Scarica Colonna1997, Culti dimenticati di Praeneste libera e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Romana solo su Docsity! 1 Colonna 1997 CULTI DIMENTICATI DI PRAENESTE LIBERA Il nome di P. è legato a quello di Fortuna Primigenia, il cui santuario incombe sulla città. P. non è solo la sede della Fortuna. Nella storia mitica della città, la dea non compare in nessun modo. Il mito di Fondazione del santuario, incentrato sulla “invenzione” delle sortes presuppone una comunità già organizzata e in possesso della scrittura. La Fondazione del santuario si inserisce (secondo i PRAENESTINORUM MONUMENTA richiamati da Cicerone, probabilmente da identificare con i Libri Praenestini citati da Solin a proposito della legenda di Caeculus) su una realtà civica già definita, che è impossibile datare con sicurezza, ma non oltre il pieno VI a.C. (Torelli la definisce P. “severiana”) o al massimo tardo-orientalizzante come pensa Coarelli. Il più antico documento archeologico della presenza di Fortuna a P. è fornito da fregi delle sime fittili dei templi presso S. Rocco e presso S. Lucia, databili alla fine del VI, la dea appare come compagna e auriga del trionfatore. In mancanza di altri dati archeologici vengono prese in considerazione le testimonianze letterarie. Vulcano nella saga di Caeculus Feronia in quella di Erilus (entrambe sono divinità che non risultano aver avuto alcuna continuazione nel Pantheon prenestino, ma la relazione da esse intrattenuta con la città si pone in termini tra loro alquanto divergenti) La saga di Caeculus fondatore di P. ha molti punti in contatto con quelle di Romolo e Servio Tullio, tanto da poter essere considerata una versione romana o romaneggiante nelle origini della città, forse posteriore all'ingresso di P. nell'alleanza con Roma. Il ruolo di Vulcano può essere spiegato alla luce del rapporto che il Dio intrattiene con il Comitium romano almeno a partire dall'età di Servio. Feronia compare come madre del re Erilus o Erimus (come scrive Macrobio) dotato di tre vite, venne ucciso da Evandro. (Virgilio, Eneide VIII) Feronia è la grande dea di Capena, di Trebula Mutuesca e di Amiternum, oltre che di Terracina volsca. (È opinione comune che i Volsci sono di origine umbro-sabine). Il nome Erilus/Erimus (Erilo in italiano) fa guardare nella stessa direzione, incontriamo nella Marsica il dio Erine patri (dat.) con la consanguinea Vesuna Erina. Conosciamo dall’iscrizione dell’elmo Benaccia-Caprara di Bologna un personaggio spoletino di fine IV sec. che si chiamava Erimìnù (dat ?). È esistita una versione locale e sabineggiante delle origini della città, versione in cui il primo posto è occupato da Feronia mater. Una conferma del ruolo attribuito a Feronia nella saga delle sue origini va vista, nel nome greco della città, ritenuto il suo nome originario. Per Strabone = Polystefanos, per Plinio il Vecchio= Stephane. Dionigi di Alicarnasso parlando della Feronia capenate afferma che chi traduce dal latino al greco, la chiamano Anthophoros, Filostefanos, Polystefanos. Dionigi lascia capire ce l’epiteto allude all’affinità della dea nel confronto di Persefone. Nell’uso epigrafico greco l’epiteto compare solo o accompagnato in un caso da Soteira, in iscrizioni votive di IV-III sec. a.C., per lo più vascolari, provenienti dall’area gelòo-agrigentina e da Reggio. Si è pensato ad una ninfa della cerchia di Afrodite, anche perché Filistefanos è detta la dea in testi letterari, ma più probabile è il riferimento alla cerchia di Demetria e Kore. A Kore fu assimilata Feronia dai greci. L’epiteto Polystefanos scambiato a nome della città di P. significa che la città appariva a occhi greci, sicelioti, come un lucus Feroniae, piuttosto che un fanum Fortunae. Ciò comporta la presenza di un culto della dea (Feronia), o un culto affine, presente a P. prima dello sviluppo enorme del culto della Fortuna con l’età di Pirro (318-272 a.C.). Pirro= Re dell’Epiro 306-300 & 298-272 a.C. Re di Macedonia 288-285 & 274-272 a.C. Re di Sicilia 277-276 a.C. 2 È probabile che Feronia sia stata venerata a P. con un nome differente. Sappiamo da Servio che nella Terracina ritornata latina la dea quae Feronia dicebatur era considerata una Iuno Virgo. Nell’Italia romana esiste una dedica autentica, proveniente dall’Istria, rivolta a Iuno Feronia. → Culto importato dai coloni latini di Aquileia. Un altro elemento da tenere presente nella ricerca della dea di P. è l’ubicazione costantemente suburbana o extraurbana dei santuari noti di Feronia. L’ubicazione è legata al carattere infero della dea. (Risultante dall’accostamento a Persefone prospettato da Dionigi di Alicarnasso, dalla definizione di dea agrorum sive inferorum fornita dai glossarii, dalla maternità dell’Erilo dalle tre vite e anche dall’etimologia del teonimo1, per la quale sembra ritornato in auge il collegamento all’aggettivo fēralis e alle feste Feralia). A P. esiste un solo santuario, tra quelli rimasti sempre fuori del perimetro urbano, nel quale sia attestato un culto di Iuno. Il santuario appena fuori dalla moderna Porta del Sole, che corrisponde ad una delle principali porte di P., situata presso l’angolo S-E della primitiva cerchia muraria in opera poligonale. Nel terrazzo affacciato sulla valle dello Spedalato, nel 1862 si rinvenne un deposito votivo medio-repubblicano. Fu rinvenuto un altare in calcare che l’iscrizione dice dedicato a (T)URPENUS PATER a due pretori della P. libera, un Vatronius e un Orcevius. Nel 1913, durante i lavori di costruzione della stazione, si rinvenne, rotolato a valle (insieme a resti di elementi architettonici in calcare o peperino), un altro altare in calcare, dedicato a Iuno Palosticaria, a cura e con l’approvazione di due censori di P. libera, un Saufeius e nuovamente un Orcevius. Entrambe le iscrizioni sono del II a.C., ma quella di Iuno è più antica → inizio del secolo o la fine del III a.C., mentre l’altra scende nel pieno II a.C. In quanto dediche pubbliche, poste dai più alti magistrati della città, testimoniano il prestigio che era collegato al santuario della P. pre-sillana: niente è venuto alla luce altrove, neanche nel santuario di Fortuna (in cui sono finora assenti dediche di magistrati). Il coinvolgimento di un Orcevius in entrambe le dediche può denotare una particolare attenzione verso il santuario da parte di quella importante gens prenestina. (che traeva il nome da Orcus, l’oscuro signore latino dell’Ade, poi soppiantato da Dis pater) I nomi divini sono entrambi (Turpenus Pater e Iuno Palosticaria) degli hapax2, per cui di pieno diritto vanno inclusi tra quelli dei dii indigetes prenestini, cui allude Servio. L’epiteto Palosticaria, attribuito a Iuno, è stato dato dai primi commentatori. Whatmough, legge *Paloscaria, e crea il collegamento con l’altra palusca, una qualità di fichi neri elencata da Cloatius e da Macrobio. Iuno è nota per il rapporto con il caprifico nel rituale delle Nonae Caprotinae, celebrate anche nel Lazio; per questo motivo Whatmough e altri considerano Iuno una “Iuno della Ficus Palusca” nonostante questa pianta non ha nulla achge vedere col caprifico. In realtà non serve scomodare né fichi né capri. La lettura Palosticaria rinvia ad un aggettivo: *palosticus → modellato sugli aggettivi Rusticus e Domesticus. Rusticus = “che sta nella campagna” *Palosticus = “che sta nella palude” Palosticarius = “pertinente a ciò o a chi sta nella palude”. Una Iuno che ha a che fare con la palude è una Iuno evocante gli Inferi: una Iuno infera o Averna, che Virgilio e Ovidio chiamano Proserpina o Persefone e che Dionigi chiama Feronia. La prossimità del santuario con un'area di necropoli, attestata dalla presenza di tombe, rende attendibile l’interpretazione. A Roma la Caprae palus del Campo Marzio, pur in assenza di una necropoli, è stata definita “archetipo” della palude infera, presso la quale s’immaginava che Romolo fosse trasmigrato tra gli dèi. (Fig. 5) Se la festa delle Nonae Caprotinae aveva realmente luogo a Roma nei pressi della palude, come ritiene Plutarco, allora anche nella Iuno Caprotina si può cogliere un aspetto infero, oltre che protettrice degli schiavi, come in Feronia, dato che le Nonae sono dette anche Ancillarum Feriae. Va notato che al margine della palude sorse il tempio romano di Feronia, identificata da Castagnoli e da Coarelli con il più antico dei templi di Largo Argentina, il tempio C. 1 Scienza che studia i nomi propri delle divinità 2 Parola o espressione di cui è documentato un solo esempio