Scarica Diritto ecclesiastico - appunti e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! DIRITTO ECCLESIASTICO 26/10/2020 POTERI E UFFICI DELLO STATO AVENTI COMPETENZA IN MATERIA ECCLESIASTICA Da mettere negli appunti vecchi : Art. 7 Cost. Stato e Chiesa Cattolica, hanno stipulato i PATTI LATERANENSI che sono trattato internazionale. Hanno stipulato un tratta di diritto internazionale perché sia Santa Sede che Stato italiano sono due ordinamenti autonomi e sovrani. Art. 8 Cost. Stato e le altre Confessioni religione, hanno stipulato le INTESE che sono negozi di diritto pubblico interno e non trattati internazionali. Affinché venisse garantita la stipula sia dei Patti che delle Intese e che ciò che venisse stipulato venisse poi realmente realizzato, la parte statuale ha creato degli uffici di personale che possa provvedervi. AMMINISTRAZIONE DEI CULTI : è così detto l’insieme degli organi di uno stato e che sono competenti in materia ecclesiastica. Ne parlava già Arturo Carlo Iemolo (ecclesiasticista del XX secolo), il quale intitolo un suo studio di inizio 900 “Amministrazione Ecclesiastica” e dice che l’attività dello Stato che viene chiamata Amministrazione dei Culti, comprende una serie di RAPPORTI tra STATO e CHIESA o tra lo STATO e determinati ENTI ECCLESIASTICI o PERSONE che occupano una particolare posizione nelle chiese. Si stabiliscono questi rapporti perché anche lo Stato ha interesse a raggiungere FINI di CARATTERE GENRALE. L’espressione “Amministrazione dei Culti”, nasce in Francia con il Concordato del 1801 stipulato da Napoleone con la Chiesa Cattolica. In questo Concordato, i culti diventano un SERVIZIO PUBBLICO e gli ECCLESIASTICI diventano un CORPO DI FUNZIONARI DELLO STATO da cui si trae l’espressione AMMINISTAZIONE DEI CULTI. Ad oggi la situazione è mutata e il nostro concordato non prevede alcuna” funzionarizzazione” dei nostri ministri ecclesiastici, però è rimasta questa espressione per indicare quegli organi, poteri e uffici dello stato che si occupano dei problemi, delle rivendicazioni e delle esigenze dei culti religiosi presenti nel territorio di una nazione. PRINCIPALI UFFICI DELLO STATO ITALIANO : ciascuno ha competenze in ambito ecclesiastico 1. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA COMPETENZE del PRESIDENZE DELLA REPUBBLICA : RAPPORTI tra ITALIA e CHIESA CATTOLICA : ha il POTERE DI NOMINARE plenipotenziari per la conclusione dei concordati e di ratifica, previa autorizzazione del Parlamento, i concordati conclusi. RAPPORTI tra ITALIA e le CONFESSIONI RELIGIOSE diverse dalla Cattolica : i rapporti sono regolati per legge sulla base delle Intese. Essendo il Presidente della Repubblica, colui che promulga le leggi, ha un POTERE LEGISLATIVO e dunque promulga la legge di approvazione necessaria per l’efficacia delle Intese. Inoltre ha altre 2 funzioni riguardo i RAPPORTI DIPLOMATICI con la Chiesa Cattolica : accredita gli AMBASCIATORI ITALIANI presso la SANTA DESE riceve le CREDENZIALI DEL NUNZIO APOSTOLICO accreditato presso la REPUBBLICA ITALIANA 2. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI è colui che nelle trattative con Chiesa Cattolica o Confessioni religiose, rappresenta lo Stato. COMPETENZE del PRESIDENTE DEL CDM : Si occupa personalmente degli ACCORDI tra STATO e CHIESA / CONFESSIONE RELIGIOSA Coordina l’ATTIVITA dei vari DICASTERI in MATERIA ECCLESIASTICA (es. nelle REX MISTE, cioè quelle questioni come il matrimonio o gli enti ecclesiastici che interessano sia chiesa che stato e che sono inserite nel Concordato, è il Presidente del CDM che si occupa di coordinare queste attività). Inoltre; in ogni caso il GOVERNO è RESOINSABILE DELL’ANDAMENTO GENERALE di tutti i SETTORI DELLA POLITICA, dunque anche della POLITICA ECCLESIASTICA. 3. CONSIGLIO DEI MINISTRI COMPETENZE del CDM : Deliberare sugli ATTI che riguardano i RAPPORTI tra STATO e CHIESA CATTOLICA e i RAPPORTI tra STATO e CONFESSIONI RELIGIOSE. Gli atti sono ad es. intese, concordati ma anche altri accordi che fossero necessari. Approva per la presentazione in Parlamento dei DISEGNI DI LEGGE che riguarda sia l’AUTORIZZAZIONE ALLA RATIFICA e l’ ESECUZIONE dell’ACCORDO INTERNAZIONALE del CONCORDATO con SANTA SEDE, che l’ESECUZIONE DI INTESE con le altre CONFESSIONI RELIGIOSE. Si parla molto nell’art.8 Cost. di PARLAMENTARIZZAZIONE DELLE INTESE : significa che le Intese vengono recepite con LEGGE DI APPROVAZIONE e ciò significa che il Parlamento ne vaglia ARTICOLO PER ARTICOLO e dove riscontra un problema, rimanda l’Intesa al Governo, dunque OGNI ARTICOLO deve ricevere l’APPROVAZIONE DEL PARLAMENTO. Ciò differenzia le Intese dal Concordato che invece necessita della sola LEGGE DI ESECUZIONE, per cui vi è UN SOLO ARTICOLO che riguarda la sua ESECUZIONE. Ha COMPETENZA AMMINISTRATIVA quando il MINISTERO DELL’INTERNO deve riconoscere la PERSONALITA GIURIDICA di un ENTE ECCLESIASTICO di una CONFESSIONE RELIGIOSA (diversa da quella Cattolica) e chiede il PARERE per l’appunto del CDM. Cioè quando uno dei CULTI AMMESSI (così detto ai sensi della l.1159/1929) che non abbia un intesa con lo Stato, chiede il RICONOSCIMENTO di un suo ENTE ECCLESIASTICO al MINISTERO DELL’INTERNO che a sua volta chiede PARERE al CDM. 4. MINISTERO DELL’INTERNO dal 1932 (epoca fascista) è l’ORGANO DI RIFERIMENTO per i CULTI che si occupa con COMPETENZA GENERALE della MATERIA ECCLESIASTICA. Essendosi sviluppato durante l’epoca fascista, si può dire che si occupa della POLITICA DI CONTROLLO delle CONFESSIONI RELIGIOSE. Ha competenza di AMMINISTRAZIONE CENTRALE, ma è in parte delegata a gli ORGANI PERIFERICI del Ministro dell’interno cioè le PREFETTURE. STRUTTURA del MINISTERO DELL’INTERNO : Nel ministero c’è : è PERSONA IURE PRIVATORUM ente ecclesiastico dotato di personalità giuridica per ANTICO POSSESSO DI STATO in quanto riconosciuta da tempo immemorabile e comunque in data anteriore alla Debellatio dello Stato Pontificio (1870). è SUI GENERIS non è soggetta agli OBBLIGHI a cui sono sottoposti gli altri enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (es. iscrizione nei registro delle persone giuridiche). CAPACITA PUBBLICISTICA alla Santa Sede è attribuito l’esercizio di POTERI che attengono alla SOVRANITA DELLA CHIESA nell’ordine suo proprio. Tali poteri sono ad es. una serie di PROVVEDIMENTI IMPERATIVI aventi EFFICACIA nell’ordinamento italiano (es. sentenze e provvedimenti che riguardano ecclesiastici e religiosi). A LIVELLO INTERNAZIONALE Alla Santa Sede compete la titolarità della SOGGETTIVITA GIURIDICA in campo INTERNAZIONALE : nell’art. 2 del Trattato lo Stato riconosce alla Chiesa questo ATTIBUTO NATURALE in base alle sue esigenze della sua missione nel mondo. La DOTTRINA CANONISTICA dice che tale SOVRANITA INTERNAZIONALE compete alla Santa Sede, non per concessione dell’Italia ma perché esiste da prima che fossero posti i PRINCIPI DEL DIRITTO DELLE GENTI ed è una sovranità INALLIENABILE non essendo stata creata /non derivando da alcuna POTESTA UMANA. La chiesa cattolica e dunque la Santa Sede, è un ENTE SOVRANO che non riconosce altra autorità superiore (= è un CENTRO DI VOLONTA e AZIONI INDIPENDENTI con SOVRANITA ESTERNA). La SOVRANITA INTERNAZIONALE può essere descritta SPIRITUALE,UNIVERSALE, UMANITARIA e costituisce elemento naturale della Chiesa Cattolica. L’ATTIVITA INTERNAZIONALE della Santa Sede è caratterizzata dall’INDIPENDENZA e IMPARZIALITA nei confronti dell’AUTORITA POLITICA con la quale coltiva una sana collaborazione per perseguire il bene di tutti i popoli. In base a questa SOVRANITA INTERNAZIONALE, spettano alla Santa Sede, una serie di GARANZIE in base alle REGOLE GENERALI del DIRITTO INTERNAZIONALE : DIRITTO SI LEGAZIONE PASSIVO E ATTIVO il diritto di inviare e ricevere rappresentanti diplomatici. DIRITTO DI STIPULARE TRATTATI DI ADESIONE AD ORGANIZZAZIONI DI DIRITTO INTERNAZIONALE (sia come osservatore che come membro) DIRITTO DI STIPULARE CONCORDATI : accordi equiparati ai TRATTTATI INTERNAZIONALI con le autorità civili e per mezzo dei quali si stabilisce uno STATUTO GIURIDICO DELLA CHIESA nella SOCIETA CIVILE e si disciplinano le REX MISTE (=materie di comune interesse STATLE ed ECCLESIASTICO Il SOGGETTO TITOLARE della SOGGETTIVITA DI DIRITTO INTERNAZIONALE SANTA SEDE, è unicamente il ROMANO PONTEFICE. Per una parte della DOTTRINA, tale TITOLARITA è della CHIESA CATTOLICA, mentre la Santa Sede sarebbe solo l’ORGANO attraverso il quale la Chiesa agisce in campo internazionale. Un’altra parte della dottrina dice che invece la titolarità della sovranità internazionale, va riconosciuta alla Santa Sede perché la Chiesa Cattolica ha solo FINI RELIGIOSI e SPIRITUALI. Vi è un terzo orientamento che è maggioritario, secondo il quale la titolarità va riconosciuta tanto alla Chiesa Cattolica quanto alla Santa Sede : tale rapporto organico consente di affermare la DUPLICE SOGGETTIVITA GIURIDICA INTERNAZIONALE. Il TRATTATO LATERANENSE riconosce alla Santa Sede delle SPECIALI GARANZIE affinché abbia delle condizioni di fatto e di diritto per avere ASSOLUTA INDIPENDENZA nell’assolvimento della sua missione nel mondo. GARANZIE INTERNAZIONALI del TRATTATO LATERANENSE Le GARANZIE sono : GARANZIA POLITICA DI ORDINE TERRITORIALE si può intendere come previsione della COSTITUZIONE DELLO STATO CITTA DEL VATICANO ( sorto il 7 giugno 1929 all’atto dello scambio delle ratifiche dei patti lateranensi tra le parti contraenti.) L’ODINAMENTO GIURIDICO dello stato città del vaticano si fonda su 6 LEGGI ORGANICHE emanate da Papa Pio XI il 7 giugno 1929. Alcune sono state modificate o novellate nel corso del tempo). LEGGI : Legge n.1 : LEGGE FONDAMENTALE disciplina l’ORGANIZZAZIONE INTERNA dello STATO CITTA DEL VATICANO (es. competenza organi costituzionali e simboli dello stato quali sigillo ufficiale, bandiera e stemma) Legge n. 2 : disciplina le FONTI DEL DIRITTO Legge n.3 : disciplina la CITTADINANZA, RESIDENZA e ACCESSO Legge n.4 : disciplina l’ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO Legge n.5 : disciplina l’ORDINAMENTO ECONOMICO, COMMERCIALE e PROFESSIONALE Legge n.6 : disciplina l’ ORDINE PUBBLICO Lo STATO CITTA DEL VATICANO è un vero e proprio STATO in quanto ha tutti e 3 gli ELEMENTI COSTITUTIVI : TERRITORIO è definito nel TATTATO in cui i confini sono delimitati da una piantina allegata al trattato. L’Italia ha riconosciuto sul territorio vaticano la PIENA PROPRIETA ed ESCLUSIVA e ASSOLUTA POTESTA e GIURISDIZIONE SOVRANA della Santa Sede. Il territorio dello Stato del Vaticano è dunque sottratto alle ingerenze delle autorità italiane pur costituendo uno STATO INCLAVE cioè il cui territorio è circondato completamente da un altro stato. È inoltre uno STATO PATRIMONIO, cioè il suo territorio è di PROPRIETA ESCLUSIVA del SOVRANO in quanto non ESISTE il diritto di PROPRIETA PRIVATA. Al TERRITORIO VATICANO si può accedere con 5 INGRESSI, la cui custodia è affidata alla GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA e al CORPO DELLA GENDARMERRIA DELLO STATO CITTA DEL VATICANO. È uno STATO NEUTRALE dal TERRITORIO INVIOLABILE.. POPOLO è determinato dal TRATTATO con LEGGE n.3. La CITTADINANZA VATICANA si acquista sulla base di un CRITERIO FUNZIONALE in base al SERVIZIO prestato dal cittadino verso la Santa Sede si acquista IUS OFFICII. Secondo la legge sulla cittadinanza e residenza, queste due non coincidono necessariamente perché le si possono concedere anche separatamente. Sono CITTADINI : i CARDINALI residenti a Roma o nello Stato del Vaticano, i DIPLOMATICI DELLA SANTA SEDE finché prestino servizio diplomatico, i RESIDENTI nello stato vaticano in quanto venuti per carica o servizio. Il SOMMO PONTEFICE può dare cittadinanza anche ad altri soggetti (es. coniuge e figli di un cittadino fino al momento in cui perduri la cittadinanza del cittadino stesso) La RESIDENZA è rilasciata dall’autorità a chi, seppure ha i REQUISITI per avere la CITTDINANZA, non la richiede (es. i famigliari dei cittadini del Vaticano) SOVRANITA cioè il POTERE DI GOVERNO. La sovranità risiede nella Santa Sede nella sua ACCEZIONE RISTRETTO. La FORMA DI GOVERNO è quella di MONARCHIA ELETTIVA ASSOLUTA in quanto tutti i poteri competono al SOVRANO cioè il ROMANO PONTEFICE. Per DIRITTO DIVINO è da escludersi nella Chiesa una COSTITUZIONE DEMOCRATICA. ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLO STATO CITTA DEL VATICANO È disciplinata dalla LEGGE FONDAMENTALE (Legge n.1). In base a tale legge, il SOMMO PONTEFICE è SOVRANO A VITA DELO STATO DEL VATICANO e nella sua persona risiede la PIENEZZA dei 3 POTERI TRADIZIONALI (= potere legislativo, esecutivo e giudiziario). Durante la VACANZA DELLA SEDE, i medesimi poteri (seppure limitati), passano al COLLEGIO DEI CARIDNALI che poi eleggerà il nuovo Papa. Il COLLEGIO può fare DISPOSIZIONI LEGISLATIVE solo in CASO DI URGENZA e con effetto solo per il tempo della vacanza, salvo che vengano poi confermate dal Papa eletto. I 3 POTERI TRADIZIONALI : POTERE LEGISLATIVO ne è TITOLARE il PAPA ed è esercitato dalla PONTIFICIA COMMISSIONE PER LO STATO CITTA DEL VATICANO, che è composta da un CADINALE PRESIDENTE e altri CARDINALI CON NOMINA PONTIFICIA per un periodo di 5 ANNI. Per l’elaborazione dei PROGETTI DI LEGGE, che sono previamente sottoposti al Papa attraverso al SEGRETERIA DI STATO, la Commissione si avvale del CONSIGLIERE GENERALE e di CONSIGLIERI DELLO STATO nominati dal Papa sempre per 5 anni con FUNZIONE CONSULTIVA. Si avvale poi degli ORGANISMI DELLA SANTA SEDE e dello STATO CITTA DEL VATICANO interessati. Le LEGGI sono pubblicate con DATA e il NUMERO ROMANO PROGRESSIVO e sono pubblicate in un SUPPLEMENTO degli in ACTA APOSTOLICI E SEVIS ed entrano in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione salvo diversamente deciso POTERE ESECUTIVO ne è TITOLARE il PAPA ed è esercitato tramite il CARDINALE PRESIDENTE della COMMISSIONE DELLO STATO CITA DEL VATICANO, il quale assume il nome di PRESIDENTE DEL GOVERNATORATO ha RAPPRESENTANZA GIURIDICA dello STATO CITTA DEL VATICANO ma non ha quella la RAPPRESENTANZA INTERNAZIONALE che è riservata al PAPA che lo esercita per mezzo della SEGRETERIA DI STATO. Dal PRESIDENTE dipende il GOVERNATORATO APPARATO AMMINISTRATIVO organizzato in DIREZIONI, SERVIZI, DIPARTIMENTI, UFFICI CENTRALI e CORPO DELLA GENDARMERIA VATICANA. Il PRESIDENTE può emanare : ORDINANZE ATTUATIVE DI LEGGI, REGOLAMENTI e in CASI DI URGENZA anche DISPOSIZIONI AVENTI FORZA DI LEGGE che perdono efficacia se non confermate dalla Commissione Stato della Città del Vaticano entro 90 giorni. Inoltre può richiedere ASSISTENZA della GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA per MOTIVI DI SICUREZZA e di POLIZIA. Sono previste FORME DI VIGILANZA e CONTROLLO. POTERE GIUDIZIARIO ne è TITOLARE il PAPA e consiste nell’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA (= tutela dei diritti soggettivi dei singoli e degli interessi legittimi) ed è esercitato a nome del Romano Pontefice con POTESTA VICARIA da 4 ORGANI GIUDIZIARI che operano indistintamente sia in sede civile che penale e sono : il GIUDICE UNICO, il TRIBUNALE, la CORTE DI APPELLO, la CORTE DI CASSSAZIONE. Il PM è il PROMOTRE DI GIUSTIZIA nominato dal Papa ed ha carica di 5 anni. FONTI DEL DIRITTO (Legge n.2) L’ORDINAMENTO CANONICO è la FONTE PRIMARIA e il PRIMO CRITERIO DI RIFERIMENTO. Qualora siano CHIAMATI IN GIUDIZIO, la SANTA SEDE o il PONTEFICE per quanto riguarda il suo PATRIMONIO PRIVATO, la citazione deve essere fatta al CARDINALE SEGRETARIO DI STATO. Se è convenuto lo STATO COTTA DEL VATICANO, la citazione dev’essere fatta al PRESIDENTE DEL GOVERNATORATO. GARANZIE TERRIOTRIALI Il trattato aggiunge altre GARANZIE : GARANZIE REALI si giustificano alla luce della RISTRETTEZZA TERRITORIALE dello Stato della Città del Vaticano che ha imposto che molti ORGANISMI con cui la SANTA SEDE governa, siano collocati in TERRITORIO ITALIANO. Lo STATO ITALIAO ha riconosciuto la PROPRIETA di alcuni IMMOBILI alla Chiesa. Questi IMMOBILI hanno EXTRA TERRIOTRIALITA cioè godono dell’ IMMUNITA riconosciute dal DIRITTO INTERNAZIONALE alle SEDI degli AGENTI DIPLOMATICI DI STATI ESTERI (dall’art. 13 all’art. 15 del Trattato) Per il DIRITTO INTERNAZONALE, lo Stato che ospita una RAPPRESENTANZA DIPLOMATICA STRANIERA deve ASTENERSI dall’effettuare ATTI DI AUTORITA nei LUOGHI ADIBITI A SEDI DIPLOMATICHE. Vi è PRECLUSIONE all’ACCESSO NON AUTORIZZATO alle FORZE DI POLIZIA che non possono applicare MISURE COERCITIVE, ma va precisato che i FATTI LECITI o ILLECITI che avvengono in tali immobili, si considerano come avvenuti in Italia e sono sottoposti alla GIURISDIZIONE ITALIANA. (es. chi nasce in tali edifici, nasce in Italia) Questi IMMOBILI, salvo PREVIO ACCORDO con Santa Sede, non possono essere assoggettati a VINCOLI, a TRIBUTI DI QUALSIASI GENERE e né ESPROPRIATI PER PUBBLICO UTILIZZO. Sono ESENTATI anche da SORVEGLIANZA o AUTORIZZAZIONE da parte dell’AUTORITA ITALIANA per quanto riguarda il loro ASSETTO EDILIZIO che la Santa Sede ritiene opportuno dare a questi immobili. GARANZIE PERSONALI Le GARANZIE PERSONALI riservate al SOMMO PONTEFICE il PAPA, così dice il Trattato, è considerato dall’Italia come PERSONA SACRA e INVIOLABILE, cioè ha LIBERTA DALLA LEGGE PENALE, ha un’ INCAPACITA PENALE GENERALE il Papa non può essere punito e non può essere soggetto di imputazione di illeciti penali. Inoltre è PUNIBILE, sia l’ATTENTATO che la PROVOCAZIONE a commettere attentato CONTRO IL PAPA, allo stesso modo di ciò che è stabilito per l’ATTENTATO nei confronti del PRESIDENTE DELLA REPPUBBLICA. Le GARANZIE PERSONALI garantite per chi ricopre ALTI UFFICI ECCLESIASTICI o svolgono particolari FUNZIONI PER LA SANTA SEDE, ad esempio i CARDINALI. Per i CARIDNLI è prevista una GARANZIE DI CARATTERE ONORIFICO nelle CERIMONIE PUBBLICHE DELLO STATO, vengono subito dopo il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Inoltre i CARDINALI sono esentati : dalla leva militare, dall’ufficio di giudice popolare e ogni altra prestazioni di carattere personale.(es. ufficio di tutore). Se si necessitasse la TESTIMONIANZA DI UN CARDINALE in un PROCESSO CIVILE, questa dovrà avvenire presso il suo DOMICILIO o in qualsiasi posto da lui scelto. Vi sono delle PARTICOLARI GARANZIE per i CARDINALI durante la SEDE VACANTE : godono del LIBERO TRANSITO attraverso il territorio italiano senza alcuna limitazione o impedimento. GARANZIE FUNZIONALE Sono GARANZIE che mirano ad assicurare alla Santa Sede il LIBERO ESERCIZIO della sua POTESTA DI MAGISTERO. Di tale garanzie si occupa l’ACCORDO DI REVISIONE CONCORDATARIA del 1984 che riconosce alla Chiesa Cattolica : LIBERTA di svolgere la sua MISSIONE PASTORALE di SANTIFICAZIONE ed EVANGELIZZAZIONE. LIBERTA DI ORGANIZZAZIONE per l’ESRCIZIO PUBBLICO DEL CULTO. LIBERTA di ESERCIZIO DEL MAGISTERO. LIBERTA di COMUNICAZIONE e CORRISPONDENZA fra SANTA SEDE, la CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA e REGIONALE, i VESCOVI, il CLERO e i FEDELI. ENTI CENTRALI DELLA CHIESA CATTOLICA L’art. 11 del Trattato gli ENTI CENTRALI DELLA CHIESA CATTOLICA sono ESENTI da : ogni INGERENZA da parte dello STATO ITALIANO CONVERSIONE dei BENI IMMOBILI Questa norma pone un PROBLEMA INTERPRETATIVO : cosa s’intende per ENTI CENTRALI DELLA CHIESA ? Quest’espressione non trova riscontro né nell’ordinamento canonico, né in quello italiano. Per rispondere sono state proposte 2 TESI INTERPRETATIVE : 1. INTERPRETAZIONE RESTRITTIVA ENTI CENTRALI DELLA CHIESA è sinonimo di SANTA SEDE in senso lato, cioè gli ORGANISMI costituenti CURIA ROMANA. 2. INTERPRETAZIONE ESPANSIVA ENTI CENTRALI DELLA CHIESA è sinonimo di ENTI PONTIFICI cioè considera come ENTI CENTALI, ogni ENTE GESTITO DIRETTAMENTE DALLA SANTA SEDE anche se AUTONOMO rispetto agli ENTI DELLA CURIA ROMANA e anche svolgendo ATTIVITA in SETTORI LONTANI DALL’AZIONE SPIRITUALE DELLA CHIESA. Per quanto riguarda il CONTENUTO DELLA GARANZIA, la norma precisa che l’ESENZIONE di cui godono gli ENTI CENTRALI DELLA CHIESA, si estende ad OGNI INGERENZA. Tale ESENZIONE, riguarda lo STATO ITALIANO in tutte le sue ARTICOLAZIONI TERRIOTRIALI e ISTITUZIONALI (compresa quella GIURISDZIONALE) Gli ENTI CENTRALI DELLA CHIESA sono una CATEGORIA DISTINTA dagli ENTI ECCLESIASTICI CIVILMENTE RICONOSCIUTO, in quanto ad essi sono si applicano le disposizioni della l. 222/1985 RAPPORTI di LAVORO dei DIPENDENTI della SANTA SEDE e degli ENTI CENTRALI DELLA CHIESA Nel 1989 il Papa Giovanni Paolo II ha istituito l’UFFICIO DEL LAVORO DELLA SEDE APOSTOLICA a cui è affidata la COMPETENZA A DIRIMIRE le CONTROVERSIE relative i RAPPORTI DI LAVORO tra i DIPENDENTI DELLO STATO CITTA DEL VATICANO e l’AMMINISTRAZIONE VATICANA. Alcune ATTIVITA DELL’UFFICIO sono : Elaborazione di PROPOSTO o MODIFICHE LEGISLATIVE. Fornitura di PARERI relative ai REGOLAMENTI DELLE SINGOLE AMMINISTRAZIONI che riguardano l’ambito del lavoro. Promuovere la CONCILIAZIONE, delle CONTROVERSIE INDIVIDUALI, PLURIME o COLLETTIVE tra le AMMINISTAZIONI e i loro DIPENDENTI o EX DIPENDENTI e in MANCANZA di procedere alla DECISIONE in MATERIA DI LAVORO è l’ATTIVITA PIU IMPORTANTE. Si genera un PORBLEMA nell’eventuale coinvolgimento dell’ AUTORITA GIUDIZIARIA ITALIANA in MATERIA DI LAVORO. È ESCLUSO se il RAPPORTO DI LAVORO è sorto nello STATO CITTA DEL VATICANO e si svolge con un ENTE che abbia SEDE ed OPERI nello STATO CITTA DEL VATICANO In questo caso l’ESCLUSIONE DELLA GIURISDIZIONE ITALIA è perché il RAPPORTO è ESTRANEO ALL’ORDINAMNETO ITALIANO sotto il profilo TERRITORIALE-GIURIDICO. Sorgono dei dubbi quando la CONTROVERSI DI LAVORO è tra DIPENDENDI che svolgono l’ATTIVITA NEL TERRIOTRIO ITALIANO. Per determinare quando sussiste o meno la GIURISDIZIONE ITALIANA, la GIURISPRUDENZA e DOTTRINA ITALIANA, hanno adottato un CRETERIO DISCRETTIVO : La GIURISDIZIONE ITALIANA è ESCLUSA quando la CONTROVERSIA ha per oggetto MANZIONI ISTITUZIONALE cioè un ATTVITA PROPRIA DELL’ORGANIZZAZIONE a cui il dipendente appartiene, salvo il caso in cui la controversia verta su PROFILI PATRIMONIALI. La GIURISDIZIONE ITALIANA è APPLICABILE quando la CONTROVERSIA DI LAVORO ha per oggetto MANSIONI COMUNI o NEUTRE ATTIVITA che potrebbero essere prestate ad un QUALSIASI ALTRO DATORE DI LAVORO. 02/11/2020 ART. 19 COST. : LIBERTA RELIGIOSA INDIVIDUALE Art. 19 Cost. LIBERTA RELIGIOSA : tutela in maniera molto ampia perché riguarda tutti, tutti possono professare la propria fede. Ha uno SCHEMA TIPICO SCHEMA DELLA REGOLA ECCEZIONE, cioè si afferma in maniera ampia una REGOLA (in questo caso quella di poter professare la propria fede ecc.) e allo stesso tempo la norma pone dei LIMITI, cioè delle ECCEZIONI (in questo caso che i RITI devono essere CONFORMI AL BUON COSTUME. (es. accade anche nella “CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO” che afferma in modo esplicito la tutela della libertà religiosa ma anche di poter essere in qualche modo diminuita L’art. 9 della CONVENZIONE è reso esecutivo con legge 848/1955 = LEGGE DI ESECUZIONE) *molte RESTRIZIONI delle LIBERTA RELIGIOSE per il Covid-19, non sono state prese per legge ma per DECRETO PRESIENZIALE, e dunque non essendo assunte per legge, non rispettano un principio fondamentale stabilito dalla Convenzione. La nostra Costituzione prevede che la LIBERTA DI CULTO può essere limitata solo se i RITI sono CONTRARI AL BUON COSTUME (=CONTRARI all’ONORE e PUDORE SESSUALE) LIMITE ESPLICITO Prevede allo stesso tempo anche altri LIMITI a cui è sottoposta la LIBERTA DI RELIGIONE come tutte le altre liberta e che sono LIMITI NECESSARI e IMPLICITI : TUTELA DELL’ORDINE PUBBLICO è un PRINCIPIO SUPREMO che non è contemplata esplicitamente nella nostra Costituzione per MOTIVI POLITICI perché quando fu redatta, era ancora troppo forte l’eco di un GOVERNO DITTATORIALE FASCISTA che giustifica ogni intervento sovversivo per motivi di ordine pubblico. BILANCIMANETO DI INTERESSI per la PROTEZIONE dei DIRITTI e delle LIBERTA ALTRUI. Vi è BILANCIAMNETO DI INTERESSI UGUALMENTE TUTELATI dalla nostra Costituzione. Nessun DIRITTO o LIBERTA è quello ASSOLUTO (forse solo quello alla vita) perché vi è LIMITE di ogni DIRITTO, nell’ESERCIZIO DI ALTRI DIRITTI esistenti in un ordinamento. La CESSAZIONE o REVOCA è regolata esclusivamente dalle NORME CONFESSIONALI e non può essere sindacata davanti al giudice di stato. La l.1159/1929 prevede che la perdita nell’ordinamento di stato può esservi anche per la REVOCA della QUALIFICA da parte del MINISTRO DELL’INTERNO. DIRITTI e OBBLIGHI dei MINISTRI DI CULTO La LEGGE STATALE riconosce ai ministri di culto alcuni DIRITTI e anche alcuni OBBLIGHI. Prevede : CASI INCOMPATIBILITA lo stato prevede che i ministri non possono svolgere le professione di notaio, avvocato di giudice popolare, giudice di pace, di giudice onorario di tribunale, giudici ausiliari e giudici onorari aggregati CASI INELEGGIBILITA non sono eleggibili come sindaco, presidente di provincia, presidente di regione ecc. Inoltre quelli che hanno CURA D’ANIME non possono essere eletti come consiglieri comunali e provinciali nel territorio dove esercitano il loro ufficio. DIRITTI : ESONERO DAL SERVIZIO MILITARE dei MINISTRI DI CULTO per i MINISTRI DELLA CHIESA CATTOLICA la disciplina concordataria prevede il diritto ad ottenere su loro RICHIESTA di essere esonerati dal SERVIZIO MILITARE oppure di essere assegnati al SERVIZIO CIVILE SOSTITUTIVO. Analogo diritto è riconosciuto ad altre confessioni che hanno stipulato un’intesa. (es. ortodossi / buddisti / induisti che però non contemplano esonero ma prevedono la possibilità di assegnazione al servizio civile) Altre intese prevedono che ai ministri di culto dev’essere consentito svolgere (oltre obblighi del servizio militare) anche l’ASSISTENZA SPIRITUALE dei militari che lo richiedono. Con l’abolizione del servizio di leva obbligatorio questo diritto è divenuto inutilizzato, ma riacquista significato nel caso di MOBILITAZIONE GENERALE (=IPOTESI BELLICA) per cui ci sono TATTAMENTI DIFFERENZIATI in base alla confessione del ministro : CHIESA CATTOLICA, CHIESA AVVENTISTA, CHIESA APOSTOLICA e COMUNITA EBRAICA svolgono la CURA DELLE ANIME e perciò sono esonerati o assegnati al sevizio civile. MINISTRI DI ALTRE CONFESSIONE non svolgendo la cura delle anime, vengono assegnati o al servizio civile o al sanitario su loro richiesta oppure anche al ministero religioso fra le truppe DIRITTO AL SEGRETO D’UFFICIO È riconosciuto sia dalla disciplina pattizia che da alcune norme statali unilaterali. (es. art. 4 accordo modificazione del concordato i ministri di culto cattolico non sono tenuti a dare ai magistrati o altra autorità, informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero / in altre intese è riconosciuto il diritto a mantenere il segreto su quanto appreso durante lo svolgimento della loro funzione) Il legislatore statale in più ha aggiunto delle NORME STATALI UNILATERALI : art. 200 codice di procedura penale OBBLIGO DI DEPORRE NEL PROCESSO PENALE. Prevede che i ministri di confessioni religiose non possono essere obbligati a deporre su ciò che hanno conosciuto per ragioni del proprio ministero, salvi i casi in cui c’è obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria. Il giudice dello stato se ha motivo di dubitare della dichiarazione resa dai ministri di confessione per esimersi dal testimoniare sia infondata, verifica e se c’è infondatezza lo obbliga a deporre. Non prevede però un divieto assoluto a testimoniare ma attribuisce ai ministri il DIRITTO DI ASTENERSI o di non dire alcune cose senza finire nel REATO DI FAVOREGGIAMENTO o FALSA TESTIMONIANZA. Per quanto riguarda la facoltà del giudice di accertare la fondatezza e di obbligarlo a deporre, la dottrina ha sottolineato una differenza tra la normativa statale e la normativa pattizia perché quest’ultima configura un diritto al segreto in termini assoluti (mentre l’art. 200 non lo prevede in modo assoluto) In ogni caso la violazione dell’art. 200 comporta l’ INUTILIZZABILITA DELLA PROVA RACCOLTA. art. 256 codice di procedura penale DOVERE DI ESIBIZIONE : dice che i ministri devono consegnare immediatamente all’autorità giudiziaria gli atti e documenti, dati e informazioni anche informatiche, salvo che dichiarino che tale materiale è coperto da segreto inerente al ministero. Anche in questo caso il giudice può provvedere all’accertamento e li sequestra in caso di fondatezza. art. 261 c.p. MATERIA DI INTERCETTAZIONI e COMUNICAZIONI RIGUARDO I MINISTRI DI CULTO : è vietato l’uso se esse hanno ad oggetto fatti conosciuti dal ministro per ragioni del loro ministero, salvo che sugli stessi fatti i ministri abbiano già parlato. art. 362 c.p. ONERE DEL PM : l PM è tenuto ad assumere informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili per l’indagine ma nel rispetto dell’art. 200. In sede civile è riconosciuto un DIRITTO DI ASTENZIONE per i ministri di culto che devono testimoniare, e ciò viene detto dall’art. 249 codice di procedura civile che richiama l’art. 200 codice di procedura penale. La ratio di queste norme è che il legislatore garantendo il segreto, ha inteso tutelare la LIBERTA RELIGIOSA del fedele che si affida al ministro di culto e al contempo il LIBERO ESERCIZIO delle FUNZIONI MINISTERIALI del ministro di culto. “ Per ragioni del proprio ministero “ Questo termine ha un’interpretazione ampia è coperto da segreto tutto ciò che viene appreso dal ministro nel corso di determinati riti, celebrazioni o incontri ufficiali con i fedeli (es. il sacramento della confessione) Ogni altra informazione di cui entra a conoscenza per ragione della sua qualifica o funzione non ne fanno parte se ricevute in momenti privati con amici, familiari ecc. Il SEGRETO D’UFFICIO è sia DIRITTO che DOVERE i ministri di culto devono rilevare le notizie che nell’esercizio delle funzioni abbiamo appreso a titolo di segreto da terzi. Lo prevede ad esempio l’ordinamento canonico : se rivela viene squalificato dalla carica anche quando autorizzati dl penitente SIGILLO SACRAMENTALE. art. 622 c.p. punisce a querela della persona offesa, il ministro di culto che riveli senza giusta causa un segreto di cui ha avuto notizia PER RAGIONI DEL MINISTERO impiegandolo per il proprio o l’altrui profitto. Può assumere rilievo quale CIRCOSTANZA AGGRAVANTE : art. 61 c.p. prevede come circostanza aggravante di reato l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di culto o l’aver commesso il fatto contro un ministro di culto. art 403 c.p. REATO DI OFFESA ALLA CONFESSIONE REL. CON VILIPENDIO DEL MINISTRO DI CULTO. art. 405 c.p. punisce chiunque impedisca o turbi l’esercizio di funzioni, celebrazioni, cerimonie o pratiche religiose compiute con l’assistenza del ministro di culto. Sotto il profilo procedurale quando è necessario esercitare l’azione penale contro un MINISTRO DELLA CHIESA CATTOLICA, l’ordinamento penale prevede una GARANZIA DI INFORMAZIONE nei confronti dell’autorità ecclesiastica, per cui l’’autorità italiana darà informativa all’autorità ecclesiastica competente per territorio ( in genere è l’orinario della diocesi) dell’imputato per quanto riguarda la procedura penale. REMUNERAZIONE e PREVIDENZA DEI MINISTRI Dal PUNTO DI VISTA CIVILISTICO, la natura della remunerazione è controversa. Parte della dottrina dice che è DIRITTO DI CREDITO PURO che nasce nell’ordinamento confessionale ma azionabile davanti al giudice ordinario. Un altra parte dice che si tratti di ASSISTENZA OBBLIGATORIA o di un ASSEGNO DI ALIMENTI per il ministro. Poi vi è un ultima parte della dottrina che dice che debba essere EQUIPARATA alla RETRIBUZIONE PER LAVORO PRESTATO IN SENSO TECNICO. In ogni caso non può essere PIGNORATA. (art. 545 codice di procedura civile) Dal PUNTO DI VISTA FISCALE la disciplina pattizia stabilisce che la remunerazione del ministro va EQUIPARATA al REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE quindi l’ENTE ECCLESIASTICO è tenuto ad operare le ritenute IRPEF e a versarle allo stato così come deve pagare CONTRIBUTI ASSISTENZIALI e PREVIDENZIALI. L’ordinamento tutela la pensione ecc. attraverso un FONDO DELL’INPS che è alimentato con CONTRIBUTO STRAORDINARIO dello STATO e degli ISCRITTI FONDO DI PREVIDENZA DEL CLERO E CONFESSIONI DIVERSE DALLA CATTOLICA. Sono obbligati all’iscrizione al fondo i SACERDOTI CATTOLICI e inoltre per i ministri ecclesiastici lo stato prevede anche le forme previdenziali e assistenziali integrative. Per gli altri è solo facoltativo. La RILEVANZA CIVILE dei PROVVEDIMENTI disciplinari delle AUTORITA ECCLESIASTICHE emessi nei confronti di ECCLESIASTICI e RELIGIOSI CATTOLICI. Il TRATTATO LATERANENSE attribuisce piena EFFICACIA GIURIDICA a tutti gli EFFETTI CIVILI, alle SENTENZE e PROVVEDMENTI dell’AUTORITA ECCLESIASTICA e UFFICIALMENTE COMUNICATI alle AUTORITA CIVILI riguardo MATERIE SPIRITUALI e DISCIPLINARI CONTRO ECCLESIASTICI e RELIGIOSI. Nel PROTOCOLLO ADDIZIONALE si specifica che seppure hanno effetti civili, ciò è subordinato al fatto che i provvedimenti siano in armonia con i DIRITTI COSTITUZIONALMENTE GARANTITI ai cittadini italiani. Sottolinea la LIBERTA ORGANIZZATIVA della CHIESA CATTOICA e l’ INCOMPETENZA DELLO STATO sulle determinazioni dell’ambito disciplinare. (es. giudice civile no può sospendere provvedimento con cui vescovo revoca un parroco a meno che il provvedimento non vada contro i diritti costituzionali. In tal caso il giudice può valutarlo come illegittimo ) È necessario che l’elemento di turbamento deve avvenire alla presenza di un ministro di culto in luogo sia pubblico che privato o in luogo destinato al culto o in luogo pubblico. 2° comma : prevede l’AGGRAVANTE in caso di VIOLENZA o MINACCIA “Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni.” Art. 402 e art. 406 c.p. ABROGATI dalla l.85/2006 Art. 724 c.p. BESTEMMIA E MANIFESTAZIONI OLTRAGGIOSE VERSO I DEFUNTI : comporta una PENA PECUNIARIA per : REATO DI BESTEMMIA OLTRAGGIO AI DEFUNTI L. 654/1975 ha previsto l’eliminazione di ogni forma di discriminazione ed è stata modificata dalla l.85/2006 che ha introdotto alcuni reati di discriminazione nell’ art.604-bis c.p. prevede che sia punito chi istiga o commette atti di discriminazione per motivi etnici, razzali o religiosi e che sia vietata ogni organizzazione, associazione e movimento avente tra gli scopi la discriminazione e l’ incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi con pena detentiva da 6 mesi a 4 anni. È punita anche la sola partecipazione. Significa che vi è un REATO SPECIFICO PROPAGANDA FONDATA CON ISTIGAZIONE A COMMETTERE REATI DI TIPO RELIGIOSO o anche PER MOTIVI RAZZIALI e ETNICI. Esistono REATI anche per MOTIVI RELIGIOSI. Sentenza 440/1995 - Corte Costituzionale intanto rimprovera il legislatore che deve occuparsi lui della modifica delle norme e non la Corte Costituzionale che invece in questo caso è dovuta intervenire per rendere l’art. 724 c.p conforme a Costituzione. La Corte ha dichiarato l’ ILLEGITTIMITA COSTITUZIONALE di tale articolo limitatamente alle parte che si riferisce alla “religione di Stato” così che venga reso applicabile a tutte le confessioni religiose. 13/11/2020 LIBERTA RELIGIOSA in rapporto con il DIRITTO PRIVATISTICO In particolare nel : DIRITTO DI FAMIGLIA DIRITTO DEL LAVORO LIBERTA RELIGIOSA è un DIRITTO PUBBLICO SOGGETTIVO cioè può essere fatto valere sia davanti allo STATO è perciò INDISPONIBILE e sia tra RAPPORTI FRA PRIVATI. RILEVANZA INTER PRIVATA della LIBERTA RELIGIOSA DIRITTO DI FAMIGLIA Premessa : ne parleremo di più riguardo il MATRIMONIO che è l’ambito più rilevante per la LIBERTA RELIGIOSA FAMILIARE La legislazione varia frequentemente in questo ambito specifico : LIBERTA EDUCATIVA DELLA FAMIGLIA il PRIMO SOGGETTO EDUCATIVO per DIRITTO NATURALE, è la FAMIGLIA. Gli altri soggetti educativi sono SUSSIDIARI là dove non può subentrare la famiglia (es. la scuola, lo Stato, la Chiesa ecc.) DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO (ONU, 1948) art 26 par. 4 DIRITTO DI OGNI PERSONA ALL’EDUCAZIONE MORALE e RELIGIOSA e il DIRITTO PRIORITARIO dei GENITORI nel determinarla. COVENZIONE PER I DIRITTI DELL’UOMO (esecutiva dal 1955 in Italia seppure emanata nel 1950) ha dei PROTOCOLLI ADDIZIONALI 1° protocollo nel 1952 : il DIRITTO ALL’ISTRUZIONE non può essere RIFIUTATO A NESSUNO, lo Stato deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare ai figli un istruzione in base alle loro convinzioni religiose filosofiche e pedagogiche nel rispetto della LIBERTA del FIGLIO. Lo Stato deve creare ISTITUZIONI e SCUOLE (ha una PRIOPRITA FUNZIONALE rispetto a quello della FAMIGLIA altrimenti quest’ultimo non potrebbe assumere il ruolo di primo soggetto educativo) che permettano di garantire questo diritto ai genitori. Da un lato c’è il DIRITTO DEI GENITORI di assicurare al figlio l’EDUCAZIONE COERENTE al PROGETTO EDUCATIVO in base al loro credo o/e alla loro cultura e dall’altro il DOVERE DELLO STATO / altre ISTITUZIONI di RISPETTARE il DIRITTO DEI GENITORI creando scuole e strumenti per farlo. Sono L’UNA STRUMENTALE PER L’ALTRA e hanno la MEDESIMA FINALITA EDUCAZIONE e CRESCITA DELLA PERSONA UMANA. La maggior parte delle costituzioni dei paesi europei prevedono il DIRITTO DI ISTITUIRE SCUOLE NON STATALI da parte di PRIVATI (es. associazioni, istituzioni, singoli ecc.) In Italia è un po’ più complesso, ma comunque anche la nostra Carta Costituzionale garantisce questo diritto (art. 33 Costituzione) ma mentre gli altri paesi prevedono una PARTECIPAZIONE ECONOMICA DELLO STATO nei confronti dell’Istituzione privata che si occupa dell’educazione in quanto si assume l’ONERE DI CREARE ISTITUTI EDUCATIVI da cui lo Stato viene sgravato. È perciò logico che lo Stato cooperi con il privato che si assume l’onere al suo posto, mentre in Italia lo Stato non può intervenire. Istituzionalmente chiunque può creare istituti educativi ma lo Stato non coopera economicamente all’esercizio di questo diritto. Durante la creazione della Costituzione italiana, i comunisti accettarono la clausola dell’art. 7 che prevedeva i Patti Lateranensi, a patto che venisse inclusa una clausola all’art.33 che prevedeva il NON OBBLIGO DELLO STATO di FINANZIARE questi ISTITUTI PRIVATI. (è l’unica Costituzione europea che presenta tale clausola) Così facendo si crea LIMITE nei confronti della realizzazione del DIRITTO DEI GENITORI di realizzare il loro PROGETTO EDUCATIVO. *La GIURISPRUDENZA ITALIANA afferma che il CREDO RELIGIOSO DEI GENITORI , non è un CRITERIO VALIDO per l’AFFIDAMENTO DEI FIGLI perché l’ORDINAMENTO ITALIANO è LAICO. Può essere uno dei criteri, ma non quello base. (es. in caso di divorzio i figli vengono affidati in base al criterio del maggior interesse del figlio e solo in secondo luogo si può osservare il criterio religioso). LIBERTA FORMATIVA ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA STESSA DIRITTO DEL LAVORO Esprimere la propria LIBERTA RELIGIOSA anche nell’AMBITO LAVORATIVO. Art. 4 l. 604/1966 il LICENZIAMENTO per rappresaglia CONTRO LA FEDE RELIGIOSA è NULLO, INDIPENDENTEMENTE dalla MOTIVAZIONE UTILIZZATA. STATUTO DEI LAVORATORI : Art. 1 garantisce la LIBERTA DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO negli AMBIENTI DI LAVORO senza DISTINZIONE di FEDE RELIGIOSA. Art. 15 gli atti, accordi, trasferimenti, qualifiche ecc. di un lavoratore subordinarli alla sua RELIGIONE, sono NULLI (art. 15 l.300/1970) Art. 18 se sussistono le condizioni enunciate in questo articolo, in caso di LICENZIAMENTO NON GIUSTIFICATO e per MOTIVI IDEOLOGICI, l’imprenditore ha l’OBBLIGO DI REINTEGRARE il LAVORATORE LICENZIATO. In quanto al lavoratore spetta la TUTELA REALE prevista da questo articolo. Diverso è il caso in cui un ENTE DATORE DI LAVORO (o associazione datrice di lavoro) che abbia ESPLICITA IMPRONTA CONFESSIONALE (es. ospedale gestito da enti religiosa, scuola ecc.) richieda ai propri lavoratori l’appartenenza a una data confessione e può prevedere che l’abbandono comporti la risoluzione del rapporto di lavoro. Vi è un bilanciamento tra libertà religiosa del singolo e la LIBERTA e AUTONOIA DELL’ORGANIZZAZIONE e il DIRITTO ALLA PROPRIA IDENTITA CONFESSIONALE. In questi casi è LEGITTIMO SUBORDINARE l’ASSUNZIONE all’APPARTENENZA RELIGIOSA e LICENZIARE il DIPENDENTE che abbia CAMBIATO RELIGIOSA. Questo perché l’IDEOLOGIA entra a far parte del CONTRATTO. DIRETTIVA n° 78/2000 art. 13 riguarda la PARITA DI TRATTAMENTO IN AMBITO OCCUPAZIONALE e prevede che le CHIESE ed altre ORGANIZZAZIONE PUBBLICHE / PRIVATE la cui ETICA è fondata sulla RELIGIONE o CONVINZIONI PERSONALI hanno il DIRITTO di emanare DISPOSIZIONI che contemplino una DIFFERENZA DI TRATTAMENTO basata sulla RELIGIONE e CONVINZIONI PERSONALI. Non costituisce DISCRIMINAZIONE se per la natura e contesto di queste attività, la religione e rappresentino un REQUISITO ESSENZIALE, LEGITTIMO e GIUSTIFICATO per lo svolgimento dell’attività lavorativa tenuto conto dell’etica dell’organizzazione. DECRETO LEGISLATIVO 216/2003 ha reso ESECUTIVA questa DIRETTIVA in Italia nel rispetto dei PRINCIPI DI PROPORZIONALITA e RAGIONEVOLEZZA nell’AMBITO DEI RAPPORTI DI LAVORO, non costituiscono DISCRIMINAZIONI le DIFFERENZE DI TRATTAMENTO riguardanti la religione, convenzioni personali, orientamento sessuale, età qualora per la NAUTRA e CONTESTO dell’ATTIVITA, siano REQUISITIT ESSENZIALE e DETERMINANTE ai fini dello SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITA. Gli ENTI CONFESSIONALI possono esigere che il DIPENDENTE abbia una SINTONIA IDEOLOGICA con il DATORE DI LAVROO purché sia REQUIITO ESSENZIALE, LEGITTIMO e GIUSTIFICATO ai fini dello SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITA. Questo principio è presente in 2 SENTENZE del 2010 della CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI : 1. Riguarda l’organista di una parrocchia cattolica. Questo aveva assunto una posizione incoerente con il magistero Cattolico, era stato licenziato (aveva divorziato e si era risposato). In questo caso la Corte ha deciso che il LICENZIAMENTO era ILLEGITTIMO perché l’organista nella parrocchia svolgeva una MANSIONE TECNICA che non richiedeva che la sua SCUOLE PUBBLICHE NON STATALI Anche i PRIVATI possono offrire un SERVIZIO PUBBLICO (cioè l’ISTRUZIONE) e dunque lo Stato non coincide con il pubblico. L’ACCESSO alla PARITA SCOLASTICA è subordinato al possesso di determinati REQUISITI : vi dev’essere un PROGETTO EDUCATIVO che sia in armonia con i PRINCIPI COSTITUZIONALI (POF = piano offerta formativa) dunque una scuola che rispetti il PRINCIPIO DI LEGALITA vi devono essere STRUTTURE COERENTI con la NORMATIVA VIGENTE in EDILIZIA e ATTREZZATURA SCOLASTICA. La scuola deve avere un’impronta DEMOCRATICA. Non può esservi una selezione di accesso alla scuola, l’ISCRIZIONE dev’essere LIBERA. Applicazione della normativa vigente per STUDENTI IN SITUAZIONI DI SVANTAGGIO Il PERSONALE DOCENTE deve avere il TITOLO DI ABILITAZIONE necessario per quel corso. I LAVORATORI devono avere un CONTRATTO INDIVIDUALE coerente con i CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI DI SETTORE. L’ente gestore della scuola quando presta richiesta di QUALIFICA PARITARIA all’ ufficio regionale scolastico, deve avere questi requisiti e li deve mantenere costantemente perché sottoposto a controlli annuali. Nel momento in cui sono riconosciute possono rilasciare titoli di studio con validità legale di parità scolastica. Vi sono poi SCUOLE PRIVATE NON PARITARIE l. 250/2005 L’esercizio dei privati di istituire scuole (private o pubbliche non statali) deve avvenire senza oneri per lo stato. Da ciò sembrerebbe che non vi sia nessun tipo di finanziamento pubblico (né diretto e né indiretto) da parte dello Stato nei confronti di queste scuole. Alcuni ritengono che sia proprio vietato per lo Stato, mentre altri dicono che il divieto sia solo per il momento di “istituire” la scuola (è un’interpretazione più letterale). Sentenza 36/1982 Corte Cost. ha specificato che la garanzia costituzionale non prevede che lo Stato però si assuma oneri. Allo stesso tempo però lo Stato ha previsto la fornitura di libri per le scuole pubbliche non statali per una questione di provvidenza nei confronti degli studenti e non delle scuole. Sentenza 454/1994 Corte Cost. tuttavia lo stato può finanziare gli studenti delle scuole pubbliche non statali come quelle pubbliche statali perché non equivale ad assumersi un onere nei confronti della scuola, ma è nei confronti dello studente l’onere. A prescindere dall’istituto formativo, lo studente ha il diritto a ricevere i libri di testo dallo Stato. Alcune regioni avevano previsto i BUONI SCUOLA sono dei finanziamenti indiretti che sono liberamente utilizzabili per pagare le rette d’iscrizione di entrambi i tipi di scuole paritarie. Inoltre esiste un CONTRIBUTO ALLE FAMIGLIE TESTO UNICO SULLE IMPOSTE DEI REDDITI fa in modo che le famiglie possano effettuare uno SGRAVIO FISCALE. Art. 9 ACCORDO DI REVISIONE (di Villa Madama) del CONCORDATO 1984 alle scuole istituite dalla Chiesa Cattolica che ottengano la parità, è assicurata PIENA PARITA e il MEDESIMO TRATTAMENTO degli studenti della scuola pubblica statale. Ciò è previsto anche per altre confessioni religiose che hanno stipulato un’INTESA approvata con legge (es. art.7 dell’INTESA con ISTITUTO BUDDISTA) mentre per le altre confessioni religiose che non hanno stipulato un’intesa, si applica l’ art. 24 del Decreto 1930 limita la possibilità per questi enti di istituire le sole scuole elementari. ISTITUZIONE FASE STATICA GESTIONE FASE DINAMICA Art. 1 comma 3 L.62/2000 chiede di indicare alle scuole nel loro progetto normativo l’eventuale ispirazione di tipo religioso Art. ………. vieta alle scuole paritarie di far seguire obbligatoriamente agli studenti delle attività che prevedono l’adesione a una determinata ideologia o confessione religiosa. Art. 3 DECRETO MINISTERIALE 83/2008 prevede che la DOMANDA per ottenere il RICONOSCIMENTO DELLA PARIETARIETA della scuola da parte di un GESTORE RELIGIOSO, dev’essere provvisto anche del NULLA OSTA dell’ENTE ECCLESIASTICO COMPETENTE. Sempre nel DECRETO MINISTERIALE 83/2008 è previsto che i RELIGIOSI che collaborano con queste scuole, siano ESCLUSI dall’applicazione dei CONTRATTI NAZIONALI per il personale della scuola. Da ciò non sono esonerati gli altri docenti. DIRETTIVA UE 78/2000 dice parità docenti ..? INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA nelle SCUOLE PUBBLICHE STATALI Vi è il DIRITTO DI AVVALERSI o MENO DELL’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA. Art. 9 comma 2 CONCORDATO 1984 Villa Madama ribadisce ciò che veniva detto dal Concordato del 1929 nell’art. 36, per cui lo Stato si impegnava a insegnare la religione cattolica nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie sia inferiori che superiori non universitarie. Ora non è più però un FONDAMENTO RELIGIOSO, ma il fondamento è che i VALORI DELLA CULTURA REGLIOSA CATTOLICA e che i PRINCIPI DEL CATTOLICESIMO sono parte del PATRIMONIO ITALIANO. Art. 5 del PROTOCCOLO ADDIZIONALE specifica le MODALITA CONCRETE di ADEMPIMENTO da parte dello Stato di tale impegno DPR 175/2012 .. ? PROBLEMA DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE L’accordo di Villa Madama introduce un DOPPIO REQUISITO per gli INSEGNANTI DI RELIGIONE : IDONEITA PROFESSIONALE nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, è necessario un titolo accademico in teologica o altra disciplina ecclesiastica, conferito da una facoltà approvata dalla santa Sede. Oppure attestato di compimento di studi teologici in seminario. Oppure chi ha la laurea magistrale in scienze religiose sempre di un istituto superiore di scienze religiose sempre approvata. Per le scuole primarie o i medesimi titoli sopra citati oppure da sacerdoti ,diaconi o religiosi con qualificazione da parte di una conferenza episcopale italiana o dagli insegnanti della classe purché in possesso di uno specifico master di 2 ° livello per l’insegnamento della religione cattolica approvato dalla conferenza episcopale. IDONEITA RELIGIOSA e MORALE da parte dell’AUTORITA ECCLESIASTICA COMPETENTE Consiste nel determinare che il soggetto sia una persona è eccellenza per , testimonianza di vita .. e Ha effetto permanente tranne in caso di REVOCA DEL NULLA OSTA che comporta la CESSAZIONE AUTOMATICA DALL’INCARICO DI INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA. Art. 4 … ha posto l’alternativa per l’insegnante assunto a tempo indeterminato a cui hanno revocato l’idoneità religiosa, si prevede da un lato che non prosegua l’insegnamento cattolico ma può insegnare per altri titoli per cui è abilitato. La NOMINA e l’ASSUNZIONE degli INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA dipende solo dalle ISTITUZIONI SCOLASTICHE in intesa con l’ORDINARIO DIOCESANO. È sempre necessaria un’ INTESA con l’AUTORITA ECCLESIASTICA. (come determinato dal DPR 175/2012) l.186/2003 prima si prevedeva che non ci fosse un RUOLO DA INSEGNANTE RELIGIOSO e che la nomina e l’assunzione era sempre a TEMPO DETERMINATO. Con tale legge si è previsto un ruolo per i docenti di scuola dell’infanzia e primaria e un ruolo per la scuola secondaria. All’assunzione stabile si accede attraverso concorso ed è previsto che il 70% degli insegnanti debbano essere DI RUOLO per le SCUOLE PUBBLICHE STATALI e il restante 30% attraverso NOMINA A TEMPO DETERMINATO. Entrambe devono però essere stipulate con un’INTESA con l’ORDINARIO DIOCESANO. Art. 2 DPR 175/2012 dice che i DOCENTI di RELIGIONE CATTOLICA sono alla PARI per DIRITTI e DOVERI con gli altri insegnanti ma con alcune caratteristiche peculiari per cui il docente di religione può partecipare alla valutazione dei soli studenti che hanno deciso di partecipare all’insegnamento della religione cattolica e inoltre in caso di VOTO DECISIVO per lo studente, il suo voto non vale come voto ma diviene VALUTAZIONE MOTIVATA. 23/11/2020 DIRITTO DI SCELTA di AVVALERSI o meno della RELIGIONE CATTOLICA In Olanda si afferma il calvinismo ma vi erano altre forti minoranze di altre religioni (es. comunità ebraica e cattolica) i quali matrimoni però non erano ritenuti tali da part dello Stato. In Olanda viene introdotto il matrimonio civile in alternativa al matrimonio calvinista, ma ancora non vengono riconosciuti i matrimoni di altre confessioni religiose. Nel 1602 la Santa Sede determinò che …. la FORMA STRAORDINARIA VALIDA AGLI EFFETTI CIVILI (?) Si parlò per la prima volta in Inghilterra di MATRIMONIO CIVILE OBBLIGATORIO introdotto nel 1653 da Cromwell ma ritirato soli 7 anni dopo. In Francia in seguito alla Rivoluzione francese nel 1792 con legge del 25 settembre introdusse il MATRIMONIO CIVILE OBBLIGATORIO come unico valido ( ciò era previsto nell’art. 7 della COSTITUZIONE RIVOLUZIONARIA del 1791) La legge francese considerava il MATRIMONIO come un mero (seppure il più sacro) CONTRATTO CIVILE che come poteva crearsi, poteva sciogliersi. L’ordinamento francese fu il primo a introdurre il concetto di DIVORZIO CIVILE . (è stabilito nella LEGGE del 1792) Il CODICE DI NAPOLEONE fu una regolamentazione che si diffuse in tutta Europa e prevedeva come unica forma obbligatoria e valida di matrimonio, era appunto quella civile. Si dubitò se introdurre il divorzio ma fu lo stesso Napoleone che ne impose l’adozione per suoi motivi personali. (stessa cosa fece ENRICO VIII in Inghilterra) Con il Congresso di Vienna il divorzio fu eliminato per poi essere reintrodotto nel 1884 con la LEGGE LACHE’ nel 1880. I codici in Italia poi furono delle copie del Codice napoleonico ma si discostavano per la disciplina del matrimonio in quanto nell’Italia preunitaria l’unico matrimonio a produrre effetti civili era ancora quello cattolico ( = MATRIMONI CANONICO) Il Regno d’Italia tra le opere a cui dà avvio per un’unificazione politica e giuridica con l’istituzione di un nuovo codice del 1865. Questo nuovo codice prevede che l’unico matrimonio che produce effetti civili è quello civile e il matrimonio canonico non ha più alcun effetto civile. Se si voleva celebrare anche il matrimonio religioso, si doveva compiere sia il matrimonio civile che quello religioso. L’Italia però non ha introdotto il DIVORZIO a differenza della Francia, nonostante vi fossero stati dei tentativi. Dal 1865 al 1929 l’unico regime matrimoniale era quello civile con tutte le conseguenze sull’eredità, filiazione ecc. Nel 1929 fu stipulato il CONCORDATO tra Stato e Chiesa Cattolica e anche la CONVENZIONE FINANZIARIA. Alcune norme del CONCORDATO riguardavano la DISCIPLINA MATRIMONIALE : Art. 34 CONCORDATO 1929 lo Stato italiano riconosce in maniera conferma che il matrimonio ha una natura specifica religiosa e non è solo civile, per cui vengono riconosciuti al matrimonio canonico gli EFFETTI CIVILI. Ciò però avveniva solo attraverso la TRASCRIZIONE DEL MATRIMONIO da parte del sacerdote ecc. Tale trascrizione ha EFFETTO RETROATTIVO. Inoltre lo Stato riconosceva l’ESCLUSIVA COMPETENZA DELLA CHIESA a riguardo della VALIDITA del MATRIMONIO CANONICO. Lo Stato si assumeva anche l’impegno di far valere anche in Italia le SENTENZE DELLA CHIESA CATTOLICA. Il CONCORDATO del 1984 nell’art.8 e nel punto 4 del PROTOCOLLO ADDIZIONALE prevedono invece che il matrimonio canonico abbia effetti civili senza necessità di un altro riconoscimento da parte dello Stato a condizione che sia la trascrizione nei registri pubblici civili previe pubblicazioni. L. 847/1929 legge unilaterale dello Stato italiano per specificare l’art.34 del Concordato e che riguardava alcune norme in materia matrimoniale. Con la l.121/1985 si è reso esecutivo il nuovo accordo concordatario e apportato delle modifiche ma ha lasciato quasi del tutto integro il sistema presente nel 1929, ciò è visibile dal fatto che sia ancora in vigore la legge matrimoniale l.847/1929 : cioè la legge che aveva data esecuzione al Concordato del 1929 che però non è più in vigore. Questo causa difficoltà per l’interprete di coordinare la l.847/1929 con il Nuovo concordato, perché bisogna armonizzare la vecchia e nuova disciplina. Ciò ha comportato molti conflitti nella giurisprudenza. L.1159/1929 lo stato riconosceva che anche il matrimonio davanti a un ministro di culto diverso da quello cattolico poteva avere EFFETTI CIVILI ma veniva riconosciuta solo la FORMA DEL MATRIMONIO e non l’EFFICACIA DELLA GIURISDIZIONE SUL MATRIMONIO all’interno dello Stato. Inoltre per il matrimonio vi erano alcune limitazione la nomina del ministro di culto doveva essere nominato dal ministro dell’interno. Messa in atto con regio decreto del 1930. Tutto ciò viene riportato nel CODICE CIVILE del 1942. 30/11/2020 MATRIMONIO Il MATRIONIO RELIGIOSO attraverso la trascrizione nei pubblici registri civili si producono gli EFFETTI del MATRIMONIO CIVILE. È un PROCESSO AMMINISTTIVO che richiede diversi passaggi : PUBBLICAZIONI atto mediante il quale viene resa pubblica la volontà dei due futuri sposi di contrarre matrimonio. È un istituito tradizionale del diritto canonico fatto proprio in seguito dal diritto civile. In quanto il matrimonio è un atto negoziale che nasce per volontà delle parti attraverso il consenso ma ha anche una rilevanza pubblica. Servono a rendere pubblico l’atto affinché chi conosca motivi che contrastino con la validità e liceità del matrimonio possa opporsi. Sia l’ordinamento della Chiesa che quello dello Stato hanno il medesimo interesse NECESSITA DI PUBBLICITA. Lo Stato prevede alcune norme specifiche sulle PUBBLICAZIONI : Art. 96 e seguenti del c.c. DPR n. 396/2000 è un decreto di delegificazione che pur essendo una norma consente di abrogare e sostituire alcune norme del codice. ELEMENTI ESSENZIALI : 1. RICHIESTA DELLE PUBBLICAZIONI all’ufficiale dello Stato civile del comune di residenza di uno dei due sposi (successivamente anche nel comune di residenza dell’altro sposo se diverso) e dev’essere fatta da entrambi gli sposi o da persona da loro delegata. La richiesta deve contenere esplicitamente la volontà di celebrare il MATRIONIO CONCORDATARIO. L’ufficiale può RIFIUTARSI di accettare la richiesta con delle motivazione a cui ci si può opporre con RICORSO AL TRIBUNALE art. 730 e seguenti del c.p.c. È stato abrogato l’art. 95 c.c. sull’obbligo di tenere le obbligazioni attaccate 8 giorni alla porta. 2. Trascorsi 3 giorni dalla pubblicazione, l’ufficiale dello Stato civile rilascia un certificato di nulla osta in cui dichiara che non risultano cause che ostino la celebrazione di un matrimonio valido agli effetti civili. ATTENZIONE ! L.847/1929 art. 12 : prevede che sia possibile la TRASCRIZIONE (e dunque di celebrare il matrimonio) anche senza NULLA OSTA da parte dell’ufficiale. Questa è una contraddizione con l’ordinamento Tranne che in 3 CASI : MANCANZA LIBERTA DI STATUS SE TRA LORO GLI SPOSI SONO GIA SPOSATI MATRIMONIO CONTRATTO DA INTERDETTO PER INFERMITA DI MENTE Dalla giurisprudenza sono state aggiunte altre 2 CASI : INCAPACITA NATURALE MINORE ETA CIVILE DI UNA DELLE PARTI (sentenza 16/1982 Corte Costituzionale) 3. Il matrimonio va celebrato entro 180 giorni dal rilascio del NULLA OSTA. 4. Celebrazione davanti al ministro di culto della religione cattolica deve effettuare degli adempimenti di tipo civilistico : Art. 8 Concordato 1984 il ministro di culto deve leggere gli artt. 143, 144 e 147 c.c. sui DOVERI CONIUGALI; dopodiché redige un atto di matrimonio. CASI IN CUI POSSONO ESSERE OMESSE LE PUBBLICAZIONI : Art. 101 c.c. MATRIONIO IN IMMINENTE PERICOLO DI VITA ( sotto giuramento degli sposi) Art. 100 c.c. RIDUZIONE DEL TERMINE E OMISSIONE DELLA PUBBLICAZIONE Si può opporre alle pubblicazioni : UFFICIALE DELLO STATO CIVILE se conosce un impedimento non dichiarato che osti la celebrazione e deve dirlo al PROCURATORE DELLA REPUBBLICA (=PM) affinché quest’ultimo possa opporsi al matrimonio. Si fa ricorso al PRESIDENTE del TRIBUNALE DEL LUOGO che fisa la comparizione delle parti davanti al tribunale stesso. Il tribunale decide in camera di consiglio con DECRETO MOTIVATO AVENTE EFFICACIA IMMEDIATA. Il Presidente può decidere anche di sospendere la celebrazione del matrimonio con specifico atto ad opera del PM o dei SOGGETTI LEGITTIMATI. risposati avendo la trascrizione effetto retroattivi (es. rimango vedova nel 1990, mi risposo canonicamente nel 1995 e nel 2000 richiedo la trascrizione. Dovrò restituire la pensione di riversibilità percepita dal 1995 al 2000) Ci sono casi in cui il MATRIMONIO CANONICO non può essere TRASCRITTO TARDIVAMENTE. Il MATRIMONIO CANONICO ha : - FORMA ORDINARIA - FORMA STRAORDINARIE in quanto è comunque strumentale al verificare il consenso delle parti. Vi sono diverse forme straordinarie: MATRIMONIO SEGRETO ( o di COSCIENZA) qualora è sconsigliato alle parti di rendere noto il loro matrimonio al pubblico. Si celebra davanti al parroco e a 2 testimoni, tutti tenuti al segreto ed è registrato in un archivio segreto presso la curia vescovile. È incompatibile con la PUBBLICITA CIVILE, per cui non è permessa la TRASCRIONE TEMPESTIVA, ma solo la TRASCRIZIONE TARDIVA quando venuti meno i MOTIVI DI SEGRETEZZA nell’ordinamento canonico. (art. 108 codice di diritto canonico) MATRIMONIO IN PERICOLO DI VITA si celebra in presenza del parroco ma è in dubbio che sia trascrivibile a meno che non siano stati adempiuti tutti i requisiti richiesti dalla norma civile (ciò è molto difficile che accada). MATRIMONIO DAVANTI AI SOLI TESTIMONI è permesso che un matrimonio canonico venga celebrato solo davanti a dei TESTIMONI e non davanti a un MINISTRO DI CULTO (ciò è lecito perché la forma della celebrazione è solo strumentale al consenso e per ciò è più importante che vi sia il consenso anziché il ministro di culto) ma tale matrimonio è INTRASCRIVIBILE in quanto manca un UFFICIALE DI STATO CIVILE ( = manca il ministro di culto). MATRIMONIO PER PROCURA è permesso che il consenso delle parti a compiere matrimonio sia espresso tramite un PROCURATO (art. 111 c.c.) per dei motivi particolari. (canone 1105 codice di diritto canonico) È richiesto che la PROCURA sia rilasciata attraverso ATTO PUBBLICO e con l’AUTORIZZAZIONE delle PARTE da parte del TRIBUNALE CIVILE. In tal caso, se vi sono le circostanze dettate dall’art. 111 c.c. , è possibile la TASCRIZIONE del matrimonio. MATRIMONIO ALL’ESTERO i CONCORDATI che disciplinano i rapporti tra STATO e CHIESA hanno una VIGENZA TERRITORIALE : vincolano Stato e Chiesa solo sul territorio di quello Stato. Di conseguenza i MATRIMONI CANONICI celebrati all’ESTERO sono INTRASCRIVIBILE (art 8 Accordo di Villa Madama). Non è possibile neanche se da parte dei CONSOLI. Nonostante ciò è però possibile che sia la CAUSA INDIRETTA di EFFETTI CIVILI. Bisogna innanzitutto capire se il paese straniero riconosce l’EFFICACIA CIVILE del MATRIMONIO RELIGIOSO. Vi sono anche paesi come quelli del Medio Oriente (es. il Libano) in cui lo STATUTO GIURIDICO PERSONALE RELIGIOSO ha una forte RILEVANZA CIVILE facendo in modo che abbiano rilevanza anche in Italia. (es. chi è sposato per gli ebrei, è sposato anche per lo Stato) Il MATRIMONIO CANONICO CON EFFETTI CIVILI celebrato ALL’ESTERO, se è rilevante nel paese estero, rileva nel nostro ordinamento in base al DIRITTO INTERNAZIONALE per i soli EFFETTI CIVILI nonostante sia stato celebrato un matrimonio religioso, è come se fosse stato celebrato un matrimonio civile la cui TRASCRIZONE (dei soli effetti civile e non de matrimonio canonico) ha mera VALENZA PROBATORIA. (art. 28 della L.28/1995, art. 115 c.c. , art. 63 del DPR 396/2000) La GIURISPRUDENZA ha però riconosciuto che il matrimonio canonico celebrato all’estero in un paese che riconosce l’efficacia civile alla celebrazione , può essere TRASCRITTO ai sensi del Concordato e ha dunque DIRETTI EFFETTI CIVILI nel nostro ordinamento. Tutto ciò anche se non vi è una BASE NORMATIVA perché come già detto, i TRATTATI hanno mera VALENZA TERRITORIALE. Per gli STRANIERI che celebrano matrimonio canonico in Italia, compiono un matrimonio che ha EFFETTI CIVILI ed è TRASCRIVIBILE (sia nel caso in cui sia celebrato due stranieri o uno straniero e un cittadino italiano, purché lo straniero sia capace secondo l’ordinamento del suo paese di origine e sia autorizzato a celebrare matrimonio secondo le norme proprie del suo ordinamento di origine) Art. 116 c.c. Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato(1) deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta(2) al matrimonio [nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano.] Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli articoli 85, 86, 87 n. 1, 2 e 4, 88 e 89. Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice. Anche per lo STRANIERO valgono gli stessi IMPEDIMENTO MATRIMONIALI che valgono per i CITTADINI ITALIANI e che sono contenuti nel c.c. 11/12/2020 MATRIMONIO EFFETTI CIVILI DEL MATRIMONIO RELIGIOSO DIVERSO DAL CATTOLICO Art. 83 c.c. MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI A MINISTRI DI CULTO AMMESSI NELLO STATO “Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato(1) è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio.” Prima alla redazione del c.c. esisteva la L.1159/1929 (artt. dal 7 al 12) che prevedeva il RICONOSCIMENTO DEGLI EFFETTI CIVILI del MATRIMONIO RELIGIOSO DIVERSO DAL CATTOLICO. Il MATRIMONIO ACATTOLICO è considerato solo come una FORMA DI CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO ed è regolato in tutto dalla L.1159/1929 e dal c.c. Ad oggi vi sono invece anche NUOVE LEGGI che regolano la materia dei MATRIMONI ACATTOLICI perché dal 1984 le CONFESSIONI RELIGIOSE che hanno fatto INTESA con lo Stato, e hanno disciplinato così che tale materia venga definita dalle loro LEGGI DI APPROVAZIONE dell’INTESA e non più dalla legge generale L.1159/1929. Lo Stato però non riconosce la valenza della GIURISDIZIONE delle confessioni religiose che hanno stipulato con il primo un’intesa. (es. intesa con la confessione ebraica afferma esplicitamente che non vi è un riconoscimento che la giurisdizione ebraica abbia effetto esterno ma solo interno) Il MATRIMONIO POLIGAMICO celebrato all’estero, non ha alcun effetto nel nostro ordinamento. (es. è un tipo di matrimonio islamico) Neanche il RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE è permesso con delle altre spose/i se il soggetto ha già un coniuge convivente. MATRIMONIO CELEBRATO secondo la L.1159/1929 Art. 3 affinché l’atto sia efficace ai sensi civili, la NOMINA del MINISTRO DI CULTO deve essere approvata dal MINISTRO DELL’INTERNO. Art. 21 del REGIO DECRETO 289/1930 che dà attuazione alla L.1159/1929 il MINISTRO DI CULTO deve ver la CITTADINANZA ITALIANA e deve saper parlare ITALIANO. *ECCEZIONE ALLA DIOCESI DI ROMA per cui il ministro di culto che celebra nella diocesi di Roma può aver ecittadinanza diversa. Devono essere osservati altri aspetti di questa legge : - Le PARTI devono richiedere le PUBBLICAZIONI all’ UFFICIALE DI STATO CIVILE, dichiarando di voler celebrare matrimonio davanti al ministro di culto di quella data religione. - L’Ufficiale dovrà verificare la mancanza di opposizioni e che la nomina di quel ministro sia stato approvato dal Governo. - L’Ufficiale deve rilasciare il NULLA OSTA con DATA DI APPROVAZIONE del PROVVEDIMENTO del MINISTRO DELL’INTERNO che ha approvato la nomina del ministro di culto. Non può esservi un’approvazione generale, ma ogni volta va rifatta per ogni matrimonio. - Il MINISTRO DI CULTO deve dare LETTURA DEGLI ARTICOLI del c.c. e deve ricevere la RICHEISTA ESPRESSA delle parti di volersi prendere in matrimonio davanti a 2 TESTIMONI. - Terminato il matrimonio il ministro di culto deve redigere l’ATTO DI MATRIMONIO secondo le norme del c.c. - Le parti all’interno dell’ATTO MATRIMONIALE devono decidere come determinare i loro RAPPORTI PATRIMONIALI e nei confronti di FIGLI NATI FUORI DAL MATRIMONIO. - mancata autorizzazione da parte dell’ufficiale; - diversa religione del ministro e delle parti; (?) - diverso luogo di celebrazione con la residenza del ministro. TRATTAMENTO GIURIDICO dei MATRIMONI delle CONFESSIONI ACATTOLICHE CON INTESA Fatta ECCEZIONE per l’unione tra BUDDISTI italiani e i BUDDISTI SOKA GAKKAI, tutte le altre confessioni hanno delle norme che determinano il matrimonio. - i nubendi devono manifestare la loro intenzione di celebrare il matrimonio davanti al ministro di culto della loro religione e richiedere le pubblicazioni. Per alcune confessioni è necessario che il ministro di culto sia italiano. - L’ufficiale dopo aver controllato eventuali impedimenti, rilascia un NULLA OSTA IN DOPPIO ORIGINALE, che deve attestare : che la celebrazione avverrà davanti al ministro acattolico, il luogo della celebrazione e che l’ufficiale abbia dato la lettura degli articoli. Solo per l’ebraismo e la confessione della Chiesa di Gesù Cristo e dei Santi degli ultimi giorni, non è l’ufficiale che dà lettura delle norme, ma è il ministro di culto. - Dopo la celebrazione, il ministro ha l’onere di redigere in doppio originale e in italiano l’atto di matrimonio a cui allega un nulla osta. L’atto po’ contenere anche il regime patrimoniale e il riconoscimento di eventuali figli. Entro 5 giorni il ministro di culto deve inviarlo all’ufficiale che deve trascriverlo entro 24 ore e deve notificarlo al ministro. Neanche in questo caso : - non ci sono norme sul ritardo, ma si fa può applicare il PROCEDIMENTO DI RETTIFICAZIONE DEL TRIBUNALE (artt. 450 e seguenti del c.c. ) - È un ATTO COSTITUTIVO e non una mera prova. - Il ministro è sempre PUBBLICO UFFICIALE perché l’atto che redige è un ATTO PUBBLICO. GIURISDIZIONE CONFESSIONI ACATTOLICHE con la GIURISDIZONE DELLO STATO ITALIANO Art. 8 dell’Accordo di Revisione prevede per la Chiesa Cattolica che le SENTENZE DI NULLITA del TRIBUNALE CANONICO riguardo il MATRIMONIO CANONICO, sono EFFICACI anche nell’ ORDINAMENTO DELLO STATO. Per tutte le CONFESSIONI ACATTOLICHE con un’ INTESA, non ci sono norme che trattano i rapporti tra le due giurisdizioni come tra quella Cattolica e quella dello Stato. Solo una confessione acattolica lo fa, ed è l’intesa della COMUNITA EBRAICA con lo Stato italiano. All’art.14 , comma 9 afferma che resta ferma la facoltà di celebrare e sciogliere matrimoni religiosi senza alcun effetto o rilevanza civile per la religione ebraica. Per cui i tribunali rabbinici (detti Beth din) potranno sciogliere i matrimoni ebraici senza però che la loro sentenza abbia effetto nell’ordinamento statale. Finché non sarà un giudice statale a nominare lo scioglimento del matrimonio, questo seppur sciolto nell’ordimento ebraico, non avrà effetti a livello civile. 12/02/2021 MATRIMONIO CONCORDATARIO ASPETTI PROCESSUALE Art. 34, Concordato 1929 lo Stato italiano riconosceva la giurisdizione canonica. Il Concordato prevedeva che le sentenze dei tribunali ecclesiastici potessero essere rese efficaci anche nell’ordinamento italiano con un procedimento ufficioso (=trasmesse d’Ufficio alla Corte d’Appello) e automatico (=la Corte d’Appello non vi effettuava controlli). Vi erano 2 problemi : 1. GIURISDIZIONE 2. EFFICACIA DELLE SENTENZE CANONICHE relative al MATRIMONIO nell’ORDINAMENTO ITALIANO 1. PROBLEMA della GIURISDIZIONE Il Concordato riconosceva una giurisdizione esclusiva riguardo invalidità o meno di un matrimonio canonico trascritto (=produceva anche effetti civili) RISERVA DI GIURISDIZIONE A FAVORE DELLA CHIESA CATTOLICA, prevista dall’art. 34 del Concordato. La giurisprudenza si è chiesta se tale riserva non ledeva alcuni principi del nostro ordinamento come l’art.24 Concordato. La Corte Costituzionale fin dagli anni ’70 (sent. 30,31,31/1971 Corte Cost.) hanno determinato alcuni PRINCIPI FONDAMENTALI : - TUTELA GIURISDIZIONALE in TUTELA DEL GIUDICE la legge esecutiva delle norme del Concordato non si sottrae al giudizio di legittimità costituzionale, ma tale controllo non è costituito dalle norme della nostra carta fondamentale perché il richiamo dei Patti Lateranensi (art. 7 Cost.) ha PRODOTTO DIRITTO ha attribuito alla legge ordinaria di esecuzione, un valore di norma costituzionale e dunque non abrogabile. La Corte Costituzionale ha detto che l’art. 34 del Concordato non lede il principio perché comunque nell’ordinamento canonico vi è un giudice e un giudizio che usa una procedura non diversa da quella usata nell’ordinamento italiano. La riserva della Chiesa riguarda la validità o meno del matrimonio, mentre il giudice italiano si occupa degli effetti civili e il procedimento di trascrizione. Con la Riforma del Concordato ci sono dei movimenti a favore del venire meno di questa giurisdizione : Art. 8 Concordato 1984 da un lato afferma che sono riconosciuti gli effetti civili contratti secondo le norme del diritto canonico, dall’altro lato non si fa nessun riferimento sulla possibile riserva di giurisdizione. Tale silenzio del concordato non rende chiaro se sia venuta meno la riserva, e di conseguenza se i giudici italiani possono occuparsi anche della validità del matrimonio che abbia effetti civili, oppure no. Paradossalmente la Corte di Cassazione e Corte Costituzionale, hanno dato una risposta opposta , l’una dall’altra, riguardo il problema della riserva. - Corte Cassazione. Sez. Unite 1824/1993 ha affermano che è venuta meno la riserva. Dice che è vero che lo Stato riconosce alla Chiesa una riserva giurisdizionale, ma nell’accordo del 1984 non si rinviene una disposizione che sancisca il carattere esclusivo, per cui per la Cassazione un tribunale italiano può riconoscere la validità o meno di un matrimonio trascritto e che dunque ha effetti civili. Vi è giurisdizione del giudice sia italiano che canonico e dato che potrebbe sorgere un conflitto di giurisdizione tra i due, per eliminarlo si attua il CRITERIO DELLA PREVENZIONE il primo giudici adito è quello competente, per cui se le parti ricorrono prima al giudice della chiesa, allora sarà lui competente sulla validità e viceversa. Nel caso in cui fosse contattato prima il giudice italiano, questo dovrebbe usare la normativa canonica andando contro il principio di laicità dello Stato. È su questo punto che si genera la posizione opposta della Corte Costituzionale. - Sent. 421/1993 Corte Costituzionale ha assunto una posizione opposta rispetto alla Corte di Cassazione, affermando che nonostante il mancato richiamo esplicito, rimane in vigore la riserva giurisdizionale. Assume tale posizione in base alla sua giurisprudenza precedente (Sent. 169/1971) per cui aveva affermato che il matrimonio canonico è un presupposto tecnico a cui sono collegati gli effetti civili attraverso la trascrizione, per cui nascendo nell’ordinamento canonico, è logico che le controversie legate a quest’ultimo, siano gestite dal suddetto ordinamento canonico. Inoltre afferma che la giurisdizione esclusiva (=riserva) nei confronti della Chiesa riguardo la validità del matrimonio canonico, è coerente con il PRINCIPIO SUPREMO DI LAICITA DELLO STATO. Questo perché le norme canoniche sono di stampo religiose e dunque, il giudice italiano non potrebbe attuare norme religiosamente qualificate nell’ordinamento italiano, altrimenti andrebbe contro il principio di laicità. In definitiva la Corte ha affermato che, seppure non sia specificato, è intrinseca l’esistenza di una riserva giurisdizionale nei confronti dei Tribunali della Chiesa, in quanto è un corollario necessario che tale riserva esista perché oggetto del giudizio è un istituto regolato in tutto dalle norme dell’ordinamento canonico e se lo Stato se ne occupasse, andrebbe contro il principio di laicità. Per cui non vi è una concorrenza di giurisdizione, bensì un REPARTO DI GIURISDIZIONE tra Chiesa e Stato. *il prof. trova più coerente la posizione assunta dalla Corte Costituzionale. A livello giurisdizionale tra Chiesa e Stato, non si è ancora arrivati ad una soluzione finale a riguardo. GIUDIZIO DI DIVORZIO Il matrimonio canonico può ottenere effetti civili, e che la sentenza canonica produce effetti civili. Tuttavia, la legge sul divorzio (L. 898/1970) prevede che il giudice dello Stato possa dichiarare lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio. Dunque nel momento in cui l’ordinamento statale effettua sentenza di divorzio, presuppone l’esistenza di un negozio (=matrimonio) valido e produttivo di effetti civili. Il presupposto per la sentenza costitutiva che fa venir meno gli effetti civili del matrimonio è che il matrimonio sia valido e produttivo di effetti civili. Ma il problema è se il divorzio viene dichiarato riguardo un matrimonio che sia stato reso nullo dal giudice (indifferente se italiano o canonico) e per cui gli effetti retroagiscono al momento dell’’effettuazione. La logica vorrebbe che venisse meno il divorzio e tutti i suoi effetti, ma la Corte di Cassazione ha tentato di tutelare la parte debole : - Sent. 4202/2001 Corte di Cassazione per tutelare la parte debole, una volta che sia accertata la spettanza per una delle parti di un assegno di divorzio, la sentenza di delibazione successiva, travolge gli effetti personali ma non travolge gli effetti patrimoniali (=gli effetti dell’assegno di divorzio) SOLIDARIETA POST CONIUGALE e MERO FATTO DELLA CONVIVENZA PROCEDIMENTO DI DELIBAZIONE matrimoniale, non passano mai in giudicato ma diventano solo esecutive. Non divengono dunque definitive. Questo avviene in quanto a differenza dell’ordinamento giuridico italiano, in cui tutti i tipi di sentenze possono passare in giudicato, per l’ordinamento canonico, le sentenze sulle condizioni giuridiche delle persone diventano solo esecutive, ma non passano in giudicato. Al giudice dello Stato è precluso un riesame nel merito della sentenza canonica e deve limitarsi a verificare che la sentenza adempia le condizioni stabile dagli artt. 796 e 797 c.p.c. letti alla lice dell’art. 4 del Protocollo Addizionale e dell’art. 8 del Concordato del 1985. 19/02/2021 PROCEDIMENTO DI DELIBAZIONE Ripetizione lezione precedente Le sentenze canoniche emanate dai tribunali ecclesiastici possono essere dichiarate efficaci nel nostro ordinamento. Sent. 4100/1990 Corte di Cassazione il compito della Corte d’Appello è controllare che siano rispettati gli elementi essenziali del diritto di agire e difendersi in giudizi0 (es. termine sufficiente per comparire ecc.) CONDIZIONI per la DICHIARAZIONE DI EFFICACAI stabilite dagli artt. 796 e 797 c.p.c. : 1. Il giudice canonico deve essere quello competente a decidere la causa 2. Rispetto del diritto di agire e di difendersi in giudizio. 3. Le parti si sono costituite secondo la legge del luogo (=legge canonica) 4. Le sentenze sono passate in giudicato secondo la legge del luogo. Il Protocollo Addizionale afferma che dove vi è scritto “sentenza passata in giudicato” essendo riferita a persone, non diventa giudicata ma solo esecutiva, perché possono essere sempre appellate ma solo a determinate condizioni. 5. La sentenza canonica non devono essere contrarie ad altre sentenze italiane. 6. Non vi devono essere due sentenze con stesso oggetto e stesse parti. (es. è possibile divorzio in ita e nullità in canonico) 7. La sentenza non dev’esser contraria all’ordine pubblico italiano SENTENZA CONTRARIA ALL’ORDINE PUBBLICO ITALIANO L’ordine pubblico è uno dei principi di costituzione materiale del nostro ordinamento, un principio supremo del nostro ordinamento anche se non evocati in maniera esplicita nella Carta Costituzionale. Non è citata esplicitamente perché si era appena usciti dal regime fascista che aveva fatto molta leva sull’ordine pubblico ma in modo totalitario. Dev’essere conforme ai principi fondamentali che nel nostro ordinamento regolano la materia matrimoniale. L’ordine pubblico è un concetto mobile, è delineato in materia matrimoniale con la tradizione storica dell’ordinamento ma anche con le norme positive dell’ordinamento (es. prima vi era l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, mentre ora esiste anche il divorzio). Le IPOTESI in cui SENTENZE ECCLESIASTICHE sono in CONTRASTO con l’ORDIEN PUBBLICO ITALIANO : - Se la sentenza ecclesiastica è stata emana sulla base di un impedimento tipicamente confessionale (=sono elementi di fatto assunti dal diritto che sono di ostacolo alla valida e lecita celebrazione del sacramento), in presenza di una sentenza che dice ciò, la sentenza non è efficace nel nostro ordinamento perché vi è contrasto con l’ordine pubblico riguardo l’inviolabilità diritto di libertà religiosa (es. voto pubblico perpetuo di castità/es. non può ricevere matrimonio il sacerdote) - Anche nell’ordinamento canonico, come in quello italiano, i vizi di consenso (=errore violenza, dolo, simulazione) possono rendere nullo il matrimonio. I vizi del consenso tra ordinamento canonico e italiano sono gli stessi a livello giuridico, ma vi sono delle differenze processuali, soprattutto per quanto riguarda la simulazione. Nell’ordinamento canonico, la simulazione unilaterale è una causa di nullità del matrimonio Le sentenze canoniche dei vizi di consenso (tranne quelle di simulazione unilatere se non nei casi specifici) hanno efficacia nel nostro ordinamento e non sono in contrasto con l’ordine pubblico. Il contrasto con l’ordine pubblico vi è solo per simulazione unilaterale e se non ricorrono determinate condizioni. La SIMULAZIONE nel nostro ordinamento vale solo se CONCORDATA, cioè pattuita dalle parti (negozio simulato + negozio simulatorio delle parti). Nell’ordinamento canonico invece, la simulazione anche solo unilaterale rende il negozio nullo. Dunque anche con la sola riserva mentale (=simulazione unilaterale), si rende nullo/invalido il negozio matrimoniale. La sentenza canonica che rende nullo il matrimonio per simulazione unilaterale, è in contrasto con il nostro ordine pubblico e dunque non è efficace nell’ordinamento italiano perché non è riconoscibile la simulazione unilaterale come causa di invalidità del matrimonio. La Corte Costituzionale, facendo riferimento alla TUTELA DELLA BUONA FEDE, dice che questa tutela viene meno, facendo così essere efficace la sentenza canonica in Italia, se la simulazione unilaterale era conosciuta/o conoscibile al momento oppure la parte lesa non si opponga al riconoscimento della sentenza nell’ordinamento italiano o chiede egli stesso che venga riconosciuta. La tutela di buona fede che impedisce l’efficacia in Italia della sentenza canonica di nullità, vale solo se il coniuge in buona fede non voglia che venga resa efficace in Italia. Delibazione = nullità (?) CONVIVENZA CONIUGALE come PRINCIPIO DI ORDINE PUBBLICO Nel nostro ordinamento italiano, molti vizi del consenso, sono successivamente sanati dalla convivenza delle parti come coniugi. La convivenza successiva al matrimonio, riesce a sanare alcuni vizi di nullità. La Corte di Cassazione in una sentenza del 1987 ha affermato che la convivenza dopo un atto nullo di matrimonio, è un principio di ordine pubblico. Dunque se c’è stata convivenza, anche se il matrimonio era nullo, diviene valido perché ciò è previsto dall’ordine pubblico. La nullità canonica per l’atto invalido anche se seguito da convivenza non viene riconosciuta e non ha efficacia nel nostro ordinamento, altrimenti si verifica contrasto con l’ordine pubblico. Le Sezioni Unite con la Sent. 4700/1998, hanno ribaltato quanto detto dalla Corte di Cassazione perché hanno affermato la mancanza del contrasto con l’ordine pubblico. Tuttavia la questione non è terminata e la Corte di Cassazione con Sent. 16379/2014, ha di nuovo attribuito il contrasto con l’ordine pubblico, e dunque la non efficacia nell’ordinamento italiano, alla sentenza canonica che rende nullo il matrimonio nonostante vi sia stata la convivenza come coniugi per almeno 3 anni. La deduzione della convivenza ha natura di eccezione, per cui qualora la parte non si opponga, può e deve essere riconosciuta la sentenza. La ratio della Cassazione è comprensibile alla luce della PROVVISIONALE DELLA CORTE D’APPELLO. L’art. 8 Accodo di Villa Madama, prevede che la corte d’Appello che riconosca gli effetti civili della nullità della sentenza canonica di nullità, può attribuire a favore di una delle parti dei provvedimenti provvisori di tipo economico. Vengono determinati in base a quanto stabilito dagli artt. 128/129 c.c. E cioè con ciò che è stabilito per il MATRIMONIIO PUTATIVO matrimonio nullo a livello oggettivo per un motivo esterno alle parti che sono invece in buona fede oppure solo uno in buona fede. Il matrimonio produce effetti di matrimonio valido, fino al momento della dichiarazione di nullità. È dunque un’eccezione alla retroattività della nullità del matrimonio. gli effetti sono a favore dei figli, se solo un coniuge era in buona fede, valgono solo per lui e per i figli. Qualora entrami i coniugi siano in buona fede, il giudice della Corte d’Appello può disporre come onere ad uno di essi e per un periodo non superiore a 3 anni, di corrispondere somme di denaro a favore dell’altro in proporzione alle sostanze della parte onerata sempre che la parte favorita non abbia adeguati redditi e non sia passata a nuove nozze o forme di convivenza riconosciute dallo Stato. Nel caso di coniuge in mala fede (a cui è imputabile la nullità del matrimonio), questo è tenuto a corrispondere al coniuge in buon fede, una congrua indennità (=alla somma del mantenimento per 3 anni) anche in mancanza di prova del danno sofferto, perché la nullità costituisce una danno per la parte in buona fede e che dev’essere risarcito dalla parte in mala fede. La parte in buona fede è sollevata dall’onere della prova perché il danno è presunto. Il problema posto da queste norme è che i provvedimenti economici che onerano una parte, sono molto meno onerosi rispetto all’assegno di divorzio. Questo a volte porta una delle parti a preferire il giudice della Chiesa per chiedere la delibazione in quanto gli eventuali effetti patrimoniali a suo carico saranno meno onerosi rispetto che con un procedimento di divorzio. Si fa perciò un uso distorto del procedimento canonico che non viene più fatto per motivi religiosi bensì economici. La Corte Costituzionale è intervenuta sul punto dicendo che tale differenza strutturale tra delibazione canonico e quella di divorzio, non è in contrasto con la nostra Costituzione perché non è necessario che la nullità canonica debba ricevere lo stesso trattamento riservato dall’ordinamento italiano nei confronti del divorzio. Dunque quando la Cassazione si è dichiarata per far si che non avesse efficacia la nullità canonica dopo almeno 3 anni di convivenza, la ratio era di evitare che si usasse il giudice canonico solo per sfuggire dagli oneri del divorzio, molto più onerosi, e proteggere il coniuge più debole che necessita di un trattamento migliore. Perciò dopo 3 anni di convivenza non si può richiedere nullità canonica che abbia effetto nell’ordinamento italiano, ma si deve richiedere il divorzio. Ciò però lede la liberà religiosa per un motivo unilateralmente deciso dallo Stato e non decisa con accordo. Perciò un’idea sarebbe di rendere efficace la sentenza canonica nell’ordinamento italiano solo equiparando gli oneri a quelli previsti dal divorzio, ma per fare ciò è necessaria una modifica effettuata dal legislatore *il procedimento di delibazione ha sempre luogo su domanda delle parti o di una di esse. (art. 8 Accordi di Villa Madama) Il procedimento può essere introdotto attraverso ricorso qualora le parti siano concordi e il procedimento è camerale e non più contenzioso (L.847/1929). Sent. 1212/1988 ha stabilito che la domanda dev’essere chiesta con situazione solo se le parti siano discordi sul voler separarsi Ipotesi di LITISPENDENZA : In caso di pendenza davanti al giudice civile di una causa avente il medesimo oggetto di quella decisa dal giudice ecclesiastico. Posso introdurre il procedimento canonico per causa di nullità anche se ho già introdotto la separazione nell’ordinamento italiano? Nella prassi si. Questo perché le due giurisdizioni sono parallele, fino a quando non sia ha la richiesta di delibazione, i procedimenti di separazione e divorzio e i procedimenti di nullità procedono parallelamente. Il problema si pone nel momento in cui è in corso il procedimento di separazione o divorzio e avendo già ottenuto la sentenza esecutiva di nullità, voglio chiedere alla Corte d’Appello italiana la delibazione. Non li posso riunire. Esempio l’assistita non voleva apparire come divorziata, perciò dopo che il marito ha chiesto la separazione, gli avvocati di lei hanno chiesto la nullità. Dopo aver ottenuto la separazione, il marito ha chiesto il divorzio. Nel frattempo gli avvocati di lei stavano aspettando l’esecutività della sentenza di nullità. Qualche giorno prima dell’intervento di esecutività della sentenza, è intervenuta la sentenza di divorzio. Dato che posso chiedere la delibazione solo se la sentenza è divenuta esecutiva, gli avvocati di lei hanno appellato il divorzio. Con l’arrivo dell’esecutività, gli avvocati di lei hanno richiesto la delibazione della sentenza canonica di nullità. Gli avvocati di lei hanno detto al giudice che se avesse riconosciuto la sentenza di nullità, egli non avrebbe avuto più da discutere sugli effetti civili di quel matrimonio perché sarebbe stato dichiarato nullo anche il Italia. Gli hanno perciò chiesto di sospendere il procedimento finché gli altri giudici (della stessa Corte d’Appello) non si fossero espressi sulla delibazione, oppure se non avesse voluto sospendere il procedimento, gli avvocati hanno provato a chiedere per lo meno una riunione. Per ragioni di economia processuali, andrebbero riuniti, ma alla fine il giudice decise di no con la giustificazione che le due questioni erano diverse e dovevano procedere parallelamente. In questo caso, per quanto fosse vero che si trattasse di oggetti diversi e paralleli, per ragioni di buon senso e di economia processuale si poteva agire in tal senso. - Invalidità della trascrizione civile e nullità del matrimonio canonico; - Nullità del matrimonio canonico e divorzio civile; - Effetti limitati della sentenza di nullità in presenza del giudicato di divorzio. Sentenza Corte di Cassazione 5078/2020 affronta la questione del rapporto tra giurisdizione canonica e civile sul matrimonio concordatario, ma con riferimento al problema degli effetti della sentenza definitiva di delibazione che è intervenuta dopo il passato in giudicato della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Viene chiesto quali effetti avessero la sentenza della delibazione sulle statuizioni economiche e accessorie che non hanno ancora avuto il giudicato. (l’aspetto delle statuizioni economiche e accessorie riguarda il fatto che nel corso del divorzio, se le parti litigano per motivi economici, il giudice emette la sentenza di “divorzio parziale” cioè quella che riguarda solo lo status. Questa sentenza passa in giudicato, mentre per il resto le parti continuano a litigare per gli aspetti economici). È intervenuta la sentenza definitiva di delibazione, per cui il divorzio dovrebbe essere dichiarato nullo anche in Italia e dunque non produttivo di alcun effetto, applicando solo gli effetti del matrimonio putativo (artt. 128, 129,130 c.c.) e non quelli previsti in caso di divorzio. Cosa accade allora a queste statuizioni economiche ? sia in giurisprudenza che in dottrina, è chiaro che il procedimento canonico di nullità e quello civile di cessazione degli effetti civili, sono diversi e paralleli perché hanno sia petitum che causa petendi diversi. Per tale motivo è perfettamente legittima e ammissibile la domanda per ottenere la delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità , anche se presentata dopo che è passata in giudicato la sentenza civile di cessazione degli effetti civili. Tale orientamento comporterebbe che una volta ottenuta la delibazione, questa travolge il giudicato sul divorzio. È come se quegli effetti civili non ci fossero mai stati e quindi non possono essere sciolti. Qualsiasi contratto quando viene dichiarato nullo, è nullo fin dalla nascita. La nullità è cosa ben diversa dall’annullamento e vi dovrebbe sempre prevalere. La dottrina e la maggior parte della giurisprudenza, sono preoccupate per le statuizioni economiche, per cui si arriva alla conclusione che se queste statuizioni economiche fossero passate in giudicato, allora la sentenza di delibazione non le travolgerebbe, ma il problema rimane aperto se tali statuizioni sono ancora oggetto di discussione , perché in quest’ultimo caso la sentenza di delibazione dovrebbe far venir meno il giudizio sulle statuizioni economiche. Su tale problema la Corte di Cassazione non si è ancora proferita. Secondo la prof. il legislatore italiano dovrebbe parificare le conseguenze della cessazione degli effetti civili, anche alla delibazione. Per cui, invece di prevedere che alla delibazione seguano gli effetti del matrimonio putativo, potrebbe esserci un’equiparazione così che cadrebbe il pregiudizio per cui si chiede la nullità e la delibazione solo per motivi economici, con la conseguenza che chi lo chiede per ragioni spirituali (così da potersi risposare in Chiesa), potrebbe ricevere più facilmente il riconoscimento della sentenza. Tra l’altro una sentenza della Cassazione di pochi giorni fa, ha affermato che non si poteva procedere alla delibazione perché mancava il decreto di esecutività del Tribunale regionale ligure della segnatura apostolica. (=supremo tribunale della segnatura apostolica a Roma) In questa sentenza c’è un gravissimo errore perché la segnatura apostolica non può essere regionale perché è il supremo tribunale della religione cattolica. 01/03/2021 *Winter school (= 2 webinar) sui luoghi di culto, simboli di culto ecc. dà 2 crediti e si conclude con un colloquio che si può avere durante l’esame. Iscrizione entro il 10 di marzo. ENTI ECCLESIASTICI Art. 20 Cost. “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività” Il legislatore costituente aveva dubbi sull’introdurla o no, perché questa norma tutela la libertà collettività di religione e secondo la dottrina tale tutela era superflua e già presente in altre norme della stessa Costituzione. L’opinione della dottrina derivava dal fatto che gli enti qualitativamente qualificati sono già tutelati nei confronti di ogni possibile disuguaglianza dagli artt. 3, 18 e 19 Cost. ad esempio. Secondo la dottrina non andava data un ulteriore tutela solo perché gli enti erano religiosi. Nonostante ciò il legislatore ha previsto una tutela costitutiva e operativa nei confronti degli enti religiosi. La ragione è una ragione storica : si voleva evitare che riaccadesse ciò che aveva fatto il legislatore rinascimentale, il quale aveva previsto norme profondamente anti-ecclesiali e limitato la capacità degli enti ecclesiastici, per il solo fatto di essere enti religioisi. Egli aveva privato di personalità giuridica gli enti religiosi e aveva creato delle leggi che sopprimevano gli enti religiosi e imponevano che il patrimonio dei suddetti enti andasse allo Stato. Un’altra norma del legislatore rinascimentale metteva limiti alla capacità di agire degli enti richiedendo che l’attività giudiziale fosse autorizzata a livello governativo dal ministero (norma istituita nel 1855 e rimasta in vigore fino al 1997). L’unica attività libera era l’acquisto di beni mobili a titolo oneroso, mentre per tutti gli altri acquisiti serviva l’autorizzazione governativa. REGIME DEGLI ENTI ECCLESIASTICI Il regime degli enti delle altre religioni religiose è modellato sul calco del regime della Chiesa Cattolica. NORME DI RIFERIMENTO : Con l’abrogazione della L.848/1929, si ha una nuova normativa ACCORDO DI REVISIONE SUL CONCORDATO (L.121/1985) Il nuovo concordato è una sorta di legge quadro perché a differenza della precedente ha una normativa meno dettagliata per poi rinviare a un accordo successivo la disciplina di dettaglio. Da un lato vi è un accordo fondamentale (L.121/1985) e dall’altro vi è un accordo dell’8 agosto 1984 il cui art. 7 n. 6 rinvia a un successivo accordo che fu concluso l’8 agosto del1984 da un’apposita commissione paritetica. Tali norme di dettaglio in materia di enti e beni ecclesiastici sono state rese esecutive con le L. 206 e/o 222/1985. (le due leggi sono leggi fotocopie) Vi è un’apposita legge sugli enti e beni oltre alla legge quadro del nuovo concordato. Le norme sugli enti hanno una particolare tutela costituzionale prevista dall’art. 20 Cost. che attribuisce ad esse l’impossibilità di essere abrogate da leggi di fonti diverse da quelle costituzionali. D.P.R. 33/1987 decreto che contiene il regolamento di attuazione dalla L. 222/1985. ENTE ECCLESIASTICO termine tecnico che fin dal Concordato del 1929, si usa per indicare gli enti della Chiesa cattolica che hanno personalità giuridica nell’ordinamento giuridico italiano. È una specifica categoria di soggetti giuridici dotati di personalità e soggettività giuridica con delle peculiari caratteristiche che li fanno distinguere per dei profili dagli enti di diritto comune. Ciò non significa né un trattamento peggiorativo e né privilegiato nei loro confronti, ma solo un trattamento analogo agli enti di diritto comune (=in parti uguali e in parti diverse) in quanto nascono in un ordinamento giuridico canonico che è diverso da quello italiano. Per tali motivi, gli enti religiosi hanno un regime analogo. Sono enti che hanno una propria soggettività sia nell’ordinamento canonico che nell’ordinamento civile. DEFINIZIONE DI ENTE ECCLESIASTICO all’art. 4 L.222/1985 afferma che gli enti ecclesiastici assumono la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuta. Tali enti hanno dunque una qualifica particolare. Comporta che il regime degli enti ecclesiastici sia analogo a quello degli enti di diritto comune. Questo non comporta una discriminazione nei confronti degli enti comuni, bensì indica la tutela del PLURALISMO e della DIVERSITA all’interno del nostro ordinamento giuridico. Vi sono perciò norme di diritto comune che applicate agli enti ecclesiastici trovano una loro declinazione particolare a causa della peculiarità degli enti ecclesiastici, i quali godono di tutela sia nell’ordinamento ecclesiastico che nell’ordinamento dello Stato. 05/03/2021 ENTI ECCLESIASTICI MODALITA DI RICONOSCIMENTO DEGLI ENTI ECCLESIASTICI Non vi è una sola modalità di riconoscimento, bensì varie : - ISTITUTI RELIGIOSI è impreciso perché il termine istituti religiosi rappresenta una categoria più ampi: istituti di vita consacrata (comprende gli istituti secolari e quelli religiosi propriamente detti.) Il consiglio di Stato ha specificato che la legge 222/1985 ha detto meno di quanto avrebbe dovuto e ha affermato che la categoria dev’essere intesa nel senso ampio all’intera categoria : cioè deve comprendere anche gli istituti di vita consacrata (comprende gli istituti secolari e quelli religiosi propriamente detti.) - SEMINARI 08/03/2021 MODALITA DI RICONOSCIMENTO DEGLI ENTI ECCLESIASTICI 1. PER DECRETO REQUISITI SPECIFICI: Per gli enti di diritto comune, di richiede come requisito l’avere un PATRIMONIO SUFFICIENTE AL RAGGIUNGIMENTO DELLO SCOPO, mentre per gli enti ecclesiastici non è richiesto. Per tali enti basta che all’iscrizione venga attestata l’entità del patrimonio. La motivazione è che l’esistenza del patrimonio congruente con lo scopo, è implicitamente attestata dal RICONOSCIMENTO CANONICO effettuato dall’autorità ecclesiastica competente. Lo Stato perciò presuppone l’esistenza di questo accertamento patrimoniale da parte dell’autorità ecclesiastica competente, e lo presuppone perché le finalità di tali enti sono essenzialmente di tipo religioso e su tali finalità religiose lo Stato non ha competenza per dire se il patrimonio è sufficiente per il raggiungimento dello scopo o meno. Per cui la valutazione sulla congruenza del patrimonio con le finalità spetta all’autorità ecclesiastica competente perché ne ha le capacità. Per la generalità degli enti non è richiesta la dimostrazione dell’esistenza della congruenza del patrimonio con la finalità, ma per alcuni enti religiosi è richiesta la dimostrazione dell’esistenza del patrimonio congruente per lo scopo. Questi enti canonici specifici sono : - FONDAZIONI DI CULTO CANONICA per il riconoscimento devono dimostrare di essere dotate di patrimonio sufficiente al raggiungimento dello scopo. - CHIESE per il riconoscimento devono essere fornite di patrimonio sufficiente per la manutenzione e l’officiatura, che non siano annesse ad un altro ente ecclesiastico e che siano aperte al pubblico in occasione delle funzioni. Vi sono Chiese che sono annesse ad un altro ente ecclesiastico e che perciò non necessitano di essere erette a persona giuridica autonoma (es. ente ecclesiastico parrocchia è annesso all’ente ecclesiastico Chiesa) Vi sono Chiese che non sono annesse ad un altro ente ecclesiastico e che per potere essere erette persone giuridiche autonome (=enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) devono essere aperte al culto pubblico e avere i mezzi sufficienti per le manutenzioni e l’officiatura (=celebrazione dei riti ecclesiastici) PROCEDIMENTO MMINISTRATIVO DI RICONOSCIMENTO DELLA PERSONALITA GIURIDICA DI UN ENTE CANONICO È un procedimento complesso che nel tempo ha subito molte modifiche non inserite nel testo legislativo ma solo per via diplomatica. Il procedimento avviene sempre per ISTANZA DELL’AUTORITA STESSA o del LEGALE RAPPRESENTATE DELL’ENTE previo assenso dell’autorità ecclesiastica competente al riconoscimento della personalità giuridica ad un ente canonico. La domanda non avviene mai in modo officioso, ma solo per istanza di parte secondo 2 modalità alternative : - L’autorità ecclesiastica competente che ha riconosciuto o eretto l’ente canonico - Rappresentante dell’ente Dopo che l’autorità canonica abbia dato il suo consenso al riconoscimento civile per esprimere il collegamento dell’ente con la Chiesa Cattolica. L’istanza è rivolta al Ministro dell’Interno ed è presentata alla prefettura della provincia dove l’ente ha sede. L’istanza deve indicare : - Denominazione - Natura - Finalità - Sede dell’ente - Indicazione del legittimo rappresentante dell’ente Alla domanda va poi allegato il provvedimento canonico di erezione o approvazione. La pratica è istruita dal commissario del Governo (=prefetto), il quale trasmette gli atti con il proprio parere alla DIREZIONE CENTRALE PER GLI AFFARI DEI CULTI presso il Ministero dell’Interno. Presso questo ministero esistono varie SEZIONI che si occupano dei rapporti con la Chiesa Cattolica e con gli altri enti religiosi, tra cui la Direzione centrale per gli affari dei culti. Art. 1 L.222/1985 “Gli enti costituiti o approvati dall'autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto, possono essere riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato.” Prevede una FASE PREDECISORIA : un atto necessario previo alla valutazione da parte del decisore. si richiede che l’autorità procedente assuma il parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio di Stato. Art. 17 co. 26 L.127/1997 (sulla SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA) ha abrogato ogni diversa disposizione di legge che prevede il parere del Consiglio di Stato tranne alcuni casi eccezionali tra cui però non rientra l’art. 1 della L.222/1985. Il problema è che non può abrogarla o derogarla perché la L.222/1985 è una legge pattizia con resistenza passiva all’abrogazione pari alle leggi costituzionali. A riguardo è intervenuto il Consiglio di Stato con un parere richiesto dal Ministero dell’Interno ha ritenuto che ci troviamo davanti ad un caso di adattamento automatico, per cui il testo pattizio si sarebbe potuto adeguare direttamente alle modifiche dal legislatore. Il Consiglio ha comunque specificato che sarebbe stato meglio che la modifica avvenisse per accordo bilaterale con un accordo tra Stato e Chiesa. Ciò è avvenuto nel 1998 con scambio di note diplomatiche tra la Segreteria di Stato e l’ambasciata italiana presso la Santa Sede. Le parti hanno concordato in maniera diplomatica che nella procedura di riconoscimento di un ente ecclesiastico non sia più obbligatoria ma FACOLTATIVA nel caso in cui l’amministrazione lo ritenga necessario per l’eccessiva complessità o delicatezza della pratica. Il parere da obbligatorio-non vincolante, passa ad essere facoltativo-non vincolante. Art. 1 L.222/1985 prevede che il provvedimento di erezione di persona giuridica civile di un ente canonico, sia competenza del Presidente della Repubblica con suo decreto (=COMPETENZA PRESIDENZIALE) L.13/1991 ha ridefinito le competenze specifiche e tassative del Presidente della Repubblica, ma non inserendo quella del riconoscimento degli enti ecclesiastici. La legge prevede che il Ministro dell’Interno che prima era competente a formulare al Presidente della Repubblica la proposta di riconoscimento, sarebbe diventato autorità competente a emanare il provvedimento (da AUTORITA PROPONENTE a AUTORITA DECISORIA) Questa legge ordinaria però non ha la forza abrogativa sufficiente per far venire meno le disposizioni della legge di derivazione pattizia con copertura costituzionale, perciò sempre con l’accordo del 1998 tra Santa Sede e Stato italiano, le parti si sono accordate per affidare la competenza al Ministro dell’Interno in modo definitivo. Dunque la L.222/1985 non è formalmente cambiata, ma sostanzialmente va letta in modo diverso rispetto a come si presenta il testo normativo. Una particolarità sul DECRETO DI RICONOSCIMENTO Se viene richiesto il PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO facoltativo da parte del MINISTERO DELL’INTERNO: - Se parere favorevole non vi è nessun problema; - Se parere non favorevole e il Ministro voglia comunque procedere al riconoscimento civile dell’ente stesso, si ricorre al Consiglio dei Ministri. In caso di deliberazione positiva, il procedimento si conclude con un decreto del Presidente del Consiglio. Una volta che viene emanato il decreto ministeriale di riconoscimento, l’ente può qualificarsi quale ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ex art. 4 L.222/1985 ed è obbligato all’ISCRIZIONE nel REGISTRO DELLE PERSONE GIURIDICHE. ripetizione REQUISITI FONDAMNETALI DEGLI ENTI ECCLESIASTICI : - Ente costituito e approvato dall’autorità ecclesiastica competente - L’autorità presenti istanza di riconoscimento o l’assenso se la domanda viene posta dal legale rappresentate dell’ente ecclesiastico - L’ente abbia sede in Italia - L’ente abbia un fine essenziale di culto e di religione 12/03/2021 Ripetizione RICONOSCIMENTO DEGLI ENTI ECCLESIASTCI Il procedimento di riconoscimento degli enti ecclesiastici è un PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO composto di varie fasi : - FASE INIZIATIVA da parte dell’autorità ecclesiastica o del legittimo rappresentante dell’ente con autorizzazione dell’autorità ecclesiastica. dell’ente, che viene trasmesso attraverso la prefettura da parte dell’autorità canonica al Ministro dell’interno. Il Ministro dell’interno deve provvedere entro 60 giorni dalla recezione del provvedimento canonico. Art. 22 L.222/1985 prevede che alcune categorie di enti possono essere erette persone giuridiche attraverso un procedimento più breve data la natura di tali enti. ISTITUTI PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO In ogni diocesi, in seguito alla L.222/1985 , è stato istituto da parte del vescovo un istituto destinato al sostentamento del clero (=sacerdoti) ISTITUTI DIOCESANI È una vera e propria fondazione che può essere anche una per più diocesi di limitate dimensioni, sempre eretta da più vescovi (=ISTITUITO INTERDIOCESANI) ex art. 1274 del Codice di Diritto Canonico. La Conferenza Episcopale Italiana ha eretto un ISTITUTO CENTRALE per il sostentamento del clero. Gli istituti per il sostentamento del clero assumono la personalità giuridica di diritto civile dalla data di pubblicazione sulla GU del decreto del Ministero dell’interno, una volta recepito dall’autorità canonica il provvedimento canonico di erezione per l’istituto di sostentamento del clero e accertata l’autenticità dell’ente stesso. PARROCHIE e DIOCESI Una volta eretti gli istituti di sostentamento del clero, sono stati estinti i BENEFICI PARROCCHIALI e VESCOVILI e i loro patrimoni sono stati trasferiti nell’istituto di sostentamento nel momento in cui il vescovo li erige. BENEFICI è l’antica modalità attraverso cui veniva sostenuto il clero a servizio della diocesi. Era una massa patrimoniale a un ufficio ecclesiastico, per cui il titolare dell’ufficio ecclesiastico era titolare anche della massa patrimoniale. La rendita di tale massima costitutiva il sostentamento del beneficiario di tale massa. (es. il parroco nominato dal vescovo diveniva anche amministratore del beneficio parrocchiale) Ad ogni ufficio era annesso un beneficio. Le PARROCCHIE e le DIOCESI sono divenuti persone giuridiche con PERSONALITA GIURIDICA, cosa che prima non avevano nonostante esistessero già, perché tale personalità era affidata al beneficio. Art. 28 L.222/1985 “Con il decreto di erezione di ciascun Istituto sono contestualmente estinti la mensa vescovile, i benefici capitolari, parrocchiali, vicariali curati o comunque denominati, esistenti nella diocesi, e i loro patrimoni sono trasferiti di diritto all'Istituto stesso” Art. 29 L.222/1985 “Con provvedimenti dell'autorit ecclesiastica competente, vengono determinate à̀ entro il 30 settembre 1986, la sede e la denominazione delle diocesi e delle parrocchie costituite nell'ordinamento canonico. Tali enti acquistano la personalit giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del à̀ decreto del Ministro dell'interno che conferisce alle singole diocesi e parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.” L’atto per il riconoscimento degli enti PARROCCHIA e DIOCESI è anch’esso dovuto dal Ministro dell’Interno” Il patrimonio iniziale delle parrocchie e delle diocesi nella sua totalità, viene prima trasferito all’ente per il sostentamento del clero, e poi il vescovo quando erige le parrocchie e le diocesi, individua parte del patrimonio trasferito che non faceva parte del beneficio, per ritrasferirlo agli enti parrocchia e diocesi così da formarne il patrimonio iniziale. Anche le diocesi e le parrocchie soggiacciono all’onere di iscrizione nel registro delle persone giuridiche secondo le modalità del d.p.r. 361/2000. 3. PER LEGGE È possibile che un ente sia riconosciuto attraverso LEGGE in quanto il procedimento amministrativo appare superfluo data la rilevanza dell’ente e le funzioni svolte dall’ente stesso. (accade anche nel diritto comune) Art. 13 L.222/1985 “La Conferenza episcopale italiana acquista la personalità giuridica civile, quale ente ecclesiastico, con l'entrata in vigore delle presenti norme.” CONFERENZA EPISCOPALE è un istituto permanente composto dall’assemblea dei vescovi di una nazione che esercitano in modo congiunto talune funzioni pastorali nei riguardi dei fedeli delle loro diocesi epe promuovere il bene della Chiesa. Dal 3 giugno 1985 la CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA è stata riconosciuta per legge 4. PER ANTICO POSSESSO DI STATO Art. 7 n.2 L. 121/1985 “Ferma restando la personalit giuridica degli enti ecclesiastici che ne sono à̀ attualmente provvisti, la Repubblica italiana, su domanda dell’autorit ecclesiastica o con il suo assenso, à̀ continuer a riconoscere la personalit giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in Italia, eretti o à̀ à̀ approvati secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalit di religione o di culto. à̀ Analogamente si procederà per il riconoscimento agli effetti civili di ogni mutamento sostanziale degli enti medesimi.” Tale norma indica che gli enti che al momento dell’entrata in vigore della L.121/1929 possedevano la personalità giuridica di diritto civile, continuano a godere di tale personalità senza altro provvedimento dell’autorità amministrativa italiana. Tali enti sono : - Enti già riconosciuti con il Concordato del 1929 - Enti la cui personalità giuridica civile è stata attribuita dall’Italia pre-unitaria e non vi sono state norme contrastanti. Tali enti sono indicati dall’art. 2 Codice Civile 1865 15/03/2021 MODIFICAZIONE ed ESTINZIONE DEGLI ENTI ECCLESIASTICI Art. 19 L.222/1985 “Ogni mutamento sostanziale nel fine, nella destinazione dei beni e nel modo di esistenza di un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto acquista efficacia civile mediante riconoscimento con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato. In caso di mutamento che faccia perdere all'ente uno dei requisiti prescritti per il suo riconoscimento può essere revocato il riconoscimento stesso con decreto del Presidente della Repubblica, sentita l'autorità ecclesiastica e udito il parere del Consiglio di Stato.” Serve il Decreto del Ministro dell’Interno, mentre il parere del Consiglio di Stato è facoltativo. Le modifiche vanno iscritte nel registro delle persone giuridiche per essere opposte ai terzi. Per l’iscrizione ai fini del riconoscimento degli effetti civili della modificazione, si provvede su domanda dell’autorità ecclesiastica competente o attraverso il legale rappresentante dell’ente. L’istanza è indirizzata al Ministro dell’Interno attraverso prefettura del luogo della sede dell’ente. MUTAMENTO SOSTANZIALE DEL FINE DELL’ENTE È ovvio che se l’ente smette di perseguire il fine di culto e religione, non può essere più un ente ecclesiastico, ma non è una modificazione, perché in questo caso vengono proprio a mancare i requisiti essenziali. Diverso è se passa ad esempio da scopi di culto a scopi missionari. Se l’ente transita in modo pacifico da un settore ad un altro, si verifica il MUTAMENTO SOSTANZIALE (l’art 16 L.222/1985 dice le attività che causano modifica e non revoca) Il mutamento incide alterando la funzione e struttura dell’ente. All’ente viene revocata la personalità giuridica quando viene meno uno dei suoi requisiti. REVOCA DEL RICONOSCIMENTO L’autorità civile comunica all’autorità ecclesiastica di voler revocare la personalità giuridica essendo venuti meno uno o più requisiti. La revoca deve essere iscritta nel registro delle persone giuridiche e deve contenere le motivazioni di tale revoca. In alcuni casi l’iniziativa può partire dall’autorità canonica. È il caso in cui l’ente viene meno nell’ordinamento canonico perché estinto o soppresso. Di base il diritto canonico prevede che la persona giuridica abbia una durata perpetua, ma sono previste anche le cause di estinzione o soppressione da parte del diritto canonico. (es. una fondazione viene meno se il patrimonio è insufficiente per il raggiungimento dello scopo) L’esistenza dell’ente canonico è presupposto per l’esistenza della personalità giuridica, per cui se viene meno la prima, per logica deve venire meno anche la seconda. In questo caso è l’autorità ecclesiastica competente che invia la comunicazione di estinzione o soppressione dell’ente ecclesiastico al Ministro dell’Interno, che mediante decreto ne prevede l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche. La devoluzione dei beni dell’ente si esegue secondo il diritto civile e canonico CONCORSO DI LEGGI In realtà ad oggi non vi è nessun controllo se non quello dell’autorità canonica competente, dunque non c’è più un vero e proprio concorso di leggi. Art. 20 L.222/1985 “La soppressione degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e la loro estinzione per altre cause hanno efficacia civile mediante l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche del provvedimento dell'autorità ecclesiastica competente che sopprime l'ente o ne dichiara l'avvenuta estinzione. L'autorità ecclesiastica competente trasmette il provvedimento al Ministro dell'interno che, con proprio decreto, dispone l'iscrizione di cui al primo comma e provvede alla devoluzione dei beni dell'ente soppresso o estinto. Perciò vi sono anche enti che svolgendo attività di interesse generale in modo imprenditoriale acquisiscono la qualifica di impresa sociale. Anche agli enti ecclesiastici si può attribuire la qualifica di impresa sociale, a 2 condizioni : 1. Dev’essere adottato un regolamento che recepisca le norme del decreto e che 2. Dev’essere costituito un patrimonio destinato esclusivamente alle attività dell’impresa sociale e dev’essere mantenuta in modo sparato la contabilità che riguarda l’impresa sociale. Problema : un ente ecclesiastico che svolge attività d’impresa, può essere sottoposto al FALLIMENTO o a una delle PROCEDURE CONCORSUALI IN CASO DI INSOLVENZA DEL DEBITORE? Non vi sono norme specifiche che regolano la materia, perciò la giurisprudenza è intervenuta sul punto e ha affermato che : l’ente ecclesiastico che svolge attività d’impresa può essere soggetto alle procedure concorsuali, tuttavia non risponde di fronte ai debitori con tutto il suo patrimonio, ma solo con il patrimonio investito nell’attività d’impresa. Ciò si fa per rispettare la finalità di culto e di religione dell’ente. 22/03/2021 SISTEMA DI SOSTEMANTAMENTO DEL CLERO Il SISTEMA DI SOSTENTAMENTO DEL CLERO riguarda le modalità attraverso cui viene remunerato il sacerdote che presta un servizio a favore della diocesi. Vi sono alcuni enti (=istituti per il sostentamento del clero)riconosciuti con decreto abbreviato, che sono delle vere e proprie fondazioni con un patrimonio previsto per un fine. Il patrimonio degli istituti diocesani o inter-diocesani per il sostentamento era formato dal patrimonio dei benefici, ora estinti e confluiti nell’istituto per il sostentamento del clero in seguito alla riforma ‘83/84. Se il patrimonio è eccedente rispetto ai fabbisogni della diocesi, l’istituto diocesano traferisce parte dei beni all’istituto centrale e questo li trasferisce a quelli istituti che invece ne hanno più bisogno. Il sacerdote ha diritto al sostentamento (lo dice anche il vangelo), ma non si tratta di una retribuzione perché il rapporto che intercorre tra sacerdote e diocesi non è un rapporto di lavoro, besì si tratta solo di remunerazione. È più che altro un DIRITTO DI CREDITO a cui è tenuto l’istituto per il sostentamento del clero. Il sistema applicato per la remunerazione è SISTEMA DI SOSTENTAMENTO SOLO EVENTUALE/IN VIA INTEGRATIVA SISTEMA DI SOSTENTAMENTO SOLO EVENTUALE / IN VIA INTEGRATIVA La remunerazione è prevista solo nella misura in cui non riceva una remunerazione da altri enti ecclesiastici o secondo altre modalità (es. se il sacerdote è prof di religione, la remunerazione si ha solo se la sua remunerazione non sia sufficiente per raggiungere minimo stabilito annualmente dalla conferenza episcopale italiana per il congruo sostentamento) La remunerazione deve raggiungere il minimo stabilito annualmente dalla conferenza episcopale italiana per il congruo sostentamento. Al minimo si può aggiugnere un valore maggiore in punteggio, in base alla condizione specifica del sacerdote. (es. è anziano o ha a carico i suoi genitori) Art. 33 l.222/1985 il sacerdote deve comunicare alla conferenza episcopale italiana le somme da lui percepite. Se il sacerdote non raggiunge il minimo stabilito la conferenza episcopale, intervine l’istituto per il sostentamento del clero che si occupa di integrare o prevedere integralmente la remunerazione se questa manca in toto. Se l’istituto non interviene o lo fa in modo diverso da quello previsto, l’art. 34 l.222/1985 stabilisce che presso ogni diocesi ci sia un ORGANO CONCILIATIVO è un organo ammnistrativo che prende il nome di ORGANO PER LA COMPOSIZIONE DELLE CONTROVERSIE, a cui i sacerdoti si possono rivolgersi per i provvedimenti non corretti dell’ istituto per il sostentamento del clero. Se ciò non basta, si possono rivolgere al vescovo diocesano. Se neanche ciò basta, possono rivolgersi alla CONGREGAZIONE PER IL CLERO organismo di governo della santa sede. Il diritto del sacerdote vale sia nell’ordinamento canonico che nell’ordinamento civile, per cui si può far valere in entrambi gli ordinamenti CONFLITTO DI GIURIRSIDIZONE TRA STATO E CHIESA. La Corte di Cassazione ha determinato che il conflitto è risolvibile con il CRITERIO DELLA PREVENZIONE Entrambi gli ordinamenti sono competenti, ma solo un giudice deve decidere e per scegliere a chi spetti la competenza, si usa il criterio della prevenzione si scegli in base alla prima giurisdizione adita. È un criterio che lascia perplessi perché l’attività dell’organo per le controversie, a cui il sacerdote dovrebbe rivolgersi, non è un organo giurisdizionale, ma amministrativo, perciò non vi può essere un conflitto giurisdizionale nel momento in cui l’organo giudicante della chiesa non è un organo giurisdizionale ma amministrativo. Il sacerdote deve per forza rivolgersi prima all’organo conciliativo perché è così previsto dall’art. 34. Quando si giunge davanti al tribunale della signatura apostolica allora inizia il vero e proprio conflitto giurisdizionale. La decisione dell’organo conciliativo inoltre, essendo di un organo ammnistrativo e non essendo assimilabile a una sentenza, non può essere assimilato per essere efficace nel nostro ordinamento ex art. 64 L.218/1995 (=legge sul diritto internazionale ..) Le decisioni dell’organo non sono titoli esecutivi (=documento su cui il giudice può condannare al pagamento di una certa somma. Ad es. una sentenza) (art 474 c.p.c) ma rappresentano un atto idoneo a formare prova valida per richiedere al giudice la formazione di un titolo esecutivo. Se si arrivasse alla fine dei ricorsi canonici amministrativi, la sentenza del tribunale apostolico potrebbe essere fatta valere nel nostro ordinamento. 26/03/2021 TUTELA INTERNAZIONALE DELLA LIBERTA RELIGIOSA È un argomento che interessa ..uno degli ambiti in cui si realizza la tutela religiosa. Gli Stati sono i facitori delle regole di diritto internazionale. Prima si riteneva che solo gli Stati erano soggetti degli ordinamenti internazionali, mentre ad oggi si considerano i singoli cittadini come soggetti del degli ordinamenti internazionali. PREMESSE STORICHE La comunità internazionale nel sistema westfaliano si basa su alcuni principi : - UGUAGLIANZA SOVRANA DEGLI STATI precedentemente non erano considerati tutti uguali, mentre ad oggi sono eguali limitatamente al processo di creazione delle regole perché per i rapporti di forza che regolano la scena internazionale, gli stati non sono tutti uguali (es. gli U.S.A. hanno un peso diverso rispetto a San Marino) Sono tutti uguali anche quando si siedono al tavolo per redigere un trattato di pace : anche lo stato perdente mantiene il suo valore nei confronti degli stati vincitori. - CUIUS REGIO, EIUS RELIGIO è il sovrano a determinare la religione ammessa nello stato e non vengono più permesse le guerre di religione. Inoltre, si consente di migrare verso lo stato la cui religione è quella a cui i sudditi di altro stato appartengono. La religione scelta dallo Stato non incide sulla sua uguaglianza rispetto agli altri stati. - PRINCIPIO DI NON INGERENZA DEGLI AFFARI INTERNI è un principio consuetudinario. Prevede che nessuno Stato o gruppo di stato può intervenire direttamente negli affari interni di un altro stato. Lo Stato ha diritto inalienabile di scegliere il proprio regime politico, economico e sociale senza che gli altri stati lo contestino. È un principio superato per quanto riguarda i DIRITTI UMANI la tutela dei diritti umani non è di riservato dominio degli stati, ma è una questione di legittimo interesse degli altri stati. Nel corso dell’800 con le varie rivoluzioni, assistiamo alla creazione delle CARTE COSTITUZIONALI (es. in Italia con lo Statuto Albertino del 1848) Il legislatore costituzionaledell’800 riponeva grande FIDUCIA NELLA LEGGE (=MITO DELLA LEGGE) e la considerava come infallibile e capace di tutelare completamente i diritti civili e politici. Nell’800, l’idea di una tutela internazionale della religione era perciò molto lontana. Alcune eccezioni : PRIME TUTELE DELLA LIBERTA RELIGIOSA A LIVELLO INTERNAZIONALE - REGIME DELLE CAPITOLAZIONI è un regime in favore dei cittadini degli stati del concerto europeo (=paesi potenti dell’Europa). Questo regime concedeva dei privilegi ai propri cittadini nei confronti degli altri stati non cattolici per quanto riguarda la LIBERTÀ RELIGIOSA nel momento in cui i cittadini di tali stati si recavano in tali stati. Lo stato non cattolico si obbligava a garantire tali privilegi ai cittadini di questi stati cattolici, ma si trattava di RAPPORTI FRA STATI e non di diritti umani che i cittadini esercitavano verso lo stato non cattolico. Per cui, con tale regime solo lo stato cattolico poteva far valere dei diritti verso lo stato non cattolico. - TRATTATO DI BERLINO (1878) si prevede la tutela della libertà nei confronti della Bulgaria, Serbia e Romania. È un impegno dell’Impero Ottomano non nei confronti dei ciattdini o dell’intenra comunita internaizonale,ma solo veso le grandi potenze. Si volevano tutelare le minoranze cattoliche in questi stati SOCIETA DELLE NAZIONI (SdN) CONVENZIONE DELLA SdN Creata dopo la 1^ Guerra Mondiale, tale società si è occupata di discutere di eventuali segnalazioni e lamentele da parte degli Stati al di fuori del consiglio della SdN e delle singole minoranze. Con tale convenzione, le stesse minoranze sono legittimate a lamentare la propria situazione e non sono più esclusivamente gli stati ad esserlo. Vi è l’assunzione di un obbligo a garantire la libertà di religione. Tra la 1^ e la 2^ Guerra Mondiale, vi è una tutela di libertà religiosa verso i gruppi di minoranze, ma non è ancora garantita ai singoli individui. Inoltre, tale tutela è motivata da esigenze di sicurezza collettiva e di politica estera e non per ragioni umanitarie. Inoltre, i CONTROLLI CANONICI hanno anche una specifica RILEVANZA CIVILE. (art. 17 e 18 l.222/1985) C’è uno stretto controllo da parte del vescovo o dalla Santa Sede, la scelta fra i due dipende dalla qualità e quantità del valore dell’atto. (=se supera una determinata somma) È venuto meno il PROCEDIMENTO AUTORIZZATORIO da parte dell’AUTORITA GOVERNATIVA ma nel contempo si afferma in maniera esplicita che hanno rilevanza civile i controlli canonici, per cui un negozio senza rispetto delle previsioni canoniche, risulta INVALIDO o INEFFICACE. Nell’ordinamento canonico la carenza di autorizzazione comporta la NULLITA, la quale può essere sempre opposta. Ci si è chiesti se ciò valga anche a livello civile : è nullo o annullabile? Per l’ordinamento civile, il negozio non è nullo (come invece avviene nell’ordinamento canonico) perché l’autorizzazione è una CONDIZIONE DI EFFICACIA ma non è una CONDIZIONE DI ESISTENZA. I l negozio può essere IMPUGNATO PER INVALIDITA entro 5 anni per ANNULLARLO. Non tutte le autorizzazioni canoniche hanno rilevanza civile, ma solo quelle CONOSCIBILI DAI TERZI IN RAPPORTO CON L’ENTE ECCLESIASTICO risultano essere rilevanti. Sono conoscibili quando risultano : - dal CODICE DI DIRITTO CANONICO; - dal REGISTRO DELLE PERSONE GIURIDICHE (l’iscrizione degli enti ecclesiastici vale solo come forma di pubblicità, mentre per gli enti di diritto comune l’iscrizione è costitutiva) In conclusione, i CONTROLLI CANONICI hanno un loro specifico RILIEVO CIVILE nella misura in cui sono CONOSCIBILI. Vi è un CONTROLLO SPECIFICO per gli ISTITUTI DI SOSTENTAMENTO DEL CLERO. Sono previsti alcuni specifici controlli sulla GESTIONE DEL PATRIMONIO per evitare che si DEPAUPERI ECCESSIVMANETE e non consenta di far ricevere ai sacerdoti un giusto sostentamento. Il controllo riguarda prevalentemente gli atti di compravendita, per i quali vi è un DIRITTO DI PRELAZIONE da parte di alcuni ENTI PUBBLICI. Questi hanno il diritto di prelazione sul comprare o meno il bene quando questo supera il valore di 1500 milioni di lire. Tali enti sono : - STATO - COMUNE - REGIONE - PROVINCIA Se nessuno si questi enti vuole esercitare il diritto di prelazione, allora l’ente ecclesiastico potrà agire vendendo a chi vuole. Se il diritto di prelazione non viene esercitato correttamente, normalmente il soggetto che gode del diritto di prelazione (=SOGGETTO PREPERMESSO) ha diritto di subentrare nella proprietà al posto del soggetto illegalmente acquirente, mentre in questo caso si prevede la NULLITA DEL NEGOZIO (art. 27 l.222/1985). 09/04/2021 PROTEZIONE INTERNAZIONALE SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA CONSIGLIO D’EUROPA Consiglio d’Europa organizzazione internazionale che viene costituita con il Trattato di Londra (1949) in un contesto europeo appena uscito dalla 2^ guerra mondiale e da cui si decide di creare un’organizzazione che abbia tra i suoi elementi centrali la tutela dei diritti umani. I paesi che danno vita al Consilio d’Europa sono : tre paesi del benelux (= Bassi, Belgio e Lussemburgo) Francia, Italia, Regno Unito, Danimarca; Svezia, Norvegia, Irlanda. Si escludono i pesi neutrali (es. Finlandia e Svizzera), quelli ancora sotto dittatura (es. Portogallo e Spagna) e quelli occupati dagli alleati (es. Germani e Austria) Questa organizzazione riguarda prevalentemente l’Europa occidentale, cioè l’Europa democratica. Vi sono 2 tendenze opposte per cui si voleva creare il Consiglio d’Europa: - Alcuni stati volevano creare un ordinamento giuridico sovrannazionale dove non sono gli Stati gli attori principali , ma si crea una cittadinanza comune a livello europeo con degli organi sovrannazionali RUOLO DEGLI STATI VIENE STEMPERATO - Altri stati volevano tutelare la sovranità nazionale e pensavano che il Consiglio d’Europa come le altre organizzazioni internazionali dovessero essere delle forme di cooperazione intergovernativa dove però il pallino era tenuto in mano dai Governi Nazionali. Queste 2 tendenze riverberano anche sull’ organizzazione della Corte Europea dei diritti dell’uomo (organismo del Consiglio d’Europa e non dell’Unione Europea) e riverberano anche sul concetto e sulla tutela dei diritti umani. CONVENZIONE EUROPA DEI DIRITTI DELL’UOMO (=CEDU) Firmata a Roma nel 1950, è il primo trattato internazionale negoziato e sottoscritto in seno al Consiglio d’Europa. La Cedu ha una grande rilevanza anche nel nostro ordinamento perché le sue disposizioni parametro interposto di legittimità costituzionale. Si collocano nella gerarchia delle fonti al di sopra delle leggi ordinarie ma sotto quelle costituzionali. Il primo titolo della Cedu elenca le libertà fondamentali Articoli rilevanti della CEDU : - Art. 1 OBBLIGO DI RISPETTARE I DIRITTI DELL’UOMO È importante perché apre la strada alla dottrina della POSITIVE OBBLIGATION è l’idea per cui non è sufficiente che lo Stato si astenga dal violare i diritti umani (es. non adotta leggi che violano la libertà religiosa) ma deve garantire la libertà religiosa all’interno del proprio territorio, anche se le violazioni di tale diritto arrivano da soggetti non statuali. Quando venne preparata la Cedu nel 1950, si è subito dopo la Dichiarazione universalee dei diritti dell’uomo e vi erano 2 correnti di pensiero : 1. La Cedu doveva essere generale, proponendo solo dei principi come aveva fatto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Lo si pensava perché alcuni stati volevano evitare che in futuro la Cedu gli si potesse rivoltare contro senza poterne fare un’interpretazione ampia. 2. Altri stati volevano delle disposizioni più dettagliate. - Art. 9 LIBERTÀ DI PENSIERO, DI COSCIENZA E DI RELIGIONE : Il primo comma riprende l’art. 18 della Dichiarazione universale dei dritti dell’uomo. Rispetto alla Dichiarazione vi è maggiore forza di questa libertà perché la Cedu è giuridicamente vincolante essendo un trattato internazionale. Al secondo comma prevede espressamente le limitazioni alla libertà religiosa.: è la soluzione di mediazione delle due correnti perché da una parte si resta sul generale (riprendendo al primo comma l’art. 18 della Dichiarazione) ma dall’altra parte si entra nel dettaglio nel secondo comma. - Art. 14 DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE : anche su base religiosa - Art. 15 DEROGA IN CASO DI STATO D’URGENZA : dell’art. 9 Cedu. Articoli rilevanti del PROTOCOLLO ADDIZIONALE (1952) : è il primo protocollo addizionale della Cedu (ad oggi sono quasi 16) - Art. 2 DIRITTO ALL’ISTRUZIONE : prevede che nell’esercizio che lo stato assume rispetto all’istruzione, lo Stato deve rispettare le convinzioni filosofiche e religiose dei genitori nell’educare i propri figli (=DIVIETO DI INDOTTRINAMENTO) CORTE EDU Fin dalle origini della Cedu si pensa a un sistema di giustiziabilità dei diritti sanciti nella stessa Cedu. Ciò è possibile perché i paesi fondatori del Consiglio d’Europa e firmatari della Cedu erano paesi omogenei da un punto di vista del sistema costituzionale e dello stato di diritto Titolo secondo della Cedu Corte Europea dei diritti dell’uomo Originariamente vi erano solo RICORSI INTERSTATABILI solo lo stato poteva adire gli organi giurisdizionali nei confronti di un altro stato per la violazione della Cedu da parte di quest’ultimo. Perché erano ancora l’idea che nell’ambito dell’ordinamento internazionale i soggetti dell’ordinamento fosse esclusivamente gli stati. I RICORSI INDIVIDUALI venivano rifiutati a meno che non fossero particolarmente gravi e flagranti di violazione dei diritti umani. Punto di svola è avvenuta con 2 sentenze : - Madsen and Peterson VS Denmark (1976) riguardava l’educazione sessuale obbligatoria - Irland VS Regno Unito (1978) correzione corporale come sistema educativo che esisteva in Inghilterra - Marx VS Belgio (1979) riguardava status dei figli illegittimi Queste sentenze la Corte EDU acquista un proprio margine di autonomia e impone agli Stati membri una propria interpretazione dei diritti umani Fino a metà degli anni ’70 la Corte EDU operava più che altro per determinare i diritti involabili su cui tutti i paesi erano d’accordo, mentre con queste sentenze entra anche in altri ambiti oltre a quelli dei diritti umani (es. nella sent. 1979 ha trattato il diritto di famiglia) La Corte diventa uno STRUMENTO VIVENTE perché non si limita al dato letterale della Cedu, ma si applicano i diritti sanciti anche su altri ambiti degli ordinamenti nazionali e si espande di molto la portata dei diritti umani. Di conseguenza vi è un incremento del ricorso ai diritti umani. Altro punto di svolta : 1989 CROLLO DEL MURO DI BERLINO, comporta un’altra svolta perché iniziano a far parte del Consiglio d’Europa anche alcuni stati dell’est. Si arriva a ciò perché nel 1986 il leader sovietico aveva avviato un processo di allentamento deal morsa del blocco sovietico e verso un’evoluzione più democratica dello stato, si conseguenza le richieste della santa sede vengono man mano accolte. - COPENAGHEN (1990) non viene sancito un diritto, ma viene detto che l’obiezione di coscienza alla leva militare può essere un caso di libertà religiosa. - KIEV (2013) riprende sancisce le libertà religiose già note e presenta degli aspetti interessanti perché fa riferimento al dialogo inter-religioso e pone l’accetto sull’esigenza di sicurezza dei luoghi di culto e di protezione delle comunità religiose. Ha creato un collegamento tra sicurezza dei luoghi di culto e della libertà religiosa perché è la prima volta che in un documento internazionale si ha tale collegamento. Tutti questi documenti non sono giuridicamente vincolanti, ma l’attuazione sede politico-diplomatica degli stati e sono perciò i governi nazionali a occuparsene. Inoltre, non si può portare davanti agli organi dell’OSCE i casi singoli, ma si deve valutare il comportamento dello Stato tenuto ad applicarli. CARTA DEI DIRITTI FONDAMNETLAI DELL’UE (2000) - Art. 10 LIBERTA DI PENSIERO, DI COSCIENZA E DI RELIGIONE : seppure sia un diritto fondamentale qui si dice che è lo Stato nazionale che ne deve determinare l’espansione e applicazione. TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UE (TFUE) Trattato di Lisbona Si rimette alla legislazione nazionale la regolazione della relazione Stato-Chiesa e si pone in capo alla Commissione Europea l’impegno di mantenere un dialogo aperto e costante con le varie confessioni religiose. LINEE GUIDA SULLA PROMOZIONE E PROTEZIONE DELLA LIBERTA RELIGIOSA (2013) Sono importanti perché sono state introdotte dall’UE come linee guida riguardo la politica estera dell’UE. Si inseriscono in un percorso avviato dagli USA nel ’90 e adottato da vari paesi tra cui l’UE, in cui il tema del rispetto della libertà religiosa diventa centrale nella politica estera dello stato. Vi sono state molte critiche a riguardo perché così facendo i diritti umani diventano strumento per perseguire fini di politica estera STRUMENTALIZZAZIONE DEI DIRITTI UMANI 12/04/2021 EDIFICI DI CULTO Il diritto di culto costituisce condizione essenziale per il pubblico esercizio del culto e rientra nella tutela apprestata dall’art. 19 Cost. alla libertà di culto. La disciplina dei luoghi di culto ha una specifica finalità SODDISFACIMENTO DELLA LIBERTA DI CULTO COME ELEMENTO ESSENZIALE DEL DIRITTO ALLA LIBERTA RELIGIOSA L’art. 19 enuncia 3 libertà : - Libertà di coscienza - Libertà di propaganda - Libertà di culto (con limite dei riti contrari al buon costume) Il diritto dei luoghi di culto è una specificazione della libertà religiosa che non trova solo una tutela nazionale, e dunque costituzionale, ma anche sovrannazionale. Infatti, molte carte sovrannazionali considerano il diritto al luogo di culto come imprescindibile dalla libertà di culto (es. art. 9 CEDU) Costituisce una specificazione nel senso che il diritto al luogo di culto è strumentale alla piena realizzazione della libertà religiosa che mancherebbe di effettività se ai fedeli non venisse garantito un luogo dove esercitare il culto. Con i luoghi di culto si garantisce l’espansione della religione nella sfera pubblica ed esteriore costituita dall’aggregazione comunitaria che da sempre connota le diverse società. La dottrina ha denominato tali luoghi di culto come BENI A CARATTERE STRUMENTALE FUNZIONALI A CONIUGARE LA DIMENSIONE FISICA CON QUELLA METAFISICA DELLA LIBERTA RELIGIOSA, cioè con tutte quelle esigenze divine che si concretizzano attraverso comportamenti esteriori e dunque giuridicamente rilevanti. Il diritto ad un luogo di culto si traduce nel diritto fondamentale a pretendere dalla Repubblica un bene immobile in cui fisicamente poter esercitare e praticare la libertà religiosa. La relazione di strumentalità rispetto alla libertà religiosa trova conferma nella giurisprudenza della Corte Costituzionale : - Sent. 59/1958 Corte Cost. afferma che la formula dell’art. 19 è così ampia da comprendere tutte le manifestazioni del culto tra cui l’apertura di templi e oratori (=espressione fisica della libertà religiosa) Anche la giurisprudenza sovrannazionale ha ribadito questo principio (es.Sent. Corte di Strasburgo del 1996 e del 2016) facendo riferimento all’art. 9 CEDU che sancisce la libertà di culto e anche i mezzi impiegati per esprimerla. È da declinarsi insieme all’art. 3 co. 2 deve dispiegarsi su di un piano paritario. Così facendo lo si collega al tema della laicità dello Stato. Affermata con sent. 203/1989 Corte Costituzionale che riconosce il principio di laicità come principio fondamentale e costituisce garanzia da parte dello stato per la salvaguardia dei diritti di libertà di religione in un regime di pluralismo religioso e culturale) Quando parliamo di laicità in rapporto con i luoghi di culto non è una laicità in negativo (=mero astensionismo dello stato rispetto al fenomeno religioso) bensì in positivo perché è l a repubblica che deve garantire il fenomeno religioso. Il diritto di culto va letto insieme ad altri principi costituzionali : con artt. 2, 3 e 8 Cost. il diritto al luogo di culto coinvolge anche altri diritti della costituzione (es. art. 17, 18, 21) ma quelli sopra elencati sono i più rilevanti. Bisogna garantire alle diverse confessioni un accesso ai luoghi di culto non discriminatorio sia in virtù dell’art. 8 Cost., sia dell’art. 3 co. 2 Cost. per cui non è sufficiente una mera parità di trattamento formale ma servono anche delle condizioni sostanziali. Il diritto ad un luogo di culto è in rapporto anche con l’art. 2 Cost. in quanto non è servente alle sole esigenze confessionali ma consente di realizzare la vita di comunità e dunque è espressione degli aspetti dinamici della personalità della persona umana, alla sua tenenza alla socializzazione. Affinché tali esigenze possano essere appagate è indispensabile un luogo fisico per costruire queste relazioni aggregative confessionalmente aggregate. Possiamo distinguere nella disciplina del diritto del luogo di culto la normativa di origine pattizia e la normativa di origine unilaterale statale. Bisogna distinguere la disciplina prevista per la confessione cattolica e quella prevista per le altre confessioni religiose. Per la confessione cattolica : - Disposizione del concordato lateranense del 1929 2 sono le norme da considerare : Art. 9 : esentava gli edifici di culto cattolico da requisizioni e occupazioni. prevedeva anche l’occupazione per gravi necessità a delle condizioni : solo previo accordo con l’ordinamento canonico e se tale accordo non era possibile raggiungere, solo se si fossero presentate ragioni di assoluta urgenza e si sarebbe potuto procedere ma l’autorità procedente avrebbe comunque dovuto informare subito l’ordinario. Prevedeva un’altra garanzia : la forza pubblica non poteva entrare negli edifici di culto senza previo avviso se non in caso di urgente necessità. Art. 10 : prevedeva il divieto di demolizione degli edifici aperti al pubblico cattolico se non previo accordo. Inoltre, non poteva essere espropriata per pubblica necessità se non previo accordo. - Accordo di villa madama di revisione del concordato lateranense (1984) riprende sostanzialmente la disciplina del concordato del 1929 Art. 5 gli edifici non possono essere sottoposti agli atti ablativi e all’accesso delle forze pubbliche. Inoltre, aggiunge che l’autorità civile terrà conto delle esigenze religiose della popolazione fatte presenti l’autorità ecclesiastica quando concerne gli edifici di culto cattolico. Disciplina per gli edifici di culto delle confessioni acattoliche con intesa Nelle intese sono dettate norme analoghe a quelle per la chiesa cattolica. Disciplina per gli edifici di culto delle confessioni religiose acattoliche e prive di intesa La l.1159/1929 nulla dispone sugli edifici di culto delle confessioni acattoliche senza intesa. Dice solo che l’esercizio pubblico di tali culti è libero. Più specifica è stata la legge esecutiva della legge sui culti ammessi, cioè il Regio Decreto 189/1929 : - Art. 1 : i fedeli possono avere templi e oratori. Ciò era originariamente subordinato all’autorizzazione della pubblica amministrazione che aveva ampia discrezionalità a riguardo. - Art. 2 : i culti poteva solo con 2 condizioni : Riunioni in luogo autorizzato da luoghi previsti dall’art. 1 Riunione presieduta dai ministri di culto approvato Altrimenti norme comuni di pubblica sicurezza : che dovevano dare comunicazione al questore 3 giorni prima Queste due leggi sono rimaste in vigore anche dopo la Costituzione per un po’ poi con la sent. del 59 sono state ritenute come illegittime perché le due disposizioni (art. 1 e 2 ) contrarie agli artt. 8, 19 Cost. La confessione potrà regolare con intesa o senza e nel secondo caso non possono derivare condizioni pregiudizievoli per l’esercizio del culto.