Scarica Diario di bordo - Esperienza personale presso scuola dell'infanzia e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Pedagogia solo su Docsity! LICEO DELLE SCIENZE UMANE G. CAETANI DIARIO DI BORDO A.S. 2016-2017 Ripepi Martina INDICE ▲ Premessa ▲ Il gioco e lo sviluppo nei bambini tra i 3 e i 6 anni ▲ La scuola dell’infanzia ▲ Alternanza scuola-lavoro:esperienza nella scuola dell’infanzia E. Pestalozzi; • Giorno 1 • Giorno 2 • Giorno 3 • Giorno 4 • Giorgio 5 • Giorno 6 • Giorno 7 • Giorno 8 • Giorno 9 ▲ Conclusione ▲ Bibliografia ▲ Sitografia IL GIOCO E LO SVILUPPO DEI BAMBINI TRA I 3 E I 6 ANNI Il gioco racchiude sotto il proprio concetto diverse entità, un insieme di attività ludiche diverse tra loro ma accomunate da tratti simili (improduttività, piacevolezza, spontaneità, stacco, tranquillità, regolamentazione, finzione) . Piaget ha identificato nel gioco un duplice valore: quello di finestra sullo sviluppo in quanto influenzato dai processi evolutivi, e quello di strumento che contribuisce allo sviluppo del bambino. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, i bambini dai 3 ai 6 anni, nello stadio che Piaget definisce senso-motorio dato che si comincia a interagire con l’ambiente tramite la motricità e i cinque sensi,cominciano a scoprire il gioco definito “simbolico”, attraverso il quale il soggetto ha modo di contribuire direttamente alla strutturazione del proprio sviluppo cognitivo, affettivo, sociale. Questa attività è caratterizzata dalla finzione o dall’imitazione di ciò che il bambino conosce e comprende della realtà, poiché spesso oggetti, situazioni, azioni vengono utilizzati come simboli per rappresentare qualcosa che non è presente ma che si può immaginare. Anche Vigotskij sottolinea l’importanza del gioco simbolico, ma lo interpreta come un’attività formativa che avviene attraverso l’interazione tra bambino e genitore, che consente di innalzare la capacità di risoluzione dei problemi del bambino stesso, enfatizzandone quindi l’importanza per quanto riguarda l’avanzamento della zona prossimale di sviluppo. È quindi importante che il gioco stimoli la crescita sia fisica che psichica, in particolare nell’età della scuola dell’infanzia, per questo si prediligono attività ludiche che possano ampliare il campo della percezione sensoriale, affinare le capacità pratiche, perfezionare il linguaggio ed aiutare lo sviluppo cognitivo. Erikson indica questo periodo come senso di iniziativa o senso di colpa poiché il bambino è ora in grado di prendere decisioni e perseverare per raggiungere degli scopi, iniziando allo stesso tempo la formazione del Super-io tramite l’interiorizzazione delle regole genitoriali, per questo risulta fondamentale la figura genitoriale assieme a quella dell’educatore, con il quale egli deve trovarsi a proprio agio per potersi integrare adeguatamente nell’ambiente prescolare/scolastico: il maestro non può inibire il piccolo alunno, bensì aiutarlo a capire e rispondere alle sue domande. Il bambino ha anche la necessità, in questo momento così complesso, di essere aiutato nell’instaurare un rapporto con l’altro, dato l’egocentrismo che caratterizza questa fase dell’infanzia, per questo risultano ottimali giochi che favoriscono l’aggregazione e che utilizzano lo spazio ed il movimento come “ilgirotondo” o “la bella lavanderina”. Allo stesso modo, come anche Frued si trovò a spiegare, il soggetto, entrante nella fase edipica, comincia inoltre a sviluppare i meccanismi di difesa dell’Io e ad identificarsi a livello sessuale ed è importante che sappia riconoscere e differenziare le parti del corpo; in questo caso l’educatore può suggerire giochi quali la pittura con il corpo, tracciare la sagoma di un compagno. In ogni caso, risulta importante che le maestre inseriscano nel programma il disegno e le lettura di fiabe: il primo aiuta il bambino ad intendere la figura umana e a rafforzare il rapporto tra immaginazione e realtà, mostrando aspetti importanti a livello cognitivo e psicologico; la seconda permette di affrontare la realtà tramite la fantasia e facilitare l’affermazione della personalità, introducendo il bambino nel proprio mondo interiore per lasciarlo identificare in un personaggio nel quale proiettare vari aspetti della sua personalità (Bettelheim).