Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

COMUNICAZIONE, CULTURA E SOCIETÀ, l’approccio sociologico alla relazione comunicativa di Guido Gili e Fausto Colombo, Appunti di Sociologia Della Comunicazione

capitolo secondo del libro citato nel libro

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 25/02/2019

beatrice_grassi
beatrice_grassi 🇮🇹

4.5

(75)

110 documenti

1 / 7

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica COMUNICAZIONE, CULTURA E SOCIETÀ, l’approccio sociologico alla relazione comunicativa di Guido Gili e Fausto Colombo e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! Riassunto capitolo secondo – COME AVVIENE LA COMUNICAZIONE: IL PROCESSO COMUNICATIVO Possiamo individuare quattro prospettive fondamentali: 1) Comunicazione come applicazione della conoscenza di codici e linguaggi; 2) Comunicazione come processo di interpretazione di significati; 3) Comunicazione come espressione di interesse e coinvolgimento; 4) Comunicazione come atto fiduciario. 1. Conoscenza e uso dei codici L’attenzione è focalizzata sui processi attraverso i quali i soggetti agenti traducono i pensieri in parole e gesti. I concetti fondamentali sono codifica, decodifica e commutazione di codice. 1.1. Processi di codifica e decodifica Il processo di codifica-decodifica viene individuato e studiato da Shannon e Weaver. In contesto la codifica indica il processo per cui uno stato mentale, un contenuto psichico o un vissuto di un soggetto agente viene tradotto in parole, gesti suoni, cioè in segni esterni percepibili dai suoi interlocutori. La codifica può avvenire attraverso segni verbali, non verbali o attraverso altre forme comunicative che si servono di canali e codici artificiali (come ad esempio la scrittura). La decodifica è invece il processo inverso, che avviene nel ricevente, cioè la traduzione di un segno esterno in uno stato mentale, in un esperienza vissuta. Il processo di codifica-decodifica indica dunque la trasformazione di un elemento fisico percepibile in un altro elemento fisico che ne consente la trasmissione attraverso un canale artificiale per essere nuovamente percepibile nella F 0 E 0sua forma originaria. Questi processi chiamano in causa le funzioni della memoria Quando intendiamo dire qualcosa estraiamo dalla nostra memoria a lungo termine la parola o il gesto appropriato al nostro scopo; di contro quando dobbiamo decodificare ciò che l’altro ha detto andiamo a reperire nella nostra memoria i significati corrispondenti a quelle parole o a quei gesti. Tuttavia i processi di codifica-codifica non sono mai perfettamente simmetrici, perché i codici di coloro che comunicano corrispondono in modo parziale e conseguentemente ci sarà sempre un certo grado di approssimazione. “L’intero modo di considerare il testo per i due partecipanti allo scambio di discorso è fondamentalmente diverso” [Jakobson]. La maggiore o minore corrispondenza tra i processi di codifica e decodifica dipende dalle caratteristiche dei codici utilizzati e dalla conoscenza e uso dei codici da parte dei soggetti. Quanto più il codice è semplice e univoco tanto più sarà la corrispondenza tra i significati, più complesso e polisemico maggiore è il rischio di incomprensione. Polisemia e rischio di incomprensione sembrano dunque crescere di pari passo. Alla luce di innumerevoli studi si può con certezza affermare che si possono verificare varie situazioni di mancata corrispondenza ed errori di decodifica. Eco e Fabbri hanno proposto una tipologia delle cause delle decodifiche aberranti: un messaggio risulta incomprensibile o rifiutato per totale assenza di codice, per disparità di codici tra emittente e ricevente, per interferenze circostanziali, ovvero quando il ricevente possiede il codice e comprende cosa l’emittente intenda dire, ma interpreta il messaggio secondo il proprio sistema di aspettative; per delegittimazione dell’emittente, quando il ricevente rifiuta il messaggio perché F 0 E 0rifiuta allo stesso tempo di prestare credito all’emittente il messaggio viene rifiutato in quanto viene rifiutato colui che lo ha prodotto. 1.2. Commutazione di codice Un altro importante meccanismo di funzionamento e di uso dei codici è costituito dalla commutazione di codice (code switching), termine che indica il passaggio da un codice comunicativo all’altro all’interno del discorso di uno stesso parlante. Le ragioni di queste commutazioni sono diverse: per una esigenza di F 0 E 0maggiore chiarezza o per supplire ad un deficit di comunicazione ad esempio, se in una determinata situazione, io non riesco a farmi capire da un’interlocutore usando la lingua italiana posso accompagnare o far seguire ad un espressione verbale , un gesto che, a mio avviso, renda più comprensibile la mia informazione o intenzione. Come ha messo in luce Gumperz può esserci commutazione di codice non solo verbale ma anche comportamentale. La commutazione di codice può anche rispondere a ragioni sociali relative alla “correttezza” dei codici in situazioni diverse, cioè contesti pubblici e formali oppure contesti lavorativi ed informali. Inoltre Goffman estende la nozione di commutazione di codice a tutte quelle situazioni in cui c’è un cambio di frame nella comunicazione. 2. L’attività interpretativa Le azioni di codifica e decodifica sono strettamente legate ai processi di produzione, interpretazione e rielaborazione dei significati. A questo proposito, Gadamer osserva che quando due uomini comunicano assumono sempre due differenti sguardi sul mondo, due immagini del mondo che inevitabilmente si confrontano. 2.1. Schemi, copioni, enciclopedie Due sono i tipi di concetti che guidano i nostri successivi processi di conoscenza: schemi e copioni. Gli schemi sono i concetti che si riferiscono ad elementi singoli più semplici e possono riferirsi ad oggetti concreti o astratti. I copioni invece sono rappresentazioni concettuali di eventi e relazioni sociali quali parlare con gli amici, cercare un lavoro e così via. Schemi e copioni si acquisiscono nel tempo grazie ad una serie di singoli atti reiterati, con l’esperienza o l’osservazione diretta o racconti di altri. Quando si evoca un concetto, un oggetto, la mente di ognuno di noi opera una sintesi di una molteplicità di esperienze e conoscenze attraverso un processo di categorizzazione e semplificazione al quale contribuisce la lingua con il suo potere di definire e catalogare la realtà. Ogni concetto sarà diverso sulla base delle particolari F 0 E 0esperienze di ognuno, ma tutti capiranno il senso generale si distinguerà quindi tra significato denotativo, ovvero condiviso, e un aspetto connotativo del concetto preso in esame, che può variare infinitamente proprio in base alle specifiche conoscenze ed esperienze di ognuno di noi. L’insieme degli schemi e dei copioni costituisce il repertorio dal quale traiamo i concetti e le categorie che usiamo per catalogare la realtà. Dunque la memoria semantica conserva il significato delle informazioni e delle conoscenze sotto forma di concetti semplici, schemi e copioni perdendo le informazioni relative alle coordinate spaziali e F 0 E 0temporali in cui ciò è stato appreso. Questo è il nostro lessico mentale, la nostra enciclopedia mentale le enciclopedie delle diverse persone presentano ovviamente tratti comuni ed aspetti specifici. L’aspetto specifico è legato alla diversità di biografie, esperienze, istruzione, che caratterizzano le singole persone. I tratti comuni dipendono dal fatto che la società e la cultura nella quale viviamo influenzano sia la definizione delle varie voci della nostra enciclopedia, sia la loro importanza e centralità. 2.2. Il significato come scoperta e creazione La comunicazione coinvolge sempre un aspetto interpretativo. Un importante contributo, apportato dagli studiosi Heidegger e Gadamer all’analisi sociologica del processo comunicativo, sta nell’avere collegato il processo interpretativo alle caratteristiche del ricevente e al contesto socio-culturale in cui egli vive e interpreta il messaggio/testo. Quindi l’interpretazione non è più l’attività di uno specialista che richiede un particolare approccio di metodo di conoscenza, ma è un’attività che ogni interpreta realizza incontrando ogni testo. 2.3. Frame e situazioni sociali Un frame è una cornice interpretativa, una struttura della comprensione disponibile nella società e cultura per comprendere gli eventi e il loro significato. La nostra esperienza della realtà e l’interazione con gli altri avvengono sempre sulla base di una definizione della situazione che sono sempre predeterminate così come i modelli di comportamento che esse richiedono. I frame sono fattori di ordine poiché stabilendo la cornice di una situazione orientano la comprensione degli eventi e il conseguente comportamento da adottare. Infatti le definizioni “appropriate” delle situazioni sono in larga parte pre-determinate e ci vengono offerte o imposte dalla nostra società e dalla nostra cultura. Grazie a queste definizioni sappiamo distinguere quindi, ad esempio, una situazione seria ed una giocosa, una formale da una informale e così via. I frame sono quadri di riferimento per la comprensione degli eventi e guide del comportamento legate a specifici contesti socio- culturali. di significativo da comunicarmi quando ascolto. In tal senso la comunicazione implica sempre una relazione fiduciaria tra coloro che interagiscono. Vi sono quattro aspetti principali della relazione comunicativa come atto fiduciario. 4.1. La fiducia come precondizione L’atto stesso di parlare o di ascoltare contiene già la presupposizione che l’altro sia in grado di parlare F 0 E 0sensatamente e di dire il vero. Questa apertura di credito è una precondizione della comunicazione se così non fosse infatti la comunicazione non potrebbe avere luogo. Questa apertura è stata definita principio di carità o di benevolenza interpretativa e Gadamer,a riguardo, ha osservato che essa rappresenta l’accordo F 0 E 0portante su cui si regge la relazione comunicativa anche il fraintendimento o la menzogna sono necessariamente preceduti dalla presunzione della sensatezza e della verità di ciò che l’altro afferma. Questo problema è stato affrontato nella teoria dell’agire comunicativo di Habermas: l’atto stesso del parlare rivolto a qualcun altro implica già una pretesa di verità e quindi di una possibile intesa o di un consenso. È questa la condizione per immaginare una situazione comunicativa ideale nella quale i soggetti dispongono di uguali chance di comunicazione e possano conocorrere a far emergere l’argomento migliore attraverso una discussione razionale e libera da ogni costrizione e a-simmetria precostituita. Habermas costruisce inoltre la sua cristica ai “media di controllo” (denaro e potere) che regolano la comunicazione nei sistemi funzionali dell’economia e della politica. Anche nella teoria drammaturgica di Goffman il tema della fiducia risulta centrale. Quando un attore sociale mette in scena un determinato personaggio avanza la pretesa di essere creduto, e ciò corrisponde all’aspettativa del pubblico circa l’autenticità della sua rappresentazione. In tal senso il collante stesso della società nel suo insieme è la fiducia reciproca nel fatto che l’altro sia come appare, sia quel che dice e mostra di essere. 4.2. Comunicare per comprendere Il filosofo inglese Paul Grice si è chiesto quali requisiti debbano essere soddisfatti nella costruzione di un messaggio affinché coloro che comunicano manifestino le proprie intenzioni comunicative realizzando le migliori condizioni per comprendersi. Per rispondere a questa domanda egli formula il principio di cooperazione che implica che i soggetti agenti condividano un comune scopo comunicativo e si sentano impegnati a rispondere a ciò che gli altri si aspettano da loro in quel contesto. Grice identifica una serie di massime conversazionali rivolte a perseguire tale scopo comunicativo comune. Esse riguardano: • la completezza dell’informazione: si riferisce alla quantità di informazione necessaria per garantire F 0 E 0una adeguata comprensione il messaggio non deve essere privo degli elementi necessari alla sua comprensione – la comunicazione non deve essere scarsa, insufficiente – ma al contempo, non necessita di inserimenti superflui e argomenti non pertinenti al contesto o al tipo di relazione comunicativa in atto; • F 0 E 0 la veridicità: si riferisce alla qualità delle informazioni e si declina in due regole fondamentali “non dire ciò che ritieni falso”, “non dire ciò su cui non hai prove adeguate”. La trasgressione a questa regola, la menzogna, è considerata gravissima. Tuttavia mentire esplicitamente non è il solo modo di alterare la qualità della comunicazione: esiste una gamma assai vasta di verità parziali ed ambiguità strategiche per creare false impressioni senza mettersi nella scomoda situazione di aver mentito sfacciatamente; • la pertinenza: essa richiede di rilevare ciò che è pertinente nella conversazione senza divagare o introdurre elementi fuorvianti; • la chiarezza: l’ultima regola riguarda il modo in cui il contenuto viene espresso: risulta essere essenziale evitare ambiguità, disordini ed oscurità di espressione. Queste regole tuttavia, come afferma lo stesso Grice, sono violate apertamente o, in taluni casi, persino totalmente ignorate. Ovviamente tali regole possono variare anche notevolmente da cultura a cultura cosicché possono crearsi malintesi e conflitti quando si incontrano persone che provengono da società che prevedono regole comunicative differenti. 4.3. Per cortesia Vi sono altre condizioni che riguardano invece le relazioni tra coloro che comunicano e le aspettative sociali su ciò che ci si può attendere dagli altri. Si tratta delle “regole di cortesia” finalizzate a creare e mantenere una buona relazione con gli altri nei diversi ambiti di relazione, da quelli formali a quelli informali e quotidiani. Robin Lakoff indica tre regole generali della cortesia: non ti imporre, offri delle alternative (lascia decidere ad alter come reagire alle tue parole), metti a suo agio l’interlocutore. Il modello più elaborato è tuttavia quello di Brown e Levinson, i quali osservano che un parlante deve essere messo in grado di esprimere due caratteri fondamentali: razionalità e faccia. Il primo è la capacità di individuare i fini comunicativi di un atto intenzionale e di perseguirli con i mezzi più adeguati, il secondo è la possibilità di salvaguardare l’immagine di sé che viene proiettata nella relazione. Queste due condizioni si realizzano quando il comportamento comunicativo di un agente sociale viene approvato e non ostacolato dagli interlocutori. I due studiosi individuano quattro massime generali della cortesia: 1 – La cortesia esplicita: essa antepone la chiarezza, la franchezza della comunicazione alle considerazioni relative alla salvaguardia dell’immagine del destinatario; 2 – La cortesia positiva: si lega a tutti quegli atti con cui l’emittente mostra di apprezzare e condividere quando si relaziona con il destinatario, esprimendo simpatia e ricerca nell’accordo; 3 – La cortesia negativa: viene impiegata per compensare possibili atti che minaccino il riconoscimento e il rispetto della libertà di azione e decisione del destinatario; 4 – La cortesia implicita: è infine quella che conduce a costruire i messaggi in modo tale da lasciare all’interlocutore la possibilità di interpretarli in modi diversi così da offrire vie di uscita sia all’emittente sia al destinatario stesso. Le regole conversazionali dei principi di chiarezza sincerità e pertinenza possono essere violate in ossequio F 0 E 0alle regole sociali del tatto e della cortesia ad esempio, in alcune situazioni si può scegliere di non essere chiari, informativi e sinceri per non offendere l’altro o metterlo in difficoltà. In secondo luogo, queste regole non possono prescindere dalla stratificazione sociale ed a contesti culturali diversi. Fraser e Nolan hanno introdotto a questo proposito il concetto di “contratto conversazionale” per indicare l’insieme delle regole di cortesia, dei diritto e dei doveri a cui i partecipanti devono attenersi nelle specifiche situazioni di interazione. Infatti le norme di cortesia nelle conversazioni normali e quotidiani sono molto diverse rispetto a quelle che bisognerebbe assumere in contesti formali e lavorativi. Le norme della cortesia che caratterizzano le diverse situazioni interattive sono per lo più oggetto di un tacito accordo, rientrano nei comportamenti attesi e normali e perciò la loro osservanza risulta inavvertita. La cortesia è universale, nel senso che è presente in ogni cultura ma al tempo stesso dipende dai contesti culturali specifici, poiché le sue forme e le sue condizioni di applicazione variano in modo significativo da cultura a cultura. Infine le competenze relative alla conoscenza e all’uso delle norme della cortesia vengono acquisite nel corso del processo di socializzazione, sono cioè oggetto di un apprendimento sociale continuo. 4.4. Il paradosso della comunicazione conflittuale Può esistere cooperazione comunicativa tra avversari e nemici? Simmel ritiene che la lotta in sé sia già una F 0 E 0forma di associazione cooperazione comunicativa e conflitto non sono concetti incompatibili, ci può essere infatti una cooperazione comunicativa tra rivali o nemici quando ciascuno di essi può trarre vantaggi e benefici dal mantenere viva la comunicazione. La cooperazione comunicativa può esprimersi anche attraverso forme di comunicazione conflittuale e violenta. Se cooperare, nell’accezione di Grice, significa manifestare chiaramente all’interlocutore la propria intenzione comunicativa, anche una comunicazione conflittuale risponde alle condizioni di possibilità del “principio di cooperazione” di cui avevamo parlato in precedenza. Come hanno dimostrato etologi ed antropologi, anche le esibizioni aggressive e minacciose e perfino l’offesa e l’insulto possono essere forme di comunicazione che esprimono un interesse reciproco: regolare rapporti conflittuali senza giungere ad un conflitto aperto nel quale i contendenti potrebbero soccombere o, in ogni caso, subire qualche tipo di danno. Due processi indicano come cooperazione e conflitto possono convivere: - Verbalizzazione del conflitto: secondo questa prospettiva la parola può esser sì mezzo di violenza, sotto forma di insulto, ingiuria o menzogna, ma allo stesso tempo svolge anche una fondamentale funzione F 0 E 0pacificatrice qualsiasi offesa verbale testimonia l’esistenza di un legame; - Ritualizzazione del conflitto: un altro modo per comunicare anche in situazioni di ostilità e inimicizia consiste nella ritualizzazione, ossia nel controllare l’aggressività e la violenza inscrivendole dentro una “cornice” di regole accettate da tutti i contendenti o nel trasformarla in un comportamento regolato da un cerimoniale. Fanno parte di queste esibizioni anche le danze guerriere, ma anche la lotta e il conflitto aperto F 0 E 0sono forme di comunicazione quando vi è un interesse reciproco al riconoscimento questo concetto è mostrato in modo esemplare dal duello, ovvero uno scontro, caratterizzato da regole, che si articola nel verdetto, nella gara e nella dimensione dell’azzardo e del gioco, la sfida alla sorte.