Scarica Chimica organica Superiore e più Appunti in PDF di Chimica Organica solo su Docsity! 1 Introduzione Teoria del legame di Valenza Introduzione La teoria del legame di valenza si basa sul concetto basilare, che gli elettroni tengono uniti i nuclei, e che la formazione di un legame necessita la condivisione di tali elettroni tra i due nuclei atomici. In particolar modo abbiamo un picco minimo di energia quando i due nuclei si trovano ad una specifica distanza, e se i due elettroni sono liberi di interagire con entrambi i nuclei atomici. Questa condivisione degli elettroni determina un aumento della densità elettronica tra i due nuclei, e l’area spaziale occupata dagli elettroni prende il nome di ORBITALE. Il concetto base della teoria VB è che tra gli atomi che sono fra loro legati in un legame c’è una concentrazione di densità elettronica. È importante ricordare che anche gli elettroni che non prendono parte ad un legame sono descritti dagli orbitali, i quali saranno più diffusi soprattutto non saranno così presenti tra due nuclei atomici. Ibridazione Il concetto di ibridazione è molto importante per le applicazioni della teoria del legame di valenza, in particolar modo per gli elementi della seconda riga quali Carbonio, Azoto e Ossigeno. Difatti gli orbitali atomici di frontiera, degli elementi della seconda riga, includono: l’orbitale sferico 2s e i tre orbitali 2p che sono orientati lungo i tre assi cartesiani perpendicolarmente fra loro; 2pX, 2pY e 2pZ. La combinazione di questi quattro orbitali atomici genera quattro orbitali ibridi sp3, i quali puntano verso i vertici di un tetraedro. Ad esempio, nella molecola di metano questi 4 orbitali ibridi si sovrappongono con quattro orbitali atomici 1s di quattro atomi di H, per formare quattro legami σ. La teoria del legame di valenza applicata al metano, all’ammoniaca e all’acqua predice una struttura tetraedrica: 1. Nel il metano, l’atomo di carbonio ha valenza di 4, e tutti i suoi orbitali sono ibridi e convolti nel legame con altrettanti atomi di idrogeno 2. Nell’ammoniaca e nell’acqua abbiamo rispettivamente uno e due coppie di elettroni che non sono coinvolte nei legami. Tali coppie di non legame, occupano orbitali atomici sui rispettivi atomi di azoto e ossigeno. 2 Quindi il metano è perfettamente tetraedrico, mentre ammoniaca e acqua hanno una struttura che si discosta da quella perfettamente tetraedrica, con angoli di legame che risultano essere minori. Questo andamento suggerisce che la repulsione elettrone-elettrone tra elettroni no condivisi è maggiore rispetto alla repulsione elettrone-elettrone degli elettroni coinvolti nei legami covalenti. Il concetto di ibridazione è applicato anche alle molecole con due o tre doppi legami. Innanzitutto, è importante sottolineare che i doppi o tripli legami si vengono a formare per sovrapposizione degli orbitali p di atomi adiacenti. Per cui se due atomi formano un legame π esso deriva dalla sovrapposizione di un orbitale p con un orbitale p di un'altra molecola, se formano invece due legami π allora sono due orbitali p per atomo a intraprendere una sovrapposizione con altrettanti orbitali p nella molecola adiacente. Sono chiamati legami π poiché possiedono un piano nodale. Quindi li atomi di carbonio che formano doppi o tripli legami avranno un’ibridazione rispettivamente di sp2 e sp. I prototipi per i doppi e tripli legami sono le molecole di etene ed etino. 5 meno χ acquista una parziale carica positiva, δ+. La polarità dei singoli legami contribuisce alla polarità complessiva della molecola, la quale è espressa da dipolo molecolare. Polarizzabilità, Hardness e Softness Gli elettroni del guscio di valenza di un atomo possono andare incontro ad un processo di polarizzazione nel momento in cui interagiscono con il nucleo di un altro atomo, e questo fenomeno può essere descritto in termine di Hardness e Softness. Un atomo o ione, di grosse dimensioni e con una carica nucleare effettiva piuttosto piccola, viene facilmente polarizzato da una carica esterna, esso viene definito Soft. Al contrario negli atomi o ioni più compatti e con una carica nucleare effettiva più alta, la polarizzazione da parte di un carica esterna non avviene con facilità, queste specie sono definite Hard. Questo concetto è alla base della teoria HSAB (Hard-Soft-Acid-Base theory) che permette di razionalizzare l’andamento di numerose reazioni. Secondo questa teoria le reazione tra partener Hard-Hard o Soft-Soft, sono favorite rispetto a quelle in cui i due partner sono Hard-Soft. L’Hardness aumenta con l’incremento della χ o per i cationi con l’incremento della carica positiva, conseguentemente l’aumento delle dimensioni determina una riduzione del carattere Hard dei cationi. Per le molecole poliatomiche i concetti Hard e Soft sono strettamente legati alle energie degli HOMO e LUMO; i quali sono gli analoghi della Energia di Ionizzazione (IE) e dell’Affinità Elettronica (EA) dei singoli atomi. Sostanzialmente maggiore è il gap energetico HOMO-LUMO più la reazione ha carattere Hard, minore è questo gap più la reazione ha carattere Soft. Così facendo possiamo dividere i nucleofili ed elettrofili in Hard e Soft: 1. Gli acidi Hard, elettrofili, hanno un LUMO ad alta energia, mentre le basi Hard, nucleofili, hanno un HOMO a bassissima energia, difatti la seppie sarà molto χ quindi avremo una carica nucleare localizzata e compatta, conseguentemente l’orbitale HOMO sarà a bassa energia. Notiamo come ciò nella reazione Hard-Hard causa un gap HOMO-LUMO elevato, ciò vuol dire che le reazioni Hard-Hard sono sotto il controllo principalmente delle interazioni elettrostatiche piuttosto che interazioni di tipo orbitalico 2. Gli acidi Soft, elettrofili, hanno LUMO a bassissima energia, mentre le basi Soft, nucleofili, hanno HOMO ad altissima energia. Come risultato il gap HOMO-LUMO nelle interazioni Soft-Soft è piccolo e quindi le reazioni sono sotto il controllo orbitalico piuttosto che quello Coloumbiano Risonanza e coniugazione Nella teoria VB per spiegare la struttura molecolare e la distribuzione elettronica si fa uso del conetto di risonanza. Se prendiamo ad esempio il benzene, si possono disegnare le due strutture di Lewis che lo descrivono, tuttavia nella realtà dei fatti la struttura del benzene è un mix medio tra queste due strutture di risonanza. In generale il concetto di risonanza implica che la vera struttura, di qualsiasi molecola che sia descritta da almeno due strutture di risonanza, è una media pesata di ogni struttura di risonanza che la descrive. Nel caso appena visto del benzene le due strutture sono equivalenti e quindi danno lo stesso apporto alla struttura finale; ciò implica che tutti i legami carbonio-carbonio siano identici e quindi devono avere la stessa lunghezza, difatti nel benzene tutti i legami C-C hanno la stessa lunghezza, la quale è intermedia fra quella caratteristica dei legami singoli e quella dei legami doppi, con un ordine di legame di 1.5. Un'altra caratteristica del benzene è che esso possiede una stabilità termodinamica maggiore rispetto a quella che possiedono e due singole strutture prese separatamente, questo dipende dalla energia di risonanza. La struttura di risonanza implica che la densità degli elettroni π è distribuita equamente tra 6 tutti gli atomi di carbonio del benzene. In un poliene aciclico questa disposizione non è possibile e gli elettroni sono maggiormente concentrati sulle coppie di atomi C-C, in modo alternato. Questo vuol dire che nel benzene, essendo gli elettroni π maggiormente diffusi, sono soggetti a minor repulsioni elettrone-elettrone, e questa differenza di energia derivante da una minor repulsione prende il nome di energia di delocalizzazione. Il concetto di risonanza è associato alla delocalizzazione degli elettroni, ed è una caratteristica dei sistemi coniugati, i quali hanno legami doppi alternati che permettono la sovrapposizione dei legami π tra atomi adiacenti. Questo fenomeno porta alla delocalizzazione della densità elettronica su tutta la molecola e quindi ad una maggiore stabilità. Iperconiugazione Gli esempi di risonanza visto fino ad adesso dipendono dal processo di coniugazione dei legami π. Oltre a tali processi la teoria VB prevede anche un processo di iperconiugazione, il quale si basa sulle interazioni tra legami σ e σ* e tra legami σ e π*. Ad esempio, nel propene abbiamo una stabilizzazione derivante dal fenomeno di iperconiugazione. In questo caso abbiamo parte della densità elettronica del legame σ C-H che viene trasferita all’orbitale π* vuoto. 7 Termodinamica e cinetica di una reazione Introduzione Quando si svolge una reazione chimica è molto importante comprendere se tale reazione è sotto il controllo termodinamico o sotto il controllo cinetico, è importante sapere come i sostituenti e/o come il solvente influenzi il decorso di tale reazione. L’importanza di conoscere queste informazioni deriva dal fatto che è importantissimo avere il controllo su questi parametri così da avere il controllo sui prodotti finali che otteniamo, difatti l’obbiettivo finale è avere delle reazioni chemo-selettive. Una reazione è detta chemo-selettiva quando: a partire dagli stessi reagenti si possono ottenere diversi prodotti, tuttavia, controllando il decorso della reazione noi possiamo ottenere in modo selettivo solo uno di questi prodotti, in questo caso abbiamo svolto una reazione chemo-selettiva. È inoltre importante ricordare sempre che stabilità e la reattività tendono ad andare in direzioni opposte, ovvero tutto ciò che è molto stabile tende ad essere poco reattivo e tutto ciò che è molto reattivo tende ad essere poco stabile. Sottolineiamo che non è sempre ottimale avere delle reazioni in cui utilizziamo i reagenti più reattivi possibili, difatti questo va a limitare moltissimo le capacità di controllare il decorso della reazione e avere quindi una reazione chemo-selettiva. Difatti se utilizziamo reagenti estremamente rettivi, vuol dire che noi non abbiamo la possibilità di discriminare sulla energia di attivazione delle differenti reazioni che possono avvenire. Quindi ciò vuol dire che, tutte le reazioni possibili con quei reagenti, possono avvenire a temp. ambiente o che possono avvenire in tutti i solventi, sia polari che apolari. Le reazioni sono descritte da un grafico che mette in relazione l’energia libera coinvolta in una reazione, in funzione della coordinata di reazione, ovvero del progresso della reazione. Nel grafico è descritta una reazione in cui sono coinvolti due reagenti A+B, e la reazione passa attraverso la formazione di un intermedio C. 10 Boltzmann ha definito l’entropia come la grandezza che misura la probabilità di avere un determinato MACROSTΔSATΔSO. Come ben sappiamo le sostanze tendono a raggiungere lo stato che ha le maggiori probabilità di esistere, quindi l’entropia (S) secondo Boltzmann è stata definita come: S=klnW 1. k, costante di Boltzmann: 1,380 649 ×10−23 J K−1 2. W, molteplicità Ad esempio, la probabilità di avere gli arrangiamenti (macrostati) A, B e C sono relativamente 1:4:6, quindi abbiamo che SC>SB>S A. Quindi un maggiore numero di stati vuol dire che abbiamo una maggiore entropia e quindi vuol dire che il sistema ha una maggiore probabilità di essere in quello stato. Ad esempio, un gas si espande nel vuoto perché lo stato macroscopico finale che viene raggiunto ha un maggior numero di microstati a sua disposizione. Questo vuol dire che un sistema isolato con diverse particelle evolverà verso il macrostato con la più grande molteplicità e rimarrà in quel macrostato. Se abbiamo delle molecole, sia che siano in solvente o in fase gassosa, queste molecole sono sempre caratterizzate da una serie di equilibri conformazionali e roto-vibrazionali, tutti questi equilibri sono i microstati disponibili ad una certa temperatura per la nostra molecola. Una trasformazione è dal punto di vista entropico vantaggiosa quando il numero di microstati disponibili aumenta a seguito della trasformazione, viceversa è svantaggiosa quando il numero di microstati disponibili diminuisce. Ad esempio, nella seguente reazione la libertà della molecola di muoversi nello spazio diminuisce, di conseguenza la trasformazione è sfavorita da un punto di vista entropico poiché diminuiscono i microstati possibili. Naturalmente la reazione può essere favorita da un punto di vista entalpico, quindi se la trasformazione sarà termodinamicamente favorita o sfavorita (esotermica o endotermica) dipende dal bilanciamento dei due contributi. Cinetica di una reazione La velocità di una reazione non dipende dal valore del ΔGG ma dal valore dell’energia di attivazione ΔGG++, il quale rappresenta la distanza tra l’energia dei reagenti e l’energia dello stato di transizione. Il problema principale nello studio cinetico di una reazione è la vita molto breve dello stato di transizione e la conseguente impossibilità nell’osservarlo. Bisogna stare attenti a non confondere lo stato di transizione con un intermedio di reazione come può essere l’intermedio C, difatti l’intermedio può in alcuni casi essere visualizzato direttamente, lo stato di transizione non può mai essere visualizzato. Tuttavia, è importante conoscere come è fatto lo stato di transizione poiché sarà esso a determinare la velocità della reazione. Quindi è importantissimo avere la possibilità di poter comprendere come cambia lo stato di transizione in funzione dell’effetto sostituente, poiché in base a come cambia lo stato di transizione cambierà 11 la cinetica della nostra reazione. Quindi una delle principali attività nella chimica organica è comprendere a partire da una molecola modello, di cui conosciamo lo stato di transizione, è comprendere come la sostituzione di questa molecola influenzi lo stato di transizione che otteniamo. È possibile avere una espressione analitica della velocità di una reazione, la quale dipende dalla temperatura, dall’entalpia (ΔGH++) e dall’entropia (ΔGS++) di attivazione, ovvero dall’entalpia e dall’entropia fra i reagenti e lo stato di transizione. k r= ᴋ k bTΔS h ¿ L’espressione risulta piuttosto difficile da utilizzare, per questo motivo si cerca di approssimare l’espressione e renderla più semplice; per fare ciò si cerca di trasformare in costante tutti quei termini che variano poco rispetto alla temperatura. In questo caso il termine (ᴋ kb t /h¿¿ varia poco rispetto alla temperatura e rispetto a quanto varia il termine entalpico, quindi tutto quel termine assume un valore costante e possiamo riarrangiare l’espressione sostituendo il termine C. kr TΔS =C e−ΔG H ++¿ /RTΔS ¿ ln kr TΔS =−ΔG H++¿ RTΔS +C ¿ Plottando il termine ln kr TΔS in funzione del termine 1 TΔS , quello che otteniamo è una relazione lineare, che possiede come coefficiente angolare il termine −ΔG H++¿ R ¿, ovvero l’entalpia della trasformazione tra reagenti e lo stato di transizione. Questo è importantissimo poiché se noi misuriamo il rate di una reazione in funzione della temperatura abbiamo quindi un modo per misurare l’entalpia di attivazione (ΔGH ++¿¿) della reazione. Inoltre, nel momento in cui abbiamo l’entalpia di attivazione della reazione possiamo ricavare anche l’entropia di attivazione della trasformazione mediante la seguente formula ΔG S ++¿=ΔG H ++¿ TΔS +Rln hk r ᴋ kb TΔS ¿ ¿ Come risultato abbiamo trovato un modo per calcolare tutti i termini, e quindi abbiamo trovato un modo per calcolare il ΔGG++ della reazione di interesse. Naturalmente non abbiamo avuto nessuna informazione su come è fatto lo stato di transizione abbiamo solo misurato il valore di ΔGG++. Queste equazioni sono spesso espresse come equazioni di Arrhenius. Metodologie sperimentali per il calcolo del rate di una reazione I metodi per misurare il rate di una razione devono essere: 1. Molto sensibili alle piccole variazioni di prodotto che si formano in presenza di un eccesso di reagente. Questo perché in molti casi si misura la velocità nei primissimi istanti di una reazione (early stage), così da fare alcune assunzioni sulla concentrazione dei reagenti che permettono di semplificare i calcoli 2. I metodi devono essere rapidi, proprio perché le cinetiche sono svolte a tempi molto ridotti 3. Il metodo di misura non deve perturbare il sistema 12 Ci sono diversi metodi che possiedono queste caratteristiche e che possono essere applicati: Spettroscopia di assorbimento UV-Vis Tecnica molto popolare poiché è un metodo semplice che non prevede troppi maneggi della reazione, da un risultato istantaneo e se non si tratta di una reazione fotochimica non interferisce con la reazione. La principale limitazione è che si può usare solo per le reazioni in cui l’avanzamento della reazione comporta una variazione del gap ottico FTIR o Raman Ricordiamo che in organica la spettroscopia IR è utilizzata come metodo identificativo del gruppo funzionale e non come metodo identificativo della sostanza. Ad esempio, se la reazione di cui vogliamo seguire il rate è una reazione di riduzione di un composto carbonilico, e questo carbonile è l’unico presente nella molecola, allora abbiamo trovato un ottimo metodo. Questo perché il carbonile possiede una vibrazione che riconosciamo molto bene all’IR, e per riduzione otteniamo un gruppo OH che possiede un’altra frequenza di vibrazione ben distinta da quella del carbonile. Anche l’IR è un metodo molto rapido come l’UV-Vis, oltre a ciò esso può essere svolto sia in soluzione che in fase gassosa. La principale complicazione riguarda il fatto che per utilizzare l’IR per tale scopo non solo è necessario identificare la banda di vibrazione, ma è necessario misurare l’intensità di tale banda, ovvero ottenere i valori di trasmittanza o addirittura di assorbanza. Per questo motivo è necessario che i solventi impiegati non abbiamo assorbimenti IR nella regione di nostro interesse. Quindi per fare queste analisi sono impiegati soprattutto il tetracloruro di carbonio (CC l4) e l’esacloro etano (C l3 C−CC l3). Analisi del pH La maggior parte delle reazioni organiche in soluzione acquosa, a patto di non essere in una soluzione tampone, comportano una variazione di pH. Per cui i profili di pH delle reazioni ci forniscono numerose informazioni sul fatto che le reazioni siano concertate, siano reazioni a step, se la reazione ha una cinetica del primo o del secondo ordine, addirittura se la cinetica della reazione cambia durante la reazione stessa. È importante avere uno strumento per correlare la variazione di pH con il decorso della reazione NMR L’analisi NMR è molto impiegata, questo dipende dalla elevata velocità di acquisizione di dati. Quindi a meno che la reazione che stiamo studiando è ultra rapida fare analisi cinetiche all’NMR è un buon metodo. Naturalmente anche questa metodica ha i sui limiti, soprattutto se la reazione che ci interessa ha un segnale in una zona molto affollata dello spettro NMR. In questo caso potrebbe risultare difficile rilevare il segnale. Altra problematica è che l’NMR non è una tecnica molto sensibile. Tecniche cromatografiche Infine, per seguire la cinetica di una reazione possiamo impiegare le tecniche cromatografiche come la gas- cromatografia anche accoppiata alla spettrometria di massa o anche la HPLC-massa Metodi elettrochimici Possono essere utilizzati in casi in cui abbiamo delle reazioni redox che avvengono 15 Analogamente anche i coniugati che devono reagire sono troppo poco reattivi; difatti ad incidere sulla reattività è la presenza di sostituenti elettron-donatori che aumentano la reattività, e/o la conformazione del diene che deve essere bloccata nella s-cis (si riferisce alla disposizione dei doppi legami rispetto al legame singolo; può essere s-trans o s- cis). Di seguito sono riportati alcuni dei diene coniugati maggiormente impiegati nelle reazioni di Diels-Alder. La seguente reazione di Diels-Alder sul quale faremo l’esempio è un ciclizzazione 4+2, chiamata così poiché coinvolge 4 elettroni π del diene coniugato e due elettroni π nel dienofilo; in questo caso il diene e il dienofilo sono la stessa molecola. In questa reazione abbiamo il contributo entalpico che è estremamente favorevole: ΔG H++¿=15,5 Kcal /mole ¿. Difatti, nel passare dai reagenti al prodotto abbiamo la formazione di due nuovi legami, e questo è sempre favorevole. Al contrario dal punto di vista entropico la reazione è sfavorevole ΔG S++¿=−34 eu¿, poiché nel passare dai reagenti al prodotto diminuisce il numero di microstati. Difatti: 1. Passiamo da due molecole ad una sola 2. Il prodotto ha una rigidità maggiore dei reagenti, difatti passiamo da due molecole che hanno una certa libertà roto-vibrazionale ad una molecola di prodotto che ha una libertà roto-vibrazionale decisamente minore, il prodotto è molto più rigido 16 Attivazione di un diazo-composto Nel secondo esempio abbiamo una reazione di attivazione di diazo-composto. In questo caso l’aspetto entalpico è ancora più favorevole rispetto al caso precedente: ΔG H ++¿=52 Kcal mole ¿ ; questo perché in questo caso la reazione porta alla formazione della molecola di diazoto (N2), la quale è una molecola estremamente stabile. Inoltre, in questa reazione abbiamo anche l’aspetto entropico favorevole: ΔG H++¿=+19 eu¿. Questo dipende dal fatto che: 1. Passiamo da una molecola a tre molecole nel prodotto 2. Inoltre, passiamo da una situazione di poca libertà roto-vibrazionale ad una situazione di maggiore libertà roto-vibrazionale Correlazione profilo reazione-tipologia reazione Andiamo ad analizzare i profili di reazione e cerchiamo di collegarli alla diverse tipologie di reazioni. Reazioni concertate 17 Partiamo dal profilo di reazione più semplice che possiamo osservare; esso è un profilo di reazione definito semplice poiché non è presente alcun intermedio di reazione. Questo profilo è caratteristico delle reazioni definite concertate, ovvero reazioni in cui i due reagenti si incontrano, e contemporaneamente abbiamo la rottura dei legami esistenti e la formazione dei nuovi legami. Quello che abbiamo è sostanzialmente una reazione di sostituzione, con un nucleofilo entrante e un gruppo uscente. La reazione dell’esempio è una reazione di sostituzione di un derivato primario, i quali tendono a dare reazioni di sostituzione SN2, poiché i carbocationi primari che ne derivano sono instabili, oltre a ciò abbiamo un buon nucleofilo e un buon gruppo uscente. Poiché la reazione è di tipo concertato abbiamo: 1. Nessuna formazione dell’intermedio di reazione 2. I prodotti sono più stabili dei reagenti 3. Reazione irreversibile, poiché il ΔGG++ dai prodotti hai reagenti è più alto di quello dai reagenti allo stato di transizione 20 Come i sostituenti influenzano la distribuzione dei prodotti Quello che ancora ci manca come informazione è come è fatto lo stato di transizione; difatti, questa informazione ci permette di comprendere come i sostituenti andranno ad influenzare la distribuzione dei prodotti. Profili di reazione competitive: Controllo cinetico vs termodinamico Andiamo a visualizzare una serie di profili di reazioni che sono competitive, in cui possiamo applicare un controllo cinetico o uno termodinamico. La seguente reazione può essere sotto controllo termodinamico o sotto controllo cinetico. In questa reazione il reagente (R), può trasformarsi o nella specie A o nella specie B, e nelle due differenti possibilità il profilo di reazione è differente. Il prodotto A è quello che è più stabile da un punto di vista termodinamico, difatti è 21 quello che ha il ΔGG più basso. Tuttavia, per andare a formare il prodotto A è necessario che il reagente superi una barriera energetica, determinata da ΔGG++, più alta rispetto a quella che abbiamo andando verso B, anche se B è meno stabile da un punto di vista termodinamico. Questo vuol dire che a qualunque temperatura, il processo che permette la trasformazione in A è più rapido rispetto al processo che lo trasporta verso B. Se aumentiamo la temperatura in modo incontrollato noi rendiamo entrambe le reazione più veloci, naturalmente non nella stessa misura, B sarà per molti intervalli di Temp, più veloce in virtù di una energia di attivazione minore di A. Ed è proprio su questo che dobbiamo giocare, ovvero aumentare la temperatura in modo da rendere più reattivo R così da far pesare meno la minor stabilità di B rispetto ad A, e giocare sul fatto che la reazione B ha una energia di attivazione minore ed è quindi la più veloce. Bisogna però stare attenti a non utilizzare temperature che rendano il sistema troppo reattivo. Infatti, a queste temperature la differenza tra l’energia di attivazione di A e di B è annullata e vincerà il prodotto A in virtù della sua maggiore stabilità. È inoltre importantissimo analizzare un altro punto: noi forniamo energia, mendiate la temperatura, in modo da permettere di superare la barriera di ΔGGB++, nel verso da reagenti a prodotto B, tuttavia non ci muoviamo nel verso opposto. Ovvero non operiamo ad una temperatura tale da fornire l’energia per superare il ΔGG B++ inverso, ovvero da B al reagente R. Così facendo abbiamo una reazione sotto controllo cinetico, in una reazione irreversibile poiché il prodotto B non è in grado di tornare ad R. Presentiamo un secondo caso possibile, in cui il controllo termodinamico o cinetico dipende da dettagli molto sottili. In questo caso partiamo da un reagente R, che può trasformarsi nella specie A, e a sua volta la specie A può trasformarsi nella specie B. Quindi in questa reazione andiamo a formare un primo prodotto il quale può ulteriormente evolvere a formare un secondo prodotto. Partiamo dal caso in cui vogliamo ottenere la specie A, esso è meno stabile del composto B ma cineticamente più favorito. Quindi noi otteniamo il composto A solo e soltanto se forniamo una quantità di energia pari a A++ ma non a B++. Tuttavia, se noi non siamo attenti alla energia che forniamo il prodotto A può formare o B o tornare A R con più o meno la stessa velocità. 22 Un esempio perfetto di questa casistica è la condensazione aldolica. In una condensazione aldolica se vogliamo fermarci ad A, la svogliamo a bassa temperatura. Se invece vogliamo proseguire ed eliminare il gruppo ossidrilico e ottenere il prodotto B, possiamo o cambiare il pH, favorendo l’uscita del OH aggiungendo un acido, oppure scaldiamo e ci spostiamo verso la specie B attraverso una reazione di eliminazione; la quale in quanto reazione di eliminazione è sempre promossa termodinamicamente. Questo terzo caso è un esempio in cui l’utilizzo di una catalisi cambia la situazione. Difatti siamo nella situazione iniziale in cui però siamo in presenza di un catalizzatore il quale cambia il profilo cinetico (linea tratteggiata). Questa tipologia di catalisi è definita aspecifica poiché diminuisce l’energia di attivazione di entrambi i processi della stessa entità, non influenzando solo un processo come avviene nella catalisi specifica. Quindi il catalizzatore rende le due energie di attivazione molto piccole e vicine ai reagenti e molto simili fra di loro, così che non ci sia una vera e propria preferenza nell’andare a destra o a sinistra. Sostanzialmente in questo caso se rendiamo le due energie di attivazioni più piccole e simili annulliamo il controllo cinetico e la scelta del prodotto cadrà sul prodotto termodinamicamente più stabile. Esempi di reazioni sotto controllo cinetico o termodinamico Nel primo esempio di reazione si parte da un reagente che è un chetone non simmetrico. Da un punto di vista termodinamico se noi trattiamo questa molecola con una base, non troppo forte che dia la possibilità alla molecola di equilibrare, otteniamo una molecola deprotonata nella posizione butilica, poiché otteniamo l’anione più stabile, che poi forma il doppio legame più stabile. Se però usiamo una base che è: 1. Molto forte 2. Stericamente impedita 25 strutture comporta una riorganizzazione strutturale molto piccola. In parole povere il postulato di Hammonds afferma che lo stato di transizione assomiglia alla struttura stabile o metastabile che ha una energia simile ed è consecutiva nel profilo di reazione. Questa affermazione è molto utile, se la usiamo nello studio di particolari profili di reazione, in quanto ci permette di razionalizzare la struttura dello stato di transizione. 1. Caso (a). in questo caso abbiamo una reazione estremamente esotermica, con una bassissima energia di attivazione quindi una reazione molto veloce. Quindi questo implica che energeticamente parlando fra i reagenti e lo stato di transizione c’è poca differenza. Quindi il postulato di Hammonds ci dice che l’effetto che un sostituente può avere sullo stato di transizione è molto simile e può essere paragonato a quello che il sostituente può avere sulla molecola di reagente. Quindi possiamo fare le relazioni struttura- proprietà sullo stato di transizione, riferendoci ai reagenti. Questo caso è detto Early Transition State 2. Caso (c). Questo caso è opposto al precedente, difatti abbiamo una reazione fortemente endotermica e molto lenta, poiché l’energia di attivazione per questa reazione è molto alta, questo caso è chiamato Late Transition State. In questo caso abbiamo i reagenti che mediante un processo lento formano un intermedio molto poco stabile, il quale evolve rapidamente nel prodotto. In questo caso l’effetto che i sostituenti hanno sullo stato di transazione è il medesimo che i sostituenti hanno sull’intermedio, che è molto poco stabile. Difatti ricordiamo che per quanto possa essere difficile gli intermedi li possiamo misurare 3. Caso (b). Questo caso è sicuramente il più difficile da capire, difatti abbiamo uno stato di transizione medio, il quale non assomiglia ne hai reagenti ne hai prodotti e manca anche di un intermedio. Ad esempio, in una reazione SN2, in cui manca un intermedio e le energie dei reagenti e dei prodotti sono molto simili fra di loro. In questo caso è necessario usare altri metodi per conoscere la struttura dello stato di transizione Esempi di uso del postulato di Hammonds L’esempio che prendiamo in considerazione è una reazione di sostituzione elettrofila sul benzene in cui un derivato benzenico che può essere o non essere sostituito, reagisce con un elettrofilo. Se l’anello benzenico è già sostituito la prima problematica riguarda dove andrà a posizionarsi l’elettrofilo entrante, in para, meta o orto. La seconda problematica, sempre se parliamo di un anello già sostituito, riguarda il fatto che la seconda reazione di sostituzione, a seconda del sostituitene, sarà più rapida o più lenta della prima. Quindi queste problematiche riguardano una correlazione non ovvia, difatti, stiamo dicendo che il sostituente non va ad influenzare la stabilità del prodotto, ma va ad influenzare la velocità della reazione. difatti, stiamo parlando di competitività e quindi di velocità, poiché ci stiamo chiedendo se un sostituente favorisca la sostituzione in un punto o in un altro. Nel meccanismo generale delle sostituzione elettrofile abbiamo che: 1. L’anello benzenico reagisce molto velocemente con l’elettrofilo per formare il complesso π. Esso si forma poiché la ciambella di elettroni π ha carica sostanzialmente negativa che interagisce, attraverso una interazione 26 elettrostatica, con l’elettrofilo che ha carica sostanzialmente positiva, la reazione è molto rapida poiché il ΔGG ++ è molto piccolo 2. Il secondo processo che è quello di formazione del complesso σ, ovvero il complesso in cui abbiamo il legame tra il sostituente e il benzene. Ed è proprio questo step ad essere il più lento della reazione, ed è proprio di questo step quello di cui vogliamo calcolare il rate. Quindi il complesso σ è un intermedio, e la sua formazione è quella caratterizzata dal salto energetico più alto, valore di ΔGG++ più grande, quindi la sua formazione è lo step più lento della reazione. I complessi σ sono osservabili, anche se non è spesso possibile isolarli, essi sono caratterizzati da una vita molto breve, ovvero l’energia di attivazione per la loro evoluzione nei prodotti è molto molto piccola. Quindi quello che abbiamo è un Late Transition State, e di conseguenza lo stato di transizione assomiglia all’intermedio, e quindi attraverso la conoscenza della struttura dell’intermedio, possiamo fare tutte le considerazione che vogliamo sulla stabilità dello stato di transizione o sulle sue energie, facendo gli stessi ragionamenti che faremmo sull’intermedio. Il ragionamento non è banale, poiché noi stiamo usando un concetto termodinamico, ovvero che una particolare specie è più stabile, anche se di molto poco, dello stato di transizione, ma sufficientemente stabile da poter derivare almeno la sua struttura. E successivamente affermare che tale struttura è talmente vicina, in energia, allo stato di transizione, che noi la possiamo considerare la struttura dello stato di transizione, ed effettuare su questa struttura una serie di considerazioni che sono di carattere cinetico, ovvero: questo processo è più veloce di quest’altro. 3. Infine, abbiamo l’espulsione del protone, che essendo anch’esso carico positivamente, formerà un complesso π con la ciambella elettronica carica negativamente del benzene sostituito 4. Allontanamento del protone e formazione dei prodotti Se partiamo da un benzene che è in partenza sostituito con un sostituente che è elettron-donatore, come il gruppo Metossi, si possono formare tre tipi di intermedi complesso σ: 1. Complesso σ in cui il sostituente è in posizione para al metossi 2. Complesso σ in cui il sostituente è in posizione orto al metossi 27 3. Complesso σ in cui il sostituente è in posizione meta al metossi Naturalmente i tre diversi complessi σ hanno delle energie differenti: la sostituzione in orto-para è isoenergetica, mentre la posizione in meta non lo è, questa differenza dipende dalle formule di delocalizzazione che possiamo scrivere. Difatti per le forme para e orto noi possiamo sempre delocalizzare la carica positiva sul sostituente. Quando la sostituzione è in meta non possiamo mai farlo. Di conseguenza gli intermedi hanno energie differenti, e sulla base di quanto detto prima, anche gli stati di transazione hanno energie differenti, quindi la sostituzione in orto-para è più veloce della sostituzione in meta. Di conseguenza nel caso di sostituente elettron-donatori possiamo affermare che: 1. La reazione è più veloce, rispetto all’uso di altri sostituenti (guardare l’energia di attivazione) 2. La reazione è regio-selettiva 3. La scelta in orto o in para dipenderà da fattori non elettronici come: ingombro sterico La sostituzione sul benzene non sostituito è quella di riferimento. Per quanto riguarda la sostituzione sul nitro-benzene, il gruppo nitro, R−N O2, è un sostituente elettron-attrattore. Per tale motivo, ogni volta che la carica positiva dell’intermedio/stato di transizione, nel complesso σ, si trova vicino al nitro, l’effetto è destabilizzante. Quindi le sostituzioni orto e para, che portano la carica sul carbonio che lega il gruppo nitro, sono sfavorite ed a energia maggiore, poiché il sostituente attrae densità elettronica che già manca. Al contrario la sostituzione meta lascia la carica positiva sul carbonio adiacente a quello che lega il nitro, quindi l’effetto destabilizzante del gruppo nitro è minore e la sostituzione in meta genera un intermedio che è più stabile. Detto ciò comunque ognuna delle tre forme è meno stabile del benzene di riferimento non sostituito, quindi la reazione di sostituzione con un benzene sostituito con un gruppo elettron-attrattore sarà più lenta di quella con il benzene non sostituito e molto più lenta rispetto a quella con il benzene sostituito con il gruppo elettron-attrattore. Tra le tre forme la sostituzione in meta è più stabile di quelle orto-para e quindi tra le tre sarà quella con l’energia di attivazione minore e quindi la più veloce, ovvero sarà la sostituzione che avverrà. Naturalmente con un eccesso di bromo (gruppo entrante) o con un temperatura troppo alta, formiamo una quantità di energia tale che abbiamo la sostituzione in qualsiasi posizione, poiché tutte le barriere energetiche sono superate, e la sostituzione non sarà più controllata. 30 conformeri, isomeri conformazionali che differiscono fra loro per una libera rotazione attorno ad un legame semplice C- C, che sono fra loro facilmente inter-convertibili. Prendiamo il caso in cui abbiamo due conformeri: A e B, i due isomeri hanno energie differenti e nel particolare caso, il conformero A è più stabile di quello B. Questo vuol dire che ad una certa temperatura, in soluzione avremmo molto più isomero A di quello B, poiché esso è più stabile. Il principio di Curtin-Hammett ci dice che: la distribuzione dei prodotti, fra il prodotto che si ottiene dall’evoluzione del conformero A e il prodotto che deriva dall’evoluzione di B, non dipende dalla composizione della soluzione di partenza all’equilibrio. Difatti la distribuzione dei prodotti, ovvero se otteniamo preferenzialmente il prodotto di A o di B, dipende solo dall’energia di attivazione dei processi che portano alla formazione dei rispettivi prodotti. Il motivo dietro questo fenomeno dipende dal fatto che, queste due specie sono in rapida inter-conversione fra loro, poiché l’energia di attivazione per il processo è bassissima quindi la velocità è molto alta. Successivamente, sia A che B possono evolvere in modo irreversibile a formare i prodotti, rispettivamente E e Z, mediante il passaggio di uno stato di transizione; quindi la reazione veloce sarà quella che possiede lo stato di transizione a più bassa energia di attivazione, e quindi più veloce. Quindi non importa se c’è più A o B in partenza nella soluzione, poiché il prodotto che si formerà sarà quello del confomero che possiede lo stato di transizione a più bassa energia, e quindi sarà quello del confomero che evolve nei prodotti più velocemente. Ed è l’equilibrio stesso a dirci che: quando un po' del confomero, più veloce, reagisce e viene quindi consumato, allora l’altro confomero si trasformerà in quello appena consumato per tornare ad una situazione di equilibrio. In questo esempio è il confomero A ad avere l’energia di attivazione più bassa, quindi sarà esso ad evolvere a formare i prodotti, e quindi sarà esso ad essere consumato. Allora il confomero B si trasformerà in A, per ritornare ad una situazione di equilibrio. Quindi il rapporto fra il prodotto A e quello B, Product ratio=e¿ ¿¿, dipenderà dalla temperatura, e dalla differenza in energia tra i due stati di transizione. Non dipende in alcun modo dalla differenza di stabilità fra i due conformeri. Concetti fondamentali Effetti dei sostituenti Esistono due meccanismi mediante il quale, i sostituenti, possono attrarre o donare elettroni: 1. Effetto Mesomerico. Esso è un effetto che riguarda elettroni che hanno simmetria p o π. Questo effetto si basa sulla presenza di elettroni p/π che possono essere messi in co-partecipazione, o alla presenza di orbitali p/π vuoti che possono ospitare elettroni donati dal substrato. I sostituenti donatori attivanti per effetto mesomerico hanno delle coppie di elettroni non condivise, e sono quindi delle basi di Lewis. Mentre i sostituenti disattivanti accettori hanno degli orbitali a disposizione per accettare densità elettronica, e sono quindi degli acidi di Lewis. È importante ricordare che non tutti i doppietti o orbitali sono uguali, questo vuol dire che non sempre c’è compatibilità tra chi deve donare/accettare e chi deve accettare/donare, questo vuol dire che non sempre, e soprattutto non è mai uguale, l’effetto mesomerico che avviene tra due specie. Questo concetto è l’HSAB 2. Effetto induttivo. Esso riguarda elettroni che hanno simmetria σ, quindi esso è legato sostanzialmente alla differenza di elettronegatività. In una prima analisi possiamo dire che: 1. I gruppi attivanti sono gruppi elettron-donatori (ERG) 31 2. I gruppi disattivanti sono i gruppi elettron-attrattori (EWG) Facciamo alcuni esempi dei gruppi sostituenti organici, e il loro comportamento rispetto al benzene Gruppi Effetto mesomerico Effetto induttivo Alchilico ERG, piccolo ERG effetto principale Vinilico e Arilico ERG o EWG EWG Etilinico, triplo legame ERG o EWG EWG Carbonile in cui il carbonio di cui stiamo valutando la variazione di carica lega l’ossigeno o l’azoto del gruppo carbonilico ERG EWG, per maggiore elettronegatività del gruppo rispetto ai carbocationi Carbonile semplice, il CO lega direttamente il carbonio di cui stiamo valutando la variazione di carica EWG EWG, uguale a sopra Alogeni ERG EWG Polialoalchili, l’atomo di carbonio che funge da sostituente è a sua volta sostituiti da un sostituente fortemente χ EWG, effetto solo induttivo Ciano, nitro ammonio ecc. EWG EWG RS, tiolo ERG, doppietto non condiviso EWG RSO, solfone ERG, in parte EWG RSO2, solfossido EWG, poiché il doppietto non condiviso è impegnato negli altri legami Gruppi silil, R3Si ERG ERG Per quanto riguarda gli alogeni dobbiamo fare un discorso più ampio, difatti tutti gli alogeni sono fortemente χ, ma contemporaneamente tutti gli alogeni hanno doppietti elettronici non condivisi. Nel caso del F, l’χ è tale che l’effetto mesomerico non minimamente presente, quindi il F è disattivante, solo EWG. Il cloro sottostà alle stesse considerazioni del F solo che esso lo fa con una minor intensità quindi è più disattivante che attivante, è più EWG che ERG. Il bromo ha un effetto EWG destabilizzante ma è piccolo, quindi l’effetto stabilizzante ERG è visibile in molti stati di transizione che esso è in grado di stabilizzare, infine lo iodio lo possiamo considerare quasi attivante, quindi l’effetto ERG è maggiore, e va a sopraffare l’effetto EWG. Ad esempio, lo iodio benzene da una sostituzione elettrofila ottima, il bromo benzene da una scarsa sostituzione, il cloro e fluoro benzene non danno alcuna sostituzione elettrofila. Per lo zolfo il fatto che sia ERG o EWG, dipende dai doppietti liberi sullo zolfo: se sono entrambi liberi è molto ERG, se sono entrambi occupati è molto EWG, se siamo a metà strada abbiamo un effetto ERG che vince sul EWG, questo per quanto riguarda l’effetto mesomerico, per effetto induttivo sono tutti EWG per maggiore χ. 32 Stabilità dei carbocationi Conoscendo come agiscono i sostituenti sui carbocationi facciamo le nostre considerazioni su gli effetti sostituenti. C’è solo un appunto importante da fare. Nell’immagine abbiamo due carbocationi terziari che portano la carica positiva in due orbitali differenti, uno è ibridato sp3, l’altro sp2. La disposizione più vicina alla realtà è quella in cui l’atomo di carbonio è ibridato sp2, questo perché l’atomo cerca di disporsi, elettronicamente parlando, in modo tale da essere il più stabile possibile, a seconda dell’intorno. Quindi: se parto da un composto HCR3 abbiamo un atomo di carbonio ibridato sp3, e quando tiro via l’H, genero il corrispondete carbocatione. Quello che ottengo è una struttura planare, questa è la disposizione più stabile che l’atomo di carbonio può assumere. Questa situazione di elevata stabilità, dell’atomo di carbonio con carica positiva, dipende dal fatto che: se la carica positiva viene messa in un orbitale sp 3 abbiamo un orbitale con carattere s per ¼ e ¾ di carattere p, quindi un orbitale che a causa del carattere s, è molto vicino al nucleo. Se invece la carica viene introdotta in un orbiate p libero, che è disponibile in una ibridazione sp2, la carica va in un’orbitale che è mediamente un po’ più lontano dal nucleo. Difatti, il carbonio si trova una carica che non li piace, e cerca di disporsi in modo tale da metterla in un orbitale che è il più possibile lontano dal nucleo. Naturalmente non sarà sempre così, poiché in questo momento stiamo parlando di una situazione ideale nella quale il carbocatione è isolato da tutto. Nel caso in cui il carbocatione è immerso in un solvente con polarità molto bassa, ma in presenza del contro ione, esso rimane vicino al carbocatione, o da un lato o dall’altro, e questo va a distorcere la struttura del carbocatione. Per tale motivo alcune reazioni SN1, che dovrebbero racemizzare non lo fanno e sono stereo-conservative o danno inversione di stereo-chimica. L’efficienza degli effetti mesomerici o induttivi dipende dalla efficienza di interazione tra le specie chimiche, la quale dipende dalla efficacia di sovrapposizione degli orbitali che devono interagire. L’efficacia di sovrapposizione dipende dalla energia degli orbitali che interagiscono, più gli orbitali hanno energia simile maggiore è l’efficacia di sovrappostone. Intermedi di reazione Nelle reazioni di chimica organica sostanzialmente abbiamo 4 differenti tipologie di intermedi: 1. Carbocationi 2. Carboanioni 3. Radicali 4. Intermedi tetraedrici di addizione al carbonile Adesso andiamo a vedere nello specifico questi intermedi Carbocationi 35 temperatura della termocoppia, fra il momento in cui non c’è nulla e il momento in cui c’è il carbocatione ad una certa concentrazione. Andiamo adesso ad analizzare la stabilità del carbocatione quando entrano in gioco i sostituenti, difatti, fino ad adesso abbiamo visto gli aspetti di stabilità intrinseca che dipendono solo dalla disposizione di atomi di carbonio e idrogeno. In generale se abbiniamo al carbocatione, che è carico positivamente, e lo funzionalizziamo con un atomo che è più χ del carbonio, lo destabilizziamo. Al contrario se lo funzionalizziamo con un atomo che è meno χ del carbonio lo stabilizziamo. Ragioniamo sul caso degli alogeni, e per farlo analizziamo la seguente serie, le informazioni che abbiamo sono l’ordine di legame (grassetto) e il valore della carica sul carbocatione, in particolare entrambi i dati indicano delle variazioni in seguito alla formazione del carbocatione. La variazione positiva dell’ordine di legame ci dice che quello che nella molecola di partenza era un legame semplice inizia ad assomigliare ad un legame doppio, nella variazione negativa vuol dire che quello che era doppio inizia a diventare singolo. Nella serie vediamo che se confrontiamo il F e Cl, la variazione dell’ordine di legame è molto più sensibile nel caso del Cl rispetto al caso del F. In entrambi i casi, la variazione dell’ordine di legame dipende dal fatto che abbiamo un doppietto non condiviso che aiuta a stabilizzare la carica positiva, anche se questo effetto è molto diverso per i due atomi. Questo effetto nel caso del F è molto piccolo rispetto a quello che accade nel caso del Cl, per il forte carattere χ degli orbitali del F. Questo effetto si ripercuote sulla carica positiva che risiede sull’atomo di carbonio; carica molto più elevata nel caso della sostituzione con il F rispetto alla sostituzione con il Cl, il F sostanzialmente aiuta meno a stabilizzare tale carica positiva. Guardiamo il caso del sistema allilico, esso è il risultato di un effetto di coniugazione (mesomerico donatore). Nel sistema allilico (si intende il tre atomi di carbonio contenenti il doppio legame), l’effetto di condivisione della carica porta ad un aumento dell’ordine di legame, ma non comparabile a quello che otteniamo nel caso del Cl. Perché nel caso allilico abbiamo un sistema delocalizzato, quindi abbiamo sì una maggiore stabilità grazie alla delocalizzazione, ma lo stress della carica positiva rimane, anche se è condiviso su tre centri. Se prendiamo questi due casi, sembra che i ragionamenti fatti in precedenza non possano essere applicati. Il problema risiede nella modalità di calcolo, quindi questo secondo trend non ha senso come il primo che invece è assolutamente sensato. Carboanioni 36 In queste specie chimiche l’atomo di carbonio porta una carica negativa. Anche in questo caso la coniugazione funziona nello stesso modo, ovvero tutte le volte che la carica negativa può essere messa in co-partecipazione, abbiamo un effetto di stabilizzazione. Al contrario dei carbocationi, gli effetti induttivi sono opposti nei carboanioni; ovvero tutte le volte che un atomo di carbonio lega un sostituente che tende a donare la carica abbiamo un effetto destabilizzante, tutte le volte che l’atomo di carbonio lega un sostituente che tende ad accettare la carica abbiamo un effetto stabilizzante. Nella seguente tabella sono riportati i valori di stabilizzazione dei sostituenti nei confronti dell’anione metilico. Notiamo che nelle prime due colonne della tabella abbiamo dei valori di stabilizzazione che tendono conto dell’effetto del solvente. In particolar modo l’effetto solvente può o magnificare o silenziare l’effetto del sostituente, ad esempio, nel caso di un solvente protico, un solvente che da legami a H, il suo effetto è sempre stabilizzante nel confronto di strutture cariche. Ad esempio, Nel caso dell’acqua che è un solvente protico, essa possiede l’ossigeno con un eccesso di carica negativa, l’idrogeno con un eccesso di carica positiva, e quindi in base a come si accosta la molecola l’acqua può sempre stabilizzare una carica netta. Come nel caso dei carbocationi, la geometria di una molecola, in cui un atomo di carbonio porta una carica netta, può comprendere queste diverse tipologie di ibridazione. Alcune delle quali sono più facili da osservare altre invece sono meno facili da osservare. Per un atomo di carbonio che era ibridato sp3, prima della formazione della carica, la struttura del carboanione che maggiormente ritroviamo è quella p/sp2. Così che l’atomo ibridizza sp2 con la carica negativa che va a disporsi nell’orbitale p, che non avendo carattere dell’orbitale s è un orbitale più diffuso in cui è più facile stabilizzare la carica. La molecola assume una struttura planare. Ci sono casi in cui questa disposizione non è seguita poiché abbiamo interazioni stabilizzanti. Ad esempio, questo avviene quando ci sono delle interazioni stabilizzanti specifiche tra i sostituenti, come la presenza di gruppi che danno legami a H o legami coordinativi, che sono fortemente stabilizzanti. In tutti questi casi la molecola è forzata ad avere una deviazione dalla planarità dell’ibridazione p/sp2, tale che la molecola assume una disposizione spaziale che ci aspetteremmo in una molecola ibridata sp3, e quindi ciò vuol dire che l’atomo di carbonio si ibrida effettivamente sp3. Sottolineiamo che, come già detto in precedenza, non c’è prima l’ibridazione e poi il legame ma le condizioni al contorno determina l’ibridazione, e quindi il contorno dell’atomo di carbonio determinano la sua struttura. Da un punto di vista “carbonioso”, i carboanioni più stabili sono quelli ibridati p/sp e sp/sp, soprattutto quest’ultimo. Nell’acetilene (etino), l’atomo di carbonio che porta la carica negativa è ibridato sp, con 37 il contributo s che incrementa l’χ, e avvicinando la carica al nucleo carico positivamente stabilizza la carica negativa. Quello che si verifica è opposto all’andamento per il carbocationi. Per quanto riguarda gli effetti sostituenti, possiamo avere effetti induttivi o mesomerici. Gli effetti mesomerici sono i più importanti per i carboanioni; difatti ogni volta che possiamo delocalizzare la carica negativa abbiamo una stabilità del carboanione correlata all’acidità dell’idrocarburo da cui partiamo. Molto stabile il carboanione vuol dire molto acido molecola di partenza, poco stabile il carboanione vuol dire poco acido la molecola di partenza. Ad esempio, se prendiamo il ciclopentadiene, la formazione dell’anione è molto più favorita rispetto alla formazione del catione, poiché è favorita dal fatto che è: 1. Coniugato 2. Planare 3. Sei elettroni π, quindi struttura AROMATICA Il ciclopentadiene anione è talmente stabile che forma uno dei composti organo metallici più stabili che è il ferrocene. Radicali Gli intermedi radicalici sono molto impiegati nelle reazioni organiche di formazione delle macromolecole, ad esempio nelle reazioni di polimerizzazione, al contrario sono molto poco comuni nelle normali reazioni organiche. Queste perché i radicali sono intermedi estremamente reattivi, ed essendo estremamente reattivi sono conseguentemente estremamente poco selettivi. Questa elevata reattività e poco selettività si comprende subito. Difatti, per i radicali qualunque gruppo sostituente è stabilizzante, quindi ad una prima visione sembra molto favorevole questa cosa poiché esse implica che possiamo generare i radicali in qualunque situazione. I radicali si generano facendo reagire il nostro idrocarburo con una specie radicalica, come può essere il Cl°, la quale genera il radicale nel punto dell’idrocarburo che vogliamo e si ricombina con l’atomo radicalico uscente, solitamente un H°, formano una molecola di acido cloridrico. Il principale problema legato ai radicali è che essi possono: 1. Propagare 2. Dimerizzare 3. Disproporzionare E se tutti i sostituenti che posso impiegare mi stabilizzano tutti i radicali che genero mi ritrovo che tutti i radicali sono stabilizzati, e mi ritrovo con un grande problema di selettiva, poiché non posso preferire una specie rispetto ad un'altra e non ho quindi chemo-selettività. Fatta questa premessa che spiega la poca presenza dei radicali nelle reazioni organiche, 40 Naturalmente il meno reattivo di tutti è l’anione ammide, la quale non è basica poiché il doppietto non condiviso dell’azoto viene delocalizzato sul carbonio carbonilico formando un doppio legame e non viene impiegata nella formazione di un legame con un protone. Difatti, possiamo scrivere la seguente formula di risonanza, che va ad evidenziare questo aspetto. Per lo stesso identico motivo una ammide non completamente sostituita, ovvero un ammide in cui uno dei gruppi R dell’azoto e un idrogeno, R−C (O )−NHR, è parzialmente acida. Noi possiamo quindi de- protonare la ammide, e ottenere il corrispondete anione ammidico che è: R−C (O )−N−¿−R ¿. Inoltre, questo metodo permette la formazione di ammine secondarie non simmetriche, se leghiamo all’anione ammidico un altro gruppo R. Si procede con la de-protonazione, e formazione dell’anione dell’ammide, che verrà fatto reagire con un gruppo R−X . L’ammide verrà poi idrolizzato così da scindere il legame tra il carbonile e l’azoto e si formerà un’ammina secondaria asimmetrica, R'−NH−R' '. Continuando la serie di reattività crescente dei carbonili abbiamo, dopo l’anione ammidico, abbiamo il carbossilato, il gruppo ammidico terziario, estere, chetone, aldeide e infine gli alogeni. L’aldeide è più reattivo del chetone per due fenomeni, uno induttivo e uno sterico: 1. Induttivo. Gli atomi di carbonio sono leggermente elettron-donatori, più dell’idrogeno, e per questo disattivano un pochino la reattività del carbonile 2. Sterico. Gli atomi di carbonio legano dei sostituenti mentre l’H non lega sostituenti 41 I cloruri acilici sono particolarmente reattivi, tuttavia in molti casi non sono molto pratici, ad esempio, uno particolarmente poco pratico è il cloruro acilico dell’acido carbonico, chiamato fosgene, ed è un gas molto tossico. Se la posto di un cloro abbiamo un imidazolo, ci aspetteremmo che la reattività del carbonile sia repressa, poiché l’imidazolo può donare della carica che va a stabilizzare il carbonile, quindi ci aspettiamo che il carbonile sia stabilizzato dalla delocalizzazione della carica. Tuttavia, siccome l’imidazolo è aromatico, la seconda struttura di risonanza non è particolarmente amata dell’imidazolo, poiché esso, assumendo la seconda struttura perderebbe parte della stabilizzazione aromatica. Per cui il legame con l’imidazolo fa sì che il carbonile mantenga una buona reattività, ma allo stesso tempo fa sì che il carbonile sia solido. Quindi noi passiamo da fosgene, che è un gas, al carbonile di-imidazolo, che è un solido che può tuttavia essere pesato all’aria, e mantiene la sua elevata reattività. 42 Fino ad adesso abbiamo analizzato la reattività del carbonile sulla base degli effetti de sostituente, adesso andiamo a comprendere con quali meccanismi il carbonile può reagire. Il meccanismo più semplice è un meccanismo non catalizzato, in cui è necessario avere un nucleofilo piuttosto forte, o un carbonio carbonilico particolarmente reattivo. L’intermedio che si forma è definito intermedio a cariche separate. L’intermedio va incontro ad una tautomeria, con il protone che passa dal nucleofilo all’enolato; esso evolverà poi a formare il prodotto di sostituzione e il gruppo uscente. Questa reazione, come la maggior parte viste fino ad ora, sono tutte delle reazioni caratterizzate dalla presenza di equilibri (doppia freccia). Per cui se dovessi scrivere il profilo di reazione, esso apparirà come quello riportato in figura. Nel profilo di reazione ho sostanzialmente due intermedi di reazioni, I ' e I ' ', successivi con energie di attivazione sono confrontabili. Quindi mi trovo in una situazione in cui all’equilibrio tutte le specie sono popolate, e quindi il verso della reazione dipenderà dalla stabilità del prodotto rispetto al reagente. Quindi in genere queste reazioni sono sotto controllo termodinamico. Possiamo poi avere dei meccanismi di reazioni che sono catalizzati. Ad esempio, molto importante è il meccanismo di reazione con catalisi acida. In questo caso il meccanismo di reazione prevede la protonazione dell’atomo di ossigeno del carbonile. Dal profilo di reazione possiamo identificare le due specie presenti, quella neutra, maggiormente popolata, perché il carbonile è una base molto debole, e la specie acida, meno popolata. Tuttavia, la specie acida permette di diminuire il gap del ΔGG++, avendo un energia maggiore della specie neutra, e favorendo così la reazione. Posso avere anche un meccanismo di reazione con catalisi basica, in cui una base forte mi de-protona il nucleofilo e poi la reazione evolve tranquillamente. Naturalmente nel caso utilizzo una catalisi di questo tipo la base non deve essere nucleofila, e le basi che non sono nucleofile sono delle basi in cui la carica negativa è delocalizzata, ovvero non è presente in un solo punto, oppure se la base ha la carica negativa in un solo punto, è necessario che quel punto reattivo sia stericamente impedito così da non poter reagire con il centro elettrofilo, così che la base non funge da nucleofilo. L’ultimo meccanismo che possiamo mettere in campo sono i così detti trasferimenti di protone concertato. In questi esempi il solvente assiste il trasferimento di un protone in un processo concertato, ovvero il solvente va ad attivare il nucleofilo. Una reazione che procede con questo meccanismo è la riduzione con sodio boro idruro. 45 maggiore è sicuramente andare a sintetizzare queste molecole che sono selettivamente deuterate. La reattività delle molecole con deuterio sarà identica a quella delle molecole normali, difatti, l’unica differenza tra queste molecole e quelle normali è che il deuterio è più pesante dell’idrogeno. L’unica differenza che notiamo tra una molecola idrogenata e una deuterata riguardano le transizioni vibrazionali del legame C-H o C-D. Se il legame C-D, è coinvolto nella reazione, vuol dire che ad un certo punto o si rompe o si forma, in entrambi i casi vuol dire che c’è un legame C-D che viene elongato fino al punto di rottura. Al massimo di elongazione non abbiamo più vibrazione, quindi allo stato di transizione il legame C-D non vibra poiché o si sta rompendo o si sta formando un nuovo legame C-D. È importante sottolineare che l’energia di punto zero (più basso livello energetico possibile in un sistema quantistico) di questi oscillatori , C-H e C-D, è differente, quindi hanno due energie di attivazioni differenti, ΔGGH++ è diversa da ΔGGD++. Ma poiché allo stato di transizione non abbiamo alcuna vibrazione, perché il legame è alla sua massima elongazione, l’energia dello stato di transizione è la stessa. Quindi allo stato di transizione la differente massa tra H e D non comporta una differenza energetica. Quindi tra un sistema idrogenato e uno deuterato, poiché abbiamo la stessa energia allo stato di transizione, ma differente energia di punto zero, i due composti hanno una differente energia di attivazione. Quindi le reazioni con il composto deuterato portano allo stesso prodotto finale ma avendo una ΔGG D++ maggiore sono più lente; questo effetto sarà maggiore tanto è maggiore il coinvolgimento nella mia reazione della rottura o formazione di un legame C-D. Solitamente l’effetto cinetico isotopico è espresso come rapporto fra il rate della reazione del composto che contiene H e il rate della reazione del composto che contiene deuterio, K H /kD. Solitamente l’effetto cinetico isotopico è da prendere in considerazione quando il rate è maggiore di due, >2. Se inoltre, abbiamo un forte effetto cinetico isotopico, ciò implica che lo stato di transizione coinvolge un forte legame fra l’idrogeno o il deuterio ed entrambi i centri che sono coinvolti nella rottura o nella formazione del legame. In parole povere l’effetto è particolarmente evidente quando l’atomo di deuterio è precisamente a metà strada fra i due centri reattivi, e questo avviene quando per l’appunto abbiamo uno stato di transizione che è perfettamente intermedio fra i prodotti e i reagenti. Quindi l’effetto cinetico isotopico è massimo nella reazione SN2, difatti ho una cinetica del secondo ordine, non ho intermedi e ho uno stato di transizione tetraedrico, il quale non è né Early né Late. Quindi l’effetto isotopico cinetico è massimo nella reazione 2°, in cui contemporaneamente il gruppo ossidrile de-protona il carbonio mentre la carica negativa si sposta sul carbonile. Difatti in questa reazione abbiamo uno stato di transizione in cui l’atomo di H/D è legato contemporaneamente nello stesso modo e con la stessa forza dall’ossigeno del gruppo ossidrilico e dal carbonio del carbonile. Quindi la reazione è del tipo SN2 con una cinetica del secondo ordine; tanto che la velocità dipende dalla concentrazione del gruppo ossidrilico e della molecola con il gruppo carbonile. 46 Equazione di Hammett 47 L’equazione di Hammett è stata formulata in seguito ad una osservazione: in alcune particolari classi di composti organici che sono derivati dell’acido benzoico, e per derivati si intende che cambiano i sostituenti sull’acido benzoico, c’è una correlazione lineare fra l’equilibrio di dissociazione dell’acido carbossilico e la costante del rate delle reazioni che coinvolgono quel residuo carbossilico. Ad esempio, prendiamo la costante di dissociazione dell’acido benzoico, la costante di dissociazione dell’acido orto cloro benzoico e facciamo il rapporto. Successivamente facciamo la reazione di idrolisi dei due corrispondenti esterei metilici, e facciamo il rapporto fra i due rate, quello che otteniamo è lo stesso identico valore numerico. Notiamo come nel primo caso stiamo facendo il rapporto fra due equilibri (termodinamica), nel secondo caso stiamo facendo il rapporto fra due rate (cinetica). Quello che notiamo è che gli equilibri e i rate sono fra loro linearmente correlati. Quello che ci dice l’equazione di Hammett è che possiamo fare logaritmo del rapporto fra due costanti di equilibrio, il logaritmo del rapporto fra due rate e il tutto torna a meno di una costante (m). Se noi maneggiamo questa equazione sostituendo le equazione analitiche con le equazione del ΔGG corrispondente, otteniamo la seguente espressione: mΔGΔGG=ΔGΔG G++¿¿. Questa espressione ci dice che la differenza nell’energia di attivazione (ΔGG++) fra due reazioni in cui è presente un effetto sostituente, è uguale, salvo una costante, quindi è direttamente proporzionale, alla differenza fra le energie libere (ΔGG) dell’acido e della sua base coniugata. Possiamo ridefinire l’equazione così da dire che il logaritmo del rate (k), fratto il rate della reazione di riferimento (k0) che in questo caso è la reazione di dissociazione dell’acido benzoico, invece di essere uguale a m per il logaritmo del rapporto delle costanti di dissociazione (equilibrio), possiamo dire che è uguale a σ per ρ. E andiamo a definire ρ come costante di reazione, e σ come costante del sostituente. Questa equazione ci sta dicendo che se noi conosciamo le pKa degli acidi sostituiti, conosciamo anche il rate delle reazioni di : 1. Idrolisi 2. Trans-esterificazione 3. Ammidazione 50 Nella tabella che abbiamo riportato in precedenza, e che riportiamo adesso, vediamo un certo numero di sostituenti, di cui riportiamo i valori di σmeta, σpara, e altre tipologie di σ che sono relative alla loro stabilizzazione di un carboanione o carbocatione. Difatti, la trattazione di Hammett può essere estesa anche ad altre reazioni, e non solo quelle dell’acidi benzoico carbossilico, in questi altri casi avremmo un altro composto di riferimento che non sarà l’acido benzoico. In questa nuova casistica stiamo solo cambiando il punto di riferimento ma non il discorso generale che stiamo andando a fare. Innanzitutto, le σ possono avere valori positivi o negativi, questo infatti dipende dal fatto che esse esprimono una variazione di rate, e quindi l’effetto sostituente sul rate può accelerare la reazione o rallentarla. Quindi l’operazione che stiamo compiendo è semplicemente capire se un sostituente in un posizione para o meta stabilizza la carica negativa della base coniugata. Se il sostituente stabilizza la base coniugata allora l’acido avrà un maggior carattere acido, e quindi tutte le reazioni che coinvolgono i derivati dell’acido saranno reazioni più rapide. E il sostituente per stabilizzare la base coniugata dovrà essere Elettron-Attrattore. Ad esempio, confrontiamo l’acidità del riferimento e quella del derivato acetilico in para. Il carbonile è E-A per effetto mesomero, effetto che è molto più importante in posizione para rispetto alla posizione meta, questo perché la posizione para è coniugata. Quindi la presenza di questo sostituente stabilizza la base coniugata, rende l’acido un acido più forte, e quindi l’estere, se stiamo facendo una reazione di idrolisi, un estere più facilmente idrolizzabile. Il valore di σ sarà quindi positivo. Ricordiamo che il valore di σ sarà positivo se k ha un valore maggiore di k0. 51 Un sostituente che è legato ad un anello benzenico, e che lega a sua volta un atomo più χ, con un doppio o triplo legame, è E-A per effetto mesomerico, poiché gli elettroni p possono essere delocalizzati sul sostituente. 52 Sempre per lo stesso sostituitetene, gruppo acetilico, la σ para (0.50) e quella meta (0.38) sono differenti. Difatti nella posizione meta non abbiamo effetti mesomeri, ma solo effetti induttivi. In particolar modo l’atomo di carbonio del gruppo carbonilico sostituente possiede una carica positiva poiché lega un atomo di ossigeno, quindi questo atomo di carbonio è più χ rispetto all’H e rimuove densità elettronica dall’anello benzenico, che a sua volta può stabilizzare maggiormente la carica negativa del carbossilato. Quindi riesco a stabilizzare il carbossilato, ma meno di quanto riesco a farlo con un sostituente in posizione para. Da qui derivano le due σ differenti; quindi non solo l’equazione di Hammett ci dice chi dei due sostituente riesce a rendere la reazione più veloce, ma ci dà un valore quantitativo. Naturalmente abbiamo anche dei sostituenti che ci danno delle σ negative, in questo caso sono dei sostituenti elettron-donatori. Ci sono poi dei casi in cui l’effetto in para e in meta sono molto differenti. Ad esempio, l’acetammide in para ha un valore di σ che è zero, in meta σ ha un valore di 0.21. Questo andamento deriva dal fatto che, con questo sostituente l’effetto mesomero è molto poco importante, e nella sostituzione in para l’effetto mesomerico è l’effetto più importante. L’effetto mesomerico con un ammide comporterebbe la delocalizzazione del doppietto libero dell’azoto sull’anello benzenico. Tuttavia, questo doppietto elettronico è quasi completamente delocalizzato sul carbonile adiacente, e quindi siccome questo doppietto elettronico sull’anello benzenico non ci può andare è come se non ci fosse. Al netto abbiamo che: per effetto induttivo, essendo l’azoto è un elemento più χ del carbonio, l’acetammide si comporta da elettron- attrattore, mentre per effetto mesomerico l’acetammide si comporta da elettron-donatore. Tuttavia, come abbiamo appena spiegato l’effetto mesomerico è piccolissimo, e quindi in posizione para nel caso dell’acetammide i due effetti si compensano e la σ risultante è zero. Al contrario in meta l’effetto mesomerico non c’è, e quindi abbimao solo l’effetto induttivo, che essendo legato alla differenza di χ, e poiché l’atomo che lega l’anello è l’azoto, il quale è più χ del carbonio, abbimao un effetto Elettron-Attrattore che aumenta la stabilità del carbossilato e quindi l’effetto sostituente determina una σ positiva. 55 punto fondamentale è che noi possiamo usare sempre lo stesso valore del σ para del metossi, per comprendere in questo caso come sarà l’effetto del sostituente sull’intermedio, e quindi se questo sostituente stabilizza l’intermedio favorendone la sua formazione. E notiamo che in questo caso l’effetto E-D del metossi in posizione para stabilizza l’intermedio che è un carbocatione. Ciò che permette di riconciliare i due fenomeni è il valore di ρ nell’equazione di Hammett. Quindi il valore del parametro ρ, per la reazione di solvolisi con formazione di un carbocatione, è negativo. Al contrario il valore del parametro ρ per la reazione di idrolisi con formazione di un carboanione è positivo. Questi accorgimenti ci permettono di avere valori nell’equazione di Hammett positivi per le reazione in cui l’effetto sostituente ha un effetto positivo, e un valore negativo per le reazioni in cui l’effetto sostituente non le favorisce. La definizione chimico fisica del parametro ρ, mi dice come si ridistribuisce la densità di carica nello stato di transizione. Quindi se la densità di carica va verso il sito reattivo, e quindi il sito reattivo si carica negativamente, allora ρ è positiva. Se la densità di carica si allontana dal sito reattivo, e quindi il sito di reazione si carica positivamente, allora ρ è negativa. Per questo motivo un sostituente con σ negativa (sostituente E-D) si compensa con un valore di ρ negativo (formazione di un carbocatione) e la reazione è più rapida; analogamente un valore di σ positivo (sostituente E-A) e un valore di ρ positivo (formazione di un carboanione) permettono di avere una reazione più rapida. Possiamo avere delle reazioni multi-step in cui un passaggio della reazione ha una ρ positiva l’altro step ha invece una ρ negativa, naturalmente i sostituenti sono gli stessi e complessivamente la reazione si compensa. Quindi questi sono sostanzialmente dei casi che risultano essere totalmente insensibili all’effetto sostituente. Per concludere riassumiamo il significato della Hammett: le reazioni che possiamo analizzare con la Hammett sono reazione che hanno un intermedio, la reazione è una Late Transition State. Quindi io ragiono dicendo che lo stato di transizione assomiglia all’intermedio, quindi i sostituenti hanno un certo effetto sulla stabilizzazione dell’intermedio e quindi anche sullo stato di transizione. Per questo motivo è ragionevole che io possa correlare la variazione di energia libera (stabilità intermedio) e la variazione della cinetica (stato di transizione). Effetti d’Intorno Fino ad ora abbiamo visto una serie di effetti che influenzano la reattività della molecola. Questi effetti sono definiti intrinsechi alla molecola stessa poiché dipendono dalla struttura stessa della molecola. Andiamo quindi ad analizzare gli effetti di intorno che causano sempre un cambio nella reattività o nella stabilità della molecola, ma non dipendono più da fenomeni intrinsechi, bensì dipendono da agenti esterni con la quale la molecola è a contatto e con la quale interagisce. È importantissimo sottolineare che gli agenti esterni cambiano la reattività della molecola interagendo con essa, ma senza reagire con la molecola stessa, quindi questi agenti interagiscono con la molecola ma non reagiscono mai con la molecola. Ci sono due grandi fenomeni di questo tipo: 1. Catalisi, principalmente catalisi acida o basica 2. Effetto solvente Catalisi Innanzitutto, come ben sappiamo, il processo di catalisi 56 non varia le stabilità relative delle diverse specie, ovvero il processo di catalisi non varia la stabilità dei reagenti o dei prodotti e quindi non varia la distribuzione dei reagenti e dei prodotto all’equilibrio, in parole semplici non modifica l’equilibrio termodinamico. Il meccanismo di catalisi agisce modificando solo l’energia dello stato di transizione , per cui la catalisi modifica il rate di una reazione, la cinetica. I meccanismi di catalisi acida e di catalisi basica prevedono lo spostamento di un protone, questo nel caso in cui si tratta con acidi e basi di Bronsted. L’acido rende più elettrofilo il carbonile, la base rende più nucleofilo il nucleofilo. Tuttavia, in chimica organica è anche molto comune l’uso di acidi o basi di Lewis. Ci sono due tipologie di catalisi. 1. Catalisi specifica. In questo caso quello che mi interessa è il pH della reazione, quindi mi interessa che ci sia un H+ o un HO-, del controione non mi interessa. Difatti, mi interessa solo sapere quanto acido/base devo mettere, in funzione della forza dell’acido/base, per avere un particolare pH 2. Catalisi generale. In quella generale è sia importante il pH, ma ancora più importante è conoscere qual è la specie acida/basica che abbiamo in soluzione. Questo perché differenti acidi/base di Lewis, vanno ad interagire in punti differenti della molecola che deve essere catalizzata Un acido di Lewis è una specie che accetta una coppia di elettroni in condivisione. Quindi la definizione di Lewis comprende sia gli acidi di Bronsted, difatti il protone accetta una coppia di elettroni, sia tutti quelle specie acide che non si basano sui protoni ma che hanno orbitali di valenza vuoti e che possono quindi accettare una coppia di elettroni. Una base di Lewis è una specie che dona una coppia di elettroni per la condivisione. Andiamo a vedere alcuni esempi di acidi di Lewis molto comuni in catalisi organica: 1. Cationi dei metalli alcalini e alcuni cationi dei metalli alcalino terrosi. Li+¿, Na +¿ ,K +¿ ,Mg 2+¿ e Ca 2+¿¿ ¿ ¿¿ ¿ 2. Cationi stabili di alcuni metalli di transizione. Ad esempio, Zn2+¿¿, fungono da acidi di Lewis quei metalli che hanno uno stato di ossidazione stabile 3. Complessi metallici 4. Molecole elettrofili neutre come: boro trifluoruro, tricloruro di alluminio e tetracloruro di titanio 57 La caratteristica di un acido di Lewis è quella di avere un orbitale vuoto, che abbia l’energia corretta, per poter accettare un doppietto elettronico; quindi sostanzialmente gli acidi di Lewis sono elettron-poveri, anche se sono neutri, e hanno “spazio” per mettere un doppietto elettronico donato dalla base di Lewis. Quindi il legame acido base di Lewis è un legame dativo, chiamato anche legame di coordinazione, e quello che è importante è la diffusione dell’orbitale accettore e del doppietto da condividere e l’energia dell’orbitale accettore e l’energia del doppietto che viene condiviso. Quindi le migliori reazioni acido base sono quelle in cui l’orbitale vuoto da un lato e il doppietto dall’altro, hanno le stesse caratteristiche, poiché avremo così la massima sovrapposizione possibile, e la formazione di un legame più stabile possibile. Nell’immagine qui riportata abbiamo alcuni esempi di interazioni, ad esempio, il carbonile, base, può interagire, grazie al doppietto non condiviso sull’ossigeno, con un catione metallico, acido. Analogamente lo fa nello stesso modo un alcol, naturalmente l’interazione che si instaura tra metallo e carbonile e l’interazione che si instaura tra metallo e alcol è diversa, nonostante avvenga sempre con la medesima modalità: condivisione con il metallo di un doppietto elettronico non condiviso sull’ossigeno. L’interazione differisce nel fatto che l’ossigeno del carbonile è ibridato sp2 ed è principalmente elettron-povero; al contrario l’atomo di ossigeno dell’alcol, è ibridato sp 3 ed è principalmente elettron-ricco. Quindi la diffusione degli orbitali con i doppietti non condivisi nello spazio è diversa e quindi preferiscono acidi di Lewis differenti. Questa differenza è così marcata che se in soluzione abbiamo entrambe le specie, e un acido di Lewis, ad esempio, specifico per il carbonile, esso riesce a legarsi preferenzialmente con il carbonile, non interagendo con l’alcol, quindi abbiamo interazioni specifiche. Quindi pensiamo di avere in soluzione un estere, e la domanda che sorge spontanea è se io aggiungo un acido, esso interagisce con il doppietto dell’ossigeno del carbonile o dell’estere. Se siamo in una catalisi specifica, che quindi utilizza acidi di Bronsted, tutte le posizioni possibili sono protonate, e poi la specie più reattiva che si forma evolverà. Al contrario, se usiamo acidi di Lewis, noi ne possiamo scegliere uno specifico per il doppietto del carbonile o uno specifico per il doppietto sull’estere. Questa differenza si basa sulla presenza di centri duri, Hard, e centri molli, Soft, quindi la teoria HSAB ci permette di scegliere una acido che reagisca in un punto o in un altro. In molti casi gli acidi di Lewis sono delle specie che non sono cariche, come il BF3 ,TΔSiCl 4 , SnCl4 e il AlCl3. Andiamo a vedere l’effetto che ha il trifluoruro di boro quando interagisce con l’ossigeno di un carbonile, di alcol o di un etere. Il BF3, presenta un atomo di boro che è un elemento molto χ, ha un orbitale libero che può ospitare un doppietto elettronico, e quando interagisce con l’ossigeno di un carbonile o di alcol o di un etere, forma un legame dativo molto stabile. Il boro è un centro duro, Hard, e quindi lega preferenzialmente basi con centri Hard come il carbonile, quindi se il trifluoruro di boro sta legando un etere, e lo mettiamo in presenza di un carbonile esso si sposta dall’ossigeno etereo all’ossigeno carbonilico. Un altro acido di 60 Effetto Solvente Iniziamo con il proporre alcuni dei solventi maggiormente impiegati in sintesi organica. Molti di questi solventi in ambito industriale sono stati rimpiazzati da solventi meno tossici, (soprattutto i clorurati sono tossici) e quindi solventi che sono meno inquinanti. Andiamo ad analizzare alcuni solventi: 1. Il tetracloruro di carbonio è un solvente apolare, che tuttavia è in grado di sciogliere sia soluti polari che soluti apolari. Questo dipende dal fatto che la solubilità è un fenomeno molto complesso, e non bisogna mai fare l’errore di prendere in considerazione solo l’aspetto dipolo-dipolo. Il legame C-Cl. È un legame polare quindi CCl4 è una molecola che ha legami polari ma essendo simmetrica non ha un momento complessivo dipolare, 61 questo però non vuol dire che essa non possa stabilire delle interazioni dipolo-dipolo. Il CCl4 non si usa più poiché troppo tossico ed è super vietato. 2. Il diossano uguale, ha legami C-O polari, ma essendo perfettamente simmetrico ha un momento dipolare complessivo nulla, tuttavia può comunque stabilire con i soluti interazioni dipolo-dipolo. Il diossano è una base di Lewis, Ha ben 4 doppietti solitari, quinid è una buona base di Lewis. Il solvente può essere usato per stabilizzare una specie della reazione o un'altra, così da aiutarmi a controllare la distribuzione dei prodotti. Facciamo degli esempi: 1. In reazioni che comportano una neutralizzazione della carica, ad esempio in una reazione di sostituzione nucleofila in cui generiamo il carbocatione B+ e abbimao un nucleofilo carico negativamente A-, queste reazioni sono favorite da solventi non polari. Perché il prodotto è non polare e così facendo il solvente stabilizza il prodotto e non i reagenti che diventano quindi più reattivi 2. Reazioni con separazione di carica sono favorite da solventi polari che stabilizzano i prodotti 3. Abbimao reazioni in cui sia i reagenti che i prodotti sono poco polari e quindi durante la reazione abbiamo poca ridistribuzione di carica. Queste reazioni sono insensibili alla polarità del solvente 4. Abbiamo poi casi in cui abbiamo una parziale ridistribuzione di carica che, per i ragionamenti fatti già prima, sono solo parzialmente favoriti da una tipologia di solvente o da un'altra 62 In generale l’uso dei solventi è importante, poiché la scelta di un solvente permette di stabilizzare una certa specie e destabilizzarne un'altra, così da favorire un certo percorso di reazione rispetto ad un altro. La costante dielettrica e il momento di dipolo sono, se usiamo solo loro come parametri, perdiamo molte informazioni. Quindi per descrivere il comportamento di un solvente è stata introdotta una scala, che mette in ordine i solventi basandosi sull’interazione che questi solventi hanno rispetto a una sonda con polarità complessa. La scala prende il nome di ET30 e va da un valore più alto di 63.1, che è il valore dell’acqua, al valore tra i più bassi che è il 34.5 del benzene. Questo andamento è ragionevole, difatti l’acqua è più polare del benzene, tuttavia la correlazione con la costante dielettrica è solo parziale. La problematica di usare la sola costante dielettrica e/o il solo momento di dipolo del solvente, per comprendere il suo comportamento ci fanno perdere molte informazioni. Questo poiché questi parametri sono descrittori del comportamento del solvente con sé stesso. Invece usando la nuova scala in cui il solvente interagisce con delle sonde, si tengono conto le interazioni specifiche che il solvente instaura con la sonda, interazioni che magari aumentano la polarità del solvente e che utilizzando i due parametri classici non sono visibili. Nella scala ET30 si usa una sonda con polarità particolare, la probe è un composto che prende il nome dell’ideatore della scala. È una molecola in cui in una delle due forme limite ha una carca negativa su un anello benzenico, mentre l’altro anello ha una carica positiva. Per finire tutto intorno abbiamo ben 4 anelli benzenici che servono per stabilizzare la struttura e delocalizzare la carica. Quelle che però succede è che la carica non può essere delocalizzata poiché per farlo bisognerebbe far sì che l’atomo di azoto con la carica negativa vada a formare ben 5 legami, cosa che è impossibile fare. L’unica alternativa è generare una struttura in cui si mette in condivisione un elettrone e si genera una forma di radicalica, in cui sia l’ossigeno che l’anello piridinico portano un radicale, ma è una forma neutra. Questa è l’altra struttura limite. Quindi ho una molecola in cui la transizione elettronica, HOMO- LUMO, comporta una forte ridistribuzione di carica. Passiamo da una struttura molto polare ad una struttura molto poco 65 protici. Le principali problematicità sono legate al fatto che sono estremamente alto-bollenti ed è difficile rimuoverli alla fine della reazione. Solitamente si sfrutta il fatto che entrambi sono perfettamente miscibili in acqua in qualunque proporzione. Per cui se il nostro prodotto è insolubile, al termine della reazione si versa tutto in acqua, i due solventi se ne vanno in acqua e il nostro prodotto precipita e si separa. La capacità di solvatazione di entrambi i solventi è specifica nei confronti dei cationi, essi non sono quindi in grado di solvatare gli anioni. Questo rappresenta un arma potentissima. Difatti, i nostri anioni sono in soluzione poiché noi abbiamo sciolto i cationi, ma si dice che essi sono nudi, ovvero non c’è nulla che li stabilizzi. Un anione nudo è molto più reattivo di un anione libero. Questo comportamento ci consente ad esempio di fare una reazione di sostituzione nucleofila che non potremmo altrimenti fare, ad esempio, possiamo sostituire un alogenuro con un altro, come avviene nella reazione di sostituzione nucleofila di un alogenuro con il fluoro; reazione che in condizioni normali è impensabile poiché il fluoruro è un pessimo nucleofilo. Quindi la reazione di sostituzione di un alogenuro con un fluoruro, si svolge in un solvente apolare che permetta di stabilizzare il prodotto e non il reagente, difatti KF è ionico. Oltre a ciò usiamo un solvente selettivo che sciolga solo il catione, così che l’anione è libero dal catione ma in un ambiente che non ama, e quindi tutto quello che può fare per stabilizzarsi è reagire. Un altro esempio di interazione solvente specifica che permette di orientare la mia distribuzione dei prodotti, riguarda le reazioni in cui prendono parte dei nucleofili bidentati. Un esempio di nucleofilo bidentato è l’enolato, il quale è una molecola che può sostanzialmente legare l’elettrofilo con due diversi atomi. Gli enoli sono composti organici che possiedono un gruppo -OH e un gruppo alchenico −CH=HC−¿, con il gruppo osidrilico che deve per forza legare un atomo di C del doppio legame. 66 Notiamo come nell’anione enolato abbiamo due siti che sono entrambi nucleofili, tuttavia entrambi hanno caratteristiche elettroniche differenti, difatti, l’ossigeno è un sito Hard, mentre il carboanione è un sito Soft. Questa è una prima importante differenza di reattività, difatti solo con queste informazioni posso orientare la reazione in modo tale che ci sia una preferenza per un sito rispetto ad un altro sulla base delle interazioni specifiche Hard-Hard o Soft-Soft. Oltre a questo aspetto elettronico, la reazione può essere orientata anche con l’ausilio del solvente, il quale può favorire l’attacco in un punto piuttosto che un altro, semplicemente rendendo più accessibile quel sito rispetto ad un altro. Ad esempio, nella reazione di alchilazione dell’anione enolato, in presenza di un solvente aprotico e polare come HMPA, ho una distribuzione in cui per l’83% è alchilato l’ossigeno e per il 15% il carbonio. Questo avviene perché questo solvente non interferisce con i siti di attacco, che quindi reagiscono secondo le preferenze elettroniche, e abbiamo quindi una reazione favorita sull’ossigeno poiché abbiamo una interazione Hard-Hard tra l’ossigeno dell’enolato e il nucleofilo. Tuttavia, questo non vuol dire che non ho l’altra forma dell’enolato, difatti in soluzione entrambi gli anioni sono popolati, bisogna poi andare a vedere chi reagisce, e in questo caso la reazione di alchilazione dell’ossigeno è la più veloce poiché l’interazione Hard-Hard la favorisce, e quindi l’ossigeno alchilato è il prodotto di alchilazione più veloce e quindi è il prodotto cineticamente favorito. Andiamo a vedere cosa succede se cambiamo le condizioni e usiamo un solvente protico come il 2-butil-2- propanolo, il quale a differenza del caso precedente in cui il solvente era aprotico, esso è protico e può formare dei legami a idrogeno. La diretta conseguenza è che il solvente forma dei legami a idrogeno, e li va a formare preferenzialmente con l’ossigeno dell’enolato. Quindi, in soluzione, il sovente forma una gabbia di legami a idrogeno intorno all’atomo di ossigeno, in modo preferenziale poiché le interazioni O-H sono energeticamente favorite, ed essendo il solvente ingombrante stericamente va a bloccare l’accesso dell’agente alchilante all’ossigeno dell’enolato. Il risultato è che la distribuzione dei nostri prodotti è invertita rispetto a prima e andremo ad alchilare preferenzialmente il carbonio dell’enolato poiché è il sito che rimane accessibile all’agente alchilante. Nel terzo caso possiamo usare il tetraidrofurano THF, solvente etereo e quindi poco polare e non è protico, ed è relativamente poso solvatante. Quindi succede che il catione (K+) non viene solvatato e quindi esso va a formare una coppia intima con l’anione (ossigeno dell’enolato) il solvente si dispone intorno a questa coppia in una struttura nota come ion clustering. Le interazione che coinvolgono l’ossigeno e il potassio sono interazioni Hard-Hard, e quindi la coppia intima che si è formata è molto forte e quindi non si dissocia, questo vuol dire che l’ossigeno non reagirà. Quindi il sito reattivo che rimane libero è quello sul carbonio, e sarà proprio questo sito a reagire ed essere alchilato, quindi si formerà solo il prodotto di alchilazione sul carbonio. 67 Facciamo un altro esempio, in cui abbiamo sempre un enolato che reagisce con differenti elettrofili, che cambiano per la natura del gruppo uscente X. Le reazione sono svolte in presenza sempre dello stesso solvente che è un HMPA, ovvero solvente aprotico polare che mi dà l’effetto dell’anione nudo sull’anione enolato. Tale effetto si basa sulla non solvatazione dell’anione, in questo caso enolato, il quale non essendo solvatato è libero di reagire con diversi elettrofili, viene quindi mantenuto il carattere nucleofilo dell’anione. In questo esempio il ratio di alchilazione C/O dipende dell’effetto del gruppo uscente, il quale viene correlato e spiegato con la teoria HSAB. Nell’anione enolato l’atomo di ossigeno è Hard mentre l’atomo di carbonio è Soft. Le reazioni di sostituzione nucleofile del tipo SN2 procedono più velocemente quando sia il nucleofilo che il gruppo uscente sono entrambi o Hard o Soft. Sulla base di queste informazioni possiamo razionalizzare i prodotti che si formano nelle reazioni di sostituzione, man mano che il gruppo uscente X cambia: 1. Nel primo caso il gruppo uscente è un derivato del tosilato. In questo caso viene alchilato preferenzialmente l’ossigeno, poiché sia l’ossigeno dell’enolato sia il gruppo uscente, tosilato, sono entrambi Hard. Quindi la forma preferenziale è l’alchilazione dell’ossigeno, si forma un po’ del prodotto C-alchilato, ma esso è pochissimo. Notiamo che abbiamo anche la formazione di pochissimo sottoprodotto che deriva dalla reazione delle due porzioni alchilanti fra loro, il di-alchilato. 2. Nel secondo caso il gruppo uscente dell’alchilante è un atomo di cloro. Il cloro è considerato formalmente un anione Hard, vista la sua elevata χ, tuttavia, grazie alla presenza di numerosi doppietti elettronici non condivisi che possono essere donati, l’atomo di cloro ha un certo grado di carattere Soft. Difatti, in questo caso abbiamo sempre una alchilazione preferenziale sull’ossigeno rispetto al carbonio in virtù del carattere Hard dell’ossigeno e del cloro, ma questa preferenza è molto meno marcata rispetta a prima, e questo in virtù del carattere Soft del cloro. Inoltre, la reazione di alchilazione è molto meno efficiente, tanto che la percentuale di sottoprodotto che si genera è pari al 8%. 3. Nel terzo caso abbiamo il bromo come gruppo uscente dell’elettrofilo. Il bromo è un gruppo uscente borderline, esso è Hard e Soft allo stesso modo, e questo carattere si riflette nella reazione di alchilazione, difatti, abbimao la stessa percentuale di alchilazione del sito ossigeno e del sito carbonio. Proprio per questo carattere borderline, anche la quantità di sottoprodotto aumenta fino ad un 23%, indicando una minor efficienza di reazione 4. Infine, l’ultimo caso vede l’utilizzo dello iodio. Esso è un agente alchilante Soft in virtù della sua bassa χ e della sua elevata capacità di donare doppietti elettronici che deriva dal fatto che i suoi orbitali di valenza sono 70 2. Altro aspetto fondamentale delle reazioni di sostituzione nucleofila con meccanismo di ionizzazione, è la formazione di un intermedio, e il profilo di reazione è un Late Transition State. Per questo motivo, lo stato di transizione è identificabile nell’intermedio carbocationico che si forma. Quindi la velocità della reazione è aumentata da tutte le operazioni che portano ad un abbassamento dell’energia del carbocatione, oppure ad un amento dell’energia dei reagenti. Lo step lento della reazione è la rottura del legame e non la sua formazione, per un semplicissimo motivo, ovvero, che per la rottura di un legame è sempre necessario fornire una elevatissima quantità di energia di attivazione. Al contrario la formazione di un legame richiede una minor quantità di energia di attivazione, per questo esso è lo step veloce della reazione. La velocità della ionizzazione dipende primariamente dalla struttura del reagente, e in particolar modo dalla natura del gruppo uscente, e dal potere di ionizzazione del solvente. In particolar modo è importante la capacità del gruppo uscente di accettare la coppia di elettroni derivante dal legame covalente, e la stabilità del carbocatione, che deriva dalla capacità di delocalizzare la carica positiva e/o di donare densità elettronica. Inoltre, molto importante è la capacità del solvente di stabilizzare le cariche che si vengono a formare durante lo stato di transizione e che ritroviamo quando si forma l’intermedio. Difatti , in questo caso solventi che sono capaci di stabilizzare il carbocatione attraverso la formazione di interazioni deboli o elettrostatiche aumentano la sua stabilità, diminuendo così la sua energia e quindi velocizzano la reazione poiché c’è un abbassamento dell’energia di attivazione. Un aspetto molto importante è che, in condizioni particolari, possiamo avere uno spostamento, da un meccanismo SN1 ad uno SN2, e la principale difficolta è che molto spesso non è facile utilizzare la cinetica per capire se questo sta accadendo. Un reazione in cui ciò avviene è la reazione tra uno t-butil-ioduro ed etanolo. Il terz-butil-ioduro forma facilmente il carbocatione, poiché si viene a formare un carbocatione terziario, il quale viene facilmente attaccato dall’etanolo in soluzione, e si forma così il corrispondente etere. Questa reazione è una reazione che avviene con un meccanismo SN1. 71 Se però al posto dello iodio, abbiamo un atomo di cloro il legame C-Cl, nel terz-butil-cloruro, è più forte del precedente. Questo fa sì che il carbocatione si forma un po’ meno volentieri, quindi ci sono delle molecole che reagiscono con un meccanismo SN2, quindi da un meccanismo puramente SN1 ci stiamo sostando verso un meccanismo SN2. Ovvero la reazione a tratti è una reazione con un meccanismo concertato, con l’attacco del nucleofilo e contemporanee la rottura del legame del gruppo uscente nello stato di transizione, per poi terminare con la formazione del nuovo legame e l’allontanamento del gruppo uscente. L’affermazione logica successiva è che se avviene questo allora si dovrebbe vedere un cambio di cinetica, con la cinetica che pass dall’essere del primo ordine ad una del secondo ordine. Tuttavia, l’etanolo presente in soluzione è talmente in eccesso che le sue variazioni di concentrazione non sono misurabili e quindi il passaggio da un meccanismo ad un altro non è rilevabile mediante un cambio nella cinetica. Queste reazioni sono chiamate reazione dello pseudo-primo ordine, ovvero abbiamo delle reazioni in cui la cinetica fitta con quella del primo ordine, ma non è detto che il meccanismo sia del primo ordine. Un altro aspetto molto importante delle reazioni SN1 riguarda la stereochimica di queste reazioni. Il processo di ionizzazione ci restituisce, a meno di effetti elettronici particolari, un carbocatione con geometria planare e ibridazione sp2. Se il carbocatione è sufficientemente stabile da diffondere lontano dal gruppo uscente esso viene solvatato dal solvente in modo simmetrico. Questo vuol dire che il nucleofilo entrante può attaccare da entrambi i lati della struttura planare con la stessa probabilità, proprio perché i due lati sono simmetrici e non c’è alcuna discriminazione possibile. Questo vuol dire che la formazione di un prodotto piuttosto che l’altro, dipende solo dal caso, e il risultato è l’ottenimento di una miscela racemica. Se questa solvatazione simmetrica non si verifica possiamo ottenere maggiormente un prodotto stereoisomerico rispetto all’altro, quindi si va incontro a reazioni con ritenzione o inversione di configurazione, e questo dipende solo dalla presenza di particolari condizioni, che adesso andiamo a vedere nel dettaglio. Partiamo da un alogenuro alchilico, a seguito dell’evento di ionizzazione si possono verificare tre distinti fatti, i quali possono anche verificarsi tutti e tre sequenzialmente nella mia reazione: 1. A seguito della ionizzazione si forma un carbocatione e un anione, che è il gruppo uscente. Se non viene favorito l’allontanamento dell’anione, esso rimane associato al carbocatione per interazione elettrostatica, formando una coppia ionica intima. Questo è il caso in cui la reazione avviene in un ambiente apolare, il quale non è in grado di dissociare la coppia ionica 72 2. In un secondo caso/momento, è possibile che una o due molecole di solvente si inseriscano fra la carica positiva e negativa, questo va a schermare parte dell’interazione elettrostatica tra carbocatione e anione. Quindi la mia coppia ionica è ancora presente anche se rispetto a prima è maggiormente separata, tuttavia non è completamente solvatata 3. Nel terzo caso/momento, abbiamo la completa dissociazione della coppia ionica, così da avere il carbocatione libero e solvatato simmetricamente A seconda della separazione della coppia ionica, l’evoluzione stereochimica della reazione è completamente differente. Nel caso in cui abbiamo una coppia ionica intima, l’atomo di carbonio non si ibrida sp 2 e non assume una geometria planare, questo perché l’atomo di carbonio non ha motivi energetici di disporsi in modo da allontanare il più possibile i sostituenti e stabilizzarsi, questo perché la carica negativa rimane vicino al carbocatione, stabilizzandolo attraverso la stabilizzazione della sua carica positiva. Difatti nella coppia ionica intima, l’anione con la carica negativa rimane associata al carbocatione dalla stessa parte in cui era posizionato il gruppo uscente. Quindi, quando arriva il nucleofilo avremo un attacco dal lato opposto rispetto a dove è presente l’anione, e il risultato è un inversione di configurazione, come avviene nei meccanismi SN2, quindi non è sempre vero che le SN1 portano a racemizzazione. Il processo di racemizzazione si verifica nel caso in cui abbiamo un carbocatione che è lontano dall’anione uscente, quindi abbiamo un carbocatione planare solvatato simmetricamente, in questo caso l’attacco del nucleofilo avviene da entrambi i lati in modo casuale, racemizzazione. Dal punto di vista dei profili energetici, noi possiamo avere due differenti tipologie di effetti solvente sulla formazione dell’intermedio, a seconda della natura del gruppo uscente: a. Gruppo uscente classico. Il passaggio da un solvente non polare ad uno polare comporta che, poiché si forma un intermedio carbocationico e lo stato di transizione è identico all’intermedio, si ha una stabilizzazione della specie intermedia e dello stato di transizione. Questa stabilizzazione comporta una abbassamento delle energie e quindi favorisco le reazioni. Difatti, in questo caso le specie polari sono lo stato di transizione e l’intermedio b. Gruppi uscenti carichi positivi. Gruppi uscenti di questo tipo sono, ad esempio, lo zolfo o l’ossigeno, che formano tre legami oppure gli alogeni che ne formano due. Sono ottimi gruppi uscenti poiché la loro uscita ristabilizza le cariche. In questo caso, poiché il nostro reagente è una specie ionica, il passaggio da un solvente apolare ad uno polare comporta una stabilizzazione dei reagenti stessi. Questo vuol dire che rendiamo la reazione più difficile. Quindi bisogna sempre stare attenti poiché non sempre l’intermedio o lo stato di transizione sono le specie più polari, in alcuni casi lo sono i reagenti, quindi in questi casi passando da un solvente non polare ad uno polare non favoriamo la reazione 75 Meccanismi di reazione che spaziano fra SN1 e SN2 76 La realtà dei fatti è che io non ho mai un meccanismo SN1 o SN2 puro, io mi muovo di continuo tra questi due meccanismi limite a seconda delle condizioni di reazione. La possibilità per una reazione di spaziare fra i due meccanismi limite fa sì che il profilo di reazione che otteniamo è diverso da quelli del meccanismo SN1 puro o SN2 puro. Nel seguente profilo di reazione abbiamo lo step lento, il quale è caratterizzato dal valore di ΔGG++ più alto, poi abbiamo la formazione della coppia ionica intima, un prima separazione della coppia ionica, la completa solvatazione dei due ioni e la reazione con il nucleofilo a formare i prodotti. Questo profilo di reazione è tipico di un meccanismo SN1 in evoluzione verso un meccanismo SN2. E in particolar modo questa reazione con meccanismo di ionizzazione si trasforma in una reazione concertata nel momento in cui tutti gli step intermedi hanno una energia sufficientemente bassa da poter essere ignorati. A questo punto nessuno di questi salti energetici è sufficientemente stabile da potere essere considerato un intermedio, e il meccanismo passa da un SN1 ad un SN2 puro. Questo andamento è riportato nel seguente grafico, in cui abbiamo un meccanismo S N1 in cui abbiamo la coppia ionica intima, successivamente abbassiamo l’energia del secondo step, con la coppia ionica che inizia ad essere solvatata e separata e quindi l’intermedio ha poca vita, siamo in una cinetica dello pseudo primo ordine, fino all’ultimo caso in cui l’energia del secondo step è così bassa che l’intermedio non è osservabile e abbiamo un meccanismo SN2 puro. Nel seguente grafico viene mostrato come, in continuo, si passa da un meccanismo ad un altro. Sostanzialmente il meccanismo SN1 è caratterizzato dalla presenza di un intermedio la cui 77 evoluzione a formare i prodotti dipende dal superamento di un gradino di ΔGG++ che permette alla reazione di evolvere attraverso uno step veloce a formare i prodotti. La presenza del gradino di potenziale (a), dipende dal fatto che la rottura del legame C-X sia assistita o meno, ovvero dal fatto che l’alogenuro alchilico interagisca o meno con il nucleofilo entrante. Difatti, se la rottura del legame C-X è completamente non assistita allora il meccanismo di reazione è un S N1 puro. Tuttavia, se iniziamo ad avere una partecipazione del nucleofilo alla scissione del legame, allora iniziamo ad abbattere il gradino di ΔGG++, man mano che questa assistenza diventa sempre maggiore, il gradino di energia di attivazione diminuisce sempre più e diventa sempre maggiore il carattere SN2. Questo fino a quando il ΔGG++ del secondo step, grazie all’assistenza del nucleofilo, è completamente abbattuto e abbiamo una reazione SN2 pura. Naturalmente questo processo non dipende solo dai reagenti, difatti in buona parte dipende dalla capacità del solvente di partecipare e di stabilizzare la coppia ionica intima, oppure di partecipare e solvatare i due ioni distruggendo la coppia ionica. Andiamo adesso a vedere degli esempi di questi spostamenti da un meccanismo ad un altro. In queste tre reazioni, abbiamo tre molecole differenti ma caratterizzate dallo stesso gruppo uscente, o un gruppo molto simile. Queste tre molecole 80 carbocatione poiché è un ottimo gruppo uscente, e quindi l’acqua da una sostituzione nucleofila in un secondo momento. Quindi nel secondo caso essendoci l’azoturo che è un eccellente nucleofilo, esso reagisce subito con il carbocatione, dando inversione di configurazione al 100%, inoltre quelle poche molecole di carbocatione che non reagiscono con l’azoturo reagiscono con l’acqua in una reazione con inversione. Per questo motivo abbiamo sempre un 100% di inversione. Nel primo caso non avendo l’azoturo ma solo l’acqua, che è un pessimo nucleofilo, abbimao competizione del solvente, tuttavia il diossano da un composto che è ancora molto suscettibile all’attacco nucleofilo, che viene portato a termine dell’acqua, la quale attacca dal lato opposto a dove è legato il diossano, e quindi abbimao una seconda inversione, e rispetto all’inizio abbiamo ritenzione di configurazione. Analizziamo un secondo esempio, in cui partiamo da un benzil cloruro, il quale è composto ibrido. Difatti, stiamo lavorando con un comporto che forma facilmente un carbocatione, il benzile è un carbocatione molto stabile, quindi si ha tendenza a formarlo facilmente, però stiamo lavorando anche con un atomo di cloro che è un discreto nucleofile, e quini non è sicuramente un ottimo gruppo uscente. Quindi se pensiamo al gruppo uscente, che non è ottimo, la formazione dell’intermedio carbocationico non è favorita, avremo una reazione che reagisce preferenzialmente con meccanismo SN2. Dal punto di vista del carbocatione benzilico invece, che è molto stabile e che si forma facilmente la reazione procede preferenzialmente con un meccanismo SN1.Quindi il meccanismo finale che avremo dipende dalle condizioni sperimentali in cui mi metto. Nel primo caso utilizziamo l’acetato come nucleofilo, il quale è pessimo, in presenza di acido acetico a 50°C, saranno queste condizioni a determinare il meccanismo di reazione. Il solvente è molto polare e consente una buona solvatazione delle specie cariche che si possono venire a formare. Quindi spingo la reazione verso un meccanismo SN1, difatti la presenza di un solvente polare, non acido formico che si mette a ponte, permette di allontanare il catione e l’anione e quindi si spinge verso la formazione di un intermedio carbocationico e quindi un meccanismo di ionizzazione, a livello stereochimico ho la racemizzazione della mia soluzione. Nella seconda situazione uso l’acetone come solvente, così facendo diminuisco la polarità del mio solvente e quindi mi sposto verso una situazione di coppie ioniche intime, a livello stereochimico ho una principale inversione di configurazione e quindi non perdo l’informazione stereochimica. Caratteristiche del nucleofilo Sapere se il nucleofilo che stiamo usando è un buon nucleofilo o un cattivo nucleofilo, è molto importante per comprendere il meccanismo di reazione che tenderemo ad avere. Difatti, la capacità del nucleofilo di assistere la rottura del legame Carbonio-Gruppo uscente e favorire il suo allontanamento è molto importante perché permette di favorire un meccanismo SN2. Quindi più il nucleofile è forte, più assiste la rottura del legame più il carattere della reazione sarà SN2, meno è forte il nucleofile, meno assistenza dà alla rottura del legame C-X, più il meccanismo di reazione favorito sarà SN1. Ricordiamo inoltre che il carattere Hard o Soft del gruppo uscente che insiste su atomo di carbonio influisce sulla capacità di assistenza del nucleofilo, il quale darà assistenza anche in base a quanto è Hard o Soft. Quello che è 81 importante è che tutti i nucleofili sono delle basi, tutte le basi sono anche dei nucleofili, ma non è affatto detto che una base forte sia un nucleofilo forte. Analogamente non è affatto detto che un nucleofile forte sia una base forte, questo perché sono dei concetti completamente differenti. La nucleofilia è un concetto cinetico, difatti una specie è più nucleofila dell’altra se da una reazione di sostituzione più velocemente dell’altra. La basicità è un concetto termodinamico, poiché è legato alla posizione di equilibrio della reazione in cui è coinvolto un donatore di protoni. Le caratteristiche di un nucleofilo e la sua nucleofilicità sono esplicati nel meccanismo limite SN2, difatti in questo meccanismo la natura del nucleofilo influisce sulla velocità di reazione, al contrario nel meccanismo SN1 la natura del nucleofilo non influisce sul rate della reazione. I fattori più importanti che influiscono sulla nucleofilicità di una specie sono: 1. Energia di solvatazione del nucleofile. Una forte solvatazione dell’anione nucleofilo diminuisce l’energia del nucleofilo stesso rispetto allo stato di transizione, dove la carica non è stabilizzata, così che abbiamo un incremento della barriera energetica dell’energia di attivazione. Difatti, per raggiungere lo stato di transizione la sfera di solvatazione intorno al nucleofilo deve essere rotta, e più forte è la solvatazione (quindi più stabile è il nucleofilo e conseguentemente minore energia possiede), maggiore è il contributo energetico necessario a de-solvatare l’anione nucleofilo. Questo maggiore contributo energetico partecipa ad aumentare la barriera energetica complessiva della reazione 2. Forza del legame Carbonio-Nucleofilo che si forma. Poiché il meccanismo SN2 è un meccanismo concertato, la forza di un legame parzialmente formato si riflette sullo stato di transizione. Difatti un legame C-Nu forte stabilizza lo stato di transizione, riducendo la sua energia e riducendo dunque l’energia di attivazione 3. L’elettronegatività dell’atomo che attacca il carbonio. Un atomo molto χ tiene più strettamente a sé gli elettroni rispetto ad un atomo meno χ che tiene meno vicino e meno fortemente a sé gli elettroni. In una reazione SN2 è necessario che il Nu doni una coppia di elettroni di non-legame in un orbitale di anti-legame. Per cui un forte χ è sfavorevole perché non favorisce questa donazione 4. Polarizzabilità dell’atomo che attacca il carbonio. La polarizzabilità descrive la facilità di distorsione della nuvola elettronica del nucleofilo. Poiché il nucleofilo deve donare densità elettronica, più i suo orbitali di valenza possono polarizzarsi facilmente, più si possono sovrapporre agli orbitali dell’atomo di carbonio, più facilmente viene donata la densità elettronica, più forte è il nucleofile 5. L’ingombro sterico del nucleofile. Naturalmente un nucleofilo con un minor ingombro sterico ha una reattività maggiore di uno con un maggiore ingombro sterico. Difatti nello stato di transizione il carbonio assume una geometria bipiramide trigonale con un maggior ingombro intorno a esso, e questo causa delle repulsioni sfavorevoli. Più è ingombrato stericamente il nucleofilo più risente di queste repulsioni sfavorevoli, meno è reattivo 82 Analizziamo adesso come variano le scale di nucleofila in funzione dell’acidità dell’acido coniugato. Gli alogenuri sono dei casi molto semplici, si parte dal HF, che è un acido piuttosto debole, e scendendo nella serie aumenta la forza acida di HCl, HBr e HI. Per quanto riguarda la scala di nucleofilia, innanzitutto prendiamo come nucleofilo zero il metanolo e la reazione di solvolisi che esso dà, vediamo che il Fluoruro è 2.7 volte più nucleofilo del metanolo, il cloruro 4.4, il bromuro 5.8 e lo ioduro 7.4. Analizzando l’andamento degli alogeni sembra che tutto fili. Guardiamo il cloruro e l’azoturo, il primo deriva da un acido, HCl, molto forte, il secondo da un acido molto debole, HN3. Nonostante questo, l’azoturo, N3 −¿ ¿ , è molto più nucleofilo del cloruro. Prendiamo un altro esempio, ovvero l’idrossilammina, NH 2OH e l’idrazina, NH 2 NH 2, se andiamo a vedere il carattere nucleofilo, esse dovrebbero avere lo stesso carattere nucleofilo dell’ammoniaca, poiché la funzionalità nucleofila è la stessa, −NH 2. Tuttavia, queste due specie sono più nucleofile dell’ammoniaca. L’ammoniaca è, tra i nucleofili neutri, uno dei migliori, grazie al doppietto elettronico non condiviso, con il quale forma il legame, e un al piccolissimo ingombro sterico che possiede. L’idrazina da un punto di vista elettronico è uguale all’ammoniaca, entrambe hanno doppietto elettronico non condiviso che viene donato. Tuttavia, nell’idrazina i due doppietti non condivisi, che risiedono sui due atomi di azoto adiacenti, sono costrette ad essere disposte l’una contro l’altra, e per questo sono soggette a fenomeni di repulsione elettrostatica. Queste coppie non condivise, che prendono il nome di coppie di Lewis frustrate, sono quindi più propense ad interagire con il carbonio elettrofilo, poiché l’interazione e la donazione della densità elettronica sul carbonio elettrofilo, diminuirà le interazioni repulsive al quale vanno incontro stando così vicine. Questo maggiore propensione rende l’idrazina più nucleofila dell’ammoniaca. Un altro caso particolare è il cianuro e l’azoturo, entrambi derivano da acidi deboli, ma il cianuro è enormemente più nucleofilo dell’azoturo. In questo caso la differenza deriva dalla delocalizzazione, difatti nell’azoturo la carica negativa è delocalizzata su tutti e tre gli atomi di azoto, mentre nel cianuro la carica negativa non è delocalizzata, ed è tutta sull’atomo di carbonio, il quale è molto propenso a formare un nuovo legame. Questo fa del cianuro uno nucleofilo molto forte nonostante sia una base debolissima. Un ultimo accenno importante da fare è sulle fosfine come nucleofili. Le fosfine sono gli analoghi del fosforo delle ammine. Esse sono dei nucleofili eccellenti grazie soprattutto al fatto che il fosforo è ricco di elettroni, e sono molto importanti in sintesi organica poiché se esse reagiscono con un alogenuro alchilico, si forma inizialmente una specie in cui il fosforo 85 Prima di procedere approfondiamo gli estere che sono utilizzati in questa reazione. Notiamo che questi gruppi uscenti esterei, sono quelli che mi permettono di dare la reazione di sostituzione più efficiente. Formalmente derivano tutti dal fenil-etanolo, dal quale possiamo poi ottenere tutti gli alogenuri, oppure attivare l’alcol con una reazione di esterificazione che traferisce un gruppo sull’ossigeno dell’alcol, trasformando così l’alcol in un ottimo gruppo uscente. I gruppi che svolgono molto bene questo ruolo sono il tosilato, il triflato, ecc…. Le reazioni di esterificazione di un alcol sono svolte facendolo reagire o con le anidridi, o con gli alogenuri acilici. In linea generale un buon gruppo uscente deve avere: 1. Il legame che lo lega al carbonio deve essere un legame debole che si rompe facilmente 2. L’anione che deriva dalla rottura del legame con il carbonio, deve essere un anione fortemente stabilizzato Nel caso in cui il gruppo uscente è l’anione triflato, esso è un ottimo gruppo uscente in quanto esso è stabilizzato da due fenomeni: 1. Effetto mesomerico, delocalizzazione della carica 2. Effetto induttivo, che dipende dal fatto che il metile è stato fluorurato 86 Questo che abbiamo appena visto è il miglior gruppo uscente che possiamo avere, difatti dalla tabella notiamo che la costante cinetica per questa reazione è di: k=1.4 ×108, questo vuol dire che il triflato è ben 4 ordini di grandezza più veloce del composto analogo contenete però tre idrogeni al posto dei tre fluori, ovvero il mesilato. In linea generale l’effetto mesomerico è più importante di quello induttivo, e questo vale sempre tranne nel caso del legame C-F. Difatti questo legame è così fortemente ionizzato, grazie alla forte χ del Fluoro, che in questo caso l’effetto induttivo è dominante su quello mesomerico. Dalla scala sottostante notiamo il fluoruro è un pessimo gruppo uscente, e non perché l’anione fluoruro sia poco stabile, ma perché il legame C-F, è un legame molto forte. Ingombro Sterico Nel caso di reazioni organiche ci interessa solo l’ingombro sterico che riguarda la catena carboniosa, ovvero le differenze di reattività che possiamo avere quando ho un H, un metile, un etile e via dicendo. In un meccanismo SN2, all’aumentare della cogestione sterica, nello spazio limitrofo al centro di reazione, la reazione diventa via via sempre più lenta. Naturalmente questo è perfettamente comprensibile poiché in quella posizione il nucleofilo per reagire ci deve arrivare. Al contrario nel caso in cui abbimao un meccanismo SN1, un maggior numero di atomi di coronio in prossimità del sito in cui avviene la sostituzione può addirittura favorire la reazione poiché questo elevato numero di atomi di carbonio favorisce una maggiore stabilità del carbocatione derivante, grazie ad una maggiore possibilità di delocalizzazione della carica positiva. Gli effetti dell’ingombro sterico sono comunque visibili. Ad esempio, se prendiamo in considerazione, il seguente, alogenuro non ciclico e analizziamo la differenza di reattività tra uno secondario (R=H) ed uno terziario (R=CH3), la differenza di reattività è sui tre ordini e mezzo di grandezza. Se facciamo lo stesso ragionamento su un sistema molto congestionato, come può essere un sistema ciclico, la differenza di reattività tra un carbonio secondario (R=H) ed uno terziario (R=CH3) comporta una 87 differenza di ben otto ordini di grandezza. Vediamo come in questo caso l’ingombro sterico influisce molto più che nel primo caso sull’ingombro sterico. Questo dipende dal fatto che il sistema di partenza è già molto congestionato. Effetto della coniugazione sulla reattività L’ultimo effetto che influenza sia il rate che il meccanismo attraverso la quale procede la reazione di sostituzione nucleofila, è l’effetto della coniugazione. I sistemi benzilici e allilici sono stabilizzati dalla coniugazione, ovvero dalla possibilità di delocalizzare la carica, con la conseguenza che in questi sistemi, le reazioni di sostituzione con ionizzazione procedono più velocemente rispetto ai sistemi alchilici, ed è facile capire il perché: difatti, la maggiore stabilità del carbocatione risultante facilità la sua formazione e quindi la velocità con la quale si forma il carbocatione aumenta. Anche nelle reazioni con meccanismo concertato, i sistemi benzilici e allilici che possono quindi andare incontro a coniugazione, presentato dei rate di reazione superiori alle reazioni degli alchili. In questi sistemi la maggiore velocità di reazione riflette la forte stabilizzazione dello stato di transizione concertato, stabilizzazione che deriva dalla sovrapposizione degli orbitali tipo-p che si hanno nello stato di transizione sul carbonio reagente. Difatti, il sistema π dei sistemi benzilici o allilici va incontro ad una estesa coniugazione, la quale permette di stabilizzare lo stato di transizione concertato, quando esso ha il suo massimo carattere carbocationico. E questa stabilizzazione avviene sia che lo stato di transizione concertato sia elettron-povero, sia che lo stato di transizione concertato sia elettron-ricco. Quindi la coniugazione aumenta la reattività delle molecole. Un caso speciale dell’effetto di coniugazione è quello in cui la coniugazione non deriva dalla presenza di doppi legami coniugati, ma dalla presenza di un carbonile coniugato che è un sostituente E-A. La presenza di questa coniugazione va a sfavorire fortemente il meccanismo SN1, poiché il carbonile tende ad attrarre ulteriore densità elettronica. Quindi questo sfavorisce la formazione del carbocatione, quindi è favorito il meccanismo concertato. Riassumendo: Nel caso di carbocationi primari e terziari il problema di quale meccanismo seguirà la reazione non si pone più di tanto, poiché sappiamo che, salvo casi eccezionali, le reazioni procedono rispettivamente con un meccanismo SN1 e con un meccanismo SN2; il problema si pone nel caso di carbocationi secondari. Difatti, nel caso di 90 Fino a questo momento abbiamo detto che quando un carbocatione si forma può andare incontro a due reazioni: sostituzione oppure eliminazione. In tutto questo però, è possibile che in alcuni casi il carbocatione, a seguito della sua formazione, essendo una specie molto reattiva, può anche andare incontro a trasposizione, riorganizzandosi. Questo vuol dire che, se il carbocatione ha la possibilità di farlo, esso può riorganizzarsi, transendo in un'altra specie carbocationica che ha diverse caratteristiche e diversa stabilità. Quando però il carbocatione è stabile e non evolve, esso va incontro alla reazione di sostituzione o a quella di eliminazione, e il possibile profilo di reazione è quello sotto riportato. In particolar modo abbimao che a temperatura ambiente la sostituzione è sempre leggermente favorita sulla eliminazione. Questo dipende dal fatto che nella sostituzione noi formiamo un legame più stabile, indipendentemente dall’atomo che andrà a legare il carbonio, questo poiché formiamo un legame singolo. Invece nella eliminazione noi formiamo un legame carbonio-carbonio doppio, che è un legame meno forte di quello singolo, poiché coinvolge orbitali a più alta energia. Quindi in generale per controllare la distribuzione dei miei prodotti, e favorire il prodotto di sostituzione e non quello di eliminazione, una operazione basilare che posso fare è raffreddare, così facendo infatti tendo a favorire il prodotto termodinamico, ovvero quello più stabile, e non quello cinetico. Naturalmente per il motivo appena elencato il prodotto più stabile e quinid quello termodinamico, è quello di sostituzione. Oltre a ciò, in generale le reazioni di eliminazione hanno le ΔGG++ più alte rispetto a quelle di sostituzione, poiché nel primo caso dobbiamo rompere un legame, nel secondo formarlo, e rompere un legame richiede un energia maggiore di quella per formarlo. Un carbocatione così stabile che quindi non evolve ma segue il profilo di potenziale sopra riportato è il carbocatione benzilico. Quindi il carbocatione benzilico, o un suo derivato, non evolve in nessun altro carbocatione e abbiamo la possibilità di eseguire o solo la reazione di sostituzione o solo quella di eliminazione, e i fattori che dominano sono quelli appena visti. Sotto riportiamo un altro esempio di un derivato del carbocatione benzilico. Tuttavia, un carbocatione che può evolvere, è un 91 carbocatione secondario che possiede in α un idrogeno che può migrare, migra l’idrogeno e non il protone poiché migra il gruppo con tutti i suoi elettroni, oppure un gruppo capace anch’esso di migrare. Conseguentemente ci ritroviamo con un carbocatione in cui la carica è migra su un atomo adiacente a quello che aveva la carica in precedenza. Questo shift della carica, sostanzialmente avviene poiché il carbocatione risultante è un carbocatione più stabile, difatti, in questo caso passiamo da un carbocatione secondario ad uno terziario, più stabile. La reazione di isomerizzazione di un carbocatione è una reazione intra-molecolare, e di conseguenza non è dipendente dalla concentrazione. Al contrario la reazione di sostituzione, o di eliminazione sono reazioni inter-molecolari, e quindi dipendenti dalla concentrazione. Quindi, tutte le volte che abbiamo un buon nucleofilo e la sua concentrazione è elevata, la reazione di addizione al carbocatione è una reazione veloce e quindi competitiva alla reazione di isomerizzazione del carbocatione. Se invece la concentrazione del nucleofilo è bassa, poiché la soluzione è diluita, il carbocatione idealmente ha il tempo di fare quello che vuole, e la prima cosa che fa è la reazione di isomerizzazione, per poi andare incontro alla reazione di addizione. Quindi questo vuol dire che, ogni volta che noi dobbiamo fare una reazione di sostituzione su un carbocatione secondario, che in α possiede un gruppo che può migrare, ci conviene fare la reazione in concentrazione molto elevate del nucleofile, così da evitare la reazione di isomerizzazione. 92 Reazioni di Addizione Polare Innanzitutto, queste due reazioni sono uno la controparte dell’altra. Ad esempio, prendiamo la reazione di idratazione e 95 In questo secondo caso la ionizzazione del doppio legame carbonio-carbonio è la conseguenza diretta dell’interazione fra il doppio legame e il mio reagente. Per cui si forma la specie a cariche separate, carbocatione-base coniugata, che per un certo intervallo di tempo sarà una coppia ionica intima. A seguito della dissociazione della coppia ionica intima per solvatazione o perché l’interazione con il Nu la fa dissociare, ci sarà la reazione di sostituzione e la formazione del prodotto di addizione. La differenza grossa fra il primo e il secondo caso, è che nel secondo caso non ho una ionizzazione indipendente dalla interazione con il reagente (E-Y), ovvero nel secondo caso la ionizzazione è conseguenza diretta dell’interazione del reggente con il doppio legame 3. Formazione di un intermedio carbocationico a ponte a seguito dell’interazione alchene-elettrofilo Questo caso è direttamente correlato al precedente, con la sola grossa differenza che l’elettrofilo non interagisce selettivamente con uno dei due atomi di carbonio. Ma l’interazione dell’elettrofilo con il doppio legame genera un intermedio a ponte, in cui l’elettrofilo è a ponte fra i due atomi di carbonio alchenici 4. Meccanismo di addizione concertata di elettrofilo e nucleofilo in un processo in cui sono coinvolte tre molecole In questo caso si forma per primo un complesso π per interazione del centro elettrofilo con il doppio legame, in un legame dativo in cui la densità elettronica viene donata dal doppio legame all’elettrofilo. Il complesso π è più reattivo del normale doppio legame, poiché il doppio legame in questo complesso è stato polarizzato. Quindi con questo complesso π una seconda molecola di elettrofilo interagisce con il doppio legame formando il prodotto di addizione. Dal punto di vista stereo-chimico questo meccanismo e quello dell’intermedio a ponte, sono soggetti alle stesse considerazioni. Difatti, in entrambi le specie, quando abbiamo la ionizzazione del doppio legame essa avviene dalla parte del piano che non è occupata dell’elettrofilo Andiamo a vedere adesso alcuni esempi di addizione polare al doppio legame. Addizione dell’acido alogenidrico al doppio legame 96 Il prodotto che si forma maggiormente è quello che deriva dal carbocatione più stabile. Ovvero l’attacco dell’elettrofilo genera il carbocatione più stabile, il quale evolverà a formare il prodotto di addizione. Ciò che non ci aspettiamo è che la cinetica della reazione ha un rate lineare nella concentrazione dell’alchene, ma è proporzionale al quadrato della concentrazione dell’acido alogenidrico. Questo perché il meccanismo di addizione dell’acido alogenidrico all’alchene è un meccanismo di tipo 4, in cui sono necessarie due molecole di acido alogenidrico per ogni alchene. Quindi la reazione ha due step, il primo è quello veloce ed è la formazione del complesso π, il secondo è lo step lento, ed è l’interazione di una molecola di acido alogenidrico non completamente dissociato con il complesso π. Alla fine si forma il prodotto di addizione. Questo meccanismo di addizione è molto importante poiché influenza molto la stereo-chimica e la regio- chimica di addizione al doppio legame dell’acido alogenidrico. Facciamo un esempio di addizione di un acido alogenidrico, ad un alchene non simmetrico; i problemi che scaturiscono da questa reazione sono due: 1. Regio-chimica di reazione, ovvero dove si legherà l’alogeno, e quindi quale carbocatione si forma preferenzialmente 2. Stereo-chimica di reazione, ovvero se prima dell’attacco dell’alogenuro la molecola nello stato di transizione ha la possibilità di riorganizzarsi prima della definitiva formazione del prodotto di addizione 97 Quindi in una reazione di questo tipo possiamo avere un aggiunta di informazione stereo-chimica oppure non aggiungiamo alcuna informazione stereo-chimica alla molecola. In questo caso, conta molto che la reazione di addizione avvenga in modo anti, o in modo syn: 1. Addizione Syn, se avviene dallo stesso lato in cui si è formato il complesso π 2. Addizione Anti, se avviene dal lato opposto a dove si è formato il complesso π Quello che conta nell’influenzare l’addizione, affinché sia anti o syn, è la temperatura. Difatti, la temperatura permette di discriminare se attorno al legame singolo, nei tempi in caratteristici in cui la base coniugata entra e si comporta da Nu, c’è libera rotazione o meno. Se c’è libera rotazione non creiamo nessuna informazione stereochimica, poiché possiamo avere qualsiasi prodotto sia syn che anti. Se la molecola durante il tempo in cui si ionizza per poi reagire con il Nu, è bloccata nella conformazione indotta dal complesso π, allora viene creata informazione stereo-chimica, ricordiamo che l’alchene è asimmetrico, per cui la posizione in cui si mette il Nu rispetto ai sostituenti è differente.