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Cap.10 di "Psicologia generale" (Anolli Legrenzi), Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto del capitolo 10 di "Psicologia Generale" (Anolli Legrenzi)

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 20/08/2016

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4.6

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Scarica Cap.10 di "Psicologia generale" (Anolli Legrenzi) e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Cap. 10: VALORI, DESIDERI E MOTIVAZIONI Paragrafo 1 “VALORI E DESIDERI” Le persone per loro natura danno valore a ciò che le circonda, per una serie di motivi (per la sicurezza, per l’immagine e prestigio, per l’economia, ecc.). Per valore si intende un costrutto motivazionale che definisce ciò che consideriamo importante e che indica dunque gli scopi da raggiungere. Ha valore ciò che per noi è desiderabile e positivo, dunque di conseguenza ciascuno di noi ha una propria gerarchia di valori personale. La psicologia del desiderio ha ricevuto apporti significativi dalla psicologia positiva, la quale ha concentrato la propria attenzione sul benessere soggettivo e sulle qualità della vita. In questo contesto, è stata utilizzata una prospettiva di 2 tipi. Una è la prospettiva edonica (=dimensione del piacere come benessere personale), l'altra è eudaimonica (=realizzazione del piacere come benessere personale). Quando si parla di desiderio, ci si riferisce al volere qualcosa il cui raggiungimento riteniamo ci consentirà di trovarci in uno stato delle cose migliori rispetto a quello passato e attuale. Per definizione il desiderio è unicamente connesso con la realizzazione futura ed è strettamente connesso con l'idea della speranza. All'interno del concetto di desiderio, è necessaria la ricompensa finale: essa infatti provoca sia a livello neurologico che mentale enormi effetti positivi. Il valore non è assoluto, ma relativo, ovvero dipende da altri fattori, essendo una semplice convenzione. Nonostante ciò, il valore genera il bisogno sia individuale che sociale (collettivo) di strutturare gerarchie valide per un gruppo ben consolidato. Ad esempio, il valore che diamo all’oro è diffuso nella maggior parte della Terra tra quasi tutte le civiltà esistenti. Dunque il valore, pur essendo relativo, può essere spesso comune ad insiemi più o meno grandi di persone. Questi valori comuni fanno si che si crei la possibilità ad un pluralismo: strettamente connesso ad esso, c'è il principio della tolleranza(=è la disponibilità degli individui ad accettare la diversità come risorsa quale condizione per raggiungere forme soddisfacenti di convivenza tra i gruppi). Dunque, la tolleranza è l'accettazione e il rispetto delle diversità all’interno del parametro delle pari opportunità e dignità. Di conseguenza nasce il principio dell’intolleranza dell’intolleranza, secondo cui per dare forza al principio della tolleranza, è necessario non tollerare la non tolleranza. Paragrafo 2 e 3 “MOTIVAZIONE” e “MOTIVAZIONI DELLA FAME” La motivazione è la spinta a svolgere una determinata attività e si può definire come un processo di attivazione dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un dato scopo in relazione alle condizioni ambientali. La motivazione può essere di vari tipi/livelli. 1) Riflessi: è il sistema più semplice di risposta dell’organismo come reazione a stimoli esterni o interni; 2) Istinti: sono sequenze congenite, stereotipate di comportamenti specie-specifici su base genetica in relazione a specifiche sollecitazioni ambientali; 3) Bisogni: sono condizioni di tipo fisiologico relative alla carenza e alla necessità (ad es., fame, sete, bisogni di tipo sessuale); 4) Pulsioni: sono condizioni di disagio e fastidio che l'individuo cerca di sopprimere oppure ridurre nelle situazioni in cui non può appagarle; 5) Incentivi: sono situazioni che permettono all'individuo di venire incontro ai propri bisogni. (es. cibo= incentivo per Skinner. È la sensazione di mancato soddisfacimento che porta alla spinta propulsiva.La motivazione è interpretata in base alla sequenza: stimolo – risposta – rinforzo C. Prospettiva cognitivista: la motivazione è ciò che attiva il comportamento in vista di uno scopo, il cui raggiungimento implica un livello di aspirazione né troppo bassa (non c’è partecipazione) né troppo alta (probabile insuccesso con successiva frustrazione). Le teorie dell’attribuzione (Heider) sostengono che il livello di motivazione dipende dalle cause alle quali una persona ritiene di attribuire il risultato raggiunto. Le principali cause alle quali le persone attribuiscono la ragione del proprio successo o fallimento sono: abilità, impegno, difficoltà, fortuna. Il livello di motivazione può quindi mutare radicalmente secondo il giudizio che le persone elaborano il quale può essere anche influenzato o orientato da indicatori esterni. La motivazione è anche influenzata dall’autostima. Si può affermare che oltre alla motivazione essa influenzi anche il livello degli obiettivi e delle mete che ci si prefiggono nella vita. L’autostima è sicuramente condizionata dallo stile educativo dei genitori. Se la remunerazione cresce in rapporto alla produttività e alla qualità dell’opera, aumenta anche l’impegno e la motivazione al lavoro. Se però gli incentivi sono concessi solo con l’ottenimento di risultati molto difficili, si genera, nella maggior parte delle persone, un senso di impotenza e inadeguatezza e di conseguenza si riduce la motivazione. (Festinger). La relazione tra il giudizio che il singolo ha di se stesso e delle proprie capacità – self- efficacy e la qualità delle sue prestazioni successive è molto complessa: la fiducia che le persone hanno nelle proprie risorse è determinante del successo nel comportamento successivo. (Bandura) D. Interazionismo: secondo il punto di vista interazionista le motivazioni sono suscitate, alimentate e regolate dalle interazioni con gli altri. Paragrafo 5 “MOTIVAZIONI SECONDARIE” David McClelland, noto psicologo, ha studiato la relazione esistente tra bisogni e comportamento sin dalla fine degli anni ‘40. Sebbene sia più conosciuto per i suoi studi sul bisogno di realizzazione, egli si è occupato anche dei bisogni di affiliazione e di potere. a) Il bisogno di realizzazione. Le teorie sul bisogno di realizzazione (achievement), ovvero sul bisogno di portare a termine un‘attività con successo, ipotizzano che motivazione e performance varino in base alla forza del bisogno individuale di auto-realizzarsi. Le persone orientate all‘achievement hanno tre caratteristiche in comune: 1. Una è la preferenza accordata a lavorare su compiti di difficoltà moderata. Questa gradualità rinforza il comportamento mirato alla realizzazione, riducendo la frequenza degli insuccessi e aumentando la soddisfazione associata al completamento di compiti complessi. 2. Questo tipo di persone, inoltre, amano le situazioni in cui la performance dipende dagli sforzi personali anziché da fattori esterni, come la fortuna. 3. Una terza caratteristiche che identifica le persone che puntano all‘achievement è il desiderio di avere un feedback sui loro successi e insuccessi, superiore rispetto alle altre persone. Date queste caratteristiche McClelland ha ipotizzato che le persone che puntano all‘achievement abbiano maggiori probabilità di diventare imprenditori di successo. La sua conclusione è confermata dai risultati di un‘analisi comparata sulla personalità ―imprenditoriale‖ da cui è emerso come gli imprenditori avessero un maggiore bisogno di achievement in confronto ad altre persone. b) Il bisogno di affiliazione. Secondo i ricercatori, ogni persona ha un desiderio fondamentale, quello di formare e mantenere relazioni interpersonali durature, positive e importanti. L‘evidenza empirica conferma tale convinzione sia nella sfera personale che nel lavoro. Ad esempio, si è riscontrata un‘incidenza più alta di disturbi fisici e psicologici tra gli individui senza legami sociali. Le persone che hanno un accentuato bisogno di affiliazione dedicano più tempo al mantenimento delle relazioni sociali, alla vita di gruppo e alla ricerca di apprezzamento. Persone di questo tipo non sono completamente adatte a posizioni manageriali, perché difficilmente riescono a prendere decisioni impopolari. c) Il bisogno di potere. Il bisogno di potere riflette il desiderio individuale di influenzare, guidare, insegnare o incoraggiare gli altri a realizzarsi. Le persone con un accentuato bisogno di potere amano lavorare e tengono in alta considerazione la disciplina e il rispetto per se stessi. Si tratta di un bisogno che esprime aspetti positivi e negativi. Il lato negativo del bisogno di potere è dato dalla prevalenza di una mentalità del tipo ― se io vinco, tu perdi‖. Viceversa, le persone con un orientamento positivo nei confronti del potere si concentrano sull‘ottenimento di obiettivi di gruppo e sul fatto di aiutare i collaboratori a sentirsi competenti. Se è vero che un manager di successo deve saper influenzare positivamente gli altri, McClelland ipotizza che queste posizioni debbano essere ricoperte da persone in cui coesistano un alto bisogno di potere e un minore bisogno di affiliazione.