Scarica Cicerone,"Pro Caelio" 1-37 - Traduzione e più Esercizi in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! [1] Se qualcuno, o giudici, per caso ora fosse presente ignaro delle leggi, dei giudizi, della nostra consuetudine, certamente si chiederebbe quale sia la gravità così grande di proprio questa causa, poiché in giorni festivi e di pubblici giochi, sospese tutte le attività forensi, viene celebrato questo solo processo, e non dubiterebbe che il reo è accusato di un delitto tanto grande che la cittadinanza non può sopravvivere trascurato lui. Lo stesso udendo/se udisse che c’è una legge, la quale comanda di cercare ogni giorno sui faziosi e sugli scellerati cittadini, i quali hanno assediato armati il senato, fatto violenza ai magistrati, combattuto lo Stato: non biasimerebbe la legge, si informerebbe sul delitto che è trattato nel giudizio; udendo/se udisse che nessun delitto, nessuna audacia, nessuna violenza è chiamata in giudizio, ma (che) un giovane dall’ingegno, dall’operosità, dai costumi illustri è accusato dal figlio di colui che lo stesso e chiama e ha chiamato in giudizio, (che) è assalito poi dalle ricchezze di una meretrice: non accuserebbe la pietà di quello, penserebbe che la libidine femminile deve essere punita, e riterrebbe (troppo) laboriosi voi ai quali neppure nel riposo comune è lecito essere oziosi. [2] E infatti, se avrete voluto valutare diligentemente e considerare veramente riguardo a ogni (aspetto) questa causa, così stabilirete, o giudici, (che non) si sarebbe imbarcamenato in questa accusa nessuno (né qualcuno) a cui fosse permesso se volesse (ciò = intraprendere questa accusa), (che) nessuno, avendola intrapresa (dopo aver intrapreso questa causa), avrebbe avuto una qualche (alcunché di) speranza se non fosse spinto dalla passione intollerabile di qualcuno e da un odio eccessivamente acerbo. Ma io perdono Atratino, giovane assai sensibile e ottimo, strettamente legato a me, che ha la scusa o della pietà o della necessità o dell’età. Se ha voluto accusare lo attribuisco all’amor patrio, se è stato comandato alla necessità, se ha sperato qualcosa alla giovinezza. A tutti gli altri non solo nulla deve essere perdonato ma anche aspramente si deve (loro) resistere. [3] E a me senza dubbio questo inizio di difesa sembra, o giudici, convenire in modo particolarissimo alla giovinezza di Marco Celio, per rispondere innanzitutto a quelle cose che gli accusatori hanno detto per infangare costui e per detrarre e derubare la (sua) dignità. È stato variamente contestato il padre, per il fatto che si diceva o poco limpido lui stesso o trattato poco con devozione dal figlio. Sulla dignità Marco Celio risponde lui stesso a coloro che lo conoscono e ai più anziani anche senza la mia orazione facilmente in silenzio; così considerino coloro a cui invece, a causa della vecchiaia, costui non è ugualmente noto, poiché ormai si trattiene meno a lungo nel foro e con noi: qualsiasi dignità possa trovarsi in un cavaliere romano, che certamente può essere grandissima, quella (dignità) è stato sempre ritenuto che fosse in Marco Celio eccellente ed è ritenuto oggi non solo dai suoi ma anche da tutti quelli a cui ha potuto essere noto per qualche ragione. [4] Invece non è opportuno né per costoro che giudicano né per noi che difendiamo che dagli accusatori sia posto in luogo di accusa l’essere figlio ad un cavaliere romano. Infatti, ciò che avete detto riguardo alla devozione, senza dubbio questa è una nostra opinione ma di certo il giudizio (è) del padre. Ciò che noi supponiamo lo ascolterete dai (testimoni) giurati; ciò che i genitori provino lo mostrano le lacrime della madre e il dolore straordinario, lo squallore del padre e questa malinconia presente che riconoscete e il lutto. [5] In verità, poiché (gli) è stato rimproverato di essere un giovane non stimato dai suoi concittadini, mai a nessuno dei presenti i Pretuzziani (abitanti di Teramo) resero onori maggiori, o giudici, di quelli che (resero) a Marco Celio assente; il quale sia inserirono in un magnifico ordine da assente sia affidarono a colui che non chiedeva quelle cose che negarono ai molti che (le) chiedevano. E gli stessi ora hanno inviato a questo processo uomini sceltissimi, sia del nostro rango sia cavalieri romani, con una delegazione e con un elogio autorevolissimo ed elegantissimo. Mi sembra di aver eretto le fondamenta della mia difesa, che sono solidissime se si affidano al giudizio dei suoi (cari). Infatti, né l’età di questo potrebbe essere presentata a voi abbastanza, se era sgradito non solo al padre, a un tale uomo, ma anche ad un municipio tanto illustre e tanto autorevole. [6] Certamente, affinché (io) ritorni a me, sono arrivato da queste fonti alla fama tra gli uomini, e questa mia fatica forense e la condotta di vita si sono diffuse tra l’opinione degli uomini un po’ più largamente della raccomandazione e del giudizio dei miei. Infatti, ciò che è stato rimproverato riguardo alla pudicizia e ciò che è stato divulgato da tutti i delatori non con accuse ma con voci e maldicenze, ciò Marco Celio mai sopporterà tanto a malincuore che si penta di non essere nato brutto. Infatti, queste ingiurie vengono diffuse contro tutti (quelli) di cui durante l’adolescenza l’aspetto e la bellezza furono generosi. Ma una cosa è parlare male, un’altra (è) accusare. L’accusa richiede una colpa, affinché definisca il processo, affinché individui l’uomo, provi con un’argomentazione, confermi con un testimone; la maldicenza invece non ha nulla di/come argomento eccetto l’oltraggio; che se è proferito più sfacciatamente è detto insulto, se più garbatamente spiritosaggine. [7] Certamente mi sono meravigliato e ho sopportato a malincuore che quella parte dell’accusa fosse stata data soprattutto ad Atratino. Infatti, né era conveniente né quell’età (lo) pretendeva né, cosa verso la quale potevate rivolgere l’animo, il pudore di un ottimo ragazzo tollerava che quello si trasformasse in una tale orazione. Avrei voluto che qualcuno tra voi più vigorosi si fosse assunto questa posizione del parlare male; piuttosto avremmo respinto alquanto più liberamente e più energicamente rispetto alla nostra abitudine questa licenza del parlare male. Con te, o Atratino, agirò più tranquillamente sia perché il tuo pudore pone un freno alla mia orazione sia (perché) devo tutelare il mio servizio verso te e tuo padre. [8] Tuttavia voglio che tu venga ammonito (riguardo a ciò), per prima cosa - affinché gli uomini pensino che tu sia tale a quale sei - che quanto tu sei lontano dalla bassezza delle azioni tanto tu ti astenga dalla licenziosità delle espressioni; poi che (tu) non dica contro un altro quelle (cose) per le quali, se fossero ribattute falsamente a te, arrossiresti. Infatti, chi è (colui) a cui non si apra questa strada, chi è che non potrebbe parlare male sfacciatamente quanto desideri contro questa età e contro questa bellezza virile, anche se senza nessun indizio, ma non senza un’argomentazione? Ma tra queste parti la colpa è di quelli che vollero che tu agissi; la lode (è) del tuo ritegno, perché vedevamo che tu dicevi quelle cose malvolentieri, (la lode è) del (tuo) talento, perché parlasti con eleganza e raffinatezza. [9] In realtà per tutta questa orazione la difesa è breve. Infatti, per tutto il tempo che l’età di Marco Celio ha potuto dare luogo a questo sospetto, fu protetta in primo luogo dal pudore di lui stesso, poi anche dalla prudenza e dal principio morale del padre. Quando quello diede a questo la toga virile - non dirò nulla in questa circostanza riguardo a me; sia tanto quanto voi pensiate; dirò ciò, che questo fu condotto da me immediatamente dal padre. Nessuno vide questo Marco Celio in quel fiore dell’età se non o con il padre o con me o nell’onestissima casa di Marco Crasso mentre veniva istruito con arti rispettabilissime. [10] Infatti, poiché è stata rinfacciata a Celio l’amicizia di Catilina, di gran lunga si deve discordare da questo sospetto. Infatti, sapete che, quando questo era giovane, Catilina ha chiesto con me il per il ragazzo la causa o di tutte le disgrazie o piuttosto delle dispute. [19] Per questo fatto, fiducioso nella vostra saggezza, non temo, o giudici, quelle cose che già ho capito che fossero macchinate e inventate dal discorso degli accusatori. Infatti, affermavano sta per esservi come testimone un senatore che si direbbe percosso da Celio durante i comizi pontifici. A questo chiederò, se si presenterà, per prima cosa perché non abbia fatto nulla subito, poi, se preferì denunciare ciò piuttosto che agire, perché preferì denunciare fatto avanti da voi piuttosto che egli stesso per sé, perché tanto dopo piuttosto che immediatamente. Se mi avrà risposto a queste cose acutamente e argutamente, allora infine chiederò da quale fonte questo senatore sorga. Infatti, se egli stesso sorgerà e sarà generato da sé, forse come sono solito sarò commosso; d’altra parte se è un ruscelletto cercato e condotto dallo stesso capo della vostra accusa, mi rallegrerò, poiché la vostra accusa fa affidamento su una grande compiacenza e su grandi risorse, che è stato trovato un solo senatore che abbia voluto assecondarvi. TESTIMONIANZA DI FUFIO [20] E tuttavia non temo quel tipo di altri testimoni notturni. Infatti è stato detto da quelli che stanno per esserci che direbbero che le loro mogli siano state palpeggiate da Celio tornando da una cena. Saranno uomini seri coloro i quali oseranno dire ciò vincolati dal giuramento, quando dovrà essere ammesso da quelli di non aver tentato mai di iniziare tali oltraggi in un convegno e neppure in un appuntamento. Ma, o giudici, quando sarà concluso dovrete respingere l’intera maniera di questa invettiva, e ormai guardate in avanti con i cuori. Infatti, Marco Celio non è chiamato in giudizio dagli stessi da cui è accusato; i dardi sono lanciati pubblicamente contro di lui, (ma) sono procurati segretamente. [21] E io non dico ciò affinché sia ostile verso di loro per i quali ciò deve essere anche glorioso. Adempiono ad un compito, difendono i propri (cari), fanno ciò che gli uomini coraggiosissimi sono soliti (fare); afflitti soffrono, irati si esaltano, provocati combattono. Ma tuttavia, o giudici, sta alla vostra saggezza, non se la causa di attaccare Marco Celio è legittima per gli uomini forti, perciò anche per voi (ma) che consideriate che la causa di chiedere consiglio al tormento altrui piuttosto che alla vostra lealtà sia giusta. Infatti, vedete quale sia la folla nel foro, quali generi, quali fazioni, quale molteplicità di uomini. Credete che da questa moltitudine vi siano molti che sono soliti offrirsi spontaneamente, compiere un’opera, offrire una testimonianza per uomini potenti, cortesi, arguti, pur credendo che quelli vogliano qualcosa? [22] Se qualcuno di questo genere per caso si esporrà in questo processo, o giudici, allontanate con la vostra saggezza l’avidità di quelli, affinché sembriate aver provveduto contemporaneamente sia alla salute di questo sia alla vostra onestà sia alla condizione di tutti i cittadini contro le pericolose influenze degli uomini. Senza dubbio non vi distoglierò dai testimoni né permetterò che la verità di questo giudizio, che non può essere modificata in nessun caso, possa essere stabilita nella volontà dei testimoni che molto facilmente è macchinata, essere deformata senza fatica ed essere deviata. Opereremo con le prove, confuteremo le accuse con le prove più splendenti di ogni luce; l’argomento lotterà con l’argomento, la causa con la causa, il parere con il parere. [23] E così ammetto facilmente che quella parte della causa sui tumulti napoletani, sull’assalto puteolano (di Pozzuoli) degli abitanti di Alessandria, delle ricchezze di Palla sia stata esposta rigorosamente e con eleganza da Marco Crasso. Avrei voluto che venisse detto dallo stesso anche di Dione. Tuttavia riguardo a proprio questa cosa che cosa è che vi aspettate? Colui che ha fatto ciò o non teme o anche confessa; infatti è il re; d’altra parte (colui) il quale si dice che fosse complice e consapevole, Publio Asicio, fu assolto dal giudizio. Dunque qual è l’accusa di quel tipo cosicché chi commise il crimine non neghi, chi negò fu assolto, questo lo tema fortemente colui il quale non solo era assente in realtà dal delitto anche dal sospetto della coscienza morale? E, se la causa giovò ad Asicio più di quanto l’invidia lo danneggiò, la tua ingiuria sarà di ostacolo per costui il quale non è stato macchiato non solo dal sospetto di questo ma neppure dall’infamia di questi fatti? [24] Ma Asicio è stato assolto con il diritto di prevaricazione. Rispondere a questo argomento è facilissimo, soprattutto per me da cui quella causa fu difesa. Ma Celio crede che la causa di Asicio sia ottima; poi di qualsiasi genere sia, reputa che sia stata divisa dalla sua. E non solo Celio ma anche i ragazzi molto affabili e molto colti, predisposti a studi molto coscienziosi e ottime discipline, Tito e Gaio Coponio che compiansero la morte di Dione enormemente tra tutti, i quali con la passione della dottrina e della sensibilità allora erano trattenuti anche dall’ospitalità di Dione. Dione abitava presso Tito, come avete sentito, da quello era stato conosciuto ad Alessandria. Sentirete dagli stessi, se saranno stati condotti, ciò che o questo o il fratello di quello dotato di sommo prestigio pensi di Marco Celio. Ebbene mettiamo da parte queste cose, affinché finalmente veniamo a quelle cose su cui il processo si appoggia. [25] Infatti, o giudici, ho notato che il mio amico, Lucio Erennio, è stato ascoltato da voi con molta attenzione. In ciò anche se eravate rapiti in gran parte dal suo ingegno e da un certo stile del parlare, tuttavia talvolta avevo timore che quel discorso argutamente condotto per accusare si avvicinasse ai vostri animi a poco a poco e dolcemente. Infatti, disse molte (cose) sulla lussuria, molte sulla dissolutezza, molte sui vizi della gioventù, molte sui costumi e, (lui) che nella rimanente vita sarebbe indulgente e sarebbe solito dedicarsi assai piacevolmente a questa dolcezza della natura umana da cui quasi tutti ormai sono sedotti, fu in questo processo un moralista, un censore, un maestro davvero molto severo; sgridò Marco Celio, così come mai un genitore nessun (figlio); espose molte cose sulla cupidigia e l’arroganza. Cosa volete, o giudici? Comprendevo che voi (lo) abbiate ascoltato attentamente, per questo perché io stesso temevo quel tipo tanto severo, tanto pungente di discorso. [26] E la prima parte è stata quella che meno mi ha scosso, che Celio fosse amico del mio amico Bestia, cenasse presso di lui, frequentasse la (sua) casa, appoggiasse la (sua) pretura. Non mi scuotono queste cose che sono evidentemente false; e infatti ha detto che abbiano cenato una sola volta quelli che o sono assenti o per i quali è necessario dire la stessa cosa. Né in realtà mi scuote il fatto che disse che Celio sia stato un compagno con lui nei Luperci. (È) dei fratelli Luperci una certa sodalità selvaggia e chiaramente pastorale e agreste, dei quali quella coalizione silvestre è stata istituita prima che l’umanità e le leggi, se certamente non solo i sodali hanno assegnato i nomi tra loro ma anche ricordano il sodalizio nell’accusare, come se non sembrassero temere che qualcuno non sappia ciò per caso! Ma ometto queste cose; rispondo a quelle cose che mi scossero di più. [27] Il rimprovero dei piaceri è stato lungo, e lo stesso (rimprovero è stato) più leggero, ed ebbe più della dissertazione che della requisitoria, e anche per questo è stata ascoltato più attentamente. Infatti, mentre Publio Clodio, un mio amico, si agitava in modo molto aggravato e molto vemente e infiammato trattava ogni (cosa) con parole sgradevolissime, con voce altissima, sebbene ammirassi la sua eloquenza, tuttavia non la temevo; infatti lo avevo visto alcune volte agitarsi invano durante i processi. Invece rispondo in primo luogo a te, Balbo, precario, se è lecito, se è conveniente che sia difeso da me colui che non rifiutò nessun invito, che è stato nei giardini, che usava i profumi, che ha visto Baia. [28] Davvero in questa città ho visto e ho ascoltato molti, che non solo avevano assaporato a fior di labbra / superficialmente questo stile di vita e, come si dice, (lo) avevano toccato con le estremità delle dita ma che avevano consacrato tutta la giovinezza ai godimenti, una volta se ne erano liberati e, come si dice, si rifugiarono nell’onesta rettitudine e divennero uomini seri e illustri. Infatti, qualche svago è dato in concessione da tutti a questa età, e la stessa indole fa uscire le ambizioni della giovinezza. Le quali se esplodono così che non danneggino la vita di nessuno, non abbattano la casa di nessuno, sono soliti essere ammesse accettabili e tollerabili. [29] Ma mi sembrava che tu volessi accendere una qualche invidia contro Celio dal discredito comune della gioventù. E così tutto quel silenzio che venne attribuito al tuo discorso ci fu per quel motivo, perché presentato un solo colpevole pensavamo ai vizi di molti. È facile accusare la lussuria. Ormai una giornata per me tramonterebbe, se tentassi di esprimere (le cose) che possono essere dette in quella sentenza; il discorso sulle corruzioni, sugli adulteri, sulla sfrontatezza, sulle appropriazioni è infinito. Anche se (tu) non presentassi nessun colpevole ma (solo quei) vizi, tuttavia per te il fatto in sé può essere accusato sia abbondantemente che pesantemente. Ma, o giudici, sta alla vostra saggezza non farvi distogliere dall’imputato e non abbia la vostra serietà e fermezza quegli aculei, con i quali l’accusatore istigò contro il fatto, contro i vizi, contro i costumi, contro i tempi, contro l’uomo e contro l’imputato come se fosse stato convocato a deporre non per un crimine suo ma contro un certo odio ingiusto per un vizio di molti. [30] E così io non oso rispondere così come è opportuno alla tua serietà. Infatti, era mio (dovere) invocare il beneficio della giovinezza e chiedere perdono. Non oso (farlo), dico; non mi avvalgo di nessuna scusa dell’età, rinuncio a dei diritti accordati a tutti; chiedo soltanto che, se vi è una qualche comune ostilità in questo periodo dell’aria estranea, della sfrontatezza, delle oscenità della gioventù, che vedo essere grande, non rechino danno a questo le colpe altrui, né i vizi dell’età e dei periodi. E io stesso che chiedo queste (cose) non rifiuto di ribattere certo molto diligentemente alle accuse che sono rivolte particolarmente contro questo. D’altra parte due sono le accuse, dell’oro e del veleno; nelle quali un’unica e la stessa persona è coinvolta. L’oro venne preso da Clodia, il veleno venne procurato perché fosse offerto a Clodia, come si dice. Tutte le altre (cose) non sono accuse ma ingiurie, più di una lite aggressiva che di un processo pubblico. Adultero, impudico, trafficante è un insulto, non un’accusa. Infatti, non c’è alcun fondamento di queste accuse, nessuna base; sono voci oltraggiose temerariamente scagliate da un accusatore irato sostenitore del niente. [31] Di queste due accuse vedo l’autore, vedo la fonte, vedo un nome sicuro e un capo. Ha avuto bisogno di oro; lo ha ottenuto da Clodia, (lo) ha ottenuto senza un testimone, (lo) ha trattenuto per quanto tempo ha voluto. Vedo il massimo indizio di una certa straordinaria confidenza. Ha voluto uccidere proprio lei; si è procurato il veleno, ha corrotto chi ha potuto, (lo) ha preparato, ha deciso il posto, (lo) ha portato. Vedo inoltre che un grande odio è germogliato con una spietatissima discordia. Ogni faccenda in questo processo, o giudici, per noi ha a che fare con Clodia, una donna non solo nobile ma anche conosciuta; della quale io non dirò nulla se non per rovesciare l’accusa del processo. [32] Ma, o Gneo Domizio, grazie alla tua notevole saggezza comprendi che per noi la questione è