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DIRITTO E STORIA PERCORSI IN SINERGIA - RIASSUNTI, Dispense di Diritto Romano

Riassunti del testo ''diritto e storia, percorsi in sinergia'', integrati con appunti presi a lezione. Contengono tutti gli argomenti chiesti maggiormente agli esami e tutte le conoscenze richieste per superare l'esame con ottimi voti.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 24/01/2023

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Scarica DIRITTO E STORIA PERCORSI IN SINERGIA - RIASSUNTI e più Dispense in PDF di Diritto Romano solo su Docsity! SAGGIO I ‘’diritto e storia: percorsi in sinergia’’ Il diritto romano si dispone in forma storica; la storia salda la vicenda del diritto descrivendone la linea di progresso e di decadenza, di riprese, cadute, ritorni (Il diritto a dei momenti di apice e dei momenti di rilassamento). La cultura giuridica romana dell’età repubblicana ne ha consapevolezza e comprende che riflettere sul diritto prescindendo dalla storia avrebbe avuto l’effetto di consumare il percorso che spinge il diritto verso il progresso: se non c’è storia e se non c’è diritto nella storia, quest’ultimo decade. Infatti, le 12 tavole, l’interpretatio, la legis actio, sono le tre parti del diritto corrispondenti ai tre fondamentali momenti della storia della civitas, e sono poste sullo stesso piano: momenti mediante cui il diritto è sorto, si è sviluppato, e può essere studiato. Il II secolo presenta due figure intellettuali per i quali storia e diritto si intersecano secondo piani dipendenti: Celio antipatro e Rutilio Rufo. Ad antipatico risale la rottura della cultura storiografica di ispirazione annalistica, mentre Rufo pone le basi dell’opera autobiografica. Capiamo quindi come il ricorso alla storia consente di determinare l’essenza stessa del diritto; l’osmosi di diritto e storia ritorna nitide agli esordi del commento di gaio sulle 12 tavole, analisi che viene ripresa e condivisa da Pomponio, nelle quali ritorna il legame necessario tra storia e diritto: la storia sorregge il diritto e questo assume la fisionomia di ciò che non passa con il suo passato, è una scienza di cui avremo sempre bisogno, una scienza sociale di cui abbiamo necessità per stare insieme. C’è sempre un diritto temporale, un diritto che si misura con la propria temporalità e l’aspetto della necessarietà è imprescindibile e basta guardare al corpus, il grande progetto di Giustiniano dove si ricalca il motivo della necessarietà: è necessaria questa sinergia, se non ci fosse verrebbe meno l’idea di progresso e il diritto passerebbe con il suo passato. Paragrafo 2 Quando ci troviamo di fronte ad un istituto giuridico, ci troviamo di fronte a due caratteri che devono coesistere: necessarietà e tipicità, la necessarietà è legata all’utilità e la tipicità si rivolge alla contestualizzazione storica di quell’istituto giuridico, nel senso che quell’istituto è necessario perché utile in quel periodo storico e per queste ragioni è tipico. Importante sottolineare la teoria Leibniziana delle due historie, interna ed esterna, ripresa da Hugo, per desumerne che se la prima attiene alla storia propria del diritto, l’altra si riconnette alla storia della manifestazione esterna del diritto. Quindi la storia interna si svela come pura e semplice storia del diritto; la storia esterna discorre dei principi giuridici ed esamina in che modo quei principi sorsero, si svilupparono, e finirono con lo scomparire. Tra il momento in cui si pone la necessità del cambiamento delle situazioni giuridiche, e il momento in cui effettivamente si attua il cambiamento, trascorre un tempo non breve che può finire col compromettere la sinergia di diritto e storia. Si spezza quindi il nesso di contestualità visto da Leibniz. SAGGIO II ‘’ Scansioni temporali e rappresentazione dell’esperienza giuridica romana tra historia interna e historia externa.” La narrazione dello ius romanorum è un’importante questione che ha esercitato non poca pressione sulla storiografia (lo storiografo colui che scrive la storia); questa pressione è dovuta all’abilità che deve avere lo storiografo del diritto romano, nell’essere capace di dispiegare il diritto nella storia, o meglio a tradurre il diritto in racconto storico. Tutto questo saggio richiama a un concetto: per avvicinarci in modo dignitoso a leggere 12 secoli di esperienza giuridica romana, l’approccio deve essere scientifico e pertanto ci vuole un metodo. I metodi di lettura sono diversi: uno riguarda le forme di governo, i tipi di Stato, le forme costituzionali e l’altro è la scansione progressiva evolutiva della regola iuris. - Forme di governo: monarchia-repubblica-principato - Regola giuridica: età quirintium – more - età pre-classiche (le tre masse normative ius civile vetus, novum e ius honorarium) – età classica (costituzioni imperiali). È necessario che le differenze tra i vari regimi che si sono susseguiti a roma possono essere notate anche con riferimento alla regola iuris e alla sua evoluzione; infatti, sappiamo che prima delle 12 tavole abbiamo una civiltà pre-cittadina, non esiste la civitas e il punto di riferimento essenziale sono i mores. La nascita della città ci sarà solo con le 12 tavole la nascita dello ius civile. Dopo le 12 tavole c’è l’avvento dello IUS CIVILE NOVUM, quindi del diritto commerciale. Successivamente avremo lo IUS HONORARIUM, che sorge dall’attività del pretore, e riuscirà a colmare le lacune lasciate dal diritto civile; disciplinerà in maniera diretta e semplificata determinate fattispecie, andando a evitare il formalismo tipico dello ius civile. Leggendo il saggio ci rendiamo conto che i grandi studiosi hanno articolato diversamente, badando alla differenza tra carattere interno (strutturazione) e carattere esterno (manifestazione esterna della regola giuridica) della storia giuridica, e in funzione di ciò articolato diversamente l’approccio all’esperienza giuridica romana. Alcuni esempi possono essere: - Giacomo Gotifredo, il quale proponeva una sistemazione in periodi o epoche, che andavano dalla fondazione di Roma all’età Giustiniani mia; - Leibniz con la c.d. riduzione a quattro stadi: archi di tempo che vanno dal tempo della Repubblica agli imperatori post Giustiniano; - Hugo, invece, restituirà un’immagine piena al diritto romano visto come un organismo vivente caratterizzato dall’età, quali l’infanzia la giovinezza la virilità e la vecchiezza. - Jhering: il quale compie lo sforzo di rinvenire una ‘’miglior tecnica’’ (da lui chiamata scientifica) di formazione, di elaborazione e di combinazione dei concetti con cui operare. Secondo jhering, ricorrere alla storia hesterna sarebbe limitativo perché non è possibile accedere alla storia del diritto cronologicamente (non è possibile abbinare la storia alla cronologia temporale) e poi perché si deve tenere in considerazione il tempo accidentale. Evidente quindi la volontà del sottoscritto di adottare i modi della storia interna esponendo il diritto meno rigidamente, quindi come diritto meno abbinato alla storia, ma da un punto di vista prettamente diacronico. - Ricordiamo ancora Giambattista Vico, il quale ha la tendenza a pensare le cose storiche come cicli ricorrenti e intramontabili, proprio mediante questa costruzione vichiana si solidifica il rapporto interdipendente tra diritto e storia. Cicerone ritiene che la nuova figura di princeps avrebbe garantito un assetto duraturo e solido della res pubblica, sostenendo, in ogni caso, che per evitare destabilizzazioni è necessario che l’unus possegga qualitates individuali. Né Pompeo, né Cesare, possiedono le qualitates dell’optimus civis indifferenti alla dignitas. SAGGIO V “Dalla potenza al potere. Rileggere i Primordia civitatis di Pietro De Franisci” Il giurista Pietro De Francisci ha scritto un’opera chiamata “Primordia civtatis”, i primordi della città, la città compie i primi passi e dunque gli inizi della civitas, ma con tutto quello che c’è stato prima. Analizza in particolare il rapporto con la divinità, in chiave giuridica, che passa attraverso il senso più profondo e intimo di un sociale. In quest’opera si chiarisce fin da subito che qualsiasi civiltà, nel momento iniziale del suo sviluppo, presenta un forte legame con ciò che è sacro; questo è dovuto da una lettura in chiave giuridica del sentimento religioso. Sappiamo, infatti, che l’elemento sacro è così forte all’internodella collettività umana proprio perché l’uomo è un essere molto debole che necessita del consenso divino per riuscire a compiere passi molto importanti e non. Infatti, tornare a riflettere sull’antica religione umana e i suoi nessi con il mondo giuridico, corrisponde all’analizzare l’intimus sensus dell’uomo. L’uomo romano delle origini rinviene nell’ultraterreno il dominio della potenza: la creazione di questo ponte ideale che mediante l’interpretatio dei pontefici potesse instaurare un rapporto con le divinità. Il termine ‘’religio’’ designa il rapporto dell’uomo con l’invisibile. Lo ius sacrum, il sistema giuridico-religioso romano, si svolge secondo canoni ben precisi, precetti formalizzati in verba tecnici attinenti all’elaborazione di culti, localizzazione di riti, modalità di offerte; fruitori sono i maiores o gli operatori del sacro, quali i sacerdoti, impegnati nella costruzione di quel ponte ideale tra umani e divinità nel tentativo di stabilire e mantenere la pax deorum. Per comprendere meglio come è cambiata l’idea di religione dal punto di vista ciceroniano, citiamo un’opera dello stesso ovvero il de divinatione, la quale presenta una duplice valenza: è sia una fonte per ricostruire l’antica storia della religione e della filosofia e sia l’espressione del pensiero politico religioso di Cicerone stesso. L’intento dell’autore era di salvare la religione dalle credenze della divinatio, fenomeno diffuso a tal punto da far vacillare il concetto di religione. Capiamo quindi come il credente avesse necessità di un rapporto interlocutorio con un ente superiore, alla quale risponde il collegio ponteficiale; terreno e ultraterreno avevano quest’unione che era l’operatore del sacro, il sacerdote. Col passare del tempo però, cambierà anche l’approccio dell’uomo con le divinità: sarà un approccio più diretto e senza filtri, più pratico. La singola persona non si rivolge più al pontefice, ma si rivolge direttamente al divino: l’uomo esercita il suo potere e ciò corrisponde ad una parabola per cui dalla potenza divina si passa al potere della persona. Altra opera importante di Cicerone è il de natura deorum incentrato che tratta la il tema della religione e della devozione nei confronti di essa dell’essere umano. Ma dobbiamo fare una differenza tra il fas e il ius: la prima categoria concerne il soprannaturale, la volontà divina; il ius è la promanazione della volontà umana, delle forze di governo e della comunità politica. Lungo questa strada, quindi, avanza il progresso della laicizzazione del diritto. SAGGIO VI “Dall’humanitas ai diritti umani. Storia di valori e categorie.” In questo saggio si riflette sull’importanza della dignità umana che trova la sua massima espressione nei diritti umani; il risultato di questa forte attenzione nei confronti dei diritti umani si è avuto in seguito al secolo breve, durante il quale ci sono state numerose violazioni dei diritti umani che hanno portato a una forte attenzione nei confronti del rispetto della dignità umana. Quando parliamo di diritti dell’uomo, poniamo al centro l’uomo, la persona; ma la persona e i suoi valori sono concetti moderni? Nella storia ne troviamo le radici, precisamente nell’humanitas. Questo valore obbliga l’uomo a costruire la propria personalità, ad educarsi, ma anche a rispettare e favorire lo sviluppo della personalità altrui: così il concetto di Humanitas abbraccia anche la benevolenza, la volontà di far bene e la simpatia. A riguardo è importante far riferimento all’Humanitas senecana, rimandare a questa teoria, infatti, vuol dire cogliere il senso dell’idea romana di Humanitas. Vediamo come nel medio e ultimo principato l’Humanitas acquista forza nelle logiche giurisprudenziali e i giuristi accostano il canone alla categoria. L’Humanitas, dunque, diviene risorsa ermeneutica spostando il baricentro delle decisioni giurisprudenziali e pervadendo la legislazione imperiale, elevando il canone di Humanitas, espressivo del sentimento e della dignità che sono proprie della persona umana. Nasce così l’humanior interpretatio, che si erge a ratio decidendi, proponendosi quale criterio di tutela avverso agli abusi. Possiamo definirla come l’affermazione di un principio di proporzionalità equitativa. L’humanitas, inoltre, assume molta importanza anche nel periodo cristiano, anche grazie all’entrata in vigore del codice teodosiano il quale va a consacrae un diritto romano e cristiano-, tuttavia, il codice teodosiano è considerato contraddittorio da alcuni: da un lato disciplina rapporti come la servitù, dall’altro invece si focalizza sul rispetto della dignità umana facendo riferimento al principio di humanitas. Altro aspetto importante analizzato nel saggio è il tema della forma e della comunicazione del diritto; sappiamo infatti che la categoria svolge un ruolo essenziale per riuscire a concepire l’intera esperienza giuridica. Il compito dei giuristi, infatti, sarà quello di dare una forma alla sostanza, questo si potrà avere delineando i confini di ciò che è etico e ciò che è giuridico. Questo compito riesce ad ottemperare alla funzione coesiva del linguaggio tecnico giuridico e vediamo come questa funzione era già radicata sia nella Roma repubblicana, dove si avvertiva quest’esigenza di forte comunicazione del diritto, sia nel Principato, dove la categoria è utilizzata per favorire la diffusione e la conoscenza del diritto. Si richiama così, anche la teoria aristotelica, che divide due forme di comunicazione: da un lato avremo la comunicazione c.d. biologica, la quale consente all’anima di rendere un corpo vivente, dall’altro lato avremo la comunicazione c.d. logica, questa sia avrà grazie all’uso del discorso e necessita di un recettore cosciente. Capiamo, quindi, che la categoria è un elemento essenziale per la conoscenza del diritto e, con riferimento all’humanitas, si rifà ai principi cardine quali la dignità umana e la centralità della stessa (si pensi all’art. 3 della nostra costituzione che afferma il principio di uguaglianza). SAGGIO VII “Dalla morfogenesi alla struttura del diritto commerciale: imprenditorialità e diritto. L’esperienza di Roma antica” Il diritto commerciale riveste carattere di scienza specialistica; il suo valore risiede nella capacità di aggregare un corpo di norme giuridiche atte a regolare le necessità economiche e a realizzare l’attività commerciale. L’autonomia del diritto commerciale è molto discussa indottrina: si indaga se il diritto commerciale rimandi ad una categoria storica, se e fino a quale punto vi siano ingerenze politiche e se è vero che abbia acquisito fattezze con lo ius mercatorum del medioevo. Parte della dottrina fa poi riferimento alla capacità di adattamento del diritto commerciale, che si plasma sulla base delle condizioni del territorio su cui il commercio avviene. Capiamo quindi che tutti questi fattori danno una visione non categorica del diritto commerciale, in quanto esso avanza e progredisce con la società. Quanto alla derivazione dello ius mercatorum dal mondo romano, c’è da dire che nonostante i romani abbiano conosciuto validi meccanismi di scambio, essi hanno una connessione molto debole con le forme economiche medievali. La risposta alla domanda dell’esistenza dello ius mercatorum nel mondo romano arriva Chiara citando the il Cerami. Egli spiega che lo ius mercatorum non costituisce la genesi di un diritto commerciale nel significato più ampio, ma rappresenta solo una delle categorie in cui si articola il diritto commerciale. Il diritto commerciale nasce nel III secolo a roma, la quale è una grande potenza (il mediterraneo è visto come mare nostrum e Roma è riconosciuta come caput mundi) con lo IUS CIVILE NOVUM: ci troviamo dinanzi ai nova contracta, quei contratti dell’ius civile novum ove l’interlocutore è un peregrino (il pretore peregrino deve risolvere le controversie non solo tra romani, ma anche tra romani e stranieri); questo è il diritto positivo sostanziale, quello dei nova contracta, il diritto commerciale, il diritto delle finanze, il diritto marittimo, il diritto dell’imprenditoria, il diritto del commercio  questo è il 3° secolo, ormai il processo di laicizzazione del diritto è concluso e emerge questo nuovo ceto sociale che come un cuneo interferisce negli assetti di governo della repubblica che erano stati inaugurati con la legge Liciniae Sextiae. Parliamo dell’emergere del ceto equestre, il ceto dei grandi imprenditori e dei grandi finanzieri, sono quelli che investono nelle grandi società. L’alta borgesia, quindi, non vuole affermarsi solo da un punto di vista economico ma vuole puntare anche alla prospettiva politica; sarà questo che porterà al crollo della repubblica, poiché si va a inclinare il rapporto già problematico tra patrizi e plebei. SAGGIO VIII “Il diritto nell’ambiente in trasformazione. Forma e comunicazione giuridica nella tarda repubblica romana.” In età repubblicana lo ius era aperto a qualsiasi mutamento dovuto all’evoluzione del tempo, lo stesso contatto con culture diverse, in particolare quella greca, fece sì che esso si perfezionò senza che però perdesse mai la sua identità. La giurisprudenza tardo repubblicana si impegnava a declinare il nesso di ars e ius secondo i dettami della prudentia. Gli iusperiti apportano metodi, accedono ad un linguaggio tecnico, riordina la materia giuridica. Il cittadino romano deve comprendere che non serve solo produrre il diritto, ma è necessario anche riuscire a comunicarlo in modo esatto; per poterlo comunicare bisogna rifarsi a un metodo organico e strutturato, per questo motivo si fa ricorso alla SISTEMATICA IURIS elaborata da Quinto Mucio Scevola che promuove l’uso della dialettica e fa un pratico riordino di ambiti, che consentirà di individuare da un lato il concetto principale di un certo istituto giuridico, dall’altro indicare i responsa di riferimento.
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