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Corso di Macroeconomia / Domande d'esame, Appunti di Macroeconomia

Domande d'esame e appunti di macroeconomia per esame del Prof.Baussola

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Scarica Corso di Macroeconomia / Domande d'esame e più Appunti in PDF di Macroeconomia solo su Docsity! pag. 1 MACROECONOMIA PRIMA SETTIMANA (cap.2-3-24-slide) 1. definire il prodotto interno lordo (PIL) e le modalità con cui può essere calcolato (somma delle remunerazioni o valore aggiunto). Il PIL o prodotto interno lordo, rappresenta la misura della produzione aggregata nella contabilità nazionale, pertanto è il maggiore indicatore della dimensione economica di un sistema. Il PIL può essere visto e quindi calcolato in 3 modi: 1. PIL è il valore di beni e di servizi finali prodotti nell’economia in un dato periodo di tempo, al lordo degli ammortamenti (valore della produzione aggregata). 𝑃𝐼𝐿 = &𝑝( 𝑞( * (+, 𝑖 = 𝑏𝑒𝑛𝑒 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑖𝑐𝑜 2. PIL è la somma del valore aggiunto nell’economia in un dato periodo di tempo. Il valore aggiunto di un’impresa è definito come il valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi utilizzati nella produzione stessa. 𝑃𝐼𝐿 = & 𝑉𝐴7 * 8+, 𝐻 = 𝑠𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑖𝑐𝑜 questi due punti considerano il PIL dal lato della produzione ma, esso si può considerare anche dal lato del reddito: 3. PIL è la somma dei redditi (reddito da lavoro + reddito da capitale/profitto) nell’economia in un dato periodo di tempo. PIL NOMINALE è la somma delle quantità di beni e servizi finali valutati al loro prezzo corrente. Il PIL N cresce nel tempo per due ragioni: - Perché la produzione di beni e di servizi cresce nel tempo; - Perché il prezzo dei beni e servizi anch’esso cresce nel tempo. Se si vuole misurare la produzione e le sue variazioni nel tempo, bisogna eliminare l’effetto dell’aumento dei prezzi. Per questo motivo viene costruito il PIL REALE, che è la somma delle quantità di beni e servizi finali valutati a prezzi costanti. 𝑃𝐼𝐿M = &𝑝(N 𝑞(N * (+, 𝑃𝐼𝐿O = &𝑝(P 𝑞(N * (+, 0 = 𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑏𝑎𝑠𝑒 Tasso di crescita del PIL: variazione del PIL tra l’anno t e l’anno t-1 espressa in termini %. ∆%𝑃𝐼𝐿 = 𝑃𝐼𝐿N − 𝑃𝐼𝐿NVW 𝑃𝐼𝐿NVW ∙ 100 2. Definire il deflatore del PIL. Cosa rappresenta la sua variazione percentuale? Il deflatore del PIL nell’anno t (Pt) è definito come il rapporto tra PILN e PILR nell’anno t. Il deflatore del PIL è un numero indice e il suo valore è scelto arbitrariamente e non ha alcuna interpretazione economica. 𝑃N = €[ [ = \]^ _`a(_,bc \]^ dc,bc 𝑃𝐼𝐿M = 𝑃𝐼𝐿O ∗ 𝑑𝑒𝑓𝑙𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑃𝐼𝐿O = \]^i jckb,N`dc Il tasso di variazione del deflatore del PIL ha un’interpretazione economica: dà il tasso al quale cresce il livello dei prezzi nel tempo, ossia il tasso di inflazione. 𝑡𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑑𝑒𝑓𝑙𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑃𝐼𝐿 = 𝑃N − 𝑃NVW 𝑃NVW pag. 2 3. Definire il moltiplicatore del reddito e mostrare graficamente come si modifica l’equilibrio sul mercato dei beni a seguito di una variazione percentuale. Il moltiplicatore del reddito è quel numero, il cui valore è > 1 (essendo 0<c1<1), da moltiplicare alla variazione della spesa autonoma, per ottenere la variazione della produzione. Ciò significa che un aumento della domanda causata da c0, I, G, T provoca un aumento più che proporzionale della produzione, pari all’aumento iniziale della spesa autonoma per il moltiplicatore. 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 = 1 1 − 𝑐W ∆𝑌 = 1 1 − 𝑐W ∆𝐺 4. Definite e descrivete l’equilibrio sul mercato dei beni. Rappresentatelo anche graficamente produzione = domanda: Y = Z; Z º C + I + G à Z º c0 + c1(Y-T) + I + G La domanda dei beni dipende dal consumo C che a sua volta dipende dal reddito disponibile YD=Y-T, dall’investimento I e dalla spesa pubblica G. Assumendo che l’investimento in scorte (IS) sia nullo, le imprese non hanno scorte in magazzino. L’equilibrio nel mercato dei beni richiede che la produzione sia uguale alla domanda. Y=Z. Sostituendo Z, si ottiene quindi: Y º c0 + c1(Y-T) + I + G Attraverso l’algebra ricaviamo la produzione di equilibrio, ossia il livello di produzione che eguaglia la domanda. 𝑌 = 𝑐P + 𝑐W𝑌 − 𝑐W𝑇 + 𝐼 + 𝐺 à (1 − 𝑐W)𝑌 = 𝑐P + 𝐼 + 𝐺 + 𝑐W𝑇 à 𝑌∗ = W WVuv (𝑐P + 𝐼 + 𝐺 − 𝑐W𝑇) Graficamente l’equilibrio del reddito sarà rappresentato in questo modo: pag. 5 SECONDA / TERZA SETTIMANA (cap.4-5-6-slide) 12. (1) descrivere le variabili che influenzano la domanda di moneta. Esistono due tipi di moneta: quella circolante e i depositi di conto corrente. Ciò che condiziona la domanda di moneta è: - il livello delle transazioni: tale livello è più o meno proporzionale al reddito quindi maggiore è questo livello maggiore sarà la domanda di moneta; - tasso di interesse offerto dai titoli, maggiore è il tasso di interesse offerto dai titoli minore sarà la domanda di moneta. La relazione tra domanda di moneta, interessi e reddito nominale è data quindi dall’equazione: Md = €Y L(i) Quindi la domanda di moneta Md è uguale al reddito nominale €Y, moltiplicato per una funzione decrescente del tasso di interesse L(i). 13. (2) cosa si intende per costo opportunità? Il costo opportunità è il costo derivante dal mancato sfruttamento di un’opportunità. Quantitativamente è il valore della migliore alternativa tralasciata. In altri termini ciò a cui si deve rinunciare per effettuare una scelta economica. 14. (3) il tasso di interesse rappresenta un costo opportunità nell’ambito della definizione della domanda di moneta? Si il tasso di interesse nell’ambito della definizione della domanda di moneta è un costo opportunità in quanto, scegliendo di tenere moneta, rinuncio a detenere dei titoli che mi frutterebbero un tasso di interesse e quindi un guadagno. 15. (4) qual è la differenza fra un ec. in cui c’è solo circolante e una in cui ci sono anche i depositi? In un’economia in cui è presente solo la moneta circolante: - L’offerta di moneta è uguale a: Ms = M; - L’equilibrio nei mercati finanziari richiede che la domanda di moneta sia uguale all’offerta di moneta: Ms = M; Md = €Y L(i); à M = €Y L(i); Da questa uguaglianza determiniamo il tasso di interesse di equilibrio (tasso di interesse che induce gli individui a detenere una quantità di moneta pari alla quantità offerta). - €Y­ à Md­ à i­ a seguito di un aumento del reddito nominale e quindi della domanda di moneta per indurre gli individui a detenere la stessa quantità di moneta è necessario alzare i tassi di interesse. - Ms ­ à i¯ per il motivo opposto. La BCE modifica l’offerta di moneta Ms attraverso le operazioni di mercato aperto (acquisto o vendita di titoli nel mercato obbligazionario) se desidera aumentare moneta compra titoli (intervento espansivo di mercato aperto) e viceversa (intervento restrittivo di mercato aperto). in un’economia in cui sono presenti sia la moneta circolante che i depositi bancari: - La domanda aggregata di moneta = domanda di circolante + domanda di depositi; dato che le banche detengono riserve in base ai depositi di c/c, la domanda di depositi genera domanda di riserve. Di conseguenza la domanda di moneta della BCE = domanda di riserve + domanda di circolante. - Md = €Y L(i) domanda di moneta; CId = cMd domanda di circolante; Dd = (1 – c) Md domanda di depositi. (“c” è la % fissa di moneta detenuta sotto forma di circolante, “(1 – c)” % fissa di depositi). - R = q D; à Rd = q(1 – c)Md domanda di riserve da parte delle banche. (q = coefficiente di riserva). - Hd = CId + Rd domanda di moneta da parte della BCE; sostituendo le formule: Hd = [c + q (1 – c)] €Y L(i); - Dato che H sia l’offerta di moneta, la condizione di equilibrio del mercato monetario è che Hd = H; sostituendo l’equazione precedente otteniamo: H = [c + q (1 – c)] €Y L(i); pag. 6 16. (5) descrivere e rappresentare graficamente l’equilibrio nel mercato monetario. Nel mercato monetario c’è equilibrio quando l’offerta di moneta è uguale alla domanda di moneta. Date le due equazioni: Hs = H à offerta di moneta; Hd = [c + q (1 – c)] €Y L(i) à domanda di moneta; L’equazione di equilibrio nel mercato monetario è: H = [c + q (1 – c)] €Y L(i); - se c = 0, economia in cui si detengono solo depositi bancari, l’equilibrio sarà dato da: H = q €Y L(i); - se c = 1, economia in cui si detiene solo circolante, l’equilibrio sarà dato da: H = €Y L(i); 17. (6) definite la base monetaria. La base monetaria o moneta ad alto potenziale è la quantità di moneta (H) offerta dalla banca centrale, essa è la somma di circolante e di riserve bancarie; H = CI + R. 18. (7) Definire e spiegare l’effetto del moltiplicatore monetario. Il moltiplicatore monetario è il rapporto tra l’offerta di moneta (M) e la base monetaria (H). È un indicatore macroeconomico che consente di legare la base monetaria della banca centrale (H), con la quantità di moneta legale, detenuta dal pubblico sotto forma di moneta circolante e depositi bancari (M). In un regime di equilibrio economico (Md = Ms; Hd = Hs). .𝑚𝑚 = { | 7| = (w] |}~|) (w]|}O|) Quanto maggiore è il moltiplicatore monetario, tanto maggiore è la quantità dell’offerta di moneta (M) che può essere ottenuta dalla base monetaria (H). Quanto minore è la percentuale delle riserve detenute dalle banche rispetto ai depositi bancari (q), tanto maggiore è l’offerta di moneta. 19. (8) cosa si intende per operazioni di mercato aperto, quali sono gli effetti sull’offerta di moneta? Le operazioni di mercato aperto sono le operazioni con cui la banca centrale modifica l’offerta di moneta acquistando o vendendo titoli la banca centrale può immettere o togliere la moneta dal sistema. Esistono due tipi di operazioni di mercato aperto: - Interventi espansivi di mercato aperto: la banca centrale compra titoli facendo così aumentare l’offerta di moneta (quantità di moneta in circolazione), il prezzo dei titoli aumenta e il tasso di interesse si riduce. - interventi restrittivi di mercato aperto: la banca centrale vende i titoli riducendo così l’offerta di moneta (quantità di moneta in circolazione), il prezzo dei titoli diminuisce e il tasso di interesse aumenta. 20. (9) Qual è l’effetto di un aumento dell’offerta di moneta sul tasso di interesse Se l’offerta di moneta aumenta, il tasso di interesse si riduce in quanto la banca centrale acquistando titoli, ne fa aumentare il prezzo e il tasso di interesse si riduce (per restare in equilibrio e mantenere la domanda di moneta uguale all’offerta di moneta il tasso di interesse si deve abbassare). Circolante e depositi ¬ Solo circolante ® pag. 7 21. (10) illustrare le principali ipotesi alla base del modello IS-LM. Il modello IS-LM consente di studiare le condizioni di equilibrio simultaneo sul mercato dei beni e della moneta. In questo modello si assume che: - gli investimenti (I) dipendo dal livello della produzione Y(+) e dal tasso di interesse i(-), I (Y; i); - se il modello IS-LM è studiato nel breve periodo, i prezzi non cambiano; - non si tiene conto delle aspettative sul futuro; - gli aggiustamenti passano attraverso le variazioni delle quantità e del tasso di interesse; - il settore monetario e quello reale sono pienamente indipendenti. 22. (11) illustrare le principali determinanti della funzione degli investimenti. 𝐼 = 𝐼(𝑌, 𝑖) = 𝐼 ̅ + 𝑑W𝑌 − 𝑑𝑖 Questa funzione dimostra che gli investimenti dipendono da principalmente da 3 componenti: - da una quota fissa esogena che, indipendentemente da tutto, viene destinata agli investimenti; - dal reddito, maggiore è il reddito maggiore saranno gli investimenti (esiste una relazione positiva); - dal tasso di interesse, maggiore è il tasso di interesse minori saranno gli investimenti (relazione negativa); 23. (12) derivare la CURVA IS e spiegare il significato economico dei punti collocati al di fuori di tale curva. - all’aumentare del tasso di interesse, gli investimenti si riducono, la domanda dei beni diminuisce e di conseguenza diminuisce anche la produzione di equilibrio. i­ à I ¯ à Z ¯ à Y ¯ - l’equilibrio sul mercato dei beni richiede che Y sia una funzione decrescente rispetto ad “i”, la curva IS è quindi inclinata negativamente. Relazione IS estesa: Y = C + I + G = [c0 + c1 (Y – T)] + [I + d1Y - d2i] + G .𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑒𝑞𝑢𝑖𝑙𝑖𝑏𝑟𝑖𝑜 → 𝑌 = W WVuvVjv (𝑐P + 𝐼̅ + ?̅? − 𝑐W𝑇) − jƒ WVuvVjv 𝑖 𝑖 𝑑𝑖 𝑒𝑞𝑢𝑖𝑙𝑖𝑏𝑟𝑖𝑜 → 𝑖 = 1 𝑑 (𝑐P + 𝐼̅ + ?̅? − 𝑐W𝑇) − „ 1 − 𝑐W − 𝑑W 𝑑 … 𝑌 La curva IS è la curva di equilibrio nel mercato dei beni. È il luogo geometrico di tutte le combinazioni di livello di produzione o reddito “Y” e tasso di interesse “i”, in corrispondenza delle quali il mercato dei beni è in equilibrio. Domanda aggregata = offerta aggregata; risparmio = investimento; Tutti i punti che non si trovano sulla curva IS rappresentano combinazioni di “Y” e “i” per cui il mercato dei beni è in disequilibrio: se questi punti si trovano al di sopra della curva il risparmio supera l’investimento (eccesso di offerta; [S > I]); mentre se tali punti si trovano al di sotto della curva gli investimenti eccedono il risparmio (eccesso di domanda; [S < I]). Tanto maggiore è d2 tanto più sarà inclinata la curva IS (ad una variazione di “i” corrisponde una maggiore variazione di “Y”). pag. 10 30. (19) quali sono gli effetti di una variazione dell’offerta di moneta sulla curva LM? Qualsiasi variazione della domanda e dell’offerta di moneta tende a tradursi in uno spostamento nel piano della curva LM. Nel caso di un aumento o di una diminuzione dell’offerta di moneta da parte della BC (espansione o contrazione monetaria), il tasso di interesse “i” diminuisce o aumenta così da contrastare la variazione e ripristinare la condizione di equilibrio sul mercato monetario. Graficamente, ciò significa che la curva LM subisce uno spostamento verso destra (aumento dell’offerta di moneta, DMs > 0) oppure verso sinistra (diminuzione dell’offerta di moneta, DMs < 0). La conseguenza di una variazione dell’offerta di moneta (DMs), tradotta come una variazione del tasso di interesse “i”, influenza gli investimenti “I” e quindi la domanda “Z”, che a sua volta modifica il livello di produzione aggregata/reddito “Y”; (variando Y varia anche Yd e quindi varierà anche il consumo). 31. (20) cosa si intende per trappola di liquidità? Situazione in cui ad un dato tasso di interesse le persone sono disposte a detenere qualsiasi quantità di moneta venga emessa dalla BC; la curva LM è quindi una retta orizzontale che coincide con l’asse orizzontale. Tale caso limite si verifica nel momento in cui il tasso di interesse nominale “i” è arrivato a zero, livello limite conosciuto come “zero lower bound”, al di sotto del quale la BC non si può spingere. In questa situazione la politica monetaria non funziona più in quando gli individui sono indifferenti tra detenere la loro ricchezza sotto forma di titoli oppure di moneta, per questo motivo la domanda di moneta aumenta all’infinito (graficamente assume un andamento orizzontale sovrapponendosi all’asse M). La politica monetaria diventa, quindi, del tutto inefficace ma al contrario la politica fiscale diventa estremamente efficace in quanto tali variazioni hanno un grande effetto sul reddito/produzione aggregata, senza però influenzare il tasso di interesse. 32. (21) in quali circostanze la curva LM è verticale? Il caso classico o di spiazzamento totale Situazione in cui la domanda di moneta è completamente insensibile al tasso di interesse; il livello di reddito nominale è determinato esclusivamente dalla quantità di moneta. Variazioni dello stock di moneta hanno massimo effetto sul reddito/produzione aggregata, dunque la politica monetaria è estremamente efficace. D’altra parte, interventi di politica fiscale incidono sul tasso di interesse ma hanno effetto nullo sul reddito, dunque la politica fiscale è del tutto inefficace se l’obiettivo è intervenire su Y. Nel caso in cui “Y” sia fisso (il sistema è prossimo ad una situazione di pieno impiego delle risorse), la politica fiscale espansiva, ovvero un aumento della spesa pubblica (a parità di consumi) provoca una diminuzione degli investimenti “I” di pari ammontare, la spesa pubblica spiazza la spesa privata. (I¯) pag. 11 33. (22) In quali casi la politica monetaria è del tutto inefficace? La politica monetaria è completamente inefficace nel caso in cui il sistema si trova in una trappola di liquidità (vedi domanda 31). 34. (23) in quali casi la politica monetaria ha la massima efficacia? La politica monetaria ha la massima efficacia nel caso di spiazzamento totale (vedi domanda 32). 35. (24) la pendenza della curva IS influenza l’efficacia di una politica fiscale espansiva? Motivare. La pendenza della curva IS influenza l’efficacia di una politica fiscale in quanto tanto più è ripida la curva IS tanto più efficace sarà la politica fiscale espansiva. Una IS molto ripida implica un valore di d2 (sensibilità dell’investimento alla variazione del tasso di interesse) molto basso; più è basso il valore di d2, minore sarà la diminuzione dell’investimento “I” all’aumento del tasso di interesse “i” causato dalla politica fiscale espansiva che sposta la curva IS verso destra. Quindi una pendenza maggiore della curva IS comporta un aumento di reddito maggiore rispetto ad una curva IS con pendenza minore. 36. (25) l’efficacia relativa della politica fiscale e monetaria in relazione alla pendenza della curva IS e della curva LM L’efficacia della politica fiscale e di quella monetaria varia in base alla pendenza delle due curve IS e LM; - politica fiscale: In un’economia, data la pendenza della curva LM (f1/f2 esogeno), quanto più ripida è la curva IS (valore di d2 o del moltiplicatore sempre più basso), tanto maggiore è l’effetto della politica fiscale. Se il valore di d2 è basso (la IS è ripida) gli investimenti “I” diminuiranno meno rispetto ad una IS con pendenza minore (d2 alto), quindi l’effetto di DG > 0 sarà contrastato in misura minore dalla riduzione di “I”, con la conseguenza che il reddito “Y” aumenterà maggiormente. Data invece la pendenza della curva IS (d2 e moltiplicatore esogeni), quanto maggiore sarà la pendenza della curva LM (f1/f2 sempre più alto), tanto minore sarà l’effetto della politica fiscale (più è ripida la LM maggiore è l’effetto dello spiazzamento vedi domanda 32) - Al contrario la Politica monetaria: in un’economia, data la pendenza della curva LM (f1/f2 esogeno), quanto più ripida sarà la curva IS (d2 basso), tanto minore sarà l’effetto della politica monetaria. Questo è dovuto al fatto che minore sarà d2 meno sensibili saranno gli investimenti ad una variazione del tasso di interesse e di conseguenza la produzione varierà in misura minore. Data invece la pendenza della curva IS (d2 e moltiplicatore esogeni), quanto maggiore sarà la pendenza della curva LM, tanto maggiore sarà l’effetto della politica monetaria (es.: zero lower bound à politica monetaria inefficace). Politica fiscale politica monetaria pag. 12 37. (26) descrivere l’equilibrio nell’ambito di un modello IS-LM in cui la banca centrale fissa il tasso di interesse (policy rate). In un modello in cui la BC fissa il tasso di interesse nominale, la curva LM diventa una retta orizzontale. L’obiettivo della BC è il raggiungimento di un determinato tasso di interesse e per raggiungerlo aggiusterà l’offerta di moneta. Tale tasso è definito tasso di policy, “i” = ī. Tuttavia, poiché il tasso di interesse reale dipende strettamente da quello nominale, la BC fissando “i” fissa automaticamente anche “r” (r = i - pe). Curva IS: 𝑌 = 1 1 − 𝑐W − 𝑑W (𝑐P + 𝐼̅ + ?̅? − 𝑐W𝑇) − 𝑑 1 − 𝑐W − 𝑑W 𝑖 Curva LM: i = ī 38. (27) perché è necessario distinguere il tasso di interesse di policy e tasso sui prestiti? Il tasso di policy è il tasso fissato dalla BC, esso corrisponde al tasso di interesse nominale e, implicitamente, al tasso di interesse reale (corretto per l’inflazione attesa). Il tasso sui prestiti dipende dal markup che le banche decidono di applicare sul tasso di policy e dalle condizioni generali di rischiosità dei riceventi prestiti dalla banca. Dato quindi r, tasso di policy, il tasso sui prestiti sarà (r + x), in cui “x” indica il premio sul rischio, ovvero il parametro che riflette la rischiosità. 39. (28) derivare l’equilibrio del modello IS-LM nel caso in cui si distingua tra tasso di interesse di policy e tasso sui prestiti. X ha un effetto negativo sulla curva IS, maggiore è il valore di x tanto più spostata verso sinistra sarà la curva IS. Curva IS: 𝑌 = 1 1 − 𝑐W − 𝑑W (𝑐P + 𝐼 ̅ + ?̅? − 𝑐W𝑇) − 𝑑 1 − 𝑐W − 𝑑W (𝑟 + 𝑥) Curva LM: 𝑖 = 𝚤̅ → 𝑟 = ?̅? 40. (29) il rischio di insolvenza (dei prenditori di fondi e delle banche) come viene considerato in questo modello? Le determinanti del premio di rischio “x” sono: - probabilità di fallimento “p”. Maggiore è questa probabilità, maggiore sarà il premio di rischio “x”. Dato “i” il tasso di interesse su un titolo senza rischio e “i + x” il tasso di interesse su un titolo rischioso con probabilità “p” di fallimento, il rendimento atteso sarà: 1 + i = (1 – p) (1 + i + x) + p0. Quindi si deriva che il premio di rischio è dato da: x = (1 + i)p / (1 – p). - grado di avversione al rischio. Maggiore è l’avversione al rischio, maggiore sarà il premio (anche a parità di probabilità di insolvenza). r à I (r + x) > r à I¯ pag. 15 47. (6) descrivere l’equilibrio nel mercato del lavoro, precedentemente definito, in relazione al livello dell’occupazione. Per un dato livello di occupazione “N”, la disoccupazione è data da “U = L – N” dove L è la forza lavoro. Sapendo questo, possiamo misurare la disoccupazione partendo “L” e spostandoci verso sinistra lungo l’asse orizzontale. Rimane invece invariata la Price Setting: W/P = 1 / (1 + m). L’equilibrio si trova quindi nel punto di intersezione, dove l’occupazione è al suo livello naturale “Nn” a cui corrisponde una disoccupazione pari al suo tasso naturale “Un = (L – Nn) / L”. 48. (7) definire la legge di Okun. Un altro modo per esprimere la relazione tra produzione e disoccupazione è attraverso la legge di Okun, o più precisamente tra la crescita della produzione e la variazione del tasso di disoccupazione: ut – ut-1 = -gyt. La variazione della disoccupazione è approssimativamente uguale al negativo del tasso di crescita della produzione. Tale relazione è esprimibile inoltre in termini di scostamento rispetto al tasso di crescita nominale dell’economia: ut – ut-1 = -β (gyt - ḡy), dove gyt > ḡy à ut < ut-1 e viceversa. (ḡy = tasso di crescita medio). Vi sono due differenze rispetto alla prima formulazione: -la prima è che la crescita annuale gyt deve essere almeno pari a ḡy (tasso normale di crescita) per impedire al tasso di disoccupazione di aumentare; ciò è dovuto alla presenza della crescita delle forze di lavoro e della produttività del lavoro: per mantenere un tasso di disoccupazione costante è necessario che l’occupazione cresca allo stesso tasso delle forze di lavoro. Quindi, se ḡy è la somma del tasso di crescita della forza lavoro e del tasso di crescita della produttività, la disoccupazione diminuisce solo se la produzione cresce più velocemente del tasso di crescita potenziale dell’economia.; -la seconda è la presenza del coefficiente di Okun (0 < β < 1), che ha due giustificazioni. Innanzitutto, le imprese aggiustano l’occupazione in maniera meno che proporzionale in risposta a deviazioni della crescita della produzione dal tasso nominale. Ciò è dovuto al fatto che alcuni lavoratori sono necessari all’impresa a prescindere dal livello di produzione, per di più la formazione di nuovi lavoratori è un processo dispendioso: le imprese preferiranno quindi mantenere lavoratori già formati che risulteranno necessari nel momento in cui le condizioni di mercato miglioreranno. Questo tipo di comportamento delle imprese è definito “labor hoarding”. La seconda giustificazione è basata sul fatto che un aumento del tasso di occupazione non significa necessariamente che il tasso di disoccupazione sia diminuito: è possibile che si verifichi un aumento del tasso di partecipazione e, di fatto, è quello che nella realtà accade. Alcune posizioni lavorative, quando l’occupazione aumenta, vanno a persone precedentemente inattive; inoltre i lavoratori scoraggiati che in periodo di crisi avevano smesso di cercare un’occupazione rientrano nelle forze lavoro o come occupati o come disoccupati. tutto ciò risulterà quindi in una diminuzione della disoccupazione minore della crescita dell’occupazione. Date le variabili che lo determinano, il coefficiente di Okun assume valori diversi in paesi diversi. 49. (8) in un’economia in cui la presenza di una significativa quota di disoccupazione strutturale è elevata, è lecito attendersi che la legge di Okun non sia rilevante? Motivare. Nel breve periodo, il tasso di disoccupazione varia in relazione all’andamento del ciclo economico. Tuttavia, un problema osservato nel corso degli ultimi decenni, specie in Europa, è stato che il tasso di disoccupazione è aumentato nel corso delle recessioni ma non è diminuito al precedente livello in fase di ripresa economica Tale fenomeno è conosciuto come isteresi, cioè come persistenza della disoccupazione, ed è dovuto alla scarsa flessibilità del mercato del lavoro. In presenza di isteresi, il tasso di disoccupazione nell’anno t dipende dal tasso di disoccupazione nell’anno t-1, sia pure secondo un coefficiente inferiore ad 1. Quindi, in presenza di disoccupazione strutturale elevata, la legge di Okun non funziona più poiché la disoccupazione non risponde più a variazioni della produzione. pag. 16 QUINTA SETTIMANA (cap.9-slide) 50. (1) descrivere l’equilibrio di medio periodo nel contesto IS LM PC. Supponendo che la BC adotti un tasso di interesse reale “r” per cui il livello di produzione “Y” risulta essere maggiore della produzione potenziale “Yn” (Y > Yn). In corrispondenza di questo punto ci sarà un’inflazione pari a π – π(-1). Equilibrio di breve periodo. Con il passare del tempo (assumendo che non ci siano variazioni nel tasso di policy o nelle altre variabili che influenzano la curva IS) la produzione rimane al di sopra del suo livello potenziale e l’inflazione aumenta. A questo punto la BC avrà come obiettivo portare la produzione al suo livello potenziale, così che l’inflazione diventi costante. Per fare ciò aumenterà il tasso di policy “r” così che la produzione decresca e allo stesso tempo decresca anche la pressione sull’inflazione. Tale manovra si arresterà quando il tasso di policy avrà raggiunto il suo livello naturale “rn” in corrispondenza del quale la produzione è al suo livello potenziale, e l’inflazione è costante (π – π(-1) = 0). à equilibrio di medio periodo. 51. (2) perché è possibile rappresentare la curva di Philips inclinata positivamente nello spazio produzione-inflazione Descrivendo la curva di Philips nella sua versione Output otteniamo una relazione tra inflazione e produzione πt - πet = α / L (Y – Yn); (vedi domanda 44: versione output della curva di Philips). 52. (3) derivare il modello completo IS LM PC Il modello IS LM PC è il modello che descrive l’equilibrio congiunto nei tre mercati (dei beni, finanziario e del lavoro) viene utilizzato dai macroeconomisti per comprendere le conseguenze macroeconomiche di particolari shock e di particolari politiche economiche. Questo modello utilizza e mette in relazione la curva IS, la curva LM e la versione output della curva PC. 53. (4) nel contesto IS LM PC descrivere gli effetti di breve e medio periodo di un consolidamento fiscale (aumento tassazione T, o diminuzione della spesa pubblica G). - Nel breve periodo, il consolidamento sposta la curva IS verso sinistra riducendo la produzione di equilibrio Yn. Se la produzione si trovasse al suo livello potenziale, tale manovra, per quanto possa sembrare allettante per risanare le finanze pubbliche, conduce ad una recessione. (Y¯; T­;) à C¯ à Y¯ à I¯. Essendo quindi ora Y < Yn (out gap < 0) l’inflazione è in diminuzione. - Nel medio periodo, la BC interviene riducendo il tasso di policy riportando così la produzione al livello potenziale, arrivando così all’equilibrio di medio periodo. In tale punto il consumo risulta essere minore rispetto a prima del consolidamento ma d’altra parte gli investimenti sono maggiori in quanto l’inflazione è di nuovo stabile ma è associata ad un tasso di interesse naturale minore rispetto alla situazione di partenza. Questo nuovo equilibrio (di medio periodo) potrebbe essere raggiunto anche nel breve periodo attraverso opportune combinazioni di politiche fiscali ed economiche; ma è molto difficile e non sempre possibile a causa dello Zero-lower bound. pag. 17 54. (5) nel contesto del modello IS LM PC descrivere gli effetti di breve e di medio periodo di un aumento dei prezzi del petrolio. Il modello IS LM PC non tiene esplicitamente in considerazione il prezzo del petrolio, ma quest’ultimo, può essere riassunto come un aumento del mark-up (m), (dati i salari, un aumento del prezzo del petrolio si traduce in un aumento dei costi di produzione, spingendo le imprese ad aumentare il prezzo di vendita dei propri beni per mantenere lo stesso profitto). L’aumento del mark-up porta quindi ad uno spostamento verso il basso della PS (price setting), che causa una diminuzione di W/P e conduce quindi ad un maggiore tasso naturale di disoccupazione e di riflesso ad un minore tasso naturale di occupazione. Nel breve periodo, la diminuzione di Nn (mantenendo l’ipotesi che Y = N) conduce ad una diminuzione della produzione naturale (Yn) di un livello di pari misura, ci sarà uno spostamento della curva PC verso l’alto. Nel breve periodo non essendoci spostamenti lungo la curva IS, la produzione rimane invariata e di conseguenza rimane invariato anche il punto di equilibrio (Yn, rn), al quale però ora è associata un’inflazione crescente. Nel caso in cui la BC aumenti il tasso di policy per contrastare la crescita dell’inflazione, la produzione inizia a ridursi (recessione) ma l’inflazione continua ad aumentare, seppur ad un tasso di crescita sempre minore. Questo fenomeno è chiamato stagflazione. Il risultato finale è un nuovo livello di produzione corrispondente al nuovo livello di produzione potenziale (di valore più basso rispetto a quello iniziale Y’n < Yn), un’inflazione di nuovo costante (seppur ad un livello maggiore rispetto a quello iniziale π’ > π) e un nuovo tasso di policy (maggiore di quello iniziale r’ > r). aumento del mark-up (m) pag. 20 60. (6) come si modifica l’equilibrio nel modello si Solow se aumenta il saggio di crescita della popolazione? Se la popolazione aumenta, aumenterà anche il numero di individui che costituisco no la forza lavoro. Un aumento della forza lavoro a parità delle altre condizioni determina una contrazione del prodotto e del capitale per-lavoratore. Quindi un aumento della popolazione ha un effetto negativo sulla crescita PIL pro- capite. La crescita della popolazione influenza la crescita della forza lavoro, dato che quest’ultima deve crescere ad un tasso di crescita pari a “u”, lo stock di capitale e anche il prodotto totale dovrebbe crescere proporzionalmente. 61. (7) cosa si intende per dinamica di transizione? Possibilità di fare 3 previsioni circa la crescita al di fuori dello stato stazionario: - convergenza assoluta: tendenza a giungere allo stesso stato stazionario, cioè arrivare a livelli di reddito pro-capite sostanzialmente identici. - convergenza condizionale: date due economie accomunate da uno stesso stato della tecnologia ma che differiscono nel saggio di risparmio e nel tasso di crescita della popolazione, si osserva una tendenza di crescita più rapida nell’economia più distante dal proprio stato stazionario. - velocità di convergenza verso lo stato stazionario. 62. (8) confrontare il modello di Solow con le ipotesi e le conclusioni dei modelli di crescita endogena. 63. (9) cosa si intende per convergenza assoluta del reddito pro-capite? 64. (10) come si verifica empiricamente la convergenza assoluta del reddito pro-capite? 65. (11) convergenza e dispersione del reddito pro-capite. 66. (12) cosa suggeriscono le più recenti evidenze sulla dinamica della produttività del lavoro in Italia? 67. (13) capitalizzazione composta e crescita. 68. (14) tasso di crescita come differenza logaritmica. 69. (15) capitalizzazione composta e crescita: il caso Cina. pag. 21 SETTIMA / OTTAVA SETTIMANA (cap.17-18-19-slide) 70. (1) ricavare e descrivere l’equilibrio sul mercato dei beni in economia aperta La domanda dei beni nazionali è data da: Z = C + I + G – IM/e + X; dove (C + I + G) indicano la domanda nazionale (interna) di beni, (IM/e) le importazioni ovvero la domanda nazionale di beni esteri e (X) le esportazioni ovvero la domanda estera di beni nazionali. - la domanda nazionale di beni (DD) è data da: C (Y – T) + I (Y, r) + G. Con l’apertura del mercato abbiamo introdotto le importazioni e le esportazioni: - le importazioni, ovvero la domanda nazionale di beni esteri dipendono dal reddito nazionale Y (relazione positiva) e dal tasso di cambio reale (relazione positiva); esse possono essere indicate come: IM = IM (Y, e), oppure in termini di moneta nazionale come: IM (Y, e) / e. - le esportazioni, ovvero la domanda estera di beni nazionali, dipendono dal reddito estero (Y*) (relazione positiva) e dal tasso di cambio reale (relazione negativa); esse sono indicate come: X = X (Y*, e). DD: domanda nazionale di beni; DD – IM = AA; AA: domanda nazionali di beni nazionali; AA + X = ZZ; ZZ: domanda di beni nazionali; NX: esportazioni nette; NX = X – IM; (NX > 0 à avanzo commerciale; NX < 0 à disavanzo commerciale); in un’economia aperta il mercato dei beni è in equilibrio quando la produzione interna eguaglia la domanda dei beni nazionali: Y = Z; Y = C (Y – T) + I (Y, r) + G – IM (Y, e)/e + X (Y*, e) Come si può notare dal grafico non esiste alcuna relazione tra l’equilibrio nel mercato dei beni e il pareggio della bilancia commerciale Ɛ è il tasso di cambio reale e vale la seguente relazione: Ɛ=EP*/P, dove E è il tasso di cambio nominale (che esprime il prezzo della moneta nazionale in termini di valuta estera), P è il deflatore del PIL interno e P* è il deflatore del PIL estero. Aumenti di Ɛ si definiscono apprezzamenti reali e portano ad un aumento del prezzo reale dei beni interni rispetto a quelli esteri, viceversa si hanno deprezzamenti reali. [app/depr reali corrispondono ad app/depr del tasso nominale di cambio]. pag. 22 71. (2) come varia l’equilibrio al variare della domanda interna? esempio attraverso l’effetto di una variazione della spesa pubblica. Ipotizzando che il mercato dei beni sia in equilibrio e che la bilancia commerciale sia in pareggio, Y = YTB. Una variazione della spesa pubblica (DG > 0) ha i seguenti effetti: - la retta (ZZ) che rappresenta la domanda nazionale di beni si sposta verso l’alto di un valore pari a DG, così che la produzione di equilibrio aumenta (DY > DG grazie all’effetto del moltiplicatore). - avviene uno spostamento verso destra lungo la retta NX, il quale comporta disavanzo commerciale (X non variano, mentre IM a causa del maggior reddito aumentano; IM > X). - l’aumento della produzione nazionale derivato da DG > 0, in un’economia aperta è minore rispetto a quello registrato con la stessa DG in un’economia chiusa, e ciò è dovuto ad un minor valore del moltiplicatore. Esso ha un valore minore in quanto, in economia aperta, l’aumento della domanda interna non ricade solamente sulla produzione interna. 72. (3) come varia l’equilibrio al variare della domanda estera? Ipotizzando che il mercato dei beni sia in equilibrio e che la bilancia commerciale sia in pareggio, Y = YTB. Una variazione della domanda estera (DY* > 0 dovuto da DG* > 0) ha come effetto diretto un incremento delle esportazioni (DX > 0). La domanda nazionale aumenterà di DX, per cui la curva ZZ si sposta verso l’alto di un valore pari a DX. Allo stesso modo anche la retta NX si sposta verso l’alto per un valore pari a DX. L’aumento della produzione estera induce quindi ad un aumento della produzione nazionale, quindi aumentano anche le importazioni ma in misura non sufficiente a compensare l’aumento delle esportazioni. Il nuovo equilibrio si troverà in corrispondenza di un livello di reddito/produzione interna maggiore rispetto all’aumento delle esportazioni grazie all’effetto del moltiplicatore. In questo contesto anche la bilancia commerciale migliora, in quanto DX+ > DIM+ 73. (4) il moltiplicatore della spesa autonoma è maggiore o minore rispetto al corrispondente moltiplicatore in economia chiusa? Il moltiplicatore della spesa autonoma in un’economia aperta risulta essere minore rispetto al corrispondente moltiplicatore in economia chiusa perché l’aumento della domanda interna non ricade solamente sulla produzione di beni interni ma ricade anche sulle esportazioni. Partendo dall’equazione della domanda di beni nazionali (in un mercato dei beni in equilibrio): Y = c0 + c1(Y – T) + I (I + d1Y – d2i) + G – IM (Y, e)/e + X (Y*, e) Ipotizziamo che e = 1, e che le condizioni di importazione ed esportazione siano rapporti lineari, quindi per cui: IM = q1Y; e X = x1Y*; sostituendo queste due equazioni in quelle di partenza: Y = c0 + c1(Y – T) + I (I + d1Y – d2i) + G – q1Y + x1Y* esplicando poi la Y otteniamo: 𝑌 = 1 1 − 𝑐W − 𝑑W + 𝑞W (𝑐P + 𝐼 + 𝐺 − 𝑐W𝑇 + 𝑥W𝑌∗) − 𝑑 1 − 𝑐W − 𝑑W + 𝑞W 𝑖 Il valore di q1 fa aumentare il denominatore che a sua volta fa diminuire il moltiplicatore, questo dimostra che più un’economia è aperta (q1 sempre maggiore) tanto più basso sarà il valore del moltiplicatore. pag. 25 79. (10) descrivere l’equilibrio IS LM nel contesto di un’economia aperta. Equilibrio nel marcato dei beni: Y = C (Y – T) + I (Y, i) + G + NX (Y, Y*, E); equilibrio nel mercato della moneta: M/P = Y L(i); parità dei tassi di interesse: 𝐸 = W}( W}(∗ 𝐸c sostituendo la condizione di arbitraggio nella condizione di equilibrio nel mercato dei beni: 𝑌 = 𝐶(𝑌 − 𝑇) + 𝐼(𝑌, 𝑖) + 𝐺 + 𝑁𝑋 ‡𝑌, 𝑌∗, W}( W}(∗ 𝐸cˆ; otteniamo due relazioni, che insieme, determinano il tasso di interesse e la produzione di equilibrio. Curva IS: un aumento del tasso di interesse ha due effetti: - Effetto diretto sull’investimento: comporta una sua diminuzione e quindi una diminuzione della domanda di beni nazionali e quindi della produzione; i­ à I¯ à Z¯ àY; - Effetto che opera attraverso il tasso di cambio: (i­) genera un apprezzamento, il quale rende i beni nazionali relativamente più costosi e provoca una riduzione delle esportazioni nette, la quale provoca a sua volta una riduzione della domanda dei ben nazionali e quindi della produzione. i­ à E­ à X¯ à Z¯ à Y¯; La curva IS è quindi rappresentata (dati i livelli di T, G, Y*, i*, Ēe) inclinata negativamente. (i­ à Y¯). Curva LM: inclinata positivamente: aumenti di “Y” generano aumenti della domanda di moneta per cui il tasso di interesse “i” aumenta. 80. (11) cambi fissi e cambi variabili: vantaggi e svantaggi di questi regimi di cambio. Esistono diversi tipi di tassi di cambio, i cui estremi sono: i tassi di cambio fissi e i tassi di cambio variabili. Gli stati che adottano tassi di cambio variabili, non hanno alcun obiettivo specifico in termine di tasso di cambio, essi si sono dimostrati disposti a consentire ampie fluttuazioni dello stesso. All’estremo opposto, ci sono paesi che operano in regimi di tassi di cambio fissi. Questi paesi mantengo un tasso di cambio fisso in termini di una valuta estera, mantengono cioè una parità tra il valore nominale della valuta nazionale e il valore nominale della valuta estera. - Pro cambi fissi: in un sistema di cambi flessibili il tasso di cambio può fluttuare fortemente ed essere fuori dal controllo della politica monetaria. - contro cambi fissi: nel breve periodo i paesi che operano con tassi di cambio fissi e perfetta mobilità dei capitali, rinunciando alla politica monetaria riducono la propria capacità di reagire agli shock e, rischiano di incorrere in crisi del tasso di cambio. Come secondo fattore negativo se un paese con tassi di cambio fissi, deve fare delle svalutazioni, questo porta gli investitori a richiedere tassi di interesse maggiori, peggiorando la situazione economica del paese. In generale sono preferibili i tassi di cambio variabili, tranne in due casi: primo quando un gruppo di paesi è già fortemente integrato dal punto di vista economico. Secondo quando non ci si può fidare che la BC segua una politica monetaria responsabile. pag. 26 81. (12) equilibrio interno e equilibrio esterno: qual è il ruolo della politica fiscale e monetaria in un regime di cambi fissi e perfetta mobilità dei capitali? (1 + 𝑖) = (1 + 𝑖∗) ” 𝐸N 𝐸N}Wc • Nel caso dei tassi di cambio fissi un paese ancora il proprio tasso di cambio “E” ad un qualche livello “Ē”, quindi (Et = Ē) se i mercati finanziari e dei cambi credono che “E” rimarrà fisso allora anche (Ee = Ē), quindi: (1 + 𝑖) = (1 + 𝑖∗) → 𝑖 = 𝑖∗ Il tasso di interesse interno deve essere quindi uguale al tasso di interesse estero. In un sistema di cambi fissi la banca centrale rinuncia completamente alla politica monetaria come strumento di politica economica. Per quanto riguarda la politica fiscale invece, se in un regime di tassi di cambio flessibili la BC fissa il tasso di interesse (LM orizzontale), allora i suoi effetti sono uguali agli effetti che si sviluppano in un regime di tassi di cambio fissi. Nel caso in cui la BC non fissi il tasso di interesse (LM inclinata verso l’alto), la politica fiscale ha effetti maggiori in un’economia con tassi di cambio fissi rispetto ad un’economia con tassi di cambio variabili. 82. (13) confrontare gli effetti di politica fiscale e monetaria nei due regimi di cambio. Vedi domanda precedente. 83. (14) IS-LM in un contesto in cui la BC fissa il tasso di interesse. Equilibrio nel mercato dei beni: Y = C(Y – T) + I (Y, i) + G + NX(Y, Y*, E); equilibrio nel mercato monetario: i = ī; condizione di parità dei tassi di interesse: 𝐸 = W}( W}(∗ 𝐸c sostituendo la condizione di arbitraggio nella condizione di equilibrio del mercato dei beni otteniamo: 𝑌 = 𝐶(𝑌 − 𝑇) + 𝐼(𝑌, 𝑖) + 𝐺 + 𝑁𝑋 ‡𝑌, 𝑌∗, W}( W}(∗ 𝐸cˆ; mentre la curva LM è una retta orizzontale in corrispondenza del tasso di interesse scelto dalla BC: i = ī. La produzione di equilibrio è data dall’intersezione tra la IS e la LM. Dati “i*” e “Ē”, il tasso di interesse di equilibrio che corrisponde al tasso di interesse scelto dalla BC, determina il tasso di cambio. 84. (15) cosa si intende per tasso di cambio corrispondente alla parità dei poteri di acquisto? 𝐸𝑃 𝑃∗ = 1 → 𝑃∗ 𝑃 = 𝐸 Il tasso di cambio è determinato dal rapporto tra i prezzi esteri e quelli interni. L’idea di base sottostante a questa ipotesi è che beni identici debbano avere lo stesso prezzo (assenza di dazi doganali). In genere questa relazione viene utilizzata per definire una relazione di lungo periodo tra dinamica dei prezzi interni ed esterni e tasso di cambio. Il tasso corrispondente alla PPA viene utilizzato per rafforzare i diversi livelli di reddito pro-capite a livello internazionale. pag. 27 85. (16) le determinanti della competitività dei prodotti nazionali. La competitività dei prodotti nazionali è determinata dal valore del tasso di cambio: e; (vedere nota della domanda 70 e la domanda 76 condizione di Marshall-Lerner). NONA / DECIMA SETTIMANA (cap.20-21-22-slide) 86. (1) le tappe del processo di unificazione economica e monetaria europea. Vedi slide BCE 1. 87. (2) illustrare i criteri di convergenza del trattato di Maastricht spiegandone la logica. Il trattato di Maastricht è un documento fondamentale per la storia dell’integrazione europea e per la nascita dell’Euro. Ha creato una nuova istituzione sovranazionale, la Banca Centrale Europea, l’istituzione preposta a condurre la politica monetaria dell’Unione Economica e Monetaria. Ha stabilito alcuni criteri di convergenza da far rispettare ai paesi che aspiravano a entrare nell’UEM. I criteri di convergenza riguardavano in particolare: * la stabilità del tasso di cambio: all’interno delle bande di oscillazione; * la convergenza dei tassi di interesse a lungo termine: non superiore di 2 punti percentuali alla media dei tassi di interesse a lungo termine dei tre paesi membri con il più basso tasso di inflazione; * la convergenza del tasso di inflazione: non superiore di 1.5 punti percentuali alla media di quelli dei tre paesi membri con inflazione più bassa; * la convergenza del rapporto debito/Pil (debito pubblico): rapporto debito/PIL < 60%. * la convergenza del rapporto deficit/Pil: rapporto deficit / PIL < 3%. 88. (3) quali sono gli obiettivi e le politiche perseguite dalla Banca Centrale Europea? Definizione quantitativa dell’obiettivo della stabilità dei prezzi: Definita come un aumento su 12 mesi dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (iacp) per l’area euro inferiore al 2%. La stabilità deve essere mantenuta su un orizzonte temporale di medio termine. Due pilastri: crescita della quantità di moneta (m3) e valutazione di ampio respiro delle prospettive per i prezzi. Le variabili prese in considerazione per valutare le prospettive dei prezzi sono: - Costo del lavoro; - Produttività del lavoro; - Tassi di cambio e prezzi internazionali; - Prezzi delle attività finanziarie; - Prezzi materie prime; - Indici di fiducia delle imprese e dei consumatori (aspettative). Gestione della politica monetaria: vigilanza de sistema bancario. Le leve su cui contare: - Riserva obbligatoria. - Tasso di interesse di riferimento. Con la crisi del 2008 sono stati introdotti altri meccanismi: - Smp (security market program) (trichet) (possibile acquisto limitato e incondizionato di titoli) - Draghi ha introdotto la omt, outright monetary transaction: possibile acquisto condizionato (al fatto che il paese si trovi in grave e conclamata difficoltà macroeconomica) e illimitato di titoli. La liquidità immessa sarà sterilizzata con successive vendite di titoli - Draghi ha introdotto poi il longer term refinancing operation (ltro). Possibilità di prendere a prestito a bassissimo costo da parte delle banche con rimborsi a tre anni. Quantitative easing: ridurre i tassi a lungo. Acquisto di titoli a lungo termine. pag. 30 95. (10) cos’è il Quantitative Easing? Per Quantitative Easing, più semplicemente QE, si intende il metodo grazie al quale una banca centrale crea moneta e la inietta nel sistema economico finanziario attraverso operazioni di mercato aperto. In italiano detto sistema è anche conosciuto come alleggerimento o allentamento quantitativo o, ancora, come facilitazione quantitativa. Nel caso in cui si decida di ricorrere al quantitative easing, accade che la banca centrale di un qualsiasi Paese acquista, sulla base di una predeterminata e annunciata quantità di denaro, azioni o titoli e altre attività finanziarie in genere da altre banche del sistema, detto acquisto ha un immediato effetto positivo sul bilancio delle banche che beneficiano di questo tipo di investimento. Fondamentalmente, con questo tipo di operazione, avviene che ci sia più liquidità all’interno del sistema economico nel quale si ricorre al QE, oltre che beneficiarne le banche, ne beneficia in maniera indiretta l’intera economia. È un sistema da inquadrare in una politica monetaria di tipo espansiva, per molti economisti è addirittura da considerare ultra-espansiva, si tratta comunque di un metodo conosciuto e applicato, con diverse modalità, in più parti del mondo, come Giappone, USA ed Europa, dove recentemente è una questione all’ordine del giorno. 96. (11) spiegare come gli investimenti delle imprese possano essere influenzati dalla rischiosità del contesto economico. Quali conseguenze ci possono essere nel modello IS-LM? Maggiore il rischio, maggiore sarà il premio per il rischio, quindi maggiore sarà anche il tasso sui prestiti (ma non quello di policy rate, quindi la LM non si sposta); essendo maggiore il tasso di interesse sui prestiti gli investimenti si ridurranno e quindi la produzione diminuirà (la IS si sposta verso sinistra). In economia aperta, le importazioni si riducono e quindi la bilancia commerciale migliora. rischio­ à (premio per il rischio) x­ à (r + x)­ à I¯ à Y¯; 97. (12) perché la deflazione può rappresentare un serio problema macroeconomico? Spirale deflazionistica: la politica monetaria non funziona per via dello zero-lower-bound. 98. (13) cos’è il DEF? Documento di economia e finanza. Rappresenta il principale strumento della programmazione economico- finanziaria in Italia. Proposto dal governo e approvato dal Parlamento, esso indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine (medium term budgetary framework). Introdotto con la riforma della legge di contabilità del 1988 (l. 362/1988) con il nome di Documento di Programmazione Economico- Finanziaria (DPEF), la sua denominazione è stata modificata in Decisione di Finanza Pubblica (DFP) con la l. 196/2009. L’attuale denominazione deriva dalla l. 39/2011, che ha adeguato la tempistica e i contenuti delle procedure di programmazione al nuovo modello di governance economica dell’Unione Europea e in particolare al cosiddetto semestre europeo, il quale comporta l’anticipo alla prima metà dell’anno della definizione delle strategie di bilancio dei singoli Stati membri e un più stretto coordinamento delle stesse mediante il coinvolgimento delle diverse istituzioni europee. Contenuti. Con il DEF vengono aggiornate le previsioni relative al quadro macroeconomico e al quadro di finanza pubblica a politiche invariate e a legislazione vigente e sono definiti gli obiettivi programmatici macroeconomici e di finanza pubblica, nonché l’articolazione degli interventi necessari per aggiustare gli andamenti tendenziali allo scenario programmatico. Il periodo di programmazione copre almeno un triennio e gli obiettivi di bilancio stabiliti acquisiscono una precisa valenza procedurale per quanto riguarda le future decisioni in materia. Il saldo programmatico della pubblica amministrazione, indicato nel documento per ciascuno degli anni compresi nel periodo di riferimento, rappresenta infatti un valore invalicabile nell’ambito della successiva decisione di bilancio, in quanto le procedure di bilancio in Italia sono caratterizzate, a partire dal 1988, dalla fissazione ex ante di un saldo prestabilito. Il vincolo giuridico associato a tale limite quantitativo ai fini della costruzione della manovra di finanza pubblica deriva dall’approvazione parlamentare (con una specifica risoluzione) del documento in questione. Le successive pag. 31 riforme della legge di contabilità hanno progressivamente arricchito il contenuto informativo del documento. Composizione. In base alla l. 39/2011 il DEF si compone di 3 sezioni: la prima recepisce l’aggiornamento del Programma di stabilità, ovvero il documento programmatico in materia di finanza pubblica che i singoli Stati membri della UE devono sottoporre annualmente alle autorità europee in base alle regole del Patto di stabilità e crescita. Analogamente la terza sezione del documento recepisce il contenuto di un altro documento programmatico previsto dalle regole europee, il Programma nazionale di riforme, con cui ciascuno Stato membro delinea le riforme economiche necessarie al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona. La seconda sezione contiene informazioni relative agli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica nel periodo di riferimento del documento e rappresenta la parte ‘italiana’ dello stesso, ovvero non prevista dalla normativa europea. La scelta operata con la citata l. 39/2011 è stata dunque quella di accorpare in un unico atto il documento programmatico già previsto dalla cornice interna di contabilità e finanza pubblica e quelli da presentare in sede europea. Il recepimento all’interno del DEF dell’aggiornamento del Programma di stabilità, la cui presentazione da parte degli Stati membri è stata anticipata al 30 aprile nell’ambito del semestre europeo, ha comportato la necessità di anticipare il termine di presentazione del documento al 10 aprile, rispetto al termine del 15 settembre già previsto per la DFP (il termine per il DPEF era invece il 30 giugno). 99. (14) quali sono le caratteristiche del quadro programmatico delineate dal governo per il prossimo trienni? La presente Nota di aggiornamento al DEF rappresenta la prima occasione per il Governo in carica di anticipare le linee del proprio programma e degli orientamenti di riforma, che verranno ulteriormente precisati in occasione della presentazione del prossimo Documento di Economia e Finanza (DEF). Il Contratto firmato dai leader della coalizione, che ha dato vita al Governo, è stato approvato dal Parlamento; in esso sono indicati gli obiettivi che il Governo perseguirà per la crescita dell'occupazione e del reddito, unitamente a una sua più equa distribuzione tra i cittadini. Tali priorità potranno essere raggiunte attraverso nuovi stimoli alla domanda aggregata, in particolare rilanciando gli investimenti, che quest’anno probabilmente toccheranno un nuovo minimo dell’1,9 per cento in rapporto al PIL (da una media del 3,0 per cento nel decennio precedente la crisi del debito sovrano nel 2011). In particolare, dovranno essere introdotti gli opportuni cambiamenti organizzativi e regolamentari per rimuovere gli ostacoli che hanno frenato le opere e gli investimenti pubblici che rappresentano un importante volano per la crescita. La riduzione della spesa per opere pubbliche ha avuto un forte effetto depressivo sull’attività economica. Inoltre, come evidenziato drammaticamente dal recente crollo di un viadotto autostradale a Genova, le infrastrutture del Paese hanno urgente bisogno di manutenzione e modernizzazione. Lo sforzo deve coinvolgere non solo le amministrazioni pubbliche a tutti i livelli di governo, ma anche le società partecipate o titolari di concessioni pubbliche che hanno, in numerosi casi, beneficiato di un regime di bassi canoni e elevate tariffe. Tre le politiche di riforma che il Governo si prefigge — alcune delle quali già avviate e altre da presentare congiuntamente alla Legge di bilancio — vi sono anche quelle riguardanti il sostegno alla povertà, la riduzione della pressione tributaria e amministrativa sulle piccole imprese, la revisione del sistema pensionistico a favore dell'occupazione giovanile e la riorganizzazione della pubblica amministrazione. Tutto ciò mantenendo una linea di equilibrio tra istanze sociali e risorse finanziarie. L'eredità raccolta dall'attuale Governo in materia di debito pubblico e di vincoli di bilancio rende complessa la soddisfazione delle suddette istanze e riduce la disponibilità delle risorse. Pur in presenza di tali difficoltà l'obiettivo resta quello di ottemperare agli impegni presi nei confronti dell'elettorato e del Paese nell’orizzonte dell'intera legislatura contemperando questi con l’esigenza di ridurre gradualmente il debito pubblico che rappresenta un importante costo per il Paese. Condizione essenziale è il ristabilimento della fiducia persa a seguito dei modi in cui la crisi finanziaria globale è stata affrontata, ridando certezza e dinamicità agli interventi di politica economica e rilanciando la politica fiscale. Fa parte di questo disegno la proposta avanzata dal Governo di aprire una discussione su questi temi in sede europea, dando vita a un Gruppo di lavoro ad alto livello composto dai rappresentanti degli Stati membri, del Parlamento e della Commissione, che esamini la rispondenza dell'architettura istituzionale europea vigente e della politica economica agli obiettivi di crescita nella stabilità e di piena occupazione esplicitamente previsti dai Trattati. pag. 32 Sul fronte UE, l’invasività delle direttive e dei regolamenti europei deve essere mitigata a favore di un maggiore grado di sussidiarietà. I flussi migratori devono essere controllati ed equamente distribuiti fra Paesi membri. Gli aiuti allo sviluppo dei paesi di origine dei flussi migratori vanno incrementati facendo leva sul bilancio europeo. Il Quadro Finanziario 2021-2027 proposto dalla Commissione Europea va potenziato, soprattutto in termini di risorse finanziarie e di fondi destinati al controllo delle frontiere, alla difesa e alla sicurezza. Il Governo apprezza la rinnovata attenzione della Commissione alla competitività dell’UE e ai programmi di sostegno all’innovazione, alla formazione e alla ricerca. Dall’inizio del secolo l’Italia ha registrato tassi di crescita del PIL nettamente inferiori alla media dell’Area Euro e dell’UE. La politica economica del Governo mira a chiudere il differenziale di crescita con l’Europa e a porre le condizioni per una performance superiore alla media. Tutto ciò non solo perché un’economia più dinamica renderebbe il debito pubblico più sostenibile, ma anche e soprattutto perché una maggiore crescita faciliterebbe il riequilibrio sociale, dato che essa influenza numerosi indicatori di benessere. La scelta europea resta uno dei fondamenti dell'azione del Governo, ma ciò non significa una rinuncia a ricercare un'Unione diversa, più forte e più equa. Il cuore dell'azione intrapresa resta quindi quella della crescita da ottenersi in prevalenza con investimenti e il miglioramento dell'equità sociale nei sui diversi aspetti, dalla lotta alla povertà e alla creazione di maggiori opportunità di lavoro. 100. (15) quali sono gli scenari per la finanza pubblica (rapporto deficit/PIL e debito/PIL)? Il Contratto di Governo firmato dai leader della coalizione formula ambiziosi obiettivi in campo economico e sociale, dall’inclusione al welfare, dalla tassazione all’immigrazione. Si ritiene inoltre prioritario promuovere una crescita più sostenuta dell’economia e dell’occupazione e chiudere il gap negativo di PIL e reddito che l’Italia ha accumulato nei confronti del resto d’Europa nell’ultimo decennio. I vincoli finanziari entro cui si attuerà il programma sono stringenti: la pressione fiscale in Italia rimane assai elevata e il quadro tendenziale di finanza pubblica ereditato dal precedente governo prevede un ulteriore inasprimento dell’imposizione indiretta, contro cui il nuovo Parlamento si è già pronunciato, impegnando il Governo ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all'aumento delle aliquote IVA e delle accise su benzina e gasoli. Il Governo ritiene pertanto opportuno intervenire sulle clausole di salvaguardia contenute nella Legge di Bilancio 2018, neutralizzando completamente quelle relative al 2019 e parzialmente quelle riguardanti il 2020 e 2021. Nel 2019 verrà introdotto il Reddito di Cittadinanza e si ristruttureranno e potenzieranno i Centri per l’Impiego. Il Governo ritiene altresì necessario intervenire sul sistema pensionistico così come delineato dall’ultima riforma, che limita il fisiologico turnover nelle risorse umane impiegate, anche allo scopo di rinnovare le competenze necessarie all’innovazione. Si introdurranno pertanto nuove modalità di accesso al pensionamento anticipato. Nel complesso, le risorse previste per Reddito di Cittadinanza, Centri per l’impiego e pensionamenti anticipati assommano in media a circa lo 0,9 per cento del PIL annuo nel periodo 2019- 2021. In attuazione della proposta flat tax per le imprese, nel 2019 si innalzeranno le soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani. Verrà inoltre introdotta un’aliquota ridotta, pari al 15 per cento, per l’imposta sui redditi di impresa. L’aliquota ridotta si applicherà ai redditi corrispondenti agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni. Lo scenario programmatico di finanza pubblica prevede inoltre un aumento degli investimenti pubblici rispetto allo scenario tendenziale, nel quale è già incorporata una ripresa di questa componente della spesa. Le risorse aggiuntive sono pari a oltre 0,2 punti di PIL nel 2019 e crescono fino ad oltre 0,3 punti nel 2021. Questo programma porterà gli investimenti pubblici dall’1,9 per cento del PIL stimato per quest’anno al 2,3 per cento nel 2021. Il Governo opererà inoltre per acquisire risorse aggiuntive nei prossimi anni, in linea con l’obiettivo di portare il rapporto fra investimenti pubblici e PIL verso il 3 per cento del PIL entro la fine della legislatura. La leva dei trasferimenti in conto capitale e miglioramenti organizzativi e regolatori descritti nel paragrafo IV.3 verranno inoltre utilizzati per aiutare le società partecipate a realizzare livelli di investimento marcatamente più elevati rispetto agli anni passati. La Legge di Bilancio 2019 proseguirà inoltre le politiche di promozione degli investimenti, dell’innovazione e del miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni. Il quadro programmatico prevede anche sostegni per le piccole e medie imprese e risorse per code contrattuali e perequazioni relative alle retribuzioni pubbliche. Saranno infine rifinanziate selettivamente le cosiddette politiche vigenti, comprese le spese per le missioni di pace. Per