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casetta diritto amministrativo, Sintesi del corso di Diritto Amministrativo

riassunto di diritto amministrativo " casetta" ben fatto.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 19/09/2021

madara666
madara666 🇮🇹

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Scarica casetta diritto amministrativo e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! I CAP L'AMM. E IL SUO DIRITTO La nozione di P.A.- Il termine “amministrazione” indica cura di interessi. Tale termine è riferibile a qualsiasi soggetto (persona giuridica, pubblica o privata) che svolge un'attività rivolta alla soddisfazione di interessi correlati ai fini che il soggetto stesso si propone di perseguire. L'attività amm. Può essere intesa: a. in senso oggettivo: è l'amministrazione regolata da norme giuridiche e svolta per la soddisfazione di interessi pubblici ( amministrazione — attività). b. in senso soggettivo: fa riferimento a persone giuridiche pubbliche ed altri organi che hanno competenza alla cura degli interessi dei soggetti pubblici (si parla in tal caso di organizzazione amministrativa). Nel nostro ordinamento non esiste una definizione di P.A.; l'unica disposizione più ampia si riferisce a tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e le amm. dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, le camere di commercio, industria artigianato ed agricoltura- La nozione di diritto amministrativo- il diritto amministrativo è la disciplina giuridica della P.A. nella sua organizzazione, nei beni e nell'attività ad essa peculiari e, nei rapporti che, esercitano tale attività, si istaurano con gli altri soggetti dell'ordinamento. Nell'attività della P.A. rientra ampiamente quella di diritto pubblico, ma anche quella di diritto privato poiché essa può essere esercitata da soggetti pubblici, sia nelle forme di diritto pubblico, quanto in quelle di diritto privato. D'altronde, si parla della c.d. amministrazione pubblica del diritto privato, intendendo per quest'ultima quella attività amministrativa che determina la costituzione di status, di capacità di rapporti di diritto privato, disciplinata in gran parte dalle norme del codice civile. Anche i rapporti con il diritto penale si sono fatti più stretti, a seguito della depenalizzazione di alcuni reati divenuti illeciti amministrativi (dunque la norma penale è divenuta norma amministrativa). Invece, non è da includere nel diritto amministrativo, l'attività giurisdizionale, anche se posta in essere da soggetti appartenenti alla P.A., infatti, gli organi giurisdizionali godono di un indipendenza inammissibile negli organi amministrativi che, per definizione, svolgono esclusivamente attività amministrativa. L'amministrazione comunitaria e il diritto amm. comunitario Il diritto amministrativo comunitario in senso proprio ha ad oggetto l'amm. comunitaria. Tale diritto può tuttavia rilevare ai fini del diritto amministrativo italiano sotto un profilo particolare, consistente nel fatto che esso può introdurre nel nostro ordinamento nuovi modelli giuridici (d'altronde, si noti che il diritto comunitario disciplina atti di amministrazioni comunitarie che producono direttamente effetti nei confronti di soggetti dell'ordinamento italiano. Di notevole importanza sono: a la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali A il trattato di Nizza, ratificato dall'Italia con L. 102/2002 che ha ulteriormente modificato il trattato dell'Unione europea innovando la sua org., rinsaldando i vincoli comunitari e prevedendo cooperazioni tra gli stati membri; A la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che ha dato maggior impulso al processo di integrazione comunitaria. Con il termine amministrazione comunitaria, poi, si intende l'insieme degli organismi e delle istituzioni dell'Unione europea cui è affidato il compito di svolgere attività sostanzialmente amministrativa e di emanare atti amministrativi. Lo studio del diritto amministrativo italiano non può prescindere oggi da quello del diritto comunitario per diversi motivi: 1. è sempre maggiormente richiesto il raccordo tra istituzioni comunitarie e amministrazioni nazionali 2. si assiste ad un ridimensionamento del campo di azione dell'amministrazione interna 3. le competenze delle amministrazioni interne subiscono modifiche a seguito dell'applicazione del c.d. principio di sussidiarietà. Tale principio costituisce una regola di riparto di competenza tra stati membri e Unione: in particolare, nei settori di competenza concorrente tra Unione e stati membri esso consente all'Unione di intervenire solo se gli obiettivi prefissati non possono essere sufficientemente realizzati dagli stati membri. A questo è punto è importante individuare l'organo titolare della funzione esecutiva comunitaria. Va, innanzi tutto, distinta l'esecuzione in via diretta caratterizzata da funzioni svolte direttamente dalla comunità, con conseguente aumento dell'organizzazione dell'apparato amministrativo che ad essa fa capo, e l'esecuzione in via indiretta che invece, avviene avvalendosi della collaborazione degli stati membri. L'attuazione di regolamenti e direttive spetta agli Stati membri che agiscono adottando atti legislativi e amministrativi. Inoltre l'esecuzione di molte decisioni spetta alle amministrazioni nazionali, che a tale attività sono tenute in ossequio all'art. 10 trattato CE, nel testo modificato dai trattati di Maastrich e di Amsterdam. Manca però una funzione esecutiva- attuativa comunitaria ma si può affermare che essa è svolta tendenzialmente dalla Commissione, sulla base dell'art. 202 del trattato CE in quanto le funzioni normative ed amministrative sono distribuite tra Consiglio e Commissione. determinazioni, quella parte di affari pubblici non legati ad interessi generali ma connessi a specifiche esigenze locali. A tal fine, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono riconosciuti dall'art 114 Cost. come enti autonomi, con propri statuti, poteri e funzioni secondo, i principi fissati dalla Cost. Il conferimento a tali enti delle funzioni amministrative da parte della legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze, è regolato dai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. 1 il principio di sussidiarietà afferma che la generalità dei compiti e delle funzioni “cedute” dallo Stato sia conferita agli enti più vicini ai cittadini, quindi ai Comuni e, in seconda battuta, agli altri enti locali compatibilmente con le loro possibilità operative. Essa può essere intesa: A A 2. 3. in senso verticale- relativamente alla distribuzione delle competenze tra centro e periferia in senso orizzontale- nei rapporti tra poteri pubblici e organizzazione della società il principio di differenziazione- implica che nella ripartizione delle funzioni si deve tenere conto delle diverse caratteristiche degli enti riceventi. Il principio di adeguatezza- implica che l'amm. a cui vengono conferiti i compiti e funzioni deve essere idonea organizzativamente a garantire l'esercizio. Il decentramento- La repubblica attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo. Tale decentramento può assumere le forme del: A decentramento burocratico- che comporta il trasferimento di competenze da organi centrali a organi periferici di uno stesso ente con conseguente assunzione di responsabilità per gli atti posti in essere decentramento autarchico- che comporta l'affidamento dei compiti pubblici ad enti diversi dallo Stato. Decentramento funzionale- quando determinate funzioni vengono attribuite a strutture compiute che, pur rimanendo assorbite nell’org. complessiva dell'ente di riferimento godono di una certa autonomia operativa, finanziaria e contabile. Infine oltre a tali principi, all'amministrazione come agli altri soggetti pubblici, si applicano i principi di eguaglianza (art.3 Cost.) e solidarietà (art.2 cost.). CAP. Ill L'ORGANIZAZIONE AMMINISTRATIVA I soggetti del diritto amministrativo: gli enti pubblici | soggetti di diritto pubblico costituiscono l'amministrazione in senso soggettivo, che si articola nei vari enti pubblici. Gli enti pubblici, essendo dotati di capacità giuridica, possono essere titolari di poteri amministrativi. Accanto all'amm. statale, vi sono le amm. regionali, e gli enti esponenziali delle comunità territoriali, riconosciuti dall'ordinamento generale in quanto portatori di interessi pubblici. La qualificazione del carattere pubblico non è di facile individuazione essendo raro che la legge definisca espressamente un ente come pubblico. Ma la complessa questione dell'individuazione degli enti pubblici è stata risolta dalla giurisprudenza che ha utilizzato degli indici esteriori, nessuno dei quali è però di per sé ritenuto sufficiente, necessitando la loro valutazione complessiva. Tali indici sono: * la costituzione dell'ente ad opera di un soggetto pubblico * la nomina degli organi direttivi di competenza dello Stato o di altro ente pubblico * l'esistenza di controlli o di finanziamenti pubblici * l'attribuzione di poteri autoritativi Caratteristiche degli enti- la qualificazione di un ente come pubblico è importante perché comporta conseguenze giuridiche di rilievo Gli enti pubblici che agiscono in regime di diritto amm. sono denominati “enti autarchici” e le loro caratteristiche possono riassumersi in: * Autarchia- consiste nella capacità degli enti pubblici di amministrare i propri interessi svolgendo un'attività avente gli stessi caratteri e la stessa efficacia dell'attività amministrativa dello Stato. * Autotutela- che consente alla P.A. di risolvere i conflitti relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese, cioè di farsi ragione da sé con i mezzi amministrativi a sua disposizione. Essa si distingue in: 1. Decisoria- attuata con l'emanazione di una decisione amministrativa che a volta può essere A diretta — quando la P.A. esercita tali poteri spontaneamente o nell'adempimento di un dovere A indiretta — nei casi in cui la P.A. agisca a seguito di un ricorso 2. esecutiva - consiste nel complesso di attività volte ad attuare decisioni già adottate dalla P.A. e Autonomia - è la capacità della P.A. di darsi da sé le proprie regole. Essa investe più campi, ad es. * autonomia politica — è la libertà nell'individuazione dei fini da perseguire * autonomia giuridica — è la capacità di agire nel campo giuridico per il raggiungimento dei propri fini La legge poi può attribuire agli enti: autonomia finanziaria — organizzativa — tributaria ecc.- * Autogoverno — è la facoltà di alcuni enti pubblici di amministrarsi per mezzo di organi i cui membri sono eletti da coloro che ne fanno parte. CLASSIFICAZIONE DEGLI ENTI PUBBLICI - Si distinguono: A enti associativi - che sono auto amministrativi, in quanto gli stessi soggetti che ne fanno parte determinano direttamente o a mezzo di rappresentanti eletti o delegati le decisioni fondamentali dell'ente. Tali enti sono caratterizzati dala presenza di un'assemblea avente soprattutto compiti deliberanti. A Enti a struttura rappresentativa — nei quali i soggetti interessati determinano la nomina della maggioranza degli amministratori non direttamente, ma attraverso le proprie organizzazioni a Enti a struttura istituzionale — nei quali la nomina degli amministratori è determinata da soggetti estranei all'ente. A tale classificazione va aggiunta quella operata dal legislatore: in particolare, l'art. 5 Cost. contempla 1 > gli enti autonomi territoriali (le c.d. autonomie locali), riconoscendo a Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni un'autonomia di indirizzo politico (nel caso delle regioni) o amministrativo anche configgente con quello statale Anche le università, le istituzioni di alta cultura e le accademie possono darsi ordinamenti autonomi, sempre, però, nei limiti fissati da leggi dello Stato. Un'altra categoria di enti pubblici è costituita dagli enti pubblici economici, la cui disciplina è prevista sia nel C.C. che in altre leggi. La legge prende in considerazione anche gli enti statali non economici (cd. parastatali) Infine vi è un'altra importante categoria di enti: e. gli enti territoriali- sono quelli di cui il territorio è uno degli elementi costitutivi, come tale essenziale per l'esistenza dell'ente. Tra essi ricordiamo: Lo Stato, la Regione, la Provincia, il Comune, le Aree Metropolitane, le Comunità Montane. * Gli enti non territoriale- sono tutti gli altri, denominati anche enti istituzionali, alcuni dei quali a carattere nazionale, altri locale. Relazione intersoggettiva tra enti Tra gli enti sempre più spesso si istaurano rapporti e relazione finalizzati ad accrescere l'efficienza della amm. pubblica nel suo complesso. 1. Un primo tipo di relazione intersoggettiva nasce dalla “entificazione” di apparati organizzativi propri di un altro ente, ovvero dalla situazione di strumentalità strutturale ed organizzativa, stabilita dalla legge. Tale relazione implica l'assoggettamento dell'ente subordinato (es. l'azienda speciale, ente strumentale del Comune) ad una serie di poteri di ingerenza (direttiva, indirizzo, vigilanza, verifica) da parte dell'ente c.d. principale. 2. Un secondo tipo di relazione intersoggettiva comprende enti dotati di maggiore autonomia, si tratta di enti che svolgono attività rilevanti per un altro ente pubblico territoriale per lo Stato. (Ne sono esempio le Camere di commercio e gli enti parastatali, in tali casi la strumentalità è funzionale e non strutturale). 3. Prescindono, infine, sia dalla funzionalità strutturale che da quella funzionale gli enti esponenziali di formazioni sociali che esprimono esigenze sociali autonome e sono come tali riconosciuti dall'ordinamento dello Stato, che li individua come centri di potere amministrativo (es. ordini e collegi professionali). Il contenuto di queste relazioni varia da caso a caso e dipende dal tipo di poteri che lo Stato può esercitare nei confronti dell'ente. Tali poteri sono: e la vigilanza- che si esplica non solo nel controllo di legittimità di un soggetto sugli atti di un altro, ma anche nell'adozione di una serie di atti come la nomina di commissari straordinari, scioglimento degli organi dell'ente, approvare bilanci ecc. * la direzione- che richiede una sovraordinazione tra gli enti ed implica il rispetto, da parte dell'ante sovraordinato, dell'autonomia dell'ente subordinato. Esso si intrinseca in una serie di atti (le direttive) che determinano l'indirizzo dell'ente lasciandogli la possibilità di scegliere le modalità attraverso cui conseguire gli obiettivi prefissati. Dalle relazioni stabili e continuative bisogna tenere distinti i rapporti che possono istaurarsi tra enti. Si tratta: A Dell'avvalimento — che consiste nell'utilizzo da parte di un ente, degli uffici di un altro ente senza che vi sia alcun trasferimento di funzioni. RELAZIONI INTERORGANICHE: GERARCHIA- DIREZIONE- COORDINAMENTO Sotto il profilo della relazione tra gli organi sono possibili i seguenti rapporti: a Gerarchia- è il rapporto esterno intercorrente tra organi individuali di grado diverso, all'interno di uno stesso ramo di amministrazione. Si sostanzia nella subordinazione di un organo gerarchicamente inferiore e si manifesta con un potere di supremazia riconosciuto al secondo sul primo. L'organo subordinato non dispone di una propria sfera di competenza, mentre l'organo superiore ha una competenza comprensiva anche di quella del secondo. In particolare, i poteri della relazione gerarchica sono: potere di ordine, vincola l'organo subordinato ad un dato comportamento nell'esercizio dell'attività; di direttiva, con cui si indicano gli obiettivi da raggiungere; di sorveglianza, sull'attività degli organi subordinati; potere di annullamento d'ufficio nei confronti degli atti, illegittimi dell’inferiore potere di risolvere i conflitti di competenza, tra organi gerarchicamente inferiori potere di sostituzione, a seguito di inerzia dell'organo inferiore di avocazione, cioè assumere un compito spettante all'inferiore indipendentemente da una sua inadempienza. Direzione, è caratterizzata dal fatto che sussiste una più o meno ampia sfera di autonomia in capo all'organo subordinato. L'organo sovraordinato ha potere di indirizzo, di emanare direttive e di controllo, ma deve lasciare all'organo sottoordinato la facoltà di scegliere tempi e modalità volti a conseguire gli scopi prefissati. Coordinamento, è il potere riconosciuto talvolta ad un ufficio rispetto ad altri uffici al fine di coordinare ed armonizzare l'attività in vista di risultati di comune interesse. Esso si intrinseca nel potere riconosciuto all'organo coordinatore di impartire le disposizioni idonee per realizzare un disegno unitario, vigilando sull'osservanza di esse. Tipico es. di coordinamento tra l'azione di più soggetti è data dalla conferenza di servizi, anche se, tale istituto, non costituisce una relazione in senso proprio mancando del carattere di stabilità. Controllo, consiste in un esame, ad opera di un organo apposito, dell'operato di un altro organo, in genere subordinato a quello controllante. E' una attività accessoria e doverosa qualora sia prevista dalla legge e si conclude con la formulazione di un giudizio, positivo o negativo, sull'operato dell'organo controllato. esistono diverse tipologie di controllo: A controlli interni ed esterni, a seconda che l'organo controllante appartenga o meno allo stesso ente dell'organo controllato (es. di controllo interno è il controllo ispettivo) A controllo di legittimità o vigilanza, in base ai parametri di valutazione, potendosi valutare la conformità alla legge dell'operato dell'organo controllato a odi tutela, potendosi valutare l'opportunità o l'efficacia dell'attività dell'organo. Il controllo, può avere anche oggetti assai diversi tra di loro: organi, atti normativi, atti amministrativi di organi individuali e collegiali. le misure che possono essere adottate a seguito del giudizio che costituisce la prima fase del controllo possono essere: repressive, comportando l'annullamento dell'atto; impeditive, che pur non comportando l'eliminazione dell'atto, non consentono ad esso di acquisire efficacia; sostitutive, con le quali l'organo controllante svolge l'attività che l'organo controllato aveva svolto in maniera impropria. Nell'ambito dei controlli sugli atti, infine, si distingue tra: * controlli preventivi e successivi, rispettivamente a seconda che l'atto non abbia ancora o abbia già prodotto i suoi effetti. A metà strada tra tali 2 controlli si pongono i controlli mediante riesame, i quali hanno l'effetto di procrastinare l'efficacia di un atto dopo aver disposto una nuova deliberazione dell'organo decidente. IL CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI La Corte dei Conti è definita dalla Corte Cost. “organo al servizio dello Stato - comunità”, essa esercita un controllo successivo, esterno, costituzionalmente garantito attraverso il meccanismo della registrazione e dell'apposizione del visto. La Corte dei Conti esercita: «Controlli preventivi- sia nelle ipotesi generali che con particolare riferimento agli atti che il Presidente del Consigli dei Ministri, o la Corte stessa di sua iniziativa, richiedano di sottoporre a controllo temporaneo, qualora si attestino situazioni di diffusa e ripetuta irregolarità in fase di controllo successivo. * Controlli successivi- sui titoli di spesa relativi al costo del personale, sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amm. pubbliche, sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria e sugli atti di notevole rilievo finanziario che le sezioni unite stabiliscano di sottoporre a controllo per un periodo determinato. * Controlli sulla gestione finanziaria, degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria * Controlli sulla gestione degli enti locali, effettuati dalle sezioni autonome e comprendenti oggi la generalità degli enti locali (comuni, province, città metrop., regioni). Hanno ad oggetto la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio, oggi anche in relazione al patto di stabilità che vincola i paesi appartenenti all'U.E. * Riguardo alla disciplina dei controlli, con riferimento a quello_preventivo va detto che l'atto trasmesso alla Corte dei Conti diviene in ogni caso esecutivo decorsi 60° gg dalla sua ricezione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, salvi i casi in cui sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale sull’atto normativo sotteso all'atto oggetto del controllo, o sia stato sollevato il conflitto di attribuzione. * Riguardo al controllo successivo Dottrina e Giurisprudenza discutono circa le conseguenze dell'esito negativo del controllo: * secondo un orientamento, l'esito negativo comporta un implicito annullamento dell'atto. * Secondo un'altra tesi, sarebbe comunque compito dell'amm., preso atto della decisione della Corte, non dare corso all'esecuzione dell'atto ovvero annullare lo stesso. e Importante meccanismo previsto dalla legge è quello della c.d. “registrazione con riserva”. Si tratta dell'ipotesi in cui, a seguito dell'esito negativo del controllo della Corte, il Consiglio dei ministri su iniziativa del ministro interessato, insista sulla richiesta di registrazione: in tal caso la Corte, qualora non riconosca cessate le cause del precedente rifiuto, può procedere alla registrazione con riserva. Ciò comporta la responsabilità politica dell'esecutivo, ed è per tale motivo che le legge impone che la Corte trasmetta ogni 15 gg l'elenco di tutti i provvedimenti registrati con riserva. segue: l'evoluzione normativa dei controlli interni Con riferimento ai controlli interni, il sistema italiano è passato, dal controllo esclusivo di legittimità a 4 tipologie di controlli. Prima del decreto lgs. N°286/99 infatti, la fase di controllo si esauriva nella verifica preventiva della conformità dell'atto alla legge, senza investire il merito dell'operato dell'amministrazione. Con il decreto citato si è stabilito invece che le P.A., nell'ambito della propria autonomia, debbano istituire controlli interni riguardanti: * La regolarità amministrativa e contabile * La gestione * La valutazione della dirigenza * La valutazione ed il controllo strategico In particolare vediamo che: e II controllo di regolarità amministrativa e contabile- è il controllo sulla legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa * Il controllo di gestione- ha ad oggetto l'efficacia, l'efficienza ed economicità della gestione amministrativa, al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati, facendo ricorso anche ad interventi correttivi. * Valutazione del personale dirigenziale- ha ad oggetto l'operato dei dirigenti ed è una valutazione strettamente collegata a quella della responsabilità dirigenziale e si svolge nell'arco temporale di 1 anno, al termine del quale la struttura cui è affidato tale controllo emette la valutazione. * Valutazione e controllo strategico- mira a valutare l'adeguatezza delle scelte operate dall'organo con riferimento all'indirizzo politico che si intendeva seguire. utilizzo da parte di un ente degli organi di un altro ente | casi di utilizzo di organi “esterni” sono compresi dalla dottrina in 3 categorie: 1) Avocazione — consiste nel compimento da parte di un organo di singoli affari per legge spettanti ad un altro organo: ciò per motivi di interesse pubblico e indipendentemente dal fatto che l'organo istituzionalmente competente sia inadempiente 2) Sostituzione - presuppone l'inerzia dell'organo istituzionalmente competente e consiste nel compimento previa diffida, di atti da parte di un sostituto, in genere un commissario. Figura diversa dalla sostituzione è la gestione sostitutiva coattiva: qui infatti la sostituzione è in realtà uno scioglimento dell'organo con conseguente affidamento delle competenze ad organi straordinari che lo esercitano per limitati periodi di tempo. 3. Delegazione — in questo caso un organo competente in una determinata materia decide di affidare il compimento di determinati atti rientranti in tale competenza ad un altro organo. Esso inoltre fa sorgere un rapporto tra organo delegante e organo delegatario, in virtù del quale al primo sono (es. è il caso in cui il sindaco, organo del comune svolga, in quanto ufficiale del governo, il ruolo di organo dello Stato. Quindi lo Stato utilizza un organo di un altro ente: il comune) riconosciuti poteri di direttiva, di vigilanza, di revisione e di avocazione. Pertanto la responsabilità del compimento degli atti è a carico dell'organo delegatario, dato che quest'ultimo agisce comunque in nome proprio. Al contrario, nel caso di delega di firma, la responsabilità da atti illeciti nei confronti di terzi ricade sull'organo delegante, poiché in questo caso, l'organo delegatario ha il solo compito di sottoscrivere l'atto formato dal delegante e ad esso imputabile. gli uffici e i rapporti di servizio «Con il termine Ufficio si designa quel “nucleo elementare” dell’org. Amm., costituito dall'insieme di mezzi materiali e personali preposti allo svolgimento di un specifico | criteri per stabilire quando un bene sia qualificabile come pubblico sono: - un criterio soggettivo, fondato sull'appartenenza di un bene ad un ente pubblico - un criterio oggettivo, che tiene conto della funzione del bene - un criterio misto, per cui sono beni pubblici quei beni che, appartenendo ad un ente pubblico, sono destinati a soddisfare un interesse pubblico e godono quindi di un trattamento giuridico differenziato rispetto a quelli privati. Dunque, mentre i beni d'interesse pubblico sono tutti i beni che soddisfano direttamente ed istituzionalmente un interesse pubblico, i beni pubblici sono quelli che appartengono allo Stato o ad altro ente pubblico e che sono soggetti ad un particolare regime giuridico. | beni pubblici si distinguono in: - beni demaniali - e beni patrimoniali disponibili o indisponibili REGIME GIURIDICO DEI BENI DEMANIALI I beni demaniali sono i beni che appartengono ad un ente pubblico territoriale e cioè allo Stato, alle Regioni, alle Province o ai Comuni. Il demanio pubblico può essere suddiviso in: 3.a. demanio necessario- sono quei beni immobili che devono per forza essere demaniali. Sono cioè demaniali per natura. Sotto tutti di proprietà dello Stato e solo eccezionalmente delle Regioni (porti...?......). | beni del demanio necessario sono costituiti a loro volta dal: 1) demanio marittimo: lido del mare, spiagge, porti, lagune, canali ecc. 2) demanio idrico: e cioè fiumi, laghi, torrenti e tutte le acque dolci superficiali e sotterranee 3) demanio militare: comprende le opere destinate alla difesa nazionale, nonché le opere (porti, aeroporti) destinate al servizio delle comunicazioni militari. b) demanio accidentale- annovera tutti i beni che possono anche non essere di proprietà di enti pubblici territoriali. Ne fanno parte: 1) acquedotti, strade, autostrade, immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, archivi, biblioteche. A differenza del demanio necessario tali beni possono appartenere anche alle province e ai comuni. Accanto al demanio necessario e a quello accidentale si individua il demanio regionale- sorto con la costituzione delle regioni ed il demanio comunale specifico- che comprende i cimiteri ed i mercati di proprietà del Comune. Per quanto riguarda l'acquisto e la perdita della demanialità occorre distinguere tra: * beni demaniali naturali- i quali sono tali per natura indipendentemente dall'opera dell'uomo (ad es. il lido del mare). * E quelli del demanio artificiale- costituiti appunto dall'uomo come le strade e gli acquedotti. * Nel primo caso, l'acquisto o la perdita della demanialità coincide con l'esistenza o il venir meno del bene stesso (es. prosciugamento di un fiume) * Nel secondo caso, il bene rientra nel demanio una volta creato e la cessazione si può avere invece, oltre che per distruzione del bene, anche a causa della perdita dei requisiti previsti dalla legge, o dalla sdemanializzazione, cioè di bene non è più pubblico perché ha perduto i caratteri di bene pubblico e non perché l'amm. ha modificato il suo regime con un atto amministrativo. Infine, i beni che fanno parte del demanio pubblico: e sono inalienabili, qualsiasi atto di trasferimento è nullo. * Non sono suscettibili di acquisto a titolo originario per usucapione da parte di altri soggetti, in quanto non possono formare oggetto di diritti di terzi, se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. e Il diritto di proprietà “pubblica" dell'ente è imprescrittibile * beni demaniali non sono suscettibili di espropriazione forzata. Infine, l'amministrazione, dispone di poteri di autotutela, ciò significa che essa può direttamente procedere a tutelare i propri beni in via amministrativa, irrogando sanzioni ed esercitando poteri di polizia demaniale. i beni del patrimonio indisponibile | beni patrimoniali indisponibili sono beni pubblici che a differenza di quelli demaniali possono appartenere a qualsiasi ente pubblico, e non solo ad enti territoriali e consistono sia in beni immobili che in beni mobili. La caratteristica comune ai beni demaniali è quella della indisponibilità, tali beni sono, cioè, vincolati ad una distinzione di utilità pubblica e non possono essere sottratti a tale destinazione, se non nei nodi stabiliti dalle leggi che li riguardano. Le principali categorie sono: le foreste, le miniere, acque minerali e termali, cave e torbiere, beni di interesse storico, archeologico, artistico, beni militari ecc. | beni patrimoniali indisponibili sono altresì: > soggetti ad usucapione da parte di terzi soltanto nel caso in cui siano stati sottratti alla loro destinazione a non dominio e poi trasferiti a terzo in buona fede, il quale potrà quindi acquistarli per usucapione nei termini di legge > analogamente ai beni demaniali, non sono suscettibili di espropriazione forzata. I BENI PRIVATI DI INTERESSE PUBBLICO (alla fine del CAP) La categoria dei beni di interesse pubblico comprende beni sia pubblici che privati. Con riferimento ai beni privati spiccano i beni culturali, la qualificazione di un bene privato come “culturale” determina la sottoposizione del bene stesso a 2 regimi: oltre quello privatistico, quello pubblicistico. La tutela, gestione e valorizzazione del bene soddisfano infatti interessi pubblici, essendo il pubblico diretto fruitore di tali beni. diritti demaniali su cose altrui, diritto d’uso pubblico e usi civici Accanto al diritto di proprietà, che consente all'amm. di disporre liberamente e pienamente dei beni pubblici, la legge riconosce altri diritti reali tra i diritti demaniali su beni altrui, riconosciuti allorché siano utili al “conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi” . Vi possono essere anche limitazioni pubbliche della proprietà privata, che pur non configurando un diritto in capo all'amm., restringono la titolarità del diritto dei soggetti privati. Vi sono infine i diritti d'uso pubblico, che sono ipotesi di diritti della collettività su beni privati, e gli usi civici, che possono gravare anche su beni pubblici e la cui liquidazione è affidata a specifici commissari: essi consistono nell'utilizzo, per il pascolo, la pesca, la raccolta della legna di zone territorialmente appartenenti a privati o a comuni. La particolarità sta nel fatto che gli usi civici non sono attribuiti all'ente territoriale ma alla collettività che ne fruisce, che può essere anche infracomunale. * Con conferimento alla disciplina del godimento e dell'utilizzo dei beni pubblici, la dottrina suole distinguere vari tipi di uso: a. L'uso diretto- è quello riservato al proprietario pubblico per lo svolgimento dei propri compiti, garantito da sanzioni penali contro l'utilizzo da parte di altri soggetti (es: demanio militare è utilizzabile esclusivamente dallo Stato per la difesa nazionale) L'uso promiscuo- è invece quello accessibile anche al altri soggetti, oltre che allo Stato. L'uso generale- è all'opposto dell'uso diretto, la destinazione di beni pubblici all'utilizzo della collettività, che ne trae vantaggio pagando una somma allo Stato oppure mediante la concessione di un'autorizzazione (es. autostrada) utilizzabile dalla collettività pagando il pedaggio autostradale). L'uso particolare- è quello riservato ai singoli soggetti privati al fine della cura e della valorizzazione del bene stesso (es. concessioni di beni pubblici o la gestione dei musei. CAP. IV- L'ORGANIZZAZIONE DEGLI ENTI PUBBLICI l'amministrazione statale centrale: L'organizzazione statale prevede, quale organo di vertice, il Governo: esso è formato dal Presidente del Consiglio e dai ministri, che insieme formano il Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio, capo dell'esecutivo, è nominato con decreto dal P.D.R. da egli stesso controfirmato e dura in carica finché il Governo è sorretto dalla fiducia del Parlamento. Il Presidente del Consiglio dirige la Politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo promuovendo l’attività dei ministri. I Ministri sono organi posti alla direzione di una delle varie branche in cui si suddivide l'attività amministrativa dello Stato, cioè di un dicastero o ministero: affari esteri, giustizia, difesa, pubblica istruzione ecc. Hanno duplice funzione come organi del governo- concorrono a definire l'indirizzo politico come organi amministrativi- sono al vertice di uno specifico ramo della P.A., essi vengono definiti Ministri con portafoglio perché sono a capo di un dicastero. AI contrario, infine, i Ministri senza portafoglio, fanno parte a pieno titolo, con diritto di voto, del Consiglio dei Ministri, ma non sono a capo di uno specifico ministero. Il consiglio dei ministri ha tra i suoi compiti, oltre a quello di indirizzo politico e normativo, anche i poteri di indirizzo e coordinamento, nonché i poteri di annullamento di ufficio di atti amministrativi. Poi abbiamo i sottosegretari di Stato che coadiuvano il rispettivo ministro nell'esplicazione delle sue funzioni ed esercitano i compiti ad essi delegati con decreto ministeriale, sono nominati cono decreto dal P.D.R. su proposta del presidente del Consiglio. Il loro numero non è fissato dalla legge. Inoltre, a non più di 10 sottosegretari può essere conferito il titolo di viceministro, essi possono essere inviati a partecipare alle sedute del Consiglio dei Ministri, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata. Con il d.lgs. n°300/99 si è ridotto il numero dei ministeri e la loro struttura organizzativa. Oggi sono previsti 2 modelli di organizzazione: Tale legge ha infine provveduto all'eliminazione dei c.d. “enti inutili" cioè quegli non necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del Paese. Tutti gli enti del parastato sono soggetti al controllo della Corte dei Conti, tra essi, di particolare spicco sono l'INPS e l'INAIL. Ricompreso tra gli enti parastatali è anche il CONI, soggetto che si pone al vertice dell'ordinamento sportivo pubblicistico italiano, e che svolge compiti di potenziamento dello sport nazionale e di sorveglianza e di tutela delle org. sportive. * Un'altra categoria di enti strumentali e quella degli enti pubblici economici- essi sono titolari di impresa ed agiscono con strumenti di diritto comune. Si tratta di una categoria in via di estinzione in quanto si tende ad operarne la trasformazione in società per azioni. La categoria degli enti economici ricomprende sia quelli che producono direttamente attività produttiva di beni e servizi, sia quelli che detengono partecipazioni azionarie in società a capitale pubblico (Iri, Eni). Infine, c'è da dire che gli enti pubblici economici sono sottratti al regime fallimentare. Poiché essi, operano con gli strumenti di diritto comune, si contesta la reperibilità ad essi dell'autarchia anche se un minimo di potestà pubblica esiste si pensi ad es: e alla potestà di certificazione * ai poteri di autoorganizzazione interna * e la prerogativa dell'autotutela di cui tutti gli enti pubblici economici disporrebbero Vi sono infine altri enti che presentano caratteristiche particolari, quali: * gli ordini e collegi professionali- che sono enti pubblici associativi ad appartenenza necessaria esponenziali delle varie categorie di professionisti che realizzano l'autogoverno della categoria stessa. Essi raggruppano gli individui che svolgono peculiari attività professionali e normalmente richiedono soggetti che, per svolgere la professione hanno bisogno della laurea. * Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che sono enti di diritto pubblico a competenza territorialmente limitata che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, tra cui: * la tenuta del registro delle imprese * la formazione dei listini prezzi * lacura degli interessi delle categorie rappresentate L’AMMINISTRAZIONE STATALE PERIFERICA L'amministrazione dello Stato è presente non solo al centro, ma anche sul territorio nazionale secondo il modello del decentramento burocratico, il quale ha dato luogo all'amm. statale periferica; sul territorio nazionale convivono dunque: * l'amm. statale periferica * quella regionale * e quella degli enti locali Gli ambiti territoriali in cui opera l'amm. periferica sono principalmente la regione e la provincia. AI vertice di ogni ufficio periferico è presente un dipendente del ministero, mentre la difesa in giudizio e le funzioni consultive spettano alle avvocature distrettuali dello Stato, aventi sede in ogni capoluogo in cui opera una Corte d'Appello e il controllo sulla spesa è esercitano dalle ragionerie provinciali. *. Trai vari organi periferici presenti nella struttura organizzativa del nostro Paese spicca la figura del prefetto. Organo del ministero dell'interno preposto all'ufficio territoriale (provinciale) del Governo, il prefetto è in pratica il rappresentante del Governo centrale nella provincia in cui opera. L'istituzione di tale organo risale ad un periodo antecedente a quello in cui sono state istituite le regioni; con il passare del tempo la redistribuzione dei poteri tra lo Stato e gli enti 1 locali ha notevolmente ridotto l'ambito di competenza del prefetto, al quale però sono ancora oggi affidate materie di particolare rilievo quali: * sicurezza e ordine pubblico * espropriazione * gestione delle elezioni pubbliche e amministrative * dell'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici. Il d. Igs.n°300/99 come modificato dal d.lgs n°29/2004 ha trasformato le Prefetture in Prefetture- Uffici territoriali del governo a cui sono preposti i prefetti. Tali Uffici mantengono tutte le funzioni di competenza delle prefetture, assicurano l'esercizio coordinato dell'attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e garantiscono la leale cooperazioni dei medesimi con gli enti locali. l’organizzazione amministrativa territoriale non statale Per enti locali si intendono: i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni La presenza delle regioni all'interno dell'organizzazione amm. dello Stato, anche se prevista sin dagli inizi della Repubblica, ha incontrato notevoli problemi di attuazione dovuti sia all’ostruzionismo di alcune forze politiche, sia alla concezione “centralistica” dello Stato che per molti anni ha dominato l'Italia. Questa è la ragione di fondo per cui, mentre le regioni a statuto speciale sono state istituite già alla fine degli anni 40, quelle a statuto ordinario furono istituite soltanto ventenni più tardi. L'evoluzione ha portato alla riforma del titolo V della parte Il della Cost. operata nel 2001. La nuova disciplina Costituzionale è completata dalla legge attuativa n°131/2003, recante “Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge Cost. 18/10/2003 n°3. La riforma costituzionale, non contenendo norme transitorie, pone alcuni problemi di compatibilità con la legislazione ordinaria, problemi che dovrebbero via via ridursi con l'emanazione da parte del Governo di decreti legislativi indicanti le norme implicitamente abrogate dal nuovo testo costituzionale. * La potestà legislativa delle Regioni è disciplinata dall'art 117 Cost. e si articola in: 1. potestà legislativa concorrente in virtù della quale le Regioni sono tenute a legiferare nel rispetto dei principi fondamentali definiti nella legislazione statale 2. potestà legislativa residuale per cui le regioni hanno competenza legislativa per “ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”. Rispetto al sistema precedente, la riforma del 2001 ha attuato dei cambiamenti, infatti, mentre alle regioni spettava la potestà legislativa per le sole materie tassativamente indicate nel vecchio art. 117 Cost., oggi il principio di tassatività vale per la potestà legislativa dello Stato. e La funzione amministrativa è regolata dell'art 118 Cost. attribuita sia ai comuni, sia agli altri enti locali. La dottrina suggerisce 2 diverse letture dell'art 118 Cost. * secondo la prima lettura, ricavabile dal co.1, i comuni sarebbero titolari di poteri “originari”, vale a dire ad essi spetterebbero tutte le funzioni amministrative. * Secondo la lettura ispirata al co.2, i comuni sarebbero titolari, assieme alle province e alle città metropolitane, di poteri propri e di poteri “conferiti" con legge dallo Stato e dalle regioni. Tale seconda interpretazione risulta preferibile secondo Casetta, sia perché più conforme al sistema di attribuzione di competenze delineato nelle leggi “Bassanini", sia perché lo stesso art.118 Cost. afferma che la distribuzione delle funzioni deve avvenire “sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. L'art. 7 della L. n°13/2003 inoltre dispone che lo stato e le regioni devono conferire le loro funzioni amministrative a province e città metropolitane solo quando occorra assicurare l’unità di servizio. Accanto alle funzioni normative degli altri enti locali, è previsto anche il conferimento di funzioni amministrative alle regioni. Trattasi delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo, conferite “per assicurare l'esercizio unitario” dell’azione amministrativa. * Le regioni possono stipulare intese con altre regioni “per il migliore esercizio delle proprie funzioni anche con individuazione di organi comuni” (art.117 c0.8) e Nelle materie di sua competenza è previsto il potere, in capo alle regioni, di concludere accordi con altri Stati, o con enti territoriali di altri Stati (art. 117 co.9) Riguardo ai limiti delle funzioni amministrative regionali, la riforma del 2001, eliminando l'interesse nazionale quale fondamento del potere governativo di indirizzo e coordinamento (art.117 abrogato), ha inserito, all'art.120 Cost. i casi in cui lo Stato può esercitare il potere sostitutivo nei confronti degli enti locali. * Le materie di competenza regionale sono state estese per la prima volta con decreto n°616/77, ma la vera svolta verso un sistema improntato al decentramento amministrativo si è avuta con la L.n°59/97: la c.d. legge Bassanini, tale legge ha dato piena attribuzione al sistema costituzionale allora vigente, fondandosi principalmente sul principio di sussidiarietà. La normativa inoltre prevedeva che il decentramento avvenisse anche da parte delle regioni e a favore di province, comuni e altri enti locali, quando le funzioni non richiudessero l’unitario esercizio a livello regionale. La legge Bassanini ha di sicuro attuato il massimo decentramento possibile alla luce delle competenze legislative delle regioni come previste dal vecchio art. 117 Cost. Da tale legge gli enti territoriali vedono indubbiamente rafforzato il loro ruolo di rappresentanza delle rispettive collettività. i rapporti con lo stato e l'autonomia contabile delle regioni La Corte Costituzionale ha individuato, quale principio generale al quale dovrebbero essere improntati i rapporti tra Stato e regione nelle ipotesi in cui si verifichino interferenze tra le rispettive competenze, quello della leale cooperazione, il quale implica che i poteri siano esercitati in base ad accordi e intese. Tale principio, impone la previsione di adeguate forme di raccordo procedurale tra regione e Stato e in questa prospettiva è stata prevista la figura del: * rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie; va poi richiamata l'istituzione della: d.l. conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, la regione e le province autonome con compiti di informazione, consultazione e raccordo; d.2. l'istituzione della Conferenza Stato- Città autonomie locali con compiti di coordinamento tra lo Stato e le autonomie locali. Tali conferenze, sono organi statali, anche se a composizione mista. A garanzia dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta alle regioni, il potere di annullamento da parte del governo, non è esercitatile nei confronti degli atti amministrativi regionali: in tal senso si è espressa la Corte Cost. dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 co. 3 lett. P_della I. n°400/88 che attribuiva al Consiglio dei ministri tale potere. e Per quanto attiene ai controlli, è stato eliminato il controllo di legittimità sugli atti amministrativi. e Riguardo al controllo sulla gestione finanziaria della regione, esso è esercitato dalla Corte dei Conti, la quale, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio della regioni, anche in relazione al patto di stabilità interno ed vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. e dei programmi definiti con atti di indirizzo adottati dagli organi politici, attraverso l'adozione dei provvedimenti necessari. Sono dotati di autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. e Il direttore generale, è una sorta di fiduciario del sindaco o del presidente della provincia, incaricato per un periodo determinato di curare il collegamento tra livello politico e livello propriamente amministrativo dell'ente. e Il segretario comunale (o provinciale), è una figura collocata al vertice della struttura burocratica dell'ente. In passato, era organo alle dipendenze dello stato centrale, nominato dall'amministrazione degli interni. Ora è nominato e revocato dal sindaco o dal presidente della provincia non dipendendo più dal ministero dell'interno ma da un'apposita agenzia di diritto pubblico, dai cui albi gli enti locali attingono tali organi. Svolge compiti di collaborazione e di assistenza giuridico - amministrativa nei confronti degli organi dell'ente. Non può trovarsi in una posizione subordinata rispetto al direttore generale, tenuto conto anche del fatto che tali organi svolgono funzioni differenti, infatti: * al segretario spetta garantire la legittimità, economicità, ed efficacia dell'azione amministrativa; * al direttore la responsabilità dell'attività gestionale in relazione al raggiungimento degli scopi fissati dagli organi politici dell'ente. LE FUNZIONI DEGLI ENTI LOCALI Sebbene, a seguito dell'abrogazione dall'art.128 Cost. l'autonomia degli enti locali non sia sancita più dalla legge ordinaria, ma direttamente dalla Cost. (art.114), la disciplina della funzioni fondamentali spetta ancora alla legislazione esclusiva dello stato (art.117 co.2) come per le regioni, anche per le province ed i comuni si è avuta un'evoluzione normativa indirizzata verso una sempre maggiore accentuazione dell'autonomia e del decentramento. Di fondamentale importanza è stata la c.d. legge sulle autonomie locali, con la quale si è riconosciuta la potestà statutaria di province e comuni, dettando una normativa generale che sottrae la materia a deroghe particolari. Segue: le funzioni del comune Ai sensi dell'art.118 Cost. ai comuni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, sono attribuite tutte le funzioni amministrative per le quali non sia necessario l'esercizio unitario da parte della provincia, della regione, della città metropolitana e dello stato. Il co 2, inoltre, specifica che i comuni e gli altri enti locali sono titolari sia di funzioni amministrative proprie, sia di funzioni amministrative conferite con legge statale o regionale. Ai sensi dell'art 117 co 2 Cost. le funzioni fondamentali sono conferite esclusivamente con legge dello stato. Il co 6 dell'art 117 Cost. inoltre, attribuisce ai comuni e agli altri enti locali la potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite sia proprie che conferite. A livello di legislazione ordinaria, l'art 13 T.U. enti locali, attribuisce al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, in particolare nei settori organici dei servizi sociali, dell'assetto e dell'utilizzo del territorio e dello sviluppo economico. Va ricordato infine che il comune gestisce alcune funzioni di competenza statale: l'esercizio di tali funzioni è demandato al sindaco nella speciale veste di ufficiale del governo. Segue: le funzioni della provincia Per la provincia valgono le stesse norme costituzionali analizzate in relazione al comune. L'art 3 T.U. enti locali definisce la provincia come ente intermedio tra la regione ed il comune. Tra le varie funzioni spiccano le attribuzioni in materia ambientale (programmazione e pianificazione territoriale), ma vanno ricordati anche gli importanti compiti in materia di promozione e coordinamento di attività e di realizzazione di opere di rilevante interesse provinciale nei settori economico, commerciale, turistico, sociale, culturale e sportivo. controlli, rapporti finanziari e contabilità degli enti locali e i controlli possono essere indice del grado di autonomia di un ente: più essi sono pressanti meno gli enti possono definirsi autonomi. * Riguardo al controllo sugli atti degli enti locali, in origine era prevista una forte ingerenza del Governo centrale. Il controllo veniva svolto dal Co.re.co (organo regionale) e dal difensore civico, ove istituito e veniva distinto in necessario, facoltativo ed eventuale degli atti amministrativi degli enti locali. * Successivamente interventi legislativi hanno ridotto di molto le categorie di atti soggetti a controllo. Oggi la dottrina maggioritaria ritiene che i controlli necessari siano stati eliminati dalla riforma Cost. del 2001, e che il controllo sostitutivo, che prevedeva la nomina di un commissario ad acta in caso di inerzia dell'ente locale per il compimento di atti obbligatori per legge, sia anch'esso eliminato. Sopravvive l'annullamento straordinario governativo e sono previsti controlli interni, oltre al controllo della gestione ad opera della Corte dei Conti. e Il controllo sugli organi spetta invece allo stato ed è previsto in capo al P.D.R., sentito il ministro dell'interno, il potere di scioglimento dei consigli comunali e provinciali (tra le cause ricordiamo il compito di atti contrari alla Cost. ecc). * Riguardo ai rapporti finanziari, l'assetto delineato dagli art.149 2 ss. del T.U. enti locali, prevede un sistema di finanza locale costituito da una finanza propria (autonoma) e da una finanza trasferita. La previsione di una finanza autonoma, vale a dire la possibilità per gli enti locali di imporre propri tributi, solleva però dubbi di legittimità costituzionale in relazione all'art.23 Cost. che prevede in materia la riserva di legge. * Riguardo infine ai controlli contabili, va detto che l’art 155 T.U. enti locali prevede l'istituzione della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali che oltre al controllo sugli atti riguardanti la modificazione degli organici, stabilisce che la revisione economico-finanziaria sia affidata ad un collegio di revisori dei conti. Il collegio esprime anche rilievi e proposte tendenti a conseguire una migliore efficienza, produttività ed economicità della gestione e che lo statuto può prevedere l'ampliamento della sue funzioni. * Va infine ricordato che il patto di stabilità assunto dal governo in sede comunitaria viene esteso non solo alle regioni, ma anche a province, ai comuni ed alle comunità montane. * Il rispetto degli equilibri di bilancio da parte degli enti è affidato alla Corte dei Conti. ISTITUTI DI PARTECIPAZIONE NEGLI ENTI LOCALI L'art 8 T.U. enti locali individua le modalità di partecipazione all'interno dei comuni (non delle province) dei cittadini. In vista di tal fine si affida ai comuni il compito di valorizzare e promuovere le forme associative e gli organismi di partecipazione all'amministrazione locale. A seguito della riforma Cost. del 2001, la materia rientra nella potestà legislativa regionale. Ai cittadini è consentito: 1 partecipare al procedimento amministrativo relativo alla adozione di atti che incidono sulle loro situazioni giuridiche soggettive. Promuovere, singolarmente o per mezzo di associazioni, istanze, petizioni e proposte dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi. Esprimere la propria opinione (non vincolante) attraverso mezzi di consultazione quali il referendum, su materie di esclusiva competenza locale. Esercitare l'azione popolare, facendo valere in giudizio le azioni e i ricorsi spettanti al comune; nonché il diritto di accesso agli atti amministrativi (eccetto quelli riservati). TERRITORIO E FORME ASSOCIATIVE Il territorio è elemento costitutivo del comune, considerato ente ai fini generali; la regione con propria legge, sentite le popolazioni interessate, istituisce nuovi comuni e può modificare le loro circoscrizioni e la loro denominazione. L'art. 15 T.U., prevede che “salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite”. La potestà delle regioni di procedere alla fusione di comuni è espressamente contemplata dai co 1 e 2, art. 15 T.U. La legge contempla poi le unioni di comuni, enti locali costituiti da 2 o più comuni di norma limitrofi allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza, anche se non appartenenti alla medesima provincia. Le unioni possono essere promosse dalla regione “senza alcun vincolo alla successiva fusione”. Sono previste inoltre forme associative quali: L 2. 3. 4. gli accordi di programma - per la definizione e l'attuazione di opere e di interventi. Le convenzioni — al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinanti Gli uffici comuni — istituiti dalle convenzioni al fine dell'esercizio di funzioni pubbliche 1 consorzi — soggetti distinti dagli enti che li costituiscono, aventi il compito di gestire servizi e funzioni per conto degli enti stessi. È prevista inoltre la possibilità di delega ad un solo ente dell'esercizio di determinate funzioni comuni. La legge non dimentica in ogni caso l'esigenza di assicurare il massimo decentramento burocratico possibile: per questo è prevista la figura della circoscrizione quale organismo di partecipazione e gestione dei servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune. L'istituzione delle circoscrizioni è facoltativa per i comuni con popolazione compresa tra i 30.000 e i 100.000 abitanti, mentre è obbligatoria per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti. CITTA' METROPOLITANE E COMUNITA' MONTANE L'art.114 Cost. qualifica le città metropolitane come enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Cost. alla stessa stregua delle regioni, delle province e dei comuni. La città metropolitana, titolare anche di potestà normative è poi ricompressa tra gli enti locali. Il T.U. prevede la figura dell'area metropolitana, esse comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, sono indicate dallo stesso T.U.. Per la costituzione delle città metropolitane sono previsti 2 procedimenti: la delimitazione territoriale necessaria — dell'area metropolitana ad opera della regione. Le norme che attribuendo poteri, riconoscono interessi pubblici vincenti su quelli privati sono norme di relazione; queste norme regola i rapporti tra P.A. e cittadini attribuendo diritti ed obblighi reciproci. La violazione di tali norme da parte della P.A. comporta la lesione di un diritto soggettivo del cittadino. Per ciò che attiene le situazioni giuridiche del dovere e dell'obbligo vediamo che: * il dovere — è una situazione sfavorevole, un vincolo giuridico a tenere un determinato comportamento positivo o negativo. e L'obbligo — è anch'esso un vincolo a tenere un determinato comportamento, in vista di un specifico interesse di chi è titolare della situazione di vantaggio (si pensi ad es. al diritto di credito, connesso all'obbligazione del debitore). L'INTERESSE LEGITTIMO L'interesse legittimo può essere definito come la pretesa, da parte dei privati, alla legittimità dell'azione amministrativa. Infatti esso è definito come una posizione giuridica soggettiva di vantaggio, che conferisce la pretesa alla legittimità della attività amministrativa, riconosciuta a quel soggetto che, rispetto ad un dato potere della P.A. si trovi in una particolare posizione differenziata rispetto agli altri soggetti (c.d. posizione legittimante). gli interessi legittimi possono essere di 2 tipi: * pretesivi — quando la soddisfazione del soggetto alla propria aspirazione si attua attraverso il comportamento attivo della P.A. (es. domanda di licenza di Taxi) * Oppositivi — quando la soddisfazione del soggetto si realizza attraverso il mancato esercizio del potere della P.A. che potrebbe cagionargli una vicenda giuridica svantaggiosa (es: opposizione all'ordinanza di demolizione). per quanto riguarda i poteri riconosciuti al titolare dell'interesse legittimo, ricordiamo: * il potere di reazione — riconosciuto al titolare dell'interesse legittimo per ottenere l'annullamento dell'atto amministrativo. Tale potere si concretizza nei ricorsi amministrativi e giurisdizionali. e Potere di partecipare all'attività amministrativa. L'osservazione e i documenti che rappresentano il punto di vista del cittadino devono essere presi in considerazione dall'amministrazione procedente. * Potere di accesso ai documenti della P.A. al fine di assicurare una maggiore trasparenza nell'attività amministrativa. Art. 24 L.n.241/90. Accanto alla disciplina che attribuisce il potere, vi è quella che regolamenta l'esercizio dello stesso attraverso le norme di azione. Tali norme regolano l'esercizio dei poteri della P.A. imponendone un determinato comportamento. Se la P.A. viene meno a tale comportamento essa lede un interesse legittimo di un cittadino. INTERESSI DIFFUSI E INTERESSI COLLETTIVI Interessi collettivi sono quegli interessi (interesse alla salute, alla tutela dell'ambiente) che fanno capo ad una ben determinata collettività di individui, quali associazioni culturali, partiti ecc. L'interesse collettivo è: * Differenziato — perché fa capo ad un soggetto individuato, cioè ad una organizzazione di tipo associativo che si distingue sia dalla collettività che dai singoli partecipanti; dunque la lesione dell'interesse collettivo legittima al ricorso solo l'organizzazione e non i singoli che di essa fanno parte. * Qualificato — perché è previsto anche se indirettamente dal diritto oggettivo. Interessi diffusi sono quelli comuni a tutti gli individui di una formazione sociale che non costituisce un gruppo o una categoria omogenei. 1 SITUAZIONI GIURIDICHE E DISPUTE DOTTRINALI Può verificarsi nella realtà la contemporanea presenza di un potere amministrativo che finisca con il configgere con un diritto soggettivo riconosciuto ad un soggetto privato. In questo caso sembra essere in presenza di un apparente antinomia, infatti, la P.A. nel perseguimento dei suoi fini pubblici può essere ostacolata da diritti di privati, in questi casi la legge può attribuirle il potere di sacrificare tali diritti individuali a vantaggio dell'interesse collettivo, per cui i diritti stessi, davanti a tale potere, affievoliscono ad interessi legittimi. Secondo CASETTA, invece, è inaccettabile il fenomeno dell'affievolimento. L'interesse legittimo non nasce dunque dalla degradazione di un diritto soggettivo, ma è una situazione che ha ad oggetto beni della vita diversi. Non sussistono situazioni intermedie tra diritto e interesse legittimo. CASETTA, propende, infine, per la irrinunciabilità dell'interesse legittimo, in quanto, tale situazione, essendo legata al potere amministrativo ed al suo concreto esercizio, non consente al soggetto titolare di rinunciarvi, poiché egli non dispone direttamente del potere in questione. Rinunciabile è invece la tutela giurisdizionale accordata dall'ordinamento a tutela dell'interesse legittimo. MODALITA’ DI PRODUZIONE DEGLI EFFETTI GIURIDICI: Secondo Casetta le vicende giuridiche possono verificarsi secondo 2 differenti modalità o schemi: 1. lo schema norma - fatto - effetto che prevede la produzione di effetti giuridici a seguito del verificarsi di fatti o atti giuridici. In questo caso la norma prevede il fatto o l'atto giuridico, e vi collega la produzione di determinati effetti. 2. Lo schema norma - potere — effetto prevede invece che ad un soggetto (privato o pubblico) sia riconosciuto dalla legge il potere di produrre effetti giuridici in base ad atti giuridici di cui si riconosce l'efficacia. In questo caso dunque la legge disciplina il potere, mentre l’effetto dipende dall'effettivo esercizio di tale potere. Infine, in ordine allo schema norma-potere-effetto che la Corte Cost. ha riconosciuto il principio del giusto procedimento secondo il quale la realizzazione dell'effetto presuppone sempre il conferimento di un potere in capo all'amministrazione I POTERI AMMINISTRATIVI | vari poteri amministrativi, il cui esercizio è trasfuso nell'atto “provvedimento” sono classificabili in varie categorie a seconda dei tipi di effetti che producono: - poteri autorizzatori - poteri concessori - poteri ablatori - poteri sanzionatari - potere di ordinanza - poteri strumentali e dichiarativi. 1. i poteri autorizzatori — l'autorizzazione è un provvedimento mediante il quale la P.A. provvede alla rimozione di un limite legale all'esercizio di una preesistente situazione di vantaggio già precedentemente facente capo al soggetto. | titolari del rapporto autorizzatorio sono: e il destinatario del provvedimento permissivo, che ha la facoltà e non il dovere di esercitare l'attività autorizzata; * la P.A,, che, dopo la concessione del provvedimento, ha solo l'obbligo di sopportare l'attività autorizzata, conservando tuttavia il potere di vigilanza a che la stessa attività sia svolta conformemente alla legge e al disposto del provvedimento permissivo. L'uso del potere autorizzatorio ha l'effetto di modificare la situazione giuridica preesistente ma non consente di costituire nuovi diritti. Figure specifiche dal provvedimento “autorizzazione” sono: * le abilitazioni — sono atti il cui rilascio è subordinato all'accertamento di requisiti di idoneità tecnica dei soggetti a svolgere una certa attività. * Lo stesso vale per le omologazioni. e Il nulla osta — è un atto endoprocedimentale necessario, emanato da un'amministrazione diversa da quella procedente, con cui si dichiara che, in relazione ad un particolare interesse, non sussistono ostacoli all'adozione del provvedimento finale. Esso attiene dunque ai rapporti tra diverse amministrazioni. e La dispensa - è il provvedimento con cui la P.A. consente ad un soggetto di esercitare un'attività o compiere un atto in deroga ad un divieto di legge, ovvero esonera il soggetto dall'adempimento di un obbligo. * L'approvazione — è un provvedimento permissivo mediante il quale l'autorità competente esercita un controllo preventivo di merito sull'atto o l'attività compiuta. Nell'ambito dei procedimenti di controllo va segnalata la figura dell'approvazione condizionata, consistente in un annullamento dell'atto con indicazione dei correttivi necessari per conseguire l'approvazione. * La licenza — è un provvedimento con il quale si consente l'esplicazione di una certa attività. 2) | poteri concessori — la concessione viene definita come il provvedimento amministrativo con cui la P.A. conferisce exnovo posizioni giuridiche attive al destinatario, ampliandone così la sfera giuridica. La concessione a differenzia dall'autorizzazione (entrambi provvedimenti ampliativi) non si limita a rimuovere un limite di una posizione soggettiva preesistente ma attribuisce facoltà nuove al privato. Le concessioni si distinguono fondamentalmente in traslative e costitutive. * Traslative — quando il diritto preesiste in capo all'amministrazione e viene quindi trasmesso al privato (concessione di servizi pubblici); * Costitutive — nei casi in cui il diritto attribuito è totalmente nuovo, nel senso che l'amministrazione non poteva averne la titolarità. tra le figure specifiche della “concessione” ricordiamo: * La concessione di opere pubbliche * La concessione di servizi pubblici e La sovvenzione - è caratterizzata dal fatto che attribuisce al destinatario vantaggi economici, tali vantaggi possono essere diretti (erogazioni di somme) o indiretti (sgravi da oneri) Le sovvenzioni propriamente dette riguardano l'ambito imprenditoriale, mentre nelle attività culturali o sportive assumono il nome di contributi; i sussidi sono invece quelli rientrati nella beneficenza generale. Va ricordata infine, la figura della “concessione — contratto”, tale fattispecie ricorre nelle l'ipotesi in cui il rapporto che nasce dalla concessione è regolato da un atto negoziale intercorrente tra la P.A. concedente e il concessionario (privato). 3) poteri ablatori - sono quegli atti con cui il pubblico potere, per un vantaggio della collettività, sacrifica un interesse ad un bene della vita di un privato cittadino. Essi si distinguono in - “personali” - se sacrificano un diritto di natura personale - “reali” — se sacrificano diritti reali (es. espropriazione); -“patrimoniali” — se sacrificano un diritto patrimoniale. 1 Riguardo agli atti dichiarativi va detto che la loro efficacia dichiarativa può esplicarsi in vari modi: * rafforzando una situazione giuridica preesistente (es. intimazione di pagamento) * specificandone il contenuto (es. iscrizione all'albo) * 0 impedendone la realizzazione (es. cancellazione di un bene dagli elenchi pubblici). Un discorso a parte meritano i c.d. “atti di certazione”, aventi la funzione di attribuire certezza legale, valevole erga omnes, ad un fatto, o atto, o rapporto o status. La certezza legale importa che tali dati si considerino avvenuti in un certo modo; la certezza può poi essere messa in circolazione mediante certificati, che sono documenti tipici rilasciati dall'amministrazione, aventi appunto la funzione di riprodurre i dati contenuti negli atti di certazione. Essi hanno l'efficacia dell'atto pubblico, essendo rilasciati da un pubblico ufficiale autorizzato a darvi pubblica fede, e facendo piena prova, fino a querela di falso, tanto in sede amministrativa quanto in quella giurisdizionale, di ciò che in esso è dichiarato e della provenienza. * Le certificazioni sono invece le dichiarazioni di scienza esternate mediante certificato * Gli attestati, producono minore grado di certezza e sono atti amministrativi tipici che però non mettono in circolazione una certezza creata da un atto di certazione. e Mentre le attestazioni atipiche al più possono creare una presunzione, non certo una certezza legale * E gli atti di notorietà formati da un pubblico ufficiale ed attestano che un fatto è divenuto di dominio pubblico. la figura più importante affermatasi negli ultimi anni è costitutiva dalla dichiarazione sostitutiva (c.d. autocertificazione). Essa nasce dall'esigenza di alleggerire il carico di lavoro dell'amministrazione, consiste in una dichiarazione sottoscritta che il cittadino può produrre in sostituzione delle normali certificazioni solitamente di competenza della P.A. ed attestante fatti che la P.A. deve già conoscere e può agevolmente verificare. L'amministrazione è tenuta a controllare la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'atto del privato, ed in caso di false dichiarazioni sono previste sanzioni penali in capo al dichiarante. L'ESERCIZIO DEL POTERE L'azione amministrativa è disciplinata da norme che la dottrina qualifica col termine “norme di azione” distinguendole dalle norme di relazione che servono a dirimere conflitti intersoggettivi Le norme di azione hanno lo scopo di limitare la libera scelta dell'amministrazione in ordine alle modalità con le quali intende esercitare i poteri che la legge le attribuisce, l'azione quindi risulta, in tutto o in parte, vincolata. Laddove norme di azione non esplicano la loro efficacia, si apre la strada alla discrezionalità amministrativa, vale a dire il margine di libertà che la legge consente all'amministrazione nell'esercizio delle sue funzioni. Oltre alla discrezionalità pura, che attiene ai vari profili dell'attività amministrativa, quali il contenuto del provvedimento, o la decisione sul “se” e sul “quando” emanarlo, vi è una discrezionalità tecnica che consiste in un potere di valutazione riguardante la sussistenza di condizioni necessarie per l'emanazione di un provvedimento. L'operare discrezionale dell'amm. deve in ogni caso attenersi al principio di logicità — congruità, cioè, le scelte devono essere logiche e congrue con riferimento agli interessi pubblici perseguiti, nonché agli interessi privati che con l'azione amministrativa vengono sacrificati. L'insieme delle soluzioni compatibili con il principio di logicità congruità, di cui l'amministrazione può disporre, costituisce il merito amministrativo, esso è in genere sottratto (salvo alcuni casi) al sindacato del giudice amministrativo, ed è di competenza esclusiva dell'amministrazione. LE FONTI DEL DIRITTO ATTINENTI A SITUAZIONI GIURIDICHE: Molte fonti giuridiche pongono norme che interessano il diritto amministrativo, la loro provenienza può essere nazionale o sopranazionale o infine essere interna all'amministrazione stessa. FONTI COMUNITARIE. Tra le fonti giuridiche di provenienza comunitaria ricordiamo: * i regolamenti — atti di portata generale, obbligatori e direttamente applicabili nei paesi dell'UE. Tali fonti possono anche riguardare i rapporti “verticali tra pubblici poteri e cittadini. * Le direttive - sono atti vincolanti per i paesi membri dell'UE in ordine al risultato da raggiungere, ma che lasciano ai singoli Stati la competenza circa i modi e i mezzi per conseguire il risultato stesso. e. La giurisprudenza della Corte Cost, chiamata ad esprimersi sui rapporti tra normativa nazionale e normativa di provenienza comunitaria, ha affermato il principio della prevalenza della normativa comunitaria: in caso di contrasto va applicato il regolamento comunitario, spettando al giudice l'onere di disapplicare eventualmente la normativa nazionale incompatibile. Il dovere di disapplicare la legge italiana incompatibile è riconosciuto anche in capo alla P.A. FONTI AMMINISTRATIVE Sotto il profilo del soggetto e dell'organo da cui provengono, i regolamenti si distinguono in: regolamenti governativi- regolamenti ministriali e regolamenti degli enti pubblici. - I regolamenti governativi sono fonti secondarie del diritto ed hanno il compito di sviluppare integrare ed ampliare la portata delle norme legislative. Essi vengono deliberati dal consiglio dei ministri, udito il parere del Consiglio di Stato, emanati con decreto del P.D.R., pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale ed entrano in vigore dopo un periodo di vocativo di 15 gg. Si distinguono in: e regolamenti esecutivi — sono emanati per rendere più esplicito il contenuto di una legge o di un decreto legislativo tutte le volte che queste ne abbiamo bisogno per una migliore applicazione. * Regolamenti attuativi o integrativi — completano i principi fissati da leggi o decreti legislativi ma non possono regolare materie riservate alla competenza regionale * Regolamenti indipendenti — emanati per disciplinare le materie in cui sussiste un vuoto normativo, salvo che si tratti di materie coperte dalla riserva di legge. * Regolamenti di organizzazione — che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle P.A. * Regolamenti di delegificazione — con i quali una materia precedentemente disciplinata dalla legge, ma non coperta da una riserva assoluta, viene sottoposta alla disciplina di una fonte secondaria. Il problema della gerarchia delle fonti viene risolto dalla legge autorizzatoria del potere regolamentare, che prevede la contestuale abrogazione della norma primaria. | regolamenti di delegificazione sono utilizzati, oltre che per semplificare i procedimenti amministrativi, anche per il recepimento delle norme comunitarie. I REGOLAMENTI MINISTERIALI ED INTERMINISTERIALI 1 Sono adottati dai ministri in materie di loro competenza, non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti deliberati dal Governo e prima di essere emanati devono essere comunicati al Presidente del Consiglio. Sono anch'essi sottoposti al parere obbligatorio del Consiglio di Stato, al visto della Corte dei Conti, ed alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. i regolamenti degli enti locali — costituiscono esplicazione della potestà regolamentare che la Cost. riconosce loro. La L.n.131/2003 ribadisce che l'organizzazione degli enti locali è affidata a regolamenti, nel rispetto delle norme statutarie. Accanto alla potestà regolamentare, dunque, sussiste in capo agli enti locali la potestà statutaria, anch'essa espressamente riconosciuta dalla Cost. Lo statuto stabilisce i principi di organizzazione e di funzionamento dell'ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare. Esso, assieme ai regolamenti costituisce dunque espressione dell'autonomia normativa degli enti locali. NON COSTITUISCONO FONTI DEL DIRITTO INVECE: a. le circolari, atti che pongono le c.d. “norme interne” ed instaurano la prassi; b. i testi unici, che raccolgono in un unico corpo il complesso di norme che disciplinano una determinata materia. CAPITOLO VI IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO L'emanazione da parte dell'amministrazione del provvedimento avviene all'esito di una serie di atti, fatti ed attività logicamente e cronologicamente connessi, i quali costituiscono il procedimento amministrativo. Il procedimento risponde a molte esigenze, quali: * l'accertamento, la valutazione, e la ponderazione degli elementi e degli interessi che la P.A. deve tenere presente nell'emanazione dei singoli atti; * la coordinazione dell'operato e del parere dei vari organi che intervengono nell'emanazione dell'atto; *. l'esercizio dell'attività di controllo *. la garanzia che anche l'interessato venga sentito prima dell'emanazione dell'atto, e possa così, far valere le sue ragioni. La legge n°. 241/90 del 7 agosto A - innanzitutto sorge una responsabilità azionabile in giudizio dell'amministrazione per la lesione di interessi meritevoli di tutela. B - in secondo luogo, sono previsti in alcuni casi poteri sostitutivi in capo aa amministrazioni diverse da quella procedente rimasta inerte; C - si può anche configurare un'ipotesi di illecito disciplinare e di responsabilità civile a carico dei soggetti responsabili; D - infine, l'art. 328 c.p. stabilisce che il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, entro 30 gg dalla richiesta redatta in forma scritta da chi vi abbia interesse, non compie l'atto del suo ufficio o non risponde per esporre le ragione del ritardo, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni. La norma in questione, al I° comma, sanziona anche il rifiuto quando esso attenga ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, igiene e sanità; si tratta delle ipotesi in cui l’atto, relativo alla cura di interessi particolarmente importanti, deve essere compiuto su semplice richiesta di un terzo o su iniziativa del funzionario. In relazione al problema del tempo, va detto che, nel nostro ordinamento vige il principio secondo cui ogni atto deve essere disciplinato dalla normativa vigente al momento in cui esso è posto in essere. Il principio vale anche per il provvedimento finale, per cui, nell'ipotesi in cui la sua emanazione richieda, ai sensi della normativa sopravvenuta, l’esistenza di atti endoprocedimentali non previsti dalla legge precedente e non sussistenti, l'amministrazione dovrà rifiutarsi di emanarlo. IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO La legge n. 241/90, agli art. 4, 5 e 6, ha introdotto, in ossequio al principio di trasparenza, una disciplina che prevede l'individuazione, nell'ambito dell'unità organizzativa competente, del responsabile del procedimento, la comunicazione agli interessati dell'unità organizzativa e del nominativo del responsabile e la precisazione dei compiti di quest'ultimo. | compiti del responsabile del procedimento sono elencati all'art. 6 e sono: * la valutazione delle condizioni di ammissibilità e dei presupposti per l'emanazione del provvedimento; * l'accertamento d'ufficio di fatti ed il compimento di atti necessari per l'adeguato e sollecito svolgimento della istruttoria; nonché la regolarizzazione, attraverso la rettifica, delle istanze e documentazioni erronee o incomplete dei privati; * l’indizione delle conferenze di servizi, che hanno un rilievo istruttorio ma anche decisorio; * la comunicazione dell'avvio del procedimento e di tutti gli atti previsti dalla legge; * l'adozione del provvedimento finale, ove ne abbia la competenza. Dunque il responsabile svolge una funzione di guida e di impulso; egli rappresenta il punto di riferimento della P.A. nei confronti del cittadino. La responsabilità dello svolgimento del procedimento non implica l'automatica imputazione in capo al responsabile degli effetti civile, penali e disciplinari previsti dalla legge in caso di comportamenti illeciti e ciò al fine di non deresponsabilizzare gli organi competenti ad emanare i singoli atti del procedimento. 1 * Tra le competenze previste in capo al responsabile, un discorso più approfondito merita, la comunicazione dell'avvio del procedimento. Ai sensi dell'art. 7 legge n. 241/90 essa va fatta “ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, ed a quelli che per legge devono intervenire”, Si tratta dei titolari di interessi legittimi, pretesivi o oppositivi, nonché degli enti pubblici. E' prevista inoltre la comunicazione a “soggetti individuati o facilmente individuabili“ ai quali potrebbe derivare un pregiudizio dal provvedimento. * Riguardo alle modalità con le quali tale comunicazione va effettuata, l'art. 8 legge n. 241/90 sancisce che essa deve essere fatta “mediante comunicazione personale” notifica o raccomandata, nella quale devono essere indicati: a — l'amministrazione competente; b - l'oggetto del procedimento promosso; c — l'ufficio e la persona responsabile del procedimento; d- l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti. * la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione. La comunicazione può essere effettuata anche secondo modalità differenti, quando per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa (Ill comm.). Non è previsto un termine entro il quale effettuare la comunicazione, nel silenzio della legge, deve ritenersi che tale adempimento vada compiuto senza ritardo e comunque entro un tempo ragionevole tenuto conto delle circostanze. Funzione della comunicazione è quella di consentire la partecipazione al procedimento da parte degli interessati i quali possono intervenire rappresentando il proprio punto di vista. L'eventuale omissione può essere fatta valere dolo da loro. (art. 8 comm. 4). Il dovere di comunicazione subisce alcune eccezioni: 1. in primo luogo non è consentita la comunicazione ai destinatari ove sussistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento" (art. 7 comm. 1). Tali esigenze vanno individuate con adeguata motivazione: la Giurisprudenza ha individuato intere categorie di atti non soggetti a comunicazione, ad es. i procedimenti finalizzati alla occupazione d'urgenza delle aree destinate alla costruzione di opere pubbliche. E' esclusa talvolta la comunicazione nei procedimenti ad istanza di parte e di attività vincolata. 2. la comunicazione è posticipata (non esclusa) quando vi è l'esigenza di adottare provvedimenti cautelari (art. 7 comm. 2). Oltre al caso dei provvedimenti “anticipatori" la dottrina ha individuato la categoria dei c.d. “procedimenti riservati“, in tali la comunicazione vanificherebbe l’effetto della misura cautelare. 3. la comunicazione non è prevista nei confronti della P.A. diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di programmazione e pianificazione, nonché ai procedimenti tributari. ( art. 13 ) L'istruttoria Procedimentale L'istruttoria è la fase del procedimento funzionalmente volta all'accertamento dei fatti e dei presupposti del provvedimento ed alla acquisizione e valutazione degli interessi implicati dall'esercizio del potere. Essa e condotta da responsabile del procedimento, infatti, l'art. 6 legge n. 241/90 configura tra gli obblighi di tale soggetto, quello di curare “l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria". L'oggetto dell'attività istruttoria verte dunque sull'acquisizione dei fatti e degli interessi * i fatti sono eventi o situazioni, gli interessi sono invece aspirazioni a beni della vita; esiste una stretta correlazione tra loro, nel senso che: * il fatto implica e consente di evidenziare interessi, di contro, l'interesse e la verifica della sua esistenza possono richiedere l'accertamento di una situazione di fatto. Le attività della fase istruttoria tendono alla : * acquisizione dei fatti - ossia le condizioni di ammissibilità (interesse a ricorrere), i requisiti di legittimazione (cittadinanza, titolo di studio), e le circostanze di fatto (rilevabili con accertamenti come le ispezioni, le inchieste ecc.). * acquisizione degli interessi — ossia raccolta degli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento, con conseguente partecipazione dei portatori alla luce del principio del giusto procedimento. * L'acquisizione viene effettuata dall'amministrazione in applicazione del principio inquisitorio, in base al quale le allegazioni di fatti ed interessi ad opera delle parti non sono vincolati rispetto all'amministrazione procedente. La selezione ed evidenziazione dei fatti e degli interessi rilevanti deve essere adeguatamente motivata e deve rispettare: * il principio di non aggravamento del procedimento; e. il principio di logicità — congruità; * il criterio della pertinenza all'oggetto del procedimento. Riguardo all'acquisizione degli interessi rilevanti, essi possono avere natura sia pubblica, sia privata. Nel caso di interessi pubblici, la loro rappresentazione può essere data in 3 modi: *.1. attraverso la richiesta all'amministrazione titolare di tale interesse di esprimere la propria determinazione; *.2. attraverso l'indizione di una conferenza di servizi “istruttoria“, vale a dire una riunione di persone fisiche in rappresentanza alla rispettive amministrazioni, al fine di “effettuare una esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti". «.3. attraverso la partecipazione dell'amministrazione al procedimento. Ai sensi degli artt. 7 e 9 legge n. 241/90, sono legittimati all'intervento nel procedimento: e isoggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti; * i soggetti che per la legge debbono intervenire nel procedimento; * i soggetti che possono subire un pregiudizio dal provvedimento, purché individuati o facilmente individuabili. Possono inoltre intervenire nel procedimento i portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento (art. 9) - limitare la portata dell'accesso, consentendo solo l'esibizione di alcune parti. - accogliere l'istanza. In caso di accoglimento, il diritto di accesso si esercita mediante esame gratuito ed estrazione di copia del documento. Non tutti i documenti sono suscettibili di essere conosciuti dai cittadini. | documenti sottratti al diritto di accesso sono: - i documenti coperti dal segreto di stato o dal divieto di divulgazione; - i documenti esclusi al fine di salvaguardare una serie di interessi (sicurezza, difesa internazionale, ordine pubblico e prevenzione e repressione della criminalità) tra i quali merita un approfondimento quello relativo alla tutela della riservatezza. Il termine “riservatezza” (o privacy) indica quel complesso di dati, notizie e fatti che riguardano la sfera privata della persona e la sua intimità. La tutela della privacy non può configgere con il diritto di accesso degli altri soggetti, e necessario dunque che in questo caso l'amministrazione effettui una ponderazione di interessi contrapposti (riservatezza e trasparenza) valutando anche l'esigenza di garantire agli interessati “la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici. Secondo Casetta una soluzione opportuna sarebbe quella di consentire al contro interessato, cioè al titolare del diritto alla privacy, la partecipazione al procedimento sull'istanza di accesso ai documenti. In ogni caso, l'amministrazione consentirà la sola visone di tali atti, escludendo quindi il diritto di estrarne copia. * La tutela della privacy è ora oggetto di un'autonomia normativa, la legge nr, 675/1996 che mira a garantire, attraverso una serie di limiti, la libertà di circolazione dei documenti. Inoltre, l'art. 27 legge n. 241/90 dispone che il trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici è “consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, nei limiti stabiliti dalle leggi o dai regolamenti”. L'art. 24 legge n. 241/90 prevede poi che, nel caso di documenti contenenti dati sensibili (idonei a rivelare l'origine raziale ed etnica, le convinzioni religiose, le opinioni politiche ecc.) e giudiziari (si pensi alla qualità di imputato), l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile. | dati sensibili, poi, secondo l'art. 22 possono essere diffusi o comunicati solo con il consenso scritto dell'interessato, l'autorizzazione del garante, e l'espressa disposizione di legge per gli enti pubblici. * E' in fine prevista una commissione per l'accesso ai documenti presso la presidenza del consiglio, avente il compito di vigilare sull'attuazione del principio di piena conoscibilità dell'azione amministrativa. PROCEDIMENTO, ATTI DICHIARATIVI E VALUTAZIONI: * Affinché un fatto diventi rilevante nel procedimento, occorre che l'amministrazione procedente, o altra amministrazione, accertino la sua esistenza e veridicità. Tale verifica può essere effettuata in due modi: * mediante atti dichiarativi — ossia dichiarazioni di scienza che conseguono ad un procedimento costituito da un insieme di atti ed operazioni finalizzati ad apprendere. Fanno parte di tali atti gli accertamenti aventi ad oggetto fatti semplici e gli atti di certazione, che attribuiscono certezza legale erga omnes a determinati fatti. * Mediante valutazioni tecniche — aventi ad oggetto fatti complessi, per la conoscenza dei quali è richiesta una competenza specifica. Tali valutazioni sono frutto di “discrezionalità tecnica“, e stabilito che: nel caso in cui tali valutazioni non siano effettuate dagli organi o enti addetti entro 90 gg dalla richiesta, il responsabile del procedimento debba richiedere tali valutazioni ad altri organi o enti, dotati di equipollente competenza tecnica. Tale disposizione non si applica nel caso in cui le valutazioni debbano essere effettuate da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale e della salute dei cittadini. La scelta del legislatore di imporre comunque la valutazione tecnica si ricollega alla necessità di una istruttoria completa, senza la quale non è ammesso procedere. LA FASE CONSULTIVA All'interno della fase istruttoria può istaurarsi un subprocedimento diretto alla valutazione del materiale istruttorio raccolto. Tale compito è affidato in genere ad appositi organi i quali esercitano la loro funzione consultiva attraverso i pareri che si distinguono in varie tipologie tra i quali: e i pareri obbligatori — se la loro acquisizione è prescritta dalla legge; e pareri facoltativi - non sono previsti dalla legge, l'amm. può di propria iniziativa richiederli purché ciò non comporti un aggravamento del procedimento. e. Pareri conformi — lasciano all'amm. la possibilità di decidere se provvedere o meno, se essa provvede deve agire in conformità al parere. *. Pareri semivincolanti — possono essere disattesi solo qualora un altro organo, assumendosi la responsabilità amministrativa e politica, adotti il provvedimento al posto dell'amm. procedente; *_ Pareri vincolanti — si tratta di pareri obbligatori che non possono essere disattesi dall'amm. salvo essa non li ritenga illegittimi. Il subprocedimento consultivo inizia con la richiesta di parere, la quale consiste nella formulazione di un quesito, prosegue con lo studio del problema, con la discussione, con la determinazione, con la redazione e si conclude con la comunicazione all'autorità richiedente. Il procedimento consultivo è disciplinato dall'art. 16 L.241/90; Il parere obbligatorio deve essere reso entro 45 gg. dal momento del ricevimento della richiesta (la richiesta consiste nella formulazione di un quesito) dell'amm. procedente per rendere il parere obbligatorio. Il parere facoltativo può invece essere reso entro un termine fissato dall'organo consultivo. Decorso il termine senza che il parere sia stato reso, “è in facoltà dell'amm. richiedente di procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere”. L'ammissibilità del ricevimento del parere tardivo è una scelta del legislatore ispirata al principio di non aggravamento del procedimento. Tale possibilità è però esclusa nel caso in cui i pareri siano rilasciati “da amm. preposte alla tutela ambientale, territoriale e della salute dei cittadini, in tal caso il procedimento non può proseguire fin quando non sia stato reso il parere richiesto. Una disciplina specifica è dettata riguardo ai pareri del Consiglio di Stato, tale organo, oltre che titolare della funzione giurisdizionale, svolge la funzione di consulenza — giuridico — amministrativa del governo e delle altre amministrazioni. L'art. 17 L.n° 127/97 individua i casi in cui tali pareri sono richiesti in via obbligatoria (es. T.U.), stabilisce il termine di 45 gg., dal ricevimento della richiesta entro cui devono essere resi. Differenza tra pareri, valutazioni tecniche, nulla osta: * parere — è espressione della funzione consultiva e comporta di norma un consiglio in ordine agli interessi che l'amm. procedente deve tutelare; e le valutazioni tecniche — attengono invece ad uno o più presupposti dell'agire che devono essere valutati nel corso dell'istruttoria; e il nulla osta — è un atto di amm. attiva che viene emanato in vista di un interesse differente da quello curato dall'amm. procedente. LA FASE DECISORIA (RINVIO AL CAP. VII) LA FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA Nei casi in cui il provvedimento, benché perfetto, non sia ancora in grado di produrre gli effetti per i quali è stato emanato, occorre il compimento di ulteriori attività. Una di queste attività integrative dell'efficacia è il controllo. Esso può essere: * preventivo - se l'efficacia dell'atto controllato risulta sospesa in attesa dell'esito del controllo stesso. * Successivo — qualora funga da condizione risolutiva di un atto già efficace; in caso di esito negativo del controllo si verifica l'annullamento dell'atto controllato. Il controllo dà luogo ad un subprocedimento, e deve essere esercitato entro un termine prefissato, non è ammessa la ripetizione. Nella fase integrativa dell'efficacia rientrano, tra i vari atti, i c.d. * "atti recettivi — atti che diventano efficaci soltanto al momento in cui pervengono nella sfera di conoscibilità del destinatario. Si distinguono dunque dalla generalità degli atti amministrativi, che producono effetti a prescindere dalla comunicazione. Sono recettivi gli atti normativi, gli atti che la legge impone siano comunicati ai destinatari, quelli che impongono obblighi ai destinatari, o richiedano un facere o un non facere del privato per realizzare interessi pubblici. Vi sono poi le, misure di partecipazione aventi il compito di portare atti giuridici nella sfera di conoscibilità del destinatario, tra le quali ricordiamo: e la pubblicazione — che svolge la sua funzione nei confronti di una generalità di individui potenziali destinatari dell'atto ma non contemplati nell'atto stesso. * La pubblicità — destinata ad una pluralità indistinta di individui e caratterizzata dalla predisposizione di documenti (es. pubblici registri) che realizzano la permanenza dello stato di conoscibilità dell'atto da comunicare; * La comunicazione individuale — rivolta ad un destinatario particolare e posta in essere dall'autore dell'atto. * La convocazione — che consiste nell’invito al destinatario a recarsi presso un ufficio per ricevere un documento e rilasciare una dichiarazione; * La notificazione — compiuto da un soggetto terzo rispetto all'autore e al destinatario. Ai sensi dell'art. 6 L.241/90 “le comunicazioni, le pubblicazioni, e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti sono curate dal responsabile del procedimento. * le amministrazioni stabiliscono il termine per l'adozione della decisione conclusiva, rispettando la regola secondo cui i lavori non possono superare i 90 giorni. In caso di inerzia l'amministrazione può assumere la determinazione di conclusione del procedimento (co 3) * ogni amministrazione partecipa ad essa con un unico rappresentante, legittimato ad esprimere in maniera vincolante la volontà dell'organo rappresentato (co 6); * possono chiedersi per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti, chiarimenti o ulteriori documentazioni, che vanno forniti entro 30 giorni (co 8). * l'art. 14 quater disciplina le ipotesi di dissenso espresso in sede di conferenza. Si sancisce che esso a pena di inammissibilità: * deve essere manifestato nella conferenza di servizi; * deve essere motivato; e non può riferirsi a questioni diverse dalla conferenza di servizi; e deve recare le indicazioni delle modifiche necessarie ai fini di un fituro assenso. Manifestato il dissenso, alla amministrazione precedente è comunque richiesto di assumere la determinazione conclusiva; sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza. La determinazione è immediatamente esecutiva (co 2) è ciò significa che il dissenso se minoritario non può paralizzare il procedimento. A tale regola deroga il comma 3,riguardante i casi di dissenso manifestato da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico o alla tutela alla salute. In tal caso la decisione, da adottare entro 30 giorni “è rimessa al Consiglio dei Ministri ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale. silenzio - significativo; Silenzio - inadempimento; silenzio - rigetto; silenzio - devolutivo; Il silenzio è l'inerzia dell'amministrazione. Il nostro ordinamento conosce varie forme di silenzio, a tale proposito va innanzi tutto detto che la regola da applicare, salvo disposizioni contrarie, quando l'amministrazione rimane inerte è quella del silenzio assenso che è una delle tipologie del silenzio significativo. * Nell'ipotesi di silenzio significativo vi sono casi in cui la legge attribuisce valore provvedimentale al comportamento inerte dell'amministrazione. Tali casi sono: a. silenzio assenso — che si configura nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di accoglimento di una istanza. b. Silenzio diniego — si realizza quando la legge conferisce all'inerzia della Pubblica Amministrazione il significato di un diniego di accoglimento dell'istanza o ricorso (in tema di accesso ai documenti amministrativi il termine è di 30 gg). * il silenzio inadempimento riguarda l'ipotesi in cui la P.A. di fronte alla richiesta di un provvedimento da parte di un privato, abbia omesso di provvedere entro i termini previsti dalla legge e questa non contenga alcuna indicazione sul valore da attribuire al silenzio. Per quanto attiene al procedimento di formazione del silenzio inadempimento occorre fare riferimento all'art. 2 L. 241/90, mod. dalla L. 80/2005, secondo cui trascorso il termine fissato per la conclusione del procedimento, il silenzio può ritenersi formato. Alla scadenza di questo termine è possibile proporre ricorso giurisdizionale, ricorso che viene deciso in camera di consiglio, con sentenza motivata entro 30 gg.. * Il silenzio rigetto si realizza nel casi di inerzia dell'Amministrazione consequenziale alla proposizione di un ricorso amministrativo, in tal caso il ricorso si ritiene respinto trascorsi 90 gg. dalla presentazione del ricorso gerarchico. * il silenzio devolutivo si ha quando il silenzio di una P.A. comporta l'attribuzione della competenza ad altra autorità. L'art. 17n della L.241/90 sancisce che, l'inutile decorso del termine consente al soggetto pubblico procedente di rivolgersi ad altra amministrazione di pari competenza al fine di ottenere una valutazione tecnica. La denuncia di inizio attività Tale istituto, disciplinato dall'art. 19 L.241/90, consiste nella sostituzione di un'attività di competenza dell'amministrazione con una di carattere privato. Ciò avviene “in tutti i casi in cui l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato”. 114 L'atto di consenso è dunque sostituito da un atto privato con il quale il soggetto richiedente dichiara l'esistenza dei presupposti e requisiti richiesti dalla legge per l'emanazione dell'atto, con l'eventuale autocertificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. Una volta trasmessa l'informativa all'amministrazione, a questa ultima spetta l'onere del controllo successivo delle dichiarazioni del privato: tale verifica d'ufficio si svolge entro e non oltre 60 giorni dalla presentazione della denuncia, e può comportare il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti “salvo che l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività entro il termine prefissatogli dall’amministrazione stessa”. A tale istituto si applicano le sanzioni previste dall'art. 21 L. n. 241/90 in caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, o anche in caso di svolgimento della attività in carenza dei requisiti richiesti o comunque in contrasto con la normativa vigente. Atto amministrativo e provvedimento amministrativo Tradizionalmente l'atto amministrativo è definito come qualsiasi manifestazione di volontà, desiderio, giudizio o conoscenza provenienti da P.A. nell'esercizio di una potestà amministrativa. Nell'ambito degli atti amministrativi riveste peculiare importanza il provvedimento atto con cui si chiude il procedimento amministrativo. La caratteristica che lo differenzia da tutti gli altri atti amministrativi, sta “nell'idoneità a produrre effetti giuridici" sul piano dell'ordinamento generale ed in capo a terzi soggetti. Dal punto di vista strutturale il provvedimento si compone: 3.a.di un'intestazione — nella quale è indicata l'autorità emanante 3.b. da un preambolo — in cui sono enunciate le circostanze di fatto e di diritto sulle quali si fonda l'atto 3.c. dalla motivazione — la motivazione la quale indica le motivazioni giuridiche e i presupposti di fatto del provvedere 3.d. dal dispositivo — il quale rappresenta la parte precettiva del provvedimento e contiene la concreta statuizione posta in essere dall’ amministrazione; esso è di norma introdotto da espressioni del tipo: ordina, delibera, autorizza, ecc. il provvedimento è poi datato e sottoscritto, indicando anche il luogo della sua emanazione. Componente fondamentale del provvedimento è la sua volontà, intesa come volontà procedimentale e non come volizione della persona fisica che materialmente pone in essere l'atto. Altra caratteristica è la sua autoritatività. Tale concetto ha avuto diverse interpretazioni: * Secondo parte della DOTTRINA tale caratteristica si sostanzierebbe nell'idoneità ad incidere su situazioni giuridiche soggettive., determinando talvolta l'estinzione del diritto a prescindere dalla volontà del destinatario. * Secondo CASETTA è invece connotazione di un potere rivolto alla cura di interessi pubblici, e il suo incidere su situazioni giuridiche soggettive è una possibile conseguenza dell'esercizio del potere, peraltro non sempre sfavorevole. Unilateralità, tipicità e nominatività del potere Essendo l'atto con cui l'amministrazione esercita un potere attribuitole per la cura di interessi pubblici, il provvedimento è: unilaterale — ossia producente modificazioni giuridiche sulla base della sola volontà dell'amministrazione; tipico — vale a dire definito per legge con riferimento agli effetti che produce; nominato — ossia emanato secondo gli schemi procedimentali previsti dalla legge; irretroattivo — naturalmente producendo effetti solo dal momento della sua emanazione; Gli elementi essenziali del provvedimento e le clausole accessorie Gli elementi essenziali sono quegli elementi la cui assenza impedisce al provvedimento di venire in vita. Essi sono: il soggetto — a cui il potere è conferito, deve trattarsi di un soggetto pubblico dotato di personalità giuridica. La violazione delle norme relative ai limiti soggettivi del potere determina la nullità del provvedimento: si pensi all'esempio dell'emanazione di un provvedimento da parte di un ente diverso da quello a cui la legge attribuisce il potere relativo, parte della dottrina parla in questo caso di “straripamento di potere o di incompetenza assoluta”. Il contenuto dispositivo del potere — che rende possibile la produzione di determinate vicende giuridiche. Indica la parte precettiva dell'atto, varia col variare dell'atto, deve essere espressione di una potestà amministrativa, e può essere naturale, implicito, eventuale. L'oggetto — è il termine passivo della vicenda che verrà a prodursi a seguito dell'azione amministrativa: esso deve essere lecito, possibile, determinato o determinabile), e può consistere in beni, situazioni giuridiche, attività. La finalità — ossia la causa per la quale è attribuito il potere La forma - prevista in talune ipotesi e per taluni tipi di provvedimento a pena la nullità. Di norma si tratta delle forma scritta, anche se non mancano esempi di esternazioni dell'atto in forma orale (intimazioni) o comunque non scritte (segnalazioni manuali dei vigili) Accanto agli elementi essenziali, vi possono essere poi elementi accessori, dette anche clausole accessorie, che la volontà della amministrazione può introdurre nell'atto, in aggiunta a quelle che ne costituiscono il contenuto necessario. Esse sono: la condizione — è diretta a subordinare l'inizio o la cessazione dell'efficacia dell'atto al verificarsi di un evento futuro e incerto e può essere sospensiva o risolutiva. Il termine — vale a dire la limitazione temporale dell'efficacia del provvedimento, previsto tal volta direttamente dalla legge. La forma dell'atto non va confusa con la forma di pubblicità, costituita ad esempio dalla verbalizzazione. Il verbale, redatto dal soggetto competente deve essere approvato dai 1 4. travisamento ed erronea valutazione dei fatti, ricorre quando la P.A., nell'emanazione di un provvedimento abbia ritenuto esistente un fatto inesistente o viceversa, ovvero quando abbia dato ai fatti un significato erroneo, illogico o irrazionale 5. incompletezza o difetto dell'istruttoria. Sempre nell'ambito delle figure sintomatiche, troviamo i vizi della motivazione e la violazione delle circolari e delle norme interne. a. il difetto di motivazione si ha quando essa risulti insufficiente, ovvero incongrua o contraddittoria o illogica; se invece una motivazione manchi del tutto, e in questo caso si parla di “carenza di motivazione”, il vizio configurabile è la violazione di legge; b. la violazione di circolari, prassi, ordini e istruzioni: si tratta di “norme non giuridiche" che vincolano gli organi e i dipendenti della P.A. La circolare è un atto con il quale l'amministrazione fornisce in via generale indicazioni in ordine alle modalità con cui dovranno comportarsi in futuro i propri dipendenti e i propri uffici. La prassi è un fatto, un comportamento tenuto da un'amministrazione nell'esercizio di un potere, si distingue dalla consuetudine, che costituisce una fonte del diritto, in quanto non è il comportamento della generalità dei consociati. LA VIOLAZIONE DI LEGGE - è l'ipotesi residuale che consegue al mancato rispetto di una qualsiasi norma di azione che non regoli la competenza. Il termine “legge” va inteso in senso lato, perché la disposizione normativa violata può provenire da qualsiasi fonte. La violazione può ricorrere sia nel caso di mancata applicazione della norma, sia nell'ipotesi di falsa applicazione della stessa. Assai rilevanti sono i casi di violazioni procedimentali, i vizi di forma, la carenza dei presupposti fissati dalla legge. la motivazione di provvedimenti ed atti amministrativi Un importante requisito di validità è la motivazione. E' stata tradizionalmente opinione pacifica, in dottrina e in giurisprudenza, che, in mancanza di una norma generale, non esisteva un obbligo generale di motivazione per gli atti amministrativi, per cui la motivazione doveva ritenersi necessaria solo se imposta dalla legge o dalla natura dell'atto (es. pareri, atti decisori ecc.). L'art. 3 L. n. 241/90 ha innovato la materia, sancendo,in ossequio al principio di trasparenza e di effettività, che ogni provvedimento amministrativo debba essere motivato, ad eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale. Secondo la giurisprudenza, invece, essa è richiesta per gli atti di alta amministrazione. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria; la mancanza, l'insufficienza della stessa e la non indicazione costituiscono vizi di legittimità ed in particolare identificano il vizio di violazione di legge. *. per presupposti di fatto si intendono gli elementi ed i dati di fatto oggetto di valutazione ai fini dell'adozione del provvedimento; * le ragioni giuridiche costituiscono le argomentazioni giuridiche, sono il nucleo della motivazione. E' ammessa la motivazione ob relationem, e cioè la motivazione non risultante dal corpo del provvedimento finale ma dagli atti precedentemente compiuti nel corso dell'iter procedimentale (pareri, proposte), in questo caso però, l'atto da cui risultano le ragioni della decisione deve essere indicato e reso disponibile senza la necessità che venga allegato. La motivazione deve essere formata contestualmente all'adozione della decisione. La decisione oltre che esistente, deve risultare sufficiente per sottrarsi alle censure di eccesso di potere, chiarendo i fatti che giustificano la decisione amministrativa adottata. I vizi di merito | vizi di merito si verificano quando la scelta discrezionale dell'amministrazione procedente non segue i canoni di opportunità e di convenienza che individuano la soluzione migliore. Si profilano dunque due vizi: e L'inopportunità — che di regola è irrilevante in quanto la legge in linea di massima si limita a richiedere che la scelta discrezionale sia legittimata dal punto di vista del canone di logicità — congruità. Nei pochi casi in cui la sfera di azione dell'amministrazione risulti sindacabile, essa può essere oggetto di ricorso amministrativo (gerarchico) e giurisdizionale (di merito), nonché di annullamento in via di autotutela. Il regime è quindi quello dell'annullabilità. e L'irregolarità - invece riguarda vizi che non inficiano né la legittimità né l'efficacia del provvedimento, determinando solo una responsabilità disciplinare a carico dell'agente che abbia violato la norma. Procedimenti di riesame dell'atto illegittimo: conferma - annullamento - riforma - convalida. Assieme ai procedimenti di revisione, i procedimenti di riesame sono finalizzati all'emanazione di c.d. “provvedimenti di secondo grado”, caratterizzati dal fatto di essere espressione di autotutela e di avere ad oggetto altri e precedenti provvedimenti amministrativi. Tra questi ricordiamo: e La conferma (o atto confermativo), adottata allorché l'amministrazione verifichi l'insussistenza di vizi dell'atto sottoposto a riesame; * La convalida, è un provvedimento di riesame a contenuto conservativo. L'amministrazione rimuove il vizio che inficia il provvedimento “di primo grado" e pone in essere una dichiarazione con la quale si riconosce tale vizio e si esprime la volontà di eliminarlo, sempre che tale vizio sia suscettibile di essere rimosso (sono convalidabili i vizi di procedura e l'incompetenza, non lo sviamento di potere). Dalla convalida si distingue la sanatoria, che riguarda i vizi derivanti dalla mancanza di atti endoprocedimentali spettanti ad organi diversi da quelli preposti all'emanazione del provvedimento finale. (sono sanabili con una presentazione tardiva i nulla osta e le autorizzazioni, non i pareri) e L'annullamento d'ufficio (o annullamento in sede di autotutela) è il provvedimento mediante il quale si elimina un atto invalido e vengono rimossi ex tunc, ossia retroattivamente, è dunque dal momento della sua emanazione, gli effetti prodotti, ancorché questi consistano nella costituzione di un diritto soggettivo in capo al destinatario. Il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. L'annullamento d'ufficio ha la funzione di tutelare l'interesse pubblico. Dal punto di vista procedimentale, al fine di agire legittimamente occorre dare comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento di autotutela. | presupposti per esercitare il potere di annullamento d'ufficio sono costituiti dall'illegittimità del provvedimento e dalla sussistenza di ragioni d'interesse pubblico. Pertanto l’amministrazione deve valutare se l'eliminazione del provvedimento invalido sia conforme con l'interesse pubblico. L'annullamento va posto in essere entro un termine ragionevole, decorso il quale i suoi effetti vanno dunque considerati consolidati. (convalescenza). Vi sono poi casi annullamento doveroso nelle ipotesi di illegittimità dell'atto dichiarata da sentenza passata in giudicato di un giudice ordinario; oppure dichiarata da un'autorità di controllo che non abbia il potere di annullamento o, infine, nel caso di atti consequenziali ad atti dichiarati nulli. La produzione di effetti retroattivi può essere impedita dall'esistenza di situazioni già consolidate non suscettibili di rimozione o la cui rimozione configgerebbe con il principio di buona fede. Pur non essendo previsto un limite di tempo per l'annullamento, il potere dovrà essere esercitato in tempi brevi al fine di evitare l'effetto della convalescenza dell'atto, che impedisce appunto l'annullamento d'ufficio di atti illegittimi qualora essi abbiano prodotto i loro effetti per un periodo adeguatamente lungo. La titolarità del potere di annullamento spetta all'autorità che ha emanato l'atto o all'autorità gerarchicamente superiore. È inoltre previsto in capo al Governo il potere di procedere all'annullamento degli atti di ogni amministrazione (ad eccezione delle regioni), ciò in quanto costituente il vertice di tutto l'apparato amministrativo. Il potere in questione ha però carattere straordinario, essendo esercitatile solo nei casi di atti incompatibili con l'unità dell'ordinamento. * la riforma, che si ha quando la parte annullata sia sostituita da un altro contenuto con efficacia ex nunc (riforma sostitutiva) ovvero quando si verifica l'introduzione di ulteriori elementi accanto a quelli originari (riforma aggiuntiva). Conversione, inoppugnabilità, acquiescenza, ratifica, rettifica e rinnovazione del provvedimento. La conversione consiste nel considerare un atto invalido (non solo annullabile ma anche nullo) come appartenente ad un altro tipo, di cui esso presenta i requisiti di forma e di sostanza. L'inoppugnabilità è la conseguenza giuridica che consegue alla scadenza dei termini previsti dalla legge per l'impugnazione giurisdizionale; ciò determina l'inattaccabilità dell'atto, che consolida i suoi effetti. A differenza della convalida, l'istituto opera solo sul piano giudiziario, non su quello sostanziale, di conseguenza l'atto inoppugnabile sarà sempre annullabile d'ufficio o disapplicabile da un altro soggetto i cui termini non siano scaduti. L'acquiescenza è l'accettazione spontanea e volontaria da parte di chi potrebbe impugnarlo, delle conseguenze dell'atto e, quindi, della situazione da esso determinata. Il comportamento acquiescente deve desumersi da fatti univoci, chiari e concordanti e presuppone la conoscenza del provvedimento e l'avvenuta sua emanazione. L'acquiescenza, a differenza della convalida, non produce effetti erga omnes. La ratifica ricorre allorché sussista una legittimazione straordinaria di un organo ad emanare a titolo provvisorio e in una situazione di urgenza un provvedimento che rientra Due sono le tipologie di accordi tra amministrazione e privati: accordi integrativi e accordi sostitutivi. - l'accordo sostitutivo — elimina la necessità di emanare un provvedimento ed è soggetto ai medesimi controlli previsti per il provvedimento sostitutivo, esso è ammesso nei soli casi previsti dalla legge. - l'accordo integrativo - è un accordo endoprocedimentale destinato a riversarsi nel provvedimento finale. Esso, ammissibile solo nell'ipotesi in cui il provvedimento sia discrezionale, fa sorgere un vincolo tra le parti: in particolare l'amministrazione è tenuta ad emanare un provvedimento corrispondente al tenore dell'accordo. Il provvedimento non è revocabile, almeno per quella parte che corrisponde all'accordo, in ordine alla quale si può esercitare il potere di recesso. Il potere di recesso è ammissibile soltanto per sopravvenuti motivi di interesse pubblico; l'amministrazione ha il potere di recedere unilateralmente, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi in danno del privato. La validità e la vincolatività dell'accordo sono dunque subordinate alla compatibilità con l'interesse pubblico, il quale ne diviene così elemento definitorio. Il recesso incide, sciogliendoli, sui rapporti piuttosto che sugli atti: l'atto originario non diviene illegittimo, ma illegittima o inopportuna è la permanenza del rapporto da esso costituito. L'accordo è strettamente legato al tema della partecipazione: esso può infatti essere concluso “in accoglimento di osservazioni e proposte”. A differenza della fattispecie contrattuale di stampo civilistico, nella quale gli interessi dei contraenti sono in posizione paritaria, negli accordi ex art. 11 n° 241/90, la stipulazione avviene “n ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse”. Riguardo alla forma, gli accordi vanno stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga diversamente. Ad essi inoltre si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. I contratti di programma e gli accordi tra amministrazioni Il termine contratto di programma può essere impiegato per indicare gli atti mediante i quali soggetti pubblici e privati raggiungono intese mirate al conseguimento di obiettivi comuni. Sono previsti dalla |. n° 662/1996 recante la disciplina delle attivita di programmazione negoziata, assieme ad altre figure quali: le intese istituzionali, gli accordi di programma quadro, i patti territoriali e i contratti d'area. vi sono poi gli accordi tra amministrazioni, stipulati al fine di svolgere in collaborazione attività di interesse comune, e previsti al fine di semplificare l'azione amministrativa in campi in cui la frammentazione dei poteri, dovuta al numero di organizzazioni coinvolte, richiede misure di raccordo. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai commi 2,3 e 5 I. n° 241/90, in particolare ricordiamo la devoluzione delle controversie alla competenza esclusiva del giudice amministrativo. Spiccano tra gli altri gli accordi di programma, caratterizzati dalla specificità dell'oggetto, nonché dal carattere fortemente discrezionale, dal contenuto di regolamentazione dell'esercizio dei poteri delle amministrazioni interessate e dal notevole grado di dettaglio della disciplina. Si contrappone al contratto di programma che in linea di massima, l'accordo di programma, essendo una tipologia di accordi tra amministrazioni, coinvolge soltanto soggetti pubblici. La figura è prevista in molteplici normative, ma trova la disciplina più esauditivi nell'art. 34 T.U. enti locali, il quale prevede la fase obbligatoria della conferenza di servizi, la disciplina sulla conclusione dell'accordo, la previsione di meccanismi in caso di inadempienze, la regolamentazione degli effetti e la vigilanza di esecuzione. CAPITOLO VIII OBBLIGAZIONI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DIRITTO COMUNE IL REGIME DELLE OBBLIGAZIONI PUBBLICHE TRA DIRITTO COMUNE E DEVIAZIONI PUBBLICISTICE. Esistono obbligazioni facenti capo all'amministrazione in forza di leggi, di contratti e di provvedimenti che ne connotano il ruolo, volte a fornire prestazioni o beni a favore del cittadino o della collettività. Le obbligazioni vanno raggruppate in ragione del comune profilo contenutistico che le caratterizza. I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Gli enti pubblici godono della capacità giuridica di diritto privato possono utilizzare gli strumenti di diritto comune per svolgere la propria azione e per conseguire i propri fini. L'amministrazione può agire utilizzando gli strumenti privatissimi soltanto nei casi in cui vi sia attinenza con le finalità pubbliche (acquisto da parte di un ente che cura interessi ambientali di un macchinario). L'interesse pubblico rileva una serie di importanti conseguenze sul piano del procedimento che segna la formazione della volontà dell'amministrazione: l'espressione “evidenza pubblica”, utilizzata per descrivere il procedimento amministrativo che accompagna la conclusione dei contratti della pubblica amministrazione, indica appunto il fatto che questa fase deve svolgersi in modo da esternare l'iter seguito dall'amministrazione, anche al fine di consentirne il sindacato alla luce del criterio della cura dell'interesse pubblico. Tale procedura è caratterizzata dalla presenza di atti amministrativi mediante i quali l'amministrazione rende note le ragioni di pubblico interesse che giustificano in particolare l'intenzione di contrattare, la scelta della controparte e la formazione del consenso. Costituzione: (I. cost. 3/2001) con riferimento all'attività contrattuale che non sia svolta dallo stato o da enti pubblici nazionali, parrebbe dunque che, fermi restando i vincoli derivanti dalla costituzione, dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, la legge statale possa essere superata dalla normativa regionale. Con riferimento ai riflessi sul bilancio dell'ente, si opera la distinzione tra contratti attivi (se mediante essi l'amministrazione si procura entrate: vendite, locazione e così via) e contratti passivi (attraverso i quali l'amministrazione si procura beni e servizi: tali contratti comportano dunque l'erogazione di spese). le principali scansione del procedimento ad evidenza pubblica: la deliberazione di contrattare e il progetto di contratto. Il procedimento ad evidenza pubblica, volto ad assicurare l'imparzialità e la trasparenza nella scelta del miglior contraente, si apre con la determinazione di contrattare ovvero con la predisposizione di un progetto di contratto; tali atti predeterminano il contenuto del contratto e la spesa prevista ed individuano altresì la modalità di scelta del contraente. Il progetto di contratto deve essere corredato dai capitoli d'oneri. | capitolati generali definiscono le condizioni che possono applicarsi indistintamente ad un determinato genere di lavoro, appalto o contratto e le forme da seguirsi per le gare. Anche ai capitolati speciali la dottrina e la giurisprudenza riconoscono carattere non normativo. Essi riguardano le condizioni che si riferiscono più particolarmente all'oggetto proprio del contratto. La determinazione a contrattare e il progetto possono essere soggetta a controlli e pareri Essi sono considerati atti amministrativi interni, non rilevanti peri terzi e non impugnabili e non revocabili dall'amministrazione. Il parere obbligatorio del consiglio di stato è previsto soltanto sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti da uno o più ministri (I.127/90). Una funzione consultiva in ordine alla stesure di schemi di capitolati e la progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche +che si svolge sia dall'avvocatura dello stato sia dal consiglio superiore dei lavori pubblici per tutti i progetti di opere pubbliche di importo superiore a 100 milioni di Euro. scelta del contraente e l'aggiudicazione La seconda fase del procedimento ad evidenza pubblica è costituita dalla scelta del contraente. Le modalità con cui tale scelta può essere effettuata sono l'asta pubblica, la licitazione privata, la trattativa privata e l'appalto concorso. L'asta è obbligatoria per i contratti dai quali derivi un'entrata per lo stato ( contratti attivi ), salvo che per circostanze ragioni particolari non sia opportuno far ricorso alla licitazione. Invero, la dismissione del patrimonio pubblico consente oggi di agire in deroga alle disposizioni sulla contabilità pubblica, in ogni caso privilegiando procedure di individuazione del contraente peculiari e diverse dall'asta. | contratti passivi, invece, sono preceduti da gara mediante pubblico incanto o mediante licitazione privata, a giudizio discrezionale dell'amministrazione. La licitazione viene preferita in quanto caratterizzata dalla possibilità per l'amministrazione di scegliere in via anticipata, i partecipanti alla gara. In tema di lavori pubblici il d.p.r. 554/1999 sembra ispirarsi al principio del favor nei confronti dell'asta, atteso che ne impone l'impiego all'orché il numero di candidati qualificati nell'appalto concorso e nella licitazione sia inferiore a 3. La trattativa privata, è utilizzabile solo in casi eccezionali. L'asta pubblica è il pubblico incanto aperto a tutti gli interessati che posseggano i requisiti fissati nel bando, mentre la licitazione privata è la gara caratterizzata dal fatto che ad essa sono invitate a partecipare soltanto le ditte che sono ritenute idonee a concludere il contratto. Nell'asta pubblica e nella licitazione privata l'amministrazione predefinisce compiutamente lo schema negoziale, lasciando per così dire in bianco solo il nome del contraente ed il prezzo, senza che il privato possa negoziare i contenuti del contratto. 1 degli amministrati (si pensi alla esclusione dall’invito alla partecipazione ad una licitazione privata di alcuni soggetti). La delibera a concludere un contratto a trattativa privata, che pregiudica l'interesse protetto dell'imprenditore il quale aspira a partecipare alla gara e l'aggiudicazione o l'approvazione del contratto, possono quindi essere lesivi di interessi legittimi e di conseguenza venire autonomamente impugnati. E' vietato il rinnovo tacito dei contratti per fornitura di beni o servizi e contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli. Le peculiarità dell'amministrazioni e della sua azione rilevano allorché si contesti davanti al giudice amministrativo o in sede di ricorso amministrativo la legittimità della serie procedurale che ha condotto all'atto di adesione allo schema contrattuale. A seguito dell’annullamento dei relativi atti amministrativi si producono conseguenze che riverberano sulla validità del contratto, ovvero sulla sua efficacia. Secondo la giurisprudenza del giudice ordinario l'annullamento con effetto ex tunc degli atti amministrativi emanati in vista della conclusione del contratto incide sulla sua validità in quanto priva l'amministrazione della legittimazione e della capacità stessa a contrattare, determinando l'annullabilità del contratto. Siffatto annullamento può però essere pronunciato solo su richiesta dell'amministrazione, la quale sarebbe l’unica parte interessata ai sensi dell'art. 1441 c.c. (l'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge). In pratica il soggetto privato (ad esempio quello che non è risultato aggiudicatario) il quale ritenga illegittimo il comportamento dell'amministrazione, potrà impugnare gli atti della serie pubblicistica ma, una volta ottenutone l'annullamento, non otterrà l'automatico travolgimento del contratto, la cui radicazione può essere pronunciata solo dal giudice ordinario a seguito di azione esperita dall'amministrazione. Questa soluzione ha ricevuto molte critiche in dottrina, più in generale si è rilevato come risulti frustrato l'interesse del concorrente illegittimamente escluso da una gara, il quale pur ottenendo l'annullamento del relativo procedimento, non è in grado di soddisfare la propria aspirazione finale ad essere in contraente. AI momento dal punto di vista giurisprudenziale l'opinione prevalente è quella pregiudizievole per gli interessi dei terzi dell'annullabilità relativa del contratto. In relazione alla tutela del terzo non aggiudicatario l'ordinamento ammette la tutela risarcitoria. Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo questi ha il potere di disporre, “anche attraverso la reintegrazione in forma specifica”, il risarcimento del danno ingiusto. Il giudice amministrativo previa verifica della sussistenza della fondatezza della pretesa del ricorrente all'aggiudicazione, parrebbe, potersi sostituirsi all'amministrazione nell'aggiudicazione dell'appalto stesso disponendo la reintegrazione in forma specifica. La maggioranza della giurisprudenza ritiene comunque che il potere di disporre la reintegrazione in forma specifica non possa essere impiegato dal giudice nelle ipotesi in cui sia già stato stipulato il contratto con altro contraente al ricorrente non resterebbe che il risarcimento per equivalente, il mancato utile con il 10% della base d'asta come ribassata dall'offerta. La giurisprudenza amministrativa (Cons.Stato, sez. V, n. 1218/2003) ha affermato che l'annullamento dell'aggiudicazione comporta la caducazione automatica degli effetti del contratto. cenni alla normativa sui lavori pubblici: appalti e concessioni Una disciplina peculiare dell'esecuzione del contratto è stabilita nella materia dei lavori pubblici. L'art. 2 I. 109/1994, definisce i lavori pubblici come le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere e impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica. I lavori pubblici disciplinati dalla legge medesima possono essere realizzati esclusivamente mediante contratto di appalto o di concessione di lavori pubblici, fatto salvo il caso dei lavori in economia, ammessi sino all'importo di 200.000 Euro e di alcuni lavori del ministero della difesa. Con riferimento ai contratti relativi all'esecuzione dei lavori pubblici una particolare importanza assume l'appalto. L'appalto di lavori pubblici si distingue dal corrispondente contratto privatistico per la natura pubblica di uno dei due contraenti e perché ha ad oggetto la realizzazione di opere pubbliche. L'appalto pubblico di lavori è disciplinato non solo dalla |. 2248/1865, ma in modo determinante dalla normativa di ispirazione comunitaria che si applica ai contratti di importo superiore ad una determinata soglia. Il d.lgs. 406/1991 (legge quadro in materia di lavori pubblici, o “legge merloni") pone la disciplina fondamentale in materia dettando principi applicabili a tutti gli appalti di lavori. | procedimenti per l'aggiudicazione di appalti di lavori pubblici rientrano nell'elenco di quelli soggetti a delegificazione ex art. 20, |. 59/1997. Secondo l’infelice formulazione dell'art. 19, |. 109/1994, ai fini dell'applicazione della legge stessa l'appalto è il contratto a titolo oneroso, concluso in forma scritta tra un imprenditore e un soggetto, avente per oggetto la sola esecuzione dei lavori pubblici ovvero, in alcuni casi la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori pubblici. La concessione è utilizzabile soltanto quando abbia ad oggetto, oltre alla esecuzione, anche la gestione delle opere. Gli appalti, sono affidati mediante pubblico incanto o licitazione privata con il metodo del prezzo più basso la regola è che i contratti di appalto siano stipulati a corpo (prezzo a forfait) ovvero a corpo e a misura; sono stipulati a corpo alcuni lavori (ad esempio quelli di importo inferiore a 200.000 Euro; è in facoltà per gli enti aggiudicatori stipulare a misura i contratti di importo inferiore a 500.000 Euro e quelli relativi a manutenzione, restauro e scavi archeologici. L'aggiudicazione degli appalti può tuttavia anche avvenire con il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa nel caso di appalti di importo superiore alla soglia comunitaria. Le concessioni sono affidate mediante licitazione con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Si è fatto cenno alla figura della concessione di lavori pubblici: per affidare a privati la costruzione di opere pubbliche contestualmente al loro esercizio. La concessione di costruzione e la concessione di costruzione ed esercizio (d.p.r. 554/1999), ha dovuto recentemente confrontarsi con la normativa comunitaria, preoccupata di evitare che uno strumento nato per consentire ai privati di sostituirsi all'amministrazione nella realizzazione complessiva di opere di sua competenza, si trasformasse in un mezzo per eludere la più rigida disciplina comunitaria in materia di appalti. L'art. 19 |. 109/1994, prevede che le amministrazioni aggiudicatici affidino in concessione i lavori pubblici esclusivamente nel caso in cui la concessione abbia ad oggetto, oltre alla progettazione esecutiva e alla esecuzione, anche la gestione delle opere. La legge Merloni-ter (I. 415/1998) ha disciplinato lo strumento del project financing: si tratta di una tecnica di finanziamento per l'esecuzione delle opere pubbliche caratterizzato dal ricorso al finanziamento dei privati, il finanziamento attiene al progetto piuttosto che al soggetto che lo realizza, sicché tale progetto deve essere particolarmente “appetibile" per i finanziatori privati. | lavori sono realizzati con lo strumento della concessione di costruzione e gestione. 1 cenni agli appalti di forniture, agli appalti di servizzi e agli appalti nei c.d. settori esclusi. L'intervento comunitario, ha investito la materia dei lavori pubblici, anche il settore degli appalti di forniture, degli appalti di servizi de degli appalti nei c.d. settori esclusi. L'289/2002, per l'acquisto di beni e servizi, le amministrazione sono oggi obbligate a espletare procedure aperte (asta) o ristrette (licitazione o appalto-concorso). L'appalto di forniture, sono contratti a titolo oneroso aventi per oggetto l'acquisto, la locazione finanziaria, la locazione, l'acquisto a riscatto con o senza opzioni per l'acquisto, conclusi per iscritto tra un fornitore e una delle amministrazioni o enti aggiudicatori. Il contraente è scelto con le forme del pubblico incanto, della licitazione privata, dell'appalto-concorso e della trattativa privata. Le forniture sono aggiudicate con il criterio del prezzo più basso o cono quello della offerta economicamente più vantaggiosa. Gli appalti di servizi sono i contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un'amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la prestazione di servizi indicati in due appositi allegati. gestione d'affari, arricchimento senza giusta causa e pagamento di indebito La gestione d'affari artt. 2028-2032 c.c. obbliga in capo a chi, “senza esservi obbligato, assume la gestione di un affare altrui”, di continuare la gestione stessa e di condurla a termine finchè l'interessato non sia in grado di provvedervi da sé. Questi, qualora la gestione sia utilmente iniziata, ha l'obbligo di adempiere le obbligazioni che il gestore abbia assunto in suo nome e deve tenerlo indenne di quelle da lui assunte in nome proprio, rimborsandogli altresì le spese necessarie o utili. L'istituto può applicarsi all'amministrazione nell'ipotesi in cui un terzo gestisca affari di spettanza del soggetto pubblico, purché, non si tratti dell'esercizio di pubbliche potestà. L'utilità della gestione deve essere accertata con un atto di riconoscimento da parte dell'amministrazione. Arricchimento senza causa, “ chi senza giusta causa si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Le ipotesi che ci interessano sono quelle in cui il soggetto arricchito è l'amministratore, la giurisprudenza individua un presupposto per l'esercizio dell’ arricchimento senza causa nei confronti dell'amministrazione, costituito dal riconoscimento esplicito o implicito dell'utilità dell'opera da parte del soggetto pubblico, riconoscimento che può derivare anche dall'utilizzazione concreta dell'attività o dell'opera. Il pagamento dell'indebito trova applicazione nelle ipotesi in cui l'amministrazione abbia disposto a favore dei propri dipendenti il pagamento di somme in eccedenza rispetto a quelle che avrebbe dovuto versare. L'art. 2033 c.c. prescrive che “ chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato". LA RESPONSABILITA’ CIVILE DELL'AMMINISTRAZIONE E DEI SUOI AGENTI: ART. 28 COST. E LA RESPONSABILITA' EXTRACONTRATTUALE. Il problema della responsabilità della pubblica amministrazione si è sempre e ovunque rivelato di difficile soluzione. Si tratta infatti di conciliare la necessità di tutelar i cittadini di fronte agli illecito danno si perpetrati dai pubblici poteri, con quella di salvaguardare le pubbliche finanze da risarcimenti insostenibili. La costituzione del 1948 pone per la prima volta disposizioni concernenti la responsabilità dell'amministrazione e dei suoi agenti. L'art. 28 Cost. recita: i funzionari e i dipendenti dello L'art. 18, d.p.r. 3/1957 stabilisce che, di fronte alla responsabilità civile fatta valere dal terzo nei confronti della sola pubblica amministrazione, l'impiegato è tenuto a risarcire il danno a questa cagionato, consistente nella somma da essa pagata al terzo, sia pure, come s'è visto, non in virtù di regresso, bensì come conseguenza della violazione di obblighi di servizio. La più attenta dottrina para di responsabilità civile-amministrativa. L'art. 82 r.d. 2240/1923 recita “l'impiegato che per azione od omissione, anche solo colposa nell'esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo stato, è tenuto a risarcirlo"; tranne che dimostri di aver agito per ordine superiore che era obbligato ad eseguire. Il rapporto di servizio è alla radice della responsabilità di cui si tratta. Quanto all'elemento psicologico. La responsabilità in materia di contabilità pubblica è limitata ai fatti o alle omissioni commesse con dolo o colpa grave, con l'evidente fine di attenuare le preoccupazioni dei dipendenti, circa le pesanti conseguenze connesse alla valutazione della colpa effettuata dal giudice contabile con rigore parso talora eccessivo. In tal modo si riducono le possibilità dell'amministrazione di ristoro del danno cagionato dal dipendente mediante la violazione di un dovere d'ufficio. Quanto al danno affiora nella giurisprudenza della Corte dei Conti in rapporto ad un danno all'economia nazionale. L'importanze del nesso di causalità si attenua quando esso viene esaminato in campo civile, tanto più se in rapporto ad una responsabilità contrattuale responsabilità amministrativa. Si tratta di appurare il rapporto di acuzione che intercorre tra l'inadempimento, costituito dalla trasgressione, per azione od omissione, di uno o più obblighi, dover e modalità di comportamento derivanti dal rapporto di servizio ed il danno subito dall'amministrazione, valutando se la causa è stata idonea produrre l'effetto. Se il fatto dannoso è causato da più persone la Corte dei Conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che ha preso. | soli concorrenti che abbiano agito con dolo sono responsabili solidalmente. La prescrizione del diritto al risarcimento del danno si ha dopo cinque anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso ovvero in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta. Una particolare specie di responsabilità amministrativa è in fine la responsabilità contabile che riguarda solo glia “agenti” che maneggiano denaro e valori pubblici e che sono tenuti al rendiconto, e quindi di rendere conto dei beni e dei valori di cui abbino disposto, dimostrando le diverse operazioni svolte nel corso della gestione. I conti degli agenti contabili, debbono essere presentati alla corte dei conti. Il giudizio di conto si istaura necessariamente con la presentazione del conto giudiziale, indipendentemente dall'esistenza di una controversia. obbligazioni e servizi pubblici All'amministrazione fanno capo rilevanti obbligazione nell'ambito dei pubblici servizi, dovere dell'amministrazione di assicurare prestazioni di servizi a favore della collettività. L'intervento pubblico diviene essenziale in settori determinanti della vita consociata. Il tema dei servizi pubblici si caratterizza così come vero crocevia di problematiche amministrative. * L'aspetto organizzativo, l'amministrazione deve garantire la soddisfazione di alcuni bisogni apprestando le strutture necessari ed individuando le modalità di erogazione dei servizi più idonee. e Il punto di vista economico, la scelta delle attività da elevare a servizio pubblico onde soddisfare alcuni bisogni dipende dall'entità delle risorse economiche disponibili, reperite ora mediante prelievo tributario, ora facendo pagare un corrispettivo per il servizio reso. * Il rapporto pubblico-privato. Il servizio pubblico è la complessa relazione che si instaura tra soggetto pubblico, che organizza una offerta pubblica di prestazioni, rendendola doverosa ed utenti. L'amministrazione garantisce direttamente o indirettamente, l'erogazione, al fine di soddisfare in modo continuativo i bisogni della collettività di riferimento, in capo alla quale sorge di conseguenza una aspettativa giuridicamente rilevante. Il servizio pubblico e “assunto” dal soggetto pubblico con legge o con un atto generale, rendendo doverosa la conseguente attività. Alla fase dell'assunzione del servizio segue quella della sua erogazione volta a fornire prestazioni ai cittadini. L'ordinamento prevede forme tipizzate di gestione, contemplando spesso anche l'intervento di soggetti privati. Di recente si è introdotto l'impiego del “contratto di servizio" quale strumento per disciplinare i rapporti tra amministrazione e soggetto esercente: il d.lgs. 422/1997 dispone che l'esercizio dei servizi di trasporto pubblico e locale è regolato mediante contratti di servizio di durata non superiore a nove anni. Tra le forme di gestione del servizio pubblico abbiamo i servizi a carattere industriale che vengono affidati a società di capitali individuate a seguito di procedure competitive. Peri servizi pubblici privi di rilevanza industriale è contemplato l'affidamento a terzi, mentre la gestione in economia è ammessa soltanto quando, per le “modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio”, non sia opportuno procedere ad affidamenti diretti. Molteplici sono le classificazioni che possono essere operate in relazione ai servizi pubblici. La Costituzione parla di “servizi pubblici essenziali” art. 43. Il riconoscimento dell’esistenza di tali servizi consente addirittura di “chiedere” un mercato, escludendo la libertà di iniziativa economica. Gli artt. 33,34,38 della Cost. ostano invece all’instaurazione di un Monopolio pubblico per i servizi di istruzione e di assistenza. Servizi indispensabili “ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità sono finanziati dalle entrate fiscali, le quali integrano comunque la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi indispensabili. | servizi sociali sono finalizzati alla tutela e alla promozione del benessere della persona, doverosità della predisposizione degli apparati pubblici necessari per la loro gestione e assenza del divieto per i privati di svolgere siffatta attività. In sostanza l'intervento pubblico è imposto dall'ordinamento. L'art. 7 I. 205/2000 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, compresi “quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 481/1985”. servizi pubblici e tutela delle situazioni soggettive Mediante l'assunzione e la programmazione del servizio pubblico, l'amministrazione assume il dovere di garantire il servizio. Le prestazioni possono essere rese indistintamente a tutti gli interessati (si pensi al servizio radiotelevisivo), ovvero ai singoli utenti che ne facciano richiesta (gas, energia e così via). In questo secondo caso, l'erogazione dei servizi, a domando individuale, presuppone l'instaurazione di contratti di utenza pubblica, i quali sono configurati sul modello del contratto per adesione. Ove vi sia stata la stipulazione di un vero e proprio contratto sorge un diritto soggettivo in capo al privato, con la conseguenza che l'inadempimento dell'amministrazione origina responsabilità contrattuale. Si pensi alle prestazione sanitarie: la giurisprudenza oscilla tra l'affermazione della sussistenza di un diritto soggettivo e il riconoscimento di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere amministrativo di organizzazione del servizio. La protezione del cittadino, è realizzata attraverso il ricorso alla tutela propria dell'interesse legittimo. adempimento delle obbligazioni pubbliche e responsabilita patrimoniale dell'amministrazione. Talune obbligazioni non hanno ad oggetto una somma di denaro, mentre altre, le più importanti, hanno carattere patrimoniale. Le disposizioni sulla contabilità pubblica prevedono un minuzioso procedimento, che inizia con la comunicazione agli uffici di ragioneria dell'atto dal quale deriva l'obbligo di pagare una somma, per la registrazione dell'impegno, e si chiede con il pagamento della soma. Le più importanti deroghe alle regole civilistiche, riguardano il luogo e il tempo dell'adempimento. Luogo dell'adempimento, i pagamenti debbono essere eseguiti secondo le regole civilistiche (domicilio del creditore al tempo della scadenza), altra e prevalente tesi ritiene che il luogo dell'adempimento si costituito dalla sede degli uffici di tesoreria. Tempo dell'adempimento , i crediti producono interessi dal momento in cui essi sono liquidi ed esigibili. Alla scadenza del termine per il pagamento, il credito liquido si deve quindi ritenere senz'altro esigibile. Altra regola peculiare applicabile all'amministrazione è quella relativa alla possibilità, riconosciuta a favore dello Stato, ma non del privato, di operare compensazioni tra propri crediti e debiti: in virtù del principio dell'integrità del bilancio, il creditore privato non può rifiutare un adempimento parziale della pubblica amministrazione, il che può avvenire quando in bilancio non sia stanziata una somma sufficiente a pagare l’intero debito. Un istituto peculiare del diritto pubblico è inoltre costituito dal fermo amministrativo, “qualora un'amministrazione dello Stato che abbia ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo”. Senza la necessità di utilizzare lo strumento del pignoramento o del sequestro. Con provvedimento definitivo potrà avvenire l'effettivo incameramento delle somme dovute dallo Stato al terzo e la compensazione legale dei debiti con i crediti della Stato. CAP IX GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA causa (art.8 comma 2). È previsto inoltre, nelle materie spettanti alla competenza esclusiva del giudice amministrativo, il ricorso all'arbitro (art.6). La novità di maggior rilievo deriva dal recepimento della sent. N°500/1999 della Corte di Cassazione: in tale decisione la Suprema Corte ha affermato il principio della risarcibilità degli interessi legittimi. In base a tale pronuncia l’art. 35 comma 5 d. Igs. Modificato dalla L.205/2000 consente al giudice amministrativo di conoscere anche le questioni relative all'eventuale arcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e gli altri p: consequenziali. La giurisdizione e i suoi limiti: in particolare la ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo La funzione giurisdizionale è l’unica funzione che appartiene esclusivamente allo stato: quella normativa e quella amministrativa sono riconosciute ed attribuite anche ad altri soggetti dell'ordinamento (es. regioni ed Enti Locali). Spetta solo allo Stato la possibilità di applicare il diritto al caso concreto al fine di risolvere le controversie. La giurisdizione è attuazione della legge e quindi essa si estende fin dove sussiste soggezione alla Legge. La LEGGE attribuisce la giurisdizione a soggetti dell'ordinamento (appartenenti alla magistratura) individuando i limiti del relativo potere: * Limiti esterni sono quelli oltre i quali la funzione giurisdizionale non può spingersi, perché nessun giudice sarà titolare del potere di decidere. * Limiti interni sono invece le norme che definiscono l'estensione delle varie giurisdizioni: ordinaria, amministrativa, costituzionale, contabile. Il superamento dei limiti esterni determina una mancanza di giurisdizione. Il superamento dei limiti determina una questione di competenza (ad esempio: giudice ordinario o giudice amministrativo?) Per riconoscere l'appartenenza della questione la giurisprudenza utilizza la formula del <cattivo uso del potere — carenza di potere>: * cattivo uso del potere: Giudice Ordinario * carenza di potere: Giudice Amministrativo Per procedere all'identificazione dell’azione concretamente esercitata nel processo bisogna ricorrere agli elementi dell'azione, essi sono: * II PETITUM * LA CAUSA PETENDI Il PETITUM è l'oggetto dell'azione (nel giudizio amministrativo è la domanda di annullamento). La CAUSA PETENDI è il titolo sul quale si fonda l'azione. L'evoluzione del sistema di riparto, registrata dalla opera della dottrina non è stata né lineare né semplice: * prima c'è il riparto secondo il criterio del PETITUM, in virtù del quale il giudice amministrativo aveva giurisdizione nel momento in cui veniva chiesto l'annullamento dell'atto, a prescindere dalle norme violate, mentre il Giudice Ordinario doveva decidere le controversie allorché si fosse chiesta una sentenza di condanna o dichiarativa; *. successivamente il criterio del PETITUM fu rifiutato, adottato come riferimento di riparto la natura giuridica dedotta in giudizio (diritto soggettivo o interesse legittimo); *. nel periodo 27-29 a causa del contrasto tra IVA e VA sezione del Consiglio di Stato si impiegò ancora il PETITUM, aprendo così la via alla c.d. DOPPIA TUTELA, nel senso che il privato poteva rivolgersi al G.O. o al G.A. a seconda della richiesta di risarcimento o annullamento dell'atto; * nel 1930 la Cassazione ed il Consiglio di stato concordarono (c.d. concordato del 1930) che il criterio decisivo fosse quello costituito dalla natura intrinseca della controversia, sicché l'annullamento può essere chiesto al G.A. solo se la pretesa riguarda interessi legittimi - CRITERIO DEL PETITUM SOSTANZIALE Una volta riconosciuta la rilevanza della causa petendi ai fini del riparto, la giurisprudenza si è impegnata a definire la regola che distingue la lesione di un diritto soggettivo dalla lesione di un interesse legittimo. Questa è basata sulla contrapposizione tra CARENZA DI POTERE e CATTIVO USO DEL POTERE. Quando si contesta l’esistenza del potere si parla di lesione di DIRITTI SOGGETTIVI Quando si lamenta un cattivo uso del potere si parla di lesione di INTERESSI LEGITTIMI. In base a tale criterio si deve richiamare l’attenzione: e sull'allargamento del limite interno, cioè su quello che divide la giurisdizione amministrativa e la giurisdizione ordinaria operato dalla più recente legislazione attraverso la estensione dei casi di giurisdizione esclusiva; * sull’allargamento del limite esterno a favore del giudice amministrativo quando a questi è riconosciuta la potestà di sindacare non solo sulla legittimità ma anche nel merito dell’atto amministrativo. Si verifica una CARENZA DI POTERE in concreto quando l'Amministrazione agisce in situazioni in cui difettino uno o più fatti stabiliti dalla LEGGE (esempio un provvedimento di espropriazione per pubblica utilità emanato quando è già scaduto il termine della pubblica utilità). Conflitti di attribuzione, conflitti di giurisdizione e verifica della giurisdizione:profili storici Nel nostro ordinamento sussistono due ordini di giurisdizione: * ORDINE GIURISDIZIONALE ORDINARIO; * ORDINE GIURISDIZIONALEAMMINISTRATIVO. Possono tra questi due ordini verificarsi conflitti sulla spettanza del poterei giudicare le controversie riguardanti la P.A. | conflitti possono essere: - Conflitti di attribuzione: allorché sorgono tre soggetti dotati di una sfera di competenza costituzionalmente riservata — spetta alla Corte Costituzionale risolvere il problema; - Conflitti di giurisdizione: riguardano organi appartenenti a diversi ordini giurisdizionali — spetta alla Corte di Cassazione a sezioni unite risolvere il problema; - Conflitti di competenza (“amministrativi” o “giurisdizionali") nell'ipotesi in cui sorgano tra organi appartenenti allo stesso soggetto o allo stesso complesso giurisdizionale. (Ad es. nel caso di conflitti tra ministri spetta al consiglio dei ministri di risolvere la problematica; nel caso di conflitti giurisdizionali la loro soluzione spetta alla Corte di Cassazione a sezioni semplici). Sezione Il - LA TUTELA INNANZI AL GIUDICE ORDINARIO Il giudice ordinario e la pubblica amministrazione: la disciplina di cui alla 12248/1865, all. E. L'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO comprende: * Il giudice di pace; * Il tribunale; * La corte d'appello; *. La corte di Cassazione; e per quanto riguarda la giustizia penale abbaiamo anche: 1 * Le corti di assise; * Le corti di assise di appello. Il Tribunale è suddiviso in: * Tribunale che giudica in composizione monocratica; * Tribunale che giudica in composizione collegiale. L'allegato E, art. 2, 4 e 5 della legge 2248/1865 individuano l'ambito di giurisdizione edi poteri del Giudice Ordinario nelle controversie che riguardano una pubblica amministrazione. Sotto il profilo della giurisdizione il Giudice Ordinario conosce le controversie in cui si faccia questione di un diritto civile o politico. Sotto il profilo dei poteri l'art. 4: * Ilcomma1 prevede i poteri di cognizione, sancendo che i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto amministrativo dedotto in giudizio, che si desumo lesivo di un diritto ricorrente; inoltre aggiunge che “/'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato in quanto riguarda il caso deciso”. * Ilcommaz si occupa invece dei poteri di decisione, disponendo che la pronuncia del giudice non ha efficacia erga onmes, ma vale soltanto per il caso deciso ed inter partes. Si vede come l'oggetto del giudizio verta sull'accertamento della lesione del diritto, non sulla illegittimità dell'atto che compete invece all'autorità amministrativa. Per sopperire alla limitazione de sindacato del giudice l'art. 5 introduce l'importantissimo istituto della disapplicazione: esso è l'istituto che si occupa espressamente degli effetti dell'atto. Il Giudice, una volta accertata la legittimità dell'atto amministrativo, dovrà giudicare senza tener conto degli effetti prodotti da tale provvedimento. L'eliminazione dell'atto illegittimo spetterà all'autorità amministrativa: nel caso in cui essa non si conformi di sua spontanea volontà al giudicato, sarà esperibile il rimedio del ricorso di ottemperanza, introdotto nel 1889 con la legge istitutiva della quarta sezione del Consiglio di Stato, e devoluto quindi alla competenza del giudice amministrativo. Il ricorso di ottemperanza consente alla parte che abbia ottenuto una pronuncia favorevole del giudice ordinario di rivolgersi al giudice amministrativo nel caso in cui l'amministrazione non si conformi al giudicato. Il rimedio è abbastanza frequentemente impiegato nelle ipotesi di sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro. * L'atto è disapplicabile quando sia affetto da qualsiasi vizio di legittimità. Il potere di disapplicazione è esercitabile d'ufficio. e Il potere di disapplicazione è esercitabile anche dal giudice penale e di recente è stato riconosciuto anche in capo al giudice amministrativo. Un cenno particolare merita la normativa che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario in materia di danno ambientale. L'illecito è disciplinato dall'art. 18 della L.349/1986 “qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo, o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato. Le azioni ammissibili nei confronti della PA. e le deroghe al diritto processuale comune In mancanza di norme che determinassero i tipi di azioni (e di sentenze) esperibili dai privati nei confronti della P.A. dinanzi al giudice ordinario, la loro determinazione è stata * criterio dell'efficacia dell'atto - (ove essa sia territorialmente limitata alla circoscrizione di un Tar, la competenza spetta al Tar medesimo) * criterio della sede di servizio del pubblico dipendente — in materia di pubblico impiego è competente il giudice del luogo in cui ha sede l'Ufficio presso il quale il dipendente si trova in servizio al momento dell'emissione dell'atto impugnato, sede che non necessariamente coincide con quella dell'organo che ha emesso l'atto. Il Tar Lazio ha competenza per gli atti statali. Ripartizione tra giurisdizione generale di legittimità, giurisdizione esclusiva e giurisdizione di merito Il termine giurisdizione può essere utilizzato per indicare i tipi di potere di cui dispone un giudice in concreto per l'esercizio della sua funzione. Il giudice amministrativo giudica in via generale — e quindi senza necessità di una esplicita norma di legge — sulle controversie relative alla legittimità di atti amministrativi lesivi di interessi legittimi, con i poteri istruttori definiti e con poteri decisori che vanno dall'annullamento dell'atto, alla condanna, al risarcimento del danno. La causa petendi è dunque l'interesse legittimo. Caratteristiche di tale giurisdizione, definita giurisdizione di legittimità, sono quindi la generalità, la tutela degli interessi legittimi, il potere di annullamento spettante al giudice e quello di conoscere anche di tutte le “questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali”. In materie tassativamente determinate dalla legge il giudice amministrativo è chiamato a conoscere non solo di interessi legittimi ma anche di diritti soggettivi, in questi casi ad esso è attribuita una giurisdizione esclusiva, cioè sottratta alla giurisdizione di ogni altro ordine giudiziario. La giurisdizione amministrativa esclusiva riguarda le materie in cui è esclusa la giurisdizione di ogni altro giudice e, in particolare, del giudice ordinario. L'elenco delle materie di giurisdizione esclusiva è in primo luogo fornito dall'art. 7 I. TAR; rientrano tra le altre le controversie in materia di: servizi pubblici, edilizia e urbanistica; procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture nell'ambito delle regole comunitarie. La giurisdizione di merito è invece un ampliamento del limite esterno della giurisdizione amministrativa in quanto consente, anche qui in materie tassativamente previste dalla legge, un sindacato giurisdizionale che ha ad oggetto non solo la legittimità, ma anche l'opportunità dell'esercizio del potere da parte dell'amministrazione. Dunque, il giudice, in caso di giurisdizione di merito ha il potere di annullare l'atto oltre che per illegittimità anche per vizi circa l'utilizzo del potere discrezionale, ed ha altresì il potere di riformare o sostituire l'atto viziato. Poteri del giudice amministrativo - il giudice amministrativo ha il potere di annullare l'atto (anche per vizi di merito), nonché quello di riformarlo o sostituirlo e di adottare i consequenziali ulteriori provvedimenti. Ha ampi poteri istruttori, oltre a quelli della giurisdizione di legittimità può ordinare qualunque mezzo istruttorio, nei modi regolati dal regolamento di procedura, potendo utilizzare anche testimonianze, ispezioni e perizie, ad eccezione di mezzi incompatibili con i caratteri della giurisdizione amministrativa. L'art. 26, I. Tar parla di competenza (esclusiva e di merito), consentendo al giudice, in determinate materie rientranti in quelle di competenza, di condannare l'amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice. IL PROCESSO AMMINISTRATIVO - sezione JV Il processo amministrativo è retto da una molteplicità di norme, non sempre coordinate tra di loro. Anche nel processo amministrativo, al pari del procedimento, vi sono norme di diritto pubblico; la funzione giurisdizionale si differenzia però da quella amministrativa in quanto non è finalizzata alla cura di interessi di una delle due parti in causa, ma è caratterizzata dalla mera applicazione della legge, al fine di ristabilire nell'ordinamento giuridico l'ordine violato nel rispetto di alcune fondamentali garanzie delle parti stesse. Il processo si caratterizza per la posizione di terzietà assunta dal giudice, per il carattere irrevocabile del provvedimento emanato dal giudice o, per il fatto che le sentenze non possono essere modificate o revocate o comunque dichiarate illegittime se non mediante altre pronunzie giurisdizionali. | principi del processo | principi che reggono il processo amministrativo sono: - il principio della domanda - il giudizio si instaura solo a seguito del ricorso (iniziativa) della parte, il giudice, quindi, non può procedere d'ufficio; il giudice amministrativo deve inoltre rispettare i limiti della domanda avanzata dalla parte, non potendo ad es. annullare l'atto per motivi differenti da quelli denunciati. AI riguardo si aggiunga che il thema decidendum è stabilito in linea di massima dal ricorrente in modo unilaterale, questa è una applicazione del principio della unilateralità dell'azione, che emerge pure nella disciplina della rinuncia, la quale non richiede accettazione della controparte. Il processo amministrativo è un processo di parte o accusatorio, in cui la disposizione dell'oggetto del processo, delle pretese e delle prove spetta alle parti. - principio dell'impulso processuale di parte - il giudizio, infatti, prosegue solo in forza dell'impulso delle parti. In particolare, dopo il deposito del ricorso occorre la presentazione di una domanda di fissazione di udienza, pena la perenzione (cioè l'estinzione del processo per inattività della parte) del ricorso stesso e fatti salvi i casi in cui il processo si celebra in camera di consiglio; il ricorrente, decorsi 10 anni dalla data di deposito del ricorso, deve inoltre presentare nuova istanza di fissazione di udienza, pena la perenzione; inoltre il ricorrente dispone dello svolgimento del processo potendo in qualunque momento rinunciare al ricorso o a qualche motivo dello stesso. - il processo amministrativo, inoltre, è un processo di ricorso, nel senso che con l'atto introduttivo non si cita la controparte a comparire in giudizio (vocativo in jus), l'atto instaurativo è infatti una vocativo judicis, con il quale si chiama il giudice a provvedere sull'oggetto della domanda, sicché, ad. Es. il rapporto processuale si instaura non nel momento della notificazione del ricorso alla controparte, ma in quello del suo deposito presso il giudice amministrativo. - il principio del contraddittorio — esprime la posizione di uguaglianza delle parti in ordine alla possibilità di elaborazione del contenuto della sentenza. Ai fini della validità della domanda il ricorso deve essere notificato all'autorità che ha emanato l'atto e ad almeno uno dei controinteressati; il contraddittorio deve comunque essere integrato nei confronti di tutti i controinteressati nel corso del giudizio. - il principio della concentrazione - impone una trattazione rapida del processo, possibilmente in un'unica udienza. - il principio della collegialità - esprime che la trattazione della causa si svolge davanti al collegio. - il principio del doppio grado - di giurisdizione nel processo amministrativo avrebbe un fondamento costituzionale nell'art. 125 Cost. dal quale emerge l'impossibilità di attribuire al Tar competenze giurisdizionali in unico grado, onde la garanzia del doppio grado va riferita alle controversie che il legislatore attribuisce agli organi locali di giustizia amministrativa. - il principio della pubblicità delle udienze — esprime che salvo i casi dei procedimenti celebrati con rito camerale, il giudizio si celebra in pubbliche udienze. Le parti del processo amministrativo Le parti sono i soggetti del processo diversi dal giudice. Nel processo amministrativo vi sono alcune parti necessarie, nel senso che non possono mancare, e parti eventuali, la cui partecipazione è consentita ma non indispensabile. Sono parti necessarie: il ricorrente — titolare del diritto d'azione, che agisce a tutela di un interesse legittimo o, nei casi di giurisdizione esclusiva, di un diritto soggettivo. La P.A. — più precisamente l'autorità amministrativa che ha emanato l'atto impugnato, che si presenta sempre come resistente rispetto alle pretese del ricorrente. L'amministrazione statale è rappresentata in giudizio ex lege — dunque senza bisogno di apposito mandato — dall'avvocatura dello Stato, essa ha in via esclusiva e obbligatoriamente il patrocinio dell'amministrazione statale. La difesa dei altri enti pubblici è assunta da professionisti del libero foro o dai componenti dei rispettivi uffici legali, iscritti in elenchi speciali annessi agli albi degli avvocati. Gli eventuali controinteressati — sono i soggetti titolari della legittimazione a contraddire, essi traggono vantaggio dall'atto impugnato poiché l'annullamento dell'atto arrecherebbe loro uno svantaggio. Il controinteressato ha quindi un interesse giuridicamente rilevante di segno opposto rispetto a quello del ricorrente, in quanto mira alla conservazione dell'atto. Qualora vi siano più controinteressati, ai fini dell'ammissibilità è sufficiente che il ricorso sia notificato ad almeno uno di essi; va però ricordato che il giudice amministrativo deve ordinare nel corso del giudizio l'integrazione della notifica agli altri controinteressati. Per quanto riguarda la posizione dei cointeressati, cioè i soggetti che si trovano nella stessa posizione del ricorrente , la giurisprudenza nega che essi debbano essere chiamati in giudizio ma riconosce a tali soggetti la possibilità, a determinate condizioni, di intervenirvi, realizzando una ipotesi di litisconsorzio facoltativo attivo. Le azioni esperibili nel processo amministrativo Nel processo amministrativo sono esperibili: l'azione di impugnazione — che è l'azione principale proponibile dinanzi al giudice amministrativo e mira ad ottenere una pronuncia di annullamento dell'atto amministrativo e cioè l'eliminazione del provvedimento e dei suoi effetti dal mondo del diritto. L'azione cautelare — mira a scongiurare il rischio che la decisione con cui si dichiara fondata la domanda della parte giunga quando ormai il provvedimento è stato portato ad esecuzione o il comportamento ha esplicato effetti pregiudizievoli. L'azione di condanna — mediante la quale il ricorrente mira ad ottenere una decisione che ordini all'amministrazione di pagare una somma di denaro, era in passato ammessa solo nella giurisdizione esclusiva. Oggi la Legge Tar, prevede che il Tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. È poi ammissibile l'azione di accertamento della situazione controversa — che è esperibile nell'ipotesi di giurisdizione esclusiva Il ricorso va redatto in tante copie quante sono le parti intimate, con l'aggiunta di una copia, sulla quale l'ufficiale giudiziario attesterà l'avvenuta notificazione. La mancanza della sottoscrizione del ricorrente rileva soltanto sull'originale. Il ricorso è nullo qualora manchi la sottoscrizione o sull'oggetto della domanda vi sia incertezza. La comparizione dell'intimato sana la nullità e l'irregolarità del ricorso salvo i diritti acquisiti anteriormente alla comparazione. Ove i ricorrenti siano più di uno, essi possono agire assieme proponendo un unico ricorso denominato ricorso collettivo, che realizza una ipotesi di liisconsorzio facoltativo dal lato attivo. Il cumulo soggettivo è giustificato da ragioni di economia processuale. Il ricorso proposto da più soggetti dà luogo ad una pluralità di azioni. A causa dell'autonomia di ciascuna, le vicende o le invalidità relative ad un ricorso (rinuncia, nullità della sottoscrizione) non producono effetti sulla situazione degli altri ricorrenti, così come le doglianze possono essere accolte solo per alcuni di essi. Il ricorso cumulativo realizza invece il cumulo oggettivo di azioni: in particolare il ricorrente può impugnare più atti, purché essi siano connessi, in quanto aventi ad es. identità di oggetto e nel ricorso siano censurati per motivi almeno in parte comune. I motivi Il ricorrente può graduare i motivi,dichiarando l'interesse all'accoglimento di alcuni di essi solo in via subordinata, per l'ipotesi in cui altri motivi non vengano accolti. E' ammessa la rinunzia a qualcuno dei motivi. In forza del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (che trova espressione nell'art. 112 c.p.c.) il giudice dovrebbe pronunciarsi su ogni domanda. Non è tuttavia infrequente la prassi giudiziale dell'assorbimento dei motivi: una volta accolto il ricorso per un motivo, il giudice rifiuta di scendere all'esame delle altre doglianze prospettate. Il ricorrente può presentare motivi di ricorso in una fase successiva alla proposizione del ricorso iniziale, è questo l'istituto dei motivi aggiunti, considerati da alcuni espressione di un'autonoma azione, mentre da altri risultano ricondotti nell'ambito dell'azione inizialmente esercitata. | motivi aggiunti rappresentano comunque un arricchimento della causa pretendi. La possibilità di presentare motivi successivamente alla proposizione del ricorso sussiste quando i fatti che si pongono alla base dei motivi stessi non erano conosciuti inizialmente: al fine di comprendere l'istituto dei motivi aggiunti occorre considerare che la parte ha l'onere di impugnare tempestivamente l'atto pur non conoscendo nella sua completezza l'attività della P.A. preordinata all'emanazione del provvedimento stesso, ed in particolare, ancorché non abbia preso conoscenza della motivazione dell'atto. Con l'istituto dei motivi aggiunti, che possono essere proposti nel giudizio di appello, la giurisprudenza tenta di contemperare vari principi: il diritto di difesa del ricorrente, la parità delle parti ecc. L'art 21, |. Tar, come sostituito dall'art. 1, I. 205/2000, dispone che “tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti. La norma riconosce dunque come, attraverso i motivi aggiunti si realizzi una modifica del petitum, e consente l'impugnazione di atti successivi e diversi da quello inizialmente impugnato, costituenti altri episodi della medesima lesione nei confronti dell'interesse della parte. Il termine per ricorrere Al fine di poter proporre la propria impugnativa, la parte deve conoscere il provvedimento. Questa conoscenza avviene secondo modalità previste dalla legge: * la notifica dell'atto relativa ai diretti interessati; * la pubblicazione relativa ai terzi interessati; e la piena conoscenza relativa ad entrambe le categorie allorché non siano previste altre forme di comunicazione o esse non siano effettuate. La notifica dell'atto impugnabile è la forma di comunicazione del provvedimento effettuata mediante un procedimento formalizzato che garantisce la presunzione di conoscenza dell'atto da parte del destinatario, effettuata nei confronti dei soggetti considerati dal provvedimento. La notificazione, se ritualmente effettuata, produce effetti a prescindere dall'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario. La notificazione può avvenire ad opera di un ufficiale giudiziario, ma pure a mezzo posta e di altro agente notificatore incaricato (messo comunale notificatore). Ove esistano destinatari determinati dell'atto, l'eventuale pubblicazione dell'atto stesso non fa decorrere per essi il termine di impugnazione. Tale termine, infatti, decorre dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione del provvedimento. La pubblicazione vale dunque per i terzi interessati che non siano diretti destinatari dell'atto. Essa può avvenire, a seconda dei casi e a seguito di espressa previsione legislativa, sulla G.U., sul Bollettino Ufficiale della Regione, sull’Albo Pretorio di Comuni e Province. Quando la pubblicazione avvenga su appositi albi, il termine per impugnare decorre dal giorno in cui sia scaduto il periodo di pubblicazione. Il momento iniziale del decorso del termine per l'impugnazione può anche coincidere con quello in cui si è avuta la piena conoscenza del provvedimento quando non sia prevista né la notificazione, né la pubblicazione o esse, pur essendo previste, non siano state effettuate. Con il termine “piena conoscenza” si intende che non è necessario che il privato prenda conoscenza di tutti gli elementi dell'atto, ma è sufficiente che conosca l'autorità, il dispositivo dell'atto e la sua portata lesiva. Sono ritenuti modi attraverso i quali si realizza la piena conoscenza dell'atto: l'acquisizione di una copia informale dell'atto e la proposizione di un esposto o di una diffida rivolti dall'interessato all'amministrazione dai quali risulti che egli conosceva l'atto censurato. Termini di decadenza e di prescrizione — la proposizione del ricorso deve avvenire mediante notificazione, a pena di inammissibilità rilevabile d'ufficio, entro il termine di decadenza di 60 gg (nell'ipotesi di azione di annullamento) ovvero entro il termine di prescrizione ( nei casi di azione di accertamento o di condanna); si noti però che la pronuncia di annullamento è pregiudiziale rispetto a quella di risarcimento, sicché la parte ha l'onere di impugnare tempestivamente l'atto (entro 60 gg) al fine di attivare la pretesa risarcitoria. Computo dei termini — il computo dei termini deve essere effettuato secondo criteri fissati dal codice di rito: il giorno iniziale non si computa, mentre si computa, salvo che si tratti di giorni liberi, quello finale. Il computo va fatto secondo il calendario comune, se il termine per ricorrere scade in un giorno festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno non festivo. | termini sono sospesi nel periodo feriale (1 agosto — 15 settembre): la sospensione dei termini riguarda non solo il termine per ricorrere, ma pure gli altri termini processuali, relativi ad es. alla costituzione in giudizio e all'impugnazione della sentenza. La sospensione non si applica ai giudizi cautelari, i quali possono essere instaurati anche durante la sospensione medesima, purché penda il giudizio di merito. L'errore scusabile-la perentorietà del termine trova un temperamento nell'istituto dell'errore scusabile: ove il ricorrente abbia proposto il ricorso dopo la scadenza del termine e ciò sia dovuto ad una falsa ed incolpevole rappresentazione della realtà, il giudice competente a decidere nel merito del ricorso può riconoscere la scusabilità dell'errore e il ricorrente rinnovare la notificazione entro il termine fissato dal giudice stesso. Si ricordi l'obbligo per l’Amministrazione di indicare in ogni provvedimento il termine e l'autorità cui è possibile proporre ricorso: secondo un'opinione, qualora tale indicazione sia carente o erronea, non sussisterebbe ipotesi di illegittimità ma di mera irregolarità dell'atto. La notificazione — la proposizione del ricorso avviene attraverso la sua notificazione all’amministrazione resistente e ad almeno un controinteressato. Alle amministrazioni statali la notifica va effettuata in persona del ministro competente per materia e la consegna deve essere eseguita presso l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede il giudice adito. Riguardo agli altri enti, la notifica deve avere per destinatario l'organo che ha la rappresentanza legale dell'ente e non l'organo che ha emanato l'atto. La notificazione può essere effettuata a mezzo posta, mediante ufficiale giudiziario, e, in caso di urgenza, a mezzo di messo di conciliazione. Vi è poi la notifica per pubblici reclami, che può essere autorizzata dal presidente del tribunale adito, consistente nell'inserzione di un avviso contenente un sunto del ricorso nella G.U., allorquando la notificazione nei modi ordinari sia sommamente difficile per il numero delle persone da chiamare in giudizio. La nullità della notifica determina l'inammissibilità del ricorso. La comparizione dell'intimato sana la nullità e l'irregolarità dell'atto, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione. La costituzione delle parti in giudizio Il contatto tra organo giudicante e parti avviene mediante la costituzione. Per quanto riguarda il ricorrente, essa ha luogo con il deposito del ricorso notificato. In tal momento il processo amministrativo si intende istaurato. L'originale del ricorso, con la prova dell'avvenuta notificazione ed eventualmente la procura al difensore ove essa non sia contenuta nel ricorso stesso, vanno depositati a pena di irricevibilità entro 30 gg dall'ultima notifica presso la segreteria del giudice. Per prassi la parte deposita anche ulteriori copie (di norma 4) del ricorso. L'art 21, c. 2, I. Tar, come sostituito dall'art. 1, I. 205/2000, afferma che, entro 30 gg dall'ultima notifica, il ricorrente deve depositare anche copia del provvedimento impugnato, ove in suo possesso e dei documenti di cui egli intende avvalersi in giudizio. Il c. 3 precisa che la mancata produzione del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza. L'amministrazione ha l'obbligo di produrre, entro 60 gg dalla scadenza del termine del deposito del ricorso l'eventuale provvedimento impugnato. Vanno pure depositati gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio. Dell'avvenuta produzione del provvedimento impugnato, nonché degli atti e dei documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, deve darsi comunicazione alle parti costituite. Ove l'amministrazione non provveda all'adempimento, il Presidente o un magistrato da lui delegato, ordina, anche su istanza di parte, l'esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni. La costituzione delle parti diverse dal ricorrente - il giudizio è strutturato come dialogo tra ricorrente e giudice in virtù del principio dell'unilateralità dell'azione: non è dunque necessaria la presenza di altre parti, ma ove altre parti intendano costituirsi in giudizio, esse debbono rispettare il disposto dell'art. 22 Tar: nel termine di 20 gg successivi a quelli stabiliti per il deposito del ricorso ( e quindi entro 50 gg dalla notificazione del ricorso) l'organo che ha emesso l'atto impugnato e le altre parti interessate possono presentare memorie, fare istanze e produrre documenti. Contenuto dell'atto di costituzione — l'atto di costituzione non va quindi notificato al ricorrente. Tale atto si riduce ad una mera memoria di stile, contenente anche la procura del difensore, con cui si chiede il rigetto del ricorso avverso, riservando le difese più approfondite ad un successivo momento. La tutela cautelare nel giudizio amministrativo, è oggi compiutamente disciplinata dall'art. 21, |. Tar come sostituito dall'art. 3, I. 205/2000, il quale trova applicazione anche nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato. L'azione può essere proposta contestualmente al ricorso e, in tal caso, è notificata unitamente ad esso. La legge non prevede un termine per il deposito, il quale deve comunque avvenire affinché si abbia la discussione della questione, in quanto solo con tale adempimento essa viene portata a conoscenza del giudice. L'istanza può inoltre essere proposta separatamente dal ricorso principale, in tale ipotesi, essa deve essere notificata agli interessati e all'amministrazione e depositata presso la cancelleria del giudice. La competenza funzionale a decidere sull'istanza spetta al giudice presso il quale è instaurato il giudizio di merito. La questione cautelare che ha carattere di urgenza, viene trattata in camera di consiglio; ai sensi dell'art. 21 I. Tar come modificato dall'art.3, I. 205/2000, prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, il ricorrente può chiedere al Presidente del Tar o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvissorie. Il Presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace fino alla pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile, ove potrebbe essere revocata, confermata o modificata. Il giudizio cautelare si conclude con ordinanza con efficacia ex nunc e, dunque, non elimina gli effetti già prodotti ma impedisce di porre in essere atti e comportamenti esecutivi del provvedimento impugnato. Presupposti per la misura cautelare sono: * il periculum in more - ossia il rischio che, nelle more del giudizio, dall'esecuzione dell'atto impugnato derivino danni gravi ed irreparabili per il ricorrente e fumus bonis iuris —- e cioè un giudizio positivo, di carattere sommario, in merito alla fondatezza del ricorso (accoglimento dell'istanza del ricorrente). Fino all'entrata in vigore della |. 205/2000, l'unica misura cautelare contemplata dal legislatore consisteva nella sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato. Oggi si può affermare che il legislatore ha introdotto una tutela che il ricorrente può invocare anche nei confronti del comportamento inerte dell'amministrazione, chiedendo l'emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma; nel caso in cui dall'esecuzione del provvedimento cautelare derivino effetti irreversibili, il G.A. può disporre la presentazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. Contro le ordinanze dei Tar è ammesso ricorso in appello, da proporre nel termine di 60 9g dalla notificazione dell'ordinanza o di 120 gg dalla comunicazione del deposito dell'ordinanza stessa nella segreteria. L'ordinanza è revocabile o modificabile; la domanda può inoltre essere riproposta in caso di rigetto della precedente istanza, questa possibilità trova dei limiti, infatti è specificato che la domanda di revoca o di modificazione e la riproposizione sono ammissibili solo se motivate con riferimento a fatti sopravvenuti. Nel caso in cui l'amministrazione non abbia prestato ottemperanza alle misure cautelari concesse, o vi abbia adempiuto solo parzialmente, la parte interessata può, “con istanza motivata e notificata alle altre parti”, chiedere al Tar le opportune disposizioni attuative; il Tar dispone l'esecuzione dell'ordinanza cautelare indicandone le modalità e, ove occorra, il soggetto che deve provvedere. Le vicende e le modificazioni del rapporto processuale Lo svolgimento del processo può subire una serie di vicende che influiscono sulla naturale conclusione dello stesso. Esse influiscono dunque sullo svolgimento normale del 1 processo, costituendone un incidente, nel senso che il processo non può proseguire. Alcuni incidenti impongono la sospensione del processo in attesa della rimozione della causa di sospensione in attesa della rimozione della causa di sospensione. Costituiscono causa di sospensione: * la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione: che consente alle parti di rivolgersi immediatamente alle sezioni unite della Corte di Cassazione al fine di ottenere una pronuncia risolutiva in punto giurisdizione. * La proposizione del regolamento facoltativo di competenza: con il quale si chiede al Consiglio di Stato di verificare preliminarmente la sussistenza della competenza del Tar adito; e La proposizione della questione di legittimità costituzionale: sia d'ufficio che su istanza di parte, avente ad oggetto una legge o un atto normativo su cui si fonda un provvedimento impugnato dinanzi al giudice amministrativo;pure il deferimento della questione di interpretazione e di validità di norma comunitaria comporta la sospensione del processo amministrativo: il giudice sospende il processo e rimette la risoluzione della questione alla Corte di Giustizia delle CE. * La proposizione di una questione concernente lo status o la capacità di persone fisiche, non possono essere decise dal G.A. in quanto, ove sorga l'esigenza di risolvere una delle questioni in esame, il giudice fissa alle parti un termine per la proposizione dell'azione dinanzi al G.O. e sospende il giudizio. * Un'altra ipotesi di sospensione del giudizio riguarda la proposizione della querela di falso al giudice competente. La sospensione può essere disposta anche in via facoltativa nel caso di pendenza di un giudizio penale, in tal caso al giudice amministrativo è attribuita la facoltà di scelta: o sospendere il processo ed ottenere l'esito del processo penale, oppure proseguire la trattazione risolvendo incidenter tantum una questione pregiudiziale penale. Alcuni fatti determinano invece: * l'interruzione del processo determinando il venir meno dell’effettività del contraddittorio. Ricordiamo tra gli altri: la morte o la perdita della capacità processuale delle parti, la cessazione della rappresentazione legale, radiazione o sospensione dell'avvocato costituito. * L'estinzione del processo comporta l'impossibilità per lo stesso di addivenire alla sua conclusione naturale. Tale effetto deriva da cause particolarmente gravi quali: * a) la perenzione, conseguente al mancato compimento di atti di impulso processuale * b) la rinuncia al ricorso e agli atti del giudizio, in qualunque stadio della controversia si può rinunciare al ricorso mediante dichiarazione sottoscrita dalla parte o dall'avvocato munito di mandato speciale, notificata e depositata nella segreteria (rinuncia scritta) o mediante dichiarazione verbale di cui è steso il processo (rinuncia orale). * c) la mancata riassunzione, a seguito del verificarsi di un evento interruttivo del processo. La discussione e la decisione del ricorso L'udienza si svolge dinanzi al collegio ed è pubblica, ad eccezione dei casi stabiliti dalla legge: il ricorso viene chiamato dal Presidente, il relatore dovrebbe esporre i termini della controversia e i difensori presenti possono svolgere succintamente le proprie difese, anche se nella prassi giudiziaria spesso essi richiamano gli atti scritti. Terminata la discussione, il ricorso è assegnato in decisione, i G.A. riuniti in camera di consiglio deliberano a maggioranza assoluta. L'art. 27 | Tar indica le ipotesi in cui la trattazione e la,susseguente decisione avvengono direttamente in camera di consiglio (rito camerale),senza cioè il pubblico dibattimento, alla trattazione sono però ammessi i difensori. La recente I. n.205/2000 ha poi, introdotto procedimenti camerali che si innestano sul processo pendente, prevedendo la possibilità di decisioni in forma semplificata, caratterizzata dal fatto che la motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo o ad un precedente conforme. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e contiene: e. l'indicazione dell'autorità giurisdizionale * la menzione delle parti, dei difensori e del giudice relatore * l'indicazione delle conclusioni delle parti * la narrazione dei fatti * la motivazione di diritto * il dispositivo * la condanna alle spese * l'ordine di esecuzione all'amministrazione * l'indicazione dei giudici componenti il collegio, con specificazione del Presidente e dell'estensore * la datain cui è adottata e il luogo della pronuncia. Una volta pronunciata, la sentenza viene pubblicata. Dal giorno della pubblicazione decorre il termine di un anno (c.d. termine lungo) per proporre l’'impugnazione al Consiglio di Stato. Per accelerare la decorrenza del termine per proporre appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar, occorre invece la notifica della stessa, la quale fa decorrere il termine tanto per la parte vincitrice in | grado che la richiede, quanto per quella che ne è destinataria, in questo caso il termine per appellare sarà di 60 gg dalla notifica (c.d. termine breve), la quale va effettuata a richiesta della parte nel domicilio eletto presso l'avvocato costituito. | vari tipi di decisione Le decisioni del G.A. si distinguono in non definitive e definitive. Le sentenze non definitive (sentenze interlocutorie) sono quelle che non pongono fine al rapporto processuale, che è destinato a proseguire, in quanto esse risolvono soltanto uno o più punti della causa. Le sentenze definitive sono quelle che pongono fine al processo risolvendo tutti i punti controversi. Esse si distinguono in: * sentenze processuali (di rito) — riguardano lo svolgimento del processo e accertano la sussistenza di una causa che impedisce al giudice di giungere all'esame del merito. * Le sentenze che pronunciano sulla domanda (di merito) - sono quelle con cui si accerta se sussistano o meno i vizi denunciati. Esse possono accogliere (perché fondata) o rigettare (in quanto infondata) la pretesa del ricorrente. Le “sentenze di accoglimento” affermano la fondatezza della domanda nei limiti della domanda stessa. Nella prassi si è imposta la pratica dell'assorbimento: il giudice, pur accogliendo il ricorso, di regola omette di pronunciare sui capi della domanda ritenuti assorbiti. Le sentenze di accoglimento si distinguono in: - “sentenze costitutive di annullamento”, ammissibili nella giurisdizione di legittimità, di merito ed esclusiva e sono caratterizzate dai seguenti effetti: * eliminatorio - rimozione dell'atto e dei suoi effetti (si produce con riferimento a tutti i soggetti che erano interessati all'atto impugnato); * ripristinatorio — la sentenza ricostruisce automaticamente la situazione giuridica come si sarebbe realizzata se l'atto non fosse mai stato posto in concentrazione delle impugnazioni. In pratica, dopo la proposizione dell'appello principale, tutte le altre impugnazioni relative alla stessa sentenza debbono essere effettuate con le forme dell'appello incidentale, a prescindere dal fatto che la parte sia soccombente soltanto in modo formale, la cui situazione sfavorevole si manifesti solo come conseguenza dell'impugnativa altrui, nel senso che l'esito di questa potrebbe porre in pericolo gli effetti favorevoli derivanti alla parte dalla sentenza di | grado. L'appello incidentale deve essere quindi proposto anche dalla parte che si trovi in una situazione di soccombenza sostanziale, ossia dal soggetto la cui situazione sfavorevole deriva direttamente dalla sentenza di | grado che, abbia rigettato il ricorso da esso proposto. L'appello incidentale deve essere notificato alle altre parti presso il domicilio eletto, entro 30 gg da quello stabilito per il deposito del ricorso. L'atto di appello notificato deve essere poi depositato in segreteria, con la prova dell'avvenuta notifica, entro 10 gg dalla notifica stessa. Svolgimento e conclusione del giudizio di Il grado Al giudizio di appello si applicano le norme che regolano il processo dinanzi al consiglio di Stato. Ove la sezione investita del ricorso rilevi che un punto di diritto sottoposto al suo esame abbia dato luogo o possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali, essa, con ordinanza emanata d'ufficio o su richiesta delle parti, può rimettere il ricorso all'Adunanza plenaria. Inoltre, prima della decisione, il Presidente di sezione, su richiesta delle parti o d'ufficio, può deferire all'Adunanza plenaria qualunque ricorso che renda necessaria la risoluzione di questioni di particolare importanza. Le decisioni adottate in Il grado dal C.d.S. possono essere: a) di rigetto, nel qual caso la sentenza del Tar viene confermata. b) di accoglimento, nel qual caso si annulla la sentenza di | grado. L'annullamento può essere: - senza rinvio - il consiglio di Stato, qualora riconosca il difetto di giurisdizione, il difetto di competenza, la nullità del ricorso introduttivo, l'esistenza di cause impeditive o estintive del giudizio, annulla senza rinvio la sentenza di | grado. - con rinvio - si riferisce all'ipotesi in cui il Consiglio di Stato accolga l'appello per difetto di procedura o vizio di forma, o quando riconosca che il Tar abbia erroneamente dichiarato la propria incompetenza. Il giudizio prosegue innanzi al Tar, con fissazione d'ufficio dell'udienza pubblica. Nel giudizio di rinvio, il giudice è vincolato dalle statuizioni contenute nella decisione del Consiglio di Stato. LA REVOCAZIONE - l'art 28 I, Tar, afferma che contro le sentente dei Tar è proponibile il ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli artt. 395 e 396 c.p.c. si tratta di una impugnativa a critica limitata, volta ad ottenere in via non immediata la rinnovazione del giudizio, che avverrà solo nella fase rescissoria: in via diretta essa è infatti finalizzata all'eliminazione della sentenza. La revocazione va proposta allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza che si intende rimuovere. Il ricorso per revocazione deve essere proposto entro 60 gg dalla notificazione della sentenza o, in caso di omessa notificazione, entro un anno dalla pubblicazione. Il ricorso deve contenere sia la richiesta di annullamento della sentenza impugnata, sia la richiesta di rinnovazione del giudizio. RICORSO PER CASSAZIONE - il ricorso alle sezioni unite della Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione avverso la decisione del Consiglio di Stato è previsto dagli artt. 111 Cost., 48, t.u. C.d.S. e 36, I.Tar. Esso va proposto entro 60 gg dalla notificazione della sentenza impugnata o entro un anno dalla sua pubblicazione. La procedura è disciplinata dal codice di procedura civile. In caso di accoglimento del ricorso la Cassazione può: * cassare la decisione impugnata senza rinvio se nega la sussistenza di giurisdizione * cassare con rinvio se afferma la giurisdizione negata dal giudice amministrativo. In ogni caso di rinvio il giudizio prosegue dinanzi al Tar con fissazione d'ufficio dell'udienza pubblica, da tenersi entro 30 gg dalla comunicazione della sentenza con la quale si dispone il rinvio. Le parti possono depositare atti, documenti e memorie sino a 3 giorni prima dell'udienza. L'OPPOSIZIONE DI TERZO - è un rimedio che può essere utilizzato da chi avrebbe dovuto o potuto partecipare al giudizio e risulta pregiudicato dalla decisione. Con sentenza n. 177/1995 della Corte Cost. è stato introdotto nel nostro ordinamento amministrativo il rimedio dell'opposizione di terzo ordinaria avverso le decisioni del Consiglio di Stato e quelle del Tar passate in giudicato. La Consulta ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 28 e 36 della I. Tar nella parte in cui non prevedono l'opposizione di terzo ordinaria, prevista per il processo civile, quale mezzo di impugnazione del terzo ordinaria avverso le sentenze del Tar e del C.d.S.. Il giudicato amministrativo e il giudizio di ottemperanza Il giudicato è la decisione contenuta in una sentenza divenuta immutabile, esso fa acquistare alla sentenza il carattere di definitività e stabilità. Anche le sentenze del tribunale amministrativo o del Consiglio di Stato, a seguito dell'esaurimento dei mezzi di impugnazione ordinari o della decadenza degli stessi, acquistano efficacia di cosa giudicata. Non tutte le sentenze sono suscettibili di passaggio in giudicato, infatti, mentre ciò avviene di norma per le sentenze di merito, ciò non accade per quelle di rito, le quali esauriscono il loro effetto incidenter tantum, ossia solo per il processo nel quale sono state pronunciate. Non sono coperti dal giudicato poi né i motivi assorbiti, i quali non sono investiti dalla decisione, né le argomentazioni del giudice contenute nella sentenza ma estranee alla materia del contendere. Anche le sentenze processuali, le quali esauriscono il loro effetto nell'ambito del processo, non sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato. Gli effetti della sentenza nono possono che riguardare l'atto oggetto di impugnativa (limiti oggettivi del giudicato), la sentenza ha valore di giudicato solo per le parti (limiti soggettivi del giudicato); si riconosce poi che la sentenza produca effetti anche nei confronti dei destinatari dell'atto impugnato che non abbiano partecipato al processo quando si tratti di atti indivisibili, o di atti amministrativi generali e di regolamenti. Giudizio di ottemperanza - l'amministrazione ha l'obbligo di conformarsi al giudicato. L'amministrazione ha l'obbligo di: * osservare la regola di diritto stabilita dalla sentenza * porreinessere i necessari atti di natura attuativa della sentenza. Qualora l'amministrazione non ottemperi al giudicato, è data la possibilità per l'interessato di utilizzare il rimedio del ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo di conformarsi al giudicato. Tale rimedio è esperibile contro le sentenze di annullamento, di condanna e dichiarative. In ordine alle sentenze di condanna va ricordato che, con riferimento alla giurisdizione esclusiva, viene concesso al giudice di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. 1 Si ricordi ancora che, chi subisce un danno in conseguenza della mancata esecuzione del giudicato, può agire per la condanna al relativo risarcimento a carico dell'impiegato responsabile. Il ricorso di ottemperanza costituisce l'ipotesi più importante di giurisdizione di merito, il giudice può infatti sostituirsi all'amministrazione nell'esercizio dei poteri amministrativi. | presupposti del giudizio di ottemperanza sono: - la sussistenza di una sentenza passata in giudicato; - inadempimento della pronuncia. Si noti che l'amministrazione non può legittimamente rifiutarsi di conformarsi alla pronuncia. Giudice competente a decidere sul ricorso per l'ottemperanza è: * il Tar, per le proprie sentenze non sospese dal Consiglio di Stato o passate in giudicato per decorrenza dei termini per impugnare; per le sentenze confermata in appello dal C.d.S., per le sentenze del G.O. quando l'autorità che deve adempiere abbia sede nell'ambito della circoscrizione del Tar stesso. * Il Consiglio di Stato, per l'esecuzione delle proprie decisioni che abbiano annullato o riformato la sentenza di | grado, o l'abbiano confermata, correggendone però la motivazione. Il procedimento prevede la notifica preventiva di un atto di messa in mora all'amministrazione, avvertendo che in mancanza di esecuzione, si procederà alla proposizione del ricorso di ottemperanza. Questo adempimento non è ritenuto necessario nei casi in cui l'amministrazione abbia espressamente dichiarato di non voler eseguire la sentenza. Trascorsi 30 gg dall'atto di messa in mora, il ricorso deve essere proposto entro il termine decennale di prescrizione ordinaria. Il ricorso si propone con domanda indirizzata al Presidente del Tar o al C.d.S. La segreteria, dopo il deposito, ha l'onere di comunicare la proposizione della domanda al giudice competente, il quale entro 20 gg dalla ricevuta comunicazione, può trasmettere osservazioni alla segreteria. - poteri del giudice - Previo accertamento dell'inadempimento, si ritiene che il giudice nel caso in cui accolga il ricorso possa annullare o revocare gli atti posti in violazione delle statuizione, ordinare di porre in essere gli adempimenti necessari per dare esecuzione, ordinare interventi sostitutivi o sostituirsi all'amministrazione stessa nell'emanazione dell'atto che questa aveva l'obbligo di emanare. Nella prassi, però, il G.A., anziché emettere lui stesso il provvedimento, assegna alla P.A. un breve termine per provvedervi e contestualmente nomina un commissario ad acta, (spesso si tratta di un funzionario di livello superiore della stessa amministrazione), il quale, scaduto il termine senza che l'amministrazione abbia provveduto, si surrogherà ad essa ed adotterà il provvedimento. La dottrina specifica che il commissario ha tutti i poteri di valutazione e scelta che spetterebbero all'amministrazione. L'art. 21- septies, I. 241/90 dispone oggi che le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti ‘amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del G.A. la norma non va interpretata nel senso di escludere la natura di giurisdizione di merito del ricorso per l'ottemperanza, ma introducendo il concetto di giurisdizione esclusiva intende evitare che sul piano processuale si aprano spazi per la giurisdizione del giudice ordinario. Sentenza n. 204/2004 - la sentenza della Corte Cost. n. 204/2004, ha drasticamente ridotto l'ambito della nuova giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di servizi pubblici. In particolare, la Corte Cost. in materia di giurisdizione esclusiva del G.A. , ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 33 del D.Lgs. 80/1998 in materia di pubblici servizi, nonché dell'art. 34 dello stesso decreto, nella parte in cui prevede che siano devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A. le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti della P.A., in materia di urbanistica ed edilizia. Secondo la Corte, infatti, con particolare riferimento alla materia dei servizi pubblici, l’incostituzionalità deriva dal generico riferimento alla materia dei servizi pubblici, che ha preso in considerazione tutte le controversie
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