Scarica "comunicazione, cultura e società" di Gili e Colombo e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Comunicativa Di Massa solo su Docsity! COMUNICAZIONE, CULTURA, SOCIETA’ CAPITOLO 1: LA STRUTTURA DELLA RELAZIONE COMUNICATIVA 1 I PRINCIPALI MODELLI CONCETTUALI I primi modelli concettuali risalgono alla fine degli anni 40: il modello informazionale di Shannon e Weaver e il modello delle cinque W di Lasswell; entrambi hanno individuato 5 elementi costitutivi della comunicazione: emittente, ricevente, messaggio, codice e canale. Il secondo aspetto comune è che entrambi hanno una struttura lineare e unidirezionale che rappresentava la comunicazione come una trasmissione di informazioni dall’emittente al destinatario. Il modello delle 5 w di L si fonda su 5 domande che identificano gli elementi fondamentali del processo comunicativo: chi, che cosa, attraverso quale canale, a chi, con quale effetto. Questo modello introduce l’aspetto del contesto, ma il suo limite è che è un processo asimmetrico (un emittente attivo produce in modo intenzionale dei messaggi rivolti ad ottenere un certo effetto sul ricevente visto come passivo). A questi modelli semplici si sono affiancati altri modelli più adatti a comprendere la specificità e la complessità della comunicazione umana/sociale. Negli anni 70, il sociolinguista Hymes e gli psicologi Brown e Fraser hanno proposto schemi molto più complessi nei quali compaiono due elementi nuovi: gli scopi e le norme che conferiscono alla struttura della comunicazione uno spessore socio-culturale prima assente. Infine gli studi di Goffman hanno consentito di definire meglio il contesto della comunicazione identificando due livelli distinti ma collegati: 1. Micro-contesto delle relazioni faccia a faccia (o situazione) 2. Macro-contesto (linguistico, sociale o culturale) in cui si inscrivono Il modello informazionale di S e W è stato ideato per ridurre i fattori di disturbo e le interferenze nelle comunicazioni telefoniche e di altri media e aumentare la chiarezza del segnale trasmesso. (comunicazione tra macchine, non un modello sociologico, anche se per la sua efficacia è stato adattato alla comunicazione umana/sociale) Modello di Newcomb: I due vertici indicano i partecipanti alla relazione comunicativa. Introduce due elementi importanti: la bi direzionalità della relazione (i partecipanti sono al tempo stesso emittenti e riceventi e il modello prevede come elemento strutturale il feedback) e il contesto sociale a cui i partecipanti si riferiscono Modello di Schramm che giunge a mostrare il carattere circolare della relazione comunicativa e l’importanza del contesto, espresso dal concetto di campo di esperienza, concetto che indica l’insieme delle conoscenze, esperienze e valori dei soggetti agenti che interagiscono nella relazione comunicativa. Il linguista Jakobson ha fissato 6 fattori costitutivi della comunicazione: il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante il messaggio richiede il riferimento a un contesto ed esige di un codice comune al mittente e al destinatario. Infine un contatto, un canale fisico e una connessione psicologica tra il mittente e il destinatario, che consenta loro di stabilire e mantenere la comunicazione. L’obiettivo è mettere al centro la relazione comunicativa come fenomeno sociale complesso. La relazione si instaura quando due o più soggetti agenti cooperano alla costruzione del senso secondo determinati scopi o norme in un contesto. Nella relazione comunicativa tutti questi elementi sono implicati simultaneamente, interagiscono ed operano insieme e nello stesso tempo. 2 I SOGGETTI AGENTI DELLA RELAZIONE COMUNICATIVA 2.1 SIMILITUDINE E DIFFERENZA una prima caratteristica dei soggetti della relazione comunicativa è che essi sono al tempo stesso simili e diversi: l’altro è come me, ma è diverso da me. Percepisco il corpo dell’altro, i suoi movimenti e le sue espressioni, e da ciò comprendo che ha una vita psichica analoga alla mia, ma i contenuti della sua coscienza e i suoi vissuti rimangono per me inaccessibili. Questa fondamentale analogia e differenza dei soggetti agenti è la condizione a priori della comunicazione umana. Solo soggetti essenzialmente simili, ma separati, possono stare in relazione e comunicare tra loro. La similitudine tra coloro che comunicano rende la comunicazione facile anche con chi è più lontano e diverso per lingua, esperienza di vita e cultura. Le scienze della comunicazione hanno individuato degli universali comunicativi, cioè strutture invarianti della comunicazione che precedono e attraversano le diverse culture. Al tempo stesso, la costitutiva diversità dei soggetti agenti rende sempre la comunicazione un evento problematico anche quando l’interlocutore è il più simile e il più vicino. Per quanto simile e vicino l’altro rimane diverso da me, per cui la comunicazione è sempre una traduzione di ciò che l’altro mi comunica all’interno del mio schema esistenziale e concettuale. 2.2 INTENZIONALITA’ un secondo carattere essenziale dei soggetti agenti è che essi agiscono sulla base di interpretazioni, motivazioni e scopi e non semplicemente reagendo a cause o stimoli esterni. Così l’agire comunicativo si caratterizza per il fatto che l’emittente ha l’intenzione di rendere noto qualcosa a un dato ricevente. Al tempo stesso il ricevente non reagisce solo alle azioni dell’emittente, ma anche alle sue intenzioni ed è in grado di anticipare ed interpretare tali intenzioni in base alla propria esperienza passata non solo dell’agire di quell’individuo specifico, ma anche dell’agire degli altri in generale. L’intenzionalità identifica dunque un rapporto consapevole con il proprio e altrui atto comunicativo. Anche nell’uomo molti gesti possono essere inconsapevoli e involontari; tuttavia la comunicazione umana si compone di atti e gesti (gesti significativi) che contengono un’intenzione, un significato attribuito loro dal soggetto e che deve essere interpretato. Di questa intenzionalità si possono mettere in luce due aspetti: 1. La consapevolezza della propria comunicazione dipende dal fatto che l’essere umano è capace di essere/divenire oggetto a se stesso, cioè di guardarsi e valutarsi come fosse un altro. Es una docente a lezione è consapevole dei diversi significati e aspetti della sua comunicazione perché mentre parla è capace di immaginarsi seduto nei banchi accanto ai suoi studenti. 2. Intenzionalità significa anche essere rivolto verso l’altro con cui si comunica, nel senso di tener conto di lui nella comunicazione. Seguendo Jakobson possiamo distinguere tra un’intenzione primaria (effetto che l’emittente vuole produrre nel ricevente) e un’intenzione secondaria (quella del destinatario che riconosce l’intenzione dell’emittente e risponde assecondandola, accettandola o rifiutandola. 2.3 INDIVIDUI E RUOLI COMUNICATIVI In molteplici situazioni ciascuno agisce come membro di una categoria sociale o in quanto detentore di determinati ruoli che dipendono dalla particolare struttura delle situazioni in cui si trova inserito. Ciò vale soprattutto quando gli individui agiscono nell’ambito di organizzazioni e istituzioni. In questo caso la comunicazione assume essenzialmente il carattere di una comunicazione tra posizioni e ruoli e si attua per mezzo di ordini di servizio, procedure burocratiche ecc Anche se nelle situazioni concrete i soggetti agenti interagiscono spesso come individui che assumono/eseguono dei ruoli è necessario mantenere la distinzione analitica tra individuo e ruolo. Al di là della definizione normativa del ruolo esiste sempre uno spazio di interpretazione del ruolo comunicativo, cioè un proprio particolare modo di agire comunicativamente come giudice o imputato, maestro o allievo, medico o paziente. 2.4 EMITTENTE E RICEVENTE i partecipanti alla relazione comunicativa possono assumere due posizioni: emittente o ricevente. Emittente e ricevente costituiscono al tempo stesso: - Categorie analitiche perché identificano dei ruoli comunicativi che ogni soggetto concreto possiede e può assumere sempre. Ognuno di noi è sempre emittente e ricevente, anche se in un certo momento potrà prelevare un ruolo o l’altro. comprende una presentazione di sé, un’immagine dell’io e un’affermazione sulla relazione con l’interlocutore. - Esplicita e implicita: prima e al di sotto di ogni significato esplicito vi sono dei significati impliciti dati per scontati, che vengono presupposti e non devono essere esplicitati perché si suppone già appartengano alla comune conoscenza del mondo degli interlocutori. 3.2 FEEDBACK: IL MESSAGGIO E AZIONE RECIPROCA Dobbiamo considerare un ultimo aspetto del messaggio: il concetto di feedback, espressione che indica il messaggio di ritorno che il ricevente invia all’emittente originario. Dobbiamo tuttavia svolgere alcune considerazioni che ci consentano di comprendere meglio questo concetto. In una prospettiva sociologica, il feedback non è semplicemente il segnale o il messaggio di ritorno, ma è l’azione per cui il ricevente si costituisce pienamente come partecipante alla comunicazione. Il feedback appare importante sotto due punti di vista: 1. Attesta una volta di più l’attività del ricevente, che è polo attivo della comunicazione non solo perché decodifica e interpreta i messaggi che riceve, ma anche perché può a sua volta assumere il ruolo di emittente 2. Il feedback svolge anche una funzione essenziale per lo stesso emittente originario: questo infatti ha bisogno di vagliare continuamente la propria comunicazione, di sapere se il messaggio è stato ricevuto e compreso secondo le sue intenzioni o se invece non è stato compreso e necessita di ulteriori chiarimenti. Il feedback permette dunque all’emittente di esercitare una riflessività sulla propria comunicazione attraverso la risposta del suo interlocutore. 3. Se il feedback è sempre presente in ogni relazione comunicativa, esso tuttavia può assumere di volta in volta forme diverse. La situazione più semplice è costituita dalla conversazione e dalla comunicazione interpersonale faccia a faccia, nella quale i soggetti si scambiano continuamente i ruoli di emittente e ricevente e i turni di parola. In questo caso i soggetti della comunicazione sono reciprocamente accessibili, il feedback è immediato e si può avvalere degli stessi canali e codici, ma anche di codici diversi. Il feedback può anche essere rimandato nel tempo, come nei rapporti epistolari. Ad una lettera può seguire una lettera di risposta, una telefonata o una e-mail. Anche in sistemi di comunicazione complessi e con una struttura fortemente a-simmetrica sono presenti forme di feedback. 4. SEGNI E CODICI Il codice è la forma del messaggio, il sistema di riferimento in cui il messaggio è costruito. I codici sono composti di segni, per cui il concetto di codice presuppone come suo elemento costitutivo il concetto di segno. 4.1 SEGNI E REALTA’ Per la filosofia, il segno è qualcosa che sta al posto di qualche altra cosa. Peirce e Morris integrano questa definizione con un elemento fondamentale: il segno è qualcosa che sta al posto di qualche altra cosa per qualcuno; ciò che è determinante è che quel qualcuno interpreti un soggetto o un evento come segno di qualcos’altro. Questa associazione, detta significazione, è un processo psichico possibile: un rumore di piatti può evocare nella mia mente l’idea del pasto oppure del lavoro. Ci sono diversi tipi di segni che possono riguardare sia le relazioni tra i fenomeni e costituiscono l’oggetto delle scienze fisiche e naturali, sia creazioni umane e sociali. I segni hanno 3 funzioni: 1. Di comunicazione per cui essi si scambiano dei messaggi e possono comprendere le reciproche intenzioni attraverso i segni che le manifestano 2. Di partecipazione sociale, per cui i segni favoriscono o suscitano il senso di appartenenza a gruppi e collettività. Qual è la natura e la struttura del segno? Due tradizioni diverse Struttura binaria, concezione di Saussure di significante e significato: secondo lui possiamo dividere una parola in due parti, ovvero forma (significante) e contenuto (significato). Nella parola cane, il significante è l’immagine acustica, cioè la serie dei suoni c-a-n-e. Questa immagine acustica è associata ad un concetto, cioè alla rappresentazione di un oggetto mentale. Il processo per cui qualcosa funziona come segno è detto semiosi. Morris osserva che tale processo si compone di 4 fattori: 1. Veicolo segnico: è ciò che agisce come segno, che ha la funzione di segno 2. Designatum: è ciò a cui il segno si riferisce o di cui ci rende conto. Può essere un oggetto reale o una classe di oggetti reali, ma anche un atto o un’idea. 3. L’interprete: è la persona per cui il segno ha funzione di segno, cioè colui che usa i segni e realizza l’atto della semiosi 4. L’interpretante: è l’effetto sull’interprete, effetto per il quale ciò che agisce come segno è considerato un segno dall’interprete Peirce ha identificato 3 tipi di segni in base ai diversi modi di rimandare ad un oggetto: 1. Icona: comunica direttamente un’idea per somiglianza con l’oggetto che rappresenta (es il disegno di un albero, o la mappa di una città) 2. Indice: comunica per connessione diretta o contiguità effettiva con l’oggetto (es scritte di località sui cartelli stradali) 3. Simbolo: comunica per interpretazione, ossia richiede forme di inferenza o di associazione In sintesi: le icone servono a rappresentare i loro oggetti per assomiglianza; gli indici rappresentano i loro oggetti indipendentemente da ogni rassomiglianza, solo in virtù di una connessione reale con essi; i simboli rappresentano i loro oggetti indipendentemente sia da ogni rassomiglianza sia da ogni connessione reale. 42. I CODICI: STRUMENTI E VINCOLI Qualunque sia il processo attraverso il quale i segni e i loro significati si costruiscano e si stabilizzano, è evidente che i linguaggi che noi usiamo funzionano perché basati su codici condivisi. Morris definisce un codice o linguaggio come una serie di comunsegni plurisituazionali, le cui combinazioni sono limitate. 5 caratteristiche dei segni: - Un codice è l’insieme di segni dotati di significato, di segni che indicano qualcosa, che suscitano in noi l’idea di qualcosa (es semaforo prevede 3 segni: verde passa, giallo fai attenzione, rosso fermati) - I codici sono intersoggettivi cioè non appartengono solo ad una coscienza individuale, ma ad una comunità di interpreti. Un codice serve solo se è a disposizione e viene utilizzato e compreso da una pluralità di interpreti. - I segni che costituiscono il linguaggio devono essere comunsegni, cioè segni producibili e riproducibili dagli interpreti. Questi interpreti possono cioè comprendere la parola albero, ma a loro volta possono pronunciarla e quindi riprodurla nuovamente e mantenerla in vita. Struttura triadica del segno di Pierce: segno (representamen), oggetto a cui si riferisce e il significato/interpretante. Due concetti di segno: oggetto dinamico che esiste oggettivamente fuori dal soggetto che conosce; oggetto concreto nella sua individualità. Oggetto immediato è la rappresentazione, cioè l’immagine mentale del cane che si manifesta in quel modo. Quando si comunica qualcosa si fa sempre riferimento all’oggetto immediato, ossia all’immagine che può essere condivisa. Il segno, cioè la parola cane o il disegno. L’interpretante è ciò che avviene all’interprete per cui un fenomeno, un oggetto di qualche tipo è interpretato come segno di qualcos altro. Peirce insiste sul fatto che il segno è l’intermediario tra il suo oggetto e la mente dell’interprete - I segni che costituiscono un linguaggio sono plurisituazionali, cioè mantengono una costanza di significato in situazioni diversissime. Quindi la forza del codice dipende largamente dal fatto che esso funziona in contesti molto diversi - I segni dei codici si combinano secondo regole e sequenze determinate. Nel caso della lingua sono le regole della morfologia e della sintassi. Ma ciò vale anche per codici molto semplici come il semaforo: le luci non compaiono a caso ma secondo sequenze ordinate. A questi 5 caratteri di Morris se ne aggiunge un sesto: i codici hanno un carattere normativo e costrittivo, cioè contengono sempre dei vincoli e degli obblighi per coloro che li usano. Questa normativa e costrittività opera a due livelli: 1. Un primo livello riguarda le regole d’uso del codice: io posso appropriarmi della lingua italiana e usarla come un’efficace strumento di comunicazione solo a condizione che io mi sottometta alle sue regole 2. Un secondo livello dice che la normatività del codice si manifesta anche in una direzione sociale. Quando si possiede una lingua in modo imperfetto si avverte un senso di insicurezza e di disagio sapendo che a tale scarsa competenza potrebbe corrispondere derisione o disapprovazione da parte degli altri. 5. CANALI E MEDIA Il canale è un mezzo fisico-ambientale che consente il contatto tra i soggetti agenti e rende possibile la trasmissione dei messaggi. Esso comprende il mezzo fisico nel quale siamo immersi. 5.1 IL SISTEMA SENSORIALE Comunichiamo attraverso diversi canali sensoriali, ma gli studi si sono indirizzati soprattutto su due canali: - Canale vocale-uditivo: permette di comunicare attraverso l’emissione di suoni ed utilizza il sistema sensoriale bocca-orecchio; di questo canale si serve la comunicazione verbale. - Canale visivo-gestuale: utilizza come apparato ricevente il senso della vista e come apparato emittente tutto il corpo nelle sue diverse forme espressive; di questo canale si serve la comunicazione cinesica Anche gli altri canali però hanno un loro ruolo comunicativo: - L’olfatto è un sistema di comunicazione molto diffuso e utilizzato dagli animali nell’esplorazione dell’ambiente, nell’individuare prede o nello scoprire cibo - Il gusto, ad esempio legame tra alimentazione e cultura e ai molteplici significati del mangiare - Tatto: gli psicologi mettono in luce l’importanza del contatto corporeo con la madre nella crescita del bambino e nel formarsi della sua personalità. Siamo esseri comunicativi complessi e multimediali, che comunicano utilizzando una pluralità di canali sensoriali e i relativi codici nello stesso momento. Poiché tutti i nostri canali operano simultaneamente, la nostra comunicazione è il prodotto dell’interazione tra le informazioni provenienti dai diversi canali e codici. 5.2 LE TECNOLOGIE COMUNICATIVE Alcuni autori hanno individuato nell’invenzione di nuove tecnologie comunicative e dei relativi codici le soglie e le tappe fondamentali dello sviluppo della civilizzazione umana. Come suggerisce Thompson le tecnologie e i media comunicativi estendono e potenziano la nostra capacità di comunicare secondo 3 direzioni principali: 1. grado di fissazione delle forme simboliche, permette cioè che siano fissate o conservate su mezzi caratterizzati da diversi gradi di resistenza nel tempo 2. grado di riproduzione, ovvero la capacità di un mezzo tecnico di consentire la produzione di più copie di una forma simbolica 3. grado di addistanziazione spazio-temporale 6 SCOPI E NORME le relazioni comunicative sono sempre guidate da scopi e regolate da norme e Hymes, Brown e Fraser hanno indicato nei partecipanti, nel setting e nello scopo le 3 componenti fondamentali della situazione comunicativa, assegnando allo scopo un rilievo particolare poiché costituisce il motore che mette in movimento e fa interagire tutti gli altri. 6.1 SCOPI: CONVERGENZE E CONFLITTI Nelle specifiche situazioni di interazione possiamo distinguere tra gli scopi generali della relazione e gli 7.2 DIMENSIONE DEI CONTESTI Il contesto è attraversato da 4 dimensioni. 1. Dimensione spazio-temporale: distinzione tra ribalta e retroscena. La ribalta è il luogo in cui siamo davanti a un pubblico per cui dobbiamo comportarci dal punto di vista comunicativo in un certo modo, il retroscena comprende quei territori della vita sociale dove non siamo esposti allo sguardo degli altri o dove c’è una maggiore confidenza e consuetudine con gli altri presenti. Es al ristorante: in sala (ribalta) i camerieri si comportano in un certo modo, in cucina (retroscena) i camerieri adottano uno stile comunicativo del tutto diverso in presenza di altri interlocutori. Un secondo aspetto per cui spazio e tempo condizionano le relazioni comunicative è legato alla distinzione tra relazioni in presenza o a distanza. La relazione faccia a faccia è caratterizzata da qui e ora, avviene in un contesto di compresenza e contemporaneità. Grazie alle tecnologie dei media, la comunicazione può essere resa a-sincrona e de-spazializzata. Ciò consente la comunicazione tra persona lontane nello spazio e nel tempo. Tempo e spazio condizionano la comunicazione anche perché sono risorse limitate: es in uno spot pubblicitario il tempo è molto limitato per cui il messaggio va compresso in pochi secondi e ciò rende problematico il tentativo di richiamare l’attenzione e rendere persuasiva la comunicazione. 2. Dimensione psicologica: l’atteggiamento con cui i partecipanti entrano nella relazione comunicativa influenza la comunicazione e ciò può dipendere da aspetti di personalità relativamente stabili e sviluppati dall’infanzia all’età adulta, ma anche dallo stato dell’umore legato a situazioni momentanee e transitorie. L’atteggiamento con cui entriamo nelle situazioni può variare secondo 3 forme principali: atteggiamento favorevole, atteggiamento ostile o atteggiamento di neutralità affettiva. L’importanza dell’atteggiamento con cui si entra in relazione è attestato innanzitutto dal ruolo dei saluti: le formule di saluto, di benvenuto e di commiato svolgono una importante funzione psicologica e rituale. Anche gli studi sull’interazione in classe mostrano l’importanza della creazione di un clima psicologico positivo soprattutto da parte dell’insegnante. L’abilità psicologica e relazionale dell’insegnante si specifica in due aspetti: dinamismo (energia a partecipazione emotiva che l’insegnante investe nella sua azione) e immediatezza (disponibilità ad accorciare le distanze fisiche e psicologiche con gli studenti). Il concetto che sintetizza gli atteggiamenti positivi che i soggetti portano nella relazione è quello della simpatia, ovvero un’attrazione sentimentale istintiva, ma può essere anche costruita. I principali meccanismi della simpatia fanno leva sulle caratteristiche dell’aspetto fisico, sul compiacimento dell’interlocutore e sulla similitudine o omofilia. Due caratteristiche dell’aspetto fisico sembrano suscitare maggiormente la simpatia degli interlocutori: la prima è la piacevolezza (equazione bellezza=bontà=affidabilità), la seconda è un insieme di caratteristiche tipiche dei bambini che chiamiamo caratteri infantili. Per quanto riguarda compiacere l’interlocutore o l’uditorio, rientrano in questo ambito le strategie della captatio benevolentiae e tutte le forme di prefeedback es “che meraviglioso pubblico abbiamo con noi questa sera!”. Per quanto riguarda la somiglianza tra emittente e destinatario, in alcuni casi la similarità può essere volutamente ricercata ed esibita con lo scopo di acquisire un potere sul destinatario (ingraziamento=ricercata assimilazione della fonte al ricevente con finalità manipolatorie) Ritornando all’esempio della lezione universitaria, la scena comprende il setting (aula e orario) e lo scopo ovvero il tipo di attività (insegnamento) e l’argomento specifico. I partecipanti agiscono come partecipanti singoli e in quanto membri di una categoria sociale. Essi sono legati da particolari relazioni interpersonali e da relazioni categoriali. Ma per comprendere che cosa accade nell’aula dal punto di vista comunicativo non è sufficiente limitarsi a quel micro-contesto di interazioni, la lezione è infatti un’attività che rientra all’interno di un’istituzione che chiamano Università. In sintesi ciò che accade in quella situazione sociale è l’esito dell’interazione concreta dei partecipanti, ma è influenzato da una serie di fattori e condizioni esterne più generali che costituiscono il macro-contesto sociale 3. Dimensione sociale: quando comunichiamo agiamo come individui senza qualità, privi di determinazioni, ma come soggetti sociali che appartengono a determinati gruppi e collettività e ricoprono determinate posizioni e ruoli sociali. Le forme di comunicazione riflettono le relazioni sociali che intercorrono tra i parlanti, siano esse relazioni di status, di solidarietà o intimità. L’importanza degli status-ruoli sociali nelle relazioni comunicative emerge anche nelle situazioni più estemporanee: quando incontriamo una persona per la prima volta immediatamente cerchiamo di catalogarla in base al suo aspetto, all’abilità discorsiva ecc… Ma la realtà alla quale dedicare la maggiore attenzione per cogliere il condizionamento sociale della comunicazione è costituita dalle diverse situazioni interattive nelle quali gli individui si incontrano e comunicano. Secondo Goffman in tutte le situazioni comunicative lo status dei soggetti dipende dalla specifica struttura partecipativa, che può variare da situazione a situazione. In ogni situazione in cui si trovano ad interagire con gli altri, gli individui proiettano una propria definizione della situazione. Essa riguarda il modo in cui intendono e applicano le regole e le norme che governano le relazioni in quella situazione e il modo in cui interpretano il proprio ruolo in quello specifico sistema di interazioni. In molti rapporti la situazione è definita a priori: ci sono ruoli e regole pre-esistenti a cui le persone si devono attenere. (es durante un esame) In altri casi invece le situazioni interattive sono meno strutturate e vincolanti e non c’è una definizione della situazione pre-esistente, ma le persone negoziano e contrattano regole e ruoli. La definizione della situazione complessiva è sempre l’esito, il prodotto delle diverse definizioni di coloro che vi partecipano. Il loro potere di definire la situazione non è però sempre equamente distribuito; spesso accade che alcuni individui godono di un potere maggiore che deriva da status e ruoli formali che essi portano nella relazione. In un caso tutti i partecipanti accettano regole e ruoli, anche se in posizioni complementari e a-simmetriche, nell’altro si battono su chi abbia il diritto e il potere di definire la situazione anche per gli altri. Così per evitare il conflitto aperto spesso i partecipanti arrivano a un accordo operativo, una sorta di compromesso per cui ogni partecipante rinuncia ad affermare in modo incondizionato la sua definizione della situazione reprimendo i suoi sentimenti immediati e offrendo un’interpretazione della situazione che egli consideri accettabile agli altri (es una lezione di uni può svolgersi se vi è un accordo operativo implicito sul fatto che gli studenti ascoltino e non facciano confusione). 4. Dimensione culturale: i soggetti agenti che comunicano possiedono una specifica identità culturale, ovvero specifici modi di pensare, di sentire, di agire e di comunicare propri della società cui appartengono; i soggetti condividono un comune orizzonte di senso. Ogni enunciato, gesto si colloca entro questo orizzonte condiviso di riferimenti e rimandi che consente a chi li produce e a chi li riceve di intendersi. Quando i soggetti agenti condividono un comune background culturale si parla di comunicazione intra-culturale. Parliamo invece di comunicazione interculturale quando indichiamo la relazione comunicativa tra persone che provengono da paesi e culture diverse e non condividono lo stesso background culturale. Ad esempio io posso riconoscere un pezzo di stoffa costituito di tre strisce di colore verde, bianco e rosso come bandiera italiana solo all’interno di una struttura di senso in cui quell’oggetto è interpretato come un particolare simbolo speciale (simbolo dell’unità e della solidarietà); al di fuori di quel contesto quell’oggetto è solo un pezzo di stoffa colorata che può essere utilizzato per molti altri scopi. Questo con altri esempi diventano comprensibili solo entro un comune orizzonte di senso o contesto culturale. Ma c’è anche un altro aspetto che dobbiamo considerare: la cultura non è solo interiorizzata negli individui, ma è anche interna alle relazioni comunicative e dà loro una particolare forma, essa plasma e influenza tutti gli altri elementi della relazione comunicativa, i canali e i codici, gli scopi e le norme comunicative sono sempre implicati e condizionati dalla cultura di riferimento. Anche gli scopi e le norme della comunicazione sono largamente condizionati dalla cultura di riferimento. Gli scopi della relazione insegnante-allievo, medico-paziente sono collocati in un orizzonte culturale per cui l’idea di educazione, di cura cambiano da società a società. Anche le norme comunicative dipendono dalla cultura e dal sistema di credenze e valori di una comunità. I diversi contesti culturali influenzano le norme che guidano l’agire comunicativo e definiscono il comportamento appropriato. La problematicità della comunicazione interculturale deriva dal fatto che norme comunicative diverse possano essere male interpretate come difetti di comunicazione o intenzioni ostili. Nella definizione del rapporto tra cultura e comunicazione si confrontano due prospettive che pongono l’accento su uno dei lati di questa relazione. Una prima prospettiva assegna un primato alla cultura sulla comunicazione ed enfatizza l’aspetto del condizionamento socio-culturale della comunicazione. Per essa l’agire comunicativo degli individui è espressione e conseguenza della particolare struttura della lingua. Una seconda prospettiva enfatizza invece il primato della comunicazione sulla cultura. In realtà, cultura e comunicazione si influenzano e si costruiscono reciprocamente: la cultura è una rete di significati in cui l’uomo riproduce e modifica continuamente questa rete attraverso le relazioni comunicative nelle quali è coinvolto. I soggetti agenti che comunicano sono il prodotto di un mondo che li precede e li costituisce. Ma essi sono anche dotati di intenzionalità e della capacità di riflettere sulle proprie azioni comunicative, cosicché essi sono anche l’origine e gli autori delle relazioni comunicative nelle quali sono coinvolti. CAPITOLO 3: A CHE SERVE COMUNICARE, LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE La comunicazione serve a: 1. Conoscere e rappresentare la realtà (funzione referenziale) 2. Creare, mantenere e modificare le relazioni sociali (funzione sociale) 3. Produrre e coordinare l’azione (funzione pragmatica) 4. Presentare un’immagine dell’io (funzione identitaria) 5. Definire la comunicazione stessa (funzione metacomunicativa) 1. COMUNICAZIONE E CONOSCENZA Il sociologo Elias ha osservato che esistono 3 modi per conoscere: - Conosciamo per esperienza diretta allorché siamo testimoni di un fenomeno o di un evento e la nostra intelligenza è interrogata da ciò che accade - Si può conoscere e apprendere anche attraverso l’osservazione e l’imitazione del comportamento di un altro; ciò accade soprattutto nel caso della conoscenza pratica - Si può infine apprendere attraverso simboli, cioè attraverso una descrizione o una narrazione della realtà da parte di un altro che si serve di una qualche forma di linguaggio. 1.1 REFERENTI E OGGETTI Solitamente il referente è un oggetto o un evento del mondo reale esterno. Può essere innanzitutto una persona o un’azione di una o più persone. Può essere un’entità concreta del mondo naturale come una pietra oppure un manufatto umano come una penna. Il referente può anche essere costituito da una realtà relazionale come una famiglia. Il referente può anche riguardare mondi che si collocano al di fuori della nostra portata immediata e di cui abbiamo notizia attraverso varie forme di racconto o narrazione. Il referente può anche essere uno stato interiore della persona e che può essere comunicato solo da chi vive quello stato: es il medico che chiede al paziente di descrivere i sintomi per ipotizzare una diagnosi. La trattazione della funzione referenziale non può prescindere oggi dal ruolo dei mezzi di comunicazione: i media consentono infatti di dilatare la nostra esperienza e conoscenza del mondo, ma creano anche altri mondi immaginari che dilatano il nostro orizzonte di esistenza (es attraverso fiction letteraria/cinema e tv) 1.2 FORME DEL RIFERIMENTO Le espressioni referenziali possono avere diverse forme, la distinzione più importante è quella tra: - Designatori rigidi: sono ad esempio i nomi propri che indicano un particolare referente, ma anche nomi comuni che identificano un’unica persona come Il Papa. - Designatori non rigidi: classifichiamo gli oggetti in generi e in categorie, es i cani dalmata, cocker, pastori tedeschi sono cani. 1.3 REALISMO E IDEALISMO La funzione referenziale pone una questione molto importante, ovvero quale sia il rapporto tra la realtà e i nostri processi conoscitivi e di rappresentazione. Non possiamo conoscere il mondo in sé perché inevitabilmente ne facciamo esperienza entro le forme della nostra sensibilità e le nostre categorie mentali. La realtà non è semplicemente costruita ma socialmente costruita. In campo antropologico e linguistico questo problema ha trovato una delle sue più famose formulazioni 4.1 L’IDENTITA’: UNA CHIAVE SOCIOLOGICA Esistono due grandi modelli di definizione dell’identità. Il primo presenta una struttura verticale e si compone di una pluralità di stati dell’identità che vanno dai più immediati e spontanei a quelli più condizionati e costruiti socialmente. Taylor osserva che la nostra identità si compone di 3 elementi fondamentali: 1. Il senso irriducibile del proprio io, dell’unicità e autenticità della propria storia e vissuti 2. L’identità dialogica che si è formata e si forma continuamente nelle interazioni con gli altri 3. L’identità che deriva dalle appartenenze e dallo status sociale, dalla nostra collocazione nella struttura della società e dai ruoli collegati a tale posizione. Il secondo modello presenta una struttura orizzontale e prevede una pluralità di selves, cioè di espressioni identitarie che le persone assumono e interpretano nelle diverse situazioni e contesti. L’io sociale che presentiamo agli altri è solo un prodotto della scena e delle aspettative degli altri che si concentrano su quel personaggio. L’identità è perciò sempre identità sociale conferita dall’assunzione di un certo ruolo, mentre il concetto di identità personale rimane un concetto inattingibile. L’identità è dialogica, perché la definiamo sempre comunicando con gli altri. In secondo luogo, l’identità può essere confermata o messa in discussione nelle relazioni comunicative. Infine, comunicare significa sempre in certa misura protendersi verso l’altro, ma anche esporsi e mettere a rischio la propria identità. Nella relazione comunicativa, in quanto rapporto con l’altro e il diverso, è sempre contenuto un certo grado di rischio per l’identità acquisita, nel senso che l’identità si possa indebolire fino al punto che il soggetto agente possa perdere la coscienza di chi è. Nella relazione comunicativa c’è sempre il rischio di una manipolazione reciproca. 4.2 CHI PARLA DI CHI? In termini generali nella comunicazione i soggetti presentano sempre sé stessi. In ogni atto comunicativo è contenuta un’affermazione esplicita o implicita su chi sono io e come voglio essere considerato. La funzione di presentazione di sé contiene sempre la richiesta di riconoscimento da parte dell’interlocutore. La presentazione di sé passa attraverso 3 modalità principali: 1. La facciata personale, 2. I simboli dello status/ruolo, l’ambientazione. Per facciata personale Goffman intende l’equipaggiamento espressivo che identifichiamo più direttamente con il soggetto agente stesso e che comprende caratteri come età, sesso, corporatura ecc. Un elemento importante è costituito dallo stile comunicativo, che attiene alla dimensione di animatore del comunicatore: un tono di voce alto e sicuro, un eloquio senza pause e tentennamenti vengono percepiti come segno di sicurezza e sincerità. Le persone rivelano la propria identità anche esibendo dei simboli o emblemi dello status sociale o professionale, o anche appartenenza a determinati gruppi sociali e professionali. L’ambientazione è infine costituita dallo scenario in cui si svolge la comunicazione e da tutti quei dettagli di sfondo che forniscono indicazioni e informazioni al pubblico sul soggetto, sul tipo di persona che è. La presentazione dell’io e la richiesta/pretesa di riconoscimento che il soggetto avanza possono essere accettate o meno dall’interlocutore. La scuola di Palo Alto ha individuato 3 modalità essenziali con cui l’interlocutore può reagire alla presentazione che l’emittente dà di sé: 1. Conferma: l’interlocutore può accettare/confermare la definizione che un soggetto agente ha dato di sé; questa conferma avviene quotidianamente ad esempio quando una madre approva il comportamento del figlio. 2. Rifiuto: può avere un ruolo costruttivo nel senso che può spingere il soggetto ad interrogarsi sulle ragioni del rifiuto. Il rifiuto equivale al “non approvo quello che dici/fai” 3. Disconferma: è la negazione totale, un soggetto è come se dicesse all’altro “non ti prendo nemmeno in considerazione” o “non esisti” 4.3 L’IO PLAUSIBILE In relazione a tutto ciò vanno aggiunte due importanti annotazioni sociologiche: 1. il consolidamento dell’identità personale richiede la presenza di una struttura di plausibilità o struttura di consenso. Se le strutture di plausibilità sono universalmente diffuse ed operanti, il loro funzionamento diventa però più chiaro in alcuni casi-limite, come i fenomeni di conversione, cioè quelle esperienze personali che trasformano la realtà soggettiva dell’individuo demolendo la sua visione della realtà per ricostruirla dalle fondamenta. 2. nella presentazione di sé e nel riconoscimento dell’altro sono coinvolte anche le appartenenze sociali, per cui diventa rilevante la distinzione tra ingroup e outgroup. Questo aspetto è messo in luce in particolare in rapporto alle difficoltà nelle relazioni comunicative interculturali. Gli atteggiamenti pregiudiziali nei confronti dell’altro si legano alla percezione di 4 diversi tipi di minacce: stereotipi negativi, minacce realistiche, minacce simboliche e ansietà intergruppi (si lega alla preoccupazione di non disporre delle competenze comunicative necessarie per presentare sé stessi nel modo più favorevole). 4.4 IDENTITA’ ORGANIZZATIVE Anche le organizzazioni si presentano ai loro interlocutori, innanzitutto con il loro nome e un’identità visiva. Le organizzazioni però sono entità anonime, per cui presentano la loro identità attraverso: 1. La loro storia e tradizione, su cui si basa una reputazione costruita e consolidata nel tempo. 2. L’identità dell’organizzazione o dell’istituzione dipende dalla sua attività attuale e dal modo in cui viene svolta, cioè la capacità di assolvere efficacemente le sue finalità e funzioni sociali attraverso un’adeguata organizzazione interna e capacità di relazionarsi con i suoi pubblici. 3. L’identità si manifesta in alcune figure-chiave particolarmente significative che incarnano e interpretano nel modo più autentico le finalità e la filosofia dell’organizzazione; le conferiscono un volto personale riconoscibile. 5 LA METACOMUNICAZIONE L’ultima funzione riguarda la comunicazione sulla comunicazione e si realizza quando il linguaggio parla di sé stesso o la comunicazione si riferisce alla comunicazione stessa. Questo concetto è stato elevato a concetto centrale della teoria della comunicazione da Bateson. 5.1 SPIEGARE IL SIGNIFICATO Innanzitutto la funzione metalinguistica si realizza nella spiegazione del significato di una parola, essa serve a raccordare i processi di codifica e decodifica da parte dell’emittente e del destinatario e a verificare la compatibilità delle loro conoscenze del codice linguistico usato. Spesso nella comunicazione gli interlocutori controllano se stanno usando lo stesso codice chiedendo l’uno all’altro “mi segui?Capisci?” Ad esempio la nonna può chiedere cosa vuol dire università: - Se il nipote è un po’ saccente risponderà con una definizione articolata e complicata che forse la nonna non capirebbe in pieno e chiederebbe un’altra spiegazione - Se il nipote è più attento alle competenze linguistiche della nonna cercherà di tradurre il significato del termine università con parole e concetti più semplici 5.2 ISTRUZIONI PER L’USO Un secondo aspetto consiste nel definire in che modo un certo messaggio debba essere inteso, la metacomunicazione fornisce istruzioni per l’uso sulla comunicazione in atto. Ad esempio un insegnante può richiamare l’attenzione dei suoi studenti dicendo “attenzione, quello che sto per dire è molto importante” oppure può farlo aumentando il tono della voce e alzandosi in piedi. L’aspetto di relazione o metacomunicativo non sempre però è intenzionale e a questo proposito spesso il soggetto non ha un controllo completo del proprio atto o della propria performance comunicativa: espressioni che lascia trapelare e che sfuggono alla gestione cosciente del soggetto, ma che gli interlocutori possono percepire e valutare. 5.3 INCORNICIARE In una terza accezione, la metacomunicazione è la capacità di comunicare a diversi livelli di astrazione. Quando noi osserviamo un’azione comunicativa e ci chiediamo “che cosa significa?” il più elementare livello di significato è quello per cui le cose sono come appaiono, cioè risultano immediatamente vere. Ma questo livello più immediato di comprensione degli eventi non è l’unico possibile. Accanto ad esso sono possibili altri inquadramenti che consentono di dare all’azione un significato diverso da quello che appare più immediato. Bateson propone varie esemplificazioni di questi inquadramenti: il gioco, la minaccia, l’inganno o il rituale. Per quanto riguarda ad esempio i giochi agonistici (lotta tra atleti/squadre), la consapevolezza dell’inquadramento e del contesto consentono di comprendere che si tratta di una lotta per sport e non di una battaglia volta a farsi del male a vicenda. Nei casi in cui non vi siano segnali o contrassegni che classifichino e differenzino i contesti, o questi siano ignorati e rimossi, si possono creare molteplici equivoci o confusioni. Può accadere che i diversi soggetti interpretino uno stesso avvenimento in base a frame diversi e contrastanti; possiamo dunque interpretare diversamente lo stesso gesto in relazione all’inquadramento che operiamo e al frame entro il quale lo collochiamo. 6 COMUNICAZIONE COMPETENTE nella discussione sulle funzioni della comunicazione abbiamo spesso parlato di capacità e di abilità comunicative. È dunque opportuno concentrare l’attenzione sul concetto di competenza comunicativa, ovvero l’insieme di precondizioni, conoscenze e regole che consentono di comunicare. Questa capacità non è innata, ma appresa e si fonda sulle nostre facoltà mentali, i nostri organi di senso e le caratteristiche del nostro corpo come mezzo di comunicazione. Essa è l’esito di uno sviluppo personale e di un apprendimento sociale, due processi strettamente intrecciati e che coinvolgono i diversi sistemi di relazioni in cui il soggetto è inserito. 6.1 COMPETENZA LINGUISTICA E COMUNICATIVA Il dibattito della competenza comunicativa prende le mosse dal concetto di competenza linguistica da Chomsky: per lui essa consiste nella conoscenza del significato delle parole e delle regole grammaticali che consentono di comprendere e di creare un numero illimitato di frasi nella propria lingua. Il suo concetto è stato criticato dal sociolinguista Hymes, il quale sostiene che la capacità di usare le parole e le regole grammaticali per costruire frasi significative e la capacità di usare tali frasi in modo appropriato sono due processi diversi. Per rivolgersi in modo appropriato ad altri individui occorre qualcosa di più della semplice conoscenza delle regole, ma si devono considerare gli interlocutori e la situazione in cui si interagisce con essi. Per Hymes se un individuo acquisisse la capacità di comprendere e valutare le parole e le frasi di una lingua, ma la sua capacità comunicativa si arrestasse qui, egli sarebbe una specie di mostro sociale e culturale. Alla competenza linguistica di Chomsky Hymes contrappone e sostituisce il concetto di competenza comunicativa, che definisce come la competenza riguardo a quando parlare e tacere e riguardo a che cosa dire, a chi, quando, dove, in quale modo. 6.2 LIVELLI DI COMPETENZA Distinguiamo tra: - Competenze contenutistiche e tematiche: competenza a cui facciamo riferimento quando diciamo che qualcuno sa quel che dice. La condizione per comprendere e intervenire in modo pertinente è avere un certo grado di conoscenza diretta o indiretta dell’oggetto o del tema della discussione. La conoscenza richiesta per comprendere e intervenire in modo pertinente può riguardare anche un campo semantico come la moda, il calcio ecc. Questi campi semantici si sono sviluppati in relazione alla crescente differenziazione dei saperi e delle attività sociali, cosicché ognuno di essi si caratterizza per un insieme di conoscenze specialistiche. In relazione alla conoscenza relativa ai campi semantici specifici, si può anche parlare di competenza disciplinare, per indicare l’insieme di concetti, teorie, metodi di conoscenza che qualificano un determinato campo di studio o una determinata professione. In sintesi, questa competenza chiama in causa l’enciclopedia mentale dei diversi individui, cioè l’insieme delle nozioni, categorie e riferimenti presenti in memoria a cui essi attingono per comprendere ciò di cui si parla e intervenire in modo competente nella discussione. - Competenze semiotiche: conoscenze e abilità coinvolte nella produzione e nella comprensione di segni e di codici, cioè le modalità espressive con cui dare forma ai messaggi e ai significati; comprende sia le competenze linguistiche sia quelle relative alla comunicazione non verbale. La competenza linguistica può essere intesa in generale come la capacità di significare e comunicare attraverso il linguaggio verbale (produrre e riconoscere suoni). Utilizziamo anche un altro grande sistema comunicativo, cioè quell’insieme di forme espressive di varia natura detto comunicazione non verbale che comprende la paralinguistica (capacità di modulare elementi fonici della produzione verbale, come il tono, il volume della voce, l’enfasi), la cinesica (capacità di comunicare mediante gesti e movimenti corporei) e la prossemica (capacità di comprendere i significati del contatto corporeo) In sintesi è competente in senso semiotico chi sa usare il codice linguistico e il codice non verbale articolando tutto l’arco delle modalità espressive necessarie per comprendere e farsi comprendere. - Competenze situazionali: comprendono le capacità e le abilità necessarie a tener conto degli interlocutori, degli scopi e dei ruoli che caratterizzano le specifiche situazioni comunicative nelle quali i soggetti sono coinvolti. Si possono identificare due aspetti specifici: il primo è la capacità dei soggetti di individuare i modi e le forme comunicative più rispondenti ai propri scopi comunicativi in una situazione di interazione. 3. Credibilità complementare e simmetrica: la relazione complementare è quella in cui soggetti della relazione detengono ruoli diversi e non se li possono scambiare come accade, ad esempio, nella relazione tra genitore-figlio,medico-paziente ecc. La credibilità di chi occupa il ruolo superiore deriva da una maggiore dotazione di risorse rispetto a chi occupa la posizione inferiore. La relazione simmetrica è invece quella che lega soggetti collocati su un piede di parità. La credibilità simmetrica è una credibilità basata sull’uguaglianza, sulla relazione tra pari. 4. Accreditamento e trasferimento di credibilità: La credibilità presenta anche una proprietà transitiva, cioè può essere trasferita da un soggetto ad un altro o da un contesto all’altro. La credibilità può essere innanzitutto trasferita da un soggetto agente ad un altro: l’accreditamento è quella relazione per cui un soggetto conferisce credibilità ad un altro soggetto o si fa garante con la sua credibilità della credibilità di un altro. La principale forma sociale di accreditamento è costituita dall’investitura e dalle sue diverse forme, cioè gli atti simbolici attraverso i quali vengono attribuiti status e riconoscimenti a un individuo. L’investitura può avvenire all’interno di gruppi molto ristretti e informali, ma anche all’interno di gruppi formali ed istituzioni. Esiste tuttavia una grande varietà di forme di accreditamento anche nelle relazioni ordinarie della vita quotidiana. Quando presentiamo un amico, implicitamente garantiamo per lui; io impegno la mia credibilità a favore di un’altra persona. La credibilità può essere conferita da istituzioni o organizzazioni pubbliche e private che possono essere definite intermediari o diffusori della credibilità-fiducia. Può trattarsi di: 1. Istituzioni e organizzazioni che hanno come funzione garantire/controllare la credibilità degli attori sociali 2. Ordini professionali e associazioni che hanno tra le loro funzioni quella di accreditare i singoli componenti 3. Istituzioni e organizzazioni che proiettano la loro credibilità/autorevolezza su soggetti con i quali vi è un rapporto di partnership. La credibilità può essere trasferita anche da un contesto all’altro. La credibilità che un soggetto acquista in una sfera di azione può essere trasferita in un altro contesto. Un noto imprenditore può fare carriera in politica sulla base della credibilità che ha ottenuto nel campo di azione precedente. 3. QUANDO LA CREDIBILITA’ E’ DECISIVA La credibilità è innanzitutto decisiva in tutti quegli atti performativi in cui un soggetto manifesta una sua intenzione o si impegna ad attuare un certo corso di azione. La promessa, come abbiamo visto, implica l’esistenza di una volontà da parte del soggetto e di condizioni realistiche per la sua attuazione; si tratta di atti in cui un soggetto impegna sé stesso, ma che acquistano senso solo se l’interlocutore è disposto a credere a ciò che egli afferma. La credibilità è più decisiva anche quando i destinatari non dispongono di strumenti conoscitivi che consentano di operare una verifica di ciò a cui si chiede di credere per ragioni di oggettiva impossibilità o per mancanza di competenze specifiche. La credibilità è decisiva anche nelle situazioni di emergenza e quando una decisione deve essere presa in fretta perché non c’è tempo per decidere: in queste situazioni le persone hanno la percezione di correre un rischio molto elevato, per cui assume un ruolo decisivo la credibilità delle fonti che forniscono informazioni, indicazioni, ordini. La credibilità è più decisiva anche quando più alta è l’ambivalenza contenuta nella scelta che viene richiesta, cioè quanto credere o fidarsi espone a un grave rischio, implica dei costi elevati, un vero e proprio salto nel buio. La credibilità è decisiva anche quando la verifica di ciò che oggi viene detto e fatto non può essere condotta immediatamente, ma è possibile solo nel futuro e in condizioni diverse. Es quando un governo chiede ai suoi cittadini dei sacrifici per superare una crisi economica o per realizzare degli obiettivi di miglioramento della vita sociale complessiva del paese; quando si chiedono sacrifici per un bene futuro è decisiva la credibilità di chi li chiede. Infine ci possiamo domandare: la credibilità della fonte è più determinante nelle questioni molto o poco importanti? Due studiosi distinguono due percorsi: - Centrale: si attiva nel ricevente quando il tema in discussione lo interessa direttamente - Periferico: si attiva quando il destinatario ha meno interesse per l’argomento in questione