Scarica Corso di Sociologia della Comunicazione e dei Media Digitali e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE E DEI MEDIA DIGITALI CHE COS’É LA COMUNICAZIONE Due modi di definire à scambio di informazioni o condivisione. Raymond Williams: “L’atto del comunicare (mettere in comune o trasmettere), il contenuto che viene messo in comune o trasmesso, poi, più di recente, i cosiddetti mezzi di comunicazione, intesi come mezzi di trasporto di merci e persone”. (es: mamma che dice al figlio, prima di uscire “mi raccomando copriti che fa freddo” à trasmissione di un’informazione, ma anche di affetto e preoccupazione) Le teorie della comunicazione sono cambiate nel tempo perché è cambiata la comunicazione e sono cambiati i suoi strumenti, le sue infrastrutture e la sua organizzazione. Mettere in comune VS Trasmettere Es: negozio di dischi che vende dischi à atto di trasmissione Es: Spotify à atto di condivisione “Comunicazione interpersonale come forma di condivisione” à di solito ci sono due figure, emittente e ricevente che collaborano e sono in stretta relazione tra di loro; un esempio di comunicazione interpersonale è la chat di WhatsApp. Comunicare con lo smartphone è una forma di trasmissione o di condivisione? I media digitali complessificano il rapporto tra trasmissione e condivisione, si deve tener conto dell’evoluzione delle tecnologie à lo smartphone rappresenta perfettamente quest’evoluzione, consente di svolgere diverse attività con un solo strumento e quindi si tende ad usarlo in modo intensivo. PERCHÉ COMUNICHIAMO? La comunicazione è: • Attitudine naturale à attraverso di essa creiamo una relazione con l’altro, siamo l’unica specie che usa la comunicazione per creare una consapevolezza di noi come esseri umani, nonostante questo anche gli animali comunicano a loro modo; questa attitudine si compie anche nei gesti materiali • Relazione à la comunicazione ha una funzione relazionale perché noi siamo esseri relazionali, è un modo per rafforzare, creare e definire i legami, è la messa in atto di un’attitudine naturale nell’incontro con l’altro • Attività funzionale à la comunicazione è un’attività finalizzata ad ottenere risultati specifici: ci sono molte intelligenze artificiali che simulano, ad esempio, lo psicologo -> stiamo veramente avendo una relazione? No, perché le risposte sono codificate. La sfera in cui si collocano le attività riguarda la nostra disposizione a conoscere la realtà, interagire con essa e modificarla secondo i nostri scopi. Comunicazione come attitudine à la riflessione filosofica sull’essere umano ha a che vedere con le grandi questioni dell’esistenza, è un orientamento alla relazione, e quando viene espressa fa uso del linguaggio (verbale, non verbale, ecc.), può diventare relazione (atti linguistici rivolti alla qualità della relazione) o attività funzionale (atti linguistici rivolti all’efficacia). ESEMPIO: film “La vita è bella” à Roberto Benigni nel campo di concentramento con il figlio, lì la comunicazione non è una forma di relazione, è la massima espressione della non-relazione, c’è una mancanza di relazione che porta la persona a compiere quei gesti estremi. Benigni per salvare il proprio figlio trasforma quella comunicazione in una comunicazione relazionale fingendo un gioco. I SOGGETTI DELLA COMUNICAZIONE Es: scena di Pulp Fiction che racconta la scena dei due killer dove per sbaglio uccidono una persona con uno sparo in testa ma, come in tutti i film di Tarantino, la scena assume un carattere ironico dove il vero problema in quel caso si sporca la macchina. Classica situazione comunicativa con 3 partecipanti: i due killer e il signore che risolve problemi e altri elementi fissi: i messaggi che si scambiano, i codici che usano (la lingua e i gesti), le interfacce, gli scopi, le norme e i contesti. Sono due dimensioni che appartengono all’atto della comunicazione I messaggi hanno bisogno di un codice che non sempre è condiviso: quando non è condiviso ci può essere un incidente di comunicazione; la comunicazione può non funzionare anche quando gli scopi non sono gli stessi. Questi elementi sono strettamente connessi tra loro, analizzandone uno solo è possibile vedere il funzionamento di tutti gli altri. ® SOGGETTO AGENTE à persona che partecipa alla comunicazione indipendentemente dal ruolo che riveste (nel caso del film tutti e 3 i personaggi sono soggetti agenti); i soggetti agenti interpretano il loro comportamento e quello altrui come un’espressione di intenzionalità e volontà, esprimono un’intenzione, quindi, nell’atto di comunicare e ascoltare In ogni azione comunicativa un soggetto della comunicazione è tale perché è allo stesso tempo simile e diverso rispetto agli altri soggetti con cui comunica. George Simmel à “ogni interazione sociale è una dinamica in cui gli individui sono continuamente impegnati a definire sé stessi e gli altri attraverso lo scambio di informazioni, opinioni e comportamenti” In ogni interazione sociale, che è un’azione comunicativa, c’è sempre: - la distinzione tra sé e l’altro, reciprocità e differenza à attività dove noi definiamo noi stessi e l’altro; - alterità riconoscibile à l’altro è sempre qualcosa che è diverso da noi ma, nonostante questo, riusciamo a capirci; - universali comunicativi à strutture invarianti della comunicazione che precedono e attraversano le diverse culture (es: micro-espressioni facciali; gli uomini, infatti, possono far capire le proprie intenzioni anche se non condividono una sola parola) à al di là delle strutture invarianti riusciamo a comunicare perché abbiamo l’attitudine comunicativa innata; - comunicazione come scommessa e rischio à può portare a una rottura della comunicazione per l’incapacità di comprendersi con chi è diverso da noi; la costitutiva diversità degli esseri umani fa della comunicazione un evento sempre problematico e improbabile. L’altro rimane sempre diverso da me, per cui la comunicazione è sempre una “traduzione” di ciò che l’altro comunica. Un’altra caratteristica dei soggetti agenti è l’intenzionalità à essi non si limitano a reagire a forze e impulsi interni o a cause o stimoli esterni, ma agiscono intenzionalmente sulla base di interpretazioni, motivazioni e scopi. Il concetto di intenzionalità può essere spiegato sulla base di tre approcci: 1. APERTURA AL MONDO E AGLI ALTRI -> è legato alla filosofia (approccio fenomenologico) implica che noi abbiamo sentimenti di appartenenza ad un mondo comune insieme a tutti gli altri esseri umani, questo ci distingue dagli esseri animali in quanto essi non hanno questo sentimento di appartenenza ma agiscono sulla base di impulsi. Comprendiamo le azioni e le intenzioni comunicative dell’altro perché abitiamo e viviamo in un comune mondo della vita; 2. CAPACITÁ DI AGIRE RIFLESSIVAMENTE -> interazionismo simbolico, rimanda all’approccio di Mead: il modo in cui noi diamo significato alle nostre azioni è frutto di un accordo collettivo per cui noi, insieme agli altri, attribuiamo un certo significato alle cose e alle azioni à attribuiamo un significato ad uno stimolo, interpretazione che deve essere compresa anche dal ricevente. Ciascuno può guardare a sé stesso come se fosse un altro, possiamo quasi “sdoppiarci” per osservarci e giudicare il nostro comportamento. Dall’altro lato possiamo uscire da noi stessi e assumere lo sguardo e la prospettiva dell’altro; 3. INTENZIONALITÁ CONDIVISA à la comunicazione ha una natura cooperativa, ogni volta che comunichiamo in realtà questa comunicazione è un modo attraverso cui le persone agiscono in vista di un obiettivo comune à capacità di un gruppo di persone di agire in modo coordinato verso un obiettivo comune L’interazione non è sufficiente a costruire la comunicazione, ogni agire comunicativo è sempre intenzionale e relazionale. Altra caratteristica dei soggetti agenti è la possibilità di agire come soggetti individuali à questo ci riporta a Goffman: “quando si esamina la partecipazione dell’individuo all’azione sociale, dobbiamo renderci conto che, in un certo qual modo, egli non partecipa come persona totale, ma piuttosto in termini di una specifica funzione o veste, oppure di un particolare status sociale; in breve, di un sé particolare” b. Convincere/manipolare. Si può comunicare con l’intento di spingere qualcuno a fare qualcosa attraverso due azioni comunicative persuasive molto diverse: ® Convinzione: portare “buone ragioni” a sostegno di una certa posizione o idea, fare appello alla capacità di giudizio e di consenso consapevole dell’interlocutore chiedendogli, ad esempio, di valutare il rapporto costi-benefici o i fattori pro e contro una certa decisione; presuppone che si porti qualcuno a aderire alle proprie idee ma in maniera razionale; è qualcosa che dovrebbe spingere a formulare un giudizio consapevole ® Manipolazione: agisce sull’irrazionale, è un tentativo di portare una persona a fare qualcosa utilizzando delle leve psicologiche (come la disperazione o il senso di solitudine e vulnerabilità) o su aspetti come le emozioni La manipolazione è diversa dalla coercizione à il destinatario è cosciente della pressione che sta subendo e può sottomettersi od opporsi consapevolmente ad essa; al tempo stesso, è diversa anche dalla persuasione perché con essa si offrono rappresentazioni deformate della realtà o si fa leva su meccanismi ed esigenze psicologiche e sociali quali, ad esempio, il bisogno di stima e approvazione. Nel porre la distinzione tra persuasione e manipolazione ci sono correnti di pensiero che ritengono che ogni tentativo di persuasione nasconda sempre un potenziale di manipolazione dell’altro. AGIRE COMUNICATIVO à è quella forma di azione in cui la comunicazione è vista come un mezzo per raggiungere un obiettivo che presuppone un’interazione sociale e una comprensione reciproca (es: se si vuole far pace con una persona con la quale c’è stato un litigio, si implica una comunicazione dove si cerca di farsi comprendere per creare una comprensione reciproca) AGIRE STRATEGICO à forma di azione in cui la comunicazione viene utilizzata come mezzo per conseguire un obiettivo personale, senza preoccuparsi della comprensione e della cooperazione dell’altro. Agire comunicativo e agire strumentale rivelano due scopi diversi della relazione comunicativa: i due tipi di comportamento comunicativo possono sovrapporsi e assumere l’uno la veste o la forma dell’altro. Perché consideriamo essenziale la relazione con gli altri? A volte è una questione di interesse per il contenuto della comunicazione, per l’interlocutore o interlocutrice; l’interesse può far riferimento a un’ampia gamma di bisogni, esigenze e gratificazioni soddisfatte attraverso le relazioni interpersonali o mediate. Ma l’interesse non è tutto: la nostra attitudine a comunicare dipende anche dalla consapevolezza che siamo nati per stare con gli altri. La comunicazione come attitudine spiega l’andamento delle relazioni: i soggetti mantengono e coltivano le relazioni quando trovano un vantaggio e una soddisfazione; la interrompono quando esse appaiono imposte, violente e prevaricatrici. Mantenere o salvare la relazione non è sempre un fatto positivo come interromperla non è sempre negativo: ci sono molti casi in cui le persone vogliono mantenere una relazione per sabotarla. A CHE COSA SERVE COMUNICARE? ® DIMENSIONE PRAGMATICA: la comunicazione è un’attività pratica che serve per organizzare, per compiere qualcosa, per raggiungere un obiettivo condiviso; mezzo che consente l’azione coordinata di più persone impegnate in un’attività pratica “Tutti dovranno agire secondo certe regole stabilite dal costume e dalla tradizione. In ciò il discorso è mezzo necessario di comunicazione, strumento unico e indispensabile per creare quei legami senza i quali è impossibile l’azione sociale unificata” (Malinowski) à il linguaggio non è solo un mezzo per descrivere il mondo, ma è anche un modo per agire sul mondo. Teoria degli atti linguistici (John Austin) à si basa sul concetto di atti illocutori (atto linguistico che ha il potere di cambiare la realtà), lui cerca di studiare gli effetti che hanno le parole sul mondo. L’atto illocutorio dipende anche dal contesto in cui viene pronunciato. “Esiste una relazione tra comunicazione e agire pratico: il nostro uso del linguaggio non è solo una questione di trasmettere informazioni, ma che possiamo anche fare cose con le parole, come promettere, minacciare, giurare, chiedere scusa. Questo dimostra come la comunicazione sia strettamente legata all’attività pratica e alla vita quotidiana.” (John Austin) L’atto illocutorio è un Atto performativo, Austin ne distingue di 3 tipi: - Atti che servono ad orientare la propria azione à chi parla impegna sé stesso a compiere un’azione futura, hanno una funzione di auto-regolazione - Atti rivolti ad orientare l’azione altrui à chi lo attua ha una forma di potere, sono orientati a influenzare gli altri e possono assumere forme dirette (ordini) o indirette (forme di allusione, sottintesi) - Fare con le parole à atti che producono un’azione e creano una nuova realtà La forza perlocutiva di un atto consiste nell’insieme di circostanze che permettono a quell’atto performativo di realizzarsi. Atti constativi à consistono nell’affermazione di un fatto o di una verità che può essere stabilita o verificata tramite l’osservazione o l’analisi di dati oggettivi. Un atto constativo è un tipo di enunciato che ha lo scopo di descrivere, rappresentare o identificare uno stato di fatto, senza produrre alcun cambiamento nella realtà. GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE Sono stati elaborati dalla scuola di Palo Alto, movimento di ricerca nato negli anni ’60 in California con l’obiettivo di studiare la comunicazione umana e i modelli di interazione tra le persone. Secondo questi studiosi noi possiamo provare a capire come le persone interagiscono tra loro e provare a comprendere come funziona l’azione umana. Volevano provare ad individuare le regole fondamentali della comunicazione che loro chiamano assiomi (regola generale che vale per tutti) à a partire dagli assiomi è possibile comprendere i problemi che le persone hanno nel comunicare. 1. È impossibile non comunicare -> il silenzio comunica, anche un gesto comunica, la comunicazione non verbale è forse la più importante forma di comunicazione; persino l’assenza è una forma di comunicazione; non esiste alcun modo per non trasmettere una comunicazione all’esterno. 2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione -> l’aspetto di contenuto si riferisce al messaggio che viene trasmesso, quello di relazione si riferisce alla natura della relazione tra le persone che comunicano: quest’ultimo aspetto è fondamentale poiché può influire sulla percezione del contenuto stesso; Metacomunicazione: è una comunicazione di secondo grado che chiarisce la comunicazione stessa; nella sua funzione più basica può essere intesa come “spiegare il significato di una parola o di una frase”; metacomunicare serve a mettere meglio in relazione i processi di codifica e decodifica. Come comunichi, è parte di cosa comunichi à la modalità di ogni comunicazione è parte del significato del messaggio. Noi comunichiamo attraverso il contenuto e lo classifichiamo attraverso la relazione, il contesto, il linguaggio non verbale che è molto più difficile da controllare. Nessuna comunicazione, sia essa verbale o non verbale, potrebbe essere compresa senza una metacomunicazione che spieghi quale frame interpretativo (definizione di una situazione sociale) applicare alla comunicazione stessa: è solo attraverso l’inquadramento che possiamo distinguere una situazione seria e una giocosa, una formale e una informale, consentendo di fornire un senso agli eventi e alle interpretazioni comunicative. 3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione -> la natura di una relazione dipende dal punto di vista delle sequenze comunicative tra i partner; molto spesso nelle situazioni di coppia il rischio è di osservare la situazione solo dal proprio punto di vista e non si riesce a cogliere la punteggiatura dell’altro; se non c’è accordo tra i due punti di vista la comunicazione può fallire. Chi dispone di un ruolo di potere è anche chi impone la sua punteggiatura. La comunicazione comprende diverse versioni della realtà, che si creano e modificano durante l’interazione tra più individui. Queste diverse interpretazioni dipendono dalla punteggiatura della sequenza degli eventi, ossia dal modo in cui ognuno tende a credere che l’unica versione possibile dei fatti sia la propria. Non è detto che sia sempre un problema di comunicazione, spesso essa è un segnale che qualcosa non va. 4. Gli esseri umani comunicano sia con il modulo digitale che con quello analogico -> una comunicazione si dice digitale quando è convenzionale e arbitraria: ci sono tratti distintivi e oppositivi che definiscono i suoi aspetti formali e logici e che permette di rendere comunicabile il nostro pensiero. Il linguaggio non verbale è analogico perché presenta “analogie” con il contenuto che comunica. È analogia ogni tipo di comunicazione che prescinde dall’uso delle parole: postura, movimenti del corpo, i gesti, le espressioni del viso. La comunicazione verbale ha i suoi limiti, non basta che i soggetti abbiano le stesse convenzioni linguistiche, anche i codici devono essere comprensibili. La comunicazione non verbale, al contrario di quella digitale, non presuppone la presenza di un vocabolario condiviso; secondo alcuni studiosi alcune forme di comunicazione non verbale sono universali. Ci deve sempre essere perfetta aderenza tra la comunicazione verbale e non verbale. Se si ricorda che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, è lecito aspettarsi che i due moduli di comunicazione non soltanto coesistano ma siano reciprocamente complementari in ogni messaggio. È pure lecito dedurre che l’aspetto di contenuto ha più probabilità di essere trasmesso con un modulo numerico, mentre in natura il modulo analogico avrà una netta predominanza nella trasmissione dell’aspetto di relazione. 5. Gli scambi della comunicazione sono simmetrici e complementari -> nelle dinamiche complementari c’è una relazione di superiorità, nelle simmetriche i due interlocutori si pongono sullo stesso livello. Comportamento metacomplementare à quando uno dei due soggetti consente all’altro di assumere una posizione complementare (o la impone) Comportamento pseudosimmetrico à quando uno dei due soggetti consente all’altro di assumere una posizione simmetrica (o la impone) (Es: relazione madre-figlio -> alle volte la madre tratta il figlio da pari, in altri casi invece il tipo di relazione è complementare). Le relazioni oscillano continuamente È necessario, anche in una relazione paritaria, che i due partner siano in grado di sviluppare una comunicazione simmetrica in alcune situazioni e complementare in altre. ® DIMENSIONE SOCIALE: la socievolezza è la capacità di mantenere e rafforzare le relazioni sociali, alla base della socievolezza c’è il concetto di sociazione o socialità: esigenza primaria di essere in società e di esistere nella relazione con gli altri; la sociazione è la forma in cui gli individui crescono insieme in un’unità in cui questi interessi si realizzano. La sociazione ha scopi e obiettivi definiti, si tratta di “esigenze dell’esistenza in società”. La socievolezza è uno scambio gratuito, privo di obiettivi utilitaristici. È la parte ludica della relazione interpersonale, la sua caratteristica è la leggerezza comunicativa; esistono, infatti, momenti in cui le persone si scambiano qualcosa solo per il semplice piacere di farlo, dove non è più importante il contenuto della comunicazione ma il favorire il contatto interpersonale à “stare con gli altri per stare con gli altri”. Malinowski à “quando un certo numero di persone chiacchierano insieme senza fini precisi si crea un’atmosfera di socievolezza, dove ogni espressione è un atto che serve al diretto scopo di legare gli interlocutori col vincolo di questo o quel sentimento sociale”. Malinowski definisce la Funzione fatica della comunicazione à la dimensione linguistica è quella argomentativa delle conversazioni socievoli che rientrano nel campo della funzione del linguaggio propria dei messaggi che hanno il solo scopo di mantenere, stabilire, verificare o interrompere il contatto tra mittente e destinatario. ® DIMENSIONE IDENTITARIA: nella comunicazione manifestiamo la nostra identità e il rapporto che abbiamo con gli altri: nella comunicazione c’è una stretta relazione tra identità e comunicazione; ogni comunicazione è anche sempre un “dire di sé”. Goffman: tutti noi, quando guardiamo una persona, cerchiamo di trarre informazioni e lei a suo modo ci offre informazioni su di sé; l’obiettivo è che i due attanti definiscano la situazione in cui si trovano à Impression Management -> nello scambio di informazioni ognuno cerca di controllare e gestire le proprie espressioni comunicative, gestire le impressioni. È un’attività che riguarda sia i singoli individui che i soggetti collettivi, per cui l’individuo cerca di mettere in rilievo i suoi aspetti “migliori” per ottenere un feedback di riconoscimento e di conferma da parte degli altri. Goffman produce la sua prospettiva drammaturgica sul fatto che noi reagiamo come se fossimo in un teatro individuando due concetti: Ribalta à fase in cui gli individui rappresentano il proprio ruolo davanti al pubblico cercando di contenere una certa immagine di sé stessi Retroscena à fase in cui gli individui sono più rilassati perché possono mettere in luce quegli aspetti che non devono emergere quando si trovano in pubblico Online à le narrazioni identitarie online producono un impatto rilevante sull’idea che una persona vuole dare di sé agli altri. Una filosofia sociale di oggi è quella della reputation quantificabile, fatta di conteggio degli amici, ranking dei post, miglioramento continuo del valore visibile del proprio profilo. “La democrazia non fa soltanto penetrare il gusto delle lettere nelle classi industriali, ma introduce lo spirito industriale nella letteratura. Si cercherà di stupire più che di piacere e ci si sforzerà di trascinare le passioni più che attrarre il gusto” (Alexis de Tocqueville). Questo cambierà modo di fare letteratura, portando nuovi generi à i romanzi d’appendice (feuilleton), ad esempio, che costituiscono romanzi a puntate nei giornali; lo scrittore spesso arrivava a cambiare la storia stessa perché si affezionava al gusto del pubblico. 1842 à “i misteri di Parigi” di Eugene Sue, primo romanzo d’appendice. Si va sempre di più a dare importanza al concetto di genere letterario à il genere è una specie di patto che l’autore fa con il lettore prima ancora che esso inizi a leggere la storia. Il meccanismo di produzione editoriale comincia a concentrarsi intorno alla selezione di un target privilegiato che costituisce il punto di partenza di ogni costruzione di “genere”. Il genere permette all’artista di adattarsi ai meccanismi tipici dell’industria e del mercato. Il primo grande scrittore che ragionò in questi termini fu Edgar Allan Poe à autore americano del XIX secolo, noto per i suoi racconti horror e fantasia. Poe ha contribuito a definire il genere del racconto breve, che ha avuto un enorme impatto sull’industria editoriale dell’epoca. I suoi racconti erano spesso pubblicati in riviste popolari, erano concepiti per incontrare il gusto e per assecondare i ritmi di un pubblico borghese che aveva poco tempo da dedicare alla lettura. “Edgar Allan Poe è stato il primo a comprendere che invece di indirizzare l’opera al lettore era necessario incorporare il lettore nell’opera. Poe comprese chiaramente che l’anticipazione dell’effetto era l’unico modo per raggiungere un controllo organico del processo creativo” (Marshall McLuhan). Poe ha anche contribuito a definire l’immaginario dell’orrore e del mistero che ancora oggi influenza l’industria culturale. I suoi personaggi e le sue storie hanno ispirato molti scrittori successivi e hanno dato inizio a una vasta gamma di generi come il giallo, il thriller e il romanzo gotico. La seconda fase storica è costituita dai grandi media istantanei e audiovisivi. I media di massa nascono a seguito di tre fenomeni epocali: ® Nascita della fabbrica -> 1780, l’inventore scozzese James Watt perfezionò una macchina che trasforma l’energia del vapore in lavoro meccanico da utilizzare nell’industria tessile, di grande rilievo economico, particolarmente in Inghilterra; l’uomo non è più padrone dell’intero processo produttivo, nasce la catena di montaggio. Con l’avvento della macchina a vapore, la cellula del sistema produttivo non fu più soltanto la famiglia e il lavoro a domicilio, ma la fabbrica ne assunse il lavoro, il sistema di relazioni e la capacità di socializzazione -> la fabbrica diventa un modello centrale delle relazioni sociali; il cambiamento fondamentale fu la nascita del tempo libero. ® Rivoluzione dei trasporti -> nel 1819 Robert Fulton inventa il battello a vapore e nel 1829 George Stephenson progetta la locomotiva; prima del battello a vapore le navi erano portate dal vento o da persone che remavano. Si percorrevano ora grandi distanze con minor tempo e con minor dispendio economico. ® Processi di urbanizzazione -> nel momento in cui si sviluppa la macchina a vapore essa poteva essere collocata in qualsiasi posto (prima doveva essere accanto ad un corso d’acqua), la fabbrica si avvicina ai centri abitati che iniziano a popolarsi sempre di più, con un pubblico esteso ben oltre la compagine medio ed alto borghese, un pubblico allargato alla massa dei proletari, portatori di nuove esigenze sociali ed espressive. La comunicazione non nasce, quindi, dal nulla ma dai bisogni di questa nuova massa. Nel momento in cui il modo di produzione capitalistica esige la partecipazione alla società civile di grandi masse di popolazione tradizionalmente escluse dalla scena pubblica, dapprima come forza lavoro e poi anche come soggetto di consumo, la comunicazione attraverso l’immagine comincia ad assumere particolare rilevanza. Prima esistevano le arti figurative nelle chiese, i libri di illustrazione, ma le opportunità di vedere immagini per un contadino erano molto scarse; nella città invece irrompe la comunicazione tramite l’immagine. La prima forma d’immagine che irrompe è quella attraverso le gallerie à le prime nascono a Parigi (Galerie de Bois, costruita nel 1786); la galleria anticipa la cultura dello schermo e irromperà poi con il cinema. Erano un luogo fondato sulla logica del consumo dove le persone potevano incontrarsi e socializzare. Un altro grande cambiamento, sempre legato alla logica del consumo, è l’avvento dei primi manifesti pubblicitari: testimoniano i fenomeni di contaminazione fra arte e vita, di massificazione dei valori estetici e di individualizzazione edonistica che caratterizzano la società dell’immagine fra Ottocento e Novecento. L’arte non è più un’esaltazione della bellezza, ma un’esaltazione al consumo. La cultura di massa crea un nuovo fenomeno, motivo per cui lo schermo irromperà, il “disincanto”: con la modernità il mondo perde il senso del mistero, della magia che caratterizzava le epoche precedenti, la modernità si caratterizza per la modernizzazione dei fenomeni, la società moderna non ha più fondamento in quei valori che prima erano del sacro, del popolare e del folklorico. Secondo Weber, questa situazione avrebbe portato ad un senso di disorientamento. Il consumo diventa la “nuova religione” del mondo moderno. La chiesa comunicava l’eternità della religione, l’individuo si sentiva schiacciato dal peso e dalla grandezza di un potere divino o regale di fronte al quale non esisteva più. La pubblicità è l’astuzia con cui il sogno s’impone all’industria. Un’altra grande innovazione à la fotografia -> “Vista dalla finestra a Le Gras” (1826) è la prima immagine permanente della storia, realizzata da Joseph Niepce utilizzando la tecnica della camera oscura. 1839 à Louis Daguerre realizzò la sua tecnica fotografica chiamata “dagherrotipia” che permise di produrre immagini permanenti dettagliate e precise che fino ad allora non erano state possibili. L’immagine ottenuta era unica e non riproducibile, veniva conservata dentro cornici di vetro; questa tecnica è stata l’anticipazione del cinema, molte delle tecniche che di lì a poco verranno utilizzate nel cinema nascevano proprio dalla fotografia. Il cinema nasce grazie alla fotografia ma anche ad una serie di tecnologie che in passato avevano provato a sviluppare il concetto di “immagini in movimento”. Spiritismo à credenza di poter parlare con gli spiriti dei morti, tanto che quando nacque il telegrafo si pensò che attraverso di esso si potesse parlare con le anime dell’aldilà. Uno dei più famosi registi del primo cinema muto, in molti suoi film, faceva riferimento proprio a questo fenomeno. CINEMA à 28 novembre 1895 a Parigi, realizzato dai fratelli Lumière; il primo film che proiettarono in un caffè parigino si chiamava “L’uscita degli operai dalla fabbrica di Lione”. Non è un caso che il primo film della storia del cinema mostri degli operai à il cinema non sarebbe nato senza le fabbriche, senza gli operai, il cinema nasce proprio per dare alle masse proletarie uno spazio per rappresentarsi all’interno della società. Il cinema può, infatti, essere definito come l’arte della fabbrica. Nasceva come teatro dei lavoratori, come spettacolo di intrattenimento popolare a buon mercato; difatti è stato il primo medium a riunire gli spettatori di tutte le classi urbane, comprese quelle contadine e operaie. Il cinema mirava a restituire sul piano percettivo l’esperienza della vita della metropoli – vita diversa che il contadino poteva fare nel villaggio – con masse enorme di popolazioni. Con la tecnica del montaggio e l’uso della cinepresa mobile il linguaggio filmico recepì la forte accelerazione delle dinamiche spazio-temporali della metropoli. In tal senso, il cinema era molto vicino alle aspirazioni ideologiche e linguistiche delle avanguardie artistiche del Primo Novecento e in particolare del futurismo. Si voleva raccontare come cambiava la percezione dell’individuo nell’epoca moderna, l’artista doveva immergersi nella vita. Il cinema veniva incontro al bisogno diffuso di riscoprire i valori dell’incanto e della fascinazione immaginaria in un mondo razionalizzato e disincantato. Rispondere al disincanto della razionalità moderna con una nuova forma di incanto: quello del desiderio del consumo di altri spazi, luoghi e territori immaginari. Si superavano le barriere del “qui” e dell’”ora”, era la prima volta che le persone potevano vedere altri mondi, altre realtà, altre storie, tutte funzioni che fino ad allora avevano avuto solo miti e racconti. Se c’è una figura che racconta quello che stava portando la tecnologia cinematografica, è proprio Dracula (1897): il mito perfetto della civiltà dell’immagine à il vampiro è uno spettro, non è vivo e non è morto, è l’immagine viva di una cosa morta; dunque, cattura qualcosa che in realtà non esiste ma che comunque porta lo spettatore nella sua realtà, vampirizzandola. La terza fase riguarda lo sviluppo delle telecomunicazioni. 1844 à viene inventato il telegrafo da Samuel Morse negli Stati Uniti; il primo messaggio telegrafico fu inviato da Washington a Baltimora e comunicava cosa aveva creato Dio (funzionava ad impulsi elettrici, ogni impulso era una lettera dell’alfabeto). Fino all’invenzione del telegrafo, per parlarsi a distanza si usavano le lettere, mentre con il telegrafo si potevano scambiare comunicazioni in maniera simultanea, senza intermediari che recapitassero il messaggio. Si crea un fenomeno di disaggregazione dello spazio dal tempo, nel senso che la distanza spaziale tra gli individui ha cessato di costruire anche un fattore di dilazione temporale nei loro scambi comunicativi. 1876 à Alexander Graham Bell inventa il telefono, un apparecchio capace di convertire la voce in impulsi elettrici e viceversa; la comunicazione a distanza si avvia a diventare una pratica quotidiana ed universale. Diventa una tecnologia fondamentale perché crea un modello di comunicazione diverso da quello che c’era stato fino a quel momento: ® Promuove un modello di comunicazione familiare, portava la comunicazione esterna all’interno dello spazio domestico, tanto che viene definito un mezzo femminile in quanto le pubblicità mostravano spesso le donne al telefono; per la prima volta le donne creavano un primo proprio spazio pubblico tutto femminile -> strumento di emancipazione: per la prima volta il telefono dava cittadinanza comunicativa alle donne. ® È un mezzo di comunicazione interattivo ed individuale da un punto ad un altro anziché da un punto a tutti gli altri (come il giornale) ® È legato alla “socialità” e al rafforzamento dei legami sociali ® È possibile, per la prima volta, una comunicazione simultanea tra persone che sono assenti l’una dallo spazio dell’altra, la comunicazione non è più quella dell’interazione faccia a faccia. L’annullamento della distanza è, infatti, uno dei grandi eventi simbolici che hanno segnato l’avvio della modernità. 1901 à Guglielmo Marconi trasmette un segnale radio a lunga distanza all’isola di Terranova, alla costa della Cornovaglia in Inghilterra 1906 à il ricercatore Reginald Fessenden riesce a trasmettere per la prima volta la voce umana; agli inizi la radio era uno strumento comunicativo interpersonale (1:1), evento che fallisce e la radio diventa il primo mezzo di comunicazione organizzato in forma broadcasting, dove una persona parla e tante persone ascoltano. Anche la radio veniva considerata un medium comunicativo femminile, dato che anch’essa era presente prettamente nelle case. Mentre negli Stati Uniti la radio era uno strumento commerciale in mano alle aziende, in Europa era gestita soprattutto dallo Stato e, soprattutto nel periodo di guerra, diventa il primo grande strumento di propaganda bellica. La radio era fondamentale, basti pensare ai discorsi al caminetto di Roosevelt che parlava direttamente al suo popolo (un po’ come le nostre live Instagram), oppure Hitler che utilizzava la radio come strumento di propaganda. Marshall McLuhan ha definito la radio come un “tamburo tribale” perché la radio, secondo lui, ci riportava alla società preletteraria, permetteva di creare un senso di comunità e coinvolgimento emotivo, modificando la nostra società in una preindustriale (prima dello sviluppo della comunicazione di massa). 30 ottobre 1938 à emittente americana CBS manda in onda il programma Mercury Theatre on the Air che prevedeva il radiodramma di Orson Wells “La guerra dei mondi” Su 6 milioni di ascoltatori, circa un milione credette che gli Usa fossero invasi dai marziani, nonostante i 4 annunci della CBS che prima, durante e dopo il programma ribadì che si trattava di avvenimenti immaginari. Si verificarono assalti alle stazioni degli autobus, code di automobili e furono avanzate numerose richieste di risarcimento alla CBS. La nascita della massa “Società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo tale da trattare con vasti insiemi di persone considerate come unità indifferenziate di un aggregato o massa”. I fenomeni che segnano l’inizio di tale periodo sono industrializzazione, urbanizzazione e modernizzazione. Immaginano da una fonte dell’informazione, un messaggio, un trasmittente che codifica il messaggio trasformandolo in un segnale, tramuta la voce in impulsi elettrici che vanno poi attraverso un canale (che può essere disturbato da una fonte di rumore), il segnale viene ricevuto da un decoder che lo ricodifica (il segnale diventa in onde sonore) e il messaggio arriva al destinatario. Questo modello, però, non contiene il feedback che è invece fondamentale in una comunicazione. Negli stessi anni un modello che viene sviluppato è: IL MODELLO DI LASSWELL (È un perfezionamento dell’ago ipodermico) Questo modello è interessante in quanto è il primo tentativo di sistematizzare i dati di ricerca e le riflessioni teoriche raccolte e sviluppate nella fase iniziale della communication research. Distingue i vari modi in cui noi possiamo studiare la comunicazione sulla base del tipo di processo che vogliamo analizzare: si deve rispondere alle domande “chi” “dice cosa” “a chi” “con quale effetto”. È molto simile al modello stimolo-risposta. Prestare attenzione al “chi” significa collocarsi nell’area di studio dell’emittenza à l’operazione di separare la figura dell’emittente da quella del destinatario oggi è difficilmente difendibile e tale da ignorare l’ingresso di nuove figure come quella del prosumer (colui che veste attivamente i panni tanto del produttore quanto del consumatore). Prestare attenzione a “cosa” viene comunicato ci fa spostare nell’area di studio del messaggio. Tuttavia, la staticità del contenuto analizzato rischia di trasformarsi in un limite conoscitivo di notevole impatto. Prestare attenzione “a chi” è il destinatario implica un focus centrato sul pubblico: esistono “pubblici” con gusti e palinsesti trasversali ai vari media, di difficile individuazione. Prestare attenzione a “quali effetti” vengano attivati significa entrare nell’area di studi degli effetti, per l’appunto: intenzionali o inintenzionali, diretti o indiretti, a breve o a lungo termine. Lasswell fece anche un lavoro in cui studiava le tecniche di propaganda usate da americani, inglesi, francesi e tedeschi durante la Prima guerra mondiale e studiò i temi ricorrenti, facendo un’analisi del contenuto delle tecniche di propaganda. La critica più feroce a questo modello è stata fatta da Greg Wilson che l’ha bollato come primitivo in quanto non c’è nessuna interazione, nessuna casella dedicata al come e al perché. LE QUATTRO FASI DELLA COMMUNICATION RESEARCH 1. Anni Trenta à si afferma l’idea dei powerful media: viene elaborata la cosiddetta teoria ipodermica che suppone una diretta correlazione tra il messaggio veicolato dai media e i comportamenti passivamente adottati dal pubblico (colpito appunto da un proiettile o da un ago ipodermico). 2. Anni Quaranta – Sessanta à si ha l’epoca degli effetti limitati nella quale le persone sono considerate attive e dotate di strumenti che consentono di compensare, attraverso i rapporti sociali, il potere dell’informazione: le principali teorie di questo periodo vengono definite “teorie dell’influenza selettiva” 3. Fine degli anni Sessanta à si ha un ritorno ai powerful media ed una nuova attenzione all’influenza negoziata dei media. I media hanno un potere molto forte che non è quello di cambiare il comportamento degli individui ma di cambiare il loro modo di pensare, con un effetto a lungo termine. 4. Fine degli anni Settanta à si ha l’affermazione del paradigma dell’active audience che coincide con la svolta etnografica della corrente di Studi dei Cultural Studies I PAYNE FUND STUDIES à considerati una pietra miliare nell’ambito della communication research, rappresentano la risposta empirica al clima di allarme sociale diffuso negli Stati Uniti negli anni Trenta a seguito del grande successo del cinema. Sono nati grazie a: ® Sviluppo dei metodi di ricerca empirica à Bogardus (scala sociale in grado di misurare i pregiudizi razziali) e Thurstone (scala sociale in grado di misurare qualsiasi tipo di atteggiamento) ® Incredibile successo del cinema à 40 milioni di biglietti venduti ogni settimana nel 1922 Questi studi hanno finanziato ben 13 ricerche relative al contenuto dei film e agli effetti esercitati sulle giovani generazioni nell’arco temporale dal 1929 al 1932: sono stati individuati 10 generi presenti (crimine, sesso, amore, mistero, guerra, infanzia, storia, avventura, commedia e questioni sociali) e spesso venivano ritratti individui che consumavano tabacco o alcool (allora proibiti). Questi risultati confermarono la pericolosità di tale offerta. Il filone di ricerca sugli effetti può essere articolato in due aree di interesse: 1. Sugli atteggiamenti degli individui (quantitativa): misurarono l’orientamento nei confronti di alcuni gruppi etnici, pena di morte; i risultati dimostrarono che l’esposizione ripetuta mostrava un effettivo cambiamento di atteggiamento. 2. Sul comportamento quotidiano (qualitativa): misurarono l’influenza sui giochi, stili di vita, proiezioni e fantasie; i risultati dimostravano che il cinema non si limitava a influenzare il comportamento degli individui, ma proponeva modelli cui ispirarsi. Questi studi anticipano il riconoscimento della capacità dei media di fornire gli elementi con i quali pervenire alla costruzione della realtà: “le immagini propongono stili di vita estranei a molti individui e, conseguentemente, modellano la loro concezione di tali modelli di vita” Introducono, con molti decenni di anticipo, un esplicito riferimento alla capacità modellizzante esercitata dai media. LA TEORIA CRITICA È una teoria elaborata dagli studiosi della scuola di Francoforte à nasce nel 1923 all’Università Johann Goethe di Francoforte sul Meno, con l’iniziativa di una serie di intellettuali tedeschi, in un periodo di grande crisi per la Germania (scioperi, sovversione). Felix Wale, figlio di un industriale tedesco, studente all’università, era un marxista e organizza un convegno che si chiama “marxismo e teoria della cultura”. Il marxismo poteva essere una base di riflessione teorica importante per analizzare quello che stava succedendo in quegli anni; bisognava però superare il determinismo economico del marxismo secondo cui tutto dipendeva dal sistema capitalista. Si inizia a riflettere sul fatto che la cultura è fondamentale; quindi, Felix Wale invita al convegno sul marxismo i professori che più l’avevano appassionato: Max Horkheimer e Theodor Adorno, che insieme creano l’istituto à era la prima volta che si poteva insegnare e studiare il marxismo. Nel gennaio 1931 la direzione della Scuola viene presa da Max Horkheimer e nasce, per l’appunto, la scuola di Francoforte dove confluiranno tanti pensatori. In quegli anni c’era stata l’enorme crisi economica del 1929, la “Grande Depressione” che provoca il crollo del mercato finanziario a Wall Street e la disoccupazione per cui molte persone cadono in povertà. Da lì si capì che lo Stato avrebbe dovuto aiutare le classi più deboli e quindi iniziò il Welfare State, capitalismo che aiutava le persone più deboli. Un altro fenomeno fu l’avvento del nazismo e, sempre negli stessi anni, in Unione Sovietica c’era stata la Rivoluzione Russa ed era arrivata la dittatura Stalinista. All’interno di questa cornice la Scuola di Francoforte sviluppa le sue teorie: ® Funzione dialettica del pensiero critico: secondo la scuola, la teoria deve avere una finalità pratica e politica. Superare la dicotomia tra teoria pratica, tra pensiero e azione. Deve essere usata dalle classi più sfruttate per prendere coscienza della loro condizione e provare a ribaltarla (TEORIA RIVOLUZIONARIA). ® Deve fondarsi sul pensiero negativo: anche se non è in grado di cambiare il mondo, il pensiero critico deve essere un pensiero negativo, che mette in luce le contraddizioni e le ingiustizie del sistema perché solo così se ne prende coscienza ® Il pensiero critico deve smascherare la falsa coscienza: si riferisce alla credenza o alla percezione sbagliata che gli individui hanno riguardo alla loro condizione e alle relazioni sociali che li circondano. Gli individui sono ingannati e illusi dalle ideologie dominanti del sistema sociale in cui vivono La falsa coscienza è un ostacolo alla liberazione dell’essere umano, poiché impedisce di ribellarsi per ottenere una società più giusta e umana (es: idea che molti di noi hanno riguardo le disuguaglianze economiche e sociali; molte ideologie politiche ci fanno credere che questa disuguaglianza sia il risultato del merito personale e della capacità individuale). La falsa coscienza è alimentata dall’ideologia del neoliberismo à idea che il libero mercato garantisce a tutti un’equa distribuzione delle risorse e delle opportunità, come a dire “siamo tutti sullo stesso livello e i più bravi ce la fanno”. La disuguaglianza è il risultato di fattori strutturali ma la falsa coscienza porta le persone a credere che sia inevitabile. La cultura di massa è una forma di “falsa coscienza” perché induce le persone a conformarsi alle norme e ai valori dominanti della società capitalistica, impedendo loro di sviluppare un pensiero critico e autonomo. A partire dalla riflessione sulla falsa coscienza entrano in contatto con la cultura americana e intraprendono gli studi sull’industria culturale. L’opera fondamentale della Scuola di Francoforte è la “Dialettica dell’Illuminismo”, scritta da Horkheimer e Adorno nel 1947; si tratta della più raffinata critica della cultura occidentale del Novecento. La loro riflessione è per certi aspetti datata però per altri dice delle cose ancora oggi interessanti. Dialettica à metodo per analizzare e comprendere la realtà sociale e storica, metodo filosofico che consiste nella contrapposizione di due o più tesi opposte, superate in una sintesi superiore; per Hegel è il motore del progresso storico. Marx riprende questo concetto ma, secondo la sua idea, è la lotta di classe il principio dialettico che porterà all’avanzamento nella storia. In questo libro non si intende per “illuminismo” il movimento storico, ma l’ideologia dominante della società capitalistica, che immagina che l’uomo, grazie alla sua ragione, può dominare tutta la realtà e la vita rendendo il mondo ai margini della propria razionalità. L’uomo diventa assoggettato ad una logica strumentale, un mero oggetto della tecnologia e dell’economia, siamo diventati uomini asserviti ai sistemi che abbiamo creato per dominare il mondo. Ad accelerare questo processo è stata la rivoluzione industriale. La logica strumentale è una forma di razionalità che domina la nostra realtà contemporanea. In questa riflessione non usano “cultura di massa” ma introducono il concetto di industria culturale à termine coniato all’interno della Dialettica dell’Illuminismo per riferirsi al sistema di produzione di beni culturali (musica, film, libri, programmi televisivi) fatti per essere venduti all’interno del sistema industriale capitalista. Vogliono concentrarsi molto di più sull’aspetto industriale, il modo in cui la cultura viene industrializzata. “film, radio e settimanali sono un sistema. Film e radio non sono altro che affari, serve loro da ideologia, che dovrebbero legittimare gli scarti che producono volutamente. Si autodefiniscono industrie” Questo produce la standardizzazione à l’industria culturale è definita industriale perché assimilata alle forme organizzative dell’industria e risponde alle esigenze di un mercato di massa. Pertanto, è legata a processi di standardizzazione, produzione in serie e razionalizzazione distributiva. È un’industria dove c’è una pianificazione. Si verifica la mercificazione à l’industria culturale trasforma i prodotti culturali in merci, ovvero oggetti di scambio sul mercato a scapito della loro qualità artistica e del loro valore culturale. Altra parola chiave è l’intrattenimento à l’industria culturale promuove una cultura affermativa in cui ogni elemento negativo e critico tipico della vera arte è scomparso. In tal senso la cultura non è in grado di risvegliare una coscienza critica verso la società. L’industria culturale agisce sull’autonomia del consumatore riducendola a intrattenimento, per cui divertirsi finisce per significare essere d’accordo. Stereotipizzazione à qualsiasi occasione di fruizione mediale deve poter essere ottenuta senza alcuno sforzo da parte del fruitore. Per facilitare questo processo, l’industria culturale ricorre alla stereotipizzazione, ossia all’elaborazione di generi che definiscono il modello attitudinale dello spettatore, prima che questo si interroghi di fronte a qualunque contenuto specifico. L’industria culturale era una vera e propria “fabbrica del consenso” che: 1. Porta alla creazione di prodotti culturali che favoriscono la diffusione di ideologie dominanti 2. Elimina la funzione critica della cultura, cioè quella di farci riflettere criticamente (“non c’è bisogno che pensi, ti devi solo divertire”) 3. Trasforma gli individui in fruitori passivi LA RICERCA AMMINISTRATIVA Centro “Bureau of Applied Social Research”, fondato negli Stati Uniti d’America preso l’università di Columbia nel 1944; il suo primo direttore è stato Paul Lazarsfeld. Le principali DIFFERENZE tra la ricerca critica e quella amministrativa: ® La teoria critica concepisce il sistema dei media come luogo di riproduzione dei rapporti di forza presenti nel contesto economico-sociale ® La ricerca amministrativa vede il sistema dei media come uno strumento neutrale usato per raggiungere determinati scopi percezioni, soprattutto quando queste sono influenzate da aspettative e pregiudizi; si mostrava ai soggetti una vignetta dove un bianco ha in mano un coltello e minaccia una persona nera (l’aggressore è quindi il bianco), i soggetti coinvolti vengono invitati a raccontare le immagini ad altre persone e durante il racconto essi capovolsero le parti, piano piano si fece passare l’opposto (il coltello era nelle mani del nero). In uno studio del 1947 Cooper e Jasper hanno dimostrato che quando le vignette, che contenevano messaggi di pregiudizio razziale, venivano mostrate ad una persona razzista o religiosa, essa innescava meccanismi di percezione selettiva tali per cui vengono trasformati i significati della vignetta in modo conforme alla propria visione del mondo. Se una persona ha un’opinione su un determinato argomento tende a cercare informazioni che la supportino e a ignorare quelle che la contraddicono, poiché ciò la fa sentire più sicura e conferma le sue credenze esistenti à si riducono le dissonanze cognitive tra le loro credenze e i fatti che incontrano. Teoria della dissonanza cognitiva à elaborata nel 1963 dallo psicologo statunitense Leon Festinger. Secondo questa teoria le persone tendono ad essere coerenti con l’idea che hanno di sé stessi, con i loro comportamenti e pensieri. Se non riescono ad esserlo, vanno incontro ad una dissonanza che causa disagio; a questo punto cercheranno di ridurre questa sensazione spiacevole realizzando un cambiamento nel comportamento o una ristrutturazione cognitiva. Es: “So che fumare fa male ma mi piace fumare” à dissonanza tra ciò che si pensa e ciò che si fa Cambiamento del comportamento à smetto di fumare Ristrutturazione cognitiva à si cercano informazioni che sostengono la scelta del comportamento, applicando un meccanismo di selettività. ® RISPETTO AL MESSAGGIO à variabili intervenienti che derivano dal contenuto e dal modo in cui questo viene presentato Carl Hovland e gli studi sull’efficacia della propaganda à la propaganda era efficace nell’influenzare il comportamento dei soldati americani a partecipare alla Seconda Guerra mondiale, ma solo se la propaganda era considerata credibile e se i soldati ritenevano che fosse stata presentata da una fonte affidabile à la credibilità della fonte determina l’efficacia della comunicazione. Entrano in gioco competenza à fonte ritenuta in possesso di buona conoscenza dell’argomento e di alto livello di expertise; e fiducia à fonte ritenuta degna di fede, sincera e disinteressata. Per studiare bene come si andavano a diffondere i messaggi di propaganda, Hovland fa una ricerca che è inserita all’interno del “Progetto American Soldier” del 1941-45 à uno dei primi studi su larga scala a utilizzare metodi di ricerca scientifici per comprendere il comportamento umano in situazioni di guerra. I film di Frank Capra, noti anche come la serie Why We Fight, furono realizzati negli stessi anni con l’obiettivo di spiegare ai soldati americani le ragioni della loro partecipazione alla guerra e motivarli a combattere. Nel 1949 Hovland, Lumsdaine e Sheffield organizzano numerosi esperimenti per valutare l’efficacia dei film trasmessi ai soldati nei vari centri di reclutamento e addestramento à studiarono i valori intervenienti rispetto al messaggio: ® Ordine delle argomentazioni: la persuasione è più efficace quando viene presentata per prima l’argomentazione più forte e il pubblico è meno coinvolto nell’argomento e non ha un’opinione già formata (EFFETTO PRIMACY); la persuasione è più efficace quando, invece, viene presentata l’argomentazione più debole e il pubblico è già coinvolto nell’argomento e ha un’opinione già formata (EFFETTO RECENCY). ® Completezza delle argomentazioni: la persuasione è più efficace quando il messaggio persuasivo è completo, ovvero quando presenta tutti gli argomenti necessari per supportare la posizione difesa (both sides). Se il messaggio persuasivo è incompleto o manca di informazioni cruciali (one side), il pubblico potrebbe essere meno propenso ad accettare la posizione difesa. Solo in presenza di un elevato livello di istruzione e di opinioni preesistenti sull’argomento, aveva maggiore efficacia il messaggio both sides. ® Esplicitazione delle conclusioni: la persuasione è più efficace quando la conclusione è esplicitamente indicata nel messaggio persuasivo. Tuttavia, i soggetti con un elevato livello di istruzione preferivano che le conclusioni non venissero esplicitate, esattamente il contrario avveniva tra i soggetti con un livello basso. IL FLUSSO A DUE FASI DELLA COMUNICAZIONE I contatti personali hanno un ruolo privilegiato nei processi decisionali degli individui rispetto alla comunicazione dei media; questo avviene perché: ® Selettività: l’influenza personale è più pervasiva e meno auto-selettiva di quanto lo siano i media ® Flessibilità: nel corso di una conversazione, infatti, si può intervenire minimizzando alcuni aspetti, se percepiti come sgraditi all’interlocutore, enfatizzandone altri se ritenuti più vicini agli interessi del soggetto ® Gratificazione: i contatti personali offrono una ricompensa immediata a seguito della condivisione di un’opinione e, nel caso ciò non accada, possono dar vita a forme di emarginazione ® Fiducia e prestigio dell’interlocutore sono, per gli individui, importanti fattori di “credibilità” della comunicazione. L’attribuzione di una maggiore capacità persuasoria ad alcune persone piuttosto che ai mezzi di comunicazione condusse i ricercatori ad individuare alcuni soggetti dotati di influenza: concetto di leader d’opinione à alcune persone hanno un ruolo particolarmente influente nel plasmare le opinioni degli altri: questi individui sono stati chiamati “leader d’opinione”. Sono persone che hanno una posizione di rilievo nella società (professionisti, opinionisti, insegnanti o politici) considerati dagli altri come fonti autorevoli di informazioni e giudizi (“leader molecolari”). ≠ leader molari: sono leader perché occupano una posizione di autorità formale (dirigente, manager). Questa constatazione portò all’elaborazione di un modello di comunicazione che superava il classico modello emittente-messaggio-ricevente: FLUSSO A DUE FASI DELLA COMUNICAZIONE. In questo processo, la comunicazione è composta da due fasi: 1. La prima è quella della comunicazione limitata dagli opinion leader, in cui i messaggi e le informazioni sono filtrati e interpretati attraverso le opinioni di costoro 2. La seconda è quella della comunicazione che avviene dagli opinion leader ai membri del pubblico, in cui le informazioni vengono condivise e discusse Questo va a smentire il classico modello dell’ago ipodermico e della bullet theory dove si consideravano gli individui come facilmente manipolabili; noi viviamo dentro reti di rapporti sociali dove c’è sempre una figura filtro esposta ai flussi primari che riceve, rielabora e trasmette le informazioni. Nel 1955 Katz e Lazarsfeld analizzano il concetto di influenza personale à prendono un focus di persone per cercare di capire il concetto del leader d’opinione, dimostrarono che essi sono persone esposte ai media; gli individui sono sia influenzati dai media che dai leader d’opinione. Katz e Lazarsfeld distinguono due tipi di leadership: - Leadership orizzontale d’opinione à esercitata tra simili e può essere reversibile - Leadership verticale d’opinione à esercitata da soggetti con posizione sociale superiore ai quali viene attribuita una maggiore competenza su certe questioni Robert Merton distingue tra: - Leader d’opinione locale à soggetti riconosciuti all’interno di una comunità come portatori di una saggezza e di autorevolezza, aderisce alle organizzazioni formali, può esercitare un’influenza su aree diverse - Leader d’opinione cosmopolita à soggetti non percepiti come membri di una comunità, cui vengono riconosciute competenze specifiche in relazione ad un ambito circoscritto Gli effetti limitati dei media à i processi comunicativi furono, per la prima volta, posti in un contesto all’interno del quale i destinatari esibivano appartenenze, reti sociali e relazioni interpersonali in grado di mediare rispetto ai messaggi veicolati. Le comunicazioni di massa non erano così potenti da superare i meccanismi della selettività e le barriere rappresentate dalle relazioni interpersonali. LE TEORIE DELLA SELETTIVITÁ Klapper à la comunicazione persuasoria di massa tende, di norma, ad agire più in direzione del rafforzamento e della modificazione di lieve entità. La pubblicazione nel 1960 del volume di Klapper negli Stati Uniti mise fine alle preoccupazioni circa gli effetti manipolatori dei media: che i media producessero effetti di rafforzamento veniva considerato un dato positivo, coerente con una visione della società fortemente integrata. L’affermarsi di approcci e teorie riconducibili ai powerful media determinò una graduale dismissione dell’esposizione selettiva come chiave di lettura del rapporto tra offerta mediale e individui fino a quasi scomparire del tutto nel corso degli anni Settanta e Ottanta. L’esposizione selettiva può essere utilizzata come un importante predittore degli effetti dei media. Dal punto di vista del sistema dei media, le trasformazioni tecnologiche intervenute sono alla base del ripensamento necessario circa la natura delle audience, dei messaggi e delle delivery technologies. Le aree di riflessione individuate sono: ® L’aumento dell’offerta informativa: siamo passati dal monopolio Rai al duopolio con Mediaset fino all’attuale situazione che vede decine e decine di canali sul digitale terrestre ® La frammentazione dell’audience: rispetto alla fonte ma anche ai contenuti, diversificati in misura significativa grazie all’incremento dell’offerta ® La fine dell’esposizione casuale: alcune pratiche possono consentire di sottrarsi a un’esposizione casuale ma ce ne possono essere altre che reintroducono tale possibilità; anche nel nuovo ecosistema mediale può capitare di esporsi casualmente a un prodotto comunicativo che non è frutto di una scelta ® La partigianeria dell’esposizione da parte dei soggetti: si basa sul desiderio di cercare informazioni coerenti con le attitudini preesistenti, sottraendosi a quelle discrepanti Nel corso del tempo, l’esposizione selettiva si è arricchita di numerose sfumature; le ragioni alla base della manifestazione di tale fenomeno sono: a. La riduzione della dissonanza cognitiva à gli individui, in presenza di messaggi non coerenti con le loro opinioni, possono sottrarsi ai messaggi stessi b. La ricerca del sostegno informativo à per difendere le proprie posizioni e pervenire a un’idea più articolata della questione c. La riduzione del costo dell’elaborazione delle informazioni à il costo più contenuto è più attraente per gli individui che possono risparmiare energie cognitive d. L’attribuzione di un giudizio di qualità ad alcuni media outlet à alla base di tale valutazione vi è il giudizio negativo nei confronti di media di parte e poco attendibili nella costruzione dell’offerta formativa e. La ricerca di una consonanza con l’audience à comportamenti quali la selezione di oggetti, l’adesione a gruppi o la lettura di una testata giornalistica nell’ambiente online possono essere considerati “identity marker” Stroud identifica anche quattro tipi di esposizione selettiva: 1. La selezione tra news e intrattenimento à i prodotti che gli individui scelgono quando hanno la possibilità di farlo, è strettamente legata all’aumento dell’offerta Il rischio di tale selezione è quello di agevolare la costruzione di mondi distanti e non comunicanti 2. La selezione di messaggi concernenti diversi temi à interessi specifici possono spingere ad acquisire informazioni riguardo determinati argomenti 3. La selezioni di determinati media outlet à non è una scelta legata a temi o generi ma al mezzo stesso, che può essere visto come maggiormente affidabile rispetto agli altri 4. La selezione di messaggi coerenti con le proprie posizioni à gli individui scelgono i media outlet ritenuti più vicini alle loro posizioni politiche Una nuova entrata nel dibattito pubblico sono state le echo chambers à ormai la rete consente a tutti la presa di parola, causando una diffusione di massa di informazioni, creando problemi relativi alla distinzione tra notizie vere e false. In presenza di tali condizioni gli individui si confinano in echo chambers. Le conseguenze del loro sviluppo sono: ® Rischio di estremismo violento: campagne d’odio nei confronti di gruppi avversi; ® Problemi per la governance: autosegregazione dei votanti in gruppi con le stesse idee, rendendo difficile arrivare a soluzioni politiche ragionevoli; ® Mutazioni nelle forme di consenso: i politici adottano modalità specifiche di relazione come dirette video o tweet sarcastici nei confronti delle controparti ® Difficoltà a distinguere le notizie vere dalle notizie false Se nel passato era molto semplice individuare l’agenda del pubblico, oggi ci troviamo di fronte ad un “world of agendas” à a determinare la moltiplicazione delle agende hanno contribuito sia la crescita dei canali informativi, sia le numerose conversazioni che si sviluppano sui social media e sui blog. Prioritized agenda à ciò che le persone trovano nelle news e valutano come temi più importanti Agenda melding à agenda che combina al suo interno elementi provenienti da varie agende dei media tanto verticali quanto orizzontali, che riorganizza e mette in relazione temi a partire dagli interessi degli individui e/o da quelli del network LA COSTRUZIONE DELL’AGENDA (agenda building) L’agenda building è il processo che spiega come la costruzione dell’agenda avviene attraverso l’azione di una pluralità di attori, spesso fuori dal contesto dei media. Non c’è un potere politico che crea le notizie, c’è una pluralità di forze in gioco che non necessariamente sono nel contesto dei media. I temi sono in competizione tra loro per attrarre l’attenzione del pubblico (che è limitata). Ciò provoca una lotta politica, economica, socioculturale, non sempre visibile, per l’affermazione di un tema a scapito di un altro. La rilevanza “relativa” di un tema à l’inserimento di un tema di agenda viene visto come il risultato finale di un processo che vede coinvolti altri soggetti e altri temi e che, in ultimo, viene valutato in termini migliori rispetto ad altri. Il tema è rilevante rispetto a tanti fattori, certi temi possono entrare o uscire dall’agenda rispetto al periodo storico à es: guerra in Ucraina, che è iniziata in realtà nel 2014 ma in quegli anni aveva una copertura mediatica molto bassa in quanto si svolgeva in una zona non conosciuta (Donbass) ma anche per motivi politici (ad esempio, i rapporti con Putin erano di collaborazione). Ci sono anche temi che non entrano proprio in agenda come la guerra in Yemen, crisi umanitaria più importante al mondo in questo momento, eppure riceve una bassissima copertura mediatica (le motivazioni potrebbero essere razziali ma anche geopolitiche). La costruzione dell’agenda è un processo collettivo che coinvolge vari attori e, in particolare, delle ricerche hanno dimostrato che gli attori più coinvolti sono 3: 1. La realtà esterna (disoccupazione, razzismo), temi rilevanti che inevitabilmente entrano in agenda 2. La logica di selezione delle notizie e la costruzione di un tema nell’ambito dei media (regole giornalistiche, newsmaking); ci sono degli studi che dividono le fasi attraverso il quale un avvenimento grezzo diventa una notizia: la prima fase è l’incontro dei giornalisti che mettono in luce gli avvenimenti raccolti, poi cercano di trovare un modo per raccontare, introducono una narrazione del tema 3. I rapporti di potere: potere dei media vs. potere delle fonti à i primi dispongono del potere di destinare spazio e di attribuire enfasi ai temi da essi selezionati; le seconde dispongono del potere di diffondere le informazioni utili alla copertura dei temi McCombs ha fornito una risposta al quesito Who sets the media agenda?: L’intermedia agenda non è altro che quell’influenza esercitata da alcune testate su altre nella selezione e trattazione dei temi. La scelta dei temi da trattare rappresenta il risultato dell’intermedia agenda setting, cioè l’accordo che si produce nell’interazione tra i media. Suggerisce di tenere conto dei seguenti elementi: 1. Le fonti principali che forniscono le informazioni alla base della copertura giornalistica 2. Le altre testate giornalistiche e di informazione 3. Le norme e le tradizioni proprie del giornalismo Altrettanto significativo è il ruolo delle audience mediali che sono nella condizione di poter segnalare intorno a quali temi vogliono pensare rovesciando l’assunto di base dell’agenda-setting. IL SECONDO LIVELLO DELL’AGENDA Alcune ricerche hanno dimostrato che il potere dell’agenda può essere ancora più forte e quindi raggiungere un altro livello. I media non hanno solo successo nel dirci intorno a cosa pensare, ma hanno successo nel dirci come pensare riguardo a tali temi. I media possono influenzare non solo l’importanza che il pubblico attribuisce a un argomento ma anche la modalità con cui il pubblico interpreta, discute e agisce in relazione all’argomento stesso. Un concetto utilizzato dagli studiosi è quello di ATTRIBUTO: caratteristiche specifiche dell’oggetto o dell’argomento in questione che vengono evidenziate dai media e che possono influenzare la percezione pubblica. Gli attributi possono essere di natura diversa, ad esempio fattuali (come il numero di persone coinvolte in un evento) o valutativi (come la gravità di un problema). Es: copertura mediatica della pandemia, che all’inizio ci è stata inculcata come fatto più importante da seguire, ma successivamente sono stati aggiunti tanti altri fatti (attributi) come il numero di morti ogni giorno, che hanno influito sulla percezione pubblica della gravità della pandemia e sulle scelte politiche da effettuare. Un altro concetto molto utile utilizzato è quello di FRAME: lente interpretativa attraverso cui i media presentano l’oggetto o l’argomento in questione. I frame sono i modelli mentali che i media utilizzano per organizzare le informazioni e per presentare un punto di vista specifico. Costruire un frame significa selezionare alcuni aspetti della realtà e attribuire loro una salienza maggiore all’interno di un testo, promuovendo in tal modo una particolare definizione del problema, un’interpretazione casuale, una valutazione morale e/o una raccomandazione (Robert Entman 1993) Qualsiasi cosa decidiamo di raccontare, la selezione è un’interpretazione. “I media sono l’apertura nella parete che ci permette di vedere la realtà al di fuori, ma quella che noi vediamo è una porzione della realtà, quella inclusa e limitata dal telaio della finestra che perimetra il nostro campo visivo e svolge per noi la funzione di selezione della nostra vita” (Barbara Tuchman). Laddove i media fossero in grado di suggerire non solo intorno a cosa pensare ma anche il come pensare – attraverso la presentazione selettiva di attributi e frame – finirebbero, in pratica, per suggerire alle persone cosa pensare. IL TERZO LIVELLO DELL’AGENDA (la network agenda setting) La network agenda-setting sostiene che le notizie non ci dicono solo intorno a cosa e come pensare: esse determinano anche le associazioni tra i diversi messaggi nell’obiettivo di dare forma alla realtà sociale. In parole semplici, questo terzo livello può essere definito come l’insieme delle relazioni che intercorrono tra gli elementi dell’agenda dei media e l’agenda del pubblico. Vi è un mutamento di prospettiva nell’analisi delle relazioni tra agende: nel passato, il focus di ricerca era di natura gerarchica mentre ora è di natura networked. La metodologia di analisi dei dati, inoltre, è evidentemente ispirata alla social network analysis, più adatta a cogliere le dinamiche proprie dell’ambiente mediale del presente. LA SPIRALE DEL SILENZIO Elizabeth Noelle-Neumann è stata presidente dell’Allensbach Institut fur Demoscopie, che fondò nel 1947 insieme al marito Erich Peter Neumann. Il suo testo “La spirale del silenzio” è stato pubblicato in Germania per la prima volta nel 1980, ma la sua teoria era già presente in un articolo del 1974. Vuole spiegare come nasce l’autoritarismo attraverso un esperimento e fingendo di creare un’associazione “L’onda” che si basa sulla forza attraverso la disciplina, la comunità e l’azione. Le persone iniziano a reprimere la propria individualità per conformarsi al gruppo e sentirsi parte di una comunità. “L’onda” si trasforma in un movimento violento e coloro che si sentono parte del gruppo iniziano a prendersela con le persone che non ne facevano parte. L’esperimento voleva far capire quanto fosse facile portare le persone a conformarsi alle idee del gruppo. Le persone tendono a rimanere in silenzio sulle proprie opinioni se queste sono diverse da quelle della massa per paura di risultare diversi. La teoria della spirale del silenzio ha un suo fondamento negli studi della psicologia sociale, in particolare su quello di Solomon Ash del 1951 (linee più lunghe e più corte), che ha dimostrato come le persone tendono a conformarsi al gruppo anche quando le opinioni vengono percepite errate o contrarie alla propria esperienza. Questo avveniva a causa: ® dell’influenza informativa, per cui l’individuo si adegua al gruppo quando pensa che la maggioranza abbia più informazioni riguardo la situazione; ® dell’influenza normativa, per cui il timore di apparire diverso dagli altri e non essere accettato spinge gli individui a conformarsi al gruppo A collegarsi all’influenza normativa è il concetto di ignoranza pluralistica à ciascuno pensa che gli altri abbiano più informazioni sulla situazione e quindi di fronte a un evento ambiguo le persone osservano il comportamento altrui per cercare di interpretarlo correttamente senza considerare che anche gli altri stanno facendo lo stesso. Un fenomeno molto simile è il fenomeno dell’effetto spettatore à nasce da un fatto di cronaca quando una giovane donna americana venne brutalmente uccisa mentre stava tornando dal lavoro, suscitò scalpore perché molte persone avevano assistito alla scena ma nessuno fece niente. La teoria dell’effetto spettatore ci dice che quando molte persone sono presenti in una situazione di emergenza, c’è una minore probabilità che qualcuno intervenga perché ogni individuo tende a pensare che qualcun altro si prenderà cura della situazione o trae un’informazione erronea dal mancato intervento degli altri (“Gli altri non fanno nulla, quindi la situazione non è così grave”). Questo tipo di studi venne applicato anche da Paul Lazarsfeld che scopre un fenomeno di conformismo sociale in occasione delle elezioni: il fenomeno del “last minute swing” à molti elettori prendono la loro decisione di voto solo negli ultimi giorni o addirittura nelle ultime ore prima delle elezioni. Questi elettori sono indecisi o poco motivati e spesso basano le loro decisioni valutando prima il clima di opinione dominante. Questo studio appartiene all’effetto band wagon à tendenza che le persone hanno a aderire ad un’opinione dominante solamente perché quell’opinione è scelta da molti. Uno dei posti in cui questo fenomeno si verifica maggiormente è, infatti, proprio l’ambiente elettorale. Teoria della Spirale à sostiene che le persone hanno una forte tendenza a conformarsi alle opinioni della maggioranza per evitare di sentirsi isolate o emarginate dalla società. In altre parole, se una persona percepisce che la sua opinione è in minoranza, potrebbe decidere di non esprimerla per evitare di sentirsi isolata o criticata dagli altri. Gli individui temono l’isolamento sociale perché hanno un bisogno di sentirsi accettati e di appartenere a un gruppo per soddisfare il loro bisogno di appartenenza. Per evitare questa condizione di isolamento, gli individui sono costantemente alle prese con un’operazione di monitoraggio di ciò che gli altri pensano intorno ai temi controversi del momento. L’operazione di monitoraggio è più probabile quando ci sono temi “divisivi”, rispetto ai quali vi sono posizioni che consentono agli individui distinzioni tra noi e loro. Gli individui monitorano il clima di opinione e individuano quello dominante attingendo al coverage mediale dell’esperienza personale. Sviluppano una “competenza quasi-statistica” che li mette nella condizione di valutare se il proprio punto di vista rispetto a un tema controverso li colloca tra coloro che condividono una posizione maggioritaria o minoritaria. La competenza quasi-statistica è il risultato di una combinazione tra l’adattamento all’ambiente circostante e l’ambiente virtuale televisivo (“opinione pubblica duale”). In tal modo: “Le persone hanno l’abilità di stimare quanto sono forti le diverse posizioni all’interno del dibattito pubblico”. Il mezzo televisivo rende la percezione selettiva più difficile di quanto non avvenga con la stampa o altri media. Il clima di opinione duale si sdoppia concettualmente sulla base del fatto che due sono le fonti e i luoghi di circolazione delle opinioni. Da una parte c’è quello che comprende tutti i rapporti interpersonali di un individuo, dall’altra c’è il clima d’opinione mediale. Coloro che si percepiscono come portatori di una posizione minoritaria hanno di fronte a sé due opzioni: abbracciare la posizione maggioritaria oppure tacere per evitare l’ostracismo e la riprovazione sociale. Questo comportamento può creare una sorta di “spirale del silenzio”, in cui le opinioni di maggioranza diventano sempre più forti e visibili, mentre le opinioni di minoranza vengono silenziate e marginalizzate. La concezione integrativa dell’opinione pubblica elaborata dalla Noelle-Neumann si traduce nel fatto che l’opinione dominante costringe alla conformità di atteggiamento e comportamento e minaccia di isolamento l’individuo che dissente. La teoria riprende i modelli pessimistici sulla società di massa ed esalta il potere della tv. Tuttavia, c’è spazio anche per chi non si adegua al clima dominante: troviamo innovatori o le avanguardie, che non temono la posizione di minoranza. Sin dalla sua formulazione, la teoria della spirale del silenzio si è costantemente confrontata con la ricerca empirica. Nel corso degli anni la ricerca si è impegnata a offrire sempre nuovi setting per testare le ipotesi di base della teoria, nel tentativo di colmare le lacune esistenti. La teoria della spirale del silenzio dovrebbe essere considerata come un maneggevole strumento teorico adatto a descrivere alcuni aspetti affascinanti della dinamica dell’opinione pubblica, in particolare l’importanza dell’osservazione delle opinioni altrui. Gli heavy-viewer avevano solitamente paura ad uscire per strada di notte, possedevano animali da guardia o armi per proteggersi, avevano poca fiducia nella politica e nella società in generale, ritenevano l’avere un figlio in un mondo così brutto una irresponsabilità. Ciò che pensiamo di conoscere del mondo è qualcosa che apprendiamo a partire da quello che assorbiamo dalle immagini televisive. La sindrome del mondo malvagio à sebbene negli USA meno dell’1% della popolazione era veramente vittima di un crimine, i telespettatori più assidui tendevano a considerare il mondo in modo più negativo rispetto a quelli più saltuari. Erano portati a pensare che non ci si possa fidare della maggior parte della gente e che “ognuno pensa solo a sé stesso”. I forti telespettatori elaboravano “risposte televisive”, frutto di una sovrapposizione tra realtà televisiva e mondo reale. L’uso massiccio del mezzo televisivo non ha effetti immediati sul pensiero ma produce nel lungo termine un effetto di “coltivazione”. Provoca un cambiamento della percezione della realtà, facendo vivere lo spettatore in un mondo modellato su ciò che viene trasmesso nella televisione. Principali critiche: ® La teoria della coltivazione avrebbe dovuto adottare un “approccio multidimensionale” All’analisi del sistema di messaggi e del sistema della coltivazione avrebbe dovuto accompagnarsi anche un’analisi dei processi istituzionali rimasta perlopiù incompiuta, cioè lo studio delle scelte politico- editoriali alla base della produzione dei messaggi televisivi ® L’uso, le modalità di fruizione del mezzo televisivo, le rappresentazioni sociali che si costruiscono a seguito del consumo televisivo rappresentano problematiche così complesse che certo non possono essere esaurite in una relazione tra numero di ore di esposizione e visioni del mondo ® La correlazione tra fenomeni, esposizione televisiva (variabile indipendente) e coltivazione di determinate immagini della realtà (variabile dipendente) può essere rovesciata. Invece di dire che “la televisione crea persone impaurite”, si può affermare il contrario: le persone impaurite e alienate possono cercare nell’ambito dell’offerta televisiva la conferma di quanto le preoccupa Effetti di prim’ordine à adozione da parte dei telespettatori di letture e interpretazioni del mondo offerte dalla televisione che sovrastimano alcuni fenomeni Effetti di second’ordine à interpretazioni, attitudini, sentimenti e valori rispetto al mondo mutuati dalla televisione. Oggi, secondo alcuni studiosi, questa teoria funziona molto di meno in quanto il sistema mediale è cambiato, e la sua trasformazione è dovuta a: - Diversificazione dell’offerta - Differenziazione delle modalità e dei tempi di consumo - Frammentazione e diversificazione dell’audience Diventa difficile ipotizzare un unico e diffuso sistema di messaggi e diventa difficile sostenere che il consumo televisivo sia estraneo a scelte selettive dei consumatori. C’è anche però chi sostiene che c’è più televisione di prima perché con YouTube e Tiktok, ad esempio, continuiamo a guardare programmi televisivi. La tv continua a essere la religione di stato: i nuovi media assolvono la funzione di “attrarre, organizzare e impacchettare – cioè coltivare – i pubblici”. La funzione di socializzazione trasversale attribuita al mezzo televisivo viene fortemente ridimensionata dalla diversificazione dell’offerta e dalla potenziale veicolazione di messaggi ideologici contrastanti, presenti nei diversi canali o nei diversi media. La coltivazione continua ad operare, solo in modo differente: gli individui sono coltivati da specifiche visioni del mondo, selezionate in base alle loro scelte. L’APPROCCIO DEGLI USI E GRATIFICAZIONI La gente utilizza i media per i propri benefici. Gli individui, quindi, in base a determinati bisogni, si rivolgono ai media per trovare una gratificazione. Audience attiva à l’audience viene considerata attiva, ponendosi come interrogativo “cosa fanno le persone con i media?” piuttosto che chiedersi “cosa fanno i media alle persone?”. L’attenzione si sposta dallo studio degli effetti della comunicazione (manipolazione, persuasione, influenza) alle funzioni svolte dai media nella società. Ci troviamo sempre in ambiti di ricerche empiriche, che usano come metodologia quella del self-report: discussioni informali e relazioni scritte dai soggetti intervistati per identificare le motivazioni della gratificazione del consumo dei media. Un’altra tecnica parte dall’osservazione di una persona e si cerca di capire le motivazioni. LA TEORIA FUNZIONALISTA DEI MEDIA Funzionalismo à immagina la società come un sistema complesso composto da parti interdipendenti che lavorano insieme per raggiungere uno scopo comune. Secondo la teoria funzionalista ogni parte della società ha una funzione specifica che contribuisce al benessere dell’intero sistema. La teoria funzionalista dei media cerca di individuare le funzioni e le disfunzioni svolte dai mass media all’interno del sistema sociale. Una delle prime ricerche fatta nel 1949 da Bernard Berelson scopre che i giornali svolgono una funzione di sorveglianza: le persone hanno bisogno dei giornali in quanto strumenti che permettono di avere un controllo sull’ambiente circostante, entrando in relazione con la collettività. Lasswell nel 1948 individua le tre funzioni sociali dei mezzi di comunicazione: 1. Vigilanza sull’ambiente à poter raccogliere informazioni 2. Mediazione fra le componenti sociali à la possibilità di avere un’interpretazione coerente 3. Trasmissioni dell’eredità sociale Wright, nel 1960, aggiunse la quarta funzione del divertimento. Altre funzioni: Attribuzione di status e prestigio à i media possono riversare la loro attenzione su specifiche persone; ricevere attenzione da parte dei media comporta un automatico riconoscimento di appartenenza a una sfera alla quale appartengono individui di status più elevato di altri. Rafforzamento delle norme sociali à i media possono svolgere una funzione eticizzante, attraverso una propria “politica culturale” in cui vengono proposti come “ovvi” e “naturali” valori, modelli di comportamento e azioni e denunciati atti devianti all’opinione pubblica. Disfunzioni: Disfunzione narcotizzante à il cittadino informato e interessato può compiacersi per tutto quello che sa, senza accorgersi che si astiene dal decidere e dall’agire. Il sovraccarico di notizie può attivare un ripiegamento nella vita privata, percepita come più tranquillizzante e facilmente controllabile. Essere un cittadino ben informato, però, non significa essere un cittadino attivo. Spinta al conformismo à i media tendono a mantenere l’equilibrio esistente, a conformarsi alle norme consolidate piuttosto che ad innovarle. Se tutti i sottosistemi, compreso quello dei media, sono impegnati a mantenere l’equilibrio esistente, ne discende una spinta a conformarsi alle norme consolidate piuttosto che a innovarle. La televisione non anticipa cambiamenti sociali ma li assimila, normalizzandoli o spettacolarizzandoli. Due fasi dell’approccio: 1. Infanzia: studio delle motivazioni che accompagnano la scelta del consumo mediale; ricerca del nesso tra le gratificazioni tratte dagli individui e il contenuto dei media. Ci sono due categorie di funzioni: - Semplici: offerta di relax (capacità dei media di offrire occasioni di riposo ed evasione), stimolazione dell’immagine (i media si consumano per proiettarsi in altre realtà), interazione sostitutiva (i media possono soddisfare il nostro bisogno di interazione sociale), creazione di un terreno comune per i contatti sociali - Complesse: distensione emotiva (bisogno di alleggerire le emozioni) e scuola di vita (i film offrono modelli ai quali ci possiamo adeguare) Limiti dei primi approcci: ® Approccio metodologico fondato su domande aperte per registrare le dichiarazioni degli intervistati in merito alle funzioni dei media ® Approccio che ignora qualsiasi riferimento alla distribuzione di frequenza delle classi di gratificazione nella popolazione ® Nessuna attenzione ai nessi tra le gratificazioni cercate e le origini sociali e psicologiche del bisogno che deve essere soddisfatto ® Nessun tentativo di individuare la complessa rete di relazioni tra le funzioni dei diversi media 2. Fase matura: maggiore attenzione al modo in cui i diversi media operano per soddisfare diversi bisogni; maggiore attenzione alle origini sociali e psicologiche dei bisogni soddisfatti dai media I media soddisfano cinque classi di bisogni: o Bisogni cognitivi: acquisizione e rafforzamento delle conoscenze e della comprensione o Bisogni affettivi-estetici: rafforzamento dell’esperienza estetica o emotiva o Bisogni integrativi a livello della personalità: rassicurazione, stabilità emotiva, incremento di credibilità e status o Bisogni integrativi a livello sociale: rafforzamento delle relazioni interpersonali, con la famiglia e con i componenti dei gruppi di riferimento o Bisogni di evasione: allentamento delle tensioni e dei conflitti Attenzione al modo in cui la presenza di bisogni diversi si correla all’utilizzo di mezzi diversi, che offrono combinazioni uniche (contenuti caratteristici, attributi tipici, diverse situazioni di esposizione). Attenzione alle circostanze ambientali e sociali che spingono il soggetto a rivolgersi ai diversi media per ottenere una gratificazione. Es: un immigrato che ha difficoltà a integrarsi nella società, quindi per lui consumare un media può essere un modo per sentirsi connesso a una comunità più ampia e avere accesso a situazioni che normalmente non potrebbe vivere. Ricerca di Alan Rubin (1984) sulla differenza tra fruizione ritualistica e strumentale della televisione: la fruizione ritualistica avviene quando accendiamo la televisione per guardare ciò che c’è a prescindere da ciò che viene trasmesso; quella strumentale ci porta ad accendere la televisione per un programma specifico. Il consumo dei prodotti mediali deve essere posto in relazione al contesto sociale entro il quale si sviluppano i bisogni che spingono gli individui all’esposizione. Ruggiero ha richiamato l’attenzione degli studiosi su alcuni attributi di internet assenti nei media tradizionali: interattività, demassificazione e asincronia à la combinazione di questi attributi con la tradizionale tipologia del consumo mediale dovrebbe essere alla base della ricerca ispirata agli usi e alle gratificazioni dei nostri tempi. L’approccio usi e gratificazioni si configura come un “candidato naturale per contribuire a illuminare l’era dei media online, nella quale gli utenti dei media digitali sono tanto emittenti che riceventi dei messaggi”. Gli individui sono nella condizione di produrre, editare e selezionare contenuti, creare un proprio universo comunicativo, sfruttando e interpretando le nuove affordances tecnologiche (modality, agency, interactivity, navigability). In un ambiente nel quale le scelte di consumo sono così ampie e imprevedibili, l’approccio offre agli studiosi ottime possibilità di comprensione del rapporto tra media e individui. LA TEORIA CRITICA Il contributo più rilevante dato da Horkheimer e Adorno allo studio sui media è la nozione di “industria culturale”, vera e propria fabbrica del consenso attraverso la costruzione di un vero e proprio sistema dei media governato istituzionalmente, che presenta un’offerta apparentemente diversificata. Il prodotto dell’industria culturale, in quanto merce, viene privato del suo valore estetico a favore di un valore di scambio; essa agisce sull’autonomia del consumatore riducendola a intrattenimento, per cui divertirsi finisce per significare essere d’accordo. L’industria culturale ricorre allo strumento dello stereotipo, vale a dire alla stabilizzazione di alcuni elementi utili per la loro riconoscibilità in futuro; il ricorso alla stabilizzazione si traduce nella nascita dei “generi” per evitare un improbabile rifiuto da parte del pubblico. L’obiettivo principale è quello della manipolazione del pubblico: per gli individui non vi è possibilità di fuga, l’industria culturale è troppo potente. Ritorna l’idea di un sistema dei media onnipotente rispetto ai soggetti, a cui non viene data neanche la possibilità di sottrarsi. Alcuni dei temi propri della teoria critica sono al centro della riflessione attuale sull’evoluzione di internet e del web, in particolare in relazione al web 2.0, grande esperimento sociale. Stuart Hall ci parla della mancanza di simmetria tra i due processi perché la codifica avviene in un contesto specifico di produzione, con determinati obiettivi e presupposti, mentre la decodifica avviene in un contesto altrettanto specifico, con un bagaglio culturale e una posizione sociale diversa. Ci sono tre differenti modalità di decodifica: ® La posizione dominante egemonica (lettura preferita): il pubblico prende il significato connotato da un telegiornale o una rubrica di attualità direttamente nella sua interezza e decodifica il messaggio nei termini del codice attraverso il quale è stato codificato ® La posizione negoziata: si attua quando il pubblico non accetta completamente né respinge il messaggio dei media, ma cerca di negoziare il significato in base alle proprie esperienze e conoscenze individuali à processo di negoziazione del significato ® La lettura oppositiva: si attua quando il pubblico riceve il messaggio codificato dal mittente ma lo interpreta in maniera diametralmente opposta rispetto alle intenzioni del mittente stesso à interpretazione critica del messaggio Quindi si pone maggiore attenzione sui processi attivi di interpretazione dei messaggi mediali da parte dei pubblici; i cultural studies non considerano i mass media come un semplice strumento di manipolazione delle masse ma riconoscono che il pubblico può interpretare e resistere alle rappresentazioni dei media. David Morley tra il 1975 e il 1979 ha fatto una ricerca sulle audience del programma televisivo di attualità “Nationwide” trasmesso dalla BBC che ha applicato il modello encoding-decoding. Il significato del testo televisivo non è mai univoco, ma viene costruito differentemente sulla base dei discorsi messi in gioco dal lettore, I gruppi presi come studio erano composti da: giovani apprendisti ingegneri e metallurgici, sindacalisti, commessi e studenti di colore. Quali segmenti di audience decodificavano in linea con i codici preferiti/dominanti e quali, invece, si muovevano su letture negoziate o oppositive? David scopre che ogni gruppo interpretava il messaggio in maniera differente sul messaggio, appunto, di una lettura differente; c’erano diverse letture a seconda del gruppo preso in considerazione. UN NUOVO MODO DI OSSERVARE LE AUDIENCE L’esposizione al mezzo televisivo viene considerata come un’attività sociale che talvolta diventa collettiva: si pensi ai nuclei familiari che spesso consumano i pasti guardando la televisione oppure che si riuniscono con l’intendo di guardare insieme qualcosa in tv. Una tipologia degli usi della televisione da parte dei vari membri della famiglia viene costruita da Lull attraverso uno studio triennale con cui i ricercatori passano giornate intere con le famiglie. L’analisi di Lull individua due dimensioni d’uso della televisione nell’ambito domestico: 1. Uso strutturale - Uso ambientale in una forma di compagnia o intrattenimento - Uso regolativo che può accompagnare le diverse attività quotidiane 2. Uso relazionale - Le occasioni di comunicazione, l’offerta di temi di discussione, la creazione di un terreno di comune interazione - Appartenenza o esclusione - Apprendimento sociale di modelli e valori - Competenza e dominio Allo sviluppo dei Cultural Studies ha contribuito Shaun Moores che individua gli elementi più generali che vanno focalizzati all’interno della ricerca sui consumi dei media. Innanzitutto, il concetto di “consumo” va estrapolato dalla dicotomia oppositiva con il concetto di produzione per pensarlo come una vera e propria attività produttiva. Un secondo elemento è rappresentato dal concetto di “radicamento”, che indica come sia le pratiche di consumo sia i media come oggetti culturali siano entrambi situati. Nella fase di radicamento si può verificare una rinegoziazione delle dinamiche familiari. Un terzo elemento è l’”articolazione”, cioè i modi in cui una nuova tecnologia mediale si sposa con le culture vive del consumo. Con il concetto di “addomesticamento” si indica il processo con cui le tecnologie dell’informazione e della comunicazione vengono portate e integrate all’interno dell’ambiente domestico; rappresenta il passaggio di una frontiera dallo spazio pubblico a quello privato. La teoria della domestication si fonda su tre elementi costitutivi: 1. Economia morale della famiglia à il consumo mediale dei membri di una famiglia è modellato da un insieme di conoscenze, valutazione e gusti a loro volta determinati e modellati dalle storie, dalla biografia dell’unità domestica e dai suoi membri 2. Una doppia articolazione tra medium come oggetto e come mezzo di comunicazione à come oggetto viene acquistato e portato nel contesto domestico per le sue caratteristiche funzionali ed estetiche; come mezzo, attraverso il suo consumo vengono negoziati significati pubblici e privati 3. Presenza di quattro dinamiche processuali: - Appropriazione à quando una tecnologia lascia il mondo delle merci ed entra nell’ambito domestico - Oggettivazione à inerente alla collocazione spaziale dell’oggetto-medium e alla sua esibizione - Incorporazione à modi in cui gli oggetti mediali si inseriscono nelle routine quotidiane, rientrando nei ritmi temporali dell’unità domestica - Conversione à definisce la relazione fra l’ambito familiare e il mondo esterno La ricerca sui pubblici costituisce un tassello importante nel processo di riconoscimento della dimensione attiva e produttiva delle audience. Una ricostruzione della storia della audience research viene ricostruita attraverso una periodizzazione che vede prima l’affermarsi di un “paradigma comportamentale” poi di un “paradigma incorporation/resistance” e arrivare al “paradigma spectacle/performance”. Occorre pensare le audience come soggetto performativo capace di definire la propria identità nell’ambito delle relazioni che costruiscono con le forme mediali. Questa condizione di performatività è collocata nell’interazione fra due processi storici: la concezione del mondo come spettacolo e la costruzione narcisistica dell’individuo. Il paradigma spectacle/performance evidenzia una natura mutevole dei pubblici che integrano i processi delle audience nella vita quotidiana e nei percorsi identitari. Abercrombie e Longhurst definiscono un continuum del pubblico costituito dalle seguenti categorie: ® Consumatori, il cui uso dei media è generalizzato e non focalizzato ® Fan, utenti assidui dei media che mostrano particolare interesse per certi generi, contenuti e personaggi ® Adepti, che sviluppano una competenza specializzata per certi generi e testi mediali ® Appassionati che consumano, producono e condividono dei prodotti mediali amatoriali ® Piccoli produttori che si orientano alle forme semiprofessionali o professionali di produzioni culturali organizzate attraverso il mercato o tramite gruppi di appassionati musicisti, scrittori, film maker MEDIA DIGITALI E SOCIETÁ I media digitali sono definiti come “insieme di mezzi di comunicazione basati sull’utilizzo di tecnologie digitali”, termine che fa riferimento a tutte quelle tecnologie che si sono sviluppate dopo la diffusione del personal computer a partire dagli anni Ottanta. Tutti i media sono nuovi quando vengono introdotti e prima che una successiva innovazione tecnica li renda vecchi; il termine può far pensare che i media digitali siano in qualche modo migliori di quelli vecchi; i media digitali non sono nuovi perché, in realtà, non sostituiscono mai davvero i media preesistenti, ma spesso li integrano o li modificano à rimediazione à essa comporta una relazione di competizione ma anche di coevoluzione e cooperazione tra media diversi. Caratteristiche dei media digitali: 1. Digitali à le proprietà fisiche dei dati in ingresso sono convertite sotto forma di simboli astratti ≠ analogico: proprietà fisiche dei dati in ingresso sono convertite in un’altra forma fisica analogica 2. Interattivi à gli utenti possono intervenire ed esercitare una propria influenza sul contenuto, i nuovi media permettono ai pubblici di diventare soggetti attivi e non semplici spettatori 3. Ipertestuali à offre al lettore la possibilità di poter consultare un testo in modo non lineare o sequenziale, con l’ipertesto ogni lettura diventa una scrittura potenziale 4. Personali à possibilità di adattare i contenuti alle esigenze degli utenti, fa fruire i contenuti in modo svincolato dal tempo e dallo spazio Queste hanno determinato un declino dell’idea del pubblico come una massa omogenea. Tale mutamento è spiegato con il concetto di società in rete à Manuel Castells: la network society è la conseguenza di tre processi emersi tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta: ® La rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: introduzione del transitor, dei computer, del microprocessore, studi sui chip, reti a banda larga, Internet per trasmettere voce, immagini e dati ® La ristrutturazione delle economie industriali di fronte all’emersione di un nuovo mercato aperto e flessibile: nelle “imprese a rete” la produzione viene scissa in funzioni diverse localizzate nella sede più conveniente. L’impresa postfordista appartiene allo spazio dei flussi di rete dove ciò che conta è la circolazione delle informazioni à capitalismo informazionale. ® La nascita di movimenti culturali orientati ai valori della libertà e autonomia individuale: crisi della famiglia patriarcale, portata dall’immissione della donna nel lavoro e la sua rivendicazione di autonomia ma anche dai movimenti di contestazione politica e le lotte delle minoranze Il web offre una nuova forma di socializzazione immobile, lo stare insieme senza uscire di casa: virtual togetherness. Rainie e Wellmann hanno coniato il termine individualismo reticolare à Internet consente di identificare e contattare persone con cui si condividono passioni, interessi e valori e organizzare con loro una rete di interazioni. L’individualismo reticolare è dunque una forma di socialità strutturata su relazioni liberalmente scelte dagli individui, non più vincolata ai gruppi sociali a cui essi fanno riferimento nella vita quotidiana offline. L’idea che il web sia destinato ad estendere le reti di relazione tra individui trova la sua principale conferma nei social network, ognuno dei quali è accomunato da tre costanti: ® La registrazione in un profilo personale pubblico o semipubblico ® La compilazione di una lista di altri utenti con cui restare in contatto e scambiare informazioni ® Possibilità di visualizzare e attraversare le liste di amici e conoscenti, sia proprie che degli altri Tim O’Reilly conia il termine web 2.0 per indicare un’evoluzione di Internet che comprende l’insieme di tutte quelle applicazioni online che garantiscono agli utenti un elevato livello di interazione e partecipazione. Henry Jenkins vede nel web l’affermazione di una cultura partecipativa, in cui gli individui non agiscono solo come consumatori ma anche come contributori o produttori; essa rappresenta un cambiamento che investe tutto il sistema dei media e la chiave di tale cambiamento si rintraccia nel concetto di: Cultura convergente à fa riferimento al modo in cui i consumatori sfruttano i minori costi di produzione e distribuzione garantiti dai media digitali per archiviare i contenuti, modificarli, farli propri e rimetterli nel circuito in nuovi e potenti modi. Il web 2.0 ha portato all’emersione di una nuova forma di aggregazione sociale chiamata pubblici connessi (networked publics) à spazio pubblico creato e alimentato dalle tecnologie di rete. A garantire la possibilità di produzione e circolazione dei contenuti all’interno dei pubblici connessi sono quattro proprietà: 1. Persistenza: i contenuti tendono a permanere online 2. Replicabilità: i contenuti possono essere ripresi, modificati o duplicati 3. Ricercabilità: i contenuti sono reperibili agevolmente 4. Scalabilità: la visibilità dei contenuti è potenzialmente crescente Queste danno vita a tre dinamiche che modellano i networked publics: ® Invisibilità delle audience online: chi comunica attraverso i social sa che si sta esponendo all’osservazione potenziale di pubblici la cui presenza non è immediatamente manifesta ma risulta immaginata ® Negli ambienti offline tendiamo a relazionarci con diversi pubblici, si costruisce una presentazione di sé a seconda del contesto in cui ci si trova; nei social media invece questi contesti si fondono l’uno con l’altro ® Confusione tra pubblico e privato, ovvero il problema di mantenere distinti i limiti tra la dimensione sociale e quella intima Un termine affiancato alla network society è la platform society à le piattaforme sono infrastrutture digitali che consentono a due o più gruppi di interagire tra loro; esse forniscono a terze parti informazioni sui comportamenti dei loro utenti, sui loro interessi, preferenze e gusti. Ogni piattaforma ha un suo specifico status giuridico-economico e può essere gestita da diversi proprietari per scopi di lucro o con finalità no profit; anche il modello di business adottato può essere diverso, possono Altro termine nuovo è “cyberspazio”, mondo alternativo dove le persone possono liberarsi dai vincoli dei loro corpi terreni ed emanciparsi da tutte le forme di discriminazione; anche se sessismo e razzismo, ad esempio, non vengono semplicemente abbandonati quando si entra nel cyberspazio. Il cyberspazio è lo spazio trans per eccellenza, dove chiunque può essere ciò che nella vita reale non si può o non si è in grado di essere; inoltre, gli spazi cyberqueer: ® Permettono di fare coming out ® Offrono un modo per sviluppare forme di intimità tra persone che condividono lo stesso orientamento ® Contengono informazioni rilevanti su temi come sesso, identità di genere e salute sessuale ® Soddisfano il bisogno di appartenenza Nella prima metà degli anni Novanta i primi studi sulla sessualità in Internet sono stati fatti sui giochi online testuali; successivamente è stata analizzata la presenza di sex shop in Rete che portavano accettazione e normalizzazione dell’uso dei prodotti connessi alla sessualità. Internet rappresenta una nuova opportunità di mercato anche per il lavoro sessuale e ha un ruolo importante anche per l’ambito dell’educazione sessuale. In particolare, però, sono stati analizzati due temi molto importanti: 1. Pornografia: i porn studies l’hanno rivalutata analizzandola come prodotto culturale e anche informativo 2. Cybersex: disponibilità di condividere non solo la voce, ma anche immagini in tempo reale in forma anonima Pian piano, l’era del domino dell’anonimato su Internet inizia a declinare, le identità sono sempre meno in grado di nascondersi in quanto i social network incoraggiano gli utenti a fornire informazioni veritiere. A venire meno, poi, è l’idea di Internet come un luogo libertario, egualitario e democratico. Molte ricerche iniziano ad interessarsi del modo in cui le differenze di genere non tendano a sparire con Internet ma continuino a condizionare fortemente le modalità con cui uomini e donne usano i media digitali. Grazie all’approccio STS comprendiamo che anche i media digitali contribuiscono a formare le nostre idee riguardo al genere e alla sessualità, ciò avviene grazie a tre elementi: ® L’industria tecnologica è ancora dominata dagli uomini, creando un allineamento tra tecnologia e maschilità egemone ® Molte interfacce vanno a rinforzare alcune logiche sociali mediando il genere ® I media digitali permettono agli utenti di agire performance di genere più varie Un importante lavoro è quello di Noble, si concentra sui pregiudizi negativi che colpiscono principalmente le donne non bianche à effettuando ricerche su “ragazze nere”, “ragazze asiatiche” o “ragazze latine” i primi risultati sono immagini pornografiche; se digitiamo “ragazze bianche” non abbiamo lo stesso risultato à discriminazione algoritmica. L’avvento del social network rappresenta una sfida per le persone della comunità LGBTQIA+: piattaforme come Facebook e Twitter privilegiano una forma di visibilità pubblica obbligata che, se per molte persone è un’opportunità per fare coming out, per molte altre può essere rischiosa. Per questo molti utenti queer cercano di contrastarla usando lo pseudonimato, curando un profilo che non possa essere trovato sui motori di ricerca. Tumblr, al contrario, è considerato il social network queer per eccellenza: non è una piattaforma progettata per essere automaticamente pubblica, presenta una maggiore libertà in termini di account multipli e non obbliga all’utilizzo di un nome legale e non richiede alcuna forma di ancoraggio con la vita esterna. Tumblr rappresenta una tecnologia trans: ® Spazio aperto e confortevole ® Si possono pubblicare contenuti che testimoniano i loro cambiamenti ® Separato dal resto delle relazioni quotidiane ® L’identità su Tumblr è più autentica, più rappresentativa di chi si vuole davvero essere I social network sono diventati importanti anche all’interno dei processi che plasmano sesso e sessualità; ci sono tre elementi attraverso i quali le piattaforme permettono o limitano i contenuti sessuali: 1. Moderazione à monitoraggio delle creazioni degli utenti perché non violino le norme -> con lo shadowbanning si limita la visibilità ad alcuni utenti 2. Affordance à favoriscono o meno alcune modalità con le quali gli utenti si relazionano con il sesso 3. Algoritmi à molto spesso essi male interpretano o falliscono nel riconoscere dei contenuti MEDIA DIGITALI E INTERAZIONI SESSUALI Le Partnered Arousal Online Sexual Activities sostengono l’idea che in assenza di e-mail, social network o siti interattivi non esisterebbero pornografia, informazioni sessuali e occasioni di scambi erotici. La maggiore accessibilità a pratiche connesse alla sessualità ha dato luogo alla cristallizzazione di posizioni che hanno celebrato e condannato la pornografizzazione della cultura. Quando sessualità e media digitali si sono affiancati molti hanno attribuito ai social media il ruolo di causa scatenate dell’avvicinamento dei giovani al sex work e alle dating app la causa dell’aumento dell’HIV. Tre intersezioni tra le aree descritte: ® Tra sesso e public life: quali tipi di sessualità sono visibili, quali condannate o celebrate ® Tra public life e media digitali: cosa è pubblico o no ® Tra media digitali e sesso: come le caratteristiche delle tecnologie digitali possono intrecciarsi con lo stigma o le sperimentazioni sessuali Le paure che circondano il sovrapporsi di sesso, tecnologie e vita pubblica hanno dato vita al “panico morale” dove le preoccupazioni sono ritenute rilevanti a livello sociale. I nuovi spazi offerti dai media hanno permesso nuove sperimentazioni della sessualità come, ad esempio, il cybersex à interazione attraverso un dispositivo dove si condividono fantasie e desideri. Le interazioni sessuali mediate vengono anche definite Tiny Sex, dimensione minima ed essenziale del sesso. Il cybersex può avere un ampio range di significati per chi lo pratica: può essere parte della routine di una coppia per imparare nuove tecniche o sperimentare l’identità, per sentirsi liberi dagli schemi normativi, può essere un self-game riconfigurando la relazione tra sé e corpo o per puro divertimento. Far parte di una minoranza spinge ad usarlo prima di quanto accada ad altri. Ipotesi cyborg à i media digitali possono diventare dominanti nella vita sessuale e relazionale delle persone che li utilizzano. Il sesso virtuale ad oggi si è spostato anche nelle piattaforme di gaming permettendo ai giocatori di interagire attraverso touchscreen per emulare il piacere sessuale. Un grande cambiamento per quanto riguarda le interazioni sessuali mediate lo ritroviamo nel sexting che oggi indica lo scambio di messaggi o immagini sessualmente esplicite. Le campagne pubbliche che hanno a che fare con il sexting inquadrano le/i giovani come vittime, mettendoli in guardia sulle conseguenze che questa pratica potrebbe avere. Quando a praticarlo sono i ragazzi non succede nulla perché da loro ci si aspetta che esternino i propri desideri erotici; quando sono le ragazze, la scelta viene descritta come forzata da un potere esterno o dalla loro debolezza morale. Gli studi sul sexting ci permettono di osservare come le culture digitali si intrecciano con il genere e la sessualità: fenomeni relativi alla scoperta del sé e del corpo ma anche l’aspetto del sex work. La sex industry è diventata mainstream à il primo spazio online è nato nel 1994 e da lì ne sono seguiti tanti altri in quanto molto più sicuro sia per la sicurezza fisica, che per il costo più basso e per i minori problemi con le forze dell’ordine. Ci sono moltissime tipologie di sex work: dalle attività commerciali di persona, uso di piattaforme per comprare materiale sessuale, interazione tramite l’acquisto di video oppure l’esperienza webcamming (show di fronte alla webcam) e teledildonics (incontri con l’utilizzo di specifiche tecnologie azionabili a distanza). Una delle tematiche di futuro interesse riguarda i sexbot, entità artificiali capaci di far vivere esperienze erotiche, disponibili anche sottoforma di robot o bambole capaci di interagire; essi vengono anche utilizzati come esca per attirare gli utenti nei servizi di porno online o per altri tipi di truffe. Da qualche tempo queste entità hanno scatenato molte preoccupazioni dal punto di vista etico: lo sviluppo dei sexrobot aumenterebbe oggettivazione e stereotipizzazione delle donne e del corpo femminile. C’è anche chi li considera come una soluzione per tutte quelle persone sole o depresse. MEDIA DIGITALI E PORNOGRAFIE Oltre all’incremento numerico si è accompagnata una diversificazione del tipo di rappresentazioni e pratiche offerte, volte a soddisfare un pubblico sempre più ampio e alla ricerca del nuovo. La scelta di occuparsi di pornografia verrà interpretata in modo diverso e avrà delle conseguenze specifiche a seconda che a compierla siano donne o uomini o che siano persone cisgender o transgender. Tra gli anni Settanta e Ottanta si sono verificate le sex wars, che vedono come protagoniste donne appartenenti ai movimenti femministi: da un lato troviamo le studiose anti-porno, che considerano la pornografia una fonte di ispirazione per il disprezzo e la violenza nei confronti delle donne; dall’altro ci sono le feministe pro-sex che la vedono come uno spazio di liberazione ed esplorazione della sessualità femminile. Alla fine degli anni Settanta l’industria pornografica decide di scommettere sul VCR, il videoregistratore che porta la sessualità nella dimensione domestica e privata. Nel 1983 viene fondato il Club 90, luogo che tenta di mettere a tema il significato e il ruolo dell’essere donne e femministe che lavorano in un settore maschilista per eccellenza. La sua fondatrice fonda poi Femme Productions, che parlava alle donne inserite in relazioni eterosessuali; Fatale Media invece si rivolge alle donne lesbiche à hanno affermato che il porno non è solo una questione maschile, venendo presi sotto il termine di porno femminista ad indicare prodotti sganciati da uno sguardo sessista e razzista. Il queer porn, invece, respinge qualsiasi deriva binaria dal punto di vista del genere. Queste produzioni hanno basato la propria comunicazione dal punto di vista della trasparenza ed eticità dei propri processi produttivi portando ad abbandonare le precedenti designazioni a favore della dicitura di “porno etico”. Un punto di svolta per i porn studies è rappresentato dall’introduzione del concetto di body genres (Linda Williams) à generi che utilizzano la spettacolarizzazione del corpo femminile per stimolare una reazione corporea dell’audience. Federico Zecca individua cinque aree di ricerca all’interno dei porn studies: 1. Interessata ai mutamenti di ordine linguistico-istituzionale del genere 2. Si occupa delle industrie pornografiche dal punto di vista economico e organizzativo 3. Pornografia online 4. Pornografie alternative, che dedicano attenzione agli aspetti politici del fare pornografia 5. Problematizza il rapporto tra pornografia, sessualità e media in generale Svolta digitale à cambiamenti con l’avvento delle nuove tecnologie: ® Cambiamento economico: il budget si è contratto a causa del bisogno di competenze raffinate ad affiancare le case di produzione ® La divisione tra chi consuma il porno e chi lo fa diventa sempre meno marcata: chiunque lo desideri può diventare performer, registra e produttore di porno; aumento dell’autorappresentazione ® Si abbattono i costi in quanto con l’irruzione dei tubes il consumo diventa, in alcuni casi, gratis; con il digitale il consumo di pornografia acquista spazi proibiti ® Le persone sono più coinvolte perché possono scambiare opinioni su prodotti, pratiche e performer ® Modifica la forma dei materiali, in particolare videoclip, video che mostrano l’essenziale ® La presenza di performer professionisti ha trasformato l’industria del porno in una artigianale di attori indipendenti MEDIA DIGITALI E DATING I servizi di dating online si sono diffusi a metà anni Novanta, la prima a raggiungere molti utenti ed avere notorietà è stata Grindr, dedicata al mondo omosessuale maschile, lanciata nel 2009. Nel 2012 appare Tinder. Dapprima il fenomeno si è diffuso negli USA nella comunità LGBTQIA+ che tuttora sono una maggioranza à molte app sono nate per supportare interazioni tra utenti dello stesso sesso. Il processo di dating online si articola in 3 fasi: 1. Creazione di un profilo à breve presentazione con delle foto, caratteristiche fisiche, interessi, gusti musicali 2. Impostazione dei criteri di ricerca di potenziali partner à sesso, fascia di età, orientamento, distanza geografica massima 3. Interazione con altri utenti I temi di ricerca relativi alle app di dating riguardano: ® Presentazione del sé: si studiano le modalità di creazione dei profili e i contenuti à chi utilizza le app di dating seleziona strategicamente le informazioni e le foto da condividere ® Motivazioni d’uso: cosa li spinge ad usare le piattaforme di dating ® Grammatica proposta dalle piattaforme: attenzione ai processi con cui gli utenti attribuiscono senso alle proprie e altrui azioni all’interno dell’app ® Interazioni intime: descrizione delle dinamiche che avvengono all’interno delle piattaforme ® Subordinazione: alcuni gruppi di uomini occupano una posizione inferiore nella gerarchia di potere (omosessuali) ® Complicità: gli uomini che corrispondono alla norma culturale non sono molti, ma tutti traggono comunque vantaggio da quella egemonia nella generale subordinazione delle donne ® Marginalizzazione: interazione con altre strutture di differenziazione sociale Negli anni Duemila sono state proposte alcune revisioni al modello delle relazioni fra i generi e tra maschilità: tra le più influenti vi è l’ibridazione à capacità, da parte della maschilità egemone, di appropriarsi di caratteristiche delle maschilità non egemoni pur conservando la posizione dominante. Altre trasformazioni sono: ® Maschilità inclusiva: coesistenza di due forme dominanti di maschilità, una conservatrice e una inclusiva, caratterizzata dalla possibilità per gli uomini di esprimere vicinanza emotiva e fisica tra di loro ® Maschilità accudenti: rifiuta il dominio e fa suoi i valori della cura e dell’emotività Negli anni Novanta sono emerse le “maschilità multiple”, che danno vita a molteplici forme di espressione, pratiche, relazioni e possibilità di cambiamento; questo è avvenuto grazie anche alla tecnologia. Maschilità geek à costruita attorno alle capacità tecnico-informatiche solitamente considerate non virili in confronto ad altre tecnologie; pur non facendo uso della forza, usa il cervello per affermare il proprio dominio. Risulta centrale anche il concetto di networked masculinities àmaschilità prodotte e riprodotte all’interno e insieme a pubblici digitalmente connessi; gli ambienti virtuali offrono vaste possibilità di espressione e modalità differenti per rappresentare le maschilità. I media digitali possono essere luogo di performance di atti di virilità virtuali à pratiche appartenenti al mondo maschile che permettono agli uomini di accedere ai privilegi. In altri casi, tuttavia, i media digitali permettono la formazione di specifiche maschilità ibride: ® Gamer (categoria geek): membri di una subcultura in cui la maschilità passa per la capacità di distinguersi nel gioco con l’uso della mente Il mondo del gaming rimane spesso precluso alle donne a causa della misoginia ma anche ad altre soggettività, come dimostra l’uso di espressioni omofobe. ® Dating: gli uomini spesso performano una maschilità egemone accentuando caratteri maschili come l’incontenibile desiderio e le loro abilità sessuali ® Maschilità metrosessuale: include pratiche estetiche o di cura del sé convenzionalmente associate alle donne o a maschilità subordinate come quella gay Quindi i media digitali possono essere spazi di emersione di modelli alternativi in grado di opporre resistenza al modello egemone. I media hanno permesso che gruppi subordinati si potessero appropriare di spazi da cui erano esclusi: ad esempio, la moda è stata storicamente oggetto di pubblicazioni pensate per gli uomini e, per non mettere in dubbio la maschilità legittima, gli omosessuali ne erano esclusi. Grazie ai media essi hanno potuto produrre e diffondere contenuti incentrati sulla moda e lo stile di esprimere e rappresentare maschilità differenti. Un esempio di spazio digitale dedicato ad una maschilità accudente è rappresentato dai dad blog, luoghi di creazione condivisi di significati intorno alla paternità in cui si aprono spazi di confronto. Alcuni blog, tuttavia, propongono discorsi che sostengono il binarismo di genere e il modello egemonico. Nel 2012 è stato inaugurato, negli USA, un convegno che riunisce annualmente tutti i dad blogger che si riconoscono in un modello di paternità coinvolta e accudente, il Dad 2.0 Summit. Questo tipo di modello viene discusso dagli stay-at-home dad, padri che lasciano il lavoro per occuparsi dei figli, che esprimono opposizione verso la maschilità tradizionale. Il concetto di maschilità femminile, infine, mette l’accento sul fatto che la maschilità non ha necessariamente a che fare con un corpo maschile, anche le donne possono agire una maschilità che può produrre dinamiche misogine e rafforzare modelli egemonici. MEDIA DIGITALI E ATTIVISMO FEMMINISTA E LGBTQIA+ Possiamo pensare ai movimenti come reti di azione collettiva animate da una molteplicità di attori che condividono un orientamento comune e un’identità collettiva. Il concetto di identità collettiva è cruciale per cogliere la natura processuale dell’attivismo femminista, orientata al superamento di relazioni sbilanciate e di subordinazione tra i generi. La costruzione e la diffusione di definizioni condivise alternative a quelle dominanti sono la base di partenza per generare le “conseguenze culturali” dei movimenti. Parte fondamentale di questo lavoro è la costruzione dei frame di azione collettiva à schemi di interpretazione all'interno dei quali si da senso alle azioni politiche del movimento. Più l’attività di framing e quella di protesta si muovono all’unisono e riescono a stimolare consenso pubblico, più i processi di movimento sono efficaci nel generare cambiamento. L’azione collettiva garantisce ai movimenti due ordini di opportunità: 1. Opportunità politiche à condizioni che caratterizzano il sistema politico nel quale un movimento agisce 2. Opportunità discorsive à condizioni culturali in cui operano i movimenti I media digitali forniscono ai movimenti una serie di opportunità tecnologiche che compensano quelle che caratterizzano il contesto politico e culturale; l’attivismo online non è da pensarsi come una sostituzione delle tradizionali forme di azione ma come una forma di partecipazione che si intreccia con le manifestazioni di piazza, gli scioperi e le occupazioni. La circolazione di contenuti online genera una serie di conseguenze: ® Permette di aumentare la visibilità sia dei movimenti femministi e delle soggettività LGBTQIA+ sia delle istanze di cui si fanno portatori In particolare, Twitter, con i suoi hashtag, permette di conferire visibilità e stimolare la partecipazione anche a sforzi collettivi che si svolgono in contesti sfavorevoli. ® Permette di creare comunità che scavalcano i limiti dello spazio fisico e diventano luoghi all’interno dei quali costruire rapporti e interazioni che si possono trasferire online (Women’s March del 2017 che ha riunito più di due milioni di persone negli USA dopo l’elezione di Trump) L’attivismo di genere online mira a generare anche una trasformazione più ampia che investe la società nel suo complesso, soprattutto nei contesti dove le organizzazioni femministe o LGBTQIA+ sono marginalizzate. Una delle caratteristiche principali dell’attivismo online è la sua natura flessibile e personalizzata: si parla di azione connettiva, dove i frame e le narrative sono raccontate alla luce dell’esperienza personale. L’attivismo digitale rafforza tattiche di protesta già consolidate e permette di effettuare pratiche genuinamente digitali, come nel caso dell’e-mail bombing o del lancio di hashtag di protesta. La produzione e il consumo di prodotti digitali costituisce un atto di resistenza in sé e contribuisce al tentativo di sbrecciare ordini sociali etero-patriarcali legittimati anche a livello istituzionale. Una delle realizzazioni più evidenti dell’attivismo digitale femminista e LGBTQIA+ prende la forma dell’hashtag activism à insieme di pratiche di attivismo online che si agganciano all’utilizzo di un hashtag, permettendo agli attivismi di diventare globalmente organizzati, diffusi e visibili. La protesta ancorata agli hashtag può diffondersi anche su scala più ridotta à hashtag activism locale. MEDIA DIGITALI, GENERE E PRATICHE PARTECIPATIVE Il termine meme significa “qualsiasi cosa sia imitata”, coniato nel 1976 da Richard Dawkins. Essi dovrebbero essere considerati non come singole idee ma come un gruppo di contenuti: ® Unità culturali che si propagano attraverso Internet spesso per imitazione ® Elementi creati con la consapevolezza l’uno dell’altro ® Concetti che vengono fatti circolare, sono imitati o trasformati a partire dal contributo di molti utenti di Internet La produzione memetica segna il passaggio alla logica dell’azione connettiva perché, attraverso la condivisione online, si legano insieme i repertori individuali con gli schemi cognitivi dell’azione personale. In Rete di assiste a un processo di “memizzazione” della discussione pubblica tramite pratiche di remix tra contenuti politici ed elementi della cultura pop. I meme si traducono in uno strumento connettivo che permette di partecipare alla discussione pubblica e di consolidare o ridefinire le coordinate dell’ideologia mainstream. Due poli della funzione comunicativa dei meme: 1. I meme possono interpretare l’ideologia mainstream in modi interconnessi e dipendono dagli attori coinvolti e dagli obiettivi comunicativi; spesso i diversi frame non sono immediatamente riconoscibili, specialmente da pubblici meno esperti; 2. La loro capacità di ampliare la platea dei destinatari permette la propagazione di rappresentazioni eterogenee I meme possono essere facilmente strumentalizzati per una contrapposizione basata sull’ideologia sessista e sugli stereotipi di genere: due famiglie di stereotipi: o Legata alla dimensione biologica, riguarda i pregiudizi sulla donna o Deriva dalla violazione delle prescrizioni comportamentali ascritte al genere femminile quando queste si associano con quelle imposte dal ruolo di leader I meme sono ormai elementi stabili delle strategie comunicative politiche contemporanee à processo di participatory propaganda si sviluppa attraverso strategie orientate a influenzare le percezioni e i comportamenti dei pubblici. Un altro aspetto da considerare rispetto alle modalità con cui si possono armare i meme sono le pratiche di hijacking à forma di appropriazione e rielaborazione volontaria e creativa di un’idea o di un prodotto culturale tale da fargli assumere un significato opposto a quello veicolato nella produzione originaria. Le piattaforme digitali permettono la diffusione di una contronarrazione di genere che riesce a estendersi oltre le comunità più attente e interessate alle questioni di genere, mobilitando soggetti che contribuiscono alle istanze di cambiamento sociale attraverso pratiche che possono essere definite di culture jamming à forme di sabotaggio culturale che riescono a mobilitare altri cittadini/e rispetto a una specifica issue. La produzione memetica non rimane solo nel digitale ma riesce a sfociare in mobilitazioni in presenza, trasferendo le dinamiche dagli schermi alle strade. MEDIA DIGITALI E TECNOCULTURE MASCHILI Negli anni Sessanta il computer elettronico entra nel mercato del lavoro e diventa un mezzo di comunicazione sempre più utilizzato in ambito aziendale; l’attività di programmazione subisce un processo di professionalizzazione per cui essa viene trasformata in una delle professioni tecniche maschili più apprezzate à mascolinizzazione della professione informatica. Alla fine degli anni Sessanta appare lo stereotipo dell’informatico come individuo taciturno, trasandato, con la barba e i capelli lunghi, che indossa sandali e maglietta. Conseguenze: ® Allontanamento delle donne dalla cultura del computer ® Creazione dei computer boys, giovani maschi tecnologicamente esperti L’immagine della computer science come un ambiente ipermascolino trova conferma nella comunità hacker statunitense à in ambito informatico si definisce un esperto di programmazione, reti telematiche e sicurezza informatica che utilizza le proprie competenze per tre scopi: 1. Rendere l’informazione accessibile a tutti 2. Avere la possibilità di mettere le mani su qualsiasi sistema chiuso, capirne il funzionamento e migliorarne l’utilizzo in maniera originale 3. Trasmettere le proprie competenze Secondo la studiosa Sherry Turkle, quella hacker è una cultura che ruota attorno a tre elementi: ® Padronanza: rapporto che si ha nei confronti dello strumento tecnologico; gli uomini sono più propensi a una padronanza rigida che porta all’imposizione della propria volontà di controllo, le donne tenderebbero verso una morbida maggiormente orientata alla negoziazione ® Semplicità: la cultura hacker sembra essere formata da adolescenti che hanno la necessità di evitare situazioni complesse ® Senso della conquista: gli hacker sono spiriti irrequieti, egocentrici, nemici del conformismo, si irritano di fronte a qualsiasi tipo di restrizione o confine, alle leggi, regole e regolamenti. Susan Herring conduce importanti ricerche sulla differenza di genere nelle modalità di partecipazione alle forme di comunicazione mediata al computer: gli uomini utilizzano uno stile aggressivo e competitivo, ricorrono al sarcasmo e spesso al flaming (litigio online dove ci si scontra verbalmente); le donne sono più aperte al dialogo e più portate ad esprimere dubbi, scuse, porgere domande e suggerire idee. Questi due modelli comunicativi finiscono per creare una vera e propria egemonia discorsiva maschile che mette in secondo piano le voci femminili. Si vedono agire due tipi di comportamento maschili: la “monopolizzazione del discorso” e il “silenziamento delle donne”. Lori Kendall si propone di esplorare il modo in cui uomini e donne negoziano i loro ruoli di genere in internet: le donne riescono ad essere ascoltate solo se si dimostrano in grado di adeguarsi ai modelli di comportamento maschile. Dopo di lei, molti altri studi hanno provato che la partecipazione di giovani maschi bianchi rende più difficoltosa la presenza di donne; uno di questi è il trolling à utente che interagisce con gli altri con messaggi provocatori con l’intento di disturbare la comunicazione e fomentare le reazioni degli altri interlocutori.