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diritto del lavoro e dell'occupazione 9°edizione, Dispense di Diritto del Lavoro

Riassunto del libro diritto del lavoro e dell'occupazione, nona edizione. Riassunto completamente sostitutivo contenente la parte relativa al Covid-19 e tutti gli articoli di riferimento degli argomenti trattati.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 21/01/2023

ChiaraCifaratti
ChiaraCifaratti 🇮🇹

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Scarica diritto del lavoro e dell'occupazione 9°edizione e più Dispense in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! Pagina di 1 309 CAP 1 PARTIZIONE DELLA MATERIA E FUNZIONE DEL DIRITTO DEL LAVORO Il diritto del lavoro è costituito da due parti: - diritto sindacale - Rapporti individuali di lavoro In origine anche: previdenza sociale —> oggi: previdenza sociale + assistenza sociale = diritto della sicurezza sociale Basi costituzionali del diritto sindacale italiano: - art 39 Costituzione: l’organizzazione sindacale è libera —> i lavoratori possono costituire associazioni sindacali per tutelare i loro interessi e anche l’ordinamento riconosce alle associazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori il potere di regolare da sè i loro interessi attraverso la conclusione del contratto collettivo - Art 40 Costituzione: lo sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano —> riconosce ai soggetti collettivi e ai singoli di autotutelare i propri interessi Nell’ambito del diritto sindacale italiano l’intervento della legge è piuttosto limitato e comunque di sostegno all’autonomia collettiva —> ha assolto questa funzione: statuto dei lavoratori Oggetto principale dello studio del diritto sindacale: - libertà e esercizio dell’attività sindacale posta in essere dai singoli e dalle associazioni sindacali per tutelare interessi collettivi - Contratto collettivo - Autotutela = ricorso da parte dei sindacati e dei lavoratori allo sciopero per far valere i loro interessi nei confronti dei datori di lavoro - Rapporto di lavoro subordinato —> rapporto di origine contrattuale che si distingue dagli altri contratti per l’implicazione della persona del lavoratore nello svolgimento del rapporto in cui l’autonomia delle parti è estremamente ridotta (—> regolato principalmente da norme inderogabili) Accanto al diritto del lavoro: diritto della sicurezza sociale. Base normativa: - art 38, comma 1, Costituzione (previdenza sociale) - Art 38, comma 2, Costituzione (assistenza sociale) Le prime realizzazioni della tutela previdenziale riguardavano esclusivamente i lavoratori subordinati — > i datori di lavoro dei soggetti protetti erano obbligati al pagamento dei contributi previdenziali. Successivamente anche per i lavoratori parasubordinati la contribuzione previdenziale è stata posta a carico dei committenti, mentre sono gli stessi lavoratori autonomi e liberi professionisti che provvedono al pagamento dei contributi per la realizzazione della loro tutela previdenziale. Accanto a questo sistema c’è un altro sistema di assistenza sociale —> si fonda sulla solidarietà universale quando i beneficiari della prestazione siano persone in stato di bisogno indipendentemente dall'esistenza di un rapporto contributivo, perché il finanziamento ne prescinde e, quindi, avviene attraverso il generale prelievo fiscale. Funzione del diritto del lavoro: garantire a chi lavora in modo esclusivamente personale con o senza vincolo di subordinazione un corrispettivo per i periodi di lavoro e un reddito dignitoso per i periodi di non lavoro finanziato dalla contribuzione e, quindi, rientrante nella previdenza sociale. Pagina di 2 309 CAP 2 LE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO Art 1 Preleggi: fonti del diritto — > leggi, regolamenti, norme corporative, usi Dopo la caduta del fascismo, i contratti collettivi corporativi sono stati sostituiti dai contratti di diritto comune che non hanno valore di atti normativi ma hanno natura negoziale —> non possono essere considerati fonti del diritto del lavoro. Contratti collettivi di diritto comune: - fonte di regolamentazione del rapporto di lavoro - Efficacia limitata tra le parti - Estendono i propri effetti aldilà del loro ambito di applicazione soggettivo - Inderogabili in peius dalla volontà delle parti del contratto individuale Si dice che: il contratto collettivo di lavoro ha l’anima della legge e il corpo del contratto. Fondamentale nello studio di questa materia è la giurisprudenza —> considerata alla stregua di una fonte del diritto del lavoro. Obiettivo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) è: - tutela dell’uomo che lavora - Volontà di evitare lo sfruttamento del lavoratore Ne fanno parte gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Funzione: svolge un’attività normativa in materia di lavoro, attraverso l'emanazione di raccomandazioni e la predisposizione di progetti e di convenzioni, che devono essere recepite o ratificate da provvedimenti legislativi interni degli Stati membri. Gli atti normativi dell’OIL hanno avuto un’influenza relativa sull’evoluzione del diritto del lavoro italiano —> il nostro ordinamento ha già previsto livelli di tutela qualitativamente e quantitativamente più elevati di quelli predisposti dalla comunità internazionale. Influenza sempre più penetrante: normativa comunitaria — > l'Unione Europea ha una competenza crescente e autonoma in materia di tutela del lavoro ed è previsto un coinvolgimento crescente delle parti sociali nei processi di formazione delle norme comunitarie. Ci sono però delle divergenze sulle tecniche di regolazione tra coloro che privilegiano l'assetto di un'Europa sociale fondato su un sistema di regole rigide e vincolanti e coloro che, viceversa, auspicano il rafforzarsi di strumenti di indirizzo e coordinamento convenzionalmente detto soft law. C’è un dibattito sulla flexicurity suscitato su iniziativa della Commissione e ripreso dal Parlamento europeo attraverso atti normativi non vincolanti per indirizzare e orientare le politiche del lavoro degli Stati membri, sulla difficoltà di coniugare le esigenze di flessibilità delle imprese con la necessità di garantire la sicurezza del reddito dei lavoratori nei periodi di non lavoro. Art 3 TUE — > tra i propri obiettivi: promozione di un elevato livello di occupazione e realizzazione di uno sviluppo equilibrato e sostenibile —> l’art 146, par.2, titolo IX considera questo tema questione di interesse comune degli stati membri. Art 151 TUE —> tra gli obiettivi della politica sociale comunitaria: miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, la promozione dell'occupazione, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione. Il perseguimento di questi obiettivi consente di riscontrare il lento ma continuo avanzamento delle fonti comunitarie in materia sociale. Pagina di 5 309 Con la legge 14 settembre 2011, n148 —> nuova stagione del diritto del lavoro: la legge autorizza la contrattazione collettiva aziendale a derogare in pejus determinate materie senza l'intermediazione del contratto collettivo nazionale. Oggi il diritto del lavoro si caratterizza per: ridimensionamento della tecnica della norma inderogabile —> di conseguenza: non ha più come oggetto soltanto la tutela dei diritti di chi ha il lavoro, ma si preoccupa di garantire la tutela del reddito dei lavoratori nei periodi di non lavoro e la promozione dell'occupazione per gli inoccupati e per i disoccupati attraverso l'emanazione di norme che incentivano i datori di lavoro ad assumere nuovo personale. Il presupposto è: ripartenza della crescita economica. L’obiettivo non può considerarsi raggiunto. CAP 3 BREVE PROFILO STORICO DEL DIRITTO SINDACALE ITALIANO La connessione tra attività sindacale e prestazione di lavoro si realizza nella fabbrica di tipo fordista —> Italia, fine XIX sec e inizi secolo scorso. In questo campo si formano le prime coalizioni occasionali operaie per ottenere migliori condizioni economiche dal datore di lavoro. In prima istanza sembra che l'interesse dei lavoratori che prestano la loro opera in fabbrica sia espresso da una coalizione inizialmente occasionale e poi stabile —> sindacato. Tale interesse è contrapposto a quello del titolare della fabbrica —> posizione evidenziata dai primi scioperi della fine del XIX secolo e risolta con la stipula dei primi accordi collettivi (concordati di tariffa). Concordati di tariffa: - determinavano la retribuzione minima che il datore di lavoro si impegnava a corrispondere agli operai - Stipulati tra gruppo dei lavoratori e singolo datore di lavoro - Efficacia soggettiva limitata agli appartenenti alle coalizioni stipulanti Datore di lavoro —> parte dell’accordo di tariffa Lavoratori —> sono legittimati a stipulare l’accordo solo collettivamente Le prime coalizioni occasionali di tutela degli interessi dei lavoratori nascono per un duplice scopo: - escludere la concorrenza tra gli appartenenti al gruppo —> neutralizzare il diverso e il minore potere contrattuale che l’operaio singolo ha di fronte al datore di lavoro - Ottenere un miglioramento retributivo attraverso la stipula di contratti collettivi L'eliminazione della concorrenza al ribasso dei lavoratori non può prescindere dall'inderogabilità del contratto collettivo: i trattamenti minimi dallo stesso stabiliti non possono essere modificati in senso peggiorativo dal datore di lavoro e neppure dall'operaio, che non può accettare trattamenti inferiori a quelli minimi quando conclude il contratto individuale di lavoro. Sia tali coalizioni, sia gli scioperi sono strumenti molto deboli e precari a difesa degli interessi dei lavoratori. Nonostante lo sciopero sia stato depenalizzato dal codice penale Zanardelli, rimane una forma di inadempimento contrattuale quindi possibile causa di licenziamento, in quanto non era allora previsto alcun tipo di limite al potere di recesso da parte del datore di lavoro. Verso la fine dell’Ottocento: le coalizioni occasionali tendono a trasformarsi in strutture stabili —> sindacato. Si tratta spesso di associazioni di lavoratori che operano in un determinato ramo di industria o lavoratori che svolgono un determinato mestiere. Pagina di 6 309 Il sindacato assume la forma giuridica dell’associazione: è portatore di un interesse collettivo (non solo comune). L’interesse collettivo viene individuato di volta in volta dallo stesso sindacato: è un posterius rispetto al sindacato —> viene successivamente inverato, in concreto, dalla stipula del contratto collettivo. Nel 1983 è stata istituita la magistratura dei probiviri —> decide le controversie di lavoro secondo equità. Composta da magistrati non solo togati. Predispose una serie di massime a tutela degli interessi dei lavoratori, che costituirono una sorta di disciplina applicabile ai casi uguali o simili. Nel 1906, nell’ambito di un accordo tra Fiom e la fabbrica di automobili ITALA, viene formalmente istituita la Commissione interna —> organismo non associativo interno alla fabbrica di tutela degli interessi dei lavoratori. Successivamente il concordato di tariffa è diventato un contratto collettivo: non si è limitato a determinare il salario che il datore di lavoro doveva corrispondere ai dipendenti, ma si è esercitato nella regolazione anche di altre materie. In quel periodo vi fu una forte resistenza all'intervento legislativo di regolazione del contratto di lavoro e di tutela degli interessi dei lavoratori —> testimoniato dalla non approvazione del disegno di legge Cocco Ortu Bacelli nel 1901: limitava il principio allora intangibile della libertà contrattuale delle parti. Lo Stato liberale unitario con democrazia a carattere censitario non consentiva la formazione di istituzioni intermedie tra l'individuo e lo Stato. In particolare, il sindacalismo nascente dei lavoratori veniva considerato un inammissibile attentato alla libertà di industria e di commercio e al principio intoccabile della libertà negoziale. Prima del 1889, in Italia erano considerati reati sia le intese dei datori di lavoro allo scopo di indurre ingiustamente ed abusivamente gli operai ad una diminuzione del salario sia l'intesa degli operai allo scopo di sospendere e ostacolare o far rincarare il lavoro senza ragionevole causa. Solo con la promulgazione del codice penale Zanardelli viene depenalizzato lo sciopero: - si configura come atto penalmente lecito - sul piano civile resta un inadempimento che consente la risoluzione del contratto di lavoro Il licenziamento libero indebolisce notevolmente la posizione di autonomia e l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale dei lavoratori. Nello stesso periodo intervengono le prime leggi di tutela del lavoro e nel 1982 nasce la prima centrale sindacale confederale: Cgil. Nello stesso anno nasce il Partito socialista. Viene pubblicata l’enciclica di papa Leone XIII Rerum novarum —> attenzione alle esigenze elementari di vita dei lavoratori. 1912: principio del suffragio universale limitato ai soli uomini 1919: primo abbozzo di legge sull’impiego privato —> promulgata nel 1924 1923: legge sull’orario di lavoro In conclusione, nello Stato liberale del primo periodo, vige un regime di sostanziale intolleranza nei confronti dei fenomeni sindacali, mentre il periodo successivo e fino all'avvento del fascismo è contrassegnato da un regime di relativa tolleranza e di liceità penale dello sciopero. Con l’avvento del Fascismo tutte le libertà, compresa quella sindacale, vennero limitate. Il r.d 24 gennaio 1924, n64 conferiva ai prefetti il potere di ispezionare le associazioni, di sciogliere gli organi direttivi e anche il potere di sciogliere le associazioni svolgenti attività antinazionali e di confiscare i beni. Pagina di 7 309 Con il patto di Palazzo Vidoni del 1925 la Confindustria riconosceva il monopolio della rappresentanza sindacale alle organizzazioni sindacali fasciste e in cambio otteneva l'eliminazione della Commissione interna. Legge 3 aprile 1926, n563 —> istituzione dell’ordinamento corporativo. Questo provvedimento legislativo, pur riconoscendo formalmente la libertà sindacale, legittimava il governo ad attribuire personalità giuridica di diritto pubblico ad un solo sindacato, a condizione che raggruppasse il 10% della categoria di riferimento —> determinata dallo stesso governo autoritativamente. In questo modo il sindacato: - era sottoposto a penetranti controlli pubblici - doveva essere diretto da persone di sicura fede nazionale Il sindacato riconosciuto aveva la rappresentanza legale di tutti lavoratori appartenenti alla categoria, iscritti e non iscritti al sindacato. Legge 5 febbraio 1934, n163 —> creazione delle corporazioni: - enti di diritto pubblico - Riunivano al proprio interno le associazioni sindacali contrapposte - Provvedevano, sotto la guida e il controllo del governo, ad una regolamentazione dell'attività economica - Emettevano le ordinanze corporative Il contratto collettivo corporativo: - stipulato dalle contrapposte associazioni sindacali di categoria riconosciute - Efficacia erga omnes - Le norme corporative erano considerate fonti del diritto — > prevalevano con efficacia reale e sostituivano le clausole difformi del contratto individuale (art 2077 c.c.) - Inderogabile in peius dalle pattuizioni individuali —> funzione uniformante - Le clausole del contratto corporativo potevano essere modificate in melius dalla clausola del contratto individuale a condizione che contenessero speciali condizioni più favorevoli Quindi: il contratto corporativo non si limitava a stabilire il minimo di trattamento economico ma determinava un trattamento uniforme —> poteva essere modificato solo in presenza di determinate qualità e caratteristiche della persona o della prestazione di lavoro. I conflitti non potevano essere risolti attraverso forme di autotutela: lo sciopero e la serrata erano considerati i delitti contro l'economia pubblica. Essi venivano composti direttamente dal ministero delle corporazioni e, successivamente, della magistratura del lavoro. Le sentenze corporative avevano efficacia nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria e non solo nei confronti degli istanti. r.d.l 9 agosto 1943, n72 —> soppresso l’ordinamento corporativo 2 settembre 1943 — > siglato il primo accordo sindacale Buozzi Mazzini che ricostituiva le commissioni interne d.lgs.lgt 23 novembre 1944, n369 —> dispose la soppressione e la messa in liquidazione dell'associazione di diritto pubblico mentre l'articolo 43 manteneva in vigore le norme contenute nei contratti collettivi "salvo successive modifiche”. Con la Costituzione repubblicana del 1948 i principi informatori del diritto sindacale cambiano radicalmente —> nasce lo Stato sociale che riconosce spazio alle società intermedie (es: partiti, sindacati). L’art 39 stabilisce il principio di libertà sindacale come libertà tipica rispetto a quella associativa prevista dall’art 18. La dottrina considera l’art 39 come: fondamento dell’autonomia collettiva —> fondamento della contrattazione collettiva di diritto comune tra libere e contrapposte organizzazioni sindacali di lavoratori e datori di lavoro. Pagina di 10 309 La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea riconosce: la libertà di associazione sindacale e il diritto di negoziazione collettiva e di sciopero —> valore vincolante per gli Stati membri ( il trattato di Lisbona attribuisce alla carta di Nizza lo stesso valore giuridico dei trattati). Fonti interne: - la Costituzione sancisce il principio fondamentale della libertà di organizzazione sindacale —> art 39, comma 1, Costituzione. La libertà di organizzazione sindacale è più specifica e più ampia della libertà di associazione prevista all’art 18 Costituzione. - Statuto dei lavoratori —> riconosce e garantisce la libertà sindacale nei luoghi di lavoro. L’art 39, comma 1, Cost afferma: “l’organizzazione sindacale è libera”. Cioè: tutela la libertà sindacale a livello individuale —> riconosce a ogni cittadino il diritto di svolgere attività sindacale, nonchè di costituire strutture sindacali o di aderirvi. Art 14 Statuto dei lavoratori: il diritto di costituire strutture sindacali e di aderirvi è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro. Dal riconoscimento della libertà sindacale deriva che il lavoratore non può subire discriminazioni per ragioni sindacali nell'ambito del rapporto individuale di lavoro —> al datore di lavoro è vietato compiere atti idonei a limitare l'esercizio di libertà sindacali dei lavoratori alle sue dipendenze. Per rendere effettivo questo diritto: - nullità dei licenziamenti discriminatori - Nullità degli atti discriminatori per ragioni sindacali (art 15 st. lav) Art 16 Statuto dei lavoratori: vieta al datore di lavoro di corrispondere trattamenti economici collettivi aventi finalità discriminatoria. —> sanzione: pagamento al fondo pensioni dell'Inps di una somma pari all'importo dei trattamenti economici corrisposti legittimamente ai lavoratori nell'arco di un anno Trattamento economico = qualsiasi concessione del datore di lavoro economicamente valutabile Collettivo = rivolto ad una pluralità di lavoratori Norma di dubbia operatività: I lavoratori non trarrebbero alcun beneficio economico dalla promozione dell'azione nei confronti del datore di lavoro che ha corrisposto i trattamenti economici collettivi discriminatori Art 39, comma 1, Cost garantisce la libertà sindacale anche nella sua dimensione collettiva —> riconosce ai sindacati il diritto di organizzarsi liberamente. Si esclude l’esistenza di un sindacato unico —> pluralismo sindacale: origini di natura ideologica, culturale e politica. La Cgil, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, ha subito due scissioni: - La prima a opera del sindacalismo bianco e cattolico - La seconda di matrice laica Più di recente, il sindacalismo autonomo in alcuni settori e la nascita dei COBAS, consistenti in organizzazioni spontanee sorte in funzione critica rispetto ai sindacati tradizionali, hanno contribuito ad alimentare il pluralismo sindacale. Nel nostro ordinamento non esiste un esplicito divieto di costituire sindacati di comodo —> linguaggio comune: sindacati gialli. Pagina di 11 309 Art 17 Statuto dei lavoratori: vieta ai datori di lavoro e alle associazioni datoriali di costituire e sostenere, con mezzi finanziari o con atti di favoritismo, le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Conseguenza in caso di violazione del divieto —> cessazione del sostegno al sindacato stesso da parte del datore di lavoro. Nella pratica il fenomeno del sindacalismo giallo non è diffuso. La libertà sindacale implica anche la piena libertà di organizzazione —> i sindacati possono autonomamente scegliere: - criterio di aggregazione - Forma giuridica (associativa o non associativa) Criteri di aggregazione: - sindacato di mestiere —> lavoratori che svolgono lo stesso mestiere - Sindacato per ramo di industria —> lavoratori occupati in imprese che esercitano la stessa attività produttiva Art 39, comma 2,3,4, Costituzione: procedura di registrazione dei sindacati presso uffici locali o centrali —> riconoscimento della personalità giuridica. Tale procedura prevede la verifica che lo statuto delle organizzazioni sindacali sia a base democratica. A fronte di questo adempimento attribuisce ai sindacati, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, la possibilità di stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. Tali commi non sono stati attuati a causa dell’opposizione dei sindacati: - preservare la loro libertà di azione - Evitare interferenze e controlli dell’amministrazione pubblica Conseguenza: - I sindacati non hanno personalità giuridica - I contratti collettivi da loro stipulati hanno il valore dei contratti di diritto comune Un altro aspetto della libertà sindacale collettiva è la libertà di inquadramento sindacale. Nell'ordinamento corporativo le categorie erano autoritativamente individuate dalla legge —> riconosceva ad unico sindacato la rappresentanza di tutti lavoratori appartenenti a una determinata categoria. Con l'avvento della Costituzione sono gli stessi sindacati a determinare la categoria in cui operano —> non esiste una categoria ontologica o autoritativamente determinata ma la categoria è determinata dalle parti ed è un posterius rispetto al sindacato. Categoria = indica l’attività merciologica esercitata dalle imprese presso le quali sono occupati i lavoratori —> assunta dalle parti come parametro per determinare l’ambito di applicazione dei contratti collettivi stipulati. Rispetto ad una medesima categoria possono esistere una pluralità di sindacati detti “sindacati di categoria”. Nell’ordinamento corporativo il criterio di individuazione del contratto applicabile era costituito dall’attività effettivamente esercitata dall’impresa —> art 2070, commi 1 e 2 c.c. Oggi questa norma non può essere usata: i contratti collettivi di diritto comune non sono atti normativi. Sono le parti che determinano di comune accordo: - il contratto collettivo da applicare - Ambito di applicazione del contratto Pagina di 12 309 Può accadere che le parti decidano di applicare un contratto collettivo che non sia corrispondente all'attività merceologica esercitata dal datore di lavoro. Conflitto di giurisdizione = più associazioni sindacali si dichiarano rappresentative di una stessa categoria o sussiste un dissenso tra le associazioni sindacali sull'ambito di applicazione del contratto collettivo. Un altro profilo della libertà sindacale riguarda la libertà negoziale —> art 39 Costituzione Quindi le organizzazioni sindacali possono regolare da sé i propri interessi attraverso la stipula di contratti collettivi: - con il singolo datore di lavoro —> contratto collettivo aziendale - con la contrapposta associazione dei datori di lavoro —> contratto collettivo nazionale di categoria La libertà negoziale implica la libertà di scegliere la propria controparte contrattuale. In applicazione del principio di libertà sindacale vale il principio del reciproco accreditamento —> di conseguenza non sussiste un obbligo a negoziare per il datore di lavoro. Tentativo di superamento di tale principio nel Testo Unico sulla rappresentanza, sottoscritto da Confindustria e da Cgil, Cisl e Uil il 10 gennaio 2014. La prima parte di tale accordo Interconfederale disciplina il procedimento di misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali. I sindacati che raggiungano la soglia prevista del 5% sono ammessi alla contrattazione collettiva, imponendosi in tal modo come controparte —> Procedimento attualmente inattuato. Il principio della libertà di scelta della controparte negoziale è stato confermato anche dalla sentenza della Corte costituzionale n.231 del 2013: nella nuova interpretazione dell’art 19 St.lav utilizza come criterio selettivo per l'individuazione dei soggetti legittimati all'esercizio dei diritti sindacali la partecipazione alle trattative per la stipula del contratto collettivo e, la forza del sindacato di porsi come necessario interlocutore. In alcune ipotesi espressamente previste dalla legge, il datore di lavoro è obbligato a convocare per le trattative i sindacati comparativamente più rappresentativi. Si tratta di stabilire se per perseguire tali finalità il contratto debba essere sottoscritto da tutti i sindacati comparativamente più rappresentativi convocati o soltanto da alcuni, e, tra questi, necessariamente dal sindacato che ha una rappresentatività maggiore rispetto agli altri. Non costituisce condotta antisindacale il rifiuto dell'imprenditore di avviare le trattative con un determinato sindacato, se la legge non individua quel sindacato come soggetto legittimato a trattare. In conclusione: nel lavoro privato l'obbligo a negoziare non costituisce la regola e l'obbligo a contrarre non sussiste nella normale dialettica negoziale. Nulla vieta, pertanto, che i contratti collettivi possono essere stipulati non unitariamente. Anche di recente i contratti Fiat si sono conclusi senza la firma delle organizzazioni espressione della Cgil. Titolari della liberà sindacale: - lavoratori subordinati sia privati che pubblici - Loro sindacati Alcune limitazioni alla libertà sindacale, in ragione della loro particolare attività, sono espressamente previste per: - Militari - Appartenenti alla polizia —> gli è stato riconosciuto il diritto di svolgere attività sindacale e di associarsi in sindacati formati, diretti e rappresentati esclusivamente da appartenenti alla polizia di Stato. Pagina di 15 309 CAP 5 L’ORGANIZZAZIONE SINDACALE SEZIONE 1: L’ORGANIZZAZIONE SINDACALE E LE ASSOCIAZIONI RAPPRESENTATIVE DEI DATORI DI LAVORO I lavoratori sono liberi di costituire strutture sindacali associative e non associative. Tra le strutture associative: sindacato. Il riferimento all’organizzazione sindacale contenuto nell’art 39, comma 1, Cost, non è limitato al modello associativo: l’organizzazione è più ampia dell’associazione. La nostra esperienza ha conosciuto e conosce anche strutture sindacali non associative: - carenti del requisito della stabilità O - assunte da soggetti che vogliono mantenere la loro libertà di azione rispetto alle associazioni sindacali In difetto dell’attuazione della norma dell’art 39, commi 2,3,4, Cost, sulla registrazione dei sindacati, le associazioni sindacali sono regolate dal diritto comune quali associazioni non riconosciute. Il sindacato ha una sua tipicità in virtù della natura collettiva dell’interesse perseguito —> distinto dall’interesse comune che contraddistingue di norma il genus dell’associazione non riconosciuta. La disciplina del codice civile regola solo alcuni aspetti patrimoniali: costituzione e svolgimento dell’attività esterna. - art 36 c.c: attribuisce agli accordi degli associati la competenza a regolare l'ordinamento interno e l'amministrazione dell’associazione - Art 37 c.c: interdice agli stessi associati di chiedere la divisione del fondo comune finché dura l'associazione, come pure la restituzione della quota in caso di recesso - Art 38 c.c: stabilisce che i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune oppure, in via solidale con responsabilità illimitata, sulle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione L’interesse del sindacato come associazione non riconosciuta: - rileva sul piano patrimoniale - Rispetto ad esso sussiste la responsabilità prevista per gli amministratori nei limiti dell’art 38 c.c. Dall’interesse del sindacato come associazione non riconosciuta si distingue: interesse del sindacato come istituzione —> riguarda le scelte di politica sindacale assunte dai dirigenti del sindacato sui temi di politica economica o più strettamente di natura sindacale. Rileva anche l’interesse collettivo —> insieme dei lavoratori iscritti che comunque si riconoscono in un determinato sindacato con il voto. L’interesse collettivo si distingue dall’interesse pubblico perchè non riguarda la generalità dei cittadini. Secondo la dottrina privatistica: l’interesse collettivo si distingue dall’interesse comune perchè trascende gli interessi individuali ed è indivisibile. Il limite di questa ricostruzione sta nell'aver ipotizzato questo interesse, riconoscendogli un valore ontologico. Invece, tale interesse non esiste in rerum natura, ma è il risultato di un accordo tra gli appartenenti al gruppo. Quindi: ogni interesse, anche individuale, può diventare collettivo se e nella misura in cui il gruppo lo considera come tale. Pagina di 16 309 La manifestazione di volontà non è individuale ma del gruppo, e, pertanto, deve avvenire osservando il procedimento di formazione della volontà che può definirsi collettiva perchè è riferibile al gruppo. I lavoratori che aderiscono al gruppo autolimitano la loro autonomia individuale e i loro interessi individuali alla volontà collettiva di gruppo —> ciò aiuta a comprendere perché l'interesse collettivo prevalga sugli interessi individuali dei singoli appartenenti al gruppo e come l'autonomia del gruppo prevalga sull'autonomia dei singoli lavoratori. La soddisfazione dell'interesse collettivo non determina sempre e in ogni caso la soddisfazione degli interessi individuali dei singoli appartenenti al gruppo, ma può comportare anche il sacrificio di taluni interessi individuali degli stessi appartenenti al gruppo. La prevalenza dell'interesse collettivo su quello individuale ha un’efficacia obbligatoria —> si fonda sui rapporti interni tra singoli e gruppo. L’interesse collettivo di cui è portatore il sindacato deve essere distinto dall'interesse individuale a rilevanza collettiva di cui è portatore il lavoratore che, per esempio, subisca un trattamento discriminatorio per ragioni sindacali o venga licenziato per aver partecipato ad uno sciopero. Funzionamento interno del sindacato —> regolato dalle disposizioni contenute negli atti costitutivi e nei relativi statuti. Questi, di regola, prevedono le condizioni di ammissione, i diritti e gli obblighi degli associati, la composizione degli organi attraverso i quali si esprime la volontà collettiva dell'associazione sindacale. Il lavoratore che si iscrive al sindacato si obbliga ad osservare lo statuto, pagare i contributi, e a uniformarsi alle deliberazioni sindacali, e tra queste, l'osservanza del contratto collettivo stipulato dall'associazione di appartenenza. Il lavoratore iscritto esercita i suoi diritti di associato partecipando con il voto. All'osservanza formale delle procedure non corrisponde sempre un'effettiva democrazia sindacale —> le politiche sindacali, le rivendicazioni sindacali, le strategie sindacali sono spesso decise dagli organismi dirigenti dei sindacati a livello nazionale e sono, di regola, approvate dagli iscritti. Le designazioni degli organismi dirigenti delle strutture territoriali regionali e delle federazioni nazionali di categoria sono decise dai vertici sindacali confederali e gli iscritti si limitano a confermarle nelle procedure elettorali. Un confronto dialettico sulle strategie sindacali può verificarsi, tra dirigenti confederali e dirigenti di una federazione nazionale di categoria o tra questi ultimi e i rappresentanti sindacali in azienda. L'accordo interconfederale del 10 gennaio 2014 (Testo Unico sulla rappresentanza) contiene clausole rilevanti per il tentativo di assicurare l'esigibilità del contratto collettivo nazionale proprio sulla base di meccanismi di validazione democratica. Anche se le disposizioni degli statuti delle federazioni o delle confederazioni prevedono l'obbligo delle associazioni aderenti di seguire le direttive o gli indirizzi confederali, l’inosservanza di tale obbligo raramente si traduce nell'irrogazione di una sanzione nei confronti dei dirigenti indisciplinati. Generalmente il dissenso politico si compone con l'avvicendamento ma, talvolta, anche con la permanenza del dirigente sindacale dissenziente se, di fatto, viene accolta la sua linea di politica sindacale. Le associazioni degli imprenditori hanno delineato un’organizzazione di livello categoriale (locale o nazionale) e intercategoriale, anche europeo —> replica della struttura del sindacato. Si aggregano secondo tre grandi settori economici: Pagina di 17 309 - Industriale - Agricolo - Terziario Confindustria è una confederazione intercategoriale che, riunisce nel proprio ambito di associazioni delle diverse categorie: Federmeccanica per le imprese metalmeccaniche, la Federchimici per quelle chimiche e chimico farmaceutiche e così, similmente, in ogni settore. Unità di base della Confindustria: associazione provinciale degli industriali. Le associazioni provinciali operanti nell'ambito di una regione sono raggruppate nella federazione regionale. Es: - per l'importanza delle imprese di Confindustria presenti nella regione Lombardia ha un peso rilevante Assolombarda - Altra confederazione di rappresentanza degli imprenditori industriali è la Confapi Sono associazioni intercategoriali: - Confcommercio e Confesercenti —> settore terziario - Confagricoltura, Confcoltivatori e Coldiretti —> settore agricolo - ABI —> settore bancario Negli ultimi anni si è assistito ad una notevole proliferazione di soggetti, che talvolta sono espressione di un ridottissimo numero di iscritti e che tuttavia nell'attività negoziale possono dare vita a forme di vero e proprio dumping contrattuale. Tali problematiche sono particolarmente sentite con riferimento alle associazioni imprenditoriali, le quali sfuggono attualmente a qualsiasi forma di misurazione, anche sotto il profilo negoziale, dell’impresa alle stesse collegate. Le grandi confederazioni nell'accordo interconfederale del 9 marzo 2018 sostengono l'introduzione di un modello di certificazione della rappresentanza datoriale. È stata stipulata una convenzione tra Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Inps, Ispettorato del lavoro dove è previsto l'apporto di tali enti al fine di pesare l'effettiva forza degli attori sindacali. Enti bilaterali = enti di fatto istituiti dai contratti collettivi e costituito da sindacati dei lavoratori e delle associazioni degli imprenditori, che designano i rispettivi rappresentanti negli organi dell’ente. La presenza di un unico ente di datori di lavoro e lavoratori ha lo scopo di salvaguardare gli interessi degli uni e degli altri nella gestione e nella cura delle materie affidate all'ente bilaterale, attraverso una composizione mista e paritetica all'interno dell’organo. Gli enti bilaterali esistevano già da tempo —> casse edili. La legislazione in seguito ha valorizzato questo istituto affidando anche ad esso l’attività di intermediazione, l'attività di certificazione dei contratti e degli atti di disposizione e talune competenze in materia di fondi per la formazione e integrazione del reddito, nonché la possibilità di risolvere le controversie del rito del lavoro mediante meccanismi di risoluzione stragiudiziale come la conciliazione e l'arbitrato e di gestire le tutele dei lavoratori in caso di riduzione o sospensione dell’attività. Pagina di 20 309 Rsa Art 19 Stat. Lav —> possono essere costituite rappresentanze sindacali aziendali (rsa) su iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali individuate in base a criteri selettivi indicati. Forma giuridica delle rsa: - forma associativa - Forma non associativa Ogni sindacato esterno può avere una propria rsa. Art 29 Stat. Lav —> un’unica rsa può far capo ad una pluralità di sindacati esterni. Elementi caratterizzanti della rsa: - iniziativa dei lavoratori —> deve essere effettiva. Può essere preventiva o anche risolversi nell'approvazione o condivisione, da parte dei dipendenti delle unità produttive interessate, delle scelte operate dall'organismo aziendale. L'autonomia collettiva può stabilire requisiti minimi per la valida costituzione delle rsa —> in mancanza, la Corte di cassazione propende per la valida costituzione delle rsa anche da parte di un solo lavoratore. La rappresentanza sindacale deve operare nell’ambito del sindacato. - Ambito sindacale —> indica un collegamento o una sorta di riconoscimento delle rsa da parte del sindacato. Si tratta di un collegamento di tipo politico tra rsa e sindacato: si traduce nella nomina. In ogni caso, i dirigenti delle rsa possono non essere iscritti al sindacato e persino appartenere a categorie professionali non rappresentante dal sindacato. La rsa deve essere istituita in ogni unità produttiva —> l’unità produttiva deve essere individuata in ogni sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupi più di 15 dipendenti o anche un numero inferiore qualora l'impresa occupi complessivamente più di 15 dipendenti nell'ambito dello stesso comune. L’istituzione delle rsa è una risposta di fonte legale all'esigenza di costituire rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, per poter assicurare l’esercizio —> I consigli di fabbrica erano forme di rappresentanza indotte convenzionalmente dalle parti sociali. Rsu La fase di stallo di queste strutture sindacali aziendali viene superata con l’accordo interconfederale del 1993 —> ha istituito le rappresentanze sindacali unitarie (rsu) L’accordo stabilisce che: le organizzazioni sindacali firmatarie o che vi aderiscono successivamente acquistano il diritto di promuovere la costituzione delle rsu nonché il diritto a partecipare alle elezioni, rinunciando formalmente e espressamente alla costituzione di rsa. Differenze tra rsu e rsa: Rsa —> dirigenti nominati dalle organizzazioni sindacali Rsu —> dirigenti eletti dai lavoratori occupati presso l'unità produttiva a prescindere dal fatto che siano iscritti o meno al sindacato Rsa —> i dirigenti sono legati al sindacato dalla rappresentanza volontaria (mandato associativo) Pagina di 21 309 Rsu —> il mandato elettorale evoca la rappresentanza politica e istituisce un collegamento tra componenti eletti e lavoratori elettori In base ad accordi interconfederali del 1993 soltanto i due terzi dei seggi venivano ripartiti fra le varie liste sindacali in proporzione del numero di voti conseguiti: il residuo terzo dei seggi, terzo riservato, era assegnato obbligatoriamente alle liste presentate dai sindacati firmatari dell'accordo interconfederale e del Ccnl applicato in azienda — > consentiva ai sindacati firmatari dell'accordo interconfederali o del Ccnl di recuperare i voti in questo modo, neutralizzando eventuali perdite di consenso. Con la stipula dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013, recepiti dal Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 —> le confederazioni sindacali hanno intrapreso un graduale percorso di rinnovamento delle relazioni sindacali, assoggettandosi a regole più stringenti rispetto a quelle contenute nel protocollo del 1993 Le parti firmatarie del TU ribadiscono che "Le seguenti regole in materia di rappresentanze sindacali unitarie riprendono la disciplina contenuta nell'accordo interconfederali e 20 dicembre 1993”. Il TU per partecipare richiede: adesione integrale ed incondizionata dell’intero sistema disegnato dall'accordo interconfederale oppure un significativo livello di rappresentatività in azienda. Hanno potere di iniziativa per la costituzione delle rsu: - le Oo.Ss. Di categoria aderenti alle confederazioni firmatarie del Ccnl applicato nell'unità produttiva, - o qualsiasi altro sindacato "formalmente costituito con un proprio statuto e atto costitutivo" e rappresentativo di almeno il 5% dei lavoratori aventi diritto al voto nell'unità produttiva, che accetti espressamente le condizioni dettate dal TU L’inps dovrà procedere a raccogliere i dati sugli iscritti alle Oo.Ss e, unitariamente all’INL, i dati elettorali sulle votazioni delle rsu —> dalla media di questi due dati si ricava la misura della rappresentatività delle diverse sigle sindacali. Questo modello è stato ripreso anche dal Patto di fabbrica firmato da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil —> È stata affermata la necessità di procedere ad una misurazione anche della rappresentanza di parte datoriale. Le novità più significative del TU riguardano: - modalità di costituzione - Funzionamento delle rsu Il Testo Unico del 2014 supera la previsione del terzo dei seggi riservato alle associazioni sindacali firmatarie —> costituzione delle rsu: elezione a suffragio universale. Il numero dei seggi è ripartito secondo il criterio proporzionale in relazione al numero di voti conseguiti dalle singole liste —> alle nuove rsu viene garantita una più genuina base elettorale, essendo interamente elette sulla base delle preferenze indicate dei lavoratori all'interno delle liste presentate dai sindacati legittimati. Elezioni valide: se partecipa il 50% + 1 dei lavoratori dell’azienda aventi diritto —> si consente alla commissione elettorale di considerare valide le elezioni anche se il quorum non è raggiunto in relazione alla situazione venutasi a determinare. Le rsu succedono alle rsa nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali del titolo III dello statuto dei lavoratori, nonché nella titolarità di poteri e le funzioni anche contrattuali. Durata del mandato: triennale —> non sono consentite proroghe: le rsu decadono automaticamente allo scadere del termine. Pagina di 22 309 Cambio di casacca = cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente della rsu —> determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito. Per la destituzione del componente rsu da parte dell’organizzazione sindacale di appartenenza —> il TU stabilisce la decadenza dalla qualifica di componente di rsu e la decadenza dal godimento dei diritti collegati a tale qualifica, perciò anche del diritto di usufruire dei permessi sindacali. Tali previsioni contraddicono l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il mandato elettorale che intercorre tra i componenti della rsu e i lavoratori prescinde dal dato dell'iscrizione, di conseguenza, supera e trascende il collegamento del suddetto membro della rsu con l’organizzazioni sindacale che lo ha presentato alle elezioni. Se le dimissioni o destituzioni coinvolgano più del 50% dei componenti della rsu —> decadenza della stessa rsu con necessità di procedere al rinnovo. Criterio di funzionamento della rsu: principio di maggioranza —> implica il riconoscimento della natura collegiale della rsu, confermata dalla regola secondo la quale le decisioni si prendono a maggioranza. La natura collegiale rende necessaria la distinzione tra: - diritti sindacali a gestione individuale (es: permessi) —> attribuiti ai singoli componenti della rsu - Diritti sindacali a gestione collettiva (es: assemblea) —> assegnati alla rsu in quanto organo collegiale CAP 6 ATTIVITA’ SINDACALE SEZIONE 1: ATTIVITA’ SINDACALE IN GENERALE L’attività sindacale può essere esercitata dai singoli lavoratori per perseguire e tutelare: - interesse collettivo (es: partecipare ad un’assemblea o ad uno sciopero) o - Interesse individuale a rilevanza collettiva (es: tutela contro atti discriminatori) Ma mai un interesse esclusivamente individuale. L'attività sindacale può essere esercitata dal sindacato attraverso i propri iscritti e in particolare attraverso i dirigenti sindacali che agiscono in nome e per conto del sindacato. L'attività negoziale posta in essere dal sindacato rientra nell'oggetto dell'attività sindacale. Rientra nell'attività sindacale anche la designazione da parte del sindacato e dei propri iscritti nei consigli di amministrazione degli enti pubblici e previdenziali, nonché negli organi a rilevanza costituzionale come il Cnel. Inoltre il sindacato è consultato in audizioni parlamentari quando si discute dell'approvazione di una legge in materia di lavoro. In forza dell’art 39, comma 1, Costituzione —> il diritto sindacale è contrassegnato da: - principio dell’autonomia privata collettiva - Principio dell’effettività dell’attività sindacale La norma costituzionale non assegna al sindacato alcuna competenza nè determina l'oggetto dell'attività sindacale —> si ritiene che l'attività sindacale sia delimitata da una frontiera mobile, che estende o restringe il proprio territorio in ragione della rappresentatività del sindacato in un determinato momento e contesto storico. Tradizionalmente il sindacato è stato negoziatore di contratti e, tale attività, rientra sicuramente nel novero dell'attività sindacale. Pagina di 25 309 Sono numerosi gli accordi sindacali che testimoniano la propensione dei sindacati confederali all'unità di azione sindacale —> esempio: patto federativo del 1972 tra Cgil, Cisl e Uil sui consigli di fabbrica e l'accordo interconfederale del 1993 sulla costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie Negli ultimi anni l'unità di azione sindacale è stata messa a dura prova: i contrasti tra le confederazioni hanno determinato forme di conflitto vistose, fino ad arrivare a forme di contrattazione separata a livello nazionale con la stipula di un secondo contratto nazionale nella categoria dei metalmeccanici nel 2009 siglato solo dalla Fim-Cisl e dalla Uilm. Art 46 Costituzione —> partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda—>Norma inattuata. Una forma di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda è stata sicuramente realizzata dall'istituzione e regolamentazione della società europea che integra la via italiana alla partecipazione attraverso il regolamento sullo statuto della società europea e la direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori nella società europea. A parte queste sporadiche esperienze, le relazioni sindacali in Italia sono state e sono essenzialmente conflittuali. Cogestione —> vera e propria partecipazione del sindacato negli organi di amministrazione della società o dell'ente datore di lavoro. Diversa da: - concertazione —> metodo decisionale in cui tutte le parti conservano i loro ruoli pur perseguendo un obiettivo comune - dalla fase di informazione e consultazione —> non viene meno il ruolo antagonista della parte sindacale rispetto al datore di lavoro Art 37 Stat. Lav —> le disposizioni dello statuto dei lavoratori si applicano anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Ai lavoratori pubblici sono estesi sia il godimento che l'esercizio dei diritti sindacali, se pur nei limiti e con le modalità stabilite dalla normativa speciale contenuta nel Testo Unico sul pubblico impiego. La natura pubblica del datore di lavoro e il conseguente perseguimento dell'interesse generale nell'ottica di buon andamento, dell'imparzialità dell'equilibrio di bilancio, comportano delle particolarità sia nella contrattazione collettiva, sia nello svolgimento dell'attività sindacale all'interno degli uffici. SEZIONE 2: L’ATTIVITA’ SINDACALE NEI LUOGHI DI LAVORO Nello Statuto dei lavoratori emerge la distinzione concettuale e normativa tra: - Libertà sindacale - Attività sindacale Il titolo II dello Statuto riconosce a tutti i lavoratori la libertà sindacale nei luoghi di lavoro sancendo: - il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere un'attività sindacale - Il divieto di discriminazioni Sono norme che ripetono sostanzialmente quanto già affermato dall'articolo 39 della Costituzione, con la specificazione che tali esigenze valgono anche all'interno dei luoghi di lavoro. Il titolo III riserva ai singoli lavoratori solamente il diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo in favore delle organizzazioni sindacali, mentre la titolarità di una serie di diritti che rendono effettivo l'esercizio dell'attività sindacale è riconosciuta soltanto ad alcuni soggetti individuati dall'articolo 19 dello statuto dei lavoratori (rsa). Art 20 Stat.Lav —> disciplina l’assemblea: diritto dei lavoratori a riunirsi, nell'unità produttiva in cui sono occupati. Pagina di 26 309 L’assemblea può svolgersi: - fuori dall’orario di lavoro - Durante l’orario di lavoro —> ciascun lavoratore ha diritto a 10 ore annue retribuite, o ad un monte ore maggiore stabilito dalla contrattazione collettiva. L'attività assembleare prevale sul normale svolgimento dell'attività aziendale. L’assemblea può essere: - generale —> rivolta a tutti i lavoratori di quell'unità produttiva - Settoriale —> qualora si rivolga soltanto ad un gruppo Al datore di lavoro deve essere comunicato l'ordine del giorno: deve riguardare materie di interesse sindacale e del lavoro. Una volta rispettato questo limite, il datore di lavoro non ha potere di sindacare l'ordine del giorno. "Materie di interesse sindacale e del lavoro" = comprende tutte le tematiche che il sindacato riconosce come proprie. Molti contratti collettivi stabiliscono un termine minimo di preavviso al datore di lavoro finalizzato: - individuazione del locale idoneo da concedere per lo svolgimento dell'assemblea - organizzazione delle esigenze aziendali, che potrebbero essere compromesse dalla sospensione dell'attività lavorativa causata dall'assemblea stessa Mancato rispetto del preavviso —> il datore di lavoro è autorizzato ad opporsi allo svolgimento dell'assemblea senza incorrere nelle sanzioni previste per il comportamento antisindacale. Con il solo limite del preavviso, il datore di lavoro è tenuto a consentire l'accesso anche dirigenti del sindacato esterno che ha costituito la rsa come pure ai lavoratori sospesi. In capo al datore di lavoro non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea, salvo che sia espressamente invitato. Art 20 Stat. Lav —> legittimate ad indire l'assemblea sono le rsu, che possono esercitare tale potere sia congiuntamente che disgiuntamente. Ci si chiede se: la titolarità del diritto di convocare l'assemblea spetti alla rsu in quanto organo collegiale che decide a maggioranza oppure per ciascun componente —> contrasto in giurisprudenza: - un primo orientamento riconosceva la gestione collettiva del diritto di assemblea da parte della rsu - Altre pronunce della corte di cassazione attribuivano al singolo componente la possibilità di indire l’assemblea A sanare il contrasto sono intervenute le Sezioni unite della Suprema Corte di cassazione: il diritto di indire assemblee contemplato dall'articolo 20 della legge n 300 del 1970 non spetta solamente alla rsu collegialmente intesa, ma anche a ciascun componente della rsu, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che sia rappresentativo ai sensi dell’art 19, legge n300 del 1970. La giurisprudenza di legittimità ha in questo modo asserito che il principio di maggioranza non è incompatibile con la legittimazione individuale a richiedere l’assemblea. La Cassazione ha aggiunto un ulteriore requisito per selezionare i componenti della rsu meritevoli di indire l'assemblea: - essere stati eletti nel collegio - appartenere a un sindacato che abbia quanto meno partecipato alle trattative per la sottoscrizione di un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva Tale orientamento è stato recepito dalla Corte di Cassazione: il diritto di indire assemblee, rientra, quale specifica agibilità sindacale, tra le prerogative attribuite non solo alla rsu considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della rsu stessa, purché questo sia stato eletto nel liste di un sindacato che, nell'azienda di riferimento, sia, di fatto, dotato di rappresentatività ai sensi della legge n.300 del 1970. Pagina di 27 309 L'assunto accolto dalla giurisprudenza di legittimità non pare condivisibile: la decisione individuale del singolo componente risulta incompatibile con l'introduzione del principio di maggioranza posta alla base del funzionamento della rsu quale collegio unitario. Nell’area del pubblico impiego, la giurisprudenza ha chiarito che il diritto spetta collegialmente alla rsu. Per quanto riguarda il godimento del diritto riconosciuto dall’art 20 Stat.Lav: I sindacati che hanno stipulato il contratto collettivo nazionale applicato in azienda possono indire assemblee nei limiti di tre delle dieci ore annue retribuite —> resta salva la possibilità di indire ulteriori assemblee, senza, però, usufruire dei relativi permessi retribuiti. Referendum = strumento di consultazione dei lavoratori —> privo di valore vincolante verso i singoli lavoratori: altrimenti verrebbe leso il principio della libertà sindacale individuale. Art 21 Stat. Lav —> lo svolgimento delle consultazioni referendarie avviene all'interno dell'azienda, ma al di fuori dell'orario di lavoro. - È necessaria la collaborazione del datore di lavoro che dovrà mettere a disposizione locali aziendali - deve vertere su materie di interesse sindacale - può essere indetto dalle rsa solo congiuntamente —> serve ad evitare forme di concorrenza tra le rsa e di strumentalizzazione della base dei lavoratori. Il referendum è stato utilizzato prevalentemente in occasione delle vertenze contrattuali per l'approvazione della piattaforma sindacale e soprattutto per l'approvazione dell'ipotesi di accordo. I recenti Accordi interconfederali e il Testo unico sulla rappresentanza del 2014 prevedono espressamente la consultazione referendaria in sede di contrattazione nazionale ed aziendale. Il referendum è previsto anche dalla legge sullo sciopero nei servizi essenziali. La commissione di garanzia può indirlo quando a richiederlo sia un'organizzazione sindacale dissenziente o un numero rilevante di lavoratori —> per ora non ha ritenuto di utilizzare questo istituto. Forma di garanzia particolarmente efficace per lo svolgimento dell’attività sindacale: - permessi retribuiti - Permessi non retribuiti I permessi spettano, in ragione del numero dei dipendenti dell'azienda, ai dirigenti delle rsa —> considerati tali in quanto nominati secondo le procedure previste dallo statuto della struttura sindacale. La contrattazione collettiva ha messo a disposizione di ogni rsa un monte ore annuo di permessi usufruibili dal lavoratore che la struttura di volta in volta designa. Il diritto ai permessi è podestativo —> il suo esercizio determina la sospensione dell'obbligazione lavorativa, fermo restando il diritto alla retribuzione quando il permesso sia retribuito. I lavoratori che intendono avvalersi del permesso devono darne comunicazione al datore di lavoro almeno 24 ore prima tramite la rsa di appartenenza. La giurisprudenza ha negato al datore di lavoro il potere di sindacare l'uso dei permessi come pure di subordinare il godimento alle esigenze aziendali. Non può sindacare nè le modalità temporali di fruizione dei permessi sindacali, né, in caso di permessi non retribuiti, le attività che legittimano tale fruizione. La giurisprudenza ha ritenuto non consentito l’uso dei permessi per fini personali e diversi da quelli sindacali. Pagina di 30 309 In alcune ipotesi la legge ha stabilito che le imprese che occupano più di 15 dipendenti debbano avviare la fase di informazione provvedendo ad effettuare una comunicazione per iscritto alle rsa o, in mancanza alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Il superamento di 15 dipendenti seleziona i sindacati legittimati all'esercizio dei diritti di informazione e consultazione —> il vantaggio è notevole, perché diventa un punto di riferimento anche per i lavoratori non sindacalizzati o iscritti ai sindacati non selezionati. Inosservanza da parte del datore di lavoro della procedura di informazione e consultazione sindacale è qualificata come condotta antisindacale. Attività sindacale —> Statuto dei lavoratori titolo II e titolo III. Il legislatore non obbliga i piccoli imprenditori e datori di lavoro non imprenditori a svolgere le attività indicate dal titolo III, perché tali attività creano obblighi particolari in capo al datore di lavoro e hanno anche un costo economico. L’ambito di applicazione del titolo III Stat. Lav è stabilito dall'articolo 35: adottato come criterio identificativo l'unità produttiva con 15 dipendenti. Unità produttiva = Deve essere intesa come articolazione autonoma dell'impresa avente idoneità ad esplicare in tutto o in parte l'attività d'impresa, della quale costituisce una componente tecnica e amministrativa. Non può essere considerata costituzionalmente illegittima la norma che richiede un minimo di consistenza numerica: essa ha una sua ragionevolezza perché la stessa struttura presuppone una distinzione tra rappresentanti e rappresentati, che non può aversi in unità organizzative minime. L’art 35 aggiunge al criterio funzionale dell'unità produttiva anche quello territoriale = territorio comunale —> consente di sommare dipendenti di più unità produttive di una stessa impresa, anche se singolarmente considerate tali unità non raggiungono il limite di 15 dipendenti. Tra coloro che non vanno computati: - dipendenti con contratto di apprendistato - Lavoratori assunti temporaneamente in sostituzione di quelli che hanno diritto alla conservazione del posto I lavoratori a tempo parziale ed i lavoratori intermittenti sono computati in proporzione all'orario svolto. CAP 7 RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITA’ SINDACALE Rappresentanza e rappresentatività sono sostantivi riferibili a diversi settori disciplinari. Rappresentatività —> nozione socio-politica che esprime un giudizio di valore volto ad indicare l’idoneità del sindacato ad aggregare consenso o a rappresentare in senso atecnico gli interessi di una collettività di lavoratori più ampia degli iscritti o, ancora, la relazione intercorrente tra associazione sindacale e categoria o gruppo professionale. Rappresentanza —> istituto giuridico (art 1387 e seg) che assume precisi significati e produce determinati effetti. In Italia sorge prima la rappresentanza sindacale —> intesa come potere del sindacato di compiere atti in nome e per conto degli associati. Pagina di 31 309 Coerentemente con il principio di libertà sindacale (articolo 39 costituzione) la rappresentanza degli associati è riconducibile alla rappresentanza volontaria: i lavoratori liberamente decidono di iscriversi o non iscriversi ad un'associazione sindacale. Viceversa, nel periodo corporativo la rappresentanza sindacale poteva qualificarsi come rappresentanza istituzionale: il sindacato rappresentava per legge non soltanto gli interessi degli iscritti, ma quelli di tutti lavoratori appartenenti ad una determinata categoria. Secondo un'altra ricostruzione, la rappresentanza sindacale si distingue da quella civilistica perché il sindacato non agisce a tutela degli interessi dei propri iscritti, ma nell'interesse collettivo di cui è direttamente portatore sulla base del riconoscimento costituzionale della libertà sindacale, interesse che supera e trascende gli interessi dei singoli associati. La rappresentatività, da nozione socio-politica, ha assunto significati giuridici: il legislatore l’ha usata per valutare l'importanza del sindacato in base a determinati parametri o indici e per risolvere eventuali contrasti tra sindacati, nonché per legittimarli al compimento di determinati atti di volta in volta stabiliti dalla legge e/o dagli accordi collettivi. Ai fini della stipulazione dei contratti collettivi con efficacia erga-omnes (art 39, comma 4, Cost): la rappresentatività del sindacato è misurata attraverso il numero degli iscritti e ciascun sindacato ha un potere contrattuale proporzionato alla propria consistenza associativa —> rappresentatività effettiva e misurabile che serve a identificare l'agente negoziale legittimato a stipulare contratti con efficacia generale. Art 19 Stat. Lav: considera una diversa nozione di rappresentatività ai fini della costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali (rsa). L’art 19 usava come criterio selettivo non la rappresentatività effettiva e misurabile ma: maggiore rappresentatività presunta. Prevedeva che le rsa fossero costituite ad iniziativa dei lavoratori di ogni unità produttiva, nell’ambito: - delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale - Delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che fossero firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unità produttiva La lett a) dell’art 19 non prevedeva un criterio di misurazione della maggiore rappresentatività —> riconosceva in via presuntiva la maggiore rappresentatività alle associazioni sindacali solo per il fatto di appartenere ai sindacati confederali, anche qualora non avessero in azienda un elevato numero di iscritti e, pertanto, non riscuotessero in concreto il consenso dei lavoratori occupati nell'unità produttiva. Di conseguenza: l’art 19 lett a) non consentiva la costituzione delle rappresentanze sindacali a quei sindacati che pur avendo un elevato numero di iscritti in azienda, non fossero aderenti alle suddette confederazioni. La giurisprudenza ha provveduto ad individuare gli indici di riconoscimento della maggiore rappresentatività, desumendoli dalla struttura confederale del sindacato. Gli indici elaborati dalla giurisprudenza in base al vecchio testo dell’art 19 erano: - intercategorialità —> presenza del sindacato in diverse categorie merceologiche - Pluricategorialità —> rappresentanza di più categorie professionali di lavoratori - Nazionalità —> estensione geografica del sindacato nel territorio nazionale - Numero dei lavoratori iscritti - Capacità di mobilitazione dei lavoratori negli scioperi - Effettiva attività di contrattazione —> autentica partecipazione alle trattative e non la semplice adesione al contratto collettivo Pagina di 32 309 “Maggiormente” = soglia al di sopra della quale tutti i sindacati erano considerati ugualmente rappresentativi e per questo legittimati ad esercitare i diritti sindacali. Questo aiuta a capire perché la maggiore rappresentatività presunta abbia funzionato come criterio selettivo fino a quando ha retto il patto di unità di azione del 1972 fra le tre confederazioni storiche, con il quale le stesse si riconobbero una pari rappresentatività sindacale. Non ha più funzionato quando è venuta meno l'unità di azione delle tre confederazioni e si sono sempre più sviluppati i sindacati autonomi: si è progressivamente consolidata la convinzione che la rappresentatività di ciascuna confederazione dovesse essere effettiva e misurata dal voto dei lavoratori e non presunta. Per evitare la censura di costituzionalità dell’art 19, lett a), il legislatore aveva riconosciuto ai sensi dell’art 19, lett b), la possibilità di costituire rsa anche a quelle organizzazioni sindacali, non affiliate alle confederazioni maggiormente rappresentative, che avessero sottoscritto il contratto collettivo nazionale o provinciale applicato in azienda. Si riconosceva la rappresentatività non soltanto ai sindacati confederali in possesso degli indici elaborati dalla giurisprudenza, ma anche a quei sindacati che, avendo sottoscritto un contratto nazionale o provinciale, si dimostravano in grado di imporsi come controparte contrattuale nella negoziazione collettiva a livello nazionale e provinciale. Il referendum dell’11 giugno 1995 ha abrogato: - lett a) —> espressione della rappresentatività presunta - Lett b) —> “non affiliate alle predette confederazioni” e “nazionali o provinciali” Obiettivo: - eliminare la maggiore rappresentatività non verificata - aprire a sindacati diversi da quelli confederali, poiché di fatto erano comunque questi ultimi a stipulare contratti nazionali o provinciali Dopo il referendum, l’unico indice di riconoscimento della rappresentatività: direttamente indicato dal legislatore nella stipulazione del contratto collettivo applicato nell'unità produttiva. Quindi i sindacati che non sottoscrivevano il contratto non erano legittimati a costituire le rsa e ad esercitare i conseguenti diritti. Con l’eliminazione dell’inciso “nazionali e provinciali” —> l’attuale formula ricomprende sicuramente il contratto nazionale, ogni forma di contratto territoriale, il contratto aziendale, nonché gli accordi interconfederali che regolano un istituto e gli accordi a contenuto obbligatorio. Richiamo all’unità produttiva —> comprende anche i contratti collettivi stipulati per il singolo reparto, linea, filiale o ufficio e non quindi per l'azienda nel suo complesso. Sono contratti destinati a regolare stabilmente una serie di rapporti di lavoro o a regolare un istituto del rapporto di lavoro. Viceversa, dovrebbero essere esclusi quegli accordi sindacali che abbiano un contenuto transattivo. Il termine contratti collettivi "applicati" all'unità produttiva non presuppone necessariamente l'iscrizione del datore di lavoro all'associazione stipulante: è sufficiente che il contratto risulti di fatto applicato dal datore di lavoro. La costituzione di una rsa è l'effetto della stipula di un contratto collettivo di lavoro applicato all'unità produttiva —> non può essere l’oggetto di un accordo sindacale ad hoc. Neppure di comune accordo le parti possono indicare, ai fini della costituzione delle rsa, un soggetto diverso da quello che ha sottoscritto il contratto collettivo. Pagina di 35 309 La moltiplicazione di associazioni datoriali ha comportato una proliferazione di contratti collettivi tra soggetti diversi ma che insistono sulla medesima area contrattuale alimentando fenomeni di dumping contrattuale e dannosi sia per i lavoratori che per le imprese. Quindi sia le parti sociali sia legislatore hanno iniziato ad affrontare il problema della misurazione della rappresentatività datoriale ai fini della legittimazione alla contrattazione: l'accordo rinvia ad una futura regolamentazione che le parti sono chiamati a negoziare —> non indica i parametri di misurazione della rappresentatività delle associazioni dei datori di lavoro. Criteri di misurazione della rappresentatività datoriale sono direttamente indicati solo dalla proposta di legge C788 del 2018, ai sensi della quale si deve tener conto: - numero delle imprese associate - Personale impiegato presso le stesse imprese - Diffusione territoriale delle imprese “Sindacato comparativamente più rappresentativo” = impone di selezionare i sindacati più rappresentativi attraverso la comparazione tra un sindacato nazionale di categoria e l'altro e di misurare la rappresentatività di ciascun sindacato utilizzando un criterio quantitativo. Non è chiaro quali siano i parametri di questo criterio quantitativo e numerico: solo gli iscritti o i votanti?. Può rispondere solo il legislatore con un provvedimento di regolamentazione della rappresentanza sindacale. Secondo una parte della dottrina, la formula è usata da diverse leggi per assegnare determinati effetti al contratto collettivo stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi —> la formula servirebbe a selezionare non tanto i soggetti quanto il contratto. Le due interpretazioni non sono in contrasto fra loro perché la formula serve ad individuare il sindacato ai fini dell'assicurazione del contratto collettivo cui la legge riconosce determinati effetti. CAP 8 LA TIPOLOGIA DEI CONTRATTI COLLETTIVI Fine del XIX e inizio XX secolo: concordati di tariffa —> funzione tipicamente obbligatoria e efficacia soggettiva limitata ai datori di lavoro stipulanti perché venivano considerati atti negoziali. Contratto corporativo —> atto normativo efficace nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria e collocato in posizione gerarchicamente sovraordinata e uniformante rispetto al contratto individuale. Entrambe queste tipologie di contratto collettivo sono oggi soltanto dei retaggi dei rispettivi periodi storici e non sono più presenti nell'attuale ordinamento. Il costituente ha cercato di risolvere i problemi sollevati dalla ricollocazione del contratto collettivo nell'area dell'autonomia privata con l'articolo 39: ha coniugato i principi della libertà sindacale del contratto collettivo come contratto privatistico con l'efficacia erga omnes del medesimo. L'articolo 39 ha dettato una disciplina che riconosce ai sindacati la legittimazione a stipulare contratti con efficacia per tutti gli appartenenti alla categoria attraverso la costituzione di una rappresentanza unitaria proporzionale al numero degli iscritti. La soluzione dell’art 39 non è mai stata attuata: - piano tecnico —> difficile delimitare volontariamente e non autoritativamente l'ambito di applicazione dei destinatari della disciplina collettiva cioè delimitare i collegi elettorali - Piano politico —> I sindacati minoritari in particolare Cisl erano contrari a dare attuazione ad una norma che, riconoscendo un potere contrattuale proporzionato al numero di iscritti, avrebbe confermato l'egemonia della Cgil in quanto sindacato maggioritario. Pagina di 36 309 Una norma come l'articolo 39 blocca soluzioni legislative di misurazione della rappresentatività effettiva di ciascun sindacato diverse da quella prevista dalla stessa norma costituzionale. Legge n.741 del 1959 —> il governo era delegato a recepire nei decreti legislativi il contenuto dei contratti collettivi, in modo da attribuire agli stessi efficacia generale. La legge prevedeva un termine di un anno entro il quale i decreti dovevano essere emanati, ma tale termine venne successivamente prorogato dalla legge n.1027 del 1960. La corte costituzionale dichiarò incostituzionale la legge di proroga: tendeva a stabilizzare un sistema di estensione dell'efficacia soggettiva del contratto collettivo diverso da quello previsto dall’art 39, comma 4, Cost. I contratti recepiti nel termine originariamente previsto dalla legge 741 del 1959 restavano in vigore e, anzi, hanno costituito per lungo tempo una limitazione, a causa della loro natura di atto normativo, del potere del giudice di determinare la giusta retribuzione sulla base dei contratti vigenti. Questo fino al 1971, quando la corte costituzionale dichiarò illegittimo, per contrarietà all'articolo 36 costituzione, l'articolo 7 della legge n. 741 del 1959: prevedeva che decreti di ricevimento restassero anche dopo l'eventuale rinnovo del contratto collettivo. Anche il contratto collettivo ex lege n.741 del 1959 costituisce una memoria storica del limitato arco temporale in cui il sistema delineato da quella legge è rimasto in vigore. Le diverse tipologie di contratti collettivi menzionati sono importanti dal punto di vista storico ma non operano più. Si è sviluppata una copiosa fioritura di contratti a livello nazionale cioè nei diversi settori merceologici e dopo il 1962 anche un doppio livello di contrattazione costituito dal contratto nazionale e dal contratto aziendale —> tali contratti non hanno le caratteristiche del contratto corporativo e perciò sono denominati "contratti collettivi di diritto comune" perché soggetti alla regolamentazione propria del diritto dei contratti. CAP 9 IL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE Il contratto collettivo di diritto comune si colloca nell’area dell’autonomia privata —> contratti atipici (art 1322 c.c.) Disciplina applicabile: - contratto in generale - Contratti corporativi (art 2067 e seg) Funzione normativa —> predeterminare il contenuto dei contratti individuali e stabilire i minimi di trattamento economico. Si differenzia dagli altri contratti per due peculiarità: - Una delle parti, quella che rappresenta i lavoratori, è necessariamente un soggetto collettivo - Predetermina non solo il contenuto dei futuri contratti individuali ma anche il contenuto di quelli in corso al momento della sua stipulazione Si distingue da: - contratto normativo —> perchè dispiega un’efficacia diretta nei confronti dei singoli lavoratori e datori di lavoro - Contratto tipo —> perchè vincola direttamente singoli lavoratori e datori di lavoro ad osservare le clausole in esso contenute Pagina di 37 309 Dalla caduta dell'ordinamento corporativo, il contratto collettivo di lavoro è considerato dalla prevalente giurisprudenza un atto negoziale con le caratteristiche principali dei contratti privati. Mancando una normativa di attuazione dell'articolo 39 della costituzione, la disciplina del contratto collettivo è stata necessariamente rinvenuta nelle disposizioni del codice civile. L'asserita natura privatistica dei contratti collettivi lascia insoluti sul piano giuridico formale tre problemi di grande rilevanza: - efficacia erga omens - Inderogabilità - Interpretazione Tali problemi non sono risolti. Le parti sociali e i sindacati vogliono: - preservare la natura negoziale del contratto collettivo perché desiderano regolare da sé i loro interessi - Hanno una vocazione egemonica a garantire a tutti lavoratori appartenenti alla categoria un trattamento minimo comune Il TU del 2014, nella parte III, disciplina "la titolarità ed efficacia della contrattazione collettiva nazionale di categoria e aziendale" senza riuscire a prevedere una vera e propria efficacia erga omnes del contratto collettivo. Le procedure di stipulazione del contratto collettivo non sono regolate da norme di legge: la formazione del contratto resta regolata dalla disciplina generale del codice, i soggetti collettivi si autoriconoscono reciprocamente come controparti. Corollario del contratto collettivo è: il principio di libertà sindacale: libertà di scelta del contraente —> temperata dal principio di effettività dell'attività sindacale: finisce generalmente per essere stipulato con le associazioni sindacali più rappresentative, che si impongono come controparti contrattuali. Le associazioni più rappresentative avranno presumibilmente la forza di costringere la controparte datoriale a rinegoziare con loro il contratto collettivo. Alcune indicazioni in merito alle trattative sono contenute nel Protocollo del 23 luglio 1993 —> rimanda agli stessi contratti nazionali la definizione delle procedure di presentazione delle piattaforme rivendicative e dei tempi di apertura dei negoziati. Le parti si incontrano per avviare le trattative tre mesi prima della scadenza del contratto. La piattaforma rivendicativa apporta la sua modifica nelle parti sulle quali si è formato il consenso. Il protocollo prevede meccanismi di raffreddamento —> volti a prevenire azioni dirette durante le trattative, garantendo ai lavoratori uno specifico emolumento al prolungarsi delle stesse oltre i limiti stabiliti. Le trattative si chiudono con la sottoscrizione delle ipotesi di accordo: il testo sintetizza le reciproche concessioni che le parti inevitabilmente si fanno durante la negoziazione —> tale ipotesi non coincide mai con la piattaforma rivendicativa sulla quale si iniziare a trattare. Può accadere che le trattative vengano condotte su tavoli separati: - un tavolo principale dove effettivamente si negoziano le condizioni di lavoro - un tavolo secondario dove i sindacati meno rappresentativi vengono informati sull'andamento delle trattative Trattative oltre la scadenza del contratto collettivo: possono essere proclamati scioperi e il conflitto può inasprirsi. Pagina di 40 309 In tema di determinazione del trattamento più favorevole la giurisprudenza non ha una posizione univoca: - secondo un orientamento si deve procedere a un rafforzamento tra i trattamenti complessivi previsti dal contratto individuale e quelli previsti dal contratto collettivo. Criterio del conglobamento —> applicare la disciplina negoziale che risulta complessivamente più favorevole per il lavoratore. Salvo che le parti di comune accordo scelgano il criterio del cumulo tra le due discipline —> applicano le clausole più favorevoli dei due contratti. - secondo un'altra parte della giurisprudenza invece la comparazione va effettuata non tra discipline complessive né tra singole clausole ma tra le discipline dei diversi istituti. Diversi contratti collettivi contengono le clausole di inscindibilità —> stabiliscono che le clausole di ogni istituto sono inscindibili tra loro e non cumulabili con altri trattamenti derivanti da altra fonte. La presenza di queste impedisce il ricorso in un caso al criterio del cumulo e nell'altro caso a quello del conglobamento. I superminimi individuali, salvo diversa volontà delle parti, rimangono invece consolidati nella retribuzione e sono destinati ad essere progressivamente riassorbiti dagli aumenti stabiliti via via dei contratti collettivi successivi fino a raggiungimento della soglia fissata dal contratto individuale. Divisione del contratto Il contratto collettivo di regola si divide in: - parte normativa —> le clausole normative vincolano direttamente i datori di lavoro e i lavoratori che rientrano nell'ambito di efficacia del contratto collettivo. Tali clausole regolano le diverse fasi del rapporto individuale di lavoro. - Parte obbligatoria —> comprende le clausole che regolano i rapporti tra i soggetti collettivi che hanno sottoscritto il contratto collettivo e conseguentemente non spiegano efficacia nei confronti dei singoli. Attengono alla parte obbligatoria anche le clausole di tregua sindacale —> clausole che obbligano le associazioni sindacali a non programmare scioperi in vigenza di contratto collettivo. Gli effetti sono regolati dal Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. I livelli contrattuali sono due: - contratto collettivo nazionale —> funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. Disciplina di solito alcune materie: costituzione e cessazione del rapporto di lavoro, diverse forme di assunzione, periodo di prova, inquadramento e livelli contrattuali o aree professionali, livelli retributivi diversi indennità, orario di lavoro, ferie riposi, vicende sospensive, codice disciplinare, trattamenti di fine lavoro e parte relativa alla regolamentazione delle relazioni sindacali. In quest'ultima parte l'associazione dei datori di lavoro e i sindacati nazionali di categoria come parti del contratto nazionale di categoria regolano i loro reciproci rapporti, la struttura della contrattazione, la durata del contratto collettivo, i termini e le condizioni di rinnovo —> tali clausole costituiscono la parte obbligatoria del contratto collettivo. - contratto collettivo aziendale —> fa emergere esigenze proprie degli specifici contesti produttivi. In un periodo di crisi come questo, il contratto aziendale assume una grandissima rilevanza per la sua tradizionale funzione di determinazione delle componenti retributive legate alla produttività delle singole imprese. Pagina di 41 309 In quanto contratto collettivo, dovrebbe essere ritenuto efficace soltanto nei confronti dei lavoratori iscritti all'associazione sindacale che lo ha stipulato. L’accordo interconfederale del 1993, prevedeva il principio della doppia titolarità negoziale —> il contratto aziendale veniva stipulato non solo dalle competenti strutture territoriali delle associazioni firmatarie del contratto nazionale, ma anche dalle rsu. Più recentemente il Testo unico del 10 gennaio 2014 privilegia le rsa e rsu quali soggetti legittimati alla stipulazione del contratto aziendale, senza menzionare ulteriormente i sindacati territoriali. Il fatto che possa essere stipulato da rappresentanze dei lavoratori non associative impone una riconsiderazione del problema della sua eventuale efficacia erga omnes. Inizialmente nessun lavoratore aveva interesse a rifiutare gli effetti del contratto aziendale e il problema non si era posto. Il problema del rifiuto degli effetti del contratto aziendale da parte dei lavoratori non iscritti ad alcun sindacato o iscritti a un sindacato dissenziente si è posto quando questo ha cominciato ad introdurre deroghe al contratto nazionale e a stabilire trattamenti deteriori. La giurisprudenza sul punto evidenzia tre orientamenti: - secondo alcune sentenze il contratto aziendale sarebbe efficace erga omnes per la soggettiva funzione di regolamentazione uniforme e per l'indivisibilità degli interessi collettivi della comunità aziendale. - secondo altre pronunce, in linea con i principi generali anche il contratto aziendale sarebbe efficace esclusivamente nei confronti dei soggetti iscritti alle associazioni stipulanti. - in base ad una più eclettica ricostruzione, il contratto aziendale avrebbe in linea di principio un’ efficacia generale, capace di imporsi sul dissenso individuale, fatto salvo, però, il dissenso sindacale —> l'efficacia del contratto aziendale non potrebbe essere estesa a quei lavoratori che ne condividano l'esplicito dissenso. Oggi l'efficacia soggettiva del contratto aziendale anche nei confronti dei lavoratori dissenzienti è espressamente sancita dal Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. Alcuni determinati contratti aziendali hanno una vera e propria efficacia erga omnes ai sensi dell’art 8 del d.l. n.138 del 2011. Secondo un orientamento diffuso in dottrina e in giurisprudenza: usi aziendali = concessione generalizzata, durevole e costante da parte del datore di lavoro di trattamenti non previsti da altre fonti. Pertanto integrano il contenuto del contratto individuale e, alla stessa stregua delle clausole individuali più favorevole, non sono modificabili dalla disciplina collettiva successiva ma possono essere modificati solo con il consenso del lavoratore che è il destinatario dell’uso. Secondo una diversa ricostruzione: l'uso aziendale farebbe sorgere in capo al datore di lavoro un obbligo unilaterale di carattere collettivo produttivo di effetti giuridici sui singoli rapporti individuali di lavoro allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale. Conseguentemente la modifica o eliminazione dell'uso non sarebbe subordinato al consenso del lavoratore ma ad un accordo tra datore di lavoro e sindacato. Durata del contratto Art 2074 c.c: proroga degli effetti del contratto corporativo dopo la scadenza, fino all'intervento di un nuovo regolamento collettivo —> norma abrogata e non applicabile ai contratti collettivi vigenti. Pagina di 42 309 Contratti collettivi vigenti: - atti di autonomia privata - Si applica il diritto comune dei contratti - La durata è stabilita dalle parti stipulanti Il contratto collettivo può essere a: - tempo indeterminato —> non si pone il problema dell’ ultrattività: il contratto è destinato a produrre effetti fino a quando una delle parti non decida di recedere dal contratto stesso. - Tempo determinato —> alla scadenza del termine cessa di produrre effetti, a meno che non sia presente una clausola di ultrattività o una clausola di rinnovo automatico. Clausola di ultrattività —> opera alla scadenza del termine originariamente stabilito con l'effetto di trasformare, a partire da quel momento, il contratto collettivo scaduto in un contratto a tempo indeterminato, destinato a produrre effetti fino alla rinegoziazione del contratto stesso. Clausola di rinnovo automatico —> alla scadenza del termine il contratto collettivo si rinnova tacitamente per una durata pari a quella originariamente stabilita. Il rinnovo tacito può essere evitato dalla disdetta —> deve essere intimata da ciascuna delle parti prima della scadenza, al fine di evitare che il contratto si rinnovi automaticamente una volta scaduto. La disdetta non va confusa con il recesso —> atto con il quale, nella vigenza del contratto, una delle parti fa venir meno il rapporto giuridico di cui quel contratto è fonte (art 1373 c.c). In passato, in assenza di una previsione esplicita, si riteneva che il recesso non potesse essere esercitato. Oggi, si ritiene che nei contratti di durata il recesso, preceduto da un congruo preavviso, possa essere sempre esercitato per evitare la perpetuità del vincolo contrattuale. Conseguentemente, il recesso può essere esercitato solo laddove il contratto collettivo è a tempo indeterminato —> altrimenti è illecito prima della scadenza del termine. La disdetta impedisce rinnovo automatico di un contratto collettivo a tempo determinato e deve essere esercitata prima della scadenza. Talvolta la cassazione ha sostenuto la tesi che la scadenza del termine finale del contratto collettivo non interrompe la maturazione dei diritti retributivi che si fondano sul contratto ormai scaduto —> l’ articolo 36 sancirebbe il principio della irriducibilità della retribuzione. Questa giurisprudenza considera la retribuzione stabilita dal contratto scaduto un ragionevole parametro utilizzabile dal giudice per la determinazione della retribuzione sufficiente. Questa tesi non è persuasiva. La successione nel tempo dei contratti collettivi del medesimo livello comporta —> variazione nel tempo dei trattamenti economici e normativi in melius e in pejus corrisposti ai lavoratori. Una giurisprudenza ormai consolidata afferma che: in caso di successione tra contratti collettivi dello stesso livello le clausole del nuovo contratto si sostituiscono completamente a quello del vecchio sia se sono più favorevoli sia se sono meno favorevoli. Non è stata accolta la teoria dell’incorporazione: tesi che considera il contratto collettivo incorporato nel contratto individuale —> il contratto collettivo successivo non potrebbe modificare la disciplina collettiva precedente, proprio perché il contratto collettivo scaduto risulta ormai incorporato nel contratto individuale. La tesi dell'incorporazione determina uno sbarramento alle dinamiche della contrattazione collettiva e nello stesso tempo supporta la teoria dei diritti quesiti. I diritti del lavoratore possono avere diverse fonti: Pagina di 45 309 Interpretazione letterale —> mezzo prioritario per la corretta ricostruzione della comune intenzione delle parti laddove il significato letterale delle parole si presenti esaustivo nel disvelare l'effettiva volontà dei contraenti. In caso contrario, l'interprete dovrà tenere in considerazione il comportamento successivo delle parti nell'applicazione della clausola stessa e fare ricorso agli altri criteri indicati dall’art 1362 e seg. Si dovrà tener conto anche dei criteri extratestuali: - ambiente sociale - Natura e oggetto del contratto collettivo (art 1369 cc) - Se realizza l’equo contemperamento degli interessi delle parti (art 1371 cc) Sono criteri sussidiari rispetto a quelli soggettivi —> ad essi si può fare ricorso soltanto se e nella misura in cui criteri soggettivi non siano idonei a garantire una corretta interpretazione del testo contrattuale. Il contratto collettivo non può essere interpretato analogicamente —> l’articolo 13 delle preleggi vieta l'applicazione analogica dei contratti corporativi e quindi, a fortiori, di contratti collettivi di diritto comune. Potrebbe essere oggetto di una diversa valutazione con riguardo al contratto collettivo ex art 8 del d.l. n.138 del 2011 —> per la sua efficacia generale e derogatoria potrebbe forse essere interpretato con gli stessi canoni ermeneutiche propri della legge. Queste osservazioni non appaiono contraddette dall’art 420-bis c.p.c —> facoltà del giudice di sospendere il giudizio quando deve definire una controversia sulla validità, l'efficacia e l'interpretazione delle clausole di un contratto collettivo nazionale. La sospensione del processo ha lo scopo di consentire alle parti di addivenire ad un accordo sostanzialmente transattivo: accordo di interpretazione autentica. L’art 360, n.3, c.p.c —> ammette il ricorso per Cassazione per violazione o falsa applicazione delle clausole dei contratti collettivi nazionali. La corte di cassazione assolve la funzione di nomofilachia non soltanto rispetto alla legge ma anche rispetto ai contratti collettivi nazionali che disciplinano i rapporti alle dipendenze di datori di lavoro privati e i datori di lavoro pubblici. Le due norme processuali consentono di privilegiare i criteri di interpretazione oggettiva del contratto collettivo ma sempre nei limiti: rispetto della sequenza stabilita dalle norme del codice civile in tema di interpretazione dei contratti. Sviluppi contrattuali Il contratto collettivo nell'esperienza sindacale italiana sta vivendo una nuova stagione che dalla orgogliosa affermazione della sua natura privatistica sembra condurlo nel novero delle fonti, per la sua mai sopita vocazione ad avere un'efficacia generale, espressamente riconosciuta oggi ai contratti aziendali ex art 8, d.l. n.138 del 2011. Potrebbero deporre in questo senso i rinvii sempre più frequenti della legge alla contrattazione collettiva —> costituiscono un corpus normativo in cui fonte legale e fonte negoziale si intrecciano così strettamente che non solo la funzione della legge viene delegata al contratto collettivo ma quest'ultimo sempre più spesso può addirittura derogare alla disciplina legale. Altra tappa significativa: ricorribilità in cassazione per violazione e falsa applicazione delle clausole del contratto collettivo nazionale ai sensi dell’articolo 360, n.3, c.p.c. Negli ultimi anni una ritrovata unità di azione sindacale ha consentito di stipulare tre accordi interconfederali sulla contrattazione nazionale e aziendale: Pagina di 46 309 Dagli accordi interconfederali del 2011, 2013 e 2014 emerge la volontà delle parti sociali di “dettare le nuove regole sulla rappresentatività sindacale, sulla titolarità ed efficacia del contratto nazionale e aziendale, sulle clausole di tregua e su quelle di esigibilità e anche sulle sanzioni in caso di inosservanza nei confronti delle organizzazioni firmatarie” —> pretesa di vincolare al rispetto dei contratti collettivi, per il solo fatto di aver aderito al Testo unico sulla rappresentanza, anche coloro che non li sottoscrivono. La novità sta in ciò: un atto di autonomia collettiva come il Testo unico voglia conseguire l'obiettivo di assoggettare i sindacati dissenzienti al rispetto delle clausole del contratto collettivo stipulato dai sindacati che rappresentano la maggioranza qualificata dei lavoratori, senza alcun intervento legislativo di sostegno. Continua a non essere semplice soddisfare l'esigenza di regolare e contenere il dissenso. Si tratta di un disegno ambizioso che richiama alla mente a grandi linee la teoria dell'ordinamento intersindacale di Giugni: le relazioni industriali sono rette da regole loro proprie, a prescindere dall'eventuale esistenza e dal significato di norme proprie dell'ordinamento statale aventi il medesimo oggetto. Tali regole = ordinamento intersindacale —> il contratto collettivo, in quanto atto fondamentale che regola i rapporti tra imprenditori e sindacati, assolve la stessa funzione di normazione astratta e generale che la legge svolge nell'ordinamento statuale. In questo si sostanzia la bivalenza normativa del contratto collettivo: - atto negoziale statuale - Fonte dell’ordinamento intersindacale Da una parte, il trittico gli accordi interconfederali con il loro contenuto potrebbe evocare in qualche misura l'ordinamento intersindacale in cui il contratto è atto normativo; dall'altra parte, si deve escludere tale qualificazione perché tali accordi sono allo stato privi di effettività. Se dunque l'attuale assetto delle relazioni industriali non può essere configurato come un ordinamento intersindacale, ne consegue che il contratto collettivo resta inserito nell'ordinamento statuale attraverso il principio della libertà sindacale e può essere elevato a rango di fonte in senso tecnico se interviene il legislatore come prescrive l'articolo 39 della costituzione. In assenza di intervento legislativo, il contratto conserva la sua natura originaria di atto di autonomia collettiva o, se si preferisce, di fonte extra ordinem, se sorretto dal consenso unanime o largamente prevalente dei sindacati comparativamente più rappresentativi. CAP 10 LEGGE E CONTRATTO COLLETTIVO Fonti della disciplina del rapporto di lavoro: - Legge - Contratto collettivo Tra legge e contratto collettivo si instaurano rapporti di: - gerarchia —> fondati sulla inderogabilità della norma legale da parte del contratto collettivo - Integrazione funzionale —> incentrati sui rinvii operati dalla legge alla disciplina pattizia L’autonomia privata è subordinata alla legge: la legge detta una disciplina inderogabile da parte del contratto collettivo —> il contratto collettivo non può peggiorare i livelli di trattamento e le condizioni stabilite direttamente dal legislatore. Pagina di 47 309 1) Le clausole del contratto collettivo in contrasto con le norme inderogabili di legge sono nulle: art 1418 c.c. È ammesso che il contratto collettivo deroghi in melius la disciplina legale —> salvo che questa preveda una inderogabilità assoluta. Rapporto gerarchico tra legge e contratto: inderogabilità in pejus - derogabilità in melius della disciplina legale da parte di quella pattizia. Eccezioni: giustificate alla luce di esigenze economiche o di governo del mercato del lavoro —> il tema delle deroghe è stato affrontato dal legislatore nel 2011. In alcuni casi la legge prevede una disciplina assolutamente inderogabile, anche in melius del contratto collettivo, superando il principio del favor —> es: art 2120, comma 1, c.c. Sebbene in linea di principio gli interventi legislativi limitativi dell'autonomia collettiva possono sollevare dubbi di legittimità costituzionale, questi possono essere superati quando tali interventi rispondono a logiche di tutela dell'interesse pubblico —> l'interesse pubblico prevale sull'interesse collettivo dei lavoratori, che, rimane un interesse particolare. 2) l’integrazione funzionale tra legge e contratto collettivo segna il passaggio: da tutela rigida, inderogabilmente fissata dalla legge —> a tutela flessibile, suscettibile di essere completata, integrata o derogata dal contratto collettivo. Si possono distinguere i rinvii in funzione: - Integrativa - autorizzativa - Derogatoria A seconda del tipo di rinvio, il contratto può svolgere una funzione diversa da quella “normativa” che gli è tradizionalmente propria. Funzione integrativa • I rinvii al contratto collettivo in funzione integrativa della disciplina legale sono frequenti: la legge detta una regolamentazione ed affida al contratto collettivo il compito di integrarla. In questo contesto, assumono rilievo i rinvii che attribuiscono al contratto collettivo una più specifica funzione, che può essere: - Gestionale —> attribuiscono al contratto collettivo il compito di stabilire limiti e condizioni per l'esercizio di poteri datoriali previsti dalla legge ed altrimenti liberi - Regolamentare delegata Contratti di solidarietà Una particolare ipotesi di funzione gestionale è assolta dai contratti di solidarietà, che possono essere: - difensivi —> contratto di solidarietà interno Stipulato dall'impresa con le associazioni sindacali nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Prevede una riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione —> finalizzata ad evitare riduzioni di personale. A fronte della riduzione dell'orario di lavoro è previsto l'intervento di un particolare ammortizzatore sociale, la Cassa integrazione guadagni straordinaria: copre una percentuale della retribuzione persa per le ore non lavorate. Disciplinato dal d.lgs. n.148 del 2015: Pagina di 50 309 Il potenziamento del contratto aziendale in deroga rischia inevitabilmente di far ridimensionare il contratto nazionale e le relative logiche solidaristiche, a tutto vantaggio di discipline pattizie aziendali che tengono conto principalmente di interessi particolari e in cui il sindacato può essere più condizionato dalla controparte. Nella prassi contrattuale la classificazione rigida dei suddetti contratti collettivi in base alle varie funzioni è ridimensionata: - nel contratto collettivo si riscontra un misto di “normativo di gestionale e di ablativo” - Si infittiscono i rinvii ad un contratto collettivo legittimato a peggiorare le disposizioni di legge La contrattazione aziendale risulta ulteriormente potenziata dall’art 51 del d.lgs. n.81 del 2015 —> rubricata: “Norme di rinvio ai contratti collettivi”. Questa disposizione prospetta una sorta di generale equiparazione tra contratto nazionale e contratto aziendale nella disciplina dei rapporti di lavoro. Numerose disposizioni del d.lgs. n81 del 2015 prevedono dei rinvii ai “contratti collettivi”, tanto in funzione integrativa quanto in funzione derogatoria. Il contratto aziendale diventa destinatario potenziale di ogni rinvio operato dal Jobs Act ai contratti collettivi, anche in concorrenza rispetto al contratto nazionale. In questa prospettiva, l’art 51 si affianca all’art 8 del d.l. n.138 del 2011: - art 8 —> norma generale che individua materie nell'ambito delle quali il contratto aziendale può derogare, con efficacia generale, norme inderogabili di legge - Art 51 —> circoscrive la legittimazione del contratto aziendale a regolare determinati aspetti o a derogare a norme espressamente inderogabili, stante il rinvio ai contratti collettivi Il modello di rinvio operato dall’art 51 è stato ripreso anche da numerosi interventi legislativi successivi —> modello generale per ogni rinvio legale ai contratti collettivi. Gli interventi legislativi in materia mostrano una tendenziale considerazione del contratto aziendale quale fonte regolativa dei rapporti di lavoro ormai posta sullo stesso piano rispetto al contratto nazionale. CAP 11 LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA PREMESSA: CONTRATTO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Contrattazione collettiva: - processo attraverso il quale le parti regolano i loro interessi - È un metodo di composizione del conflitto - è l'attività sindacale più significativa di tutela degli interessi dei lavoratori La contrattazione collettiva è un processo continuo che permane anche durante le fasi di applicazione e di amministrazione del contratto collettivo —> tende alla realizzazione del principio di uguaglianza. SEZ 1: LA STRUTTURA E L’EVOLUZIONE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Con la caduta dell'ordinamento corporativo nasce in Italia un sistema improntato all'autonomia delle relazioni sindacali, incentrate su un solo livello di contrattazione: livello nazionale. La struttura di vertice del sistema è la confederazione —> struttura nazionale e intercategoriale: - non sono competenti a stipulare contratti nazionali ma stipulano gli accordi interconfederali —> ambito intercategoriale Pagina di 51 309 Gli accordi interconfederali si distinguono dai contratti nazionali: non regolamentano il contenuto dei rapporti di lavoro ma singoli istituti o materie che interessano tutte le categorie merceologiche. Federazioni nazionali di categoria: strutture legittimate a stipulare contratti nazionali che disciplinano i minimi di trattamento economico e normativo e le relazioni sindacali tra i soggetti stipulanti. Ai contratti nazionali di categoria si affiancano importanti accordi interconfederali sui licenziamenti individuali e collettivi e sulle commissioni interne. Lo sviluppo economico del nostro sistema produttivo nell'immediato dopo guerra creò le premesse per: - rafforzamento del sindacato - Proposizione di strategie sindacali —> finalizzata ad affiancare alla contrattazione nazionale la contrattazione decentrata al livello aziendale La contrattazione articolata Nel 1962, le federazioni di categoria dei sindacati metalmeccanici firmarono con l’Intersind e l’Asap, un accordo che stabiliva i principi del nuovo sistema contrattuale articolato su due livelli: contrattazione articolata —> poi recepito da diversi contratti nazionali di categoria. La contrattazione aziendale, in un periodo di boom economico, era essenzialmente acquisitiva: volta ad introdurre trattamenti ulteriori o migliorativi rispetto a quelli già previsti dal contratto nazionale —> base per l’evoluzione della contrattazione nazionale successiva. I miglioramenti venivano generalmente riproposti nei successivi rinnovi dei contratti nazionali e finivano, quindi, per essere estese ad una più ampia cerchia di lavoratori. Il contratto nazionale determinava le materie e gli istituti regolati dagli altri livelli contrattuali. Gli agenti contrattuali del livello territoriale erano di regola i sindacati provinciali per l’inesistenza all'epoca di strutture sindacali interne e perché la commissione interna non aveva competenza contrattuale. La contrattazione articolata fu più importante per aver introdotto il principio del decentramento. Infatti il contratto nazionale continua ad essere il perno del sistema contrattuale e ad esso spettava determinare le competenze ed i soggetti della contrattazione aziendale. Gli imprenditori non accettarono passivamente la contrattazione articolata —> contropartita: sottoscrizione da parte dei sindacati delle clausole di pace sindacale: finalizzate a non promuovere azioni e rivendicazioni intese a modificare, integrare, innovare quanto già concordato ai vari livelli di contrattazione nel periodo che intercorre tra un rinnovo e l’altro. Funzione delle clausole di pace sindacale: consentire agli imprenditori, al riparo da ulteriori rivendicazioni, di quantificare preventivamente il costo del lavoro per l'intero periodo di vigenza del contratto. Cub Sul finire degli anni 60’ proliferarono iniziative spontanee di lotta sindacale dei lavoratori attraverso la costituzione dei Cub (comitati unitari di base) —> organizzazioni di lavoratori che, senza la mediazione delle strutture sindacali tradizionali, avanzarono nuove rivendicazioni: espressione di un egualitarismo in contrasto con i vincoli e la riserva di materie della contrattazione articolata. Protesta dei lavoratori diretta: - verso la controparte imprenditoriale - Verso il burocratismo e il verticismo delle organizzazioni sindacali Anni 68’-69’: forte conflittualità e rifiuto di sottoscrivere le clausole di pace sindacale —> travolsero la contrattazione articolata. Pagina di 52 309 Contratto metalmeccanici del 69’: segnò la fine della contrattazione articolata —> non conservava le competenze della contrattazione aziendale e delinea un sistema nuovamente centralizzato. Contrattazione non vincolata Alla contrattazione articolata si sostituì la contrattazione non vincolata: sistema di relazioni sindacali articolato ancora su due livelli, nazionale e decentrato, ma non più coordinati tra di loro —> il contratto aziendale regola tutte le materie già disciplinate dal contratto nazionale. Periodo di rescissione economica: - aumento considerevole dei prezzi - Aumento nominale dei salari adeguati al costo della vita per mezzo del meccanismo della contingenza Il meccanismo della contingenza fu considerato responsabile dell'aumento dell'inflazione e del valore nominale dei salari —> l’accordo interconfederale del 1976 sterelizzò la contingenza dalla base di calcolo dell’indennità di anzianità. Il contratto aziendale comincia ad introdurre clausole peggiorative rispetto a quelle del contratto nazionale. Concertazione Anni 80, evoluzione del sistema: progressiva centralizzazione della contrattazione —> 1983 primo protocollo triangolare che aprì la stagione della concertazione. Nel 1993, Accordo interconfederale —> delinea un sistema di contrattazione collettiva articolato su due livelli: - livello nazionale (centrale) —> stabiliva la tempistica e le materie della contrattazione decentrata - Livello territoriale e/o aziendale (decentrato) —> doveva intervenire su materie ed istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli regolati dal contratto di primo livello, secondo le modalità e negli ambiti di applicazione definiti dallo stesso contratto nazionale L'accordo regolava anche un particolare modello di rappresentanza sindacale in azienda, disciplinando le modalità di costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie —> queste, di fonte pattizia, avrebbero dovuto sostituire le rsa. Il modello delineato dall’Accordo del 1993 ebbe una particolare fortuna e la disciplina delle rsu ha tenuto anche dopo la modifica referendaria dell’art 19 Stat. Lav, nonostante a seguito del referendum la possibilità di costituire rsa fosse stata estesa anche a sindacati non confederali firmatari del solo contratto aziendale. Oggi, anche gli accordi più recenti, confermano: - due livelli di contrattazione - Competenza delegata del contratto aziendale - rilievo centrale delle rsu nel sistema di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro —> modificano solo in parte l’originaria disciplina dettata dall’Accordo del 1993 in relazione alle modalità di costituzione di tali rappresentanze. Due importanti accordi interconfederali firmati da Cgil, Cisl e Uil: - accordo interconfederale 28 giugno 2011 - Protocollo di intesa del 31 maggio 2013 Segnano la riaffermazione del principio di unità di azione sindacale, messo in crisi a partire dal 2009. Entrambi gli accordi vengono firmati per dettare regole certe e condivise e finalizzate alla gestione del dissenso sindacale, rispettivamente in ambito aziendale e a livello nazionale. Obiettivo: garantire una maggiore stabilità della disciplina contenuta nei contratti collettivi, senza che l'eventuale dissenso si traduca in una paralisi della contrattazione con la stipulazione di accordi non unitari destinati a non “tenere” sul piano dell’effettività. Pagina di 55 309 correttivi ed intervenire sugli ambiti di applicazione dei contratti collettivi: sarà possibile garantire una più stretta correlazione tra Ccnl applicato e reale attività d’impresa. Passaggio successivo: attenta ricognizione dei soggetti che, nell'ambito dei perimetri contrattuali, risultino firmatari di contratti collettivi nazionali di categoria affinché diventi possibile, sulla base di dati oggettivi, accettarne l'effettiva rappresentatività. Le parti si impegnano a impedire a soggetti privi di un elevato livello di rappresentatività certificata, di violare o forzare arbitrariamente i perimetri e gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi nazionali di categoria. Nel settore privato la determinazione dell'area contrattuale non precede la contrattazione ma è un effetto del contratto collettivo —> l'area contrattuale non preesiste al contratto collettivo ma coincide con il suo ambito di applicazione. Le soluzioni dettate dal Testo Unico e dalla Convenzione si limitano a predisporre i mezzi per la misurazione della rappresentatività sindacale nell'ambito dei Ccnl stipulati da soggetti espressioni delle confederazioni firmatarie —> l'area contrattuale individuata coincide con l'ambito di applicazione del Ccnl stipulato dall'associazione datoriale di settore associato a Confindustria. Restano impregiudicati i fenomeni di dumping contrattuale che si verificano al di fuori di quell'area, per imprese associate ad enti datoriali diversi o non associati affatto ma che applichino Ccnl stipulati da soggetti diversi. Il problema della determinazione dell’area contrattuale può e deve essere risolto da una norma analoga all’art 40 del d.lgs. n.165 del 2001 —> nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, i comparti e le aree di contrattazione sono predeterminati da accordi interconfederali e la contrattazione nazionale si svolge nell'ambito dei perimetri definiti dagli stessi accordi interconfederali. Nel sistema precedente, la rappresentatività dipendeva dalla contrattazione: - l’aver partecipato alle trattative era uno degli indici della maggiore rappresentatività - A livello aziendale l’aver stipulato un contratto collettivo applicabile all'unità produttiva dopo il referendum del 1995 era l'unico requisito per costituire una rsa C’è da chiedersi se oggi la rappresentatività costituisca ancora un prius rispetto alla contrattazione o se, invece, il rapporto non debba considerarsi invertito. In base alla disciplina pattizia: la rappresentatività sembra porsi come anteposto logico della possibilità di contrarre, tanto da indurre ad interrogarsi sulla definizione di un nuovo concetto generale di maggiore rappresentatività anche esso ancorato alle soglie previste. Sentenza della Corte costituzionale n.231/2013 Sentenza della Corte costituzionale n.231 del 2013: sembra delineare un concetto di rappresentatività che prescinde dalla contrattazione e che, al contrario, diventa il presupposto per accedere alle trattative. Nella motivazione, la Corte accoglie una nozione di rappresentatività che, esistendo nei fatti e nel consenso dei lavoratori, si fonda sul rapporto tra lavoratori e sindacato. Nel dispositivo c'è un elemento non in linea con la motivazione che si riferisce all'esercizio dei diritti sindacali: Si fa riferimento ad una nozione di rappresentatività fondata sul rapporto tra sindacato e controparte —> desunta dalla partecipazione alle trattative e perciò dalla capacità di imporsi al sindacato. Quindi in base alla tesi che si segue: Pagina di 56 309 - dispositivo —> la contrattazione continua formalmente a porsi come anteposto logico della rappresentatività - Motivazione —> è la rappresentatività misurata dal consenso dei lavoratori a porsi come presupposto logico della contrattazione In conclusione: I rapporti tra rappresentatività e contrattazione sembrano atteggiarsi diversamente a seconda della nozione di rappresentatività presa in considerazione delle relative finalità. Procedimento di contrattazione Il procedimento di contrattazione delineato dal Testo Unico ricalca quello previsto dal protocollo del 2013. I soggetti previsti sono: - le federazioni nazionali ammesse alle trattative —> definiscono le piattaforme contrattuali e stipulano il contratto collettivo al termine delle trattative - la “delegazione trattante” —> conduce le trattative sulla base delle piattaforme presentate fino al raggiungimento di un accordo con la controparte Le federazioni di categoria devono individuare, con proprio regolamento, le modalità di definizione della piattaforma e della delegazione trattante e le relative attribuzioni. Il procedimento di contrattazione si apre con la presentazione delle piattaforme: l'accordo interconfederale prevede impegni in capo alle organizzazioni sindacali ed in capo alla parte datoriale. Le prime favoriranno, in ogni categoria, la presentazione di piattaforme unitarie. Se questo non avviene, la parte datoriale favorirà a che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50% +1. Potrebbe non esservi un consenso unitario sulle piattaforme ma in linea di massima ci sarà una piattaforma destinata a porsi al centro del negozio. Una volta individuata la piattaforma rivendicativa, le trattative vengono portate avanti dalla delegazione trattante. Chiuse le trattative la delegazione trattante esaurisce il proprio compito e rientrano in gioco le Federazioni nazionali, chiamate a sottoscrivere formalmente il contratto collettivo. Il contratto collettivo può avere una efficacia particolare (non limitata alle federazioni stipulanti e ai lavoratori dalle stesse rappresentati), se si verificano due condizioni ulteriori: - il contratto nazionale sia formalmente sottoscritto dalle organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 50% + 1 della rappresentanza - Il contratto sia approvato mediante una “consultazione certificata” dei lavoratori, a maggioranza semplice, secondo modalità da stabilire ad opera delle categorie per ogni singolo contratto Il rispetto della procedura comporta: - Efficacia - Esigibilità degli accordi Per l'insieme dei lavoratori e delle lavoratrici nonché per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie della presente intesa —> l'intesa non spiegherà l'efficacia soggettiva prevista se è respinta dalla maggioranza semplice dei votanti. In base all’interpretazione che si da della consultazione certificata: - non viene considerata ratifica del contratto —> ma sarebbe una procedura che consente l'estensione ultra partes del contratto nazionale, non per questo determina l'efficacia erga omnes del medesimo Oppure Pagina di 57 309 - si considera che debba precedere la stipulazione del contratto nazionale —> si finisce per riconoscere alla maggioranza semplice dei lavoratori il potere di impedire ai sindacati che rappresentano la maggioranza del 50% + 1 dei lavoratori di concludere il contratto collettivo Sotto questi aspetti, il Testo unico riprende quanto già previsto dal Protocollo del 2013: L'aver concordato sulle regole di contrattazione diventa condizione dell'efficacia del contratto anche nei confronti dell'organizzazione sindacale che non lo ha sottoscritto e dei relativi iscritti —> questo se la disciplina concordata al livello Interconfederale si dimostrerà effettiva e riuscirà a tenere anche di fronte all'eventuale dissenso di una grande federazione nazionale. Si tratta di discipline pattizie la cui tenuta è garantita dal consenso delle parti. Partecipazione in negoziazione Nella procedura di contrattazione il Testo unico apporta una novità. Sentenza Corte costituzionale n.231 del 2013 —> individua nella partecipazione alla negoziazione un nuovo criterio selettivo ai fini dell'esercizio dei diritti sindacali in azienda. Va chiarito il concetto di “partecipazione in negoziazione”. Il Testo unico provvede direttamente ad individuare la nozione di partecipazione alle trattative utile ai fini dell'esercizio dei diritti sindacali: si tratta di individuare il livello di interazione minima tra le parti che, pur non sfociando in un accordo, non si esaurisca nemmeno nel mero rigetto delle proposte avanzate dai sindacati. Ai sensi del Testo Unico, si intendono partecipanti alla negoziazione le organizzazioni che presentano i seguenti requisiti: - abbiano raggiunto il 5% della rappresentanza - Abbiano contribuito alla definizione della piattaforma - Abbiano fatto parte della delegazione trattante La stessa nozione non è opponibile ai soggetti terzi stante l'efficacia pur sempre limitata del Testo unico. Altro punto da chiarire è se esista un diritto delle associazioni sindacali ad essere convocate ai tavoli di negoziazione e quali possono essere, eventualmente, i rimedi processuali in caso di violazione di tale diritto. Prima della sentenza della Corte costituzionale n.231 del 2013 la giurisprudenza ha sempre negato nel lavoro privato l’esistenza di un diritto a trattare. Principio della libertà contrattuale e del reciproco riconoscimento tra le controparti —> il datore di lavoro non aveva l'obbligo di avviare le trattative con un determinato sindacato ed il rifiuto di trattare non costituiva, linea generale, condotta antisindacale. Si preferisce una interpretazione che valorizza la clausola 1 dell’accordo interconfederale del 2011 e a fondare il diritto ad essere convocate in capo alle associazioni che raggiungono la soglia prescritta. Nella sentenza n.231 del 2013: riconosce tutela dell’art 28 Stat. Lav “al sindacato in ragione della sua acquisita rappresentatività nell'ipotesi di un eventuale, non giustificato, suo negato accesso al tavolo delle trattative”. In conclusione: Nel momento in cui la partecipazione all'attività negoziale diventa il presupposto per l'esercizio dei diritti sindacali, diventa difficile negare l'esistenza di un diritto a trattare in capo ad un sindacato effettivamente rappresentativo. Lo stesso deve dirsi ai fini della contrattazione nazionale per l'associazione che rispecchia il requisito di rappresentatività del 5% anche se, nell'ultima parte la sentenza, la corte ha aperto qualche dubbio. Pagina di 60 309 L’accordo del 2018 segna un'apertura nel prevedere espressamente che le intese in materia di rappresentanza possano costituire, attraverso il loro recepimento, il presupposto per l'eventuale definizione di un quadro normativo in materia. Per quanto riguarda la contrattazione collettiva nel settore pubblico —> ricalca quella del settore privato ma ci sono delle differenze che derivano da: - natura pubblica del soggetto datore di lavoro - budget di spesa predeterminato SEZ 3: I CONTENUTI DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Il Testo unico conferma il riparto di competenze delineato dall’Accordo del 2011: - contratto nazionale —> garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti lavoratori del settore comunque impiegati sul territorio nazionale - Contratto aziendale —> si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto nazionale e dalla legge La delega presuppone che: - la materia non sia regolata dal contratto nazionale o dalla legge - deve essere regolata dal contratto aziendale Si deve ritenere che la contrattazione aziendale non possa riproporre questioni che siano già state negoziati in altri livelli di contrattazione (ne bis in idem). La delega può essere più o meno dettagliata —> deve comunque avere quel minimo di specificità che consenta di determinare l’oggetto. Tra le materie frequentemente delegate dal contratto nazionale a quello aziendale: retribuzione di risultato, regime dei turni, flessibilità dell’orario, recupero delle ore di lavoro. Le singole materie delegate possono essere oggetto di: - clausole diverse - un'unica clausola che le elenca analiticamente —> in assenza di una delega espressa a disciplinare una determinata materia o porzione di materia, il contratto aziendale non potrà determinare alcuna regolamentazione. La disciplina interconfederale sembra allora evidenziare una sorta di gerarchia tra due livelli di contrattazione —> non si traduce nella nullità dell'eventuale clausola del contratto aziendale che dovesse violare quanto stabilito dal Testo unico o dai contratti nazionali, perché le clausole contrattuali dell'uno e dell’altro non hanno efficacia reale. Il problema è: bilanciare il rapporto tra i due livelli di contrattazione in un contesto in cui è evidente la spinta, anche da parte del legislatore, sulla contrattazione decentrata —> occorre: - evitare un'eccessiva centralizzazione - scongiurare i rischi di un tendenziale decentramento del tutto sregolato Un siffatto bilanciamento potrebbe essere effettivo se le parti avessero stabilito una chiara ripartizione delle funzioni non soltanto salariali tra i due livelli di contrattazione —> questo risultato non è stato raggiunto. Per migliorare il coordinamento del sistema contrattuale si è preferito insistere su accordi aziendali innovativi che promuovano forme di sperimentazione su temi come il miglioramento della qualità e dell'organizzazione di lavoro, riconoscendo agli attori aziendali il potere di individuare soluzioni negoziali reciprocamente convenienti. In tema di innovazioni aziendali, si è insistito su: retribuzione commisurata al risultato —> la competizione fra le varie organizzazioni sindacali, aggravata dalla frammentazione delle sigle, e la prassi Pagina di 61 309 consolidata di privilegiare aumenti salariali fissi rispetto a quelli variabili, sono tutti dati non favorevoli ad uno sviluppo virtuoso degli incentivi salariali. Va sottolineato che la normativa di incentivazione fiscale individua indici precisi di produttività e redditività a cui condizionare la detassazione e prevede un sistema di monitoraggio per verificare se i parametri dichiarati dalle aziende che richiedono l'incentivo trovino riscontro nei fatti. Nell’ordinamento italiano le prime esperienze di welfare aziendale sono sorte per iniziativa unilaterale delle grandi aziende e sono rimaste tali fino a tempi recenti. La legge n.232 del 2016 ha esteso l’incentivo anche a misure di welfare negoziate in sede nazionale. Parte IV del Testo Unico: “disposizioni relative alle clausole e alle procedure di raffreddamento e alle clausole sulle conseguenze dell’inadempimento”. Il Testo unico esclude espressamente l'efficacia nei confronti dei singoli lavoratori delle clausole di tregua sindacale —> possono vincolare esclusivamente: - le rsa - le rsu - le associazioni sindacali espressione delle confederazioni firmatarie dell’accordo stesso In questo modo si arricchisce il dibattito sull’appartenenza delle clausole di tregua alla parte normativa o alla parte obbligatoria del contratto collettivo e costituisce un elemento a sostegno di quest’ultima ricostruzione. Dibattito aperto —> tentativi della dottrina di riproporre la riconducibilità delle clausole di pace sindacale alla parte normativa del contratto, per renderle vincolanti anche nei confronti dei singoli lavoratori. Nella Parte IV si parla anche delle clausole di esigibilità: clausole finalizzate a prevenire e sanzionare eventuali azioni di contrasto, di ogni natura che compromettano il regolare svolgimento dei processi negoziali, l'efficacia e l'esigibilità dei contratti collettivi —> tali azioni possono essere comportamenti attivi o passivi. Rispetto alle clausole di tregua sindacale —> le clausole di esigibilità hanno un oggetto più esteso: - clausole di tregua —> regolano le modalità di esercizio dello sciopero e in particolare la proclamazione dello sciopero - Clausole di esigibilità —> possono riguardare non solo lo sciopero ma azioni di contrasto di ogni natura: possono avere come oggetto oltre all'esercizio dello sciopero anche l'esercizio di altri diritti sindacali oltre a comportamenti che non costituiscono esercizio di un diritto o che integrano veri e propri inadempimenti In concreto, le clausole di esigibilità nascono principalmente per arginare gli scioperi, soprattutto se programmati in momenti particolari. Inoltre le clausole di esigibilità permettono di predeterminare sanzioni più funzionali dei rimedi offerti in linea generale dal diritto civile —> poco utili sul piano dei rapporti collettivi. Le tecniche risarcitorie si sono dimostrate assolutamente inidonee a sanzionare gli inadempimenti agli obblighi di tregua: difficoltà di provare il danno. Invece, le sanzioni prefigurate dal Testo unico come contenuto necessario delle clausole di esigibilità sono sicuramente più pesanti per i sindacati. Il Testo unico prefigura tre tipi di sanzioni: - sanzioni pecuniarie - Sospensione dei diritti sindacali di fonte contrattuale - Sospensione di ogni altra agibilità derivante dal Testo unico Le sanzioni sono a carico delle parti collettive. Pagina di 62 309 La disciplina dettata dal Testo unico in materia di esigibilità non è immediatamente operativa —> la definizione delle relative clausole è demandata ai contratti nazionali: nessun contratto nazionale, allo stato, vi ha dato attuazione. CAP 12 LO SCIOPERO Lo sciopero è previsto dall’art 40 Costituzione: - diritto di rango costituzionale - Rinvia al legislatore ordinario il compito di regolare le modalità di esercizio La norma costituzionale è stata considerata immediatamente precettiva —> l'assenza di una normativa di legge ordinaria spiega perché la giurisprudenza abbia dovuto assolvere una funzione di supplenza risolvendo tre ordini di problemi: - la qualificazione dello sciopero e la conseguente determinazione delle finalità lecite del medesimo - La questione della titolarità del diritto di sciopero: la dottrina ha privilegiato la tesi della titolarità individuale rispetto a quella della titolarità collettiva - Modalità di esercizio del diritto di sciopero: individuate dalla giurisprudenza di legittimità e dalla corte costituzionale Le norme del codice penale sardo sancivano il divieto di coalizioni e consideravano reati: sciopero e serrata. Il codice penale Zanardelli del 1889 depenalizzava lo sciopero che, insieme alla serrata, restava reato solo se posto in essere con violenza o minaccia —> lo sciopero fu considerato: - una libertà di fatto = atto penalmente lecito - un illecito civile = inadempimento tale da giustificare il licenziamento Il codice penale Rocco del 1930 sanzionava penalmente ogni forma di sciopero e di serrata, sia nel settore privato sia nel settore pubblico. Venivano sanzionati tre tipi di sciopero: - sciopero per fini contrattuali —> diretto contro il datore di lavoro al fine di ottenere la modifica delle condizioni di lavoro stabilite nel contratto collettivo - Sciopero per fini non contrattuali —> ossia per fine politico o per costringere la pubblica autorità a emettere od omettere un provvedimento ovvero influire sulle deliberazioni di essa (sciopero di imposizione politico economica) o sciopero di protesta o di solidarietà - Sciopero dei pubblici dipendenti L'assenza in Costituzione di una definizione dello sciopero e il mancato intervento del legislatore ordinario nella regolamentazione del suo esercizio hanno lasciato ampio spazio all'interpretazione creatrice della dottrina e della Corte costituzionale nell'individuare delle finalità legittime dello sciopero. • Una delle prime dottrine post-costituzionali aveva definito lo sciopero come: astensione concertata dal lavoro per la tutela di un interesse economico professionale —> qualificato come diritto solo lo sciopero per fini contrattuali. • Con la promulgazione della costituzione lo sciopero fu elevato al rango di diritto costituzionale —> qualificato come diritto podestativo. Esercizio del diritto potestativo legittima il lavoratore a sospendere la sua obbligazione e colloca il datore di lavoro in una posizione di soggezione perché non può evitare l'esercizio del diritto di sciopero. Pagina di 65 309 - Lavoratori autonomi parasubordinati —> in quanto soggetti contrattualmente deboli nei confronti del committente. Rientrano anche i collaboratori continuativi e coordinati e a carattere prevalentemente personale. Eccezioni: - Militari - Personale di pubblica sicurezza - Marittimi nel periodo di navigazione La legge pone dei limiti per: - addetti agli impianti nucleari - Assistenti di volo Per quanto riguarda gli imprenditori: - piccoli imprenditori — > protesta assimilabile allo sciopero - Imprenditori forti —> esclusa l’estensione dell’art 40 Per quanto riguarda i liberi professionisti: L’astensione dal lavoro non è considerata sciopero —> ma rivendicazione o pressione come manifestazione della libertà di associazione (art 18 Costituzione) Legge n.83 del 2000: ha esteso i limiti posti al diritto di sciopero anche alle astensioni collettive e alle prestazioni da parte dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. (Gli avvocati devono dare un congruo preavviso e specificare la durata dello sciopero —> salvaguardano beni costituzionalmente garantiti) Secondo un autorevole dottrina: la titolarità del diritto di sciopero dovrebbe essere negata ai magistrati in quanto investiti di una funzione sovrana —> numerosi sono stati gli scioperi dei magistrati e nessun organo giudiziario ha mai eccepito la legittimità di tali astensioni. Forme anomale di sciopero Tra le forme anomale di sciopero: - sciopero selvaggio o improvviso —> senza preavviso La giurisprudenza non lo considera illegittimo ma è previsto obbligatoriamente il preavviso per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. - Sciopero a singhiozzo —> è esercitato alternando periodi di lavoro a pausa di lavoro - Sciopero a scacchiera —> è attuato da alcuni reparti soltanto e in momenti diversi Queste ultime due forme di sciopero possono essere attivate congiuntamente. Lo sciopero attuato con queste modalità reca all'azienda un danno maggiore di quello inferto con lo sciopero tradizionale: scompagina l'organizzazione del lavoro con un minore sacrificio per i lavoratori, che in questo modo possono ridurre il periodo di sospensione della prestazione quindi anche il periodo di sospensione della retribuzione. Queste forme di sciopero furono considerate illegittime dalla giurisprudenza fino al 1980: - danno ingiusto - Corrispettività dei sacrifici Nel 1980 abbandona questo criterio —> sentenza del 1980: per stabilire se lo sciopero è legittimo non si deve avere riguardo alla maggiore o minore entità del danno provocato alla produzione, ma si deve avere riguardo al danno arrecato alle persone e agli impianti, cioè alla produttività. La giurisprudenza inizia a basarsi su un criterio qualitativo: distingue il danno alla produzione (legittimo) dal danno alla produttività (illegittimo). Pagina di 66 309 La riconosciuta legittimità degli scioperi articolati consente al datore di lavoro di rifiutare, e quindi di non retribuire, le prestazioni lavorative che non gli arrecano alcuna utilità tra una sospensione e l'altra della prestazione lavorativa nello sciopero a singhiozzo oppure dai lavoratori non scioperanti in caso di sciopero a scacchiera. Cioè: se la prestazione offerta dal prestatore di lavoro non arreca alcuna utilità al datore di lavoro, questi è legittimato a rifiutarla. La comandata = È prevista da un accordo, formale o informale, tra imprenditori e sindacati per garantire una presenza continua di un certo numero di lavoratori, durante gli scioperi negli impianti siderurgici e chimici a ciclo continuativo, che non possono essere fermati o spenti. Clausole di tregua sindacale Clausole di tregua sindacale = clausole volte a limitare l’esercizio del diritto di sciopero nel periodo di vigenza del contratto collettivo. Fin dagli anni 70 si è discusso sulla riconducibilità di tali clausole alla parte normativa o a quella obbligatoria del contratto collettivo: era dibattuto se tali clausole vincolassero solo il sindacato a non programmare lo sciopero o producessero effetti anche nei confronti dei singoli lavoratori, impedendo loro di scioperare. • Secondo autorevole dottrina: il dovere di pace sindacale sarebbe un effetto naturale del contratto collettivo e le clausole di tregua, alla stregua di ogni altra clausola del contratto collettivo, potrebbero vincolare non solo i soggetti collettivi ma anche singoli lavoratori. • Secondo un'altra opinione: le clausole di tregua potrebbero impegnare i soli soggetti sindacali a non proclamare lo sciopero nell'arco di vigenza del contratto collettivo, senza vincolare i singoli lavoratori, che resterebbero liberi di esercitare il diritto di sciopero anche in assenza della proclamazione. È pacifico che l'esperienza sindacale italiana non conosce clausole di tregua impegnative nei confronti dei singoli lavoratori. Il Protocollo del 1993 aveva previsto in occasione del rinnovo del contratto collettivo un periodo di raffreddamento: le parti si impegnavano a non assumere iniziative unilaterali né a procedere ad azioni dirette da tre mesi prima a un mese dopo la scadenza del protocollo —> vincolava le parti collettive l’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011: esclude espressamente l'efficacia nei confronti dei singoli lavoratori delle clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l'esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva. Sulla stessa scia si colloca il Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. Ulteriore problema: responsabilità per l'eventuale violazione della clausola di tregua da parte delle organizzazioni sindacali che proclamassero ugualmente lo sciopero. - teoricamente —> l’inadempimento della clausola obbligherebbe il sindacato al risarcimento del danno nei confronti della controparte - Praticamente —> la difficoltà di determinare i danni risarcibili e di quantificarli non consente una concreta possibilità di tutela risarcitoria Tenendo conto dell'ineffettività della sanzione del risarcimento del danno dovrebbero essere le stesse clausole di tregua a prevedere sanzioni alternative nei confronti dei soggetti sindacali responsabili della loro violazione. Clausole di tregua di questo tenore sono inesistenti nel settore industriale. Pagina di 67 309 Contratto specifico di lavoro Diversa è la recente esperienza della contrattazione del gruppo FIAT. Il contratto specifico di lavoro contiene articolata clausola di esigibilità (clausola 11) —> detta clausola di responsabilità. In caso di mancato rispetto degli impegni assunti e di violazione delle condizioni stabilite dal contratto sono previste sanzioni a carico dei soggetti collettivi che intaccano i contributi ed i permessi sindacali. Le stesse misure si applicano anche in caso di comportamenti individuali o collettivi dei lavoratori idonei a violare in misura significativa le clausole del contratto. La natura collettiva delle sanzioni previste dalla clausola anche per i comportamenti individuali esclude la possibilità di sanzionare disciplinarmente i lavoratori che, ad esempio, dovessero aderire ad uno sciopero programmato in violazione della clausola di esigibilità. La clausola 9, detta clausola inscindibilità delle disposizioni contrattuali prevede che: la violazione da parte del singolo lavoratore delle disposizioni del contratto collettivo costituisce infrazione disciplinare. Se tale affermazione di responsabilità riguardasse anche la violazione della clausola 11: questa non avrebbe esclusivamente natura obbligatoria, ma rientrerebbe a pieno titolo nella parte normativa del contratto collettivo. Il combinato disposto clausola 9-clausola 11 potrebbe suggerire l'applicazione di sanzioni disciplinari anche con riferimento a comportamenti collettivi con una funzione deterrente anche nei confronti dell'esercizio del diritto di sciopero —> interpretazione esclusa: era stato sostenuto che detta clausola incidesse in realtà su comportamenti illeciti, ostruzionistici o di inadempimento dei singoli lavoratori, senza riguardare l'esercizio del diritto di sciopero. Impressione finale: neanche le clausole del contratto FCA possono essere utilizzate per fondare un nuovo tipo di responsabilità dei singoli a fronte di comportamenti collettivi in nome dell'esigibilità, ne risultano, del resto, casi in cui sia stata fatta valere una loro violazione in questi termini. Il contratto FCA del 7 luglio 2015 prevede l’ulteriore e specifica responsabilità individuale del componente del Consiglio delle rsa —> istituito al fine di limitare la legittimazione alla proclamazione dello sciopero, escludendo che possa essere proclamato dalle singole rsa. È un organo collegiale che decide a maggioranza dei suoi componenti e che viene qualificato come l'unico titolare all'interno dell'unità produttiva della potestà di attivare le misure di autotutela sindacale per il tramite delle procedure di raffreddamento previste dal successivo articolo 12. Secondo tali procedure, lo sciopero deve essere proclamato a maggioranza dei componenti del consiglio, con un preavviso di 24 ore e previo esperimento di una serie di incontri conciliativi con la direzione aziendale. Violazione di tali procedure —> responsabilità dei singoli rsa e delle rispettive organizzazioni sindacali che hanno determinato la maggioranza in seno al consiglio ai fini della deliberazione di scioperare. Lo sciopero è legittimo perché risultano violate le procedure conciliative che a detta quotazione devono procedere. In realtà le sanzioni per l'illegittimo operato di un organo collegiale dovrebbero riguardare l'organo stesso: infatti, in caso di reiterate violazioni, è prevista la decadenza del consiglio, insieme a quella di tutte le rsa —> la responsabilità anche a carico dei singoli componenti del consiglio per i voti espressi appare incoerente con la natura collegiale dell’organo. Art 16 Stat. Lav: vieta i trattamenti economici collettivi aventi finalità discriminatoria ai sensi dell'articolo 15. Pagina di 70 309 - Obbligo di comunicare per iscritto la data, la durata, le modalità, nonché la motivazione dello sciopero sia al datore di lavoro, sia alle autorità indicate nell'articolo 8 della legge, che a loro volta sono tenute a trasmettere immediatamente tale comunicazione alla commissione di garanzia - Divieto dell'effetto annuncio - Rispetto delle regole di rarefazione: intervalli da osservare per l'effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo, che operano in senso soggettivo e in senso oggettivo. Generalmente dall'intervallo non inferiore a 10 giorni, ma in alcuni delicati servizi è fino a un massimo di 30 giorni. - divieto di concomitanza al fine di evitare che servizi pubblici alternativi siano, contemporaneamente, interessati da astensione (esempio: servizio di trasporto aereo e ferroviario) - Rispetto di misure dirette a consentire l'esecuzione delle prestazioni indispensabili Tali limiti sono tassativi. Alcune deroghe sono previste, esclusivamente, con riferimento allo sciopero generale nazionale di tutte le categorie pubbliche e private (dovrebbe rappresentare un evento raro e eccezionale): - possibilità, per i soggetti proclamanti, di non effettuare le procedure di raffreddamento e conciliazione, attesta la natura verosimilmente economico-politica o politica in senso stretto dello sciopero generale - Limite di durata - Divieto di concomitanza: la necessità di garantire i servizi essenziali alternativi avrebbe, di fatto, comportato l’impossibilità di effettuare uno sciopero generale nei SPE —> uno sciopero generale potrà coinvolgere, per esempio, sia il trasporto aereo che ferroviario Procedura di raffreddamento Una delle novità più rilevanti della legge n.83 del 2000 riguarda: procedure di raffreddamento e conciliazione —> devono essere obbligatoriamente effettuate da qualsiasi soggetto collettivo che intende effettuare uno sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali, prima della proclamazione di questo e, al pari delle prestazioni indispensabili, devono essere esperite. Tali procedure intervengono quando è già in essere uno stato di agitazione e configurano un ulteriore tentativo di evitare l’astensione dal lavoro —> anch’esse hanno una funzione regolativa dello sciopero. Se le parti non intendono avvalersi delle procedure previste dagli accordi, possono esperire: procedura di conciliazione in via amministrativa —> presso la prefettura, il comune o il Ministero del lavoro a seconda della rilevanza territoriale del conflitto Se esiste il contratto collettivo applicabile: questa scelta non può essere effettuata unilateralmente da una delle parti —> deve avvenire di comune accordo. La Commissione ha stabilito che, almeno per le parti che hanno sottoscritto gli accordi sulle prestazioni indispensabili valutati idonei: obbligo a dar corso, preventivamente alla procedura di raffreddamento, prevista dagli accordi —> si è voluto evitare: - fuga dal contratto - Valorizzare la procedura di raffreddamento che, nella prassi attuativa della legge, ha avuto una realizzazione più efficace rispetto a quella di conciliazione —> questa spesso si riduce ad una rapida presa d'atto del mancato accordo tra le parti. Viceversa, la procedura amministrativa deve essere esperita dai soggetti rimasti estranei alla contrattazione, almeno che non intendano assoggettarsi volontariamente alle procedure conciliative previste dall’accordo. Pagina di 71 309 Procedura di prevenzione Le procedure di raffreddamento e di conciliazione soddisfano esigenze diverse da quelle delle procedure di prevenzione: sono rivolte a intervenire, in linea generale e astratta, sulle le possibili cause di conflitto. A carico delle parti sociali ci sono una serie di doveri inerenti alla fase di proclamazione: - dovere di rispettare le misure dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili - obbligo, per i soggetti che proclamano lo sciopero, di comunicare per iscritto nel termine di preavviso, la durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dell'astensione collettiva dal lavoro Obbligo di preavviso —> consente agli utenti di organizzarsi sulla data e la sospensione del servizio Dovere di predeterminare la durata —> divieto di scioperi ad oltranza Obbligo di comunicare per iscritto modalità e motivazioni —> controllo nel merito della controversia da parte della Commissione di garanzia Destinatari della comunicazione: - amministrazioni o imprese che erogano il servizio —> dovere di comunicazione agli utenti - apposito ufficio costituito presso l'autorità tenuta ad adottare l'ordinanza di precettazione—> dovere di comunicazione alla commissione di garanzia Art 2, comma 6: divieto dell’effetto annuncio. Al di fuori dei casi in cui sia intervenuto un accordo tra le parti ovvero vi sia stata una richiesta della commissione di garanzia o dell'autorità competente ad emanare l'ordinanza di precettazione, la revoca spontanea dello sciopero già proclamato costituisce una forma sleale di azione sindacale —> valutazione della Commissione di garanzia a fini sanzionatori La revoca ingiustificata può essere censurata da: - commissione di garanzia - In sede giudiziaria: su iniziativa delle associazioni degli utenti Il preavviso: - tutela l'interesse degli utenti ad utilizzare servizi alternativi o a programmare diversamente l'uso del servizio —> gli utenti sono quelli maggiormente colpiti - Consente all'amministrazione o all'ente erogatore del servizio di predisporre le misure necessarie per l'esecuzione delle prestazioni indispensabili e per favorire eventuali tentativi di composizione del conflitto Le norme sul preavviso non trovano applicazione nei casi: - astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità o della sicurezza dei lavoratori —> resta l’obbligo di garantire le prestazioni indispensabili Prestazioni indispensabili La legge affida alle parti sociali, attraverso la stipula di accordi collettivi a livello aziendale o a livello nazionale, il compito di individuare le prestazioni indispensabili. Oggetto delle prestazioni indispensabili è costituito da: - prestazioni dei lavoratori - Attività di organizzazione dell'imprenditore e dalla sua attività di cooperazione all'adempimento delle obbligazioni dei lavoratori Indispensabilità = prestazioni che il servizio essenziale deve comunque assicurare alla collettività. Pagina di 72 309 La legge affida al contratto collettivo il compito di specificarlo, imponendo una serie di modalità o di soglie di esecuzione delle suddette prestazioni a cui le parti devono in ogni caso uniformarsi. In mancanza di accordo fra le parti: la legge riconosce alla commissione di garanzia il potere di individuare le prestazioni indispensabili, stabilendo i limiti che devono essere rispettati dalla commissione nell'esercizio del suddetto potere —> potere di provvisoria regolamentazione. - Deve essere assicurato il 50% delle prestazioni normalmente erogate - Devono riguardare quote strettamente necessarie di personale non superiori mediamente al terzo del personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio nel tempo interessato dallo sciopero —> problema dell’ambito di riferimento delle percentuali di personale Gli stessi limiti devono essere rispettati dalla commissione di garanzia per la valutazione dell'idoneità degli atti negoziali e di autoregolamentazione. Astensione dal lavoro dei lavoratori autonomi, liberi professionisti e piccoli imprenditori —> disciplina delle prestazioni indispensabili contenuta nei codici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni che li rappresentano. Se tali codici mancano o non sono valutati idonei, la commissione di garanzia addotta la provvisoria regolamentazione. Il ruolo del contratto collettivo La legge affida al contratto collettivo un ruolo centrale nel governo del conflitto —> il contratto collettivo diventa fonte, extra ordinem, di disciplina dello sciopero. In primo luogo, la legge scarica sul contratto collettivo le tensioni che derivano dalla regolamentazione di un diritto come quello di sciopero che continua ad essere considerato, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, un diritto a titolarità individuale —> - viene messa a nudo la fragilità rappresentativa delle strutture sindacali - Si discute della stessa capacità del contratto di essere un efficace strumento di regolazione del conflitto perchè è incerto se i singoli lo osserveranno o no In secondo luogo, la legge n.146 del 1990 assegna al contratto collettivo delle funzioni: - funzione tipica - Funzione di dare soddisfazione agli interessi degli utenti, quando siano costituzionalmente garantiti —> la legge affida ad un atto di autonomia privata, e cioè libero nel fine, la cura di un interesse pubblico: va affrontato il problema dell'efficacia soggettiva del contratto. Art 2 legge 146: non dispone un rinvio materiale o formale ad altra fonte —> ha affidato al contratto collettivo la funzione di integrare un precetto che trova la propria fonte in una norma primaria —> sembra assolvere una funzione regolamentare delegata. In questa ipotesi, non rileva un conflitto di interessi tra imprenditori e lavoratori, bensì tra lavoratori addetti ai pubblici servizi e terzi (utenti), concernente il contemperamento dell'esercizio del diritto di sciopero con i diritti della persona costituzionalmente garantiti. Nello sciopero nei servizi pubblici: l’obbligo per i singoli lavoratori di svolgere le prestazioni indispensabili non è un effetto direttamente collegabile al contratto collettivo —> deriva direttamente dalla valutazione di indoneità che su di esso esprime la Commissione di Garanzia. Anche rispetto ai lavoratori autonomi la generalità del vincolo nel codice di autoregolamentazione dipende dalla valutazione positiva della Commissione di garanzia. La valutazione negativa della Commissione priva il codice di efficacia nei confronti di tutti i lavoratori. Pagina di 75 309 Possono essere considerati gli interventi della commissione, attuati nel periodo dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 nel nostro paese —> hanno limitato il diritto di sciopero, al pari di altri importanti diritti costituzionali che sono stati soggetti a notevoli restrizioni ad opera di provvedimenti governativi. La commissione è intervenuta con dei provvedimenti recanti un “fermo invito”, per tutte le organizzazioni sindacali, a non proclamare o effettuare sciopero nei servizi pubblici essenziali —> l'effettuazione di scioperi avrebbe aumentato il diffuso senso di insicurezza dei cittadini utenti dei servizi, già messi a dura prova dalla pandemia. La commissione ha esteso (moratoria generale) regole già vigenti negli accordi o regolamentazioni dei servizi pubblici essenziali che prevedono l'impegno, delle organizzazioni sindacali, a non proclamare o effettuare azioni di scioperi in presenza di particolari eventi clamorosi —> sono stati esclusi gli scioperi programmati per gravi eventi lesivi dell'incolumità della sicurezza dei lavoratori. Situazioni, queste, più facilmente verificabili anche per il maggior pericolo di contagio per alcune categorie di lavoratori dei servizi particolarmente esposte. Per tali scioperi la legge n.146 consente anche di derogare all'obbligo di preavviso e/o di indicazione della durata —> Deve essere comprovata la violazione della normativa sulla sicurezza e o delle misure anti covid nei luoghi di lavoro; nonché la sussistenza di un nesso causale con l’evento in grado di generare il pericolo. Alla fine del periodo più critico dell'emergenza epidemiologica, la moratoria degli scioperi non è stata ritirata dalla commissione, la quale ha ritenuto non attuabile una limitazione assoluta e sine die del diritto costituzionale di sciopero. L’autorità ha esercitato un’intensa attività di moral suasion nei confronti delle parti sociali, invitando questi a trovare, per quanto possibile, una composizione negoziale del conflitto che eviti ricorso allo sciopero. Oltre al potere sanzionatorio, la Commissione ha il potere di valutare positivamente o negativamente l'idoneità delle prestazioni indispensabili e delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure individuate con accordo delle parti sociali e dirette a realizzare il contemperamento del diritto di sciopero con i diritti costituzionalmente garantiti. Se tali accordi manchino o siano valutati inidonei —> la Commissione sottopone alle parti una proposta, ancora non vincolante, sull’insieme delle prestazioni, procedure e misure da considerare indispensabili. Se le parti non si pronunciano sulla proposta della commissione entro 15 giorni dalla notifica, quest'ultima, dopo aver verificato l'indisponibilità delle parti stesse a raggiungere un accordo esercita il potere di provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure di contemperamento, comunicandola alle parti interessate, che sono tenute a preservarla fino a raggiungimento di un accordo valutato idoneo. Atto di provvisoria regolamentazione della Commissione: natura autoritativa —> Mette in evidenza il problema del sindacato del giudice sugli atti di natura autoritativa della commissione. Va accertato se la giurisdizione spetta a: - giudice ordinario —> se si riconosce che la delibera della commissione finisce per incidere sul diritto soggettivo di rango costituzionale come lo sciopero - giudice amministrativo —> se si riconosce che è un'ipotesi di giurisdizione esclusiva in materia di pubblici servizi e che si tratta della tutela di una posizione soggettiva avente il rango di interesse legittimo La Commissione di garanzia è titolare di un potere sanzionatorio, che può comportare l’irrogazione di: - sanzioni individuali nei confronti dei singoli lavoratori - Sanzioni collettive nei confronti delle organizzazioni sindacali - Sanzioni nei confronti degli enti erogatori di servizi Pagina di 76 309 - Sanzioni nei confronti dei lavoratori autonomi e delle loro associazioni Sanzioni I prestatori di lavoro partecipanti ad uno sciopero illegittimo sono soggetti a sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dell'infrazione: esclusione delle misure estintive del rapporto e di quelle che comportano mutamenti definitivi dello stesso. La sanzione è irrogata dal datore di lavoro: non costituisce esercizio del potere disciplinare —> è irrogata per garantire un interesse pubblico e non un interesse del datore di lavoro: atto dovuto e non discrezionale. La commissione valuta il comportamento dei singoli lavoratori e, se rileva violazioni o eventuali inadempienze degli obblighi legali o contrattuali sulle prestazioni indispensabili: - delibera le sanzioni previste dall’art 4 - Prescrive al datore di lavoro di aprire il procedimento disciplinare nei confronti dei lavoratori che non abbiano posto in essere l’attività richiesta, applicando le relative sanzioni Le sanzioni collettive irrogate nei confronti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori che programmano o aderiscono allo sciopero in violazione delle disposizioni di cui all’art 2, consistono nella sospensione dei permessi sindacali retribuiti e/o dei contributi sindacali. La legge stabilisce: - minimo di 2.500 euro - Massimo di 50.000 euro Sarà la stessa Autorità di garanzia a deliberare e quantificare, caso per caso, all'entità della sanzione tenendo conto della gravità della violazione e della consistenza associativa del soggetto collettivo al quale è rivolta la sanzione. Tali importi meriterebbero un aggiornamento: possono rivelarsi inadeguati per le grandi organizzazioni sindacali e rilevanti per le amministrazioni o le grandi imprese erogatrici di servizi. Anche le sanzioni collettive sono applicate dal datore di lavoro: - deve procedere senza alcuna discrezionalità (a differenza delle sanzioni individuali) —> la sanzione è determinata nel quantum dalla Commissione - Dovrà versare all’Inps la relativa somma trattenuta - È sanzionato dalla legge ogni suo ritardo ingiustificato nell’applicazione delle sanzioni deliberate dalla Commissione È prevista un'ulteriore sanzione di tipo collettivo: esclusione dalle trattative per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento. Sono previste sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti di quelle organizzazioni sindacali che non fruiscono dei benefici patrimoniali o non partecipano alle trattative. Sono irrogate sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei dirigenti responsabili delle amministrazioni pubbliche e dei legali rappresentanti delle imprese che non osservino le disposizioni previste dal comma 2 dell'articolo 2, o gli obblighi derivanti dalla regolamentazione provvisoria della commissione di garanzia, o che non prestino una corretta informazione all’utenza. È prevista l'irrogazione di una sanzione amministrativa a carico dei datori di lavoro e di dirigenti responsabili delle amministrazioni pubbliche che non applicano le sanzioni individuali o collettive nei termini indicati. Parimenti soggette alla sanzione amministrativa pecuniaria sono le associazioni e gli organismi rappresentativi dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, in solido con i lavoratori autonomi, che aderendo alla proposta si siano astenuti dalle prestazioni, in caso di violazioni dei codici di Pagina di 77 309 autoregolamentazione o della regolamentazione provvisoria della commissione di garanzia in ogni altro caso di violazione dell'articolo 2, comma 3. Tali sanzioni, deliberate dalla Commissione di garanzia, sono applicate con ordinanza-ingiunzione della Direzione territoriale del lavoro-sezione ispettorato del lavoro. La commissione di garanzia ha rappresentato l'esigenza di una revisione degli importi delle sanzioni nella loro previsione massima. Precettazione La legge n.146 regola la precettazione —> istituto già conosciuto dall’art 2 TU della legge di pubblica sicurezza del 1931 e dall’art 20 della legge comunale provinciale del 1934. All'epoca, la precettazione non aveva la funzione di regolare il diritto di sciopero perché nell'ordinamento corporativo lo sciopero era considerato un reato. Ciononostante, questa disciplina con l'ausilio interpretativo della corte costituzionale, ha assolto alla funzione di apprestare qualche regolamentazione all'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali dagli anni 70 fino al 1990. Attualmente, si deve ritenere che la sua riformulazione nella legge n.146, ne farebbe venir meno i presupposti applicativi, nei servizi pubblici essenziali. Presupposti per l’emanazione dell’ordinanza di precettazione sono: - fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente dei diritti della persona costituzionalmente garantiti che potrebbe essere cagionato dalla interruzione o dall'alterazione del funzionamento dei servizi pubblici, conseguenti ad esercizio dello sciopero o di forme di astensione collettiva di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori - L'attivazione del procedimento da parte della Commissione di garanzia che segnala all'autorità competente le situazioni nelle quali dallo sciopero e dall'astensione collettiva possa derivare un imminente fondato pericolo di pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente tutelati e, in tali casi, formula proposte in ordine alle misure da adottare con ordinanza al fine di prevenire il predetto pregiudizio Fatti salvi i casi necessità e urgenza —> l'autorità precettante può procedere di propria iniziativa informando preventivamente la commissione di garanzia. In ordine agli obblighi consultivi, il Presidente del consiglio o un Ministro da lui delegato, se il conflitto ha rilievo nazionale o interregionale, o il prefetto, quando il conflitto ha rilievo locale, dopo l'invito a desistere dai comportamenti che determinano la situazione di pericolo e dopo aver esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione: adotta con ordinanza le misure necessarie a prevenire il pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente garantiti Contenuto dell’ordinanza di precettazione, questa può prevedere: - differimento o riduzione della durata dell'astensione collettiva —> procedendo se necessario all'unificazione di più astensioni collettive già programmate - Integrazione delle regole —> prescrizione di misure idonee ad assicurare livelli di funzionamento dei servizi compatibili con la salvaguardia dei diritti costituzionalmente garantiti Ordinanza emanata in fase antecedente alla determinazione delle regole: non qualificabile come fonte di produzione normativa —> provvedimento che riguarda lo specifico episodio di sciopero. L'ordinanza di precettazione deve: - essere adottata non meno di 48 ore prima dell'inizio dell'astensione collettiva - specificare il periodo di tempo durante i quali provvedimenti dovranno essere osservati dalle parti Pagina di 80 309 —> diretta a colpire non l’esercizio del diritto di sciopero in sé, bensì atti lesivi dei diritti di libertà e di proprietà. L'occupazione di azienda rende impossibile le prestazioni offerte dai lavoratori non occupanti e quindi consente a datore di lavoro di rifiutarle legittimamente e di non retribuirle. La norma richiede la presenza del dolo specifico —> non è invocabile la suddetta norma penale se lo svolgimento del lavoro sia già sospeso per una causa antecedente all'occupazione stessa: sciopero. Nell’ipotesi in cui il lavoro sia già sospeso per ragioni diverse dallo sciopero, potrebbe configurarsi il reato meno grave di invasione di terreni ed edifici al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto: - sabotaggio: danneggiamento di aziende agricole o industriali ovvero di attrezzi, macchine, scorte, apparecchi o strumenti —> sanzionato dall’art 508 cp anche se posto in essere da lavoratori scioperati e, pertanto, esula dalla protezione costituzionale - Blocco delle merci in entrata in uscita dall'azienda: non costituisce reato di violenza privata, purchè i trasportatori non impediscano l'accesso in fabbrica - Blocco stradale e disturbo della vita di pubblica —> sono stati puniti con qualche sentenza - Boicottaggio: forma di lotta nei confronti dell'imprenditore, i cui fini non sono necessariamente sindacali. Il boicottaggio si concreta quando, mediante propaganda, anche senza violenza o minaccia, avvalendosi della forza e della autorità di partiti, leghe e associazioni, si inducono una o più persone a non stipulare patti di lavoro, non somministrare materie prime o attrezzature e a non comprare i prodotti. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art 507 cp nella parte in cui il divieto di propaganda si presenti in contrasto con l’art 21 Cost. Tuttavia, la corte ha escluso che altre condotte incriminate dalla norma possono essere considerati tipici strumenti di autotutela al pari dello sciopero, essendo lesive di beni giuridici protetti dalla stessa carta costituzionale. L'imprenditore può reagire all'occupazione di azienda, al blocco dei merci, al boicottaggio e al picchettaggio violento: - provvedimenti disciplinari (incluso il licenziamento) - Azioni a tutela del possesso - Domandando l’adozione di provvedimenti cautelari e d’urgenza CAP 15 LA SERRATA Serrata: forma di lotta sindacale dell'imprenditore che consiste nella chiusura, totale o parziale, dei luoghi di lavoro da parte del datore di lavoro e nella conseguente sospensione dell'attività lavorativa. Il lavoratore durante la serrata mantiene il diritto alla retribuzione —> l’impossibilità di rendere la prestazione è imputabile esclusivamente al datore di lavoro. La costituzione non tutela in termini espliciti l'interesse alla serrata ne qualifica la serrata con un diritto. Solo lo sciopero è espressamente riconosciuto come diritto di rango costituzionale. Il silenzio del legislatore indica: volontà del costituente di non equiparare la serrata e lo sciopero —> disparità di posizione tra lavoratori e imprenditori, riconoscendo ai primi il diritto di sciopero e negando e ai secondi il diritto di serrata. Si tratta di accertare se sia: - libertà di fatto O - libertà costituzionalmente garantita Pagina di 81 309 La Corte costituzionale si è pronunciata: incostituzionale l’art 502 c.p sia nella parte che incriminava il reato di sciopero per fini contrattuali sia nella parte che incriminava il reato di serrata per fini contrattuali. Affermò che la serrata per fini contrattuali, pur non essendo stata riconosciuta come diritto dalla costituzione, rappresentava pur sempre una manifestazione del principio di libertà sindacale e, pertanto, non poteva essere considerata una condotta penalmente perseguibile. Conseguentemente al legislatore ordinario non è più consentito incriminare come reato la serrata per fini contrattuali. Tre forme di serrata: - offensiva —> tendenti a conseguire una modificazione in danno dei lavoratori di condizioni preesistenti - Difensiva —> diretta a scoraggiare iniziative dei lavoratori intese a conseguire condizioni più favorevoli - Ritorsione —> come reazione ai modi di conduzione della lotta sindacale da parte dei lavoratori Continuano ad essere considerati reati, ai sensi dell’art 505 c.p: - serrata per protesta - Serrata di solidarietà Perché la libertà costituzionale di serrata opera nel quadro dei rapporti fra datori di lavoro e lavoratori, ma, diversamente dallo sciopero, non comprende i comportamenti estranei dall'ambito di quei rapporti. La serrata per fini contrattuali: - comportamento penalmente lecito - Sul piano civile è un inadempimento —> mora del creditore Quando l'imprenditore ricorre alla serrata cessa di cooperare all'adempimento dell'obbligazione del lavoratore. Gli effetti sono quelli stabiliti dagli articoli 1206 e seg. e si concretano nel risarcimento del danno derivante dalla mora dello stesso imprenditore che serra l’azienda. • Secondo una dottrina accreditata, in questo caso il risarcimento del danno sarebbe commisurato alla retribuzione non corrisposta al lavoratore e tale risarcimento non tollererebbe alcuna detrazione relativa a quanto il lavoratore abbia percepito lavorando altrove. • Secondo un diverso orientamento, l'obbligazione retributiva permane anche in presenza della mora del creditore, con la conseguenza che le retribuzioni sono dovute come corrispettivo dell'obbligazione lavorativa e non come misura del risarcimento del danno. È doveroso sottolineare come sia consentito all'imprenditore rifiutare legittimamente la prestazione di lavoratori non scioperanti quando questa non sia proficuamente utilizzabile in concreto, a causa dello sciopero degli altri dipendenti nella stessa azienda. Non ricorre, ai sensi dell’art 1206 c.c. la mora del creditore qualora l’imprenditori rifiuti la prestazione di lavoro per un motivo legittimo. Serrata di ritorsione —> chiusura dei cancelli in risposta di uno sciopero articolato: motivo legittimo che esclude la mora del creditore. Conseguentemente, la sospensione dell'attività produttiva sarebbe un atto lecito da cui non potrebbe derivare l'obbligo a carico del datore di risarcire il danno o di corrispondere retribuzioni. Ciò avviene soltanto in due casi: - sciopero a singhiozzo: se la prestazione lavorativa offerta risulti parziale o comunque diversa da quella pattuita e perciò non utile per il datore di lavoro - Sciopero a scacchiera: l'astensione dal lavoro di un gruppo di lavoratori rende impossibile ai lavoratori di un altro reparto effettuare l'esecuzione della prestazione —> il datore mette in libertà i lavoratori del reparto a valle disponibili a lavorare, ma di fatto impossibilitati a causa dello sciopero dei lavoratori del reparto a monte. Pagina di 82 309 L'esclusione della mora non si verifica se lo sciopero a singhiozzo o a scacchiera non determina una situazione di oggettiva impossibilità o effettiva inutilità della prestazione di lavoro —> l’onere della prova grava sul datore di lavoro, al fine di: - eliminare la mora credendi - Escludere il carattere antisindacale del rifiuto della prestazione (messa in libertà) Serrata come comportamento antisindacale Inoltre, la serrata può rilevare come comportamento antisindacale: l’azione del datore di lavoro impedisce l'esercizio di diritti sindacali e, in generale, l'esercizio dell'attività sindacale. Il giudice, qualora accerti la sussistenza di una condotta antisindacale, ordina la sospensione del comportamento contestato e la rimozione degli effetti per consentire lo svolgimento dell'attività sindacale e l'esercizio dei diritti sindacali, l’una e gli altri impediti dalla chiusura dell’azienda. L'illecito derivante dalla condotta antisindacale: - genera l'obbligo del risarcimento del danno secondo le regole della responsabilità contrattuale - Comporta la sanzione particolarmente incisiva del ripristino della situazione lesa dalla condotta antisindacale CAP 16 LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE Art 28 Stat. Lav: “repressione della condotta antisindacale” —> legittima il giudice a reprimere ogni comportamento del datore di lavoro diretto a impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale, nonché del diritto di sciopero. - l'introduzione della tutela giurisdizionale in un'area tradizionalmente riservata ai rapporti tra le parti estremamente innovativa ed opera un importante bilanciamento di poteri tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali - La tutela è molto ampia: sia inibitoria (cessazione del comportamento illegittimo), sia ripristinatoria (rimozione degli effetti della condotta antisindacale e ripristina la situazione precedente) L’art 28 è una norma in bianco —> non definisce una fattispecie specifica: la condotta del datore di lavoro si configura come antisindacale ogni volta che impedisce o limita l'esercizio effettivo della libertà sindacale, dell'attività sindacale o del diritto di sciopero. L'indeterminatezza della previsione normativa deriva dal fatto che i beni oggetto della tutela possono essere lesi da una varietà di comportamenti e da una serie di modalità che non è possibile determinare a priori. Il legislatore ha sanzionato la condotta lesiva del datore di lavoro, ma deliberatamente non ha precisato la descrizione dei comportamenti non consentiti, preferendo ricorrere ad una definizione aperta: vieta tutte quelle condotte oggettivamente idonee a recare offesa ai beni protetti. Non è richiesta la prova dell’intenzionalità del comportamento del datore di lavoro: la condotta deve essere oggettivamente idonea ed attuale a produrre il risultato vietato dalla legge consistente nella lesione dei beni giuridici tutelati. L’oggettiva idoneità del comportamento non implica necessariamente l'effettiva lesione dei diritti e degli interessi del sindacato —> È sufficiente che la condotta denunciata sia potenzialmente idonea a ledere l'interesse del sindacato. Il riferimento all'interesse ad agire consente di chiarire che il requisito dell'attualità della condotta indica l'attualità degli effetti della condotta —> il comportamento denunciato come antisindacale può Pagina di 85 309 La parte soccombente può proporre opposizione contro il decreto: entro 15 giorni dalla comunicazione di cancelleria davanti allo stesso giudice della fase sommaria. Se la parte soccombente non si oppone nei termini o nei casi di estinzione del processo —> il decreto passa in giudicato. L’attivazione del procedimento ex art 28 Stat. Lav impedisce al sindacato legittimato di esperire la procedura di urgenza ex art 700 c.p.c, stante il carattere residuale della medesima, consentita invece ai sindacati non nazionali e alle rsa. Nel decreto il giudice ordina al datore di lavoro la cessazione del comportamento antisindacale e la rimozione degli effetti. In caso di condotta antisindacale: la rimozione degli effetti ordinata dal giudice non comporta l'invalidità dell'atto di cessione, ma incide soltanto sulle misure previste nei confronti dei lavoratori, in modo particolare sulle conseguenze giuridiche, economiche e sociali. Per l'emanazione dell'ordine del giudice è necessario che il datore abbia attuato la condotta e gli effetti della medesima permangano —> la condotta antisindacale deve essere attuale. Se la condotta antisindacale non fosse attuale: - verrebbe meno l'interesse del sindacato che non può consistere in un mero accertamento da parte del giudice - si configurerebbe come inammissibile un ordine futuro ed eventuale È prevista l'irrogazione di una sanzione penale: arresto del datore di lavoro fino a tre mesi o l’ammenda. Si tratta di indurre, non di obbligare, il datore di lavoro ad un facere per sua natura infungibile. Il più delle volte, il datore di lavoro provvederà a rimettere in servizio il lavoratore al fine di evitare l'ammenda o l'arresto, diversamente da quanto avviene nelle limitate ipotesi di licenziamento illegittimo in cui è tuttora prevista la reintegrazione, sprovvista di una sanzione penale in caso di inottemperanza. CAP 17 DIRITTO SINDACALE NEL LAVORO PUBBLICO SEZ 1: NOZIONI INTRODUTTIVE Privatizzazione del pubblico impiego —> processo normativo, durato circa vent'anni, che ha sottratto il rapporto di lavoro pubblico dall'area del diritto amministrativo e l’ha ricondotto in quella del diritto privato. Si è realizzato un mutamento delle fonti di disciplina del rapporto di lavoro: - prima regolato solo dalla legge e da atti amministrativi - oggi regolato anche direttamente dal contratto, collettivo ed individuale I prodromi di questo processo possono essere rinvenuti nella legge quadro n.93 del 1983: - lasciava alla competenza regolatrice della legge l’elenco ampio di materie e soprattutto non muniva la stessa contrattazione di efficacia diretta - Prevedeva obbligatoriamente la recezione del contratto collettivo in un decreto del presidente della Repubblica, cioè un regolamento, con tutte le rigidità e i ritardi che questa ricezione comportava Il contratto collettivo non aveva una rilevanza autonoma —> costituiva una fase del procedimento amministrativo che doveva concludersi con un atto di natura regolamentare. Pagina di 86 309 Successivamente il legislatore ha assoggettato il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e alla normativa del codice civile e alle altre leggi che regolano il rapporto di lavoro privato: - prima privatizzazione del 1992-1993 - Seconda privatizzazione del 1997-1998 È stato un percorso travagliato perché la privatizzazione ha incontrato numerose resistenze, derivanti soprattutto dalla concezione che avvistava una diversità ontologica tra rapporto di pubblico impiego e rapporto di lavoro privato. Secondo il Consiglio di Stato: la pubblica amministrazione non può essere considerata alla stregua di un datore di lavoro privato sia per la natura pubblica del soggetto sia perché i fini perseguiti sono pubblici e non si può assimilare all'interesse meramente economico di conseguire la prestazione del dipendente. Al contrario, la giurisprudenza della corte costituzionale ha affermato che: la privatizzazione compiuta dal legislatore è perfettamente conforme all'articolo 97 della Costituzione —> il legislatore ha separato l'organizzazione e l'individuazione degli uffici della pubblica amministrazione, che restano demandate alla competenza della legge, dalla disciplina del rapporto di lavoro, rimessa alle norme del codice civile e della contrattazione collettiva. Il processo di privatizzazione è stato ampiamente sostenuto dalle grandi centrali sindacali: la contrattualizzazione del rapporto ha favorito la sindacalizzazione di questo settore da parte dei sindacati confederali. Due osservazioni: - il rapporto di lavoro e la conseguente contrattazione collettiva nel settore pubblico conserva un tasso di specialità perché il datore di lavoro conserva la natura di soggetto pubblico tenuto ad agire secondo i criteri di imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione - La privatizzazione non è riuscita a ridurre il divario tra alto costo e produttività piuttosto scarsa della pubblica amministrazione: non a caso tutte le riforme più recenti hanno cercato di incrementare la produttività del lavoro pubblico, sia con strumenti premiali sia attraverso più rigide misure sanzionatorie Attualmente, le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono contenute: d.lgs n.165 del 2001 La disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche è stata riordinata e razionalizzata dalla Riforma Madia: - condivide con la precedente riforma Brunetta l'attenzione agli aspetti della produttività delle pubbliche amministrazioni, sia valorizzando i profili della valutazione della performance, sia accentuando le misure sanzionatorie nei confronti dei pubblici dipendenti - Prende le distanze dall'intento centralista della riforma Brunetta volto a depotenziare la contrattazione collettiva La specialità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni può continuare ad affermarsi esclusivamente nei limiti tracciati dalle disposizioni specifiche contenute nel d.lgs n.165 del 2001 che operano in deroga alla disciplina privatistica. Per eliminare trattamenti particolari ad esclusivo vantaggio di piccoli gruppi si era favorito un generale processo di delegificazione, riconoscendo al contratto collettivo successivo il potere di derogare a norme di legge e regolamenti recanti discipline speciali del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Il d. lgs n.75 del 2018 stabilisce che: eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano o, che abbiano introdotto, una disciplina dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi possono essere derogati, e per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, a tre condizioni: Pagina di 87 309 - nelle materie affidate alla contrattazione collettiva - Nel rispetto dei principi stabiliti dal d.lgs n.165 del 2001 - Solo da parte di contratti o accordi collettivi nazionali Le disposizioni del d.lgs n.165 del 2001 vengono qualificate come imperative: nel caso di nullità delle disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla contrattazione collettiva si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, c.c. Il legislatore vuole collegare la nullità delle clausole dei contratti collettivi a un meccanismo di sostituzione automatica della disciplina contrattuale dichiarata nulla con quella legale. Ed, in effetti, la contrattazione collettiva nel settore pubblico ha un elevato grado di formalizzazione perché regolata sotto molteplici aspetti da norme imperative. SEZ 2: ATTIVITA’ E ORGANIZZAZIONE SINDACALE NEL LAVORO PUBBLICO Prima della privatizzazione, il contratto collettivo non era contemplato quale fonte del rapporto di lavoro che era regolata esclusivamente da: leggi, regolamenti, atti amministrativi. L'attività sindacale non aveva, ne poteva avere, come obiettivo finale la stipulazione del contratto collettivo, come avveniva nel settore privato. Pertanto, i sindacati si trovavano difatti esclusi dal pubblico impiego ed operavano quali gruppi di pressione sul potere politico al fine di ottenere l'emanazione di leggi, regolamenti e provvedimenti che tenessero in considerazione gli interessi dei dipendenti. La situazione cambia con la legge quadro n.93 del 1983: ufficializza un momento di negoziazione collettiva nell'ambito del tradizionale statuto pubblicistico del pubblico impiego e, con la privatizzazione, quando finalmente il contratto collettivo diventa fonte diretta di disciplina del rapporto di lavoro. Anche dopo la privatizzazione, l'alto tasso di formalizzazione della rappresentatività sindacale e della contrattazione collettiva da parte delle norme di legge che regolano queste tematiche, fa si che venga a mancare, nel settore pubblico il sindacalismo che di fatto che caratterizza quello privato. Nel settore pubblico, principi come l'unità di azione e l’effettività, non hanno assunto un valore pregnante a fronte di norme di legge che regolano nel dettaglio la contrattazione e l'esercizio dei diritti sindacali. • La misurazione secondo criteri matematici della rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione nazionale nasce originariamente nel lavoro pubblico e a partire dal 2011 viene presa a modello per l'attuale regolamentazione nel lavoro privato. • Quanto all'attività sindacale nei luoghi di lavoro, l’art 51 del d.lgs n.165 del 2001 sancisce la generale applicabilità dello statuto dei lavoratori alla pubblica amministrazione, a prescindere dal numero dei dipendenti, ma poi l'articolo 42 dello stesso decreto detta una dettagliata regolamentazione legale dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa sono costituite le rappresentanze sindacali aziendali (rsa) —> ai sensi dell’art 19 Stat.lav su iniziativa delle organizzazioni sindacali sono ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi. Alle rsa spettano: - le garanzie previste dagli art 23, 24 e 30 Stat. Lav - le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi I diritti e le prerogative sindacali riconosciuti dallo statuto dei lavoratori alle rsa e ai loro dirigenti nel settore privato sono garantiti, in linea generale, anche nel settore pubblico privatizzato. Pagina di 90 309 —> la Riforma Madia ha introdotto alcuni temperamenti alla possibilità di provvedere unilateralmente nelle more della stipulazione del contratto integrativo: tale possibilità può essere esercitata se il protrarsi delle trattative determina un pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa e sia garantito il rispetto dei principi di correttezza e buona fede. L'amministrazione deve proseguire le trattative al fine di raggiungere un accordo in tempi celeri. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli e con limiti previsti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate ovvero che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascun amministrazione —> le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate: sostituite dagli art 1339 e 1419, comma 2, c.c. Tale previsione assicura una gerarchia tra livelli contrattuali, che, nel settore privato, non è sancita da alcuna norma di legge. Contrattazione nazionale La contrattazione nazionale si svolge tra: - sindacati nazionali del lavoro pubblico - Apposita agenzia per la rappresentanza negoziale della pubbliche amministrazioni (ARAN) ARAN: - rappresenta legalmente le pubbliche amministrazioni agli effetti della contrattazione collettiva nazionale - Esercita ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all'assistenza delle pubbliche amministrazioni al fine dell’uniforme applicazione dei contratti stessi - Non decide autonomamente, ma è sottoposta al potere di indirizzo dei comitati di settore: organismi espressi dalle forme associative rappresentative delle diverse amministrazioni (art 41 del d.lgs n.165 del 2001) Comitato di settore: - attività di indirizzo di carattere pubblicistico —> atto di indirizzo politico-amministrativo - Indica all’ARAN gli obiettivi che deve perseguire nel rispetto della sua competenza tecnica - Deve essere costantemente informato sull'andamento delle trattative e, quando queste si concludono deve esprimere parere favorevole all'ipotesi di accordo raggiunta dall’ARAN Il d.lgs. n.165 del 2001 stabilisce le soglie per ammettere i sindacati alle trattative per la stipulazione del contratto nazionale di comparto —> quando i sindacati abbiano raggiunto queste soglie sono considerati rappresentativi e l’ARAN ha l’obbligo di ammetterli alle trattative. Il contratto collettivo può essere legittimamente stipulato quando: sia sottoscritto dai sindacati che nel loro complesso realizzano un indice di rappresentatività pari al 51% come media tra dato associativo e il dato elettorale ovvero al 60% se si assume solo il dato elettorale —> percentuali da verificare con riferimento alle sole sigle sindacali individuate come rappresentative ed in quanto tali ammesse alle trattative e non con riferimento a tutte le sigle sindacali esistenti nel comparto. Il consenso non è espresso direttamente dai lavoratori come nel referendum, ma dalle organizzazioni sindacali che complessivamente rappresentano la maggioranza dei lavoratori interessati —> non entra in quanto tale nella formazione della volontà negoziale: il numero dei lavoratori nella media tra dato associativo e il dato elettorale ovvero nella significativa percentuale del solo dato elettorale costituisce un parametro di misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali. (principio di maggioranza proporzionale affermato dall'articolo 39 Cost). Pagina di 91 309 Stipulazione del contratto di comparto e del contratto decentrato Soggetti della contrattazione decentrata: rsu —> I contratti nazionali possono prevedere l'integrazione delle rappresentanze unitarie del personale con rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale di comparto. La legge ha previsto una procedura molto formalizzata e distinta per la stipulazione del contratto di comparto e del contratto decentrato. Innanzitutto, il legislatore si preoccupa della copertura finanziaria della contrattazione —> l’art 48, comma 1, d.lgs n.165 del 2001: abilita il Ministro dell'economia e delle finanze a quantificare l'onere derivante dalla contrattazione a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria. Devono essere quantificati allo stesso modo gli oneri aggiuntivi per la contrattazione integrativa. Procedura di contrattazione regolata dall’art 47 del d.lgs n.165 del 2001: - I comitati di settore formulano gli atti di indirizzo nei confronti dell’ARAN —> questa trasmette a sua volta a detti comitati le ipotesi di accordo, al fine di ottenere un parere favorevole - Interviene il controllo della corte dei conti: chiamata a certificare la compatibilità dei costi contrattuali con gli strumenti di programmazione e di bilancio —> delibera entro quindici giorni, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente - Certificazione positiva —> l’ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo, altrimenti è necessario riaprire le trattative - Se la certificazione non positiva è limitata a singole clausole contrattuali, l'ipotesi può essere sottoscritta, ferma restando l’inefficacia delle clausole contrattuali non positivamente certificate Art 47 bis del d.lgs n.165 del 2001: tutela retributiva per i dipendenti pubblici nelle more del rinnovo del contratto collettivo nazionale —> consente, decorsi 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria che dispone in materia di rinnovi dei contratti collettivi, l'erogazione, in via provvisoria, degli incrementi previsti per il trattamento stipendiale, salvo conguaglio all'atto della stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. La legge rimette ai contratti nazionali la determinazione delle materie e delle procedure della contrattazione integrativa. L'ordinamento interno dell'amministrazione determina il soggetto competente a trattare. Efficacia del contratto collettivo nel settore pubblico Dubbi sull’efficacia soggettiva del contratto collettivo nel settore pubblico. La giurisprudenza costituzionale tende a dimostrare che: - Da un lato, senza lo schermo regolamentare, detto contratto diventa un atto di autonomia privata equiparabile al contratto collettivo nel lavoro privato e come tale riconducibile nell'area dell'articolo 39 - dall'altro tenta di superare, con riferimento al contratto collettivo nel lavoro pubblico, i limiti di efficacia propri del contratto collettivo di diritto comune. Argomenta che l’art 40, comma 4, del d.lgs n.165 del 2001: impone alle pubbliche amministrazioni di adempiere gli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali e integrativi e di assicurarne l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. A sostegno di questa efficacia generalizzata del contratto collettivo nel settore pubblico, richiama la clausola di rinvio al contratto collettivo contenuta in tutti i contratti individuali di lavoro dei dipendenti pubblici. Il problema dell'efficacia del contratto collettivo nei confronti delle pubbliche amministrazioni e dei datori di lavoro può essere risolto osservando che: l’ARAN ha la rappresentanza legale di tutte le pubbliche amministrazioni interessate al contratto collettivo in modo tale che gli effetti del contratto si riproducano nei confronti di tutte le amministrazioni rappresentate. Pagina di 92 309 Inoltre, il trattamento economico è determinato esclusivamente dal contratto collettivo e le amministrazioni sono tenute a garantire ai loro dipendenti parità di trattamento contrattuale. Accanto ai dati normativi, che connotano il contratto collettivo di lavoro pubblico, il legislatore ne indica altri che, insieme ai primi, inducono a riflettere sulla natura giuridica del contratto collettivo. In proposito: - inserimento obbligatorio nel contratto di clausole che proroghino l'efficacia temporale del contratto ovvero ne sospendono l'esecuzione totale o parziale in caso di accertata esorbitanza dei limiti di spesa - Previsione di una norma che sancisce la nullità dei contratti integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti previsti dai contratti nazionali o che disciplinano materie non delegate o che non rispettino i vincoli di bilancio - Stipulazione di accordi di interpretazione autentica con effetto retroattivo —> transazioni collettive, che, avendo effetto retroattivo, finiscono per disporre di diritti di lavoratori già entrati nel loro patrimonio. Dubbia legittimità degli accordi nel settore privato. - Facoltà del giudice di sospendere il giudizio quando deve definire una controversia sulla validità, efficacia o interpretazione delle clausole di un contratto —> scopo di consentire alle parti di addivenire ad un accordo sostanzialmente transattivo, anche se viene definito di interpretazione autentica. - Forma scritta - Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo del contratto Sono elementi che consentono di considerare questo contratto collettivo un: contratto nominato —> diverso dal contratto di diritto comune che è un: contratto innominato. Ci si chiede se questo contratto abbia la stessa natura giuridica del contratto collettivo nel settore privato o se tale natura sia diversa: La contrattazione nel settore pubblico è tenuto a farsi carico anche di interessi diversi da quelli delle parti contrapposte, perciò, sarebbe funzionalizzata —> si configurerebbe come un contratto di diritto pubblico, fonte del diritto e come tale dotata di efficacia generale. La Corte di Cassazione svolge una funzione di nomofilachia rispetto a: - Legge - Contratti nazionali sottoscritti dall’ARAN e applicati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni - Contratti collettivi nazionali che disciplinano i rapporti alle dipendenze dei datori di lavoro privati La tesi del contratto-fonte suscita delle perplessità ma tuttavia è meritevole di aver segnalato i molteplici limiti che incontra l'autonomia contrattuale delle parti individuali e collettivi in ragione della natura pubblica del datore di lavoro —> limiti esterni che non funzionalizzano l'attività contrattuale ma la limitano dall'esterno e ne circoscrivono l'ambito di liceità. In conclusione, questo contratto ha una duplice natura: - atto negoziale - Atto fonte La legge salvaguarda il nocciolo duro dell'autonomia contrattuale quando garantisce alle parti di regolare da sé i propri interessi e, dall'altra parte, certe disposizioni, anche se non consentono di affermare l'efficacia generale in senso tecnico, comunque garantiscono risultato simile: efficacia generalizzata che vincola anche i non iscritti e legittima il medesimo contratto a disporre dei diritti dei lavoratori iscritti e non iscritti —> fonte. La natura pubblica del soggetto datore di lavoro rileva come limite esterno e non funzionale dell'autonomia contrattuale del soggetto pubblico allo stesso modo in cui rileva l'utilità sociale nell’art 41, comma 2, Cost. Rispetto all’iniziativa economica privata —> cioè: il contratto collettivo non è chiamato a realizzare l'interesse pubblico ma certamente non può svolgersi in contrasto con esso. Art 2, comma 2, d.lgs. n.165 del 2001: indica le fonti dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche nelle disposizioni del codice civile e nelle leggi che regolano il lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Pagina di 95 309 L'inizio delle trattative sospende l'iniziativa della Commissione per un periodo di nove mesi o per un periodo più lungo concordato con la Commissione stessa. Art 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: riconosce espressamente ai lavoratori, ai datori di lavoro e alle rispettive organizzazioni il diritto a negoziare e concludere contratti collettivi, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni o prassi nazionali. L’art 155 TFUE distingue due tipi di accordi: - Liberi —> non hanno oggetto predeterminato, senza preclusioni in ordine le materie da trattare, senza vincoli quanto ad obblighi procedimentali ma criteri di selezione dei soggetti coinvolti, dovrebbero essere attuati secondo procedure e prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri. Problema della loro efficacia nell'ordinamento degli Stati membri. - Istituzionali —> possono intervenire solo nell’ambito dei settori contemplati dall’art 153 TFUE e, a richiesta congiunta delle parti firmatarie, possono essere trasposti all'interno di una decisione o di una direttiva del consiglio, su proposta della Commissione. La disciplina contenuta negli stessi accordi europei sarebbe destinata a frammentarsi in diversi contratti collettivi nazionali con i problemi che derivano nell'ipotesi di mancata efficacia erga omnes degli stessi. In realtà, la libertà negoziale presuppone che le parti sociali abbiano una rappresentatività sufficiente a garantire un'omogenea applicazione nel territorio della comunità. Viene a mancare, a livello europeo, la relazione fondamentale costitutiva dell'organizzazione sindacale: rapporto tra lavoratori rappresentanti e sindacato rappresentante. Lo Statuto del CES (Confederazione europea dei sindacati) non ammette l'iscrizione di singoli lavoratori, ma conta tra i propri affiliati unicamente associazioni sindacali. La legittimazione dei sindacati a livello comunitario dipende da una scelta della Commissione —> la dimensione istituzionale sembra prevalere su quella associativa del sindacato. Quindi spetta all'iniziativa delle parti sociali europee di stipulare l'accordo se ne hanno la forza contrattuale e se sono effettivamente rappresentative. Alle parti nazionali spetta provvedere spontaneamente ad attuare tale accordo. Conclusione: la libera contrattazione collettiva a livello europeo è attualmente poco praticata. Bisogna riconoscere che la disomogeneità dei diversi sistemi nazionali costituisce un ulteriore ostacolo all'effettiva realizzazione del contratto collettivo comunitario libero. Gli accordi istituzionali intervengono su materie predeterminate e acquistano rilevanza nell’ordinamento comunitario attraverso la recezione della direttiva —> le disposizioni delle direttive non possono sortire alcun effetto nei confronti dei singoli rapporti individuali di lavoro. Art 153, comma 3, TFUE: possibilità dello Stato membro di affidare alle parti sociali, su loro richiesta congiunta, il compito di attuare le direttive e le decisioni del Consiglio in materia di politica sociale, fermo restando, l'obbligo per gli Stati membri di garantire i risultati imposti dalla direttiva o dalla decisione. Possono essere avanzati dei seri dubbi sulla riconducibilità di tali accordi al genus dell’autonomia collettiva, almeno nell’accezione radicata nella nostra esperienza. Questo tipo di accordo ha una serie di limiti: - facoltà di regolare soltanto le materie contemplate dall’art 153 TFUE —> eterodeterminazione dei contenuti - Necessità di un duplice passaggio legislativo: ricezione dell'accordo in direttiva e la eventuale legge di attuazione dello Stato membro, salvo l'accordo delle parti sociali che dovrebbe avere comunque efficacia generale Pagina di 96 309 - Rischio di modifiche del testo da parte del consiglio, in particolare quando le cause dell'accordo siano in contrasto con le disposizioni comunitarie —> controllo di legittimità - Controllo della Commissione sia nella fase preventiva, che in quella successiva della stipulazione Ruolo della Commissione: - propulsore del dialogo sociale - Controllo effettivo della conformità degli accordi con il diritto comunitario e della rappresentatività delle parti sociali La Commissione ha indicato i criteri utili ai fini del riconoscimento del carattere rappresentativo a livello comunitario delle parti sociali. Esse dovranno: - essere professionali, settoriali ed organizzate a livello europeo - Essere composte da organizzazioni riconosciute dalle strutture sindacali degli Stati membri e avere la capacità di negoziare accordi, non che, nella misura possibile, essere rappresentative in tutti gli Stati membri - Disporre di strutture adeguate che consentono loro di partecipare in modo efficace al processo di consultazione La Commissione ha individuato 28 organizzazioni sindacali che devono essere consultate. Nessun criterio è stato individuato per la partecipazione alla fase negoziale vera e propria —> l'accesso alle trattative e la stipulazione dell'accordo dovrebbero seguire il principio del mutuo riconoscimento. I requisiti per la consultazione delle organizzazioni sindacali da parte della Commissione indirettamente condizionano anche la stipulazione dell'accordo. A riguardo, il Tribunale di primo grado ha precisato che la decisione del Consiglio che imponga l'attuazione a livello comunitario di un accordo collettivo è subordinata al fatto che tale accordo sia stato in precedenza sottoscritto da sindacati complessivamente dotati di un grado sufficiente di rappresentatività: rappresentatività cumulativa sufficiente —> verificata da Consiglio e Commissione utilizzando i parametri di rappresentatività già indicati per la fase di consultazione. Sorge la domanda sulla qualificazione della contrattazione collettiva europea. Da un lato, alla contrattazione istituzionale risulta piuttosto problematico riconoscere i connotati dell'autonomia collettiva se quest'ultima è qualificata come potere riconosciuto dalle parti di autoregolamentare i loro interessi. Il ruolo di custode dei trattati che la Commissione pretende di svolgere si concreta rispetto all'eventuale sconfinamento degli accordi collettivi istituzionali in un controllo pressante. Forse è eccessivo qualificare valutazioni di questo tenore alla stregua di clausole di gradimento, ma è legittimo chiedersi quali sarebbero le conseguenze di una valutazione della Commissione che giudicasse negativamente le scelte di merito compiute dalle parti sociali. Dall'altro lato, la contrattazione collettiva libera risulta più agevolmente riconducibile all'autonomia collettiva, anche se bisogna essere avvertiti che la rilevanza del contratto collettivo nell'ordinamento europeo si presenta problematica. Allo stato attuale non esiste. Lo sviluppo della contrattazione collettiva libera sarebbe auspicabile perché potrebbe in qualche modo contrastare pratiche di dumping sociale che si stanno diffondendo. SEZ 3: LO SCIOPERO NELL’UNIONE EUROPEA L’Unione Europea non ha competenza in materia di sciopero e serrata. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea —> riconosce il diritto di negoziazione e di azioni collettive. Pagina di 97 309 Oggi il diritto di sciopero si pone sullo stesso piano delle libertà sancite dai trattati. Precedentemente al trattato di Lisbona, il quadro normativo era molto diverso. Il diritto di ricorrere ad azioni collettive, compreso lo sciopero, era stato riconosciuto dalla Carta sociale europea del 1961 e dalla Carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 e, successivamente, trasposto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 2000 —> non avevano l'efficacia giuridica vincolante dei trattati e dei diritti sociali dalle stesse riconosciuti e non erano dallo stesso direttamente garantiti dal trattato istitutivo della Comunità europea. È stata la giurisprudenza della Corte di giustizia a tracciare i confini della tutela del diritto di sciopero. Prima del Trattato di Lisbona l'effettivo riconoscimento del diritto di sciopero in ambito europeo ha tradizionalmente scontato i limiti derivanti dall'idoneità delle azioni collettive a limitare le libertà economiche garantite dal trattato. Due importanti sentenze: Viking e Laval Le libertà di mercato vengono considerate da queste pronuncia alla stregua di diritti fondamentali della persona, che non possono essere limitati dall'esercizio il diritto di sciopero. Laddove questo si traduca in una limitazione della libertà fondamentale: può essere tollerata solo se idonea, necessaria e proporzionata alla tutela di ragioni imperative di interesse generale. In conclusione, la Corte di giustizia ha considerato la libertà di impresa prevalente rispetto al diritto di sciopero. Il diritto di sciopero veniva tutelato solo in quanto strumentale alla realizzazione di un obiettivo ulteriore, suscettibile di contrapporsi alle libertà economiche garantite dai Trattati. Con il Trattato di Lisbona la sotto-ordinazione del diritto di sciopero rispetto alle altre libertà economiche è venuta meno. CAP 19 IL RAPPORTO DI LAVORO NELL’UNIONE EUROPEA Obiettivo primario del processo di integrazione comunitaria: creazione di un mercato unico —> la normativa ha privilegiato le ragioni della libertà di impresa e della concorrenza rispetto alle esigenze di tutela dei lavoratori e al riconoscimento di determinati diritti sociali. Nella legislazione delle origini, il riconoscimento delle ragioni del lavoro è stato considerato uno degli strumenti idonei a realizzare l'obiettivo primario della tutela della concorrenza, condizione imprescindibile del mercato comune. La politica sociale europea si è sviluppata a partire dagli anni 70 e più significativamente, con l'Atto unico europeo del 1986, la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989, l'Accordo sulla politica sociale del 1999 e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 2000. Il culmine della rilevanza dei diritti sociali si raggiunge con il Trattato di Lisbona del 2007: attribuisce alla Carta lo stesso valore giuridico dei trattati. Nel 2017 il Parlamento, il Consiglio e la Commissione proclamano il: Pilastro europeo dei diritti sociali —> esprime principi e diritti fondamentali per assicurare l'equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale nell'Europa del XXI secolo. La politica sociale e i diritti dei lavoratori hanno acquisito una nuova rilevanza nell'equilibrio dei valori fondanti dell'unione, ma è ancora presto per poter affermare che vi sia oggi un'effettiva pari-ordinazione tra diritti sociali e libertà economiche. Titolo X del TFUE —> regola la politica sociale.