Scarica (Analisi) La provvidenza, Seneca, BUR, 2018 e più Traduzioni in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! PROBLEMATICA E FORTUNA DEL DE PROVIDENTIA 1. UN DIALOGO APERTO All’abituale incertezza di poterne determinare la cronologia e talvolta la stessa completezza, si aggiunge il fatto che Seneca, nel momento stesso in cui dichiara di mettere a fuoco il problema della provvidenza in termini di teodicea, non affronta il quesito frontalmente ma lo aggira e lo differisce. Eppure si trattava di una questione che Seneca sapeva bene essere centrale nella dottrina teleologica e antropocentrica della scuola stoica, impegnata a conciliare la libertà dell’individuo con il determinismo cosmico, in contrapposizione con il materialismo atomistico e antiprovvidenzialistico di Democrito e di Epicuro. 1. La cronologia del dialogo Rimane incerta perché non plausibilmente confrontata né dalla lettura autobiografica né dalla ricognizione storica dei riferimenti (destinatario, exempla, allusioni) né dalla collocazione del trattato all’interno dell’intera opera senecana. 1. L’interpretazione autobiografica avalla le due ipotesi cronologiche estreme: l’esilio in Corsica (41 d.C.) e il ritiro definitivo dalla scena politica (62 d.C.). 2. A orientare alcuni critici verso la datazione bassa (62) del dialogo concorre l’esame di riferimenti storici interni al dialogo. Anzitutto la menzione dell’incontro di Seneca con Demetrio: “inter multa magnifica Demetri nostri et haec vox est, a qua recens sum”. La dichiarata frequentazione di un oppositore di Nerone indirizza verso il periodo disimpegnato di Seneca, la vicinanza dell’incontro (recens) esclude d’altra parte il periodo dell’esilio. 2. Farò l’avvocato degli dèi Il De providentia corre sui binari dell’accusa (intentio) e della difesa (depulsio). Tale natura retorica e più specificamente giuridica del trattato è confermata non solo dalla terminologia tecnica ma ancor più dalle partes orationis canoniche facilmente individuabili: prooemium, narratio, propositio, divisio, probatio (o confirmatio), peroratio. Nel prooemium (cap. 1), dopo aver indicato i termini e i limiti del quesito, Seneca accenna a due prove dell’esistenza della divinità (ordine e disordine cosmico) e conclude affermando i rapporti di amicizia (amicitia), parentela (necessitudo) e somiglianza (similitudo) fra dei e boni viri. Anticipatrice della dimostrazione vera e propria è la narratio (cap. 2), dove Seneca distingue fra mala e adversa, considerati questi ultimi come exercitationes volute dalla divinità per mettere alla prova il vir fortis, di cui Catone rimane l’exemplum più significativo. Alla narratio seguono (3,1) la propositio, incentrata sulla tesi dell’apparenza del male (videtur mala), e successivamente la divisio: 1. Le avversità sono utili a coloro cui capitano; 2. Giovano alla totalità degli uomini; 3. Capitano a chi è consenziente; 4. Sono conformi al fato; 5. Non possono rendere infelice il vir bonus. Dono queste le cinque argumentationes sviluppate nella diffusa probatio. La parte finale del dialogo assume i toni e i contorni della peroratio dove la ricapitolazione dei motivi del dialogo (enumeratio) si carica di due elementi retorici supplementari: la imponente prosopopea della divinità – l’accusato che si scagiona e che accusa a sua volta – e la brusca apostrofe finale (“acquid erubescitis? Quod tam cito fit timetis diu!”, “e non arrossite? Una lunga paura per un evento così breve!”). Alcuni hanno dubitato della completezza del De providentia e lo hanno ritenuto mutilo alla fine sulla base di una serie di indizi: il mancato sviluppo del quinto punto della divisio, la drasticità della chiusura, la mancanza dell’epilogo, l’eccessiva brevità del dialogo rispetto agli altri. 3. Il vir fortis In una discussione tutta polarizzata sull’etica eroica, il vir bonus è soppiantato dal vir fortis, protagonista degno dello sguardo di dio. Sull’etica e sull’ideologia del vir fortis Seneca fonderà tutte le argumentationes della probatio, riconoscendo come unici valori la forza interiore, l’impegno virile, la milizia morale. L’etica eroica culmina nel precetto ferte fortiter (“sopportare da forti”), dove la concentrazione retorica (allitterazione apofonica e paranomasia) esalta l’imperativo categorico. Tutto incentrato sulla teodicea e per nulla attento alla cosmologia, il dialogo ignora le obiezioni anti-provvidenzialistiche legate ai fenomeni fisici avversi. Un’ulteriore prova del prevalente interesse senecano per la sfera etica e per le ragioni del singolo. 4. Lingua e stile Seneca, restio a neologismi e arcaismi, si affida alla lingua d’uso e alla lingua poetica; la retorica fa il resto. Ma ciò che caratterizza maggiormente lo stile senecano è la concinnitas, basata sulla ripetizione e l’opposizione, sull’anafora e l’antitesi. L’esempio più significativo si ha nel capitolo 6, dove l’esorcizzazione dei mali morali (paupertas, dolor, mors, fortuna) è simmetricamente e dinamicamente scandita dal quadruplice imperativo contemnite (“disprezzate”). Il sottotitolo e la proposizione incipitaria pongono la questio, il problema al centro della trattazione soggetto (ostendere). Essa introduce una praeteritio, figura ret. che consiste nell’affermare di voler tralasciare qualcosa di cui si finisce comunque a parlare. Seneca concentra in 3 versi (2-4) la prova cosmologica della provvidenza per assumere, secondo la richiesta di Lucilio, un punto di vista antropologico. in praesentia: locuzione avverbiale con val. temporale. tantum opus: universo; espressione ciceroniana che designa il cosmo come prodotto di dio. coetum discursumque: coetus, -us (m.) da coeo, “riunione”, “assemblea”. Discursumque designa il moto di rivoluzione delle stelle. L’antitesi dei prefissi cum- (unione) vs. dis- (separazione) esprime l’opposta natura dei due moti descritti. fortuiti impetus: gen. di pertinenza (o convenienza) (unito al verbo sum o ad altro verbo copulativo, indica la persona o la cosa alla quale spetta o si addice qualcosa). Impetus dà l’idea di un moto violento e incontrollato. Questo suo impiego è poetico. casus incitat … arietare: riferimento polemico alla fisica epicurea e al moto disordinato degli atomi. Turbari lett. “essere agitato / disordinato / confuso” (turba = folla confusa). Arietare: “dar di cozzo come l’ariete” verbo arcaico e popolare; Sen. per primo lo utilizza in prosa. Arieto rimanda al lessico agreste e militare: allude agli scontri atomici. tantum rerum … tantum luminum: gen. partitivi con l’anafora tantum… tantum. terra marique: moto per luogo con abl. semplice. gestantem: da gesto, -as, -avi, -atum, -are; frequentativo di gero, -is, gessi, gestum, -ere, che denota continuità e regolarità del portare. materiae errantis: gen. di pertinenza. coierunt: pf. ind. da coeo, -is, -ii/-ivi, -itum, -ire. pendere: da pendeo, -es, pependi, -ere. Secondo la cosmologia stoica, l’universo sarebbe fermo nel vuoto infinito per la pressione delle sue parti che spingerebbero verso il centro. tanta arte … ut … sedeat … et … spectet … ut … molliant … nec … sentiant, ut … nascantur: arte = “equilibrio”; serie di 5 sub. consecutive (anticipate dal correlativo tanta). infusa: part. perf. neutro pl. da infundo, -is, -fudi, -fusum, -ere. Seneca passa alla meteorologia, enumerando i fenomeni disordinati e imprevedibili che si manifestano nell’atmosfera. Anche questi rientrano nell’ordine cosmico, perché - afferma Seneca - sono originati da cause e leggi ben precise. Il sopraggiungere di eventi naturali imprevedibili e catastrofici costituiva una delle tradizionali obiezioni contro la provvidenza. 1.3 Ne … quidem: “neppure”; congiunzione coordinativa, la parola negata (o la più importante fra le parole negate) si inserisce fra ne e quidem. dico: parentetico (prop. parentetica o incidentale), mette in rilievo le apposizioni (pluvias, nubets, etc.) di nec illa … sine ratione accidunt, che data la presenza del verbo dico sono poste all’accusativo, anziché al nominativo. elisorum: part. perf. gen. n. pl. da elido, -is, lisi, lisum, -ere “spingere fuori” con violenza (fuori dalle nubi). Gli antichi credevano che i fulmini fossero prodotti dall’attrito delle nubi. tremores … soli: lett. “le vibrazioni del terreno che oscilla”. Tremor appartiene al lessico medico: il tremare del corpo umano o di una sua parte. tumultuosa pars rerum: mondo sublunare, sede dei fenomeni atmosferici. quamvis … sint: sub. concessiva; quamvis lett. “quanto vuoi” si fa massima concessione alla volontà altrui, a prescindere dalla realtà del fatto. alienis locis: stato in luogo, con abl. semplice con totus e locus + aggettivo. Sen. fa riferimento alla teoria aristotelica, ereditata poi dallo stoicismo, dei “luoghi naturali”, per cui ogni elemento ha nel cosmo un proprio luogo, verso il quale tende per natura, qualora ne sia forzatamente allontanato. miraculo sunt: miraculum designa sia il fenomeno strano o meraviglioso. Miraculo è dativo finale o di effetto, qui costruito senza indicazione della persona che subisce l’effetto, altrimenti espressa al dativo (di vantaggio o svantaggio), nel costrutto del doppio dativo. ut: con valore comparativo (sott. sunt). nova ... spatia: lett. “le nuove superfici di isole che emergono nel mare immenso”. L’accenno è al fenomeno di emersione delle isole vulcaniche. Exilio, -is, -ilui / -ilii, -ire è un verbo espressivo per evocare l’immagine delle isole che “saltano fuori” dall’acqua. Questo paragrafo è dedicato alla descrizione del fenomeno di accrescimento e abbassamento delle maree, la cui regolarità è spiegata attraverso l’influsso esercitato su di esse dalla luna. 1.4 iam vero: segna il passaggio a un nuovo argomento. Vero: cong. avversativa. pelago … recedente: abl. assoluto, con valore temporale. contrahi, agi: infiniti medi. cum interim: introduce una sub. avverbiale temporale con valore avvers. rispetto alla princ. ad horam ac diem: qui ad precisa il tempo. Il sintagma allude all’alternarsi delle maree a distanza di 6 ore, per due volte nell’arco delle 24 ore del giorno lunare. prout: “a seconda che”, “nella misura in cui”; pro + ut, congiunzione comparativa (+ ind.). elicuit: da ex + lacio, attirare, di solito con lusinghe. suo … reserventur: lett. “questi argomenti siano riservati alla loro propria occasione”; reserventur: cong. esortativo. Da qui in poi il proemio è di contenuto etico. 1.5-6 introducono il tema di fondo della trattazione: la sofferenza apparentemente ingiusta dell’uomo buono e l’altrettanto ingiusta prosperità del malvagio. Partendo dal presupposto della somiglianza e del legame (di parentela) fra dio e il vir bonus, Seneca risponde al problema individuando la funzione educativa delle difficoltà incontrate dal vir bonus, e dio assume così il ruolo di padre severo. 1.5 optimos optimis: poliptoto (figura di suono, stessa parola ripetuta in forme flessive diverse) enfatizza legame e condizione di parità fra uomini buoni e dei. Come bona bonis. patitur ut … noceant: patitur: principale (patior, -eris, passus sum, pati); ut … noceant: sub. volitiva. Il poliptoto bona bonis enfatizza il legame di elementi omogenei fra loro. Secondo un’idea platonica, se dio è bontà nessun male può venire da lui. conciliante virtute: lett. “dal momento che li lega la virtù”; abl. assoluto con val. causale. immo etiam: il 1° avverbio corregge, il 2° accresce. Immo instaura un climax: amicitia viene corretto da due sostantivi che esprimono un legame più stretto fra dio e il vir bonus. tempore: abl. di limitazione. discipulus … aemulatorque … progenies: le tre apposizioni compongono un climax ascendente. L’ellissi del verbo sum (3 volte) è in linea con la concisione dello stile senecano. Per gli stoici dio è in tutte le cose, ma in misura maggiore nell’anima dell’uomo, perciò, metaforicamente, “vera prole” di dio. Così Seneca Introduce il tema dell’amore paterno di dio. 1.6 cum videris: fut. anteriore. Cum + ind. = temporale. malos autem: autem = cong. coordinante avversativa, marca l’antitesi fra le due condizioni. modestia, licentia; abl. retti da delectari. Si tratta di alb. di causa interna. vernularum licentia: il diminutivo vernula (verna, ae) designa gli schiavi nati in casa, e trattati con indulgenza rispetto agli altri. Orazio parla di vernas procaces: “impertinenti”. ali: da alo, -is, alui, altum/alitum, -ere (nutrire). liqueat: cong. esortativo dell’impersonale liquet. sedentaria e di quella attiva; l’ombra allude anche all’ideale di vita degli epicurei, dediti solo all’ozio e ai piaceri (voluptas), secondo i loro detrattori. numquam ... numquam ... numquam: anafora dell’avverbio numquam con funzione intensiva, che enfatizza il tricolon (serie ternaria, es: triade di vocaboli). 2.6 patrium ... animum: allude alla severità dei padri, in antitesi alla dolcezza delle madri operibus ... doloribus ... damnis: abl. di mezzo; inquit: primo, breve discorso diretto di dio. Con questo espediente retorico Sen. rafforza l’efficacia del proprio messaggio, ponendolo sotto il sigillo di un’auctoritas (qui di dio). ut ... robur: sub. finale. saginata: sono i corpora degli animali da cortile fatti ingrassare artificialmente. Part. pf. di sagino (“ingrassare”), da sagina = il cibo con cui si allevano (si ingrassano) gli animali e, per metonimia, il grasso stesso. L’associazione fra la pinguedine (legata all’inattività) e la debolezza è un topos, così come l’idea che l’eccesso porti alla rovina. per inertiam: compl. di causa. labore ... motu ... onere: abl. di causa. inlaesa: l’aggettivo è usato propriamente in riferimento al corpo. Sen. lo usa qui con valore metaforico, per esprimere l’idea di una felicitas messa alla prova dagli incommoda. callum ... duxit: callum (ob-)ducere, espressione del sermo cotidianus, per indicare l’insensibilità alle difficoltà. 2.7 miraris ... si: si (con ind.) introduce una sub. sostantiva con valore ipotetico vult: volo, vis, volui, velle. quam optimos: quam e ut + verbo possum (che può essere omesso con quam) esprimono il massimo grado del superlativo. 2.8 nobis ... volputati est: costrutto del doppio dativo: di vantaggio (nobis) e di effetto (voluptati); si ... excepit, si ... pertulit: sostantive introdotte da si (= quod) constantis animi: gen. di qualità. La fermezza (constantia) è un valore importante dell’etica romana tradizionale e una caratteristica essenziale del sapiens stoico. tanto ... quanto: abl. di misura in presenza dei comparativi gratius e honestior. levitas: è la frivolezza, la scarsa serietà umana e l’incostanza, in antitesi alla constantia del sapiens. Sen. guarda in modo critico i giochi gladiatorii. 2.9 par: par, paris agg. “uguale”, “simile”, “pari”; sostantivato al neutro: “coppia”, “paio”; sostantivato al m. o f. “compagno”, “coniuge”. Nel linguaggio gladiatorio, indica la coppia di gladiatori; qui i combattenti sono il vir fortis e la mala fortuna (personificata, quindi). vir fortis ... compositus: compono è verbo tecnico del linguaggio gladiatorio, per indicare la formazione di una coppia di gladiatori, a seconda dell’equipaggiamento e delle caratteristiche dei singoli combattenti. provocavit: nel senso di “sfidare” a duello, il verbo deriva dal lessico gladiatorio (provocator era un tipo di gladiatore); è verbo caro a Sen. per esprimere la sfida alla fortuna e alle avversità. fractis: da frango, is, fregi, fractum, -ěre = “spezzare”, ma anche “abbattere", “vincere” (come qui) nihilo minus: “nonostante ciò”, “tuttavia"; avv. in abl. di misura, in presenza del comparativo minus. 2.10 licet: introduce una serie di tre sub. concessive, che elencano le condizioni politico- militari sfavorevoli. Licet conferisce tono polemico, quasi di sfida, alla concessione. inquit: monologo tragico, ne è spia l’apostrofe all’animus seguente (aggredere, anime), stilema in latino quasi esclusivamente tragico. legionibus, classibus: abl. di c. efficiente (per le cose); per le persone ab + abl. di agente portas: di Utica, in Africa, dov’era assediato da Cesare. una manu: senza l’intervento dell’esercito: il saggio è più forte di ogni potenza militare. ferrum: = spada; sineddoche. etiam civili bello: abl. di tempo. Petreius et Iuba: Petreio era stato luogotenente di Pompeo in Spagna, passato poi in Africa. Giuba, re di Numidia, si era schierato con Pompeo. Dopo la sconfitta di Tapso, i due decisero di darsi reciprocamente la morte sfidandosi in duello eroico fati: = mors. 2.11 liquet mihi: forma impersonale (‘è chiaro’) da liqueo (‘essere liquido / fluido’). spectasse: forma sincopata dell’inf. pf. = spectavisse. Infinitiva retta da liquet con funzione di soggetto. dum consulit et instruit / dum ... tractat / dum ... infigit / dum ... spargit et ... educit: serie di prop. temporali scandita dall’anafora di dum, con variazione iniziale e finale (dum ... et ... / dum ... et ...). Si tratta del I dum (sempre con pres. ind.), che, ripetuto, scandisce e rende con immediatezza “cinematografica” le singole “scene” dello spectaculum al quale assistono gli dei. studia etiam nocte ultima: abl. di tempo. Secondo la tradizione, Catone trascorse la sua ultima notte leggendo il Fedone di Platone, dialogo dedicato all’immortalità dell’anima. manu educit: secondo il racconto di Plutarco (Cato Min. 70), Catone si inflisse un colpo di spada che non fu mortale, ma che provocò la parziale fuoriuscita delle viscere. Catone rifiutò allora le cure del medico e dilatò con le proprie mani la ferita, fino a morirne. 2.12 non… fuit satis: affiora quella vena sadica tipica delle tragedie. spectare: infinito soggetto dipendente dall’espressione impersonale non fuit satis. retenta ac revocata: sono termini del lessico teatrale ed esprimono l’atto di richiamare in scena: è la metafora della vita come opera teatrale, un topos assai sfruttato (risalente a Socrate) nella filosofia antica. ut ... ostenderet: sub. finale, il sogg. è la virtus. exitum: metafora per mors, ovvero “l’uscita dalla vita”. et qui: et enfatico, ha il valore di etiam. mehercules: interiezione di natura colloquiale. delectaverunt: pf., indica l’anteriorità dell’azione. per voluptatem: compl. di mezzo, solitamente per + acc. si riferisce alle persone, qui sostituisce l’abl. strumentale, riferito alle cose. 3.3 Demetri nostro: filosofo cinico, vissuto nel I sec. d.C., insegnò a Roma, e la sua predicazione lasciò traccia nelle opere di Seneca, che ebbe modo di ascoltarlo e ne ammirò profondamente l’insegnamento. non licuit ... illi se experiri: licuit pf. di licet (“è permesso”, impersonale dal quale dipende l’infinitiva con funzione soggettiva; aliquando: avverbio di tempo; è indeterminato e riferito per lo più (ma non solo) al futuro; opus est: “occorre”, “c’è bisogno”, “è necessario”; levi: abl. di lĕvis, lĕve = “leggero”; pelletur: ind. fut. da pello, -is, pepuli, pulsum, -ĕre (“colpire”). cum quo conferre manum: confero = “portare insieme”, anche “avvicinare” specialmente in senso ostile: conferre manum cum aliquo = “venire alle mani con qualcuno”. 3.4 sine gloria vinci ... sine periculo vincitur: si noti la struttura simmetrica del periodo. adversus quem ... intendat: sub. relativa con una sfumatura finale. ignem experitur in Mucio... in Catone: il sogg. è sempre la fortuna. Experior, -iris, expertus sum, -iri. Nei paragrafi successivi, Sen. tratterà una a una le figure qui elencate, in risposta a Lucilio che aveva enumerato una serie di disgrazie (esilio, povertà, lutti familiari, disonore, malattia), per respingere la tesi secondo cui gli eventi sfavorevoli sarebbero a vantaggio di chi li subisce. Mucio: Muzio Scevola si fece bruciare la destra per punirla di aver fallito il colpo contro Porsenna (donde il nome di Scaevola, “mancino”). Fabricio: Gaio Fabrizio Luscino, console e trionfatore nel 282 e 278, nel 279 non si fece corrompere dall’oro di Pirro. Regulo: Marco Attilio Regolo, suppliziato dai Cartaginesi nel 250 a.C. per avere sconsigliato il senato di accettare le loro proposte. Socrate: condannato a bere la cicuta nel 399 a.C. per non aver rinnegato a sua predicazione filosofica. 3.5 Mucius: Muzio Scevola è il leggendario eroe romano che si fece bruciare la mano destra per punirla di aver mancato il colpo contro il re degli Etruschi, Porsenna (per errore, aveva infatti ucciso un segretario del re, scambiandolo per quest’ultimo). exĭgit: Exigere poenas ab / de + abl. o dat. semplice = "pretendere la punizione di”. quod ... fugat: ordina così: quod exusta <manu> fugat regem quem armata manu non potuit <fugare>. felicior esset, si ... foveret manum: periodo ipotetico indipendente, III tipo: irrealtà. Foveo, -es, fovi, fotum, fovere: “nutrire, riscaldare”. 3.6 Fabricius: Gaio Fabrizio Luscino era stato console fra il 282 e il 279 a.C., era stato anche insignito dell’onore del trionfo (cf. triumphalis senex), e nel 279 a.C. non si fece corrompere dall’oro di Pirro. La sua frugalità era proverbiale, a fronte degli eccessi alimentari sempre più diffusi nella società romana. rus suum: rus, ruris neutro, ‘campagna’. Insieme a domus e ai nomi propri di città e di piccole isole, rus esprime il complemento di stato in luogo con il locativo (ruri), antico caso poi scomparso che serviva a localizzare nello spazio e nel tempo, caratterizzato dalla desinenza -ĭ, da non confondere con quella del genitivo in -ī. bellum: nel sostantivo si fondono sia il valore proprio (la guerra contro Pirro) sia il valore figurato (la battaglia morale contro la ricchezza). cum divitiis: divitiae, divitiarum “ricchezza” (pluralia tantum). cenat illas ... radices et herbas: il cumulo di agg. dimostrativi (illas) e determinativi (ipsas) è un tratto della lingua colloquiale. radices et herbae sono tipicamente il cibo di persone frugali ma anche degli uomini del passato. vulsit: vello, -is, vulsi (volsi) / velli, vulsum (volsum), vellere: “strappare”, “estirpare”. felicior esset, si ... congereret, si ... erigeret, si ... cingeret ... feras?: periodo ipotetico indipendente, III tipo: irrealtà. aucupia: aucupium, -ii “uccellagione", “uccelli da cacciare”. 3.7 causam dicent: causam dicere è locuzione del lessico giuridico: “difendere/si”. eripio: ex + rapio con apofonia latina, “strappare via” + dativo. Sullae dictatori: dopo avere sconfitto definitivamente i suoi avversari della seconda − sanguinosissima − fase della guerra civile, con la battaglia di Porta Collina (82 a.C.), Lucio Cornelio Silla (138-78 a.C.) divenne signore dello stato romano, che restaurò in senso oligarchico. Assunse allora il titolo di dittatore e il cognomen di Felix (cf. infra, felicitas tua). Gli anni della sua dittatura (deposta nel 79 a.C.), videro un enorme spargimento di sangue di cittadini romani; decisamente lunga è la tradizione storiografica e letteraria ostile al dittatore, alla quale aderisce anche Sen., che mette in luce la crudelitas e l’assenza di fondamento etico della felicitas sillana. spoliarum: locale dell’anfiteatro dove si buttavano i gladiatori morti e si scannavano i semi- vivi. multa milia: settemila massacrati vicino al tempio di Bellona, dopo aver avuto la promessa di aver salva la vita. 3.8 summovetur: verbo tecnico, designa l’azione del “farsi largo”, “sgomberare” da parte del littore, che con una verga disperdeva la folla per far passare il magistrato. Qui però a Silla si fa strada non con la virga ma con la spada: un ulteriore dettaglio violento, per dire che il dittatore era accompagnato, oltre che dai littori, da uno stuolo di guardie armate. patitur ostendi: Seneca si sofferma ancora una volta sui dettagli macabri dell’azione di Silla; con patitur sottolinea la responsabilità del dittatore, perfettamente al corrente delle violenze perpetrate dai suoi. pretium ... numerat: pretium caedis è la taglia, perché gli assassini dei proscritti venivano ricompensati a spese dello stato (il quaestor era il responsabile dell’erario; le tabulae publicae erano i libri contabili dello stato). numeravit: nel senso di “contare” moneta, e dunque “pagare”. legem Corneliam: è la lex Cornelia de sicariis et veneficiis (promulgata da Silla nell’81 a.C.) contro gli omicidi e gli avvelenamenti; Cornelius era il nomen di Silla. che aveva contribuito alla rovina della Repubblica. Fu candidato dei triumviri e batté Catone alle elezioni per pretore del 55. postferatur /militet / faciat: cong. indip. esortativi. 4.1 deveniunt: “capitare”; indica il giungere casuale dei doni della fortuna all’uomo. sub iugum mittere: espressione mutuata dal lessico militare. magni viri: gen. sing. retto da proprium. 4.2 es: II persona alla quale Sen. si rivolge più probabilmente come a un interlocutore indeterminato (non si tratta, forse, solo di Lucilio); conferisce così un andamento dialogico alla trattazione, riprendendo un elemento stilistico tipico della diatriba. honore auctus es: locuzione del lessico politico con cui Sen. sottolinea l’esteriorità e quindi l’irrilevanza degli onori o delle cariche pubbliche. auctus es: ind. pf. passivo II p. sing. da augeo, -es, auxi, auctum, -ere. descendisti ... te: descendisti: verbo tecnico per indicare l’ingresso in gara. coronam: ai vincitori dei giochi olimpici veniva data in premio una corona di ulivo selvatico. coronam vs. victoriam: con questa antitesi, Sen. marca la differenza fra il riconoscimento esteriore e pubblico del valore (corona), in quanto tale inconsistente, e la condizione di autentica vittoria: la consapevolezza delle proprie capacità. 4.3 [una]: una è ritenuto inaccettabile dalla maggior parte degli studiosi per la presenza di nullam che lo precede; viene espunto, come nel testo presente, o corretto in vario modo. opus est: ‘“è necessario” con abl. della cosa che serve (experimento); miserum ... miser: il poliptoto chiastico incornicia l’intero periodo: Sen. oppone l’accezione comune (“infelice") e quella stoica (“bersaglio della prova divina"). quid ... didicit: didicit: ind. pf. III p. sing. da disco, -is, didici, -ere. didici è un “perfetto logico”, o meglio, un “perfetto presente” (come novi, cognovi, decrevi, consuevi, memini, odi): esprime le conseguenze attuali di un’azione compiuta: “ho imparato” e quindi “so”. ultro: avv. “oltre”, “più lontano” oppure, come qui, “per primo”, “di propria iniziativa”. iturae in obscurum: participio futuro di eo, usato in modo assoluto (senza sum), secondo un uso poco frequente nel latino arcaico e classico e diffusosi invece con Virgilio e Livio; è un tratto caratteristico dello stile senecano. quaesierunt: forma sincopata del pf. ind.(= quaesiverunt) da quaero. 4.4 gaudent: gaudeo, -es, gavisus sum, -ēre. milites: il campo metaforico militare è uno dei più sfruttati da Seneca. murmillonem: il tipo di gladiatore sul cui elmo era raffigurato un pesce marino. de raritate munerum: Tiberio organizzò pochissimi spettacoli. munus qui è “spettacolo”. audivi: introduce l’argomento in modo colloquiale. perit: Traina, contrariamente agli altri editori, lo intende perfetto, tempo più consono al rimpianto: aetas è il passato contrapposto al presente. 4.5 consulit: costruito 1) assolutamente consulo = “decidere”, “deliberare”; 2) con il dat. = “provvedere”, “prendersi cura di”. ipsis: dativo. Consulo è il verbo tecnico che esprime la cura divina nei confronti dell’uomo già nel De natura deorum di Cicerone quotiens ... faciendi: “tutte le volte che”, esprime in modo esplicito il valore iterativo, che il latino può rendere anche con quotiescumque e con il cum iterativum unde possum scire / scio ..., si...: struttura sintattica x3, con triplice anafora di unde e si. quantum ... tibi animi sit: ordina: quantum animi adversus paupertatem tibi sit. tibi sit è il costrutto del dativo di possesso; animi è gen. partitivo (in presenza di quantum). constantiae: gen. partitivo (in presenza di quantum). 4.6 nolite expavescere: imperativo negativo Sen. si rivolge qui solo ai lettori, non più solo al dedicatario dell’opera (Lucilio), con un passaggio dal “tu” al “voi” tipico della diatriba. detinet: “trattenere”, “bloccare”, composto perfettivo-intensivo di teneo: indica una presa da cui è difficile liberarsi. in mare lento: cioè “in un mare senza vento”. 4.7 saeva: “avvenimenti sfavorevoli”, neutro pl. sostantivato dell’agg. saevus, -a, -um. recognoscit: recognition sui è “l’esame di coscienza” hos ... exercet: ordina itaque deus indurat, recognoscit, exercet hos quos probat, <hos> quos amat. quisquis ... dilatus est: quisquis videtur: relativa. costruzione personale di videor con nominativo + infinito (dimissus esse), in funzione predicativa; <is> dilatus est: principale. La sententia è contraddistinta dall’antitesi fra i due verbi (dimitto / differo), dall’omologia del preverbo (dis- ), dall’omeoptoto (-us), e dal poliptoto (esse/est). Torna la domanda posta a fondamento del dialogo. Sen. risponde richiamando l’ambito militare. Dio è paragonato implicitamente al comandante di un esercito che affida i compiti più rischiosi ai suoi uomini migliori. Questi accettano tale responsabilità, in quanto prova di stima: lo stesso deve fare quindi il vir bonus. 4.8 lectissimos: “sceltissimi”, ‘“selezionatissimi’” agg. di grado superlativo di lectus, -a, - um part. pf. di lĕgo, -is, lēgi, lectum, -ĕre bene iudicavit: ha valutato bene, nel senso di “ha fatto le giuste considerazioni", “ha riposto bene la sua stima”. 4.9 fugite ... fugite: l’iterazione dell’imperativo innalza il tono dell’esortazione; Sen. mette in guardia dai pericoli dell’eccessiva felicità, rischiosa per la salute psichica e fisica. delicias: da deliciae, -arum; i piaceri sono connotati nel senso della mollezza e quindi della decadenza morale, causa anche di malattie fisiche, secondo Seneca. qua ... permadescunt: qua: abl. di causa interna (v. supra, ad 2,6). permadescunt: “indebolire", con un uso figurato del verbo, che in senso proprio significa ‘imbeversi’: ciò che è bagnato risulta infatti molle, da qui l’uso in senso traslato del verbo. humanae sortis admoneant: genitivo retto da admoneo “far ricordare”. I verbi di memoria presentano la costruzione con il genitivo, ma nel latino classico admoneo è costruito più spesso con de + abl. Nel senso di ‘richiamare alla memoria’, <tabescunt>: è integrazione di T. (tabesco = “liquefarsi”, “struggersi”) del verbo mancante. quem specularia ... vindicaverunt: Gli specularia erano sottilissime lastre di talco, introdotte a Roma al tempo di Seneca. cuius cenationes ... temperavit: Seneca allude qui a un sistema di riscaldamento diffusosi di recente, al suo tempo, per riscaldare in modo uniforme le stanze. sententia. 5.1 adice nunc quod: formula colloquiale che introduce un nuovo argomento, frequente in Sen. quod dichiarativo retto da adicio. optimum quemque: indefinito distributivo con il superlativo: ‘ciascun migliore’ = ‘tutti i migliori’ (considerati uno per uno) ut ita dicam: incidentale, “per così dire”. optimum quemque ... militare et edere operas: infinitive soggettive rette da pro omnibus est. militare: topos pagano e cristiano. deo / sapienti viro: dativi di possesso. 5.2 nisi cui eruendi sunt: prop. ipotetica. cui: dativo del pron. indefinito quis, quid. <oculi> eruendi sunt: perifrastica passiva, lett. “se non a chi devono essere cavati”, cioè se perde la vista solo chi se lo merita. Appius: Appio Claudio Cieco, censore, console, dittatore, fece costruire il primo acquedotto e la via Appia. Secondo la tradizione, divenne cieco per punizione divina. Metellus: L. Cecilio Metello, pontefice massimo dal 243 al 221 a.C., secondo la tradizione perse la vista per salvare il Palladio dall’incendio del tempio di Vesta del 241 a.C. Elius: personaggio sconosciuto. in templis consecraverint: consecraverint: il verbo può essere interpretato in due modi: 1) “consacrare” il denaro nei templi, ovvero offrire doni preziosi agli dèi e dedicare loro statue d’oro e d’argento; 2) “divinizzare” il denaro, cioè renderlo un dio, come suggerisce l’esistenza di una dea Pecunia nel pantheon romano. Di una dea Pecunia parlano Arnobio e Agostino, desumendola dalle Antiquitates rerum divinare di Varrone. potest: falso condizionale traducere: “esporre a ludibrio”, “disonorare”, “svilire”. Sviluppa questo valore, dall’azione del “far passare” i prigionieri (per schernirli) per le vie di Roma durante il trionfo. 5.3 at: congiunzione fortemente avversativa, introduce la posizione dell’interlocutore. quid porro?: è un’espressione colloquiale, che introduce un senso di attesa impaziente della risposta che sarà provocatoriamente fornita nell’interrogativa successiva. debilitari: debilitas è la perdita di funzionalità di una parte del corpo, debili è il nostro “disabile” o “portatore di handicap”. percisos et professos impudicitiam: percisos part. pf. da percido (per + caedo) = in questo contesto “sodomizzare”; professos part. pf. di profiteor, -ēris, professus sum, profitēri = in questo contesto “essere maestri”, “professare”. virgines: le vestali, che dovevano tenere sempre acceso il fuoco nel tempio di Vesta. 5.4 consulitur: qui usato in modo assoluto = “consultarsi”, “deliberare” in campo: il campo Marzio, pianura tra il foro e il Tevere, ritrovo di sportivi. cum ... oblectet aut ... lateat aut ... terat: cum adversativum. illo tempore: abl. di tempo. in hac magna re publica: cioè nell’universo, riprendendo la distinzione stoica fra il singolo stato cui ciascuno appartiene e la res publica maior, il cosmo, patria comune a tutti gli esseri razionali, dèi e sapientes, secondo il cosmopolitismo stoico. inpendunt… inpenduntur: poliptoto che fa dello stesso referente l’agente e il paziente del processo verbale, è uno stilema senecano. et ... quidem: rafforzativo “e per di più”, “e oltretutto”. volentes: così S. Aggancia il secondo al terzo punto della sua trattazione. 5.5 audisse: inf. pf. sincopato (= audivisse). memini: “perfetto presente” (detto anche “perfetto logico”) indica lo stato risultante dal compimento dell’azione: “ho richiamato alla memoria” e quindi “ricordo”. venissem: cong. irreale. vobis illos sustuli: vobis è dat. di vantaggio; spiritum: “respiro”, “soffio vitale”; “vita” per metonimia. quia ... eripitur: causale. nisi <eripitur id> retinenti: ipotetica. 5.6 invitus: “per forza”, “contro la mia volontà"; predicativo del soggetto (sottinteso = ego). servio / assentior: l’adesione a dio consiste nell’obbedire alla sua volontà; il concetto è espresso utilizzando in ambito filosofico verbi mutuati dalla sfera politica: assentior designa l’assenso dato dal senatore a una sententia. deo: dativo retto da servio. Lo stoicismo cerca di risolvere il conflitto fra il libero arbitrio e il determinismo assentendo a un destino “inscritto in un mondo governato secondo un piano dotato di senso”. “Il saggio fugge alla necessità, perché vuole ciò a cui lo costringerà”. eo quidem magis, quod: lett. “a maggior ragione per il fatto che…". quod è causale ed è anticipato dall’avverbio eo (“per questo”). Sen. passa ora alla trattazione del quarto punto elencato nella propositio. 5.7 quantum ... temporis: interrogativa indiretta dipendente da disposuit. temporis: gen. partitivo. Sen. esprime qui l’idea diffusa (derivata dall’astrologia orientale) della determinazione del destino umano al momento della nascita. ordo: lessema derivato dalla terminologia stoica, per esprimere l’idea del fato come ordinata serie di cause, che si riflette nell’ordine cosmico. incidunt / veniunt: l’antitesi fra i due verbi contrappone polemicamente due opposte concezioni: quella epicurea del caso (incido = “capitare a caso”) e quella stoica del fato (venio = “venire con ordine, consapevolmente”). peritura perituri: poliptoto del part. futuro, con cui Sen. esprime con sintesi estrema il topos diffusissimo della mortalità dell’uomo e delle sue cose. 5.8 ut vult: comparativa. de nostro: l’uomo è il suo animus, il corpo è in balia della fortuna. boni viri: genitivo di convenienza. praebere se fato: infinitiva con funz. soggettiva (<boni viri est> = reggente sottintesa). Grande solacium: sentirsi parte di un sia pur misterioso ordine cosmico è un topos consolatorio dell’antica teodicea, ma qui non è in gioco l’armonia del cosmo, bensì il dinamismo travolgente del destino. cum universo rapi: infinitiva con funz. soggettiva. scripsit ... fata ... sequitur: dio è legge a se stesso, si uniforma all’ordine stabilito, che non gli è concesso mutare. Scribo è usato qui nel senso di “stabilire", da tenere in considerazione 6.2 Democritus: Democrito di Abdera (V sec. a.C.), allievo di Leucippo ed esponente, assieme al suo maestro, dell’atomismo. In età ellenistica e nella diatriba, Democrito era celebrato quale sostenitore del bios theoretikos (la vita contemplativa); ampia è la tradizione che riferisce il disprezzo del filosofo per la ricchezza. cum ... occīdant / cum ... relinquant / cum ... afferant: serie di subordinate causali. occīdant: allusione a L. Giunio Bruto (VI sec. a.C.) e T. Manlio Torquato (IV sec. a.C.), che condannarono a morte i loro figli per il bene della patria. relinquant: allusione ai filosofi che lasciarono la patria per motivi di studio. manus afferant: “mettere le mani su” “fare violenza a” + dativo; allusione a Catone l’Uticense. 6.3 <patiuntur quaedam dura> ut ... doceant: subordinata finale, con infinito oggetto. Si noti il poliptoto patiuntur ... pati. deum dicere: prosopopea del dio, come della Fortuna (in 3,3) e della Natura (in 3,14). circumdedi: con l’accusativo di ciò che si pone intorno (bona falsa) e il dativo di chi/ciò che si circonda (aliis). Il composto circumdo vuole dire l’esteriorità dei beni (resa metaforicamente da circum, in antitesi a intus) e si contrappone al verbo semplice: aliis circumdedi vs. vobis dedi velut ... somnio: comparativa. intus: Seneca sfrutta qui il sistema di avverbi spaziali (giocando sull’antitesi fuori / dentro) per rendere la metafora dell’interiorità. 6.4 aspicis: qui nel senso di “ritenere”, “considerare”. qua: avverbio relativo, moto per luogo ‘per dove’, ‘da dove’. parietum / crusta: sull’antitesi dentro / fuori e quella fra i vera bona e i falsa bona si innesta la metafora degli edifici, in cui si riflette la dialettica fra interno e rivestimento (crusta) esterno. stare: il verbo (“stare dritti”) si accorda con la metafora degli edifici in opposizione a disturbet e detegat. imponunt: il verbo dell’impostore: “la danno a bere”. cum ... tunc: correlazione temporale. alienus: contrario di suus, designa quindi qualcosa che non è proprio, perché, in quanto esterno, si può perdere. Il lessema alienus deriva dal lessico giuridico, e Sen. lo trasferisce alla sfera morale: l’interiorità è un possesso, e ciò che non attiene all’animo e alla virtù è estraneo al sapiens. 6.5 mansura: part. fut. acc. neutro pl. con funzione di attributo riferito a bona (da maneo, - es, mansi, mansum, manēre), dice la durevolezza di questi beni, tali perché interiori. quanto ... inspexerit <tanto> meliora maioraque: lett. “quanto più uno li abbia rigirati e li abbia esaminati da ogni parte, (tanto) migliori e maggiori”, con ellissi di tanto, correlativo di quanto, abl. di misura, determinato dalla presenza dell’avv. di grado comparativo magis. versaverit: allude al gesto di rigirarsi ripetutamente un oggetto fra le mani per esaminarlo. metuenda: gerundivo equivalente a un sostantivo astratto. Il latino, povero di sostantivi astratti, rimedia a questa mancanza ricorrendo al gerundivo, se l’azione è in corso o deve ancora avvenire, a participi perfetti, se l’azione è già avvenuta (in funzione attributiva o predicativa). felicitate felicitas: poliptoto in posizione chiastica, che contrappone i due valori di felicitas, intesa nella sua accezione comune e in quella filosofica: la felicità del saggio è autarchica, non ha bisogno di nulla. La chiusa epigrammatica riprende, e motiva, l’ultimo punto della divisio (3,1): potest (vir bonus) misure dici, non potest esse: non può perché la sua felicitas è tutta interiore e quindi inalienabile. 6.6 toleratu: supino in -u, impropriamente detto supino passivo, ha valore di ablativo di limitazione con aggettivi come facilis, difficilis, mirabilis, incredibilis, turpis etc. animos vestros: è sempre l’interiorità ad assicurare sia la felicitas che la patientia. armavi: torna il motivo del duello del sapiens con la fortuna, che è però disarmata nei confronti di quest’ultimo. deum: al posto dell’atteso me (parla dio), ripropone lo status del locutore. aut finit aut transfert: è l’alternativa socratica, su cui Sen. oscilla incerto, e sulla quale innesta l’apologia del suicidio, perché, comunque la si intenda, la morte non è un male. nullum ... dedi: ordina: illi [sc. fortunae] dedi nullum telum quo <fortună> feriret animum. La relativa ha un valore a metà fra quello finale (“non le ho dato alcuna arma per colpire l’animo”) e quello consecutivo (“non le ho dato alcuna arma tale da colpire l’animo”). La fortuna è dunque disarmata nei confronti dell’animo, che invece è armato contro di essa 6.7 ne ... teneret: sostantiva volitiva con ut (ne). si ... non vultis, licet fugere: periodo ipotetico di I tipo (oggettività). Sen. allude ancora una volta alla metafora della vita come combattimento, con un’antitesi degli infiniti pugnare / fugere (il secondo allude all’atto di abbandonare il campo di battaglia). quam ... ducat via: interrogativa indiretta. intrantibus: la variato rispetto a in exit serve forse a evitare la cacofonia di in introitu. in vos: lett. “contro di voi”. 6.8 doceat: congiuntivo esortativo. renuntiare ... inpingere: infinitive soggettive. renuntiare: mandare a dire che si rinunzia a qualcosa, qui al dono della vita. opima / exiguo, magnarum virium / humanae manus, tenui, tanta moles: Sen. contrappone la grandezza dei tori alla facilità del gesto sufficiente ad abbatterli, e lo fa contrapponendo opima, magnarum, tanta ... moles a exiguo, tenui, articulus. Anche i verbi usati per esprimere la caduta violenta degli animali uccisi (concidunt, corruit) contribuiscono a creare un contrasto rispetto alla semplicità del gesto umano che la provoca (humanae è pregnante, dice la debolezza dell’uomo in antitesi alla forza degli animali). La scena descritta ha lo scopo di ribadire quanto la morte sia rapida e “a portata di mano” per chi si decida per essa. cum ... incisus est: subordinata temporale (I grado di dipendenza). qui caput ... committit: subordinata relativa dipendente dalla temporale (II grado di dipendenza). 6.9 in alto: altus (qui sostantivato al neutro, altum) esprime una verticalità che può andare sia verso l’alto (“alto”) sia verso il basso (“profondo”). ferro eruendus est: costrutto della perifrastica passiva; ferro è dativo di agente. vulnere ... inpresso: ablativo assoluto con valore temporale. sunt ... scrutanda praecordia: costrutto della perifrastica passiva; scrutor nel senso di “cercare”, “frugare” i visceri all’interno del corpo: un’immagine di particolare crudezza. praecordia: il sostantivo è qui in relazione con lo spiritus, allude quindi alla sede del soffio vitale, e designa in generale la zona attorno o sotto al cuore, a volte è usato da Sen. con il valore generico di viscera. quacumque vis: subordinata relativa, quacumque è avv. indefinito relativo, che esprime il moto per luogo. anima discedit a corpore: è qui ripresa la definizione platonica della morte come separazione dell’anima dal corpo, ripresa poi dagli epicurei e dagli stoici. sive ... sive ... sive ... sive ...: quadruplice anafora, per scandire il catalogo delle diverse modalità di suicidio (descritte riprendendo simmetricamente lo stesso costrutto sintattico), allo scopo di dimostrare l’immediatezza con cui sopraggiunge la morte: la rapidità di quest’ultima è uno degli argomenti principali messi in campo dalla cultura antica per fugare