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Devianza e criminalità (williams mcshane), Sintesi del corso di Sociologia della devianza

riassunto di devianza e criminalità

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Devianza e criminalità (williams mcshane) e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia della devianza solo su Docsity! Devianza e criminalità Williams - McShane Sunti Fabiana D’Orsogna 1 La scuola classica ………………………………………………………pag. 4 La scuola positiva ………………………………………………………pag. 8 La scuola di Chicago....………………………………………………..pag.13 La teoria dell’associazione differenziale………………………….....pag.18 La teoria dell’anomia ……………………………………………….....pag.22 Le teorie della subcultura……………………………………………..pag.26 La teoria dell’etichettamento …………………………………………pag.31 La teoria del conflitto ………………………………………………....pag.38 La teoria del controllo sociale………………………………………..pag. 43 La teoria dell’apprendimento sociale……………………………….. pag.49 Le teorie razionali……………………………………………………. pag. 53 Le teorie di genere………………………………………………….. pag. 56 Il futuro delle teorie criminologiche……………………………….. pag. 60 2 Indice capacità di ragionare. Quale spiegazione del comportamento umano si profila quella edonista. Si sosteneva che gli esseri umani agissero in modo da massimizzare il piacere e minimizzare il dolore. Importanti riflessi sulle teorie classiche ebbero poi concetti quali diritti naturali e contratto sociale (J.Locke). Maggiori esponenti della teoria classica Cesare Beccaria e Jeremy Bentham. Entrambi si opponevano alla natura capricciosa e arbitraria del sistema giudiziario dell’epoca. Proponevano di basare sia le leggi che l’amministrazione giudiziaria sulla razionalità e sui diritti umani. In tal senso può dunque affermarsi che la suola classica contribuì ad una concezione umanistica del sistema legale e della giustizia penale. La componente edonistica assunta nella teoria venne riconosciuta come facente parte della natura umana e incorporata nella razionalità che doveva sovraintendere alla struttura legale. Lo scopo primario della legge era quello di fungere da deterrente al comportamento criminale. Secondo Bentham la punizione costituisce il male in sé, va applicata solo per poter evitare un male più grande. La scuola classica distingueva due tipi di deterrenza : una di carattere specifico o individuale (--> applicata all’individuo che commette il reato), l’altra generale o sociale(--> serve a scoraggiare i rei potenziali). Secondo la scuola classica tre sono le componenti della deterrenza: - celerità : rapidità con cui la punizione viene applicata. Quanto più rapidamente la punizione farà seguito al reato tanto migliore sarà il risultato; - certezza - severità : la quantità di dolore da infliggere a quanti commettono un reato. Maggiore essa sarà tanto più la persona razionale dovrebbe astenersi dal violare la legge. Secondo l’impostazione della scuola classica il sistema giudiziario penale doveva rispettare i diritti di tutte le persone. Ciò significava che la giustizia penale doveva agire al di sopra delle parti, le prove dovevano essere raccolte a partire dai fatti e l’eguaglianza andava mantenuta.1 Bentham e Beccaria erano contrari all’ampio margine di discrezionalità dei magistrati. Consideravano necessario distinguere 1 due process of law 5 prospettiva teorica tra diversi livelli di razionalità dei rei. Inoltre secondo Bentham le punizioni non dovevano essere inflitte se erano infondate, inefficaci, non convenienti o inutili. Egli cercò di razionalizzare il sistema delle procedure legali, creò il cd calcolo felicifico, una combinazione elaborata di punizioni che dovevano tenere in conto un insieme di piacere, dolore e circostanze attenuanti. Inoltre gli esponenti della scuola classica erano generalmente contrari alla pena di morte. Beccaria sosteneva che nessun cittadino ha diritto di togliersi la vita per cui non può trasferire tale diritto allo stato. La teoria della scuola classica era sia di tipo conflittuale che strutturale, ciò in ragione del fatto che si riteneva che gli individui fossero orientati a perseguire i propri interessi e che la mancanza di freni inibitori li avrebbe portati ad agire in modo tale da farli confliggere gli uni con gli altri; la promozione di forme contrattualistiche dà l’idea del conflitto esistente. Inoltre è strutturale perché mette in risalto l’effetto delle istituzioni sociali sulle persone. Tuttora la scuola classica continua ad influenzare le politiche inerenti al sistema della giustizia penale. Molti paesi si ispirano ancora ai principi classici quali il due process of law e i diritti individuali. Un rinnovato interesse per la deterrenza si è determinato a seguito dello spostarsi dell’opinione pubblica verso un atteggiamento più punitivo e conservatore. Molti studiosi hanno intrapreso ricerche in tal senso, al fine di dimostrare se la deterrenza funziona o meno. Pena di morte, guida in stato di ebbrezza e spaccio di stupefacenti sono le tre principali tematiche affrontate. I risultati provano che nel caso di pene per la guida in stato di ebbrezza si verificano effetti a breve termine, laddove la pena di morte ha un potenziale deterrente praticamente nullo, mentre la deterrenza delle pene per l’uso di droghe ha scarso successo. Altro concetto proprio della scuola classica che ha riscontrato una rinnovata fortuna è quello della concezione razionale del criminale. Ciò rende sicuramente più semplice incolpare il reo di tutti gli aspetti del crimine invece di dividere le colpe con la società che crea 6 classificazione sviluppi e implicazioni politiche condizioni che costringono alcune persone a commettere reati. Se la condizione criminale è frutto di una decisione individuale allora l’individuo è moralmente responsabile e merita di essere punito. In quest’ottica riabilitazione e rieducazione dei detenuti non rientrano più tra i compiti del carcere; non occorre intraprendere programmi sociali costosi per migliorare le condizioni sociali che generano la criminalità né attuare riforme sociali. A rendere popolare il concetto di criminale razionale hanno contribuito altresì le teorie della scelta razionale e del just desert. La prima sostiene che esiste una connessione tra opportunità di commettere un reato condizioni ambientali di una certa epoca e prontezza del reo a commettere un crimine; la seconda ritorna alla concezione retributiva di origine classica, sostenendo che i rei scelgono di violare la legge quindi meritano di essere puniti. 7 Concetti fondamentali della scuola classica 1. ogni individuo è libero di prendere le decisioni e di compiere le proprie scelte razionalmente; 2. ogni individuo gode di determinati diritti naturali (libertà, vita, proprietà); 3. gli stati vengono creati per proteggere tali diritti ed esistono in seguito ad un contratto sociale 4. un crimine è un atto contrario al contratto sociale; 5. ogni pena è giustificata nella misura in cui serva a preservare il contratto sociale. -libertà di scelta -razionalità umana -visione edonista del comportamento umano -interesse per la struttura politica e per il modo in cui lo stato si rapporta ai cittadini -interesse per i diritti fondamentali labile, mentre il secondo dal matrimonio con una rispettabile donna. Dalla ricostruzione risultò che i figli nati dalla barista erano caratterizzati da comportamenti antisociali, devianti e criminali, mentre non riscontrò casi simili tra quelli nati dal matrimonio, deducendone che la labilità mentale era la causa ereditaria del crimine. Altri studi furono condotti sui gemelli e sulle caratteristiche endocrinologiche, altre teorie fisiche sostennero che certe caratteristiche del corpo fossero fondamentali per la predisposizione a commettere atti criminali. In tal senso Sheldon elaborò tre categorie che combinavano caratteristiche fisiche e inclinazioni caratteriali definite somatotipi.2 Altri approcci si sono concentrati sull’esame delle differenze di personalità, ad esempio nel MMPI3 , un complesso test della personalità e delle personalità psicopatiche costruito in base alle risposte fornite dagli internati a particolari domande. La scuola positiva può essere collocata nella prospettiva del consenso. Tutte le teorie sviluppatesi sotto la sua egida individuano un nucleo di valori sociali in base ai quali individuare e trattare la devianza. Le teorie positive possono essere sia strutturali che procedurali, non è possibile una classificazione netta. Può tuttavia affermarsi che di regola le teorie positiviste sociologiche tendono ad essere strutturali e metateoriche, mentre quelle biologiche o psicologiche sono procedurali e microteoriche. Un rinnovato interesse per le teorie biologiche, biochimiche e psicologiche della criminalità si è sviluppato negli ultimi anni in ragione delle tendenze più conservatrici e della riluttanza della società americana nei confronti del valore della rieducazione. I riflessi di tale rinnovato interesse si sono registrati soprattutto nel campo della biologia e della psicologia. Nel campo della biologia deve essere ricordato il lavoro di Mednick, la teoria biosociale, per la quale le caratteristiche biologiche di un individuo vanno considerate solo come una parte dell’equazione comportamentale; le altre parti sarebbero l’ambiente fisico e sociale e l’apprendimento del controllo degli impulsi naturali. in base ai suoi 2 ectomorfo, mesomorfo, endomorfo 3 Minnesota Multiphasic Personality Inventory 10 classificazione sviluppi e implicazioni politiche studi Mednick ha ravvisato un sistema nervoso lento nella risposta agli stimoli nei criminali. Altra teoria biosociale interdisciplinare è quella formulata dal Jeffery per il quale le caratteristiche psicologiche, biologiche e sociali devono essere considerate come elementi interagenti all’interno di un modello sistematico che produce il comportamento criminale. A suo avviso l’organismo è il risultato di tre sistemi fondamentali : il patrimonio genetico, struttura e funzioni del cervello e apprendimento genetico. Jeffery sostiene che gli individui nascano con caratteristiche psicologiche e biologiche particolari che non solo predispongono, ma possono anche causare certe forme di comportamento. Wilson e Herrnstein elaborarono invece la versione biosociale della criminalità di strada, affermando la combinazione di caratteristiche genetiche e personalità con le predisposizioni psicologiche, l’uso di droghe e fattori di socializzazione. I criminali na loro avviso nascono con una predisposizione al crimine e continuano ad accrescerla per tutta la loro vita. Altro approccio di tipo biologico ha riguardato gli studi relativi a intelligenza e crimine. Molti criminologi ravvisano nell’intelligenza non una causa della criminalità ma un fattore che predispone alla scelta di commettere un crimine. Alcuni tuttavia hanno sostenuto la determinabilità genetica dell’intelligenza e che le differenze del QI possono spiegare la propensione alla criminalità fra le varie razze. Molti sostengono che il QI sia uno dei mezzi attraverso cui la società americana discrimina i giovani e che la responsabilità della delinquenza giovanile vada attribuita al modo in cui società e istituzioni trattano gli individui svantaggiati. Sul versante della psicologia recenti studi ammettono la possibilità dell’esistenza di una personalità criminale. In particolare la questione è stata sostenuta da Yochelson e Samenow i quali in seguito di accurati case studies su circa 250 detenuti condotti al manicomio conclusero che le cause della criminalità non erano riconducibili a fattori economici sociali e psicologici né a conflitti interni alle singole personalità. Tutti i criminali nascerebbero con schemi mentali anormali che influenzerebbero le loro capacità decisionali. Walters e White hanno sostenuto la cd teoria cognitiva. Il primo 11 affermava che la criminologia non aveva riconosciuto adeguatamente il ruolo del processo cognitivo dell’individuo. Le condizioni sociali e ambientali servono a limitare le opzioni individuali piuttosto che a determinare il comportamento criminale. Il comportamento può essere visto come modellato da questi fattori mentre la razionalità individuale determina la forma dell’attività modellata. Altro approccio allo studio della personalità criminale è stato elaborato da Eyseneck e Gudjonnson. a loro avviso vi sono tre tipi di criminalità: psicotico, estroverso e nevrotico, la criminalità viene messa in relazione con un’alta concentrazione di tutti e tre i tipi di caratteristiche. Infine altra teoria che merita di essere ricordata è quella della teoria dell’apprendimento elaborata da Bandura e Skinner. Per quanto concerne infine le implicazioni politiche deve essere detto che spesso a causa dell’enfasi teorica posta sul trattamento e sulla patologia le teoria positiviste sono state utilizzate nei programmi di riforma sociale. Alle teorie biologiche gli stati Uniti si sono avvicinati di recente con la lotta alla droga, mentre le prospettive psicologiche hanno registrato maggiore attenzione da parte dei policymakers, diventando l’approccio standard al comportamento criminale. È ormai consuetudine richiedere agli individui condannati di sottoporsi a trattamenti di vario tipo. Le forme più recenti di teorie psicologiche sono state accolte favorevolmente : la teoria cognitiva insiste sulle differenze negli schemi mentali tra individui normali e criminali contribuendo così a pensare che il comportamento criminale risulti da qualche carenza mentale dell’individuo. Inoltre le versioni sociologiche della teoria positivista sono state la pietra angolare di molte politiche criminali americane : si pensi ai programmi di assistenza sociale della Great Society negli anni 60 i quali avevano lo scopo di fornire maggiori opportunità alle persone socialmente svantaggiate, in modo da ridurre la frattura sociale che produceva la criminalità. 12 transitorie e i legami parentali e amicali deboli. La scuola di Chicago lesse l’indebolimento delle relazioni sociali primarie come processo di disgregazione sociale. Sampson e Groves elencarono quattro elementi alla base della disgregazione: 1 .basso status economico; 2. mescolanza di gruppi etnici; 3. alta mobilità dei residenti verso e fuori il quartiere; 4. nuclei familiari disagiati o spezzati. Shaw e McKay notarono che la zona di transizione aveva un livello di disgregazione sociale maggiore rispetto alle altre in ragione della massiccia presenza di immigrati, il legame esistente tra immigrazione e criminalità non andava visto come il prodotto di un’eredità culturale ma come il prodotto di un duplice problema; la disgregazione sociale e il conflitto con la cultura americana dell’epoca. Altro importante contributo dei due studiosi riguarda la spiegazione del processo attraverso cui o la disgregazione influenza i giovani e li conduce alla delinquenza. Si tratta della teoria della trasmissione culturale, la quale sostiene che i giovani che vivono in aree socialmente disgregate hanno maggiori possibilità di venire a contatto con individui che abbracciano valori criminali dato che una delle caratteristiche principali di tali aree è lo sviluppo della tradizione delinquenziale attraverso la quale i valori devianti vengono trasmessi. Altra importante prospettiva teorica è data dal cd interazionismo simbolico. esso si sviluppa dall’idea che il comportamento umano sia il prodotto di simboli sociali scambiati tra individui. La mente e il sé non sono elementi innati ma costruiti dall’ambiente sociale : gli individui arrivano alla definizione di se stessi e degli altri attraverso il processo comunicativo o di simbolizzazione. Noi definiamo noi stessi a partire dalla nostra percezione di ciò che gli altri pensano di noi, inoltre possiamo avere più autodefinizioni o identità a seconda del contesto in cui ci troviamo. La complessità e la relatività della vita sociale con la molteplicità dei ruoli necessari fu compresa a pieno dalla scuola di Chicago e in ragione di ciò essa concettualizzò il comportamento umano come relativo: vi sono casi in cui il comportamento ritenuto normale dagli appartenenti ad un gruppo viene definito all’esterno deviante. Altra importante prospettiva è la teoria del conflitto culturale elaborata da Sellin, essa è imperniata sull’idea che le norme di 15 condotta o le regole che governano il comportamento: alla base della condotta di ogni individuo stanno dei valori culturali, tale contenuto varia da cultura a cultura. I gruppi che detengono il potere sociale e politico utilizzano le norme di condotta per imporre la propria definizione di crimine. Sellin afferma l’esistenza di due forme principali di conflitto culturale : il conflitto primario e il conflitto secondario. Il primo si verifica quando uno stesso comportamento può essere rilevante per due culture diverse, in tal caso la “vecchia” cultura non può essere rigettata subito, per cui per un periodo continua a influenzare il comportamento della persona. Il secondo tipo di conflitto si riferisce alla culture minori esistenti all’interno di una cultura più vasta, ossia le subculture. Le persone che abitano in una certa area geografica a lungo termine tendono a creare un proprio nucleo di valori che anche se non differenti totalmente da quelli della cultura più vasta se ne distanziano abbastanza da provocare conflitti. La scuola di Chicago sebbene costruita su punti di vista diversi aveva un nucleo centrale comune, ossia l’ispirazione positivista data dall’enfasi posta sull’osservazione sistematica e la verificabilità. gli studiosi erano mossi dall’obiettivo di sanare le piaghe della città, per cui può dirsi che tale teoria rappresenta uno dei migliori esempi di uso della teoria criminologica in funzione dello sviluppo di programmi di trattamento e riforma. Circa la definizione della teoria come procedurale o strutturale emergono notevoli difficoltà in ragione del fatto che i vari esponenti hanno posto l’accento su elementi differenti nella spiegazione dei fenomeni criminali. Sembra comunque emergere l’orientamento dominante del processo. Tutti gli autori ponevano infatti in evidenza i processi coinvolti nel comportamento, cioè i modi in cui le persone finivano per agire in risposta agli altri. I teorici della scuola di Chicago erano essenzialmente consensualisti, ciò tuttavia non vuol dire che assumevano che il consenso costituisse il punto di partenza di ogni tipo di comportamento. Inoltre deve essere detto che ad eccezione della teoria del conflitto culturale la scuola ha prodotto soprattutto microteorie. 16 classificazione Le teorie della scuola di Chicago non scomparvero mai, molti allievi continuarono ar aderirvi e a svilupparle. Alla fine degli anni settanta vi fu una rinnovata attenzione per questo tipo di studi, in ragione dell’emergere dei dati provenienti dalle inchieste di vittimizzazione. Alcune tematiche studiate dalla criminologia ecologica riapparvero negli anni settanta sotto la denominazione di design ambientale e criminologia geografica. Jeffery suggerì che la prevenzione del crimine doveva svolgersi sul piano delle modifiche dell’ambiente fisico; un architetto elaborò il concetto di spazio difendibile. Gli studi sulla vittimizzazione e l’articolo sulle attività di routine di L.Cohen servirono a rilanciare le ricerche sulla localizzazione del crimine. Altro importante sviluppo è dato dagli studi relativi sulle carriere criminali della comunità condotti da Reiss Jr., il quale si chiedeva come i cambiamenti che avvengono all’interno e all’esterno delle aree urbane influenzino l’andamento dei tassi di criminalità. Circa le implicazioni politiche la Scuola di Chicago ha avuto un’influenza rilevante. Shaw e McKay collaborando con l’Institute of Juvenile Research ebbero l’opportunità di applicare le loro teorie in un programma di prevenzione. Il loro Chicago area project tentò di ristrutturare i quartieri dando loro l’organizzazione sociale che ritenevano mancante. Essi optarono per un risanamento dall’interno attraverso la creazione di comitati e organizzazioni locali, i residenti vennero sensibilizzati alla pulizia e all’igiene, i giovani con problemi con le autorità vennero aiutati, vennero creati spazi e aree ricreative per i giovani in ogni comunità. Le idee della scuola di Chicago sono vive e vegete, le nuove concezioni derivanti dalla teoria del design ambientale vengono adottate dagli urbanisti nella progettazione e costruzione dei quartieri; i dipartimenti di polizia si servono delle cd spot map, mappe geografiche delle città su cui registrano le strade criminali. 17 sviluppi e implicazioni politiche importante ma Sutherland focalizzava maggiormente l’attenzione sull’apprendimento delle definizioni, a suo avviso infatti il comportamento criminale ha luogo quando le definizioni a suo favore prevalgono su quelle che incoraggiano il comportamento conforme. L’eccesso di definizioni non ha connotazione numerica, sta piuttosto ad indicare il peso assunto dalle definizioni in relazione alla qualità e all’intimità dell’interazione con gli altri. Per Sutherland gli individui agiscono soppesando il bene potenziale con le definizioni negative del comportamento, inoltre il comportamento prescelto non è determinato solo dall’influenza cui il soggetto è esposto, ma anche dall’assenza di modelli alternativi cui fare riferimento. L’espressione associazione differenziale implica dunque che gli individui e i gruppi siano esposti ad associazioni differenti con persone che differiscono nell’importanza attribuita al rispetto per le leggi o al comportamento conforme ad esse. La propensione al crimine da parte degli individui dipenderà dai parametri culturali dei loro associati, specie quelli con cui trascorrono lunghi e frequenti periodi di tempo. Inoltre data l’esistenza di determinate definizioni del comportamento l’individuo tenderà ad essere suscettibile ad esse: le persone che hanno assimilato definizioni di tipo prevalentemente criminale saranno ricettive verso questo tipo di valori. Si tratta di una teoria positivista concentrandosi sui criminali e il loro comportamento. È inoltre una microteoria poiché viene applicata all’eziologia del comportamento criminale. Va detto tuttavia che nella teoria è presente anche una componente macroteorica, poiché è basata su concetti di organizzazione sociale differenziale e conflitto culturale. si tratta di una teoria del conflitto : Sutherland spiega l’influenza dei conflitti culturali e normativi sull’apprendimento del comportamento criminale, il suo lavoro si concentra sulla discrepanza tra i valori per cui sotto questo aspetto non può essere classificata come teoria del conflitto nel senso che oggi le si attribuisce. Infine è una teoria procedurale, sebbene tenga conto dei fattori relativi alla struttura sociale sostenendo anche la spiegazione strutturale dei tassi di criminalità, la versione finale verte sul processo attraverso cui si diventa criminale. 20 classificazione Per quanto concerne lo sviluppo della teoria dell’associazione differenziale è possibile individuare tre linee. Negli anni cinquanta vi fu la tendenza a concentrarsi sulle culture delinquenziali come strumenti di trasmissione dei valori che conducevano alla criminalità. Un secondo tipo di sviluppo si è registrato a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta nel ritorno alle influenze della scuola di Chicago, spiegando le relazioni di tipo interazionista simbolico all’interno dell’associazione differenziale integrandola con la teoria del ruoli. La terza tendenza diffusa tra la metà e la fine degli anni sessanta tentava di spiegare i processi attivi nell’apprendimento dell’associazione differenziale attraverso l’uso delle teorie dell’apprendimento sociale dotate di impianto psicologico. Il motivo di queste teorie era quello di replicare alla diffusa critica che definiva la teoria dell’associazione differenziale priva di verificabilità na causa della natura astratta. Nel campo politico la teoria di Sutherland ha avuto implicazioni sia per lo studio che per il trattamento di tipologie alternative di crimine. l’attenzione fu volta ai programmi carcerari affinché adoperassero il concetto associativo nel fornire modelli di ruolo in grado di dare valore al comportamento conforme. Altro importante contributo di Sutherland fu il concetto di criminalità dei colletti bianchi, per il quale le persone provenienti dalle classi alti apprendono la criminalità allo stesso modo di quelle delle classi basse. 21 concetti fondamentali della teoria dell’associazione differenziale 1. il comportamento criminale viene appreso alla stessa maniera degli altri comportamenti 2. l’apprendimento ha luogo negli insediamenti sociali attraverso la comunicazione 3.l’ambiente sociale prossimo fornisce all’individuo la base necessaria all’apprendimento di due cose : il modo effettivo di comportarsi e i valori che lo riguardano 4 i valori riguardanti certi comportamenti possono essere in contrasto con le leggi 5 l’atto numero di gruppi e culture diverse presenti nella società rende possibile l’apprendimento di diversi tipi di valori o definizioni. Più è alto il numero di gruppi e culture, più è alta la probabilità di apprendere quelle definizioni che conducono al comportamento criminale teoria dell’anomia Il concetto di anomia è legato al lavoro di due studiosi: Durkheim e Merton. Il termine fu introdotto da Durkheim nel suo libro La divisione del lavoro sociale utilizzandolo nel senso di deregolamentazione all’interno di una società, riferendosi in talo senso al fatto che quando le regole procedurali generali si svuotano di efficacia e di significato, le persone non sanno più cosa aspettarsi l’una dall’altra. Il termine fu in seguito utilizzato per indicare la condizione moralmente deregolata per cui le persone hanno uno scarso controllo sul loro comportamento. Per Durkheim le società si erano evolute da una forma più semplice a una complessa, meccanica, altamente specializzata. In questa società la gente si comporta in maniera simile e eccettuata la divisione del lavoro in base al genere, tutti svolgono quasi le stesse attività lavorative e i loro fini sono orientati verso il gruppo. Le persone dipendono le une dalle altre per produrre vari beni che una volta prodotte devono essere poi distribuiti: sono necessarie relazioni altamente complesse per distruire il prodotto dovuto alle abilità dei singoli. L’anomia si riferisce alla perdita di pregnanza delle norme sociali e alle condizioni in cui esse non controllano più le attività dei membri della società. Senza la guida di regole chiare gli individui non possono trovare il loro posto nella società e hanno difficoltà ad adattarsi a cambiamenti delle condizioni di vita. Merton utilizzò il concetto di anomia formulato da Durkheim distinguendo le norme sociali in due tipi : mete sociali e mezzi accettabili per raggiungerle. Ridefinì l’anomia come discrepanza tra mezzi e fini prodotta dalla struttura sociale che propone le mete senza che vengano forniti i mezzi per conseguirle. La teoria dell’anomia appare fortemente condizionata dalla rivoluzione industriale, dalla grande depressione degli anni trenta, il crollo e la perdita di credibilità delle tradizioni sociali e i loro effetti sugli individui e sulle istituzioni. Merton, come Sutherland notò che la criminalità non era una caratteristica intrinseca della persona. Altro elemento che 22 contesto sociale e intellettuale connesse alla teoria della tensione . La versione più contemporanea della teoria della tensione è quella elaborata da Agnew, il quale sostiene che la teoria della tensione tradizionale considera soltanto i fini che hanno connotazione positiva. a suo parere andrebbe aggiunto un altro: il desiderio di evitare situazioni doloroso: così il raggiungimento di un obiettivo può essere impedito dalla esigenza di schivare cose indesiderabili o eventi stressanti. Quando si è bloccati da qualcosa o si è costretti ad evitare qualcosa, il livello di tensione è tale che si può aspettare alti tassi di delinquenza e devianza. Altro adattamento contemporaneo della teoria della tensione è quello Di Messner e Rosenfeld, essi sostengono che è stato omesso un intero livello di istituzioni non economiche, un quadro più articolato dei vincoli strutturali sulla devianza include i contributi di istituzioni quali la famiglia, la scuola, la religione e la legge. Perché l’anomia agisca non solo è necessario l’aumento del divario tra fini e mezzi, ma bisogna anche che le istituzioni sociali siano indebolite. Per quanto riguarda poi le implicazioni politiche deve essere detto che tentare di mettere in pratica le teorie dell’anomia e della tensione è abbastanza difficoltoso: si tratta di teorie di tipo macro, il tipo di politica ad esse corrispondente dovrebbe avere come scopo quello di modificare la struttura sociale dalle sue fondamenta. Alcuni hanno teorizzato che un’applicazione pratica dell’anomia potrebbe essere quella di ridurre le aspirazioni, hanno pensato di introdurre un sistema di caste, in cui gli individui occupino per tutta la vita la stessa posizione sociale senza che gli sia consentito sognare mete che siano al di là delle loro possibilità, oppure si potrebbe auspicare per una campagna per dire a tutti che il sogno americano è finito; si potrebbe tentare di limitare i messaggi pubblicitari che contrabbandano la più ampia accessibilità ai beni di lusso. Nessuna di queste ipotesi è auspicabile e tutte rappresentano un alto prezzo da pagare per un male che non è nemmeno il peggiore che affligge la società. 25 Teorie della subcultura Il contesto politico sociale in cui si sviluppano tali teorie è quello degli anni cinquanta, periodo caratterizzato dalla prosperità e da una crescita dei consumi, si profila la tendenza a concepire l’istruzione come un diritto di tutti : le iscrizioni universitarie in seguito ai sussidi per l’istruzione superiore erogati ai veterani di guerra aumentarono vertiginosamente, inoltre si prestò particolare attenzione all’istruzione anche in seguito al lancio del primo satellite da parte dei sovietici. Negli stessi anni si realizza una massiccia urbanizzazione degli Stati Uniti e si assiste a un crescente deterioramento delle aree centrali delle città, si sviluppano i sobborghi delle classi medie, venne costruita la prima lottizzazione residenziale. In questo contesto la delinquenza viene vissuta come problema degli strati sociali subalterni, di cui le bande erano la forma visibile, la povertà era concepita come responsabilità del soggetto stesso che non si era dato abbastanza da fare. Per quanto attiene poi alle influenze culturali è possibile ravvisare alle spalle delle teorie della subculture la scuola di Chicago, la concezione mertoniana dell’anomia, l’associazione differenziale del Sutherland. Altra significativa influenza fu quella esercitata dal lavoro di Kobrin Chicago Area Project, che analizzò assieme ad altri le bande criminali e le relazioni esistenti tra le generazioni di sesso maschile all’interno della comunità della classe inferiore, ravvisando un legame tra gerarchia politica e organizzazione della criminalità. Egli elaborò il concetto di comunità integrata e affermò che il grado di controllo sociale all’interno di una comunità dipende dalla qualità delle organizzazioni criminali nonché dalle relazioni che esse intrattengono con la leadership politica del loro aggregato sociale di appartenenza. Cohen nel libro Delinquent Boys rappresentò il primo tentativo di risolvere la questione di come si forma una subcultura delinquenziale. Nel fare ciò integrò le prospettive di Shaw, McKay, Sutherland e Merton. Egli, dopo aver esaminato ricerche sulla delinquenza giovanile notò che il comportamento delinquente si verificasse più frequentemente tra maschi delle classi inferiori e che la delinquenza delle bande giovanili è la forma più comune. Egli non 26 teoria della subcultura contesto sociale e intellettuale ravvisò una motivazione razionale per gli atti compiuti dalle bande, affermò che i giovani devianti provavano soddisfazione nel creare il disagio altrui e tentavano di oltraggiare i valori delle classi medie. Le bande risultavano versatili, edoniste, autonomiste. Cohen affermò che tutti i giovani di fatto vanno alla ricerca di uno status sociale, tuttavia non tutti possono competere in un regime di pari opportunità per raggiungerlo. La frustrazione da status che affligge molti ragazzi delle classi inferiori può far scaturire vari tipi di adattamento rispetto ai valori delle classi medie, in alcuni casi tale adattamento sarà rappresentato da una soluzione collettiva che rende necessario modificare i mezzi per raggiungere lo status: vengono poste nuove norme, nuovi criteri di definizione dello status che legittimano le caratteristiche possedute e i comportamenti che si è capaci di perseguire. In questo modo si forma la subcultura delinquente. Abbandonando e rovesciando i valori della classi medie attraverso la reazione-formazione i giovani che fanno parte di una banda possono ottenere uno status, comportarsi come sono abituati a comportarsi. Inoltre più frequentemente un ragazzo frustrato di un quartiere periferico interagisce con la subcultura delinquenziale, per cui maggiori sono le possibilità che ne assuma definizioni e comportamenti. Cohen formulò anche teorie sulla delinquenza femminile e su quella degli appartenenti alle classi medie di sesso maschile utilizzando in entrambi i concetti di reazione-formazione e frustrazione da status. Le donne sarebbero frustrate dal doppio standard sessuale a cui reagirebbero assumendo comportamenti devianti di natura sessuale; gli uomini delle classi medie proverebbero l’impulso di esprimere la loro mascolinità per reagire alla crescente responsabilità che le donne assumono nella crescita dei figli. La teoria di Cohen è stata definita una teoria della tensione o strutturale, ciò appare solo in parte vero: se da un lato la tensione è la fonte della subcultura, dall’altro la teoria mette in luce il processo attraverso cui viene creata la subcultura. Si tratta inoltre di una teoria ponte. 27 espressamente che l’idea di subcultura della violenza risulta dalla combinazione di diverse teorie: la cultura del conflitto, la teoria dell’associazione differenziale, le teorie dei sistemi sociali, culturali e delle personalità, le teorie dell’apprendimanto, della socializzazione e dell’identificazione differenziale. La critica delle teorie della subcultura, le quali essenzialmente si basano sul legame esistente tra classi inferiori e criminalità, fu aspramente criticato a partire dall’introduzione delle cd autodenunce, molte di esse infatti riscontrarono che tale relazione era molto debole. Si è delineata in tal senso l’idea che la relazione tra classi inferiori e criminalità non sia del tutto solida, in ragione del fatto che le variabili utilizzate per dimostrare la validità della relazione sono di per sé deboli. Modiche alle teorie della subcultura sono state introdotte da Sykes e Matza, i quali hanno sostenuto che i giovani dei gruppi subalterni non hanno bisogno dell’opposizione di valori per commettere atti criminali, è al contrario necessaria una serie di razionalizzazioni o naturalizzazioni che aiuti ad aggirare i valori convenzionali. I due studiosi hanno asserito che esistono valori sotterranei all’interno della cultura generale, i quali sottolineano l’importanza del divertimento o della tolleranza verso certi tipi di conflitto e violenza. Yablonsky ha nipotizzato che le teorie dovrebbero servire ad analizzare gruppi poco coesi e comportamenti meno strutturati : egli definì quasi- gruppi quelle bande nelle quali i membri non erano così legati arrivando a teorizzare che il leader sia uno psicopatico che istiga gli altri a commettere delitti. Tentativo di rifarsi ai concetti di subcultura è quello definito ipotesi di meridionalità, questa tesi vuole spiegare perché il tasso di omicidi sa più elevato nelle regioni meridionali rispetto al resto del Paese, sostenendo che i maschi del sud abbiano una subcultura più incline alla violenza che al confronto verbale. La teoria asserisce dunque che gli abitanti degli stati del sud apprendano dal loro background culturale ad essere risoluti e pronti all’uso della violenza. Altra spiegazione subculturale è quella della densità della popolazione, la quale secondo alcuni influisce sulla partecipazione 30 sviluppi e implicazioni politiche ad attività devianti: più un luogo è densamente popolato maggiori saranno le probabilità che si verifichino comportamenti non conformi. Per quanto infine riguarda le implicazioni politiche determinate dalle teorie delle subculture deve essere detto che esse riscossero un certo successo : le amministrazioni Kennedy e Johnson fecero proprio l’intento di risanare la società dalle fondamenta, investirono milioni di dollari nella Great Society e nella War on poverty. Il progetto subculturale più famoso degli anni sessanta è senza dubbio il Mobilization for Youth Project creato per incrementare le opportunità dei giovani nel campo del lavoro e dell’istruzione, il quale riuscì a creare lavori part time e a fornire gratuitamente testi scolastici ma non seppe offrire migliori opportunità di vita. Lo scopo principale del MFY era quello di incentivare l’azione politica a favore della comunità, servì per l’organizzazione dii scioperi e proteste, per permettere alle comunità di esercitare il loro potere politico. Le teorie della subcultura hanno ispirato diversi progetti relativi alla delinquenza giovanile : Silverlock e Provo sostennero che gruppi di delinquenti sotto la guida di un assistente adulto potessero aiutarsi a vicenda ad assumere comportamenti più conformi, la cd interazione di gruppo guidata. Si sono diffusi inoltre progetti scolastici volti a contrastare gli effetti delle subculture delle classi inferiori. La teoria dell’etichettamento Si tratta di una particolare teoria, la quale nonostante si sviluppi da teorie precedenti pone le domanda in un’ottica diversa. Gli studiosi che sostennero tale teoria affermarono che le teorie del passato avevano prestato attenzione eccessiva alla devianza individuale, trascurando i modi in cui la società reagiva ad essa. in ragione di ciò la teoria viene anche denominata scuola della reazione sociale. Alla fine degli anni cinquanta la società civile prese coscienza della diseguaglianza razziale, della segregazione e dei diritti civili. Proteste e manifestazioni divennero all’ordine del giorno: gli afroamenricani protestavano contro il trattamento che subivano nei ristoranti, nei teatri, sugli autobus, nelle università. Sotto il profilo intellettuale la teoria dell’etichettamento è erede 31 contesto sociale e intellettuale dell’interazionismo simbolico della Scuola di Chicago. Lemert, uno dei primi autori che contribuì alla teoria dell’etichettamento, egli analizzò con approccio interazionista le patologie sociali, incluso il difetto di balbettere diffuso tra i pellerossa della costa occidentale. Altri sostennero che il concetto di profezia che si autoadempie, sviluppato da Merton , rappresentò un un elemento importante per la popolarità dell’etichettamento. Importanti influenze ebbero anche i self-report studies. La teoria dell’etichettamento è fatta risalire da molti all’opera del Tannenbaum: egli sostenne che la drammatizzazione del male non deriva tanto dalla mancanza di adattamento alla società da parte del deviante, quanto dall’adattarsi dell’individuo a un gruppo particolare, pertanto il comportamento criminale scaturisce dal conflitto tra un gruppo e la società nel suo insieme in cui si fronteggiano due definizioni opposte di comportamento conforme. La teoria dell’etichettamento prevedeva un approccio alla devianza diverso da quello delle teorie precedenti. Becker sostenne che nessuna delle interpretazioni della devianza (tipo statistico, patologico o relativista) dava una giusta descrizione della realtà deviante. egli affermò che l’esistenza della devianza dipende dal punto di vista di chi osserva, poiché i membri dei vari gruppi hanno concezioni differenti di ciò che è giusto e conforme, che variano a seconda delle situazioni. Per essere considerata tale la devianza deve essere scoperta da qualche gruppo che non ritiene conforme un dato comportamento. Ruolo importante nel concetto di devianza elaborato da Becker giocò l’interesse per le organizzazioni e le carriere criminali: egli sostenne che mentre i sociologi cominciano a studiare i soggetti insistendo sulla necessità di esaminare l’intera struttura sociale, lo studio della criminalità era imperniato sui soggetti criminali, la cd organizzazione criminale era ignorata. Egli mutuò l’approccio della sociologia del lavoro considerando la devianza come lo studio delle persone il cui lavoro consiste o nel commettere reati o nell’arrestare criminali. l’approccio dell’etichettamento può essere distinto in due parti: la spiegazione del come e del perché certi individui vengono etichettati e gli effetti dell’etichettamento. 32 prospettiva teorica sarebbero aspetti importanti ma secondari, si tratta insomma di tratti preponderanti che mettono in ombra altre caratteristiche della persona. Alcuni esempi di status egemone sono stati dimostrati attraverso studi condotti nelle carceri americane. Gli studiosi condussero una dozzina di cittadini a visitare una prigione, il secondino mostrava loro i detenuti raccontando episodi che li riguardavano. Questo indicò loro un detenuto affermando che aveva ucciso una persona a colpi di accetta. L’individuo era un uomo piuttosto piccolo, che stava seduto in fondo alla cella. Il gruppo reagì arretrando di un passo: aveva reagito alla suggestione dell’etichetta ma non all’individuo reale seduto nella cella. L’interpretazione retrospettiva dà un’idea di come le identità possono essere ricostruite e adattate alla nuova etichetta. Dato che l’etichetta criminale designa uno status egemone è difficile che la gente creda che un aspetto così rilevante del carattere di una persona non esistesse prima che commettesse l’atto. In ragione di ciò avviene un processo di riesame che reinterpreta fatti e eventi del passato per farli coincidere con la nuova identità. Questa interpretazione viene applicata da tutti. Esistono due forme di etichettamento : la reazione sociale che può essere considerata un effetto e la devianza secondaria che può essere considerata una causa. La teoria dell’etichettamento è innanzitutto una teoria procedurale per via del suo interesse a comprendere il modo attraverso cui le persone vengono etichettate. si tratta inoltre di una teoria classica poiché sottolinea il ruolo della criminalità, della legge e delle procedure piuttosto che il comportamento criminale. È una teoria chiaramente conflittuale: dal suo rifiuto di considerare la criminalità come elemento universale fino al suo modo di spiegare la distribuzione delle reazioni all’interno della società la teoria si basa sul pluralismo culturale e sul conflitto di valori. Si tratta infine di una microteoria poiché verte sugli effetti delle reazioni sociali al comportamento individuale. 35 Le idee sviluppate dalla teoria dell’etichettamento sono divenute parte integrante della criminologia: esse sono state soggette a aggiunte e chiarificazioni da più studiosi. Shur ha individuato tre gruppi diversi soggetti della reazione alla devianza: 1. l’altro significativo - gruppo composto da coloro che più di altri esercitano influenza sull’individuo; 2. le agenzie del controllo 3. la società in senso lato Hirschi e Welford hanno criticato di contro la teoria dell’etichettamento sostenendo che essa sia priva di riscontri empirici a suo sostegno, altri hanno criticato l’adeguatezza della ricerca svolta sull’etichettamento, altri ancora criticano l’approccio dell’etichettamento per essere troppo semplicistico. In realtà la teoria dell’etichettamento risulta complessa, un insieme di estrapolazioni di risultati di ricerche elaborate da singoli studiosi. Essa spiega solo una faccia della medaglia. A favore dell’etichettamento deve essere detto che sso costituisce un elemento fondamentale della nostra vita: la tendenza all’etichettamento è naturale. Il problema è come si categorizzano persone ed eventi e quale effetto ha questo processo sul modo in cui si vedono le persone. Alcuni hanno elaborato versioni più complesse della teoria dell’etichettamento concentrando i loro studi sulla vergogna. questo aspetto può essere visto sia come effetto dell’autoetichettamento sia dell’etichettamento-stigmatizzazione subito da altri. altra via è stata sperimentata dal Melossi attraverso la cd teoria fondata dell’etichettamento. Ricollegandosi alla critica che ritiene non utilizzabile tale teoria ai fini dell’elaborazione di strategie politiche, egli sostiene che attraverso l’etichettamento le teorie critiche tornano alle loro origini. Egli sostiene la necessità di un approccio integrato in cui le motivazioni di un sofferto vanno collocate all’interno di un contesto storico-sociale definito. con questa combinazione Melossi tenta di spiegare atti originati da motivazioni specifiche e la conseguente reazione. Deve infine essere ricordato il lavoro din Gusfield il quale ha individuato quattro categorie di etichette descrivendone i rispettivi 36 effetti sull’ordine sociale: 1. devianti malati - si tratta di persone incapaci di controllare i loro comportamenti. Questa etichetta rafforza l’ordine sociale poiché sottolinea che nessuna persona normale sarebbe capace di compiere gli atti compiuti dal deviante malato. 2. devianti pentiti - si tratta di persone definite in passato devianti che si ravvedono del loro comportamento 3. devianti cinici - sono quelle persone che sono consapevoli di comportarsi come devianti ma non se ne curano né se ne pentono. Essi rappresentano una minaccia per l’ordine sociale perché violano regole e leggi. 4. devianti nemici - sono quelli che non credono ci sia qualcosa di sbagliato nel loro comportamento, anzi sostengono siano sbagliate le regole della società. Essi minacciano l’ordine sociale sia violando le regole che tentando di stabilirne di nuove. Per quanto riguarda le implicazioni politiche le teorie dell’etichettamento riscossero un discreto successo dando luogo principalmente a quattro sperimentazioni: 1. diversion - al fine di evitare gli effetti negativi dell’etichettamento si sostenne la necessità di sottrarre i minori da ogni tipo di azione giudiziaria nei loro confronti. Questi programmi ebbero larga diffusione negli anni settanta, i minori vennero sottoposti a programmi di recupero informali esterni al sistema. In realtà questi programmi hanno avuto l’effetto di estendere la rete di controllo sui comportamenti giovanili indesiderabili. 2. equità processuale - i critici del sistema giudiziario minorile sostennero nel corso degli anni sessanta che la pratica della giustizia che agiva nell’interesse del minore si concretava in decisioni discriminatorie e imprevedibili. Perciò si richiedeva che ai minori fosse garantito lo stesso tipo di regole esistenti nel sistema giudiziario adulto. 3. depenalizzazione - i primi movimenti si concentrarono soprattutto su comportamenti illeciti riconducibili allo status della minore età. Secondo i criminologi i minori processati e condannati dal sistema giudiziario non solo subivano la stigmatizzazione, ma avevano anche maggiori possibilità di apprendere comportamenti criminali dai loro compagni di prigione. Molti sostennero la depenalizzazione dei reati 37 attraverso nuove regole. col passare del tempo i membri della vecchia società vengono meno e con essi la memoria di questo passaggio, rimangono coloro che hanno sperimentato solo la nuova organizzazione. Quinney mise per primo in discussione le definizioni della criminalità e il funzionamento del sistema penale messi all’opera dal potere politico. Egli presentò la teoria della realtà sociale del crimine articolandola in sei proposizioni. al pari dei teorici dell’etichettamento considera il crimine il prodotto della reazione sociale e in particolare di quella dei detentori del potere politico che non solo reagiscono a certi comportamenti, ma definiscono anche le condotte criminali creando le norme penali e includendovi tutti quei comportamenti considerati non desiderabili. Il crimine è visto come il prodotto di definizioni legali costruite attraverso l’esercizio del potere. Le teorie radicali del conflitto sono molteplici, una prima versione può essere ravvisata nel lavoro di Chambliss, il quale si interessò al processo di formazione delle leggi e alla loro applicazione. La sua analisi della legislazione inglese sul vagabondaggio è un esempio della natura storica delle ricerche che le teorie di ispirazione marxista conducevano per sostanziare il loro punto di vista. Egli documentò come la creazione e le modifiche delle leggi sul vagabondaggio fossero il riflesso degli interessi delle classi dominanti. L’autore condusse anche un’analisi di stampo marxista sul sistema penale americano e affermò che le classi dominanti controllano le risorse della società e usano la legge come mezzo di controllo. - criminologia marxista - malgrado Marx si fosse occupato solo marginalmente del fenomeno della criminalità molti criminologi hanno adottato il suo modello generale di società per l’analisi del fenomeno. Le cause del conflitto sociale a suo avviso sono da attribuire sia alla scarsità di risorse che alle diseguaglianze storiche che stanno alla base della distribuzione del potere. Un simile squilibrio genera conflitto di interessi tra chi detiene il potere e chi ne è sprovvisto rispettivamente borghesia e proletariato. Oggetto del conflitto di classe è il controllo dei mezzi di produzione. I criminologi marxisti esaminando le connessioni tra lotta di classe e criminalità individuarono che la legge è di per sè uno strumento in mano alle classi dominanti per cui le definizioni del crimine delle norme penali 40 riflettono gli interessi dei gruppi sociali dominanti e servono a perpetuare la proprietà privata, inoltre tutti i tipi di criminalità sono il prodotto delle lotte di classe e infine che la spiegazione della criminalità è possibile attraverso la relazione con i mezzi di produzione. In questo senso Spitzer individua cinque categorie sociali potenzialmente problematiche: i poveri che rubano ai ricchi; le persone che si rifiutano di lavorare; le persone dedite al consumo di stupefacenti; i soggetti che rifiutano la scolarizzazione o la famiglia; gli attivisti fautori di una società non capitalista. - criminologia radicale - utilizza cinque concetti : classe sociale non designa solo la posizione ricoperta dagli individui da una data società, ma un elemento costitutivo del capitalismo; economia politica si impernia sul concetto di classe e si riferisce alla struttura economica; disgregazione familiare è uno dei prodotti della diseguaglianza; condizioni economiche; plusvalore è lo sfruttamento capitalista della differenza tra i costi di produzione e il valore del prodotto. Lo sfruttamento crea disoccupazione, sottoccupazione dunque criminalità. - realismo di sinistra - emerge negli anni ottanta e i suoi maggiori esponenti sono Young e Dekeseredy rispettivamente in Gren Bretagna e negli Stati Uniti. Questa versione affronta il problema di tradurre le idee radicali in una politica sociale realista. L’obiettivo di fondo della criminologia realista è quello di fornire ai policymakers una prospettiva di utilizzo pratico senza abbandonare l’approccio critico. L’assunto basilare si discosta dall’interpretazione marxista della criminalità, i realisti riconoscono che i criminali esistono anche nei paesi socialisti e pongono la questione come un problema che riguarda tutti i tipi di società. La criminalità rappresenta una perdita netta nella qualità della vita di tutte le classi: le principali vittime dei comportamenti criminali sono i membri della classe operaia. Essi elaborano quattro variabili esplicative della criminalità: la vittima, il reo, lo stato, la comunità. La loro spiegazione mette insieme elementi micro e macroteorici nel tentativo di dimostrare l’effetto delle variabili strutturali sui processi che influenzano gli individui. - criminologia anarchica - gli anarchici si oppongono ad ogni forma di gerarchia, i criminologi che si richiamano a questa corrente considerano le autorità come agenti di dominio deputati a servire gli 41 interessi di uno o più gruppi a spese di altri. Un criminologo anarchico cerca di demitologizzare i concetti che stanno alla base del sistema penale e all’ordine legale, al cui posto preferisce l’ambiguità, un mondo caratterizzato dall’esistenza di cose incerte, senza scopi o significati concreti. Una società caratterizzata da anarchia si basa su un’interazione sociale che apprezzi le diversità e la tolleranza, una società decentralizzata basata su negoziazioni collettive con le quali le persone entrano in relazione e vivono insieme. La criminologia anarchica attribuisce agli individui la responsabilità della vita collettiva, negoziando accordi flessibili sui comportamenti da seguire, gestendo collettivamente le misure di controllo. Si tratta di teorie classiche, che mettono min rilievo più la criminalità che i criminali. Sono teorie strutturali e macroteorie dato che vengono spiegati più la natura della società e i suoi effetti sulle istituzioni sociali che il comportamento individuale. Per ciò che concerne lo sviluppo attuale delle teorie del conflitto deve essere detto che questo ha seguito due diverse strade: - lo studio dei differenziali di potere - si tratta di ricerche condotte in materia di discriminazione le quali hanno condotto a risultati contrastanti : per alcuni vi sono riscontri empirici alle ipotesi di discriminazione, mentre per altri non esiste alcuna discriminazione sistematica. In questo senso deve essere sottolineato che a seconda del tipo di ricerche esaminare e dell’approccio utilizzato i dati variano notevolmente, potendo essere utilizzati a sostegno di una o l’altra tesi. - la trascendenza delle idee dominanti sul controllo sociale - secondo questa linea è possibile elencare quattro aree della criminologia contemporanea cui gli approcci marxisti e radicali hanno contribuito : la criminologia realista, la nuova criminologia della pacificazione, la criminologia radicale femminista, la criminologia decostruttivista o potmoderna. Tutte queste aree stanno esplorando nuovi approcci analitici al problema della criminalità tentando di sviluppare concezioni che non siano basate sulle analisi tradizionali. Circa le implicazioni politiche poi va detto che le teorie radicali hanno riscosso uno scarso successo, mentre quelle del conflitto hanno contribuito a suscitare una maggiore attenzione per il sistema penale. 42 classificazione sviluppi e implicazioni politiche sulle autodenunce. teoria del controllo sociale di Durkheim il sociologo francese teorizzò che all’interno di ogni società ci sarebbe un certo numero di devianti, per cui la devianza è un fenomeno normale. La devianza contribuisce a mantenere l’ordine sociale in quanto i confini tra atti consentiti e disapprovati sono vaghi. Per dimostrare la sua tesi egli ipotizza una società di santi e afferma che anche in questa vi sarebbe criminalità: il tipo di reati in essa commessi consisterebbe in comportamenti per noi irrilevanti, ma per i santi dannosi e riprovevoli. Per Durkheim inoltre una società normale si distingue per il buon funzionamento delle relazioni sociali e per la chiara esplicazione delle norme, quando entrambe cominciano a incrinarsi, anche il controllo comincia a deteriorarsi e l’allentarsi del sistema di controllo conduce alla criminalità. teorie del controllo basate sulla personalità Molti criminologi a partire dagli anni cinquanta spiegarono la delinquenza a partire dal controllo sociale, tale concetto ha subito diversi adattamenti con i concetti di personalità e socializzazione entrando a far parte di molti lavori sociologici sulla devianza. Reiss combinò i concetti di personalità e socializzazione con il lavoro della scuola di Chicago producendo una teoria sul controllo sociale che anticipò molti lavori successivi. A suo avviso la delinquenza poteva essere spiegata attraverso tre componenti del controllo sociale, egli affermò che la delinquenza è il prodotto parziale o totale del mancato sviluppo durante l’infanzia di adeguato autocontrollo, dell’allentarsi di questo autocontrollo, o dell’assenza di regole sociali introiettate mediante l’influenza dei gruppi sociali importanti. teoria del contenimento Reckless spiega la delinquenza come interazione tra forma di controllo interna e esterna, egli definì la sua teoria come una spiegazione sia della conformità che della devianza. Egli la considerò inoltre come una teoria a medio raggio, non in grado di spiegare tutte le forme di devianza, escluse infatti dalla sua analisi i comportamenti derivanti da pulsioni interne, sia quelli causati dallo sconvolgimento dei ruoli preassegnati. Il contenimento interno venne presentato come una delle componenti 45 prospettiva teorica del Sè, ossia autocontrollo, un buon livello di autostima, un ego forte, un superego ben sviluppato, una tolleranza verso le frustrazioni acute, un’alta capacità di resistenza ai cambiamenti imposti, un alto grado di responsabilità. Il contenimento esterno sarebbe invece costituito dall’ambiente sociale. Reckless affermò che le persone posseggono una concezione di sé che si forma da giovani, questa può essere buona o cattiva e funge da ammortizzatore delle influenze esterne. teorie del legame sociale Matza sosteneva che in una società, anche i delinquenti delle classi inferiori, sono legati al sistema dei valori dominanti. Insieme a Sykes ipotizzò che gli individui diventano liberi di essere delinquenti attraverso l’uso di tecniche di neutralizzazione, le quali permettono a ognuno di neutralizzare e sospendere temporaneamente la loro fedeltà ai valori sociali aprendo la strada a spazi di libertà per la commissione di reati. Matza stabilì il concetto di legame con l’ordine morale, con il quale sostenne un legame esistente tra individui e valori sociali dominanti. a suo avviso la criminologia dovrebbe spiegare come questo tipo di legame si rafforzi o si indebolisca. La neutralizzazione spiegava l’inclinazione di una persona ad assumere comportamenti devianti. alla spinta all’azione è sottesa la volontà di fare qualcosa che si attiva in due modi: la preparazione che rimette in moto vecchi comportamenti e la disperazione che affretta l’assunzione di quelli nuovi. teoria del controllo sociale di Hirschi come Durkheim hirschi ritiene che ogni comportamento rifletta gradi diversi di moralità. Il potere delle norme interiorizzate la coscienza e il desiderio di approvazione incoraggiano i comportamenti convenzionali. Egli parte dall’idea che la persona sia libera di intraprendere la via della delinquenza. Nella sua visione tuttavia gli individui sono mossi da interessi egoistici, sono dunque pronti ad agire nella maniera che procuri loro il maggior numero di benefici. Appare evidente il legame con la scuola di chicago rispetto alla quale la teoria di Hirschi si differenzia per la considerazione di legittimità per un solo tipo di definizione, cioè per il sistema dei valori condiviso da tutta la società. Egli distinse nei legami sociali quattro elementi: 1. attaccamento - è l’elemento più importante: la forza 46 dell’attaccamento verso altri significativi (famiglia, amici) o verso le istituzioni può inibire la devianza. 2. coinvolgimento - indica il grado di attività, tempo e energia a disposizione di un comportamento. Le persone maggiormente occupate in attività conformi hanno meno tempo per essere coinvolte in atti devianti, per cui la partecipazione alla vita associativa, ad attività ricreative e extrascolastiche aiuta ad accrescere il livello di conformità. 3. impegno - rappresenta l’investimento che l’individuo effettua nella società conforme, può assumere la forma dell’istruzione, di una buona reputazione, dell’intrapresa economica. Coloro che hanno assunto questo tipo di impegno verso la società conforme hanno molto da perdere dall’essere sorpresi a commettere atti devianti. 4. convinzione - riguarda il riconoscimento della validità delle regole sociali vigenti Questi quattro elementi influenzano i legami tra gli individui e la società. La libertà di intraprendere comportamenti devianti cresce in proporzione all’indebolimento di uno dei quattro elementi. teoria dell’autocontrollo La teoria fa capo a Hirschi e Gottfredson, essa è basata sull’esame tanto del reato quanto della criminalità, i suoi elementi chiave sono le propensioni latenti e le condizioni in cui queste propensioni si traducono in reato. I due teorici partirono dalla ridefinizione del termine reato, intendendo con esso atti di forza intrapresi nel perseguimento di uno scopo individuale. Una simile concezione risulta sicuramente più ampia, ma ne restano comunque esclusi quelli compiuti per negligenza o accidentalmente. In secondo luogo essi rifiutarono concetti di altre teorie ambigui e relativamente inutili come quelli di classe e razza. Nell’osservazione del crimine essi partirono dalle sue caratteristiche più comuni: gratificazione immediata, gratificazione semplice o facile, eccitazione, rischio, poche abilità e pianificazione, dolore e disagio della vittima. A partire da tali osservazioni essi dedussero che il crimine è essenzialmente legato ad un problema di basso autocontrollo. Questo viene definito come l’idea per cui le persone sono diversamente vulnerabili rispetti alla tentazione del momento, ossia la capacità di limitarsi. 47 successivamente sulla ricadute di tali effetti sull’individuo. secondo Skinner ogni comportamento prende forma dalle sue conseguenze e persiste in seguito a queste, per cui esso è il prodotto di eventi passati e presenti della vita individuale. Nella psicologia skinneriana è possibile distinguere sei elementi fondamentali: 1. il rinforzo - positivo o negativo, si tratta di un qualsiasi evento successivo al verificarsi di un comportamento che ne altera o accresce la frequenza. Rinforzi positivi sono le ricompense, rinforzi negativi sono ad esempio la non punizione a seguito di pentimento. 2. la punizione - è l’opposto del rinforzo, riduce la frequenza di ogni comportamento cui consegue 3. l’assenza di ricompensa - è una forma di punizione che consiste nell’eliminare la ricompensa. 4. gli stimoli discriminanti - sono presenti sia prima che durante il verificarsi del comportamento, possono essere utilizzati come mezzi di controllo del comportamento perché avvisano dell’arrivo di una ricompensa o di una punizione 5. la previsione delle conseguenze - si riferisce alla frequenza e alle probabilità che un certo evento abbia luogo nonché il lasso di tempo che lo separa dalla sua causa. 6. il concetto di imitazione - è l’elemento centrale dell’apprendimento: si impara a comportarsi in un certo modo osservando gli altri. Jeffery ha come punto di partenza nell’elaborazione della sua teoria l’adattamento in termini moderni della teoria del Sutherland, egli iniziò a presentare la sua teoria del rinforzo differenziale con una breve descrizione dei sei elementi della teoria di Skinner ai quali aggiunse l’elemento della sazietà/deprivazione, in base al quale uno stimolo sarà più o meno incentivante a seconda della condizione in cui versa un individuo in un dato momento. a suo avviso gli individui non vivono tutti le stesse esperienze, per cui le loro storie li condizionano in modo diverso. Persino gli stimoli cui siamo sottoposti quotidianamente hanno significati diversi per ciascuno. Tra tali stimoli ve ne sono alcuni che influenzano il comportamento criminale, a loro volta alcuni individui possono essere rafforzati dalla condotta criminale, altri invece puniti. Secondo Jeffery i rinforzi più importanti 50 sono quelli materiali. Jeffery integra il suo pensiero con la sociobiologia affermando che la qualità incentivante di tutti i comportamenti ha origine nel cervello: è il cervello che controlla i centri del piacere e del dolore che mediano e interpretano tutti gli stimoli. I rinforzi sociali avrebbero un ruolo solamente secondario, la cui esistenza è dovuta al loro legame con le forme primarie di rinforzi biologici. Jeffery attraverso un approccio interdisciplinare sostiene che una teoria generale della criminalità debba comporsi di tre elementi: genetica, struttura e funzioni cerebrali e teoria dell’apprendimento. A suo avviso dunque caratteristiche sociologiche, biologiche e psicologiche dovrebbero essere considerate elementi interagenti all’interno di un sistema globale che produce comportamento criminale. Gli esseri umani presentano differenze biologiche e psicologiche congenite, le quali li portano a confliggere con altri individui. Per ridurre tale conflitto essi vanno socializzati alla conformità e sottoposti a sistemi di controllo che limitano i loro comportamenti. Akers è il fautore della teoria dell’associazione-rinforzo differenziale. Si tratta di una teoria più ampia di quella di Sutherland, non di un’alternativa a questa. Egli considera l’ambiente sociale la fonte più importante dei rinforzi: l’apprendimento del comportamento deviante è il prodotto dell’interazione sociale. La presenza di subculture diverse all’interno della società ci permette di predire quali stimoli saranno per le presone veri e propri rinforzi. Centrale è in tal senso il ruolo delle definizioni, cioè le componenti morali dell’interazione sociale in grado di indicare cosa è giusto e cosa non lo è. Secondo Akers si tratta di una forma di comportamento verbale poiché vengono apprese al pari degli altri tipi di comportamento. La teoria dell’apprendimento sociale è una teoria positivista e microteorica, essa verte maggiormente sul comportamento del criminale per il quale suggerisce rimedi e trattamenti. È inoltre procedurale, poiché spiega i processi e le ragioni del verificarsi di comportamenti devianti. Per quanto attiene alla configurabilità come teoria del consenso o del conflitto occorre distinguere l’approccio di Jeffery da quello di Akers. Il 51 classificazione primo sembra far riferimento ad una lettura consensuale della società suggerita dal fatto che il suo lavoro fornisce molte applicazioni pratiche per curare il comportamento criminale senza domandarsi da dove traggano origine quelle leggi che implicano questa cura. Akers invece definisce egli stesso il suo approccio pluralista e conflittuale. Le teorie dell’apprendimento sociale hanno goduto e continuano a godere una certa notorietà. Molti hanno cercato di sottoporre a verifica empirica questo approccio, in particolare la teoria elaborata da Akers. Uno dei più importanti sviluppi delle teorie dell’apprendimento è sicuramente il lavoro di Glaser, il quale propose appunto la teoria dell’anticipazione differenziale. a suo avviso sono le aspettative ad influenzare e determinare una data condotta. Egli distinse tre fonti di aspettative: - legami sociali pro e contro il crimine; - apprendimento differenziale; - opportunità percepite Dunque tutti gli individui sono circondati da più gruppi di persone che ricompensano un certo comportamento a seconda dei loro valori. Gli individui hanno dunque fonti di apprendimento diverse per comportamenti e valori per cui impareranno a comportarsi in modo diverso e apprenderanno anche stimoli discriminanti. L’individuo secondo Glaser commetterà un reato quando il guadagno che si aspetta di ottenere superi la punizione prevista. Dal punto di vista delle implicazioni politiche la teoria dell’apprendimento sociale ha ispirato alcuni progetti di modificazione del comportamento condotti su detenuti quali ad esempio lo schema di trattamento M&M, il quale funziona in modo da guidare l’individuo attraverso diverse fasi di comportamento cominciando con un semplice cambiamento di condotta l’individuo progredisce verso stadi più complessi e lunghi ricevendo una ricompensa per essersi comportato in modo corretto. I risultati di questi programmi sembrano essere positivi tuttavia una volta che ci si allontana dall’ambiente controllato il comportamento appreso tende a scomparire. Altra implicazione politica delle teorie dell’apprendimento è il design ambientale. In ragione dell’assunto di Jeffery in base al quale più risulta difficile commettere un certo atto minori saranno le probabilità 52 sviluppi e implicazioni politiche La teoria fa capo a Clarke e Cornish. essa spiega la motivazione dell’aggressore a compiere l’atto criminale come tentativo di soddisfare i bisogni ordinari. La razionalità è il processo decisionale con cui si stabiliscono le opportunità per la soddisfazione di tali bisogni, i costi dell’azione e i benefici previsti. Non è richiesta una razionalità completa, nè che questa sia particolarmente sofisticata. Il processo decisionale è diviso in due aree: - decisioni di coinvolgimento - sono quelle con cui si compie la scelta di venire coinvolti nel reato, continuare in esso o ritirarsi da esso. - decisioni di evento - sono quelle in cui si stabilisce la tattica per compiere un atto criminale. Se la tattica è semplice, la decisione di coinvolgimento guadagna potenziali benefici, se la tattica è difficile la decisione perde tali benefici potenziali. Poiché le esigenze di un reato variano col reato stesso si può assumere che le scelte razionali facciano altrettanto. Le teorie razionali sono classiche poiché fondate sul libero arbitrio, sono consensuali poiché assumono che un individuo che decida di commettere un reato sta scegliendo di opporsi all’ordine sociale costituito. Hanno un approccio microteorico e procedurale, poiché sottolineano la natura individuale della decisione. Uno dei principali vantaggi di cui godono le teorie razionali è quello di dare ispirazione diretta alle politiche. Essendo gli aggressori ritenuti in grado di scegliere deliberatamente di commettere un crimine, dunque pienamente responsabili tali teorie legittimano la loro punizione avvicinandosi notevolmente all’opinione pubblica. Tali teorie mettono in evidenza le vittime favorendo programmi di assistenza. Infine i concetti di guardiano capace e bersaglio designato fanno emergere l’importanza di misure relative al territorio come l’intensificazione della sorveglianza dei quartieri, la protezione dei bersagli e l’illuminazione pubblica in aree altrimenti al buio. teorie di genere 55 classificazione sviluppi e implicazioni politiche comprendono un variegato gruppo di prospettive miranti a sensibilizzare gli studiosi sulla invisibilità delle donne nel campo della criminalità. Tali teorie si propongono inoltre di produrre una prospettiva distintamente femminista della società. Tali teorie nascono nel contesto dei movimenti per i diritti civili e in particolare del più ampio movimento per la liberazione della donna. Esse si rifanno in particolare alle teorie del conflitto dato il loro accento posto sui rapporti di potere. Le donne costituiscono una popolazione dimenticata dalla criminologia e dalla giustizia penale, anche quando vengono prese in considerazione da alcune teorie esse spiegano il comportamento in maniera semplicistica. Molti criminologi hanno riscontrato che gli individui di sesso femminile in generale commettono meno reati di quelli di sesso maschile, ciononostante la variabile genere è poco studiata. Le prospettive di genere dunque hanno la finalità di criticare in primo luogo gli approcci criminologici androcentrici e sviluppare in seconda istanza interpretazioni della devianza che tengano conto della variabile genere. In questo senso occorre in primo luogo sottolineare quei tratti tipici del movimento femminista, punti focali della critica alla società: - paternalismo : le relazioni di potere patriarcale sono centrali per la comprensione della criminalità, esse sono profondamente radicate nel sistema a tal punto da spiegare perché le donne hanno più possibilità degli uomini di essere vittimizzate a casa o fuori casa. Il paternalismo sostiene che le donne debbano essere protette, una società paternalistica è organizzata attorno all’indipendenza dell’uomo e alla dipendenza della donna. - cavalleria : si tratta di un’antica concezione del ruolo degli uomini di rapportarsi alle donne ed è una maniera di praticare il paternalismo. Nel sistema penale è stata riscontrata l’esistenza della cavalleria. Secondo Visher questa dipenderebbe dalle caratteristiche della sospetta: le donne bianche e anziane che si mostrano deferenti hanno più probabilità di essere trattate con riguardo. - maschilismo : rappresenta tutti gli atteggiamenti e le pratiche che 56 contesto sociale e intellettuale prospettiva teorica hanno l’effetto di produrre diseguaglianza tra i sessi. Un esempio è dato dai problemi che il maschilismo creava quando ci si occupava dell’affidameento di bambini nati illegittimi. ci si doveva scontrare con giudici, pm e l’opinione pubblica che ritenevano che i bambini non divennero essere lasciati alle loro madri; che i genitori dovevano sposarsi prima possibile; che gli uomini non dovevano essere esposti alla riprovazione pubblica se avevano figli illegittimi, ma che le donne dovevano portare la lettera scarlatta. La prima delle prospettive moderne basate sul genere si sforzò di spiegare la criminalità femminile. Tali approcci sono: - prospettive di liberazione e opportunità : con la diminuzione del divario esistente tra uomini e donne i comportamenti dei sessi, legittimi e illegittimi, tenderanno ad assomigliarsi. Secondo l’Adler i mutamenti all’interno della criminalità femminile sono il prodotto del cambiamento del ruolo delle donne nella società. Man mano che la donna occupa posizioni più salde all’interno della società e svolge ruoli tradizionalmente maschili, subirà un processo di maschilizzazione del proprio comportamento. Il risultato di questa trasformazione sarà che le donne commetteranno un numero crescente di crimini tradizionalmente appannaggio dei maschi. Secondo Simon la natura della criminalità femminile è stata forgiata dalle strutture sociali, occupazionali e familiari della vita delle donne. I mutamenti dei ruoli tradizionalmente occupati dalle donne lasciano ipotizzare che con il passare del tempo le donne sarano coinvolte maggiormente nei reati legati al lavoro. - prospettiva della marginalizzazione economica : Feinmann e Naffine invece ritennero che l’assenza di opportunità significative per la donna conduce alla criminalità. Malgrado i passi in avanti fatti da alcune donne, la maggioranza rimane sottopagata e sottoccupata. In opposizione a tali teorie che spiegano il solo comportamento femminile si registrano teorie basate sul genere che tentano di spiegare i comportamenti criminali sia dei maschi che delle femmine: - teoria del controllo del potere : fautore della teoria è Hagan, egli mette assieme una teoria conflittualista con un’interpretazione delle relazioni familiari ispirata al controllo sociale, arrivando alla teoria del 57 relazioni di genere in modo paritario, attraverso maggiori opportunità nel campo dell’istruzione, una modifica delle strutture economiche, una presa in carico sociale dell’allevamento dei figli, l’eliminazione o la modifica delle leggi matrimoniali. Esse propongono oltre programmi a sostegno dei bambini, la sensibilizzazione di maschi e femmine sul ruolo che ricoprono all’interno della società. Il futuro delle teorie criminologiche Le teorie correnti sono caratterizzate da un certo conservatorismo politico ed economico, ciò in ragione dello stesso contesto sociale, che specie negli Stati Uniti ha registrato in questi anni una decisa svolta verso una direzione conservatrice. In questi anni si è assistito ad uno spostamento verso il fondamentalismo religioso che si è tradotto anche in posizioni politiche, inoltre la crisi economica degli anni 80 ha determinato tagli per ragioni di bilancio, spingendo verso un atteggiamento pragmatico riguardo le spese per il sistema penale. In questi anni si è delineata una tendenza verso una politica cd law and order, legge e ordine: le tolleranti descrizioni dei criminali fatte negli anni sessanta hanno lasciato il posto a rappresentazioni di soggetti devianti come esseri razionali, che come tali scelgono di commettere un reato e non possono quindi essere sottoposti a costosi programmi di riabilitazione. In questi anni si è assistito allo sviluppo della criminal justice, della giustizia penale, una nuova disciplina, sorta in un periodo di intensa attività federale nel controllo della criminalità e promossa dalla President’s Commission on Law Enforcement and the Administration of Justice, la quale decise di dichiarare guerra alla criminalità sostenendo la necessità di rendere più professionale il personale impiegato del sistema giudiziario. Furono in tal senso stanziati fondi per elevare il livello professionale dei vari dipartimenti, furono finanziati corsi universitari. Nel corso degli anni si è assistito ad una progressiva integrazione tra criminologia e giustizia penale. Nel contesto attuale deve essere inoltre sottolineata l’importanza nella ricerca criminologica dell’uso del computer, il quale ha facilitato lo sviluppo di analisi dei dati statistici e ha determinato una crescente attenzione per il perfezionamento di tecniche di ricerca al punto che la 60 sviluppi e implicazioni politiche formazione dei criminologi arrivò a comprendere corsi statistici. Braithwaite analizzando il ruolo della criminologia nel contesto attuale sostiene che essa abbia perso popolarità poiché poco euristica. La carenza di risultati discenderebbe a suo avviso dalla difficoltà di definire la criminalità, dalla convinzione che le differenze individuali tra criminali siano tanto grandi da rendere impossibile la formulazione di teorie generali. Secondo lo studioso in realtà esistono caratteristiche universali a cui la criminalità e i crimini possono essere ricondotti per una spiegazione generale. a suo avviso per essere utile una teoria deve spiegare solo alcune differenze tra tutti i casi, non tutte. a partire dagli anni ottanta i criminologi cominciarono a esplorare nuove vie di elaborazione teorica. Particolare prospettiva adottata fu quella della integrazione: si diffuse cioè la tendenza a integrare le varie teorie. in questo senso vanno ricordati i lavori di Elliot e colleghi che cercarono di costruire un approccio che derivava dalle teorie del controllo sociale, della tensione e dell’apprendimento sociale. Altri tentarono di integrare la teoria dell’apprendimento sociale con elementi di origine biologica, l’approccio del conflitto con quello della subcultura, ecc. Alcuni studiosi osservarono che le teorie non competono necessariamente tra loro, anzi avanzarono l’ipotesi che ogni approccio corrisponderebbe a vari livelli di spiegazione, I criminologi hanno cercato di integrare le teorie raggruppandole in modo sequenziale o in un modello fianco a fianco. in questo caso una macroteoria strutturale precede una teoria a medio raggio, teoria ponte, con alla fine una microteoria. altro metodo è quello di prendere in prestito concetti dalle varie teorie senza considerare né gli assunti di base, né le implicazioni generali. Per cui le diverse posizioni vengono assemblate in una nuova forma, questo è il modello pienamente integrato. Esempi di integrazione sono: 1. teoria integrata del comportamento delinquente strutturato - si tratta di una teoria integrata fianco a fianco. Per spiegare i diversi tipi di attività criminali, adottano le teorie del controllo sociale, della tensione e dell’apprendimento sociale. Gli autori sostengono che il processo di socializzazione infantile è cruciale per ognuno di questi 61 elementi: un bambino ben socializzato è integrato nella società conforme. Quando un bambino cresce si espone a varie esperienze e all’influenza delle istituzioni sociali. Le esperienze possono essere positive o negative me in questo caso i legami con la società conforme si allentano. Mentre compiono le loro esperienze di vita i bambini entrano in relazione con gruppi estesi di pari che definiscono in maniera diversa gli atti criminali rinforzando l’inclinazione alla delinquenza. 2. teoria delle subculture degli adolescenti - si tratta del lavoro di Schwendinger, il quale tenta di spiegare la delinquenza subculturale ed è costruita sui concetti di conflitto, subcultuura e rete di pari. si tratta del solo approccio alla delinquenza che usi il conflitto come principale concetto di integrazione. gli autori sostengono una teoria imperniata sugli effetti del modo di produzione capitalista. I mezzi di produzione all’interno della società determinano i tipi di relazione tra gruppi sociali: il capitalismo incoraggiando la competizione con altri ha anche l’effetto di generare uniformemente l’individualismo economico che pone gli interessi sociali in secondo piano rispetto a quelli individualismo economico che pone gli interessi sociali in secondo piano rispetto a quelli individuali portando all’indifferenza. Nella società capitalista agli adolescenti imparano ad anteporre i loro bisogni al di sopra di quelli degli altri. Questo serve a liberarli dalle ansie e dai problemi etici posti dalle vittime potenziali e dagli altri all’interno della società, lasciando loro solo la preoccupazione di massimizzare i comportamenti egoistici. 3. teoria della vergogna - si tratta della teoria di Braithwaite che ha integrato le teorie dell’opportunità , subculturale, del controllo, dell’apprendimento e dell’etichettamento per produrre una teoria basata sulla vergogna differenziale. Egli rilevava l’esistenza di mezzi ed aspirazioni legittimi e illegittimi. perché abbia luogo un comportamento criminale occorre che le opportunità legittime siano bloccate nell’accesso in modo tale da venir sostituite con quelle illegittime. su questo quadro è innestato il concetto di organizzazione per l’apprendimento e la trasmissione dei valori illegali. La vergogna differenziale costituisce il punto centrale: esistono due tipi di vergogna, quella integrativa e quella disgregativa. La prima restituisce il colpevole al suo gruppo con gesti conciliatori e separa la 62
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