Scarica Comunicazione dei beni culturali e più Sintesi del corso in PDF di Comunicazione Grafica solo su Docsity! LA COMUNICAZIONE DEI BENI CULTURALI - CINZIA FERRARA Paragrafo 1 Comunicare la cultura. La struttura del libro Nell’ambito dei beni culturali si è verificato un profondo cambiamento iniziato negli ultimi decenni e che dura tutt'oggi. Si tratta di un'apertura verso il mondo esterno da parte dei luoghi della cultura. Vengono definite così tutte quelle strutture o enti capaci di conservare e produrre cultura come musei, siti archeologici, centri culturali, teatri, biblioteche, archivi ecc... Questo cambiamento è determinato da diversi fattori che coinvolgono sia gli enti che i fruitori : - le istituzioni hanno sviluppato un'azione più consapevole ed un modo diverso di gestire la fruizione del loro patrimonio storico-artistico -> anche sperimentando dei nuovi e possibili modi di fruire la cultura; - da parte dei fruitori è aumentata la domanda del prodotto culturale vista la maggiore richiesta di intrattenimento. Essa è determinata da una maggiore facilità di spostamento e dal maggior tempo libero a disposizione. Tutto ciò ha portato anche a degli effetti : Le istituzioni hanno sviluppato un maggiore interesse verso la disciplina delle comunicazioni visive, necessarie per generare un linguaggio comune, un tessuto connettivo e di scambio tra enti e fruitori. E da qui nasce anche l’importanza dell'identità visiva, interfaccia tra l'istituzione e il mondo esterno che descrive l'identità dell’istituzione stessa. L'incontro tra le comunicazioni visive e la sfera culturale è avvenuto in tempi abbastanza recenti, soprattutto in Italia, dove coincide con l’entrata in vigore di alcune leggi che hanno portato ad una serie di trasformazioni. legge Ronchey, 1992: il ministro Ronchey firma questa legge che introduce nelle istituzioni culturali i servizi aggiuntivi (servizi di vendita e ristorazione). Tale legge dimostra come le istituzioni culturali si siano interessate sempre di più alle esigenze e richieste del pubblico. Il tema dei beni culturali in Italia alimenta un feroce dibattito politico provocato sia da una serie di leggi errate che da polemiche intorno al beneculturalismo e alla mostrite, cioè alla tendenza ad ostentare interesse per i beni culturali senza preoccuparsi di tutelarli o valorizzarli adeguatamente. Ciò dimostra quanto poco seriamente ci si occupi dei sistemi di comunicazione visiva e quanto spesso la disciplina grafica possa essere considerata solo superficialmente, come un accessorio. Ovviamente il sistema di comunicazione visiva deve essere l’immagine di un sistema che deve a prescindere essere efficiente e dotato di servizi perché senza questa condizione il progetto di comunicazione perde tutta la sua forza. A partire dagli anni 70’ che in Italia e a livello internazionale sono stati realizzati dei progetti che per importanza sono diventati degli esempi storici : ITALIA: - immagine grafica per la Biennale di Venezia -> Pierluigi Cerri, Clino T. Castelli, 1976 - progetto “Immagini per arte e città” per Genova -> A.G Fronzoni, 1979 - Museo Poldi Pezzoli a Milano -> Italo Lupi, 1981 AMERICA: - progetto grafico per il Museum of Modern Art (MOMA) di New York. La data di realizzazione di questi progetti non è casuale ma coincide con l'affermarsi in Italia di una disciplina della grafica, la grafica di pubblica utilità. Tale disciplina, affermatasi in ritardo in Italia rispetto agli altri paesi come l'Olanda e l'Inghilterra si basa su un richiamo alla disciplina che sarà fondamentale per la comunicazione della cultura, concepita per fornire delle informazioni socialmente etiche e corrette al cittadino. Tuttavia col passare del tempo la grafica di pubblica utilità inizierà a servirsi di un linguaggio provocatorio e seduttivo molto più vicino all’advertising che all’etica e disciplina. Da quel periodo in poi tante saranno le istituzioni culturali e gli enti pubblici che richiederanno il lavoro di grafici ed esperti del settore. Talvolta i progetti possono riguardare solo un aspetto dell'immagine coordinata come nel caso del Museo Naturale Grigore Antipa oppure progetti completi come quello del Mart. Possono essere realizzati da graphic designer o da studi grafici per grandi istituzioni culturali o piccoli enti, per grandi città o per piccoli centri periferici. Tuttavia non sono questi fattori a determinare la qualità del progetto grafico. Ciò che emerge dagli esempi scelti dal libro sono 3 elementi ricorrenti: 1.nel marchio o negli altri artefatti si trova frequentemente un riferimento all'edificio architettonico che ospita l'istituzione culturale. Questa scelta può essere intesa in due modi diversi : - come testimonianza del forte legame che esiste tra il contenuto e il suo contenitore fisico; - come una sineddoche cioè rappresentando la parte per indicare il tutto. 2.l’utilizzo di linguaggi fortemente seduttivi che derivano dal mondo pubblicitario. In questo caso ciò che deve essere venduto non è un prodotto commerciale ma la cultura stessa; 3.la rappresentazione grafica del movimento e del dinamismo applicata alla mediatizzazione, Paragrafo 2 Le radici affioranti. La grafica di pubblica utilità Le radici della grafica per le istituzioni culturali sono da ricercare nella grafica di pubblica utilità. Questa disciplina, il cui scopo è quello di tradurre in un linguaggio visivo semplice e comprensibile le informazioni, si è affermata in Italia tra la fine degli anni 60° e la fine degli anni 80°. Innanzitutto la definizione “grafica di pubblica utilità” venne utilizzata in modo ufficiale la prima volta negli anni 60° dal grafico italiano di origini bulgare Albe Steiner, nel testo “La grafica degli enti pubblici”. Con la definizione “grafica di pubblica utilità” Steiner sottolinea l’importanza: - della committenza -> l'ente, l'istituzione o amministrazione pubblica; - dei fruitori -> cittadini (i veri destinatari della comunicazione); - dell’ utilità -> importanza etica di trasmettere l'informazione, sia essa relativa alla sfera culturale, sociale o educativa. Si sviluppò prima nell’ambito più informativo e dei servizi (soprattutto la segnaletica) poi anche in quello culturale e dell’identità visiva di comuni e regioni, anche in aree geografiche periferiche come Aosta, Pesaro, Urbino ecc... La grafica di pubblica utilità nacque in un contesto sociale ben preciso, ovvero quello di centro-sinistra, che si rivelò particolarmente sensibile e attento alle esigenze dei cittadini e al miglioramento delle loro qualità di vita. Oggi, anche se questa disciplina non è più supportata dall’ideologia politica, possiamo dire che la necessità di una comunicazione pubblica e utile è rimasta inalterata nel tempo. Dal momento che il termine era associato ad un’ideologia politica, la definizione grafica di pubblica utilità, oggi appare un po’ obsoleta. Per questo la disciplina viene ormai associata ad un'intera area disciplinare estremamente importante che prende il nome di information design. Ciò rende le diverse aree disciplinari che la compongono (la grafica, la propaganda, la pubblicità) aree che condividono criteri e strumenti progettuali ma si differenziano per i contenuti e finalità della comunicazione anche se possiamo dire che con il passare del tempo le discipline non sono più così distinte tra loro anzi sono sempre più sconfinanti l’una nell'altra. I primi esempi di grafica di pubblica utilità risalgono agli anni 60’ e riguardano principalmente il Nord Europa. In Italia invece la disciplina si affermerà con qualche ritardo a causa delle mancate risorse economiche ma anche di scuole specifiche atte alla preparazione della figura professionale del grafico. Alla fine degli anni 60’, lo stesso Albe Steiner, professore del Corso superiore di arti grafiche di Urbino inizia, insieme ai suoi studenti, a realizzare dei lavori sperimentali con funzione sociale. Steiner infatti è stata una figura cruciale nella storia della grafica italiana : - dal punto di vista teorico (ha infatti elaborato dei saggi che attestano il suo pensiero); - dal punto di vista progettuale (ha lavorato per grandi aziende e temi sociali); - dal punto di vista didattico (ha creato il Corso professionale di Urbino, poi diventato ISIA) È importante che il grafico senta l’esigenza di dare valore alla comunicazione come mezzo per cambiare in meglio le cose peggiori. e MoMA AlfredH. Barr J. è stato il primo direttore del MOMA all’età di soli 28 anni. Nel 1929 definisce il suo museo come un laboratorio a cui il pubblico è invitato a partecipare dimostrando il ruolo fondamentale del museo in quanto luogo disposto alle sperimentazioni artistiche ma anche dei fruitori, chiamati ad essere attivi osservatori di questo processo. Già molto tempo fa aveva quindi capito quanto fosse fondamentale il dialogo tra le due parti e lavorò per sviluppare il sistema museale : - unì alle mostre anche conferenze e visite guidate; - restituì dignità alle didascalie delle opere diventate strumenti informativi utilissimi; - lui stesso supervisiona e scrive i testi dei cataloghi del suo museo a cui vengono aggiunte una serie di illustrazioni. Invece tra i principali esempi di comunicazione coordinata in Italia è necessario citare 3 progetti : e Biennale di Venezia 1976 -> anno in cui questa attività espositiva si trasforma in un'istituzione. Essa sarà localizzata in diversi spazi della città e sarà basata non solo sulle arti figurative ma anche altre discipline come l’architettura, il cinema, il teatro, la musica. Il progetto realizzato da Pierluigi Cerri e Clino T. Castelli, tiene conto degli eventi che si svolgono contemporaneamente in diversi punti di Venezia e diventa fondamentale dotare i visitatori di un gran numero di informazioni attraverso la produzione di più elaborati grafici. Quest'ultimi sono basati su un formato rettangolare, una suddivisione di due spazi modulari separati, uno dedicato al testo (in negativo) e l’altro all'immagine fotografica o l'illustrazione (in positivo). Il metodo di composizione di questi artefatti è particolare : vista la quantità innumerevole di messaggi i due designer decisero di comporre i testi direttamente con macchine da scrivere che vengono poi ingranditi e montati in camera oscura. Questo metodo di composizione del testo viene adottato per tutti gli artefatti mentre per il progetto della segnaletica viene adoperato un sistema composto di elementi modulari come tele rette da cavi d’acciaio, elementi autoportanti a forma prismatica posti nei punti chiave della città e distesi nei luoghi espositivi. e Arte e città, Genova 1979 a 1984-> progetto di immagine coordinata per le manifestazioni culturali realizzato da AG Fronzoni. Il progetto viene promosso dal Comune di Genova e il suo scopo è l’organizzazione, divulgazione di una serie di eventi culturali. AG Fronzoni guiderà l’intero progetto grafico : realizzò una serie di manifesti rigorosamente di un solo colore che si contrappongono totalmente al disordine dell'immagine urbana. Le sue composizioni grafiche sono incisive e taglienti, lo stesso vale per i testi realizzati con un unico font sans serif, l’Univers. Il progetto comprende anche la realizzazione degli allestimenti delle mostre per i quali Fronzoni disegna 3 sistemi diversi basati su elementi modulari : - 1 sistema -> prismi bianchi che possono essere posti dritti oppure appoggiati a terra per opere come le sculture. - 2 sistema -> elemento autoportante ed inclinato rispetto al piano di 60 gradi; - 3 sistema -> elementi trasparenti progettati per contenere sculture o piccoli oggetti e sorretti da un parallelepipedo anch’esso trasparente che fanno sembrare che l’opera sia fluttuante nello spazio espositivo. e Museo Poldi Pezzoli Il museo milanese non è altro che la casa della famiglia Poldi Pezzoli e nasce per esporre la sua collezione privata. Viene aperto la prima volta nell’800’ ma poi viene chiuso a causa dei danni subiti dai bombardamenti durante la guerra. Venne ricostruito e aperto al pubblico nel 1951. Nel 1988 viene chiamato il designer Italo Lupi ad occuparsi del progetto d'immagine coordinata del museo : marchio -> logotipo dove la M è un carattere tipografico mentre le due P sono ottenute dal negativo del profilo della donna rappresentata nel famoso ritratto del Pollaiolo, esposto nello stesso museo. Lupi si serve quindi della figura retorica della sineddoche : introduce nella composizione grafica un'icona del museo. Proprio per questo, nonostante siano passati molti anni, il progetto di Lupi viene ancora adoperato dal museo. Paragrafo 4 Vizi pubblici e private virtù Il progetto per la Soprintendenza ed il circuito archeologico di Pompei è stato il primo per il quale sono state realizzare una serie di trasformazioni in ambito strategico, comunicativo e anche legislativo. Questo gli ha permesso di diventare il “modello Pompei”, un punto di riferimento per i progetti italiani realizzati successivamente come la Pinacoteca e il Palazzo di Brera a Milano ed il Palazzo dei Pio a Carpi in Emilia Romagna. Cambiamento legislativo: legge nazionale 352/1997 -> stabilisce che la Soprintendenza Archeologica di Pompei (SAP) è il primo ente in Italia ad acquisire l'autonomia finanziaria, amministrativa, organizzativa e scientifica. La SAP diventa un ente moderno, efficiente e autonomo e grazie alla legge riceve anche dei stimoli e sostegni economici dallo Stato. Vengono così approvate delle leggi che sanciscono un cambiamento: si passa dalla gestione statale degli enti (tipicamente italiana) a soluzioni miste di gestione tra pubblico e privato. Cambiamento comunicativo : A questo punto diventa fondamentale tutelare, valorizzare e promuovere l’intero circuito archeologico attraverso un progetto di identità visiva ma per farlo diventa necessaria la pubblicazione di un bando di concorso pubblico e la richiesta di un organo di ricerca. A cosa serve l'organo di ricerca? Per capirlo innanzitutto analizziamo alcune figure fondamentali : - committente : chi commette/ordina un lavoro - commissionario : compra o vende per conto del committente al giorno d’oggi questa figura è quasi scomparsa, per lasciare posto al committente e al progettista; - progettista : chi svolge illavoro Se il loro rapporto si regge sul dialogo allora ci sarà equilibrio tra la domanda del committente e l'offerta del progettista. Quando invece viene a mancare l’intesa il più delle volte la colpa è da attribuire al committente che non riesce a formulare e strutturare la sua richiesta ed infine valutare la qualità della proposta finale. Entra quindi in gioco la figura dell’intermediatore o facilitatore culturale che non è altro che un anello di giunzione tra il committente ed il progettista. Questa figura ha il doppio ruolo di interpretare le disposizioni del committente traducendole in richieste ed informazioni esaustive da fornire ai progettisti, infine seguirà le varie fasi del progetto fino alla valutazione finale dei risultati. Un altro compito molto importante è la formulazione del bando di concorso ovvero il documento di assegnazione dell’incarico. Un esempio di questa figura è il GaMS, Graphic and Multimodal Systems. È un'unità di ricerca nata al Politecnico di Milano di cui fanno parte figure come Giovanni Anceschi che si occupa di grafica di pubblica utilità e beni culturali. Nel 2005 si è tenuta a Bolzano l’assemblea nazione AIAP, interamente incentrata sul tema dei concorsi pubblici dove sempre più spesso si assiste ad una violazione delle regole fissate. Dalla formulazione del bando emerge infatti la competenza del committente, le sue capacità di descrivere quanto richiede e il saper riconoscere le qualifiche professionali dei candidati. Da qualche anno è la stessa AIAP che, in base alla chiarezza del brief, ai tempi di consegna, alla composizione e qualifica della giuria, la trasparenza nei criteri di scelta, segnala ai suoi associati i migliori concorsi e quelli a cui non è consigliabile partecipare. Molti sono gli interrogativi e gli scontenti a proposito dei concorsi: Leonardo Sonnoli, presidente della sezione italiana dell’AGI ritiene che sia ingiusto che molti concorsi pubblici non forniscano dei rimborsi spese ai partecipanti che impiegano tempo e denaro. O almeno sarebbe giusto prolungare i termini del concorso in modo da permettere ai progettisti di realizzare dei lavori di qualità elevata. ® Il modello Pompei La SAP, in qualità di struttura autonoma, nel 2000 volle dotare sia la Soprintendenza che il circuito archeologico di Pompei di un sistema d'identità visiva. Lo scopo era quello di risolvere una serie di disfunzioni di fruizione del circuito che comprende 4 siti archeologici (Pompei, Ercolano, Stabia, Oplonti) ed il Museo Boscoreale. Tutto il circuito è tra i siti più visitati in Italia, secondo al Colosseo per il numero di visitatori e primo per gli introiti ricavati dai biglietti emessi. Rendiamoci quindi conto di come questo circuito sia una grande risorsa economica nell’area campana. Il bando di concorso è stato affidato al nuovo organo professionale, il GaMS, che si è fatto carico delle richieste del committente e le ha tradotte in un programma sistematico da comunicare al progettista. La richiesta principale era un progetto d'immagine coordinata molto complesso : - un marchio sia per la Soprintendenza che per i vari siti del circuito; - le declinazioni dei marchi sui vari artefatti comunicativi; - sistema di segnaletica; - il manuale di applicazione. Per la selezione degli studi professionali, il committente ha espressamente richiesto degli studi che avessere un fatturato molto alto in modo da escludere automaticamente i piccoli studi professionali. Tuttavia, in seguito a molte contestazioni fatte principalmente da Aiap, il valore del fatturato viene abbassato. Il concorso, nonostante i ritardi, riesce a partire e vi partecipano solo 12 studi professionali, i cui progetti vengono prima esposti in una mostra e poi pubblicati in un catalogo. Il vincitore del concorso è il progetto elaborato dallo studio Zelig, mentre verranno scartati altri progetti come quello di Italo Lupi o di Giorgio Camuffo. e InBrera Dopo solo 4 anni dal progetto per la SAP, anche la soprintendente della Pinacoteca di Brera, Caterina Bon Valvassori, (la prima ad utilizzare il termine di “modello pompei”) decise di servirsi di un progetto similare per risolvere anch'essa delle disfunzioni di fruizione del circuito, dovute ad alcuni motivi : - la Pinacoteca si trova inun palazzo seicentesco che condivide con altri sette enti; - il disordine comunicativo causato dagli interventi grafici del passato che non permetteva una buona fruizione in un luogo di cultura molto affollato come la Biblioteca, dove in media ci sono 4000 utenti al giorno. Viene quindi ipotizzato un periodo di tre anni, dal 2003 al 2005, per la realizzazione del progetto. Che si concluderà con la mostra dei risultati del concorso ed il catalogo dei lavori esposti. e Palazzo dei Pio Si tratta di un monumento centrale in una piccola città emiliana come Carpi. Il gestore dell'ente decise di dotarlo di una nuova identità visiva. Il concorso, a cui parteciparono 9 candidati, fu vinto ancora una volta da Zelig. La richiesta era l'ideazione di uno o più segni capaci di rappresentare il Palazzo dei Pio nella sua interezza, quindi comprendendo anche le istituzioni culturali che operano in esso (Musei, Castello dei Ragazzi, Archivio e Fondazione Alberto Pio) e l'applicazione di essi su una serie di artefatti. Quindi lo scopo è quello di fornire il museo di un marchio efficace, flessibile e chiaro. Il progetto per il Palazzo dei Pio è l’ultimo realizzato secondo i principi del “modello Pompei” : anche in questo caso venne coinvolto il gruppo GaMS in qualità di consulente. Il concorso ha creato grandi polemiche sia per l'assenza dei rimborsi ai partecipanti, sia perché venne messo in dubbio proprio la competenza di giudizio da parte del committente. Il logotipo ha un ruolo fondamentale perché è collocato alla base del pittogramma e contiene l'elenco dei nomi dei cinque siti. Di volta in volta viene evidenziato il nome del sito in questione, mentre gli altri sono trascritti in grigio. In questo modo si ottiene un effetto di temporanea accensione/spegnimento grazie a questo piccolo espediente cromatico. 2.LA SEGNALETICA Uno degli aspetti più interessanti è il sistema direzionale ed informativo costituito sia dalla segnaletica che dalle mappe e guide fornite al visitatore all'ingresso dei siti nel momento in cui paga il biglietto d’ingresso. (guide -> libretti in cui vengono riportate in modo sintetico le informazioni fondamentali dei siti; mappa -> il disegno della mappa è assonometrico e questo rende la sua lettura più semplice perchè in questo modo i punti di riferimento del percorso sono chiaramente più riconoscibili grazie anche all’illustrazione e ai colori.) Nel progetto definitivo le mappe e guide hanno sostituito i pannelli informativi abbandonati perché ritenuti troppo invasivi nell’area archeologica. ) Per un sito archeologico così ampio il progetto di segnaletica risulta essere fondamentale perché ne modifica la fruizione e permette di realizzare un percorso privilegiato senza il quale la visita dei luoghi sarebbe stata molto difficoltosa per un numero così grande di visitatori provenienti da ogni parte del mondo, che non ha eguali sull’intero territorio nazionale. Il progetto del sistema informativo doveva risolvere alcune questioni : - facilitare la fruizione dei luoghi; - articolare e ordinare le diverse informazioni; - intervenire in un contesto ambientale di altissimo valore culturale. Per risolvere il problema lo studio Zelig puntò sui temi della visibilità, della non invasività. Da queste premesse deriva la progettazione delle paline, strutture tridimensionali ottenute dall'unione di due superfici convesse su cui è incisa l'informazione con il corian, un materiale sintetico a base resinosa e durevole, in modo da rendere meno difficile la manutenzione. Il colore scelto per il supporto segnaletico è il nero mentre il testo è inciso in bianco o rosso. Ad ogni incrocio vengono utilizzate due paline disposte in perpendicolare, così da rendere visibili le informazioni a chi viene da tutte e 4 le direzioni. La palina è stata progettata in due formati differenti, uno per essere ancorata al suolo e uno per essere attaccata alle superfici murarie. Esse riportano una serie di informazioni primarie e secondarie : Informazioni primarie : - nome della strada; - siti di interesse (con i numeri della cartina ed il pittogramma dell’audioguida); - frecce direzionali per i servizi; Informazioni secondarie : - nome del sito abbinato al numero e al pittogramma I lati negativi del sistema informativo - scelta del materiale : sarebbe stato più consono l'utilizzo di materiali architettonici come la pietra, il marmo ed il metallo per intervenire in un luogo così legato al passato. - colore : utilizzare il colore nero per le paline, sempre esposte all’azione degli agenti atmosferici non è una scelta molto sensata, in quanto richiede una continua manutenzione. Tuttavia più volte è stato sottolineato che questi colori ricordano quelli degli affreschi pompeiani dove le figure si stagliano su un fondo scuro. Coande, Da, Studio Priori & CO Pinacoteca e Palazzo di Brera Milano, 2004 Il concorso per l’identità visiva del complesso di Brera, al quale sono stati presentati 20 progetti, viene vinto da un gruppo misto formato da : - Coande Communication and Design di Zurigo; - Da Centro per il disegno ambientale, di Milano; - Studio Priori & Co, di Milano; Come richiesto dal bando di concorso, il progetto dovrà trovare una soluzione alla compresenza di diversi enti nello stesso complesso architettonico servendosi di un linguaggio grafico, tipografico e cromatico sobrio, lontano dalle mode. La proposta progettuale, tra tutte quelle presentate, non è in assoluto quella che possiede un maggiore spessore culturale, ma sicuramente è una soluzione funzionale che mira allo scopo finale : un aiuto ad orientarsi e maggiore chiarezza anche nella strutturazione di spazi, percorsi e servizi. Il progetto ruota attorno al concetto di appartenenza ad un luogo. Ciò viene risolto graficamente non utilizzando un elemento pittografico o diagrammatico ma soltanto la composizione tipografica. Il logotipo è composto quindi da due parti : la preposizione semplice “in” ed il toponimo delle istituzioni. L'utilizzo della preposizione semplice “in” pone l’accento sul fatto che il Palazzo di Brera sia un luogo prima che un contenitore e diventa il punto di snodo tra il palazzo ospitante e le istituzioni ospitate. Grazie alla preposizione infatti, si riesce a risolvere la complessità del progetto, mantenendo da una parte l'identità visiva dell'intero complesso (Palazzo di Brera -> inBrera) e dall’altro quello di tutte le istituzioni culturali che il Palazzo ospita distinte con titolazioni differenti in base al nome dell’istituzione (inPinacoteca, inAccademia, inBiblioteca, inMuseo dell’Osservatorio Astronomico, inOrto Botanico) Nel logotipo, la distinzione tra la preposizione e il toponimo viene realizzata non con lo spazio di separazione ma con l'utilizzo di due colori diversi e due font diverse colori istituzionali : - arancio per il prefisso “in”, colore che rimane invariato in tutte le declinazioni; - grigio che richiama il colore della pietra utilizzata nel complesso architettonico; - nero e marrone per gli sfondi. fontistituzionali : - Futura BQ in bold per il prefisso; - Bauer Bodoni per iltoponimo. La segnaletica interna e esterna è costituita da dei pannelli in plexiglas con le lettere incise nel materiale e rese visibili grazie alla rifrazione della luce. Il materiale plastico poteva essere più correttamente sostituito da un materiale come il vetro. toponimo . in Brera preposizione semplice Zelig Palazzo dei Pio Carpi, Emilia Romagna, 2004 Il concorso per l’identità visiva per il Palazzo dei Pio è stato quello presentato dallo studio Zelig che ha realizzato tra i progetti di immagine coordinata più importanti in Italia come quello per Pompei o Agrigento. La richiesta del bando di concorso è esprimere il senso di insieme e appartenenza di tutte le istituzioni che costituiscono il palazzo (Fondazione Alberto Pio, | Musei, L'archivio storico comunale, Il falco magico). Il progetto ruota attorno al logotipo ottenuto dalla sillabazione della locuzione che identifica il palazzo. (PA -LAZ- DEI - PIO). Essa viene innestata in una parentesi tonda, ruotata a 45°. In questo modo, un segno come la parentesi diventa un segno grafico il cui scopo è quello di contenere il logotipo che preme contro la sua parete interna. La scelta della parentesi potrebbe fare riferimento al fatto che il Palazzo dei Pio sia un “contenitore”, ma non c'è alcuna certezza che questo sia stato l'intento del grafico. Quest'ultimo ha invece spiegato di aver escluso la possibilità di adottare dei riferimenti iconografici del sito perché a suo parere poco significativi e rappresentativi del palazzo. È possibile notare una grande differenza di spessori tra quello della parentesi e quello delle lettere il cui kerniged interlinea è stata ridotta così tanto che nella versione ridotta le lettere tendono ad impastarsi tra di loro. colori istituzionali : grigio, marrone, rosso e giallo. La scelta di questi colori deriva da quelli utilizzati per l'architettura del complesso. fontistituzionali : - Palatino, per il logotipo su cui non sono state fatte ulteriori modifiche (operazione che avrebbe alzato maggiormente il livello del progetto); - Frutiger, utilizzato per impaginare i testi comprese le intestazioni dei logotipi istituzionali. Bruno Monguzzi Museo Cantonale d'Arte Lugano, 1987-2004 Questa esperienza progettuale è nata dal connubio tra questa nuova struttura museale, l’ MCA, inaugurata a Lugano nel 1987 ed un progettista di grande prestigio ed esperienza come Bruno Monguzzi, in grado di elaborare un'immagine significante e fortemente riconoscibile. Tale collaborazione durerà fino al 2004. Lo scopo di Monguzzi era quello di realizzare un sistema d’identità visiva senza niente di superfluo e senza seguire alcun tipo di moda, il suo infatti è un progetto senza tempo. Purtroppo adoggi l’immagine coordinata del Museo Cantonale d’arte è del tutto diversa e ha ripudiato il tuo passato. L'attività del Museo Cantonale d'Arte si basa su due ambiti: - collezione permanente, con opere del XIX e XX secolo; - mostre temporanee, in soli 15 anni ne sono state organizzate circa 60. Monguzzi progetta come prima cosa il marchio accostando 3 figure geometriche elementari scelte in modo da legare la storia dei caratteri scelti per il marchio a quella delle opere del museo e rappresentare l’evoluzione artistica avvenuta nel 19esimo secolo: Il museo non si affaccia sul corso Bettini ma si trova in una posizione arretrata, ecco perché si dice che il Mart è un museo senza facciata, senza prospetto. Al centro vi è un grande spazio pubblico coperto da una cupola vetrata con un foro che rievoca la copertura del Pantheon ed una fontana circondata dalle sculture di Mimmo Paladino. Il progetto strutturale e museografico Molto importante è la conservazione e tutela delle opere possedute. Esse sono esposte in “stanze d’arte” con nomi suggestivi, che presentano delle opere minori o inusuali raccolte attorno ad un'opera centrale. Il museo presenta 3 patrimoni : le collezioni, l'archivio e la biblioteca. Essi sono contenuti all’interno di un catalogo unico, il CUM (Catalogo Unico Mart), accessibile online. Il progetto d'identità visiva Questo progetto è stato affidato a Pierluigi Cerri, che elabora un sistema visivo semplice ed efficace : Cerri evita di adottare la dicitura originale ed eccessivamente estesa “Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto” e decide di trasformare in un segno grafico l'acronimo del MART. La composizione è costituita dalla disposizione delle lettere su una griglia ortogonale: solo la A di arte e sovrapposta alla M di museo, forse in modo da indicare ilrapporto tra contenuto e contenitore. Il logotipo ricorda molto quello progettato dallo stesso Cerri in occasione della mostra Futurismo & Futurismi, allestita a Palazzo Grassi nel 1986. Probabilmente egli voleva riprodurre un'immagine ormai diventata molto riconoscibile grazie al successo della mostra. colori istituzionali: - colori primari più il nero fontistituzionali: - Futura e l’Helvetica Neue nei diversi pesi. M-> futura A -> helvetica neue bold R -> helvetica neue heavy condensed T -> futura heavy Il sistema di immagine coordinata permette di ricorrere ad interessanti soluzioni compositive e sviluppa con il fruitore un rapporto quasi ludico, che allontana l'identità visiva del museo dalla sua dimensione autorevole ed austera. Un esempio sono le campagne di comunicazione visiva : “Non chiamatelo museo” o “Spedizione su Mart” dove la cupola della struttura si stacca dalla struttura per trasformarsi in un disco volante ed il nome del museo evoca quello del pianeta Marte, ricordando il manifesto progettato da Man Ray per la London Transport. Della progettazione dei vari artefatti di comunicazione visiva come i manifesti, biglietti, brochure e cataloghi se ne occupa invece lo studio Tassinari/Vetta che non si è limitato ad adottare i modelli trasmessi dallo studio Cerri & Associati ma ha condotto una grande ricerca progettuale. Dolciniassociati (Leonardo Sonnoli) Biblioteca di San Giovanni Pesaro, 2002 Questo progetto di immagine coordinata è stato realizzato a Pesaro, una delle prime città, insieme ad Urbino, in cui si è affermata la grafica di pubblica utilità. Fondamentale è stata la vicinanza geografica dell’Isia, in cui Albe Steiner ha organizzato un biennio sperimentale sul tema “La grafica per i centri storici”. La carriera di Massimo Dolcini era infatti iniziata alla fine degli anni Sessanta, dopo aver frequentato l’Isia e quindi conosciuto maestri come Albe Steiner e Michele Provinciali. Quest'ultimo arriva all’Isia dopo l’esperienza in America e avrà un approccio più artistico alla grafica di pubblica utilità basato sull’uso di fotografie ed illustrazioni, che anche per Dolcini saranno gli elementi principali. Sarà proprio lo studio Dolcini Associati, in quegli anni sotto la direzione artistica di Leonardo Sonnoli ad ottenere l’incarico per il progetto di immagine coordinata per la biblioteca San Giovanni, una struttura comunale che favorisce la crescita degli interessi culturali dei cittadini ma anche un luogo in cui semplicemente è piacevole andare e trascorrere deltempo. Come richiesto dalla direttrice, l'immagine coordinata deve comunicare la biblioteca come un luogo aperto, accessibile e adisposizione di tutto il quartiere. Di conseguenza l’immagine coordinata progettata doveva essere semplice, facile da memorizzare ma anche da produrre e riprodurre. Il progetto attinge dall'azione della lettura : le lettere vengono abbinate per comporre prima le le sillabe e poi le intere parole da leggere. Il logotipo infatti è costituito da una composizione orizzontale o verticale delle sillabe quindi senza il vincolo di dover assumere una forma predefinita. Sia la font che i colori scelti sono molto semplici. Font istituzionale -> la font è semplice e priva di connotazioni, è stata già usata per i segnali stradali di direzione e riprende nelle forme la modalità dello stencil. Il logotipo in questo modo perde il suo aspetto ufficiale, divenendo un oggetto comune e ordinario. Colori istituzionali -> colore arancione (unica eccezione) e colore nero, le immagini fotog. sono solo in bianco e nero La segnaletica Vengono utilizzati dei materiali semplici ed economici. Il formato privilegiato è quello rettangolare verticale, come quello dei gonfaloni collocati nei due ingressi della biblioteca: il primo riporta l'intestazione della biblioteca, l’altro quello del caffè letterario che presenta anche l'immagine di una grande caffettiera napoletana. Font segnaletica -> i testi sono realizzati in News Gothic, nelle varie declinazioni. Il progetto mostra una grande attenzione nei confronti dei fruitori più deboli come i bambini e gli anziani, infatti il corpo dei caratteri è sovradimensionato per loro rispetto all'uso corrente. Allo stesso modo all’interno della scrittura la segnaletica direzionale si basa esclusivamente sull’uso di immagini fotografiche che possono essere comprese anche dai più piccoli. Invece la segnaletica per facilitare la scelta di libri e documenti è costituita da banner sospesi ai tetti o alle travi, contraddistinti da diversi colori per identificare i vari settori della biblioteca. Tutti gli altri artefatti comunicativi della biblioteca vengono progettati dallo studio dolcini proprio per garantire una coerenza formale ed estetica in tutto il progetto grafico. Intégral Ruedi Baur et Associés Centre Georges Pompidou Parigi, 2000 Il progetto architettonico Il Centro nazionale d’arte e cultura dedicato al presidente Georges Pompidou, chiamato anche Beaubourg dal nome del quartiere in cui sorge, è una delle icone del ventesimo secolo tanto che il contenitore diventa quasi, se non più, importante del contenuto. Il progetto costituisce una svolta nell’architettura museale. È stato progettato da Renzo Piano e Richard Rogers : si tratta di un parallelepipedo interamente vetrato che lascia a vista non solo la struttura reticolare ma anche tutte le tubazioni e la rampa sulla facciata. AI suo interno la struttura è flessibile : non c'è un unico ingresso per accedere alla struttura e non ci sono suddivisioni interne tra la biblioteca e gli spazi espositivi, ognuno può circolare liberamente. (1°) progetto di comunicazione visiva Il primo progetto grafico per l'ente è quello realizzato da Widmer ed Hunziker. Realizzarono: - il pittogramma, ancora in uso, che rappresenta l'architettura del centro culturale e la rampa sulla facciata attraverso una sequenza di linee parallele interrotte da una linea inclinata; - Hunziker ha disegnato il carattere istituzionale del logotipo CGP. Nel 1977 l'istituzione venne chiusa per due anni per dei lavori necessari di ristrutturazione che coinvolsero anche il sistema d'identità visiva che viene ripensato pur conservando alcuni elementi del progetto precedente. (2°) progetto di comunicazione visiva Per la realizzazione di questo nuovo sistema d'identità visiva viene chiamato Ruedi Baur ed il suo studio Intégral Ruedi Baur et Associés.Il brief richiedeva una proposta aperta, trasformabile ed adattabile ad ogni situazione sia per consentire l'identificazione del Centre Pompidou che per adattare alle mostre e manifestazioni che vi si svolgono. Gli elementi base del progetto sono il marchio, la font, i colori e la composizione : - il marchio è quello disegnato nel 1977 fa Widmer; - font istituzionale : oltre quella progettata da Hunziker è stato utilizzato un carattere sans serif, il FF DIN, per tutte le composizione dei testi così come per le texture. - colore istituzionale : 3 colori primari (giallo, rosso, ciano) + verde, bianco e nero - composizione : sovrapposizione di layer in modo da creare una trama di caratteri, quindi tutto lo spazio è occupato da una serie di lettere stratificate che possono essere utilizzate anche come texture. La segnaletica Il problema della segnaletica in questo centro culturale non è di semplice risoluzione per diversi motivi : 1.gli spazi non sono molto vasti; 2.cisono moltissime attività che si svolgono all’interno della struttura; 3. moltissimi sono i visitatori. Diventa quindi necessario adottare un sistema che permetta una buona visibilità e leggibilità. - una serie di elementi tridimensionali di varia forma (quadrati, rettangolari, ellittici) e dimensione su cui vengono riportate le informazioni. Essi sono sospesi o autoportanti e bifrontali. - una serie di numeri e frecce in materiale plastico o realizzati con tubi di neon che ne segnano i contorni. Possono essere sospesi nello spazio o ancorati alle superfici verticali. - una texture composta dalla sovrapposizione e ripetizione di parole chiave all'ingresso (Musée, Informations...) in materiale plastico. La segnaletica comprende anche dei pittogrammi dalle forme arrotondate, ridisegnati da Hunziker, che si accostano bene alla rigidezza della font. sponsorizza le interviste interattive fatte ad artisti e trasmesse sul sito web di Tate; - la UBS (Union Bank of Switzerland) è un importante istituto finanziario svizzero che sponsorizza un grande evento musicale, l'UBS Openings, The long weekend. Si tratta di un festival della musica strutturato in 4 giornate rivolto al pubblico molto giovane. Propone in contemporanea una serie di attività insolite come lo skate praticato su una rampa negli spazi esterni al museo, una serie di workshop sui graffiti e conferenze sull'arte. L'ingresso è gratuito eccetto per le esibizioni di grandi artisti come Alva Noto e DJ Spooky. In questo caso ci troviamo quindi di fronte ad un museo che intreccia l’arte e la cultura con lo svago e l’intrattenimento. CODEsign La Biennale di Venezia, 50esima Esposizione Internazionale d'arte Venezia, 2003 Molti sono i progetti di graphic design realizzati per le esposizioni annuali della Biennale di Venezia. Ma uno molto interessante è quello per la 50esima Esposizione Internazionale d’arte, progettato dallo studio CODEsign di cui allora facevano parte Vetta, Tassinari e Sonnoli. Il tema di questa identità visiva era la presenza di 10 differenti curatori e 10 sezioni della mostra che avevano sede in diversi luoghi espositivi della città. Le sezioni erano espressioni di diversi linguaggi artistici che potevano essere in accordo o in disaccordo tra loro. Il progetto grafico è costituito da una sorta di griglia i cui settori, di uguali dimensioni, sono riempiti di varie cromie. Questa scelta formale risolve anche il problema del lungo titolo della mostra “Sogni e conflitti. La dittatura dello spettatore” che deve anche essere replicato in inglese. La combinazione cromatica di questi singoli tasselli ricorda una delle esercitazioni di basic design realizzate da Maldonado per gli studenti della scuola di Ulm per ricercare un equilibrio formale e cromatico. All’interno delle dodici tessere sono presenti in modo ordinato i testi composti con il carattere sans serif Franklin Gothic condensed nelle varie declinazioni. Questo tipo di identità viene applicata a tutta l'immagine coordinata: dal biglietto d’ingresso, al merchandising, alle locandine, ai manifesti, alla segnaletica ed archigrafia. Quest'ultima è costituita da una serie di elementi tridimensionali disseminati negli spazi urbani ed espositivi che presentano informazioni, mappe urbane, pannelli didascalici oppure possono presentare monitor. Infine il progetto comprende la copertina per i cataloghi della mostra la cui griglia si estende oltrepassando il dorso e questo le permette di essere riconoscibile anche se il libro viene riposto su uno scaffale. DIch] LA DITTATURA 6 (A ata] DELLO SPETTATORE DREAMS Tit ERA Paolo Di Vita Il suono dei soli Palermo, 2000-2006 Il suono dei soli è una rassegna di musica contemporanea che si tiene a Palermo ed è curata dall’associazione musicale Curva Minore. All’interno di questa rassegna si realizzano conferenze, laboratori e concerti, ideali per un pubblico giovane e curioso che vuole acquisire una maggiore conoscenza sulla musica contemporanea. Il brief riguarda la rappresentazione della pluralità dei linguaggi musicali, la loro sperimentazione ed il loro legame con la contemporaneità in costante variazione. Il tema non è semplice e neanche facilmente comunicabile. Il linguaggio musicale viene rappresentato dalla combinazione ed interferenza tra lettere ed immagini : Immagini: Le immagini derivano da un’accurata ricerca iconografica a partire da un repertorio fotografico realizzato dallo stesso progettista nel corso degli anni e costituito da squarci della città di Palermo, Londra e Zurigo. Di Vita lavora con dettagli, frammenti delle immagini complete che vengono decontestualizzati e diventano difficili da decifrare. Testi e marchio: Sin dal 2000, questo diventa l'elemento base dell'identità visiva a cui aggiunge un marchio, ottenuto dalla sovrapposizione del logotipo al diagramma, un vortice di linee ellittiche che interferiscono con i caratteri. La forza dell'immagine è tale da spingere e relegare i testi (in Franklin Gothic, font istituzionale) ai limiti del foglio, tanto da essere al limite della leggibilità. Il progetto prevede, infine, oltre al manifesto e alla locandina, un pieghevole nel quale si combinano testi ed immagini in modi mai ovvi e scontati. Januzzi&Smith 59esimo Festival internazionale del film Locarno | manifesti Locarno, 2006