Scarica Cicerone- Traduzione, analisi e commento dei passi dal 17 al 19 dalla Prima Catilinaria e più Versioni in PDF di Latino solo su Docsity! M. TULLIUS CICERO IN CATILINAM I [17-19: prosopopea della patria] [17] Si te parentes timerent atque odissent tui neque eos ulla ratione placare posses, ut opinor, ab eorum oculis aliquo concederes. Nunc te patria, quae communis est parens omnium nostrum, odit ac metuit et iam diu nihil te iudicat nisi de parricidio suo cogitare; huius tu neque auctoritatem verebere nec iudicium sequere nec vim pertimesces? [18] Quae tecum, Catilina, sic agit et quodam modo tacita loquitur: "Nullum iam aliquot annis facinus exstitit nisi per te, nullum flagitium sine te; tibi uni multorum civium neces, tibi vexatio direptioque sociorum inpunita fuit ac libera; tu non solum ad neglegendas leges et quaestiones, verum etiam ad evertendas perfringendasque valuisti. Superiora illa, quamquam ferenda non fuerunt, tamen, ut potui, tuli; nunc vero me totam esse in metu propter unum te, quicquid increpuerit, Catilinam timeri, nullum videri contra me consilium iniri posse, quod a tuo scelere abhorreat, non est ferendum. Quam ob rem discede atque hunc mihi timorem eripe; si est verus, ne opprimar, sin falsus, ut tandem aliquando timere desinam." [19] Haec si tecum, ita ut dixi, patria loquatur, nonne impetrare debeat, etiamsi vim adhibere non possit? Se i genitori ti temessero e odiassero i tuoi e non riuscissi per nulla mitigare il loro pensiero, ti allontaneresti dai loro occhi in un altro luogo. Ora la patria che è genitore in comune di tutti noi, ti odia e ti teme e ormai nei giorni non pensa nient'altro se non che tu pensi al suo matricidio: di questa non rispetti le autorità ne sostieni l'azione nei temi molto la forza? Questa con te, Catilina, fa così è In un certo qual modo parla stando in silenzio: ormai da alcuni anni nessun crimine sorge se non a causa tua, nessuno scandalo sorge senza te le vessazioni i saccheggi che tu ha inflitto agli alleati sono rimasti impuniti; tu sei in grado non solo di passare sopra a leggi e indagini giudiziarie ma anche di farle a pezzi e metterle sotto sopra. Quelle azioni precedenti, sebbene non bisogna tollerarle, tuttavia, come ho potuto, le ho sopportate; ma ora non si deve sopportare che io sia nella paura totale a causa di te unico, che Catilina sia temuto qualsiasi rumore faccia risuonare, che sembri che non si possa intraprendere nessun complotto contro di me che non rifugga da un tuo misfatto. Per questo motivo allontanati e strappa da me questo timore; se è vero, che io non venga schiacciato, se invece è falso, che io cessi finalmente di temere. Se la patria parlasse con te come ho detto, non dovrebbe forse ottenere (ciò che chiede), nonostante non possa utilizzare la forza? COMPRENSIONE Cicerone mostra a Catilina il timore e il sospetto che ormai tutti provano per lui: la sequenza martellante di tre periodi ipotetici (si me... si me... si te, par. 17) conduce al culmine dell'invettiva e alla sua necessaria conclusione, cioè che l'unica via d'uscita sia la partenza di Catilina dalla città. Il concetto è suggerito attraverso un exemplum fictum: Cicerone, parlando in prima persona, immagina il suo comportamento se si trovasse circondato dal timore, prima dei suoi servi, poi dei suoi concittadini. La risposta è ovviamente sempre la stessa: se ne andrebbe dalla sua casa o dalla sua città. Catilina, chiamato direttamente in causa attraverso un'apostrofe (tu ... non arbitraris? tu... dubitas... vitare?), non si decide invece a lasciare la città, nonostante tutti lo temano. Importante, nella successione di questi esempi ipotetici, è la considerazione relativa ai vincoli sociali tra i personaggi interessati: si va dal rapporto di superiorità padrone/servo a quello paritetico fra concittadini, fino a raggiungere, con l'ultima ipotesi, i parentes («genitori»), il grado di parentela più stretto. La menzione dei genitori prelude all'apparizione della Patria che è definita re communis... parens omnium (par. 17): quello fra la Patria e i cittadini è presentato come un legame ancora più stretto dello stesso rapporto parentale, che può far dunque definire parricidium qualunque azione condotta contro di essa. Con un repentino passaggio dal piano delle ipotesi a quello della realtà, è detto adesso che la Patria odit ac metuit («odia e teme») Catilina. A questo punto, per portare al culmine la violenza del discorso, resta solo che la Patria in persona confermi la sua ostilità e il suo timore nei confronti di Catilina. La prosopopea della Patria qui introdotta (par. 18) è dunque una scena dall'impatto emotivo fortissimo, un vero e proprio coup de théâtre che costituisce forse il 'cuore' dell'orazione. La scena viene occupata dalla Patria stessa, che prende la parola per rivolgersi direttamente a Catilina, il suo figlio de genere. Il discorso messo in bocca a questa figura inizia prendendo in considerazione innanzitutto il passato: Catilina si è sempre distinto per la scelleratezza delle sue azioni ed è presentato come l'origine stessa di tutti i delitti fin lì compiuti, come uno spregiudicato sovvertitore di ogni ordine morale e legale. Si passa quindi al presente: se in precedenza la nefandezza di Catilina è stata tollerata, la Patria si sente ora minacciata nella sua stessa sopravvivenza dai complotti di costui e vive in un terrore insostenibile. Il discorso si conclude quindi con il perentorio sigillo dell'ultimo periodo, che, con forza retorica eccezionale, invita Catilina ad allontanarsi da Roma, perché la sua presenza costituisce una minaccia non solo nel caso in cui le accuse nei suoi confronti siano fondate, ma persino nel caso che non lo siano. ANALISI Il discorso della patria è grandioso e solenne, privo di quelle asprezze che caratterizzano altre pagine della prima Catilinaria, ma non per questo meno efficace. L'esposizione delle colpe di Catilina è svolta in una prima sequenza di tre frasi, in cui l'anafora e la ripetizione insistita del pronome personale di seconda persona sono gli strumenti stilistici più rilevanti (nullum nisi per te, nullum... sine te, da notare il parallelismo nella disposizione dei membri e la variatio, che rafforzano il concetto; tibi uni.... tibi...; tu...). Tutte e tre le frasi mostrano un impiego insistito delle figure di suono e disposizione: nella prima spicca l'allitterazione facinus... flagitium, che connette la coppia sinonimica; la seconda presenta il chiasmo civium neces / vexatio direptioque sociorum, combinato con la climax, per cui all'unico soggetto del primo membro ne seguono due nel secondo; un effetto simile si ha anche nella frase seguente (neglegendas/evertendas perfringendasque), in cui la climax è anche data dalla crescente gravità delle violazioni. Un'altra serie di tre frasi infinitive (esse in metu... timeri ... videri) esprime i timori e l'insofferenza della Patria; anche qui si nota l'uso ripetuto del pronome di seconda persona, per concentrare l'attenzione dell'uditorio su Catilina. La solenne chiusa della sequenza (non est ferendum) riprende il precedente nesso allitterante ferenda non fuerunt, così da ribadire l'insindacabile verdetto di condanna.