e quella dell'esecuzione. Le cose si complicano ulteriormente se si considera che questo metodo è principalmente applicato alle decorazioni, che spesso mancano o sono state inserite in tempi successivi alla creazione del pezzo In realtà, trattare la decorazione non vuol dire studiare l’architettura, ma bensì una sua singola parte. Quello dell’edilizia è il campo che meno si presta alla determinazione della “datazione assoluta”: basta pensare all’ampiezza del periodo di costruzione, che anche ipotizzando sia avvenuta senza interruzioni, può comprendere davvero tanti anni. Difatti non si considera un determinato anno, ma un periodo di costruzione. TERMINUS ANTE QUEM= “data prima della quale”. Indica un limite temporale posteriore per la datazione di un evento, di un'opera, di un manufatto o di una struttura. Si riferisce alla data prima della quale qualcosa è accaduto. Per esempio: le pitture di Pompei sono state dipinte tutte prima del 79 d.C. TERMINUS POST QUEM=” data dopo la quale”. Indica un limite temporale anteriore per la datazione di un evento, di un'opera, di un manufatto o di una struttura. Si riferisce alla data dopo la quale qualcosa è accaduto. Per esempio: l’Anfiteatro Flavio è stato costruito dopo l’incendio del 64 d.C. Datare l’edificio costruito vuol dire anche collocare nel tempo il quadro tecnologico che lo rese possibile, datare il progetto vuol dire stabilire anche il momento in cui nacquero le concezioni spaziali che informarono la fabbrica. Il difficile, spesso impossibile, è stabilire quali furono le caratteristiche del progetto originario dell’edificio, poiché le variabili sono troppe, includendo i cambiamenti dovuti nel tempo ma anche i banali ripensamenti in corso d’opera. Per arrivare alla cronologia di un edificio esistono differenti metodi/vie: 1. Quella stilistica, che si fonda sulla considerazione del dettaglio decorativo. 2. Quella basata sull’aspetto tecnico esteriore, delle murature confrontato con quello dei monumenti di datazione ritenuta certa da fonti letterarie, iconografiche, ecc 3. Quella filologica, che si articola soprattutto sulla testimonianza preziosissima delle diverse fonti epigrafiche, letterarie, iconografiche ecc. Talvolta, però, questo metodo è applicato senza considerare la veridicità che il documento parli proprio di quell’edificio. 4. Quella associativa, basato sul confronto con altre strutture o manufatti già datati 5. Quella tecnologica, che ricorre a differenti tipi di analisi. 6. Quello, il sistema più ovvio, legato allo scavo stratigrafico, che è in grado di offrire l’associazione di indizi più completa per la definizione dell’inizio della vita funzionale dell’edificio. In quest’ambito è importante l’impiego di saggi finalizzati alla definizione di problemi strutturali che, se ben condotti, sono spesso in grado di agevolare la definizione della cronologia. I metodi precedentemente descritti però non sono esenti da critiche. Essi infatti presi singolarmente non assicurano un risultato valido in assoluto. Ognuno di questi ha una sua validità relativa ed è la loro combinazione aumenta la probabilità che ci si avvicini al vero. 1. Quello stilistico rimane molto soggettivo e scarsamente incidente per l’architettura romana che scindeva la struttura dalla decorazione. 2. Quello tecnico, basato solo sullo stile delle superfici delle murature, non riesce a staccarsi dalla superficie della struttura e quindi procede anch’esso, in un certo senso, su basi stilistiche applicate però alla cortina muraria. 3. Quello filologico è basato sull’evidenza delle fonti, esso però, se scisso dalle conoscenze tecniche porta spesso a far dire ai resti monumentali cose errate. 4. Quello associativo basato sul confronto corre il rischio di riferirsi a modelli non datati correttamente. 5/6. Offrono maggiore affidabilità a patto che se ne faccia un uso corretto e consapevole. È chiaro che nessuno di questi metodi offre una soluzione assoluta la problema pertanto, l’unico strumento al momento disponibile a noi, risulta essere la “logica strutturale” dell’ossatura costruttiva. Essa, vincolata per com’è dalle leggi della fisica e da quelle economiche, diventa un riferimento prezioso nell’applicazione dei metodi sopra esposti. (La datazione cronologica che possiamo effettuare è solo relativa, non assoluta). 2. L’ ANALISI DEL MONUMENTO (Come e perché?) – Processo Indiziario L’ analisi tecnica del monumento non serve alla descrizione, il suo scopo è invece quello di stabilire il carattere, la funzione, l’essenza e la possibilità di ricostruzione (teorica e pratica) di resti edilizi antichi. Riuscire a stabilire l’entità d’origine di una struttura architettonica vecchia di due milioni non è facile e può diventare un impresa disperata, non tutti i resti edilizi possono infatti essere oggetto d’analisi. Per questo bisogna che si conservi una parte che premetta, attraverso i segni che reca in sé, una ricostruzione, una lettura che vada oltre la semplice notazione della sua esistenza. In altre parole, un masso di due metri cubi di conglomerato informe e di materiale usuale potrà servire nella definizione di un quadro topografico, ma non sarà di alcuna utilità per l’analisi dei monumenti, invece, un elemento come la pavimentazione può essere prezioso. 3. CONSIDERAZIONI GENERALI SULLE STRUTTURE Un tronco poggiato con le estremità su due pietre è capace di sostenere carichi, fisso o accidentali, lavorando a pressoflessione. Ciò corrisponde al principio fondamentale dello schema Trilitico, formato appunto da due elementi verticali (ritti, pilastri, piedritti) distanziati e un terzo elemento poggiato orizzontalmente (detto architrave, o giogo). Questo antico sistema ripetuto nella sua composizione, a formare quasi uno scheletro, creava dei vuoti che possono essere riempiti di materiali diversi (mattoni, pietre a secco, rami intrecciati) a formare una lastra/parete. Gli spazi, quando lasciati vuoti, divengono finestre o porte. Questo metodo in sostanza permetteva la creazione di una struttura portante sollecitata a flessione e temperature.  L'arco a sesto acuto presenta differenti vantaggi rispetto all'arco a tutto sesto, in particolare la risultante delle spinte dovute al peso proprio e ai carichi gravanti su di esso cade molto più vicino alla base del piedritto; con ciò si può fare a meno dei grossi spessori murari che fungevano da contrafforte.  Un altro notevole vantaggio è la possibilità di realizzare volte a crociera ogivali capaci di coprire anche piante rettangolari, inoltre rispetto all'arco a tutto sesto, a parità di lunghezza della corda, si ha un'apertura più alta e slanciata. Quest'insieme di nuove tecniche costruttive modificò la fisionomia degli edifici, che divennero proiettati verso l'alto, come le famose cattedrali di quel periodo. Ebbe notevole sviluppo nell'architettura gotica. Abbiamo dunque capito che la copertura delle luci in uno spazio era pari alla capacità di resistenza del materiale adoperato e ch, il superamento di questo limite si ottenne solo con un diverso modo di scaricare le spinte a terra o con espedienti tipo l’arco. Ogni organismo architettonico è sempre alla ricerca del proprio equilibrio, che raggiunge quando la resistenza della struttura è superiore alla sollecitazione dei carichi gravanti. I carichi gravanti si distinguono in differenti tipi:  Carichi permanenti, che hanno carattere di continuità perché interni alla costruzione stessa, arredi fissi ecc... e sono dovuti al peso proprio della struttura portante ed a quello della parte decorativa e di rifinitura.  Carichi accidentali, che sono invece discontinui, poiché estranei all’organismo. Si tratta di quelli determinati da movimenti del terreno, sia lenti sia rapidi (frane, smottamenti, terremoti), agenti atmosferici (vento, neve, acqua), mobili, persone ecc. Altri concetti riferibili al carico delle costruzioni sono:  Carico di sicurezza, che si ha quando la somma dei carichi permanenti e di quelli accidentali resta al di sotto della capacità di resistenza del materiale;  Carico concentrato, che è quello esercitato sulla struttura da elementi a sezione ristretta (colonna, pilastro, parete divisoria su un solaio ecc).  Carico ripartito, che riguarda le forze distribuite su larghe superfici (il peso proprio della struttura);  Carico uniformemente ripartito, che è invece un concetto teorico, a cui si ricorre nella formulazione di ipotesi.  Carico di punta, che si ha quando il peso si esercita su un solido snello, cioè fortemente sproporzionato nel rapporto tra sezione trasversale ed altezza. Il suo limite varia dal materiale.  Carico dinamico, cioè sismi ed altre cause indotte. Quella della resistenza dei materiali è un tema di cui si occupa la Scienza delle Costruzioni. Il principio fondamentale, largamente riscontrabile nella realtà, è che ogni solido materiale, sottoposto a sollecitazioni esterne, tende a deformarsi. La deformazione attraversa 3 fasi principali:  Fase elastica, quando il solido sollecitato è capace di riassumere la forma primitiva.  Fase plastica, in cui il solido è incapace di riprendere la forma originale e resta tutto o in parte deformato.  Fase di frattura, che va alla totale deformazione. Difatti tutti i materiali, anche quelli che noi consideriamo rigidi, sono deformabili. Le deformazioni possono aversi per:  Trazione, quando si ha l’elongazione del solido per allontanamento delle singole sezioni.  Compressione, quando si ha la contrazione per il fenomeno contrario. La comprensione genera lezioni iperboliche dirette e inverse, prismatiche, con o senza espulsione di materiale.  La Torsione, quando la rotazione si riferisce ad un asse che giace sulla sezione.  La Flessione, quando la rotazione delle sessioni avviene rispetto ad un asse perpendicolare alle sezioni medesime. Siccome ogni solido, per natura, tende a mantenere la sua forma, le alterazioni di questa provocano una reazione che si risolve in tensioni interne. Esse sono presenti anche quando la sollecitazione resta al di sotto del limite di elasticità. Difatti anche un architrave in pietra, anche se non sembra, si deforma minimamente, ed al suo interno le tensioni definiscono una zona in trazione, un asse neutro ed una zona in compressione. Le differenti sollecitazioni si risolvono in: a) Compressione-Trazione, per cui se immaginiamo un parallelepipedo sollecitato da una sola forza uniforme, perpendicolare alla sezione di appoggio, il solido tende a contrarsi per compressione. Se lo stesso solido viene sollevato per l’estremità superiore il suo stesso peso lo erogherà per trazione. b) Flessione, torsione, per cui se immaginiamo un parallelepipedo sollecitato da una coppia di forze ne risultano tensioni disomogenee che provocano flessione (se le due forze giacciono su un piano longitudinale e perpendicolare a quello delle sezioni), o torsione (se giacciono su un piano trasversale e parallelo a quello delle sezioni. c) Taglio-flessione, se il carico è trasversale alla sezione e passa per il baricentro. d) Pressoflessione-taglio, per cui se la sollecitazione ha un andamento inclinato rispetto al piano delle sezioni si possono avere contemporaneamente compressione, flessione o taglio. Un corpo nello spazio ha 6 gradi di movimento: tre traslazioni, secondo gli assi x,y,x, e tre rotazioni. Per impedire questi movimenti servono 6 vincoli, a cui corrispondono da parte del corpo altrettante reazioni vincolari. Nell’edilizia, dunque, vi sono tre possibilità di movimento e altrettanti tipi di vincoli:  Appoggio semplice, il più noto, che si ha nel sistema trilitico e si oppone alla sola traslazione dell’architrave nella direzione perpendicolare al piano di appoggio.  Cerniera, che è un vincolo doppio (x e y) che consente la rotazione.  Incastro, che si oppone a tutte e tre le libertà del solido giacente su un piano, quindi è un vincolo triplice, è costituito da tre appoggi semplici e contrasta con le due traslazioni e la rotazione. CAP. 2 ELEMENTI CHE INGLUENZANO LA LETTURA DELLE STRUTTURE 1. LA GESTUALITA’ O SERIAZIONE PROGETTUALE Il percorso della progettazione, al contrario di quando siamo abituati a fare esaminando un edificio, procede di necessità dall’alto verso il basso, quindi: copertura --> alzati --> fondazioni Naturalmente si progetta come prima idea l’edificio in sé, poi si passa a dettagliare la copertura e così via. Leon Battista Alberti pose il problema in modo chiarissimo riguardante l’importanza primaria della copertura. Difatti è proprio la copertura a determinare la scelta del materiale, la direzione delle spinte, la loro entità ecc. Vitruvio già in antichità sconsigliava l’uso nelle malte della sabbia marina, poiché inadatta a sostenere le volte. Inoltre, le leggi della statica restano valide per qualunque epoca. D’altra parte sappiamo che greci e romani affrontavano il tema progettuale con strumenti assai simili ai nostri. Basti ricordare Vitruvio, che ce ne convince affermando difatti che: << i mezzi di rappresentazione del progetto sono tre: pianta, alzato e prospetto. La pianta comporta il giusto uso del compasso e della riga e da essa si ricavano le forme delle aree in piano. Il prospetto è la forma della facciata delineata con le proporzioni che dovrà avere l’opera. Il disegno prospettico è lo schizzo della facciata e dei lati in obliquo >>. Vi è particolare riferimento alla rappresentazione attraverso il disegno prospettico, che testimonia come fosse normale l’uso della raffigurazione tridimensionale naturalistica e quindi comprensiva delle deformazioni ottiche più o meno corrette. Si cercava di mostrare al committente come si sarebbe presentato l’edificio quasi con intenzione impressionistica. Per avere un nuovo concetto bisognerà attendere il XV secolo. Un ulteriore problema era la rappresentazione degli alzati, i quali hanno bisogno di molti elaborati grafici sia di massima che di dettaglio, uso questo, sicuramente poco comune all’epoca. Vitruvio cita molti esempi nei quali gli alzati venivano ricavati dalle misure della pianta, questo sistema eliminava molti degli inconvenienti che potevano esserci nel non utilizzo della scala di riduzione. In antichità veniva adoperato un modello per verificare la stabilità dell’edificio, che non poteva tenere conto del rapporto tra dimensioni e caratteristiche dei materiali. L’eccessiva fiducia in tale modello, portò molte volte a disastri strutturali in corso d’opera, si dovette aspettare Galileo Galilei per avere una vera e propria Scienza delle costruzioni, rifiutando i valori del modello. 2. I PRECETTI COSTRUTTIVI Grande attenzione veniva posta dagli antichi allo studio dell’esposizione, sia per il sole che per i venti. Particolarmente esplicativo è il brano di Calumella, nel quale vengono descritte disposizioni e misure di ogni stanza della casa, dalle camere alle stalle. 3. STRUTTURE PORTANTI E DECORAZIONI Nelle strutture romane solo in alcuni edifici, come il tempio, vi è un’identità tra struttura e decorazione, mentre nell’edilizia greca è molto più chiaro. Spesso infatti, le ragioni che portano alla stabilità di un edificio sono diverse da quelle che appaiono. Per questo distacco tra decorazione e struttura, i decori sono spesso forvianti per la definizione della cronologia del pezzo, essendo essi, in molti casi, non solo di epoche differenti alla struttura, ma anche di progettisti e maestranze differenti. 4. LA CONTINUA RICERCA DI EQUILIBRIO Ogni edificio è, per forza di cose, un organismo instabile, è facile pensare che quanto più è lunga la vita di una struttura, quante più siano le sollecitazioni alle quali è esposta. Queste lesioni sono di varia consistenza, ma, esse sono sempre effetto di cause precise e, il loro studio, può portare all’individuazione di quelle cause. Inoltre quanto più le lesioni sono antiche, tanto più permettono l’individuazione di importanti osservazioni sulla storia del pezzo (interventi di consolidamento, ricostruzioni postere al progetto originale…) 5. SQUILIBRI DI CARICO PER CAMBIAMENTI DI FUNZIONE Un edificio è quasi sempre soggetto a cambi d’uso, questi cambi portano spesso a ristrutturazioni consistenti che cambiano il regime dei carichi permanenti e accidentali. Questi mutamenti di carico possono essere causati anche da un cambiamento di condizioni del giacimento e del piano fondale. 6. LE DUE VITE DELL’EDIFICIO La vita di un edificio si può suddividere in due parti: -Quella precedente al collaudo (vita di cantiere); di norma brevissima rispetto alla seconda, anche quando la costruzione segue tempi molto lunghi. -Quella successiva al collaudo (vita funzionale); comprende tutte le vicende successive alla costruzione, incluso il passaggio a rudere. Comprendere i segni del cantiere è importantissimo, non solo per la definizione della cronologia, ma anche per evitare di scambiare segni di lavori (passaggi creati per facilitare lo spostamento degli operai, fosse dove spegnere la calce…), con segni effettivi utili alla costruzione. 7. DEFORMAZIONI DOVUTE ALL’ESCURSIONE TERMICA I cambiamenti climatici provocano sempre delle deformazioni, negative o positive, nelle strutture. Il fenomeno è amplificato se si pensa a strutture come ponti o acquedotti che, essendo costruzioni collocate interamente all’esterno, subiscono variazioni di temperature giornaliere. A parità di problemi le soluzioni variano in base alla tecnica e al materiale adoperati. Inoltre bisognava tenere conto della stagione nella quale veniva creata l’opera, e di conseguenza dei tempi di asciugatura dei materiali, dello spessore dei muri, dei giunti adoperati e delle rifiniture che si volevano applicare. L’arco per eccellenza è quello a blocchi. Per comprenderne il funzionamento bisogna ricordare il cuneo, perché esso stia in equilibrio è necessario che le forze che agiscono sui suoi lati stiano alla forza motrice (il peso) come la lunghezza del lato sta alla base. Il concio data la forma di prisma triangolare si pone nelle stesse condizioni del cuneo. Le spinte sugli archi contigui risultano prossime alla verticalità, mentre nelle colonne esterne restano squilibrate dalla spinta obliqua proveniente da un solo lato, per questo la sezione del piedritto deve essere maggiore di quella dell’arco, così da accogliere la risultante obliqua delle forze. La diversità di comportamento dell’arco rispetto all’architrave ne derivò un maggiore libertà della scelta del materiale che porto a diverse tecnologie di applicazione: -estradosso: con profilo estradosso parallelo all’intradosso, dove manca un vero collegamento tra arco e parete. -a conci pentagoni: che permette un ottimo collegamento con la parete. Diventa pseudoestradosso quando sulla superficie dei conci si ricava una cornice curva aggettante con finalità puramente estetiche. -a conci a martello: comporta più lavoro senza un reale incremento della resistenza rispetto a quello a conci pentagoni. Per quanto riguarda l’aspetto esteriore si hanno: -ghiera in piccoli conci. Generalmente composto da conci di tufo o calcare. La struttura del nucleo presenta conglomerati di pietrame di dimensioni maggiori rispetto al normale calcestruzzo, disposti radialmente a formare un vero e proprio arco. -ghiera in laterizio: la struttura interna non era interessata interamente da mattoni, che venivano adoperati a fette e quindi coprivano poco del nucleo, ogni tanto però si intervallavano mattoni interi che irrobustivano il nucleo specialmente nell’avvicinarsi alla chiave dell’arco. -ghiera in laterizio e blocchetti: si costituisce di un nucleo interno e due ghiere di blocchi. Per via di questa composizione spesso, in momento di presa poteva le ghiere potevano distaccarsi dal nucleo, essendo meno compressibili, ciò però non determinava forzatamente il crollo dell’arco. L’arco in muratura poteva subire un distaccamento delle ghiere esterne, per contrastare questo fenomeno si adoperava una robusta muratura di rinfianco. Gli acquedotti e i ponti erano sempre costituiti da archi di piccole campiture e da piloni molto grandi questo perché, innanzi tutto gli archi maggiori sono e più sono soggetti a sollecitazioni, e inoltre le restrizioni edilizie impedivano di realizzare fondazioni profonde come quelle richieste da piedritti molto alti. -L’arco di scarico o sordino: è un piccolo arco posto nello spessore di un muro che convoglia i carichi sovrastanti su piedritti adeguatamente separati, proteggendo le zone più delicate. Molti autori sostennero l’inutilità di questo arco poiché, con la completa presa delle pareti, diventando un monolite, esso perde gran parte delle sue funzioni. Va comunque considerato che: 1. I muri mettono anche anni a prendere completamente. 2. Proprio durante la presa il ritiro delle malte provoca molte lesione che senza l’arco di scarico potrebbero portare al cedimento della struttura. 3. Considerando le lesioni dovute a dissest8i, terremoti ecc. la monoliticità della struttura è solo teorica. 4. Basta osservare la deviazione delle lesioni in corrispondenza agli archi di scarico per capire quanto abbiano funzionato. Va da considerare in ultimo che l’arco in conci o laterizio, riuscendo a scaricare pesi molto maggiori rispetto a quello composto da un unico blocco, irrobustisce moltissimo la parete, anche nel caso in cui l’arco assume prevalentemente una funzione decorativa (come quando viene adoperato per scandire i piani di un palazzo). La piattabanda Si tratta di un cuneo di forma particolare poggiato su due piani obliqui, sul quale si esercitano le forze direttamente connesse al peso del solido. È favorevole alla pietra da taglio e ai materiali da costruzione in generale e può essere visto come un arco ribassatissimo, avente quindi freccia nulla, per questo è il più deboli dei sistemi spingenti e non può essere adoperato per coprire grandi porzioni di spazio. Come per l’arco si usò il sistema a blocchetti cuneiformi e la muratura con ghiere di blocchetti o laterizi. Le piattabande ebbero molta diffusione in sostituzione degli architravi o con funzione di scarico a protezione di un architrave, spesso venivano anche mascherati da architravi. Le volte “Struttura di copertura caratterizzata dalla concavità geometricamente definita dell’intera superficie”. Tutti i principali enunciati sugli archi valgono anche per le volte, la differenza sostanziale sta nel fatto che, mentre l’arco copre un passaggio, la volta copre una ambiente. Si dividono principalmente in due tipi: -volte semplici: sono quelle prive si spigoli o angoli,aventi una forma continua e naturale. -volte composte: sono composte da parti di figure geometriche differenti il cui incontro crea angolo, spigoli o rientranze. Vi sono diversi tipi di forme: -volta a padiglione: risulta dall’unione di 4 falde. -volta a crociera: è composta da quattro unghie, o fusi, e scarica il peso lungo gli archi diagonali eliminando le tensioni sulle linee d’imposta. Normalmente per non squilibrare le tensioni si usava per coprire vani quadrati o tendenti al quadrato. Per contrastare le spinte sulla volta a crociera si usavano diversi metodi: quando il perimetro del vano corrispondeva con quello della volta si irrobustivano gli spigoli esterno della stanza con contrafforti o pilastri; quando la volta poggiava su mensole a filo con il muro non vi era bisogno di interventi,poiché il peso era assorbito dalle mensole. -volta ombrello: definizione impropria per intendere una volta a crociera poligonale. Spesso nelle volte antiche si riscontrano allettamenti in laterizio disposti secondo i meridiani o i paralleli, o secondo entrambi, creando così una rete di sostegno che poteva essere del tipo ad arco o a cassettoni, definita nervatura. La necessità di alleggerire il conglomerato spinse ad inserire in esso anfore vuote intervallate o a fila continua. Oltre ad alleggerire il conglomerato, le anfore riducevano i tempi di presa del muro, per via delle sacche d’aria contenute in esse e miglioravano l’acustica del vano. Le centine Era una struttura arcuata temporanea che serviva da sostegno e guidava la forma delle volte, spesso veniva lasciata per tutto il tempo di presa del muro. Con il termine centina si indica l’intera struttura ma, in realtà, si definisce solo la parte arcuata, sorretta e irrigidita da diversi elementi, e unita ad altre centine tramite una tavola posta al di sotto di esse, detta manto delle centine. Le centine subiscono molteplici carichi e sollecitazione per questo si deformano facilmente, tali deformazioni possono essere dovute al carico progressivamente sempre più ingente, dalle variazioni termiche, dal serrarsi dei giunti per effetto delle prime due cause. Questo porta un abbassamento dell’arco, dovuto anche all’assestamento conseguente al disarmo che, non essendo calcolabile, permette di procedere solo per approssimazione. Esistono due tipi di centina: -fisse a terra più sicure ma ingombranti e non sempre utilizzabili, i ritti non poggiavano mai a terra, perché potendo facilmente penetrarvi avrebbero reso instabile la struttura. -a sbalzo comode e meno impegnative da realizzare, poggiavano su mensole in cui venivano appoggiati i puntoni o le traverse della centina. In ognuno dei due casi la condizione migliore si aveva quando la centina era indipendente dall’arco e quindi il suo disarmo provocasse il minimo degli squilibri possibili sull’arco e sui piedritti. Alle centine di grande impiego appartengono i ponti lignei come quello sul Danubio. CAP. 4 STRUTTURE DI ALZATO Gli antichi avevano già risolto il problema delle strutture ad alto sviluppo verticale come dimostrano le insulae, edifici la cui altezza oscillava tra i 4 e i 5 piani (inizialmente erano di 18 metri, in un secondo momento scesero a 16), composti da abitazioni ai piani superiori e negozi in quelli inferiori. 1. IL MURO/PARETE La parete definisce la superficie che delimita due spazi, il muro quel solido di sostegno alla copertura (muro portante), in quanto l’edificio possiede elementi portanti (muri) ed elementi portati (pareti). I muri nell’edilizia tradizionale si dividono in: -di telaio sono quelli esterni, sottoposti a maggiori sollecitazioni e danneggiamenti. Nel costruirli si consideravano numerosi provvedimenti. -divisori sono quelli interni, meno soggetti a danneggiamenti. All’interno del muro vi è un’ossatura con funzione resistente e una tamponatura con compiti di resistenza minori. Per ossatura intendiamo quindi tutte quelle strutture che sopportano il carico delle altre e lo trasmettono alle fondazioni , per tamponature i collegamenti strutturali tra le ossature e per tramezzature le separazioni tra i vani con poca o nessuna funzione di sostegno, solo questi ultimi potevano essere costruiti a sbalzo, ovvero fuori dalla verticale dei muri sottostanti. Dato che anche gli alzati sono sottoposti a sollecitazioni si preferiva non costruire i muri con tre coste, con mattoni crudi con spessore inferiore ad una certa misura e si ricorreva ad un’ossatura portante di blocchi di pietra e a “tamponature” intermedie. La solidità di un muro si otteneva in diversi modi: -agendo sulla qualità dei materiali e sulla loro disposizione; -inserendo corpi esterni come speroni o contrafforti. 2. SPERONI E CONTRAFFORTI Speroni: muri contigui con profilo a scarpa. Contrafforti: elementi distanziati detti anche barbacani. Nei sistemi di “contraffortamento” rientrano anche quelli ad arco che si dividono in due tipi: quello formato da barbacani forati per consentire il passaggio all’interno di essi, e quello formato da veri e propri archi di contrasto. Meno usati sono invece gli archi rampanti, usati per irrobustire le rampe di scale o con funzione di contraffortamento o sostruzione. 3. LE SOSTRUZIONI Sono strutture fuori terra costruite su un terreno obliquo per realizzare un piano dritto ad una quota per precisa. La sostruzione è una struttura squilibrata, da un lato molto alta dall’alto molto bassa, e che quindi risente di sollecitazioni maggiori nella parte alta, che risentiva della massa di terra più o meno umida che premeva su di essa e che variava il peso e il volume a seconda delle stagioni. Alle sostruzioni si possono collegare anche le dighe e le briglie idrauliche, esse possono considerarsi delle sostruzioni esasperate perché sono soggette a forti escursioni delle sollecitazioni, con l’aggravante di dover evitare una spinta troppo forte da parte dell’acqua. Lo spessore dei muri era quindi variabile. CAP. 5 LE FONDAZIONI La fondazione raccoglie il peso della struttura e lo trasmette, nel modo più uniforme possibile, al terreno. La sua stabilità dipende dal materiale adoperato e dalla capacità del terreno di assorbire i carichi. Le fondazioni sono limitate in basso dal paino di appoggio e in alto dalla risega di fondazione, anche se in alcuni casi, essa manca.