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Diritto internazionale CONFORTI, Sintesi del corso di Diritto Internazionale

Riassunto dettagliato del libro di Benedetto Conforti (e Massimo Iovane) diritto internazionale generale, aggiornato all'ultima edizione del 2021 (XII edizione).

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Diritto internazionale CONFORTI e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Internazionale solo su Docsity! DIRITTO INTERNAZIONALE — CONFORTI E IOVANE ED.2021 INTRODUZIONE 1. DEFINIZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE. PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE DEFINIZIONE - Come può essere definito il diritto internazionale? - in una prima approssimazione, può essere definito come il diritto della comunità degli stati: tali norme si formano al di sopra dello stato, scaturendo dalla cooperazione con altri stati, e lo stato si impegna a rispettarle anche con proprie norme di rango costituzionale (es. art.10 comma 1 cost ita). - si dice anche che il diritto internazionale regola rapporti fra gli Stati: è però un'espressione equivoca, e può essere utilizzata ma solo per descrivere un dato formale, e precisamente il fatto che le norme internazionali si indirizzano in linea di massima agli stati, e creano, cioè, diritti e obblighi per questi. * Sarebbe erroneo, invece, usare quest'espressione per indicare la materie di cui il diritto internazionale si occupa. Infatti, il diritto internazionale odierno, non regola soltanto i rapporti interstatali, ma tende a disciplinare anche rapporti che si svolgono all'interno delle varie comunità statali. * Simili rapportiora citati, una volta erano pertinenza dell'ordinamento statale, mentre il dir.intern si occupava di materie esterne, come immunità diplomatiche, alleanze, condotta della guerra (il diritto internazionale era più un diritto per diplomatici). - oggi, le cose sono cambiate: attualmente, la nostra società è dominata dall'internazionalismo, cioè da quel fenomeno che si traduce nella tendenza a trasferire dal piano nazionale a quello dell'ordinamento internazionale la disciplina dei rapporti economici, commerciali, sociali; queste materie sono sempre più disciplinate da convenzioni internazionali, che rendono il diritto internazionale sempre meno un diritto per diplomatici. 1.2 DISTINZIONI Il diritto internazionale viene anche definito quale diritto internazionale pubblico per distinguerlo dal diritto internazionale privato. - tra queste due materie non c'è molta affinità: col diritto internazionale privato, non siamo più al di sopra dello stato, ma al di sotto, nell'ambito dell'ordinamento statale. - il dir.intern.privato è formato da norme che delimitano il diritto privato di uno stato, e stabiliscono quando questo va applicato e quando i giudici devono applicare il diritto privato straniero. Normativa: il dir.intern.privato è disciplinato dalla legge 218/95 * es.art 20 della |.218/95 ribadisce che /a capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Ciò significa che il giudice italiano applicherà il codice civile e le altre norme nazionali se la persona giuridica ha la cittadinanza italiana, se invece è straniera, il giudice applicherà la legge nazionale della medesima. > quindi, contrapporre il diritto internazionale pubblico e quello privato non ha tanto senso: non si tratta di norme del medesimo ordinamento, ma di due settori che appartengono ad ordinamenti diversi, l'ordinamento della comunità degli stati il primo (diritto internazionale pubblico) e l'ordinamento statale il secondo (diritto internazionale privato). E' vero anche che il diritto internazionale pubblico tende a regolare rapporti interni allo stato e anche rapporti oggetto di diritto privato, ma ciò comporta soltanto che lo Stato, poi, avrà l'obbligo di tradurre queste norme internazionali in norme interne (il problema del cd adattamento del diritto statale a quello internazionale). * Nel diritto internazionale privato (inteso in senso /ato) vi rientrano anche le norme che delimitano verso l'esterno i rami pubblicistici dell'ordinamento statale. Es. le norme che stabiliscono in quali casi la legge penale si applica a reati commessi fuori dal territorio o da stranieri, quando la giurisdizione civile dei giudici italiani può essere esercitata. Anche per queste norme vale il discorso fatto prima, ossia, che si tratta di norme interne che nulla hanno a che vedere con le norme prodotte nell'ambito della comunità degli stati. A differenza del campo privatistico > nel settore pubblicistico resta esclusa la possibilità di applicare il diritto straniero. - alla luce di ciò, la qualifica di pubblico che viene data al diritto della comunità degli stati è assolutamente superflua se non addirittura erronea. Il diritto della comunità internazionale (d'ora in poi il dirinternazionale) non è né pubblico, né privato. Tale distinzione avrebbe senso soltanto con riguardo all'ordinamento statale. 2. quadro sintetico delle funzioni di produzione, accertamento e attuazione coattiva del diritto internazionale DISTINZIONI Ora, distinguiamo fra funzione normativa, funzione di accertamento del diritto e funzione di attuazione coattiva delle norme. ui, bisogna distinguere fra diritto internazionale generale e diritto particolare. a) > il diritto internazionale generale è rivolto a tutti gli stati. b) > il diritto particolare, invece, si rivolge a una determinata cerchia di stati, solitamente quelli che partecipano alla sua formazione. a) Alla norma di diritto internazionale generale fa riferimento l'art. 10 Cost, secondo cui l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. - fra tali norme vi rientrano anche quelle consuetudinarie, ossia le norme formatesi attraverso l'uso. Si può affermare l'esistenza di tali norme se si dimostra che esse corrispondono a una prassi costantemente seguita dagli stati. * La consuetudine ( che possiamo considerare fonte primaria nell'ordinamento internazionale ) + è che essa ha dato luogo a uno scarso numero di norme. - a parte le norme strumentali (come quelle che regolano i requisiti di validità e efficacia dei trattati o accordi, limitandosi a disciplinare un'ulteriore fonte normativa). - non sono molte le norme consuetudinarie materiali, che impongono diritti e obblighi agli stati. b) le norme di diritto internazionale particolare, sono quelle, esempio, poste da accordi internazionali che vincolano soltanto gli stati contraenti. Gli accordi — sul piano numerico — sono molto più numerosi rispetto alle norme desumibili dalla consuetidine. Infatti, costituiscono la parte più rilevante del diritto internazionale. > l'accordo internazionale, è subordinato alla consuetudine così come, nel diritto interno, il contratto è subordinato alla legge. - In altri termini, la norma internazionale pacta sunt servanda (i patti devono essere osservati) ha natura consuetudinaria così come ha natura legislativa la norma secondo cui il contratto fa legge fra le parti. (hanno natura consuetudinaria + anche le norme di validità ed efficacia degli accordi). c) al di sotto degli accordi, troviamo un'altra fonte di norme internazionali: i procedimenti previsti da accordo (che sono fonti di terzo grado). Tali procedimento sono fonti di diritto internazionale particolare — vincolando solo gli stati che partecipano a tali accordi. > il quadro delle fonti che è stato delineato, non comporta sempre che la fonte di diritto superiore non possa essere derogata dalle norme prodotte dalla fonte di diritto inferiore (sul punto vedi dopo, par.20). > la fonte di cui al pto b) ossia l'accordo, oggi, assume un ruolo di rilievo nel campo del diritto internazionale, in quanto molte organizzazioni internazionali nascono appunto da accordi fra stati (es. ONU, Unione Europea, etc). Che valore hanno gli atti prodotti da tali organizzazioni? * Disolito producono atti che hanno valore di raccomandazione, e non hanno quindi valore vincolante. * Forza vincolante, però, c'è l'hanno gli atti dell'unione europea. Tali atti (vincolanti), si trovano, nella gerarchia delle fonti, al di sotto degli accordi in quanto proprio da un accordo (il trattato istitutivo) ciascuna organizzazione prende vita. 3. Lo stato come soggetto di diritto internazionale. Altri soggetti e presunti tali Abbiamo visto come le norme internazionali sono norme che si rivolgono soprattutto e prevalentemente agli stati, cioè creano diritti e obblighi per questi ultimi. Ora, accenniamo a un problema: la definizione dello Stato, e più precisamente dello stato come soggetto o destinatario di norme internazionali, o se si vuole come membro della comunità internazionale. Ci chiediamo anche se — accanto agli stati — ci siano altri enti cui il diritto internazionale formalmente si rivolga e quindi possano considerarsi, anch'essi, come soggetti. > l'unica alternativa che possiamo prendere in considerazione, ai fini della risoluzione del quesito, è quella fra stato-comunità da una parte, e stato-organizzazione, stato-apparato o stato-governo dall'altra. * Lostato-comunità > fa riferimento a una comunità stanziata su una parte della superficie terrestre e sottoposta a leggi che la tengono unita. * Lostato-organizzazione > insieme dei governanti e degli organi che esercitano il potere, in un dato momento, sui singoli associati. -Ma quale dei due rileva dal punto di vista del diritto internazionale? - la qualifica di soggetto di diritto internazionale spetta allo stato-organizzazione: è infatti all'insieme degli organi statali che si lega la soggettività del diritto internazionale dello Stato al criterio dell'effettività. > Sono gli organi statali che partecipano alla formazione delle norme internazionali. > È agli organi internazionali che si attaglia il contenuto delle norme materiali internazionali, dirette a disciplinare l'esercizio del potere di governo. > Sono infine gli organi statali che con la loro condotta possono ingenerare la responsabilità internazionale dello Stato. Nozione di organo dello stato - ai fini del diritto internazionale, sono considerati organi dello stato tutti gli organi che partecipano dell'esercizio del potere di governo nell'ambito del terri : non si tratta dei soli organi del potere esecutivo, e neppure dei soli organi del potere centrale (ergo, vanno considerate anche le amministrazioni locali o gli enti pubblici minori che sono considerati per consuetudine come componenti l'organizzazione dello Stato in quanto soggetto di diritto internazionale). - si afferma comunemente che il diritto internazionale si disinteressi dell'organizzazione statale, oppure che esso, quando deve far riferimento all'organizzazione statale, si limiti a rinviare al diritto interno. Sono necessari due requisiti per il riconoscimento della soggettività: PRIMO REQUISITO: Effettività dello stato-organizzazione > Il diritto internazionale, come detto, si rivolge allo stato-organizzazione: tale organizzazione è presa in considerazione finché eserciti effettivamente il proprio potere su di una comunità territoriale. Il requisito delle effettività è essenziale. > non sono considerati soggetti di diritto internazionale, pertanto: 1. iGOVERNI IN ESILIO > fenomeno relativo soprattutto alla seconda guerra mondiale, con molti governi che fuggirono in quanto i propri territori vennero occupati dai nazisti. Non hanno rilevanza, tali governi, neanche se a loro — come spesso accaduto — vengano riconosciute, dallo stato ospitante, prerogative sovrane per motivi politici. 2. ORGANIZZAZIONI DI LIBERAZIONE NAZIONALE che abbiano sede in un territorio straniero + e che nel territorio straniero, vi abbiano costituito una sorta di organizzazione di governo. Esempi di tali organizz.: - OLP (organizzazione liberazione Palestina) che si costituitì a Tunisi, per poi proclamarsi Stato di Palestina nonostante non avesse alcuna base territoriale. - Fronte Polisario + istituito nel 1973 e avente la sua sede in Algeria, lotta per l'autodeterminazione del popolo saharawi e la cessazione dell'occupazione militare del Sahara occidentale da parte del Marocco. Giurisprudenza: la cassazione ha sostenuto (s.1981/1985). > la tesi secondo cui l'OLP e tutti gli altri movimenti di liberazione nazionale godrebbero di una soggettività limitata allo scopo di discutere, su basi di perfetta parità con gli stati territoriali, i modi e itempi dell'autodeterminazione dei popoli da loro controllati politicamente, in virtù del principio di autodeterminazione ritenuto norma consuetudinaria di carattere cogente. > la corte, inoltre, ha negato che agli organi supremi di tali movimenti spettassero le immunità previste dal diritto internazionale, e in particolare l'immunità dalla giurisdizione penale riconosciuta ai capi di stato estero (nel caso di specie si trattava di Arafat, presidente dell'OLP). TRIBUNALE UNIONE EUROPEA ulteriore spunto: + sentenza tribunale unione europea il 10.12.2015 + in tale occasione, è stata riconosciuta al Fronte Polisario, in quanto rappresentante del popolo saharawi, la legittimazione a impugnare un accordo di natura economica fra l'UE e il Marocco produttivo di effetti nella regione del Sahara occidentale. Accordi OLP-Israele e status della Palestina La soggettività della Palestina è ancora molto dubbia, dopo i vari accordi intervenuti fra OLP e Israele per il graduale passaggio di buona parte dei territori palestinesi, occupati da Israele sotto il controllo dell'autorità palestinese. - la natura di questi accordi è molto discutibile in quanto, per molti, non rappresentano veri e propri accordi di carattere internazionale: 1. in primis — gli accordi non sono stati depositati presso il segretariato generale delle nazioni unite (come invece accade solitamente) 2. inoltre, non è chiaro l'assetto territoriale delle zone interessate: anche se Israele si è ritirata dalla zona di Gaza e da una parte di Cisgiordania, tutto il territorio è sotto la continua minaccia delle sue forze armate, con la conseguenza che ai palestinesi è lasciata una forma più di autonomia che di governo. 3. Dal punto di vista giuridico > la situazione non è molto cambiata: - né per effetto della risoluzione ONU n.67/19 del 2012 + che ha accordato alla Palestina lo status di stato non membro con funzione di osservatore. - lo stesso dicasi di alcuni parlamenti europei e del parlamento dell'UE + che hanno riconosciuto la palestina come stato. Queste risoluzioni hanno valore simbolico, e vogliono spingere i negoziati affinché si giunga alla creazione di un vero e proprio stato palestinese. Failed states Oltre ai governi in esilio e alle organizzazioni di liberazione nazionale, una soggettività molto dubbia è anche quella dei cd failed states, la cui caratteristica sta appunto nella mancanza di un governo effettivo (il che può avvenire, per esempio, durante una guerra civile). > il termine failed states può essere tradotto in italiano con quello di stati falliti, a condizione di non confondere la mancanza di effettività col fallimento economico. * Nessuno dubita che siano stati europei i stati che abbiano rischiato il fallimento (anche se il fallimento totale fosse poi intervenuto). > un esempio di failed states è la Somalia, paese che per circa vent'anni è stato dominato per singole zone da signori della guerra e in presenza di un debole governo centrale mancante di effettività e non in grado di assicurare il rispetto di norme internazionali fondamentali quali quelle sulla tutela dei diritti umani e sul trattamento dei stranieri. La situazione della Somalia è mutata dal 2012, quando si è aperta la strada a un governo federale. SECONDO REQUISITO: oltre all'effettività, un altro requisito è da considerare come necessario ai fini della soggettività internazionale, ossia l'indipendenza o sovranità esterna: occorre cioè che l'organizzazione di governo non dipenda da un altro stato. Per quanto riguarda stati membri di federazioni: Gli stati membri delle federazioni + non sono da considerarsi come soggetti di diritto internazionale in quanto essi difettano del requisito dell'indipendenza. Questi, talvolta, sono autorizzati dalla costituzione a stipulare accordi con stati terzi,normalmente col consenso del potere centrale. - essi, eventualmente, agiscono dal punto di vista internazionale come organi dello stato federale nel suo complesso; al tempo stesso, anche le regioni possono stipulare accordi di diritto internazionale, agendo anch'esse come organi dello stato italiano. Gli stati membri di stati federali non vanno confusi con le confederazioni + La confederazione, è un'organizzazione, un'unione per meglio dire fra stati che fra loro sono indipendenti e sovrani. È creata per scopi di comune difesa ed è caratterizzata, solitamente, da un organo assembleare, rappresentativo di tutti i membri. La confederazione, è un fenomeno che appartiene al passato (es.Usa 1778-1787, confederazione elvetica 1815-1848, e quella germanica 1815-1871). Spesso, la confederazione ha costituito la fase di passaggio verso la formazione di uno stato federale, ed è molto difficile che si verifichi il contrario (ossia, dei soggetti che si sciolgono e che rimangono legati a un potere decisionale comune in settori limitati). è ma quando ci sono condizionamenti sostanziali, per esempio, la presenza di basi e truppe straniere, sovranità limitata etc, in tal caso si può parlare di indipendenza? Dove va posto il limite? - per valutare la sussistenza del requisito dell'indipendenza, va preso in considerazione un dato formale, ossia, è indipendente e sovrano lo stato il cui ordinamento sia originario, tragga la sua forza giuridica da una propria costituzione, e non dall'ordinamento giuridico o costituzione di un altro stato. - Il che permette di spiegare anche l'irrilevanza dell'estensione geografica: e quindi, si possono considerare come stati indipendenti San Marino, il Liechtenstein, etc. - si può forse ammettere una sola eccezione: il dato formale non può invocarsi quando l'ingerenza da parte di un altro stato nell'esercizio del potere di governo è totale, e quindi il governo indigeno è un governo fantoccio: es. si ebbero governi fantoccio nella seconda guerra mondiale nei territori occupati dai nazisti. Un esempio di governo fantoccio attuale potrebbe essere quello della repubblica turco- cipriota, insediata dalle forze militari turche nella parte settentrionale del paese. - situazione del Kosovo: il Kosovo nel 2008 ha proclamato la sua indipendenza nazionale, ma: 1) indipendenza è stata contestata dalla Serbia che sul territorio ritiene di avere la sovranità 2) molte attività del Kosovo sono svolte in cooperazione con Nato, Onu e UE. Anche se, rispetto agli anni passati, l'ingerenza di tali organizzazioni è molto minore, ma tale dato non è sufficiente per delineare il completamento del processo di indipendenza. > la CIG (corte internazionale di giustizia) si è espressa in merito alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. La corte ha ribadito che la dichiarazione di indipendenza è conforme alla risoluzione n.1244 del 1999 del consiglio di sicurezza delle nazioni unite (risoluzione che aveva previsto un'amministrazione provvisoria per il Kosovo con un importante ruolo da parte delle nazioni unite). Secondo la corte, la dichiarazione sarebbe conforme perché i membri non avrebbero agito come membri dell'assemblea legislativa (qui dubbi dottrina, perché se non si agisce come membro si agisce allora a titolo personale !?), ma anche perché la dichiarazione farebbe salve tutte le competenze residue dell'amministrazione provvisoria internazionale. La dottrina non condivide l'opinione della corte, perché contrasterebbe con alcuni punti della risoluzione, fra cui il primo, che stabilisce che una crisi politica debba tener conto della sovranità e dell'integrità territoriale della Serbia. Il tribunale dell'UE, nel 2020, si è pronunciato sul Kosovo ribadendo che non è uno Stato ma che ha la capacità di stipulare accordi internazionali. Individui oltre agli stati, esistono altri individui di diritto internazionale? TESI 1> l'orientamento attuale maggioritario riconosce una certa personalità, sia pure limitata, delle persone fisiche o delle persone giuridiche. L'opinione si ricollega alla tendenza, espressa dal diritto internazionale più volte: * a occuparsi di materie interne alle singole comunità statali, * edanchea proteggere l'individuo nei confronti del proprio Stato. > essa trae spunto dal moltiplicarsi di norme convenzionali che obbligano i stati a tutelare i diritti fondamentali dell'uomo. (obblighi in capo ai stati di trattare in un certo modo l'individuo). - agli obblighi in capo agli stati, corrispondono veri e propri diritti internazionali degli individui? Si tenga conto che l'individuo può ricorrere, se il suo diritto non viene riconosciuto, a organismi internazionali (CEDU, vari organi ONU a cui possono essere indirizzate petizioni individuali, etc) Alla tutela dell'interesse individuale, si accompagna quindi l'attribuzione, all'individuo, di un relativo potere di azione. > gli interessi individuali, inoltre, sono presi in considerazione da norme internazionali o di origine internazionale in varie altre materie: * sipensiaitrattati istitutivi e agli atti che tendono a disciplinare tanti aspetti della vita economica e sociale interindividuale (che stabiliscono, fra l'altro, che la CGUE possa essere adita da persone fisiche o giuridiche a determinate condizioni). ® Sipensialle norme che le organizzazioni internazionali emanano per disciplinare i rapporti di impiego con i loro funzionari, etc. TESI 25 contrapposto al primo, c'è anche un altro orientamento (più vecchio) che invece non riconosce personalità giuridica alle persone fisiche o giuridiche. - di tali diritti, non si nega che ci sia una titolarità, piuttosto, quello che si contesta, è la natura di veri e propri diritti ed obblighi internazionali: si tratterebbe di situazioni giuridiche complesse riconducibili ad ordinamenti particolari (che nascerebbero da trattati istitutivi) e che sarebbero diversi dall'ordinamento relativo alla comunità internazionale. * Per quanto riguarda i diritti che invece non si ricollegano alla comunità internazionale, se ne contesta la stessa titolarità da parte degli individui. Quale orientamento è maggiormente condivisibile dei due? - non c'è dubbio che molte norme internazionali si prestano ad essere interpretate come regole che si indirizzano direttamente agli individui e al tempo stesso, è innegabile che la protezione di interessi individuali comporta in vari casi un potere di azione innanzi a organi internazionali. - è anche vero che la comunità internazionale resta ancora strutturata come una comunità di governanti e non di governati, che gli individui in larga parte restano sottoposti all'azione statale e che la collaborazione degli apparati statali è indispensabile perché gli obiettivi che le norme si propongono siano raggiunti. - tutto ruota attorno al fatto che l'individuo non ha la possibilità di avvalersi direttamente di mezzi coercitivi internazionali per costringere gli stati a rispettare i suoi diritti: chi ritiene che l'elemento della sanzione sia insopprimibile dovrà pervenire a una valutazione negativa del problema della personalità internazionale dei soggetti. > In conclusione: tenendo conto delle considerazioni fatte, e considerando la scarsa inci: della funzione di attuazione coattiva del diritto internazionale (vedi dietro) — per lovane (autore libro), la soluzione più conforme alla realtà è la soluzione positiva, la stessa condivisa in maggioranza dalla dottrina. se questo è lo stato del diritto internazionale attuale + risultano utopistiche quelle dottrine che parlano di globalizzazione, di cosmopolitismo e simili, ritenendo superata o in via di superamento l'idea di una comunità internazionale condizionata dalla sovranità degli stati. * Inalcune sentenze della CIG, fra l'altro, viene confermata la personalità internazionale dell'individuo . Sentenze del 2001 e del 2004. Nel caso di specie, la corte ha ritenuto che l'art. 36 della convenzione di vienna sulle relazioni consolari, che prevede il diritto dello straniero a parlare col proprio console, si indirizzi anche all'individuo. Minoranze + sono numerose anche le norme che tutelano le minoranze etniche, ma con ciò, NON si può affermare che le minoranze etniche assurgano a soggetto di diritto internazionale, sia pure limitatamente ai diritti loro riconosciuti, in mancanza — allo stato — di strumenti di azione diretta. * Lostesso vale chiaramente anche per la popolazione indigena, popolazione di cui oggi molto si parla relativamente a molti paesi nel quale non mancano rivendicazioni della popolazione stessa. Popoli > sempre più spesso si parla poi di diritti dei popoli: - il diritto dei popoli all'autodeterminazione, il diritto dei popoli a disporre liberamente delle proprie risorse, il diritto dei popoli a sfruttare le risorse dei fondali oceanici, etc. - in tale caso, il termine diritto dei popoli può essere tranquillamente sostituito col termine diritto dello Stato, in quanto il termine popolo è utilizzato in modo enfatico. Anche perché è agli stati che compete la sovranità sulle risorse naturali del territorio, oppure la partecipazione allo sfruttamento delle risorse oceaniche. * Il popolo, potrebbe rilevare sul piano giuridico se si partisse dall'idea che lo stato non sia lo stato- apparato ma che sia lo stato-comunità (che non si identifichi con i governanti ma con i governati). - un discorso diverso, invece, va fatto quando ci sono norme che si occupano del popolo come contrapposto allo stato (che si occupano dei governati come contrapposti ai governanti), che tendono a tutelare il popolo rispetto all'apparato che lo governa. es. il principio di autodeterminazione dei popoli Autodeterminazione dei popoli (che la dottrina considera come principio di jus cogens) PRINCIPIO AUTODETERMINAZIONE POPOLI, DEF: diritto dei popoli di essere liberi da ogni dominazione esterna. > il principio di autodeterminazione dei popoli è un principio a oggi affermato: * nonsoloall'interno dei testi convenzionali, bensì, ha acquisito anche carattere consuetudinario tramite una prassi sviluppatasi ad opera delle nazioni unite. * AnchelaCIGne ha riconosciuto l'esistenza, sia in alcuni pareri che in alcune sentenze dove lo ha definito addirittura come un principio essenziale del diritto internazionale contemporaneo. IRRETROATTIVITA' DEL PRINCIPIO > affinché il principio di autodeterminazione sia applicabile occorre che, salvo il caso dei territori coloniali, la dominazione straniera non risalga oltre l'epoca in cui il principio stesso si è affermato come principio giuridico, ossia oltre l'epoca successiva alla fine della seconda guerra mondiale. Non è configurabile, infatti, una volontà della comunità intesa a rivedere tutte le situazioni territoriali createsi in seguito a eventi bellici o con l'uso della forza, in epoca anteriore. Ratio principio: altrimenti si metterebbe in discussione la certezza dei confini. AUTODETERMINAZIONE e FORZE ARMATE STRANIERE > nei casi in cui, in un determinato territorio, sia presente un governo straniero che si appoggi ad un governo locale (anche che non sia un governo fantoccio) dal quale ha ricevuto una richiesta di aiuto “fraterno”, in tal caso, in cosa consiste il principio di autodeterminazione? In tal caso, il principio di autodeterminazione consiste nell'imporre a entrambi i governi la cessazione dell'occupazione straniera. * Intal senso si è espressa l'ONU in merito all'occupazione afghana da parte dell'Un. sovietica fino all'89 * equella vietnamita in cambogia fino al 1990. AUTODETERMINAZIONE E DECOLONIZZAZIONE > in merito all'autodeterminazione dei territori coloniali, nell'ambito dell'ONU si è formata una regola, una prassi, secondo cui la competenza a decidere della sorte di quei territori spetta all'Assemblea, con effetti vincolanti per tutti gli stati, circa la sorte dei territori medesimi. - secondo l'opinione espressa dalla CIG (Corte Internazionale Giustizia) l'Assemblea può decidere, se circostanze speciali lo richiedono, anche senza consultare gli abitanti del territorio e purché sia raggiunto il fine di rispettare la volontà degli stessi > il principio di autodeterminazione dei territori coloniali deve poi coordinarsi col principio di integrità territoriale, principio in base al quale occorre tenere presente dei legami storico-geografici del territorio da decolonizzare con uno stato contiguo formatosi, anch'esso, magari prima, per decolonizzazione. - anche se la sfera di applicazione di questo principio è piuttosto incerta. - si ritiene che il principio di autodeterminazione deve cedergli il passo quando la popolazione locale non sia in maggioranza indigena ma importata dalla madre patria (caso Isole Falkland o Gibilterra sottoposte a dominazione inglese). Fino a che punto vanno considerate le pretese dello stato contiguo? - secondo un'opinione maggioritaria, dalla combinazione dei due principi, non nasce l'obbligo dello stato detentore di trasferire il territorio allo stato contiguo, bensì quello di concordare una soluzione orientata verso la decolonizzazione. AUTODETERMINAZIONE INTERNA DEF: per autodeterminazione interna si intende il principio secondo cui i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio governo. E' da escludere che, dal punto di vista giuridico, l'autodeterminazione possa essere intesa nel significato che ad essa comunemente si attribuisce dal punto ista politico. Cioè, bisogna guardarsi dal ritenere che tutti i governi esistenti sulla terra godano del consenso della maggioranza dei sudditi e siano da costoro liberamente scelti. * Anche dopola caduta del regime sovietico, i paesi non democratici continuano a rappresentare una componente importante della comunità internazionale, e la loro esistenza non è considerata contraria al diritto internazionale. > ciònondimeno, è innegabile che la grande maggioranza degli stati, tende a considerare l'autodeterminazione come sinonimo di democrazia, e di democrazia per l'appunto intesa nel senso di legittimazione democratica dei governi. Sotto tale profilo: - condanna comunità internazionale (anche alla luce del principio di autodeterminazione) degli aspetti politici dell'apartheid, vale a dire dell'esclusione, su base etnica o razziale, di una parte della popolazione dalla partecipazione alla vita pubblica. - più di recente, l'autodeterminazione interna si è sviluppata in un duplice senso: * perun verso, illegittimità, sul piano del diritto internazionale, dei regimi che si sono affermati in seguito alla destituzione violenta di un governo democraticamente eletto * peraltro verso, sarebbe in via di emersione una norma che vieta agli stati di usare la forza, o quanto meno non ricorrere a mezzi particolarmente violenti per reprimere posizioni pacificamente manifestate. > infine, vale la pena menzionare le attività delle organizzazioni internazionali (es. ONU) dirette a favorire la diffusione della nozione di democrazia in paesi ed aree in cui questa non è presente o è presente, ancora, a livello embrionale — ergo: tendenza ad orientare in senso democratico i processi di ricostruzione dello Stato. Es. azioni dirette a indurre gli stati a indire libere elezioni, ma anche azioni che si concretizzano nella mera assistenza e nel monitoraggio AUTODETERMINAZIONE E SECESSIONE DI REGIONI ETNICAMENTE DISTINTE > occorre inoltre evitare di considerare che l'autodeterminazione possa essere il fondamento di tentativi secessionistici operati da regioni, province, o altre circoscrizioni territoriali più o meno autonome, e sia pure di circoscrizioni etnicamente distinte dal resto del paese. > come dimostrato, non ha fondamento la cd secessione come rimedio da praticare quando una minoranza è sottoposta a discriminazioni intollerabili o simili. PARTE PRIMA: LA FORMAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI 4. il diritto internazionale generale. La consuetudine e i suoi elementi costituti Art.38 dello Statuto della corte internazionale di giustizia > è tradizione consolidata, introdurre il tema delle fonti di diritto internazionale facendo riferimento al testo dell'art.38 dello statuto della corte internazionale di giustizia. Le fonti che sono individuate nell'art.38 sono: 1. itrattati 2. la consuetudine internazionale 3. principi general ritto riconosciuti dalle nazio - l'art.38, altresì, menziona anche le decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori autorevoli delle varie nazioni. Queste ultime due, tuttavia, non sono fonti di produzione del diritto internazionale, bensì, sono mezzi ausiliari per determinare le norme giuridiche (quindi, fonti di cognizione dello stesso). > DOTTRINA: ritiene che l'elenco ex art.38 era idoneo e adeguato ai tempi in cui fu scritto lo statuto della CIG, dopo la seconda guerra mondiale, ma ad oggi appare piuttosto lacunoso. Infatti, nei decenni successivi all'adozione dello statuto, alle fonti ex art.38 se ne sono affiancate altre due di cui occorrerà dar conto nella nostra trattazione: * principi generali propri dell'ordinamento internazionale. * Gliatti vincolanti delle organizzazioni internazionali. * Inoltre, l'art.38 non dà conto del ruolo sempre più importante giocato dalla giurisprudenza nella formazione del diritto internazionale. > ovviamente, l'elencazione ex art.38 non va intesa in senso gerarchico. Tale disposizione, è volta a indicare alla corte il percorso logico da seguire nell'identificazione delle regole attraverso cui definire la controversia. È ragionevole che la corte cominci a verificare se la materia è disciplinata da norme di diritto particolare, ed in caso di esito negativo, applichi poi il diritto internazionale. - quanto detto, non vale per la trattazione manualistica delle fonti del diritto, che deve partire da un'analisi delle fonti di diritto internazionale generale (cioè le fonti che producono norme vincolanti per tutti gli stati), per poi passare a considerare il diritto internazionale particolare. Consuetudine ed elementi della consuetudine > le norme di diritto internazionale generale hanno natura consuetudinaria: cosa significa consuetudine? DEF: secondo il diritto internazionale (ma anche secondo le definizioni del diritto interno) si definisce consuetudine un comportamento costante e uniforme tenuto dagli stati, cioè il ripetersi di un dato comportamento, accompagnato dalla convinzione dell'obbligatorietà e della necessità del comportamento stesso. > ELEMENTI CONSUETUDINE: - per alcuni, (concezione dualistica) gli elementi della consuetudine sono /a diurnitas (la ripetizione costante di un determinato comportamento da parte di una generalità di soggetti) e la opinio juris sive necessitatis (il convincimento spontaneo del soggetto che la condotta o i principi stabiliti nella stessa siano giuridicamente obbligatori in quanto "giusti" o "secondo diritto" (opinio iuris) o che sia necessario che lo diventino (sive necessitatis)). - per altri, invece, la consuetudine sarebbe formata dalla sola diurnitas (prassi), in quanto, ammettendo la necessità dell'opinio juris, sia arriverebbe a considerarla nata da un errore. Secondo tale concezione se, nel momento di formazione della norma, lo stato crede che un comportamento sia obbligatorio, mentre il diritto non esiste perché in formazione, è evidente che lo Stato in errore. ® -La giurisprudenza internazionale, avalla la tesi dualistica, ribadendo la necessità di entrambi gli elementi. A ribadire tale impostazione ci sono sentenze dagli anni '60 in poi della CIG. - anche la giurisprudenza interna è favorevole alla concezione dualistica * ancheglistatisi sono pronunciati nel senso che l'opinio juris fosse indispensabile per l'esistenza della consuetudine. Molto spesso gli stati, per evitare che la sola prassi crei diritto, dichiarano che un certo comportamento è dettato da ragioni di cortesia oppure non può essere considerato come capace di creare un precedente ai fini della formazione della norma consuetudinaria. Consuetudine e norme di cortesia > va anche ribadito che se non ci fosse il criterio della opinio juris sive necessitatis mancherebbe la possibilità di distinguere fra: * mero uso > determinato, esempio, da motivi di cortesia, di cerimoniale, etc. * e consuetudine > produttiva di norme giuridiche > si è a ciò obiettato che la consuetudine riposerebbe su altri elementi, e precisamente sul fatto che il mero uso consisterebbe di contegni poco importanti dal punto di vista sociale, inidonei alla produzione di norme giuridiche. Ma in realtà non è sempre così perché certi usi dettati da motivi di cortesia — es. l'uso di estendere la sfera delle immunità diplomatiche — non rivestono affatto detta caratteristica, e se non si concretano in consuetudini giuridiche, lo si deve alla circostanza che gli stati non sono convinti della loro obbligatorietà. * La cassazione, sul punto (s. anno 1955) nega l'esistenza di una norma di diritto internazionale che estenda le immunità diplomatiche al personale di servizio delle ambasciate. La corte osserva che non può disconoscersi l'esistenza di una consuetudine internazionale, per la quale anche alle persone del seguito non ufficiale e della famiglia del diplomatico è accordata l'immunità dalla giurisdizione (sia pure a titolo di mera cortesia). È agevole avvertire, se si accerta con rigore il contenuto della norma consuetudinaria, come non sussista affatto un obbligo internazionale degli stati di osservarla incondizionatamente e in ogni caso. La sentenza esamina poi alcune manifestazioni della prassi da cui deriverebbe. Consuetudine e prassi convenzionale > fra l'altro, va ribadito che l'unico criterio utilizzabile per ricavare una norma consuetudinaria dalla prassi convenzionale è l'esistenza dell'opinio juris sive necessitate. - se si guarda la giurisprudenza interna, ci si rende conto che i trattati, nella ricostruzione della consuetudine, rappresentano uno dei più importanti punti di riferimento. | trattati possono essere interpretati sia come conferma di norme consuetudinarie già esistenti, sia come creazione di nuove norme. ® - quindi, solo un'indagine sull'opinio juris sive necessitatis, solo la ricerca tendente a stabilire se i contraenti abbiano inteso il vincolo nel primo o nel secondo senso, può consentire o escludere l'utilizzazione di tutta una serie di trattati come prova dell'esistenza di una norma consuetudinaria. * Un principio consuetudinario, inoltre, non può essere tratto da una prassi convenzionale (sia pure ripetuta nel tempo) quando il medesimo principio è il frutto delle concessioni che una parte degli stati contraenti fanno al solo scopo di ottenere altre concessioni, magari in ordine a rapporti diversi. - es. tribunale Iran-USA, istituito dagli accordi di Algeri del 1981 per conoscere dei ricorsi dei cittadini avverso provvedimento presi nei confronti dei loro beni, si è rifiutato di dedurre un principio di indennizzo parziale, applicabile all'espropriazione di beni stranieri, dalla prassi dei cd /ump-sum agreements, accordi mediante i quali lo stato dei soggetti espropriati accetta dallo stato espropriante una somma globale, di solito inferiore al valore reale dei beni. Secondo tale tribunale i lump-sum agreements sarebbero frutto di transazioni e quindi non indicativi di norme di diritto internazionale generale. > l'elemento dell'opinio juris sive necessitatis, inoltre, serve a distinguere il comportamento dello stato diretto a modificare il diritto consuetudinario preesistente (cioè consuetudine nuova che abroga o modifica una determinata consuetudine), dal comportamento che invece costituisce mero illecito internazionale. *. -il problema prende spunto dagli USA, nel quale si è acceso il dibattito intorno a un problema, ovvero, se le Corti potessero censurare la violazione, da parte del governo, del diritto consuetudinario. Ma se l'esecutivo e il presidente non sono liberi di violare il diritto consuetudinario, ciò non significa escluderli dal processo di trasformazione del diritto consuetudinario medesimo, dato che tale processo muove proprio da un comportamento che non può essere illecito e nel momento iniziale di formazione della nuova norma? Risposta al quesito: il quesito ha avuto varie risposte ma, secondo la dottrina (lovane/Conforti) il problema si risolve se si tiene presente che il procedimento di formazione del diritto necessita dell'opinio juris sive necessitatis. Quindi, l'esecutivo può violare il diritto consuetudinario quando detta violazione sia sorretta dal convincimento della sua doverosità sociale. Tempo di formazione della consuetudine Il problema del tempo della diurnitas, ossia, il problema di quanto deve essere ripetuta una norma per diventare una consuetudine, non si presta a soluzioni facili o equivoche. > se il trascorrere di un certo tempo è comunque necessario (es. alcune norme consuetudinarie sulla sovranità territoriale, per esempio, hanno carattere plurisecolare), è anche vero che certe regole si sono consolidate nel giro di pochi anni. > in realtà, il tempo può essere anche più breve se è più diffuso un certo contegno fra i membri della comunità internazionale. Però, pur essendo più o meno, il trascorrere di un certo tempo è comunque necessario, ossia fattore ineliminabile; infatti, in merito alle consuetidini istantanee — la dottrina si è espressa in senso negativo, rifiutando la sussistenza della figura per mancanza di stabilità, carattere fondamentale, e perché rappresenta una contraddizione già nel termine stesso. Quali organi dello stato concorrono nel procedimento di formazione della norma consuetudinaria? - si riconosce la possibilità di partecipazione da parte di tutti gli organi statali e non dei soli organi detentori del potere estero. A formare la consuetudine possono concorrere non solo atti esterni (trattati, note diplomatiche), ma anche atti interni (leggi, sentenze, atti amministrativi). Ruolo giurisprudenza interna nella formazione della consuetudine - nella formazione di certe norme consuetudinarie, la giurisprudenza interna gioca un ruolo fondamentale. * Esempio: Si pensi al campo delle immunità degli stati stranieri dalla giurisdizione civile, o delle immunità degli agenti diplomatici e degli altri organi statali ai quali pure limitate immunità spettano. L'attuale norma sull'immunità degli stati dalla giurisdizione civile, che vieta l'esercizio della giurisdizione civile relativamente agli atti di natura pubblicistica ma non per quelli di natura privatistica, si è andata formando a partire dalla prima guerra mondiale proprio ad opera della giurisprudenza di vari paesi e sotto la spinta iniziale della giurisprudenza italiana e belga. * Ora, lagiur sta elaborando nuove regole in un particolare settore, sempre dell'immunità degli stati, quello dei rapporti di lavoro con stati esteri. - nell'ambito della giurisprudenza, un ruolo molto importante lo giocano le corti supreme e le corti costituzionali, magari stando attente alla difesa dei valori che sono tutelati a livello costituzionale. Un ruolo importante lo giocano anche nei confronti di quelle consuetudini che contrastino coi valori costituzionali, perché qui le corti supreme devono essere brave nell'effettuarne una re ine compatibile. - inoltre, va segnalato che spesso non c'è sintonia tra il comportamento delle corti e quello che il potere esecutivo tiene sul piano internazionale. Una mancanza di sintonia che cresce man mano che le corti si liberano della dipendenza dei governi. Applicabilità delle consuetudini ai nuovi Stati - la consuetudine crea diritto generale e si impone nei confronti di tutti gli stati, abbiano essi partecipato o meno al processo di sua formazione. Ma si applica anche ai stati di nuova formazione? - la risposta è POSITIVA. L'orientamento prevalente sostiene l'applicabilità delle consuetudini ai stati di nuova formazione. * Alcunistati > specie quelli sorti dal processo di decolonizzazione, in passato non hanno condiviso pienamente tale assunto, ribadendo l'accettazione solo di alcune consuetudini, ovvero quelle già preesistenti da essi liberamente accettate. Aldilà di queste, le altre consuetudini venivano invece rifiutate perché — secondo tali stati — rispondevano a vecchie esigenze non più riscontrabili in un clima socio-culturale mutato all'interno di un nuovo paese che ha nuovi e opposti interessi. - Esempio: l'Unione sovietica rifiutava alcune consuetudini definite come capitalistiche. * Aoggi,il problema della contestazione del diritto consuetudinario ad opera dei paesi nati dalla decolonizzazione si ritiene oramai superato. 5.1 principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili e i principi generali propri dell'ordinamento internazionale Esistono norme di diritto internazionale generale oltre a quelle consuetudinarie. Poniamoci, prima, il problema se esistano fonti NON SCRITTE, per poi chiederci se esistano norme SCRITTE. > ripartendo dall'art.38 dello statuto della CIG, la disposizione annovera, fra le fonti del diritto internazionale, i principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili. Tali fonti sono indicate al terzo posto, dopo gli accordi e le consuetudini. Si tratterebbe di una fonte utilizzabile laddove manchino norme pattizie o consuetudinarie applicabili a un caso concreto. * Ilricorsoatali principi generali, costituirebbe una sorta di analogia juris destinata a colmare le lacune del diritto pattizio o consuetudinario (e andrebbe effettuato, tale ricorso, prima di concludere che obblighi internazionali non sussistano in ordine a un caso concreto). - l'art. 38 codificherebbe, del resto, una prassi sempre seguita nei rapporti internazionali, specialmente dai tribunali arbitrali, e rilevante un uso più o meno ampio dei principi generali, di giustizia oppure di logica giuridica. > Dottr.: intorno al tema dei principi generali ritto, già dall'emanazione dello statuto della cort. Intern.di giustizia c'è stata un'ampia discussione dottrinale, che ha portato all'elaborazione di più tesi, fra cui: 1- chi nega che i principi generali abbiano valore di norme giuridiche internazionali. 2- chi sottolinea la funzione integratrice del diritto internazionale senza specificare su quale fondamento possa avvenire ciò. 3 -chi li pone al primo grado nella gerarchia delle fonti, sopra le consuetudini e l'accordo. 4- Si discute anche se i principi siano di diritto statale, internazionale o diritto tout court. 5- Secondo la tesi degli autori (Iovane/Conforti): a) in primis, se ogni ordinamento in mancanza di norme specifiche, richiama principi generali, non si vede perché non si debba fare altrettanto anche nell'ambito del diritto internazionale. b) in seconda battuta, il vero problema è ricavare questi principi generali: i principi non sarebbero ricavati da norme internazionale ma prelevati dagli ordinamenti delle nazioni civili. Il termine nazioni civili, da è stato definito da parte di alcuni come anacronistico e offensivo verso i paesi del terzo mondo. Ma l'opinione non è condivisibile, in quanto esiste un concetto “nuovo” di civiltà e in quanto stati incivili esistono ancora oggi (che torturano o commettono altre gravi violazioni). c) secondo gli autori, affinché tali principi possano essere applicati sono necessari due requisiti: - occorre che essi esistano e siano applicati nella più gran parte degli stati - inoltre, occorre che siano sentiti obbligatori e necessari anche dal punto di vista del diritto internazionale, che essi perseguano dei valori e impongano dei comportamenti che gli stati considerino come perseguiti e imposti o almeno necessari sul piano internazionale. Così intesi, i principi generali non costituiscono altro che una categoria sui generis di norme consuetudinarie internazionali, rispetto alle quali la diurnitas è data dalla loro uniforme previsione e applicazione da parte degli stati all'interno degli ordinamenti. * Per quantoriguarda l'opinio juris sive necessitatis essa è certamente presente nelle vecchie regole di giustizia e di logica giuridica: sono intese dagli organi dello stato come aventi un valore universale, e come necessariamente applicabili in qualsiasi ordinamento giuridico, quindi anche in quello internazionale. Per ogni altra regola uniforme di diritto interno occorrerà, volta a volta, accertare l'opinio juris dal punto di vista internazionale. * Nell'accertamento dell'opinio juris + è necessario molto rigore, onde non arrivare alla conclusione che qualsiasi uniformità di norme generali statali crei diritto internazionale generale. - con tale riserva, la categoria dei principi generali di diritto comuni agli ordinamenti statali è idonea ad aprire all'interprete prospettive interessanti di ricostruzione di norme internazionali. > fra l'altro, si ritiene che lo Stato , mentre non sia internazionalmente libero nel trattamento degli stranieri, lo sia invece nel trattamento dei propri sudditi (cd dominio riservato). Ma quest'opinione: - corrisponde sempre meno alla realtà se si pensa allo sviluppo del convenzionalismo a livello internazionale, soprattutto sul tema dei diritti umani. - La stessa opinione, però, è invece vera se si pensa al diritto consuetudinario, salvo talune eccezioni nel campo dei diritti umani (si ritiene che il diritto consuetudinario vieti solo le violazioni gravi di siffatti diritti). Orbene, il ricorso ai principi generali di diritto può essere assai utile per estendere la sfera dei rapporti fra stato e sudditi regolati dal diritto consuetudinario. * Ricorso atali principi + particolarmente attuato nella materia della punizione di crimini internazionali a opera di tribunali internazionali penali, in particolare dei tribunali per i crimini commessi nella ex jugoslavia e nel ruanda che vi hanno fatto ricorso per colmare lacune internazionali vistose nella materia. es. in tema di cause di esonero della responsabilità, o per affermare alcuni principi come nullum crimen sine lege, o il principio della presunzione di innocenza dell'imputato. Lo statuto della corte penale internazionale > ritiene che la Corte debba applicare i principi generali di diritto tratti dalla Corte dalle leggi nazionali dei sistemi legali del mondo purché non siano in contrasto con norme e standards internazionali. > nella prospettiva qui delineata, i principi generali di diritto comune agli ordinamenti statali finiscono col perdere la loro caratteristica di principi destinati a colmare le lacune del diritto internazionale. Il loro rapporto con le vere e proprie norme consuetudinarie viene a essere il normale rapporto fra norme di pari grado (la norma posteriore abroga l'anteriore, la norma speciale deroga la norma comune). Principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili e giuridici interni > uno dei requisiti per l'esistenza di un principio generale di diritto comune agli ordinamenti statali è che esso sia uniformemente seguito nella più gran parte (e dunque non nella totalità) degli Stati. - la ricostruzione di un principio del genere può consentire al giudice di farne applicazione anche quando il principio medesimo non esiste nell'ordinamento statale (ciò sempre che l'ordi.intern. Imponga l'osservanza del diritto internazionale). 3 I principi generali di diritto comuni agli ordinamenti fanno parte dell'ordinamento italiano in virtù dell'art.10 comma 1 cost (ordinamento interno si conforma alle norme del diritto internazionali generalmente riconosciute). è Visto che la contrarietà di una legge ordinaria al diritto internazionale generale comporta l'illegittimità costituzionale della medesima, tale illegittimità potrà dichiararsi anche in caso di contrarietà a un principio generale di diritto riconosciuto dalle nazioni civili. - il tema è stato affrontato anche dalla cassazione e dalla corte costituzionale in Italia: Cassazione + s.1972: un lavoratore, in una controversia conseguente a licenziamento, aveva sollevato un'incostituzionalità dell'art.2118 (recesso dal contratto) a una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta. La cassazione, in una sentenza molto frettolosa, ribadì però che in campo internazionale, in materia, esistono soltanto semplici raccomandazioni. Senza dubbio l'eccezione era infondata, per mancanza di una comunis opinio sul tema, ma tale mancanza andava meglio sottolineata. Corte costituzionale + s. 1967: chiamata a giudicare dell'incostituzionale dell'art. 11 co 1 cod pen (possibilità di sottoporre a nuovo giudizio in Italia chi già giudicato all'estero per reati commessi in Italia), perché era stato sostenuto che l'art.11 contrastasse col ne bis in idem e che fosse un principio generale riconosciuto in tutti gli ordinamenti, come tale richiamato dall'art.10 della costituzione. La corte respinge la tesi della costituzionalità — fondandosi sul fatto che in nessun ordinamento statale il principio del ne bis in idem è previsto in rapporto alle sentenze penali straniere (e quindi, giudizio fondato sulla mancanza della diurnitas).poi la corte è tornata sul tema nel '97 (dove, in relazione a un giudizio sull'art. 705 cpc accoglie il principio del ne bis in idem entro certi limiti, non riconoscendo la qualità di regola di diritto internazionale generale, ma principio a cui si ispira l'ordinamento) e nel 2019 (confermando orientamento del '97). > accanto ai principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili, il diritto contemporaneo riconosce anche una seconda categoria di principi generali, ossia i principi propri dell'ordinamento internazionale. - questi ultimi, a differenza dei principi comuni agli ordinamenti interni di cui all'art. 38 comma 1 dello statuto, sono principi che informano l'ordinamento internazionale nel suo complesso e che vengono ricavati tramite un processo di induzione dal tessuto normativo vigente, al paro di quanto avviene negli ordinamenti giuridici nazionali. - i principi generali del diritto internazionale assolvono una triplice funzione: 1. stimolano la produzione di nuove norme 2. forniscono una nuova interpretazione delle norme preesistenti 3. contribuiscono all'integrazione dell'ordinamento giuridico. - Perchè l'art.38 non richiama i principi generali dell'ordinamento internazionale? + quando venne emanato lo statuto della CIG (anno 1945) — il diritto internazionale si componeva di un numero limitato di norme internazionali rendendo molto complesso estrapolare dall'ordito normativo esistente dei veri e propri principi generali. Di qui, il riferimento — ex art.38 — ai soli principi comuni agli ordinamenti interni. Lo stesso, però, non può dirsi per il diritto internazionale contemporaneo, che si caratterizza per una grande ricchezza di norme in tal senso che rendono praticabile estrapolare principi generali. Quanto appena detto appare evidente se si guarda al diritto ambientale. Gli stati hanno oramai stipulato trattati che regolano minuziosamente sia a livello regionale che universale la protezione dell'ambiente, laddove la prassi è riuscita invece a produrre in questa materia una sola norma di natura consuetudinaria in virtù del quale gli stati hanno l'obbligo di assicurarsi che l'attività non causano danni all'ambiente in altri Stati. L'assenza di prassi non ha impedito alla CIG di ricavare altre norme di diritto internazionale generale a tutela dell'ambiente. In particolare dall'insieme del materiale normativo esistente (convenzioni, dichiarazioni, risoluzioni, etc) sono stati ricavati un principio implicito è un principio espresse > il principio implicito è quello della salvaguardia dell'ambiente o dell'equilibrio ecologico 3 il pi espresso è quello dello sviluppo sostenibile in virtù del quale la protezione dell'ambiente e lo sviluppo economico devono integrarsi e rafforzarsi reciprocamente. Tali principi, tuttavia presentano un elevato grado di astrazione e indeterminatezza limitandosi a prescrivere un orientamento da seguire, una tendenza da rispettare o un valore che richiede di essere preso in considerazione - per questo è necessario ricavare una regola più puntuale (dal principio formulato dall'interprete) applicabile ad un caso concreto: ad esempio nel parere sulla liceità delle armi nucleari la CIG attratto la regola secondo cui gli stati devono tener conto di considerazioni ecologiche quando decidono ciò che necessarie proporzionale nel perseguimento di obiettivi militari legittimi. 6. altre presunte norme generali non scritte: l'EQUITA' Equità DEF: è definita equità quella fonte che si traduce nel giusto contemperamento degli interessi delle parti. L'equità è fonte di diritto e il giudice può farvi ricorso a tale fonte? - secondo la dottrina (iovane/conforti), a parte il caso in cui l'equità venga usata in senso meramente interpretativo, e a parte il caso in cui il tribunale internazionale sia espressamente autorizzato a giudicare, la risposta debba essere NEGATIVA. Secondo tale impostazione, sarebbe da rifiutare: * sial'equità contra legem (ossia, quella che si pone in contrasto con norme di legge o con norme consuetudinarie), * sia l'equità praeter legem, diretta a colmare le lacune del diritto internazionale. Se il diritto internazionale è lacunoso, infatti, ciò deriva dal fatto che gli stati non hanno obblighi da osservare o diritti da pretendere, e l'equità non può essere idonea a crearli. Eq e ruolo dei gi internazionali e interni - l'equità, secondo lovane e Conforti, va inquadrata nel procedimento di formazione del diritto consuetudinario. Infatti, se si analizza la giurisprudenza, ci si accorge che spesso l'equità si atteggia come opinio juris sive necessitatis, in quanto ha luogo nel momento in cui una norma si va formando o modificando. - Giurisprudenza interna: considerazioni di equità sono alla base dei vari mutamenti di indirizzo avvenuti nel campo dell'immunità degli stati stranieri dalla giurisdizione. > alcune convenzioni sono state ratificate da un larghissimo numero di stati (come quella del '69 sul diritto dei trattati o quella di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare). Altre convenzioni, invece, hanno visto una partecipazione esigua (ratificata da 22 stati o 23 stati). In tal caso, quando la partecipazione è bassa o esigua, tanto più sarà necessaria la verifica della corrispondenza al diritto consuetudinario. * Sulcaso, giurisprudenza italiana: la sentenza dà per scontata l'inapplicabilità dell'art.19 della convenzione di ginevra del 1958 sul mare territoriale in una questione riguardante una nave cipriota in acque italiane, non essendo Cipro parte contraente della convenzione. Ricambio delle norme codificate E' possibile che in epoca successiva alla codificazione, il diritto consuetudinario subisca dei cambiamenti per effetto della mutata pratica degli stati. - una simile eventualità non è quasi mai presa in considerazione dai trattati o dagli accordi di codificazione: * infatti, oltre al fatto che i trattati hanno una durata illimitata * solo alcuni prevedono meccanismi di revisione delle norme ivi contenute > eppure il fenomeno dell'invecchiamento, diviene sempre più attuale in mondo che evolve continuamente, come è dimostrato da quanto è accaduto nella materia del diritto dei trattati, o nel settore del diritto internazionale marittimo, settori che sono stati superati dalla prassi ancor prima di essere formalmente sostituiti da altre norme codificate. Ciò premesso, qual è il valore di una norma che essendo contenuta in un accordo o in una convenzione non corrisponda più al diritto internazionale generale, alla prassi? - non sorge nessun dubbio circa l'inapplicabilità della disposizione ai stati non contraenti. - per quel che concerne gli stati contraenti? * Vadetto in primis che manca un'autorità a livello internazionale che avalli l'instaurazione di quel rapporto, tipicamente statale, fra diritto consuetudinario e diritto positivo, e che si traduce nel valore ausiliario del primo nei settori dove esiste il secondo. Fra l'altro, come si vedrà poi nella gerarchia delle fonti, consuetudini e accordi sono fra loro derogabili, e nulla vieta che il diritto consuetudinario successivo abroghi quello pattizio anteriore. * Tutto ciò che si può sostenere è che l'interprete deve essere estremamente sicuro della prassi da cui intende estrarre la norma consuetudinaria abrogatrice: egli deve dimostrare che la consuetudine si sia formata col consenso dei stati contraenti e che questi l'intendano come applicabile anche nei rapporti inter se. Ma se la dimostrazione è data, l'accordo deve soccombere. - in una sentenza del 1977 della corte arbitrale relativa alla delimitazione della piattaforma arbitrale fra francia e inghilterra. La corte riconosce che uno sviluppo del diritto consuetudinario possa, a certe condizioni, evidenziare l'assenso degli stati interessati alla modifica o all'estinzione di precedenti diritti ed obblighi convenzionali. Codificazioni private - esistono anche codificazioni private del diritto internazionale. Oltre all'uso di alcuni di scrivere i propri manuali in forma codificatoria, va fatta menzione dell'IDI. l'IDI, fondato nel 1873 da 11 studiosi europei tra cui gli italiani Mancini e Pierantoni, è un'associazione a numero chiuso con sede amministrativa a Ginevra, composta da studiosi di diritto internazionale nonché da giudici di corti internazionali che appartengono a tutti i paesi del mondo. Dal 1873 l'istituto si riunisce in seduta plenaria ogni due anni dopo il lavoro effettuato in gran parte per corrispondenza da varie commissioni. * Ilcompito dell'Istituto è quello adottata dall'Assemblea plenaria. Fino alla seconda guerra mondiale le risoluzioni dell'IDI ebbero un notevole impatto nella prassi dei governi. Con le nazioni unite e con l'istituzione della CDI, i cui rapporti hanno coperto quasi tutte le materie del diritto internazionale, l'impatto dell'Istituto è andato scemando. Le risoluzione di questa associazione peraltro continuano ad avere un elevato valore scientifico. (o) ‘are il diritto internazionale, scopo che si attua con risoluzione 8. Segue: le dichiarazioni di principi dell'assemblea generale dell'ONU > si inquadra nel tema del diritto internazionale generale anche il problema del valore delle dichiarazioni di principi emanate dall'assemblea generale delle Nazioni Unite. * - fin dai primi anni l'assemblea ha seguito la prassi di emanare, in forma più o meno solenne, delle dichiarazioni che contengono una serie di regole che talvolta riguardano rapporti fra stati ma il più spesso riguardano rapporti interni alle varie comunità statali, quali i rapporti dello Stato con i propri sudditi o con gli stranieri. > fra le più importanti dichiarazioni ricordiamo, oltre alla dichiarazione universale diritti dell'uomo (1948), anche le seguenti risoluzioni: risoluzione sul genocidio (1946), risoluzione sui diritti del fanciullo (1959), sul divieto dell'uso di armi nucleari e termonucleari (1961), sull'indipendenza dei popoli coloniali (1960), sulla sovranità delle risorse naturali (1962), sull'eliminazione della discriminazione razziale (1963), sull'eliminazione delle discriminazioni contro la donna (1967), sull'asilo territoriale (1967), etc. 3la domanda ora da porsi è: che valore hanno queste dichiarazioni di p pi - le dichiarazioni di principi non costituiscono un'autonoma fonte di norme internazionali generali. - L'assemblea delle nazioni unite non ha poteri legislativi mondiali, e l'atto che tale assemblea può porre in essere è la sola raccomandazione, avente un valore meramente esortativo. Fra l'altro, il carattere non vincolante di risoluzioni e dichiarazioni è difeso con forza anche da molti paesi membri come i paesi occidentali. Se l'assemblea avesse poteri legislativi, i paesi del terzo mondo disporrebbero del diritto internazionale generale. * Appare quindi ardita la tesi della Cassazione (1967) secondo cui la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo avrebbe valore di fonte di norme internazionali generali e sarebbe operante nel nostro ordinamento in virtù dell'art.10 della costituzione. - la corte faceva riferimento all'art.15 della costituzione (ogni individuo ha diritto a una cittadinanza) per sostenere che gli ex cittadini italiani libici rimasti in Italia dopo la seconda guerra mondiale non abbiano perso la cittadinanza italiana. > se quanto detto è vero, è anche vero però che le dichiarazioni svolgono un ruolo assai importante ai fini dello sviluppo del diritto internazionale. - non si tratta di accordare loro, come detto, una forza vincolante che non hanno. - si tratta di riconoscere il contributo che con esse, l'assemblea dell'ONU dà alla formazione del diritto internazionale, sia pure nel quadro delle fonti tipiche del diritto, la consuetudine e l'accordo. Dichiarazioni e diritto consuetudinario > per quel che concerne il diritto consuetudinario, le dichiarazioni vengono in rilievo, ai fini della sua formazione, in quanto prassi degli stati, in quanto somma degli atteggiamenti degli stati che le adottano, e non come atti dell'ONU. Ciò è confermato dal fatto che esse tanto più valgono come prassi formativa della consuetudine in quanto siano prese all'unanimità o per consensus, o almeno, a larghissima maggioranza. 3 inoltre, possono contribuire alla codificazione del diritto internazionale generale, confermando l'esistenza e chiarendo il contenuto di norme internazionali non scritte. * Chiesamina le varie dichiarazioni può rendersi conto del fatto che il consenso degli Stati assai spesso si forma solo sui principi generalissimi, talvolta sui soli principi informatori della dichiarazione, mentre tutta una serie di riserve vengono avanzate da un numero sempre maggiore di stati via via che si passa alle norme più dettagliate. Dichiarazioni come accordi > si può poi ritenere, passando al diritto pattizio, che certe dichiarazioni o parti di dichiarazioni abbiano valore di veri e propri accordi internazionali. Ci riferiamo a quelle dichiarazi he non solo enunciano un princi modo espresso e inequivocabile ne equiparano l'inosservanza alla violazione della Carta. > poiché l'assemblea non ha poteri interpretativi sovrani, cioè non ha il potere di interpretare le norme della Carta in modo obbligatorio per i singoli Stati, anche le dichiarazioni restano, dal punto di vista della Carta, delle mere raccomandazioni. è sembra però (lovane/Conforti) che esse abbiano natura di accordi e come tali vincolino gli stati che le sostengono col loro voto poiché, se si equipara l'inosservanza di un certo principio all'inosservanza della carta, è chiaro che si utilizza un certo espediente verbale per sancire puramente e semplicemente che quel principio è ormai obbligatorio. E quindi, e stati che vi partecipano col loro voto favorevole, dimostrano la propria volontà di obbligarsi. - però qui, delle due l'una: o si ammette una simile presunzione oppure bisogna concludere che le dichiarazioni di principio in esame rappresentino delle dichiarazioni non serie o rese con riserva mentale. - la situazione non muta se l'espediente utilizzato equiparala violazione della dichiarazione alla violazione dei diritto internazionale generale anziché della carta. Anche in tal caso, è legittimo presumere che sussista una sincera volontà di obbligarsi. * Tra queste dichiarazioni, che equiparano la violazione della stessa all'inosservanza della carta o del diritto generale, ci sono le risoluzioni sul genocidio, sull'indipendenza dei popoli coloniali o sul divieto di armi nucleari. > le dichiarazioni inquadrabili come accordi, vanno considerate, per come vengono in essere, degli accordi in forma semplificata. 9. | trattati. Procedimento di formazione e competenza a stipulare > finito l'esame dei problemi relativi alla formazione del diritto internazionale generale, ora, passiamo a trattare della fonte di norme particolari costituita dall'accordo. ® - Perindicare questo tipo di fonte, il trattato, vengono utilizzate diverse tipologie di nome: oltre a trattato, si usa accordo, convenzione, patto, etc; in alcuni casi il nome è indicativo del procedimento di formazione, es scambio di note se l'accordo risulta dallo scambio di note diplomatiche, oppure è indicativo della materia di cui l'accordo si occupa, es. carta o statuto per i trattati istitutivi delle organizzazioni internazionali. * Adognimodo, pur cambiando nome, la natura dell'atto non muta ed è quella propria degli atti contrattuali: l'accordo può essere definito come l'unione o l'incontro della volontà di due o più stati, diretta a regolare una determinata sfera di rapporti riguardanti questi ultimi. Norme pattizie materiali e norme pattizie strumentali > i trattati, come tutte le fonti, possono dar vita a due tipi di regole: - regole materiali + norme che disciplinano direttamente i rapporti fra i destinatari. - regole formali o strumentali > cioè norme che si limitano a istituire fonti per la creazione di ulteriori norme. - tra gli accordi che istituiscono fonti, acquistano grande importanza i trattati costitutivi di organizzazioni internazionali, che oltre a disciplinare direttamente certi rapporti fra gli stati membri, demandano in più o meno larga misura agli organi sociali la produzione di norme ulteriori. Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati > Come i contratti nel diritto interno sottostanno alla legge, così i trattati internazionali sottostanno a una serie di norme consuetudinarie che ne disciplinano il procedimento di formazione nonché i requisiti di validità e di efficacia. Tale complesso di regole forma il cd diritto dei trattati. - a esso è dedicata la Convenzione di Vienna (1969) sul diritto dei trattati, punto importante per la materia viste le innumerevoli citazioni che la stessa riceve ad opera della giurisprudenza. - oltre alla convenzione di Vienna (1969) che disciplina gli accordi stipulati fra stati, vanno menzionate altre due convenzioni, sempre stipulate a Vienna, nel 1978 e 1986. La prima (entrata in vigore nel 1996) riguarda la successione degli stati nei trattati, mentre la seconda (non ancora entrata in vigore, ratificata da 31 stati e 12 organizzazioni) riguarda i trattati stipulati fra stati e organizzazioni internazionali o fra organizzazioni internazionali. Rapporti fra parlamento e governo in tema di ratifica di trattati > vi è concordia nel ritenere che una volta intervenuta la legge di autorizzazione ex art. 80 cost, il governo possa stabilire, discrezionalmente, il tempo in cui procedere alla ratifica. > la discrezionalità del governo può spingersi fino a un rinvio sine die della ratifica medesima? Dalla pratica, sembrerebbe di si: es. caso Convenzione di Oviedo (1997) su diritti umani e biomedicina; è stata autorizzata la ratifica della convenzione ma, fino a oggi, il governo non ha provveduto a depositare lo strumento di ratifica presso il segretario generale del consiglio d'Europa (quale depositario della convenzione medesima), quindi l'Italia non è obbligata ad osservarla. > non sempre le costituzioni usano il termine ratifica. In altre costituzioni vengono utilizzati altri termini quale approvazione, conclusione, che sono termini in tutto e per tutto equivalenti. > Un altro termine che è sicuramente utilizzabile è l'adesione: l'adesione, però — l'adesione è un termine che fa più riferimento all'ingresso di un paese (dentro un trattato) che non ha partecipato ai negoziati. Quindi, è un ingresso “successivo”. Per poter esercitare l'adesione, è necessario che il trattato prevede un'espressa clausola in tal senso, la cd clausola di adesione (e quindi, come si dice, che il trattato sia aperto). * L'adesione di cui parliamo implica partecipazione diretta al trattato multilaterale aperto da parte dello Stato che è rimasto estraneo ai negoziati. Invece, diverso è il caso dell'adesione che si esprime tramite un nuovo accordo fra i contraenti di un determinato trattato e uno stato terzo (accordo del tutto autonomo che necessita di ratifica dello stato terzo ma anche di quella dei contraenti del primo trattato: un accordo del genere, esempio, è previsto per l'adesione all'UE). La convenzione di Vienna, comunque, pone sullo stesso piano i termini ratifica, adesione, accettazione, approvazione (art.14 comma 2 convenzione e art. 15). 4)Scambio o deposito delle ratifiche > una volta formatasi la volontà dello Stato attraverso la deliberazioni degli organi costituzionalmente competenti, il procedimento di formazione dell'accordo si conclude con lo scambio, o con il deposito delle ratifiche. Nel caso di deposito - procedura normalmente adottata per i trattati multilaterali - via via che le ratifiche vengono depositate l'accordo si forma fra gli stati depositanti. Di solito, però, si prevede nel testo che il trattato non entri in vigore finché non si raggiunga un numero minimo di ratifiche. - allo scambio o al deposito l'art. 16 della Convenzione di Vienna aggiunge la notifica agli stati contraenti o al depositario. 5)Registrazione dei trattati > secondo l'art.102 della carta delle nazioni unite, (richiamato ex art.80 convenzione vienna), ogni trattato o accordo internazionale deve essere registrato presso il segretariato delle nazioni unite e pubblicato a cura di quest'ultimo. > dall'articolo 102, si ricava che l'unica conseguenza derivante dall'omessa registrazione è costituita dall'impossibilità di invocare il Trattato dinanzi a un organo delle Nazioni Unite, inclusa la Corte Internazionale di Giustizia. La registrazione dunque non è un requisito di validità del trattato. Eccezione: sotto questo profilo va rilevato come nella prassi delle Nazioni Unite si sia affermata però anche una tendenza antiformalista volta a limitare la non invocabilità degli accordi non registrati ai casi in cui, la mancata registrazione, sia finalizzata a tenere segreto il trattato. In tale prospettiva sarebbero invocabili dinanzi agli organi delle Nazioni Unite gli accordi che pur non essendo registrati sarebbero stati resi pubblici in altro modo dagli stati contraenti. * Caso Jadhav dinanzi alla CIG, anno 2019 — nell'ambito di tale controversia, lo stato convenuto aveva invocato dinanzi alla corte un accordo bilaterale sull'accesso alla tutela consolare, sottoscritto nel 2008 da India e Pakistan, mai registrato ma reso pubblico in altro modo dalle parti. Nonostante l'India avesse contestato l'invocabilità di detto accordo, in virtù del mancato rispetto ex art.102, la corte ne ha comunque tenuto conto ai fini della risoluzione della controversia. Ci sono casi di procedimenti diversificati? Procedimenti particolari di formazione dei trattati questo sin qui descritto è il procedimento normale o solenne. E' possibile che gli stati, godendo dell'ampia libertà di cui dispongono nella materia, seguano anche un procedimento differente. Le procedure alternative possono distinguersi a seconda che sfocino comunque: 1. nella ratifica > (o altro atto equivalente), e quindi non si discostino dal procedimento normale 2. oppure,in un procedimento differente di manifestazione della volontà da parte degli Stati. 1. nella prima sono inquadrabili quelle variazioni che nella prassi subiscono le fasi dei negoziati e della firma. - Ricordiamo per esempio che per molti trattati predisposti dalle organizzazioni internazionali, alla negoziazione diretta si sostituisce la discussione e l'approvazione da parte di un organo, di solito organo assembleare, dell'organizzazione. - per fare un altro esempio, inoltre, ricordiamo anche che nel caso degli accordi multilaterali la firma viene differita nel tempo: il testo del trattato, una volta redatto dai plenipotenziari, è aperto alla firma e alla ratifica degli stati. Cosicchè questi ultimi possono, ciascuno quando gli fa più comodo, prima firmare e poi provvedere al deposito della ratifica. La firma differita, se vogliamo, costituisce una generica dichiarazione di disponibilità. Accordi in forma semplificata 2. passando invece alle altre procedure, ossia quelle nella quale la manifestazione di volontà dello Stato diretta a incontrarsi con quella degli altri stati non consiste nella ratifica, occorre richiamare l'attenzione sul fenomeno dei cd acco in forma semplificata, o acco informali, secondo la terminologia usata alla fine del secolo. ACCORDO IN FORMA SEMPLIFICATA DEF: è quello che è stato concluso con la sola sottoscrizione del testo da parte del rappresentante dello stato e che si ha quando, dal testo stesso o dai comportamenti concludenti delle parti, risulti che le medesime hanno voluto attribuire alla firma il valore di piena e definitiva manifestazione di volontà. - art. 12 convenzione di Vienna: il consenso dello stato a essere vincolato da un trattato è espresso dalla firma del rappresentante di questo stato: * a)quandoiltrattato prevede che la firma avrà tale effetto * b)quandoèunaltro modo stabilito che gli stati partecipanti ai negoziati abbiano convenuto di attribuire tale effetto alla firma * c)quandol'intenzione dello stato di dare tale effetto alla firma risulta dai pieni poteri del suo rappresentante o è stata espressa nel corso della sua negoziazione. - l'accordo può essere anche misto: cioè, essere concluso in forma semplificata da alcuni stati e mediante ratifica da parte di altri. > alla categoria degli accordi in forma semplificata sono da ascriversi anche gli scambi di note diplomatiche o altri strumenti simili, sempre che da tali strumenti si ricavi l'intenzione delle parti di vincolarsi immediatamente. - può dirsi che la categoria ricomprenda tutti gli accordi stipulati da un organo dello stato che non comprendino la ratifica, quindi impegnando direttamente e definitivamente la volontà dello Stato. Accordi in forma semplificata e intese non giuridiche > è bene sottolineare un punto: per aversi un accordo in forma semplificata: * = nonè solo necessario che non sussista la ratifica, * bensì, è anche necessario che dal testo dell'accordo risulti una chiara volontà di obbligarsi. > ciò è importante ribadirlo perché la prassi internazionale conosce una serie di intese fra governi, cui spesso si dà anche il nome di accordi e ancor più spesso quello di memorandum d'intesa, o di gentlemen's agreements, ma che non hanno natura di veri e propri accordi giuridici, essendo tale natura esclusa da quanto risulta dal testo oppure dalle dichiarazioni di coloro che lo sottoscrivono. Simili intese, valgono finché valgono, sinchè sono applicate dalle parti, e non pretendono di avere natura giuridica. Es. atto finale conferenza del 75 sulla sicurezza in Europa, nonché altri accordi in seno all'OCSE che sono stati finora conclusi: accordi importanti e determinanti da un punto di vista politico e per le materie trattate ma che non possono considerarsi produttivi di effetti giuridici. Ergo: attenzione alla distinzione fra intese del genere e accordi in forma semplificata. * Unesempiol'intesa non giuridica è quello in cui l'accordo tra due o più stati dichiari espressamente di non costituire un accordo internazionale. In tal senso si è espresso l'art.12 del memorandum d'intesa fra USA e Canada del 1984 sulla cooperazione in materia di antitrust. Così come il memorandum d'intesa fra belgio e olanda in materia di Ferrovia del Reno. Tali accordi, non sono considerati vincolanti sul piano giudiziario internazionale, anche se nulla si ricava in tal senso dal contenuto dell'accordo. In merito al secondo memorandum fra belgio e olanda, la sentenza arbitrale aveva definito che l'accordo non fosse del tutto irrilevante dal punto di vista giuridico, sia perché le parti avevano dato un effetto ad alcune disposizioni, sia perché le parti avevano detto, sempre in sede giudiziaria, che esso dovesse interpretarsi in buonafede. - sembra quindi che l'opinione della sentenza + confermi quanto dicevamo e cioè che simili intese valgono se e finché sono applicate dalle parti. Applicazione provvisoria dei trattati > si parla di APPLICAZIONE PROVVISORIA quando un trattato viene provvisoriamente applicato in attesa della sua definitiva entrata in vigore. Gli accordi di applicazione provvisoria, sono considerati: * dataluni come intese prive di carattere giuridico * daaltricomeaccordi informa semplificata, quindi come vincolanti. > la dottrina ha ricostruito la figura e ha ribadito che in realtà l'applicazione provvisoria ha fra i suoi effetti quello di sospendere l'efficacia di un precedente accordo vincolante sul medesimo oggetto, e quello di porre lo stato in una situazione di impossibilità in merito all'annullamento, con efficaci retroattiva, delle misure di esecuzione già prese. Per tali considerazioni, alcuni in dottrina considerano questo tipo di accordo avente un pieno carattere giuridico. Trattati segreti > secondo la dottrina, i trattati segreti sarebbero da considerarsi come intese giuridiche non vincolanti. - sembra appropriato ritenere che il divieto di concludere accordi segreti abbia rilievo in quanto divieto previsto dal diritto interno, e che pertanto — esso — vada inquadrato nel tema delle invalidità dei trattati conclusi in violazione di norme interne di importanza fondamentale. * Inaltri termini > se gli ordinamenti degli Stati contraenti consentono che gli organi competenti a stipulare trattati lo facciano segretamente, e se la natura non vincolante dell'accordo segreto non risulti aliunde, non sembra che il diritto internazionale possa invocarsi per togliere validità vincolante all'accordo medesimo. Competenza a concludere accordi semplificati secondo l'ordinamento italiano > la competenza a concludere accordi in forma semplificata al pari della competenza a ratificare è regolata da ciascuno stato con proprie norme costituzionali. Il diritto costituzionale di uno stato, in altri termini, stabilisce fino a che punto l'esecutivo possa concludere un accordo senza dover procedere alla ratifica. - per quel che concerne l'ordinamento italiano, esso è silente sul punto, ma da un'interpretazione della dottrina (Cassese) del combinato disposto ex artt. 80 e 87 par.8 della costituzione, si ricava la tesi secondo cui: * lastipulazione in forma semplificata sarebbe categoricamente da escludere quando essa riguardi gli accordi previsti e disciplinati ex art. 80 * intuttiglialtri casi, il potere esecutivo, sarebbe libero di decidere, insieme alle altre parti contraenti, se dare all'accordo forma solenne e far quindi intervenire la ratifica da parte del Capo dello Stato, oppure stipulare direttamente. (tale tesi fra l'altro sembra avere conferma anche da alcuni orientamenti desumibili dai lavori dell'assemblea costituente). ® - pertale tesi quivi sostenuta: sentenze della corte costituzionale n.295 e 672 del 1984. ® - una precisazione in merito agli accordi che importano oneri alle finanze: si ritiene che possano stipularsi in forma semplificata i trattati che prevedano oneri finanziari preventivati, che possano rientrare nel bilancio ordinario del ramo dell'amministrazione interessata. Si ritiene infatti che l'art.80, nel suo riferito a tali oneri, intenda riferirsi a oneri non preventivati. procedure previste dal diritto interno per rendere applicabile l'accordo stesso. - simili accordi non possono considerarsi accordi in forma semplificata, in quanto non è sufficiente la mera firma per l'entrata in vigore, piuttosto, sono figure intermedie che si frappongo fra gli accordi in forma semplificata e gli accordi conclusi in forma solenne. * Simili accordi in Ita + quando toccano materie ex art.80, devono comunque ricevere l'assenso del parlamento con una legge di approvazione. Accordi conclusi dalle Regioni > ci chiediamo se le regioni possano concludere accordi di diritto internazionale. La questione ha cominciato a porsi nell'ambito della nostra dottrina quando le regioni, nell'ambito delle proprie competenze definite dall'art.117 della costituzione, hanno iniziato a stipulare accordi di diritto internazionale con altri enti territoriali stranieri (stati stranieri). * Lacorte costit., s. 170/1975, si è espressa sul caso in senso antiregionalistico, affermando che gli accordi con soggetti di altri ordinamenti è un compito spettante esclusivamente agli organi dello stato sovrano. * Poi, lamateria è stata regolata dal DPR n. 616/1976, articolo 4 > nel quale si riserva allo Stato la funzione relativa ai rapporti internazionali nelle materie trasferite e delegate alle regioni e il cui 2° comma faceva divieto alle regioni di svolgere attività promozionali all'estero, senza il preventivo consenso governativo. * Poi sentenza Corte costituzionale nel 1987, nel quale si afferma (conformemente al DPR del 1976) che le regioni, se hanno l'assenso del governo, non solo possono stipulare intese di diritto internazionale, ma addirittura accordi tali da impegnare la responsabilità dello Stato (purché non si trattasse di materie rientranti nell'art.80 della Costituzione). > OGGI - materia regolata dall'art. 3 della I.cost. n.3/2001 il quale all'ultimo comma prevede la competenza della regione, nelle materie di sua competenza, a concludere accordi con stati e intese con enti territoriali interni ad altro stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato. - i casi e le forme sono disciplinati dalla 13/2003 che all'art.6 prevede il preventivo conferimento di pieni poteri alla Regione da parte del Governo configurando, la competenza della regione come competenza a stipulare per conto dello Stato, quindi impegnando la responsabilità dello Stato. * Problema diverso si pone quando la regione instaura, o intende instaurare, relazioni internazionali in materie che non sono di sua competenza. Varie sentenze della corte si occupano del problema (s. 2006 e 2008) che escludono che le regioni possano instaurare forme di cooperazione internazionale in materia di cooperazione allo sviluppo, materia attinente alla politica estera, come tale riservata allo stato centrale. > infine: possono essere considerati accordi internazionali le iniziative regionali dirette a collaborare con analoghi enti stranieri? La risposta è senz'altro NEGATIVA. In realtà, si tratta di intese, prive di carattere giuridico, che costituiscono una mera occasione per l'adozione di atti amministrativi o legislativi da parte delle regioni interessate, e che come tale possono servire solo come punto di riferimento ai fini dell'interpretazione dell'atto medesimo. Secondo la dottrina (iovane/conforti) per il nostro ordinamento hanno rilievo, esclusivamente, gli atti amministrativi regionali o legislativi regionali che in sede di approvazione dell'accordo danno attuazione alla collaborazione concordata. Accordi conclusi da enti pubbl rersi dalle regioni > quanto diciamo a proposito delle intese fra regioni di stati diversi vale a maggior ragione per le intese fra altre circoscrizioni territoriali o enti pubblici, come i gemellaggi fra città, le intese universitarie, etc.: anche qui, si tratta di meri programmi destinati a fornire l'occasione per l'adozione di atti amministrativi interni. * Ciò a menochenonsitratti di veri e propri contratti di diritto privato: nel qual caso si porrà il problema, di diritto internazionale privato, della legge ad essi applicabile. > non bisogna poi confondere gli accordi autonomamente promossi dalle regioni con gli accordi fra regioni di stati diversi che costituiscono, per esplicita volontà degli stati contraenti manifestata in un trattato internazionale, esecuzione o integrazione del trattato medesimo: accordi del genere traggono la loro forza dal trattato che li prevede, e sono quindi classificabili come fonti di terzo grado. Accordi delle organizzazioni internazionali > le organizzazioni internazionali possono stipulare accordi. Possono stipularsi fra loro, con stati membri dell'organizzazione stessa, o con stati terzi. Tali accordi sono disciplinati dalla Convenzione di Vienna del 1986 che riproduce pedissequamente la Convenzione di Vienna del 1969. Competenza a stipulare degli organi delle organizzazioni internazionali > quali sono gli organi delle organizzazioni competenti a stipulare accordi, e quali sono le materie per cui siffatta competenza è attribuita? - in analogia a quanto affermato a proposito della violazione di norme costituzionali interne nella conclusione di accordi fra Stati, può dirsi che una violazione grave delle norme statutarie sulla competenza a stipulare comporti l'invalidità dell'accordo. - visto che le norme contenute nell'accordo sono modificabili per consuetudine, può anche darsi che la competenza a stipulare possa risultare da regole sviluppatesi nella prassi dell'organizzazione, purché si tratti di prassi certa, ossia seguita da organi e accettata dagli stati membri. * Quantosi ribadisce trova conferma nell'art.46 della convenzione di vienna del 1986, che riproduce l'art.46 della convenzione di vienna del 1969, e considera come causa d'invalidità la violazione di una delle norme dell'organizzazione sulla competenza a stipulare di importanza fondamentale. - l'art. 2 della convenzione, precisa — in merito al significato dei termini — che per norme dell'organizzazione si intendono norme statutarie, decisioni e risoluzioni adottate sulla base delle norme medesime e la prassi consolidata dell'organizzazione. Categorie di accordi delle organizzazioni internazionali è una gran massa di accordi conclusi dalle organizzazioni internazionali non presenta un grande interesse per il giurista. es. ciò a dire dei cd accordi di collegamento che le organizzazioni stipulano fra loro (es. accordi fra ONU e istituti specializzati, o quelli che l'UE può concludere con l'ONU) per coordinare le rispettive attività. Trattasi di intese di cui si può addirittura mettersi in dubbio la natura giuridica, e che comunque sono intraducibili in termini di diritti e obblighi delle parti contraenti. > vi è invece tutta una serie di trattati conclusi dalle organizzazioni con gli stati membri o stati terzi che in nulla differiscono dai normali accordi giuridici internazionali. Alcuni di essi, si propongo di assicurare alle organizzazioni medesime la necessaria libertà di azione nei territori statali in cui sono destinate ad operare. > altri, invece, hanno ad oggetto la disciplina dei rapporti che direttamente si ricollegano alle materie di competenza dell'organizzazione (tali accordi trattati più avanti). PS: quanto diremo d'ora in poi a proposito delle varie regole che disciplinano i trattati fra i stati, può valere grosso modo anche per i trattati di cui sono parti le organizzazioni internazionali. 10. Inefficacia dei trattati nei confronti degli stati terzi. Incompatibilità fra norme convenzionali > il diritto internazionale pattizio, si distingue dal diritto internazionale generale, perché il diritto internazionale pattizio vincola soltanto gli stati che partecipano all'accordo, quindi, NON VINCOLANDO gli stati che non partecipano all'accordo. (per fare un parallelo, è un po' come il contratto di diritto interno: esso, infatti, ha forza di legge fra le parti). > può darsi che un determinato trattato sia aperto, contenendo la cd clausola di adesione o di accessione: in tal caso, lo stato che intende partecipare al trattato, diventa uno stato membro ed in suo capo ne consegue la nascita di una situazione giuridica, derivante dal trattato, uguale a quella degli stati membri. * L'unica differenza che sussiste fra stati che partecipano all'inizio e stati che subentrano successivamente, è che i stati che entrano dopo nell'accordo non hanno avuto la possibilità di partecipare al negoziato, ossia alle trattative svoltesi per la stesura del testo dell'accordo. > ma, ancora, può darsi anche che un trattato non abbia al suo interno una clausola di adesione, e che non vi sia una partecipazione di uno stato, ma solo la possibilità che singoli diritti e obblighi discendano in capo allo stato stesso. Anche in tal caso dovrà dimostrarsi che diritti e obblighi siano in qualche modo accettati dallo stato terzo e che l'eventualità dell'accettazione sia prevista nel testo dell'accordo (magari in modo implicito). * Dovrà insomma dimostrarsi che il trattato contenga comunque un'offerta, e che dallo stato terzo provenga un'accettazione, determinandosi quell'incontro di volontà caratteristico dell'accordo. - fuori da tali casi ora citati, non potrà che applicarsi il principio di inefficacia dei trattati nei confronti degli Stati non contraenti. Trattati a favore di stati terzi * le parti di un trattato, possono impegnarsi a tenere comportamenti che risultano vantaggiosi per i terzi. Es. importante di impegni del genere sono forniti esempio dagli accordi in tema di navigazione sui fiumi canali e stretti internazionali, fra cui: articolo 18 Trattato USA Panama sul canale di Panama, articolo 2 trattato del 77 che lo sostituisce, Convenzione di Strasburgo del 63, etc. Questi accordi sanciscono di solito la libertà di navigazione per le navi di tutti gli stati, o almeno di tutti gli stati rivieraschi. Altri esempi sono forniti dai trattati che garantiscono l'integrità territoriale o particolari status a determinati paesi, quando il paese interessato non partecipa all'accordo. Esempio di ciò, l'accordo di Parigi del 1856 dove Gran Bretagna, Francia, Austria uniche parti contraenti si impegnano a difendere l'integrità territoriale dell'impero Ottomano. > ma tali vantaggi, finché non si trasformano in di possono essere sempre revocati ad libitum dalle pai per quanto riguarda il terzo. * Nonvalel'obiezione secondo cui il fatto che i vantaggi derivanti dal terzo possono essere revocati non toglierebbe la natura di veri e propri diritti * nonsi può dire neanche che nell'ordinamento statale il legislatore non crei diritti per i cittadini dato che esso, con leggi successive, può modificarli o abrogarli. - l'obiezione è capziosa perché fra legge interna e trattato a favore di terzi non è possibile fare paragoni. mediante la partecipazione del terzo all'accordo, ‘ontraenti, e ciò testimonia del loro carattere riflesso - Poichè le parti contraenti del trattato, se vogliono negare al terzo i vantaggi pattuiti, non hanno bisogno di un successivo trattato che abroghi o modifichi il primo, bensì possono negare detti vantaggi in ordine a casi concreti, possono negarli in alcuni casi, e riconoscerli in altri. - invece, la legge non può essere disapplicata in ordine a singoli casi, non essendovi altra alternativa fra la sua applicazione o la sua abrogazione (o modificazione). - infine, il diritto del terzo di esigere l'applicazione del trattato o di opporsi alla sua abrogazione è stato sempre negato dalla prassi. * Esempi:ariguardo è soprattutto citabile la prassi relativa ai trattati sulla navigazione nelle vie d'acqua internazionali, prassi da cui si ricava che gli stati contraenti procedono alla revoca dei vantaggi concessi a terzi talvolta con successive accordi formali e talvolta senza. un esempio del primo genere è fornito dal protocollo addizionale n.2 all'atto di Mannheim, che ha compresso in modo sensibile la libertà di navigazione sul Reno per le navi degli Stati non contraenti. un esempio del secondo genere è dato dalla prassi della commissione per il Danubio commissione che ha in vari modi limitato la libertà di navigazione sancita dalla convenzione di Belgrado. Disciplina contenuta nella convenzione di Vienna sul diritto dei trattati > anche la convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati si conforma alla regola che sancisce l'inefficacia dei trattati nei confronti dei terzi e alla conseguente regola per cui, qualche forma di accordo è necessaria affinché il terzo benefici di veri e propri diritti o sia colpito da obblighi. >l' articolo 34 della convenzione di vienna + sancisce la regola generale che un trattato non crea obblighi e diritti per un terzo stato senza il suo consenso. CASI ed ESEMPI: Clausola di compatibilità + un esempio di clausola di compatibilità è definito dall'art. 307 TCE, oggi 351 TFUE, il quale ha la seguente formulazione: le disposizioni del presente trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni (concluse anteriormente al 1.1.1958 o per gli Stati aderenti anteriormente alla data della loro adesione), tra uno o più stati membri da una parte e uno più stati terzi dall'altra. nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili con il presente trattato lo Stato o gli stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. il problema della compatibilità del TCE con accordi preesistenti si è posto più volte soprattutto con riguardo all'accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (cd GATT) e altri accordi conclusi in seno, o confluiti, nella OMC (organizzazione mondiale commercio). Ma la giurisprudenza europea e l'organo politico dell'UE, ossia il consiglio, hanno ribadito che le regole contenute nel GATT siano programmatiche, flessibili, sprovviste di carattere incondizionato e non invocabili dai cittadini degli stati membri. + > Oggi, problemi di compatibilità si pongono tra gli accordi conclusi in seno all'OMC (organizzazione mondiale commercio) e le convenzioni multilaterali sulla protezione dell'ambiente. All'interno di questa materia non mancano clausole di compatibilità o subordinazione: infatti, l'art.22 par.1 della Convenzione di Nairobi sulla biodiversità (1992) prevede che le disposizioni della presente convenzione non influiscono sui diritti e obblighi derivanti da accordi internazionali esistenti, ad eccezione nel caso in cui l'esercizio tali diritti e obblighi siano in grado di causare seri danni o pericoli per l'ambiente. 11. Le riserve nei trattati RISERVA DEFINIZIONE > la riserva indica la volontà dello stato di non accettare certe clausole del trattato o di accettarle con talune modifiche, cosicchè fra lo stato autore della riserva e gli altri stati contraenti, l'accordo si forma soltanto per la parte non investita dalla riserva, laddove il trattato resta integralmente applicabile fra gli altri stati. 11.1) Nozione di dichiarazione interpretativa al genere riserva appartiene anche la farazione interpretativa, figura che mira a specificare o chiarire il senso o lo scopo attribuito dal dichiarante al trattato o ad alcune sue disposizioni. La dichiarazione può essere condizionata oppure incondizionata: * CONDIZIONATA > quando lo stato dichiara che intende vincolarsi al trattato solo se questo o alcune sue clausole sono interpretati in un certo modo. * È INCONDIZIONATA > solo se tale intento non risulta dalla dichiarazione. - la dichiarazione condizionata equivale a una riserva. - Quella incondizionata, invece, è solo una proposta che mira a salvaguardare una posizione giuridica, a evitare il consolidarsi di una prassi, ovvero a consolidarla o inaugurarla. Trattasi di un mezzo ausiliare o complementare di interpretazione. (alcune dichiarazioni interpretative sembrano trovarsi all'interno della convenzione di Montego Bay, articolo 310 che ammette dichiarazioni anche rispetto ad articoli per cui non sono ammesse riserve, ma a condizioni che esse non mirino a escludere o modificare gli effetti giuridici delle disposizioni della convenzione). Sul tema + convenzione di Vienna, poi sopravanzata dalla prassi successiva, e poi, ancora, sono state emanante linee guida da parte della CDI (comm.diritt.intern), dal 1995 al 2011. La riserva secondo il diritto internazionale classico sia le riserve che le dichiarazioni interpretative hanno senso nell'ambito dei trattati multilaterali, nel quale siano presenti più stati. Nell'ambito dei trattati bilaterali, invece, lo stato che vuole o non vuole una certa interpretazione non ha che da proporre alla controparte l'esclusione dal testo. > secondo il diritto internazionale classico, la riserva doveva essere concordata durante la negoziazione, e quindi, prevista nel testo. Si poteva apporre, inserire, mediante due modalità. In mancanza, si riteneva che lo Stato non avesse altra alternativa che ratificare o meno il trattato. | modi attraverso i quali si potevano apporre riserve erano due: * o durante la negoziazione uno stato dichiarava di non voler accettare alcune clausole, quindi si faceva menzione di tale riserva. * Oppuredaltesto si prevedeva la facoltà generica di apporre riserve al momento della ratifica o dell'adesione, e in tale momento ciascuno stato decideva se avvalersi o meno di una simile facoltà (in tal caso il testo doveva specificare quali clausole potessero formare oggetto di riserva). In sintesi: nel diritto internazionale classico, per l'apposizione di una riserva era necessaria l'indicazione all'interno del testo di tale facoltà. La formazione di riserva non prevista dal testo impediva la formazione del consenso, comportando l'esclusione dello stato dal novero degli stati contraenti, ed equivaleva a una proposta di nuovo accordo. > qual è la situazione oggi? Oggi, è intervenuto un parere della CIG (corte internazionale giustizia) su richiesta dell'assemblea delle nazioni unite in tema di convenzione per la repressione sul genocidio. - la corte ribadì un principio rivoluzionario, ossia, che una riserva può essere formulata all'atto della ratifica anche se la relativa facoltà non è prevista nel testo del trattato, purché essa sia compatibile con l'oggetto e con lo scopo del trattato (purché essa, in altre parole, non riguardi clausole fondamentali e caratterizzanti l'intero trattato). Inoltre, la corte aggiunse che un altro stato contraente può contestare la riserva, e può ritenere che il trattato non entri in vigore nei suoi rapporti con lo stato autore della riserva. Convenzione di Vienna: La CONVENZIONE DI VIENNA + ribadisce (art. 19) — il principio che una riserva può essere sempre formulata purché non sia espressamente esclusa dal testo del trattato oppure sia incompatibile con lo scopo e con l'oggetto del trattato medesimo. * ECC.: non mancano trattati che escludono le riserve (es. corte penale internazionale — art.120) > inoltre, art. 20 par.5 > stabilisce che la riserva, quando non sia prevista nel testo del trattato, può essere contestata da un'altra parte contraente. Se tale contestazione non è manifestata entro 12 mesi dalla notifica della riserva alle altre parti contraenti, la riserva si intende accettata. > inoltre, combinato disposto artt. 20 par.4 lett b e 21 par. 3 + secondo tali norme, l'obiezione a una riserva non impedisce che questa esplichi i suoi effetti fra lo stato che la formula e lo stato obiettante, se lo stato obiettante non abbia espressamente e nettamente manifestato l'intenzione di impedire che il trattato entri in vigore nel rapporto fra i due stati. CIOE' — in parole povere — lo stato che obietta se non vuole dare alla sua obiezione un valore puramente teorico, deve dirlo espressamente. > poi seguono altre norme sulle revoche delle riserve, e sulla forma di come le riserve e le revoche devono essere fatte (artt. 22 e 23): entrambe devono essere portate a conoscenza degli altri stati. Giurisprudenza, CIG: non valida revoca della riserva contenuta in una legge interna ma non notificata verso gli altri stati. Prassi: successivamente alla Convenzione di Vienna, la prassi ha continuato ad evolversi in tema di riserve: - in primis, ha confermato la disciplina della convenzione in tema di obiezione (che può avere gli effetti più vari, dall'ostacolare la formazione dell'accordo fino a un effetto meramente precauzionale). - altra innovazione, riguarda le cd riserve tardive, ossia quelle realizzate in un momento successivo rispetto alla ratifica del trattato. Affinché tali riserve siano validamente apposte è richiesto che nessuna delle altre parti contraenti sollevi obiezioni entro un termine che, nella prassi del segretariato ONU, prima era fissato a 90 giorni e poi è stato portato a dodici mesi. > nella convenzione di Vienna manca una disciplina delle dichiarazioni interpretative incondizionate (per quelle condizionate è invece prevista e valida la disciplina delle riserve). - secondo la prassi: un'altra parte contraente, può fare obiezione all'interpretazione, magari contrapponendole un'interpretazione alternativa, (non mancano poi casi in cui lo Stato che obietta lo fa perché considera la dichiarazione come una vera e propria riserva). > trattandosi di interpretazioni incondizionate aventi per definizione in valore di proposte non valgono per esse particolari condizioni di validità formale o sostanziale, né l'autore dell'obiezione può pretendere che il trattato sia entrato in vigore. - l'unico caso in cui può ritenersi che una questione di validità possa porsi, è quello in cui la dichiarazione è interdetta dal trattato. Riserve e giudice internazionale o interno - un altro tema di cui non si occupa la Convenzione di Vienna è quello del rapporto tra il criterio (oggettivo) dell'invalidità della riserva, per la sua contrarietà all'oggetto o allo scopo del trattato, e quello (soggettivo) dell'obiezione di un'altra parte contraente. - in altri termini: se la riserva è stata accettata, deve essa ritenersi ammissibile anche se oggettivamente non è una riserva valida? E ancora, se la riserva ha incontrato obiezioni, deve in ogni caso ritenersi inammissibile nei rapporti con lo stato obiettante, anche se dal punto di vista oggettivo è pienamente valida? * Inprimis, occorre stabilire se sulla questione dell'inammissibilità è chiamato a pronunciarsi un giudice. Il giudice, ha il potere di decidere autonomamente sulla validità o meno della riserva, ovviamente con effetti limitati al caso di specie. Ciò con l'unica eccezione — per quanto riguarda il giudice interno, che esso dovrà tener conto di riserve e obiezioni formulate dagli organi costituzionali del proprio stato. * Maseun giudice non è chiamato a pronunciarsi, non resta che aver riguardo alle eventuali obiezioni: ma da questo punto di vista gli effetti delle obiezioni sono gli stessi sia che oggettivamente la riserva sia valida sia che oggettivamente la riserva sia invalida. Riserve nelle fonti varie e sulle convenzioni dei diritti umani > il combinato disposto delle linee guida della CDI, ribadisce che l'obiezione a una riserva valida non impedisce l'entrata in vigore del trattato fra stato riservante e obiettante, a meno che questi non esprima nettamente un'opinione contraria. -nello stesso senso si era pronunciata in parte anche la giurisprudenza della CEDU. Inammissibilità della riserva e principio utile per inutile non vitiatur > la tendenza più innovatrice rispetto al diritto internazionale classico, tutt'ora in vigore nell'ambito della giurisprudenza CEDU, è quella che riguarda le conseguenze dell'accertata invalidità della riserva quando questa è esclusa dal testo del trattato oppure è contraria all'oggetto o allo scopo del medesimo. - secondo tale tendenza, se lo stato formula una riserva invalida perché esclusa dal testo del trattato o perché contraria all'oggetto o allo scopo del medesimo, l'invalidità non comporta l'estraneità dello stato rispetto al trattato ma l'invalidità della sola riserva: quest'ultima dovrà infatti ritenersi come non apposta. La tendenza, ha cominciato a prendere piede anche nei casi in cui non è un organo giurisdizionale a ritenere irrilevante la riserva, bensì quando la questione si pone soltanto fra stato autore della riserva e stato obiettante. * Peraltro prassi non univoca in tale direzione, e quindi si ritiene che tale principio (definibile anche come utile per inutile non vitiatur si stia affermando in relazione ai soli trattati in materia di diritti umani). > per quanto riguarda i casi in cui il principio utile per inutile non vitiatur è applicato da un organo giurisdizionale o quasi-giurisdizionale, gli stati che non accettano la decisione possono essere indotti a sottrarsi all'impegno arbitrale. Ciò è quanto avvenuto per il Comitato dei diritti umani, che ha come base della sua competenza in tema di ricorsi individuale un Protocollo opzionale: il Protocollo è stato denunciato da uno Stato colpito dalla decisione. 11.2) Discussione potere governo:ci sono alcuni casi (come in Italia nelle materie ex art.80) in cui al processo di formazione della volontà dello Stato partecipano più organi, e può darsi che l'apposizione di una riserva sia decisa da uno di questi piuttosto che non dagli altri. Se, per esempio, a concorrere sono il parlamento e il governo (come in Italia per alcune materie), cosa succede se il governo non tiene conto di una riserva apposta dal parlamento oppure formula una riserva diversa rispetto a quella apposta dal parlamento? Ciò è accaduto in Italia per ben due volte: * un primo caso, riguarda la ratifica della convenzione europea dei diritti umani, dove il governo aveva aggiunto una riserva, che riguardava il divieto di impedire ai cittadini di rientrare nel proprio stato, escludendone l'applicabilità agli ex re, alle loro consorti e ai discendenti maschi di casa Savoia. * Un secondo caso, riguardava invece il patto sui di e politici promosso dalle Nazioni Unite. Nel caso del patto, la legge di autorizzazione alla ratifica conteneva due riserve di carattere interpretativo ma a queste il governo ne aggiunse una di sua iniziativa. Tra le riserve, una riguarda il doppio grado di giudizio in materia penale. Tale riserva non si applica ai processi per le accuse promosse contro il Presidente della Repubblica e i Ministri innanzi alla corte costituzionale italiana. disposizioni pattizie che sono state formulate in modo ampio e destinate a disciplinare una certa materia per un tempo indeterminato. * Questo è il caso dei trattati sui diritti umani: la Corte europea dei diritti dell'uomo ha spesso ricordato come la convenzione europea dei diritti dell'uomo possa essere considerata uno strumento vivente da interpretarsi alla luce delle condizioni di vita attuali; es. la nozione di vita familiare è stata interpretata in modo da includervi anche le coppie di fatto e quelle dello stesso sesso. 12.2) > quanto sin ora detto (in merito a interpretazione estensiva e analogia), vale anche per i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, ad es. per la carta delle Nazioni Unite e per i trattati dell'Unione Europea. Nessuno disconosce ciò, ma da più parti si cerca di ricostruire regole particolari, applicabili sia alla carta delle nazioni unite sia agli accordi istitutivi di organizzazioni internazionali. - simili tentativi si fondano sulla comune concezione per cui tali accordi non andrebbero riguardati come trattati quanto come costituzioni. Applicazione della teoria dei poteri impliciti alla Carta dell'Onu e al trattato CE CARTA ONU> la CIG, per esempio, si è posta su questa strada allorchè ha fatto uso della cd teoria dei poteri impliciti. In base alla teoria dei poteri impliciti (sviluppata dalla Corte Suprema Usa per estendere le competenze dello stato federale a scapito delle competenze degli stati membri), ogni organo disporrebbe non solo dei poteri espressamente attribuiti dalle norme costituzionali, ma anche di tutti i poteri non espressi ma necessari per l'esercizio dei poteri espressi. * -laCIG, nell'applicare la teoria dei poteri impliciti agli organi dell'ONU, ne ha ampliato la portata finendo col dedurre certi poteri degli organi direttamente ed esclusivamente dalle norme sui fini dell'Organizzazione, fini che si distinguono per la loro indeterminatezza (come può rilevarsi da una lettura, anche superficiale, dell'art.1 della carta che li elenca). * UE> neltrattato istitutivo della CE, una norma espressa, l'art.308 prevedeva che quando un'azione della comunità risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della comunità senza che il presente trattato abbia previsti poteri d'azione a tal uopo richiesti, il consiglio deliberando all'unanimità su proposta della commissione e dopo aver consultato il Parlamento Europeo prende le disposizioni del caso. una norma simile esiste anche oggi nel tfue ex 352. > la teoria dei poteri impliciti si colloca all'estremo opposto rispetto alla vecchia tendenza all'interpretazione restrittiva dei trattati internazionali in quanto limitativi della sovranità statale. Essa, però, appare eccessiva: - occorre essere cauti nel trasferire dottrine del diritto interno nell'ambito del diritto internazionale, perché l'analogia fra organi interni e organi internazionali, non è così scontata, se si pensi alla mancanza, nei secondi, di quella capacità di imporsi ai consociati tipica dei primi. - inoltre, dilatare oltre misura la teoria dei poteri impliciti, è poco logico dal punto di vista giuridico ma anche controproducente da un punto di vista politico potendo suscitare reazioni da parte degli stati membri delle organizzazioni i cui poteri si desidera rafforzare. 12.3)Interpretazione unilateralistica > INTERPRETAZIONI UNILATERALI, DEF: interpretazione che possa assumere significati differenti a seconda dello Stato contraente al quale, o all'interno del quale, debba volta a volta applicarsi. + La convenzione di Vienna non avalla interpretazioni unilateralistiche dei trattati. Quest'impostazione la si può desumere da due norme ivi contenute: * art.33+ secondo cui, se nelle varie lingue di traduzione ci sono difformità, si impone un'interpretazione che concili tutti i testi, rifiutando così una vecchia tesi secondo cui per ciascuno stato varrebbe il testo redatto nella sua lingua. * Art.31, par.3 > secondo cui nell'interpretare un trattato occorre anche tener conto di altre norme internazionali in vigore fra le parti. Tra le altre norme utilizzabili il par.3 non include le norme di diritto interno, proprie di ciascuno stato contraente. Tendenza molto significativa se si considera la tendenza unilateralistica tipica di qualche decennio fa. + contro le tendenze unilateralistiche che non siano autorizzate dall'accordo, secondo la dottrina (iovane/conforti), bisogna in effetti reagire. Esse mal si conciliano con l'idea di trattato in quanto punto di incontro e di fusione delle volontà degli stati contraenti. * Corte di Cassazione: l'interpretazione dei trattati non può essere condotta in modo conforme unicamente all'ordinamento interno dell'interprete (sent.2014). * Inoltre, il problema dell'interpretazione dei termini tecnico-giuridici interni, suscettibili di avere significati diversi nei vari ordinamenti statali, può porsi per i trattati conclusi nelle più disparate materie, dagli accordi commerciali a quelli che tutelano i diritti umani. Ma il campo in cui si è posto più frequentemente è quello degli accordi di diritto privato uniforme, ossia gli accordi nel quale gli stati si impegnano a regolare allo stesso modo certi settori del diritto privato e del diritto internazionale privato. Interpretazione degli accordi di diritto uniforme > l'esigenza di evitare interpretazioni unilateralistiche è avvertita anche in sede di redazione di alcune convenzioni di diritto privato e processuale. Un esempio interessante al riguardo è dato dalla Convenzione di Bruxelles del 1968, sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale completata dal Protocollo di Lussemburgo del 1971: il protocollo attribuiva alla CGCE la competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle questioni relative all'interpretazione della convenzione sollevate innanzi ai giudici nazionali (è chiaro che affidandosi ad un giudice unico il compito di sciogliere i dubbi interpretativi con l'efficacia vincolante all'interno degli Stati contraenti l'unicità nella interpretazione delle clausole convenzionali è assicurata alla radice). > una soluzione meno radicale ma pur sempre tesa a svincolare l'interpretazione dai singoli ordinamenti interni è fornita dalla Convenzione di Vienna del 1980, relativa ai contratti di vendita internazionale di merci, che ex art 7 stabilisce: /e questioni concernenti le materie regolate dalla presente convenzione e che non sono da essa espressamente risolte saranno regolate secondo i principi generali a cui si ispira. A quali principi dovrà far riferimento? dovrà comunque evitare di rifarsi esclusivamente al proprio diritto, se non vi è autorizzato dallo stesso accordo. Esso dovrà sforzarsi di stabilire alla luce di diritto consuetudinario così come codificato dalla convenzione di Vienna quale sia il significato unico e obiettivo della disposizione convenzionale. Libertà dei giudici interni in materia di interpretazione del diritto internazionale > (a parte il caso in cui un giudice internazionale è esclusivamente competente , in via pregiudiziale, a interpretare un trattato e le sue fonti derivate) deve rivendicarsi, in capo ai giu interni, la massima libertà nell'interpretazione del diritto internazionale, analogamente a quanto avviene per l'interpretazione del diritto interno. La subordinazione dei giudici al potere esecutivo, in questa materia, va scomparendo. 13. la successione degli stati nei trattati 13.1) Successione fra Stati e mutamenti di sovranità:+ quando uno stato si sostituisce a un altro nel governo di un territorio, è vincolato dai trattati stipulati dal suo predecessore e in vigore in quel territorio? - la sostituzione può avvenire per le cause e nei modi più vari: è possibile che una parte di territorio sia oggetto di cessione o di conquista, e passi sotto la sovranità di un altro stato, o comporti la nascita di un nuovo stato indipendente. Così come è possibile che l'intero territorio sia sottoposto al cambiamento, così — ancora — che il territorio intero si membri in più porzioni di stato, etc. - tutte queste vicende sono circondate da circostanze di fatto, che comportano l'affermarsi, il ritrarsi e l'espandersi della sovranità territoriale. Ciò è vero anche quando la vicenda è conseguenza di un trattato, poiché i trattati producono effetti obbligatori che se non saranno rispettati comporteranno la violazione dell'obbligo ma le cose, per quanto riguarda l'assetto del territorio, resteranno al punto di prima. 13.2) FONTE: Convenzione di Vienna del 1978 sulla successione dei trattati > alla successione degli stati rispetto ai trattati è dedicata una convenzione di codificazione, predisposta dalla CDI e firmata a Vienna nel 1978. La convenzione non ha avuto molta fortuna, visto che nel 96 (entrata in vigore) è stata ratificata soltanto da 23 stati. Fra questi, non figura l'Italia. > PRECISAZIONE TERMINOLOGICA: la convenzione, al suo interno, usa termini che vanno specificati: * il termine successione + viene usata come equivalente a quello di sostituzione. Il termine successione viene quindi utilizzato in senso atecnico, in quanto indica la mera circostanza di fatto della sostituzione e prescinde dalla questione se e quando lo stato successore succeda anche in senso giuridico, ossia rispettare gli obblighi e pretendere il rispetto dei diritti contratti dal predecessore. * stato successore > come equivalente a quello di stato che subentra ad un altro nel governo di un territorio. - uso terminologia molto criticabile: (dottrina, lovane/Conforti) non era meglio parlare di stato subentrante per evitare ogni equivoco? Sfera di applicazione della Convenzione di Vienna > secondo l'art.7 par.1 della Convenzione di Vienna, questa si applica alle successioni fra Stati che siano intervenute dopo l'entrata in vigore della Convenzione. - Non è richiesto che lo stato successore sia già parte contraente al momento della successione; quindi, se uno stato successore aderisce alla convenzione, la sua adesione retroagisce fino al momento in cui la successione è avvenuta, sempre che — in quel momento — la convenzione era già in vigore. > l'art.7, al par.2, prevede anche che uno stato successore possa dichiarare di voler applicare la Convenzione a una successione intervenuta prima della stessa entrata in vigore di quest'ultima. Ma una tale dichiarazione varrà soltanto nei confronti di quei contraenti che a loro volta abbiano deciso di accettarla. Tutte le dichiarazioni devono risultare da atto scritto notificato al depositario della Convenzione, che è il Segretario generale delle Nazioni Unite (art.50). - nella trattazione, sarà importante tenere distinte le discipline per gli stati contraenti e la disciplina valevole invece per gli stati non contraenti. 13.3)TRATTATI LOCALIZZABILI - Successione nei trattati localizzabili (si definiscono tali i trattati che riguardano l'utilizzo di alcune parti del territorio). > Convenzione 1978, art.12, prevede che lo stato che in qualsiasi modo si sostituisce a un altro nel governo di una comunità territoriale, è vincolato dai trattati, o dalle clausole di un trattato, di natura reale o territoriale, o come anche si dice, /ocalizzabili, cioè dai trattati che riguardano l'uso di determinate parti di territorio conclusi dal predecessore. * Rientranoall'interno di tali accordi: i trattati che istituiscono servitù attive o passive (es. servitù di passaggio) nei confronti di territori di stati vicini; gli accordi per la concessione in affitto di parti di territorio; i trattati che prevedono la libertà di navigazione di fiumi, canali, e altre vie d'acqua; i trattati che impongono la smilitarizzazione di determinate aree. - di solito vengono riportati alla medesima categoria i trattati che fissano le frontiere fra stati vicini, ma su questi ci sono dubbi della dottrina, in quanto l'accordo di esaurisce nel momento stesso in cui le frontiere, le delimitazioni sono apposte. Dopo di che a dover essere rispettato non è l'accordo, quanto piuttosto il diritto di sovranità territoriale che ciascun paese esercita al di qua e al di là del confine (diritto derivante dalla consuetudine e valevole nei confronti di tutti). * Il discorso è diverso per le eventuali clausole dell'accordo di delimitazioni che creino regimi particolari per determinate zone di frontiera, es. vietando di fortificarle o di riscuotervi dazi doganali (clausole che ricadono sotto il regime successorio) Uti possidetis (significa obbligo da parte di un nuovo soggetto di diritto internazionale di rispettare le frontiere che sono state stabilite dal predecessore). > l'obbligo di rispettare le frontiere stabilite dal predecessore è generalmente sentito nell'ambito della comunità internazionale. Anche i paesi sorti dalla decolonizzazione non lo hanno negato. Per esempio, l'assemblea generale dei capi di stato e di governo dell'OUA (organizzazione unità africana), riunita al Cairo nel '64, affermò con le sole riserve della Somalia e del Marocco che gli stati membri si impegnavano a rispettare la sovranità e l'integrità territoriale di ciascuno stato nonché i confini esistenti al momento dell'acquisto * Questa facoltà riconosciuta agli stati ha cominciato a affermarsi all'epoca della decolonizzazione ma può ormai ritenersi come riconosciuta dalla consuetudine come dimostra la recente prassi. - la convenzione del 1978 — artt.17-23 — contiene una disciplina molto dettagliata in proposito, distinguendo fra trattati già in vigore e trattati non ancora in vigore alla data di successione, stabilendo le modalità delle notifiche di successione: anche qui si limita agli stati ex territori coloniali, dato che per gli altri non prevede il principio della tabula rasa ma quello della successione automatica. 13.6) Smembramento di uno Stato DEF: lo smembramento è quell'ipotesi nel quale uno stato si estingue, e sul suo territorio si formano due o più nuovi stati (è un'ipotesi simile alla secessione, ma in quel caso non c'è l'estinzione dello Stato che la subisce) > in entrambe le ipotesi (secessione e smembramento) si verifica una divisione del territorio dello stato e della popolazione. Quindi, l'unico criterio utilizzabile e idoneo per distinguere le due ipotesi, è quello della continuità o meno dell'organizzazione del governo preesistente. * L'ipotesi dello smembramento è da ammettere quando nessuno degli stati residui abbia (sia pure approssimativamente) la stessa organizzazione di governo, lo stesso regime. Esempio: un esempio di smembramento e non di distacco è quello dell'Impero austro-ungarico, poiché nessuno degli stati su di esso formatisi, mantenne la stessa organizzazione di governo dell'impero. Altro esempio: nascita della repubblica federale tedesca e repubblica democratica tedesca dopo la dissoluzione del Reich hitleriano a seguito della seconda guerra mondiale e fino al 1990. Altri esempi sono dati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica, lugoslavia e Cecoslovacchia, inizi '90. > in germania occidentale, fino agli anni 90, si ribadiva che la repubblica federale fosse la continuazione del vecchio Reich: ma trattasi di giurisprudenza poco apprezzabile dal punto di vista del diritto internazionale. - smembramento tedesco + a seguito della seconda guerra mondiale. - smembramento unione sovietica + dopo accordi di Minsk - smembramento Jugoslavia > ha avuto luogo mediante dichiarazioni unilaterali ed è stato accompagnato da noti eventi bellici. Alcuni, visto in tal caso il distaccamento di croazia, slovenia, bosnia, macedonia, e vista la rimanenza della sola repubblica lugoslava (composta da serbia e montenegro — poi distaccatesi anch'esse), hanno ribadito che si trattò di secessione: tesi non condivisibile perché non c'è stata continuità né di regime né di costituzione col vecchio stato socialista. > La commissione costituita in seno alla Conferenza per la pace in lugoslavia (cd commissione badinter) si pronunciò nel senso dello smembramento. - Allo stesso modo, la prassi delle Nazioni Unite depone in senso contrario alla tesi della continuità (ciò è dimostrato da alcuni fatti relativi all'ammissione all'ONU della repubblica serbo-montenegrina nel 2000, con regolare procedura di ammissione). In tal senso, anche la giurisprudenza italiana nel 1995 (cassazione penale), che sottolinea la tesi dello smembramento. * LaCGCEsiè pronunciata nel senso della continuità dei trattati bilaterali: la corte ha ribadito che la continuità deve presumersi finché uno degli stati contraenti del trattato bilaterale non manifesti la volontà di rinegoziarlo o di denunciarlo. - ai fini della successione nei trattati, lo smembramento è da assimilare al distacco. Agli stati nuovi che si formano sul territorio dello stato smembrato è applicabile (sempre per accordi non localizzabili) il principio della tabula rasa, temperato però dalla regola che, per i trattati multilaterali aperti, prevede la facoltà di procedere a una notificazione di successione. - anche la Convenzione del 1978 (art.34) unifica le due ipotesi nella parte relativa agli stati nuovi che non siano ex territori coloniali sottoponendole però entrambe al principio di continuità dei trattati. PRASSI: la prassi, prevede però una certe tendenza degli stati nuovi ad accollarsi le obbligazioni pattizie dello stato smembrato, dividendosi pro quota i debiti contratti con stati esteri e organizzazioni internazionali. Ma siffatta prassi, non è idonea a porre nel nulla la regola della tabula rasa: * l'accollo di cui si parla solitamente risulta da accordi di stati nuovi fra loro (come nel caso delle ex repubbliche dell'unione sovietica) * Poi,allorchèsitratti di debiti pecuniari, l'accollo non è ispirato a principi di diritto internazionale, ma è fatto per non interrompere il flusso e la circolazione di denaro. * Inoltre, ciò che depone a favore del principio della tabula rasa è il grande numero di notificazioni di successione da parte di tutti questi paesi. Di esse non ci sarebbe certo bisogno se la successione fosse automatica (fra l'altro, sono state tutte accettate tali notificazioni). - né ha senso sostenere che le notificazioni hanno solo valore dichiarativo di una successione prevista come obbligatoria dal diritto internazionale: opinione smentita dal fatto che molti stati sorti dallo smembramento si riservano il diritto di non procedere alla notificazione per i trattati al quale non vogliono partecipare. Smembramento unione sovietica > nel caso dello smembramento dell'Unione Sovietica la dichiarazione di Alma Ata del 91, prevede che gli stati membri della comunità di stati indipendenti (CSI, quasi tutti paesi ex repubbliche URSS) garantiscono In conformità alle loro procedure costituzionali il rispetto degli obblighi internazionali derivanti dai Trattati e dagli accordi conclusi dalla ex URSS. > il consiglio dei capi di stato della CSI si dichiarava a favore della successione della Russia nei diritti dimembro dell'ONU già spettanti all'Unione Sovietica, compresi i diritti di membro permanente del consiglio di sicurezza impegnando la stessa Russia a sostenere l'ammissione delle altre repubbliche all'ONU e ad altre organizzazioni internazionali. E' chiaro che accordi dichiarazioni del genere devono incontrare l'accettazione degli Stati terzi - Per quanto concerne la successione della Russia e l'Unione Sovietica nel seggio delle Nazioni Unite Essa ha incontrato l'acquiescenza degli altri Stati membri dell'ONU Smembramento della Jugoslavia Nel caso della ex Jugoslavia una dichiarazione di accollo di tutti gli obblighi che già gravano su di essa si era già avuta ad opera della Repubblica Jugoslavia (Serbia-Montenegro) nel 1992. All'atto della proclamazione di tale Repubblica, singole dichiarazioni di successione si erano anche avute da parte di altre repubbliche in ordine a trattati multilaterali: Ad esempio la bosnia-erzegovina con una nota del '92, inviata al segretario generale dell'ONU, dichiarava di voler succedere alla ex Jugoslavia nella convenzione sul genocidio. Sulla necessità dell'accettazione dell'accollo da parte degli Stati terzi, è interessante la presa di posizione del dipartimento federale svizzero per gli affari esteri relativamente alle relazioni convenzionali con croazia-slovenia nonché con repubbliche ex sovietiche. Il dipartimento, in un comunicato reso pubblico tramite stampa, dopo aver sostenuto che in materia di successione nei trattati non c'è passaggio automatico allo stato successore dei diritti e degli obblighi dello Stato predecessore, riserva alla Svizzera e agli stati nuovi la libertà di mantenere in vigore, tramite accordi espressi o taciti, le convenzioni concluse rispettivamente dalla ex Jugoslavia era l'Unione Sovietica. Prassi più antica: per quanto riguarda la prassi più antica essa presenta sia elementi a favore della tabula rasa sia accordi o dichiarazioni unilaterali di accollo: quando si disgregò l'impero austro-ungarico, mentre l'Austria, la Cecoslavacchia e la Polonia dichiararono di non sentirsi assolutamente legati dagli accordi stipulati dall'impero, l'Ungheria dichiarò il contrario. 13.7) Incorporazione e fusione fra Stati opposte al distacco e allo smembramento sono l'incorporazione e la fusione: * la prima si ha quando uno stato passa a far parte di un altro stato. * Lasecondasi ha quando due o più stati si estinguono tutti e danno vita a un nuovo stato. > anche qui il criterio di distinzione delle due figure non può che riferirsi all'organizzazione di governo: l'incorporazione va preferita alla fusione ogni qualvolta ci sia continuità fra l'organizzazione di governo diuno degli stati preesistenti e l'organizzazione di governo che risulta dall'unificazione. * È incorporazione la realizzazione dell'unità d'Italia: si tratta dell'annessione degli stati italiani al regno di sardegna (realizzata nel 1861) * uncaso di fusione sembra invece quello tra lo Yemen del sud e lo Yemen del Nord che nel 1990 costituirono la repubblica Yemenita con organi costituzionali diversi da quelli dei precedenti paesi. INCORPORAZIONE: all'incorporazione si applica la stessa regola che abbiamo visto applicarsi ai trasferimenti di territori da uno stato a un altro, ossia, la regola della mobilità delle frontiere dei trattati. | trattati dello stato che si estingue cessano di avere vigore (salvo che siano confermati dallo stato incorporante con nuovi accordi), mentre al territorio incorporato si estendono i trattati dello stato incorporante. * Così,itrattati del regno di sardegna si estesero dopo l'unità al resto d'Italia, mentre si estinsero quelli degli altri stati italiani. Per i trattati dello stato incorporato vale il principio della tabula rasa. FUSIONE: lo stesso principio anzidetto per l'incorporazione regola i casi di fusione: lo stato sorto dalla fusione, sempre che sia uno stato nuovo, sempre che non presenti alcuna continuità, nasce libero da impegni pattizi (salvo ovviamente gli accordi localizzabili). Incorporazione e fusione di territori che rimangono autonomi > Un'eccezione al principio della tabula rasa, sia nell'ipotesi dell'incorporazione che della fusione, deve ammettersi quando le comunità statali, incorporate o fuse, pur estinguendosi come soggetti internazionali, conservino un notevole grado di autonomia nell'ambito dello stato incorporante o nuovo, quando a seguito di incorporazione o fusione si instauri un vincolo di tipo federale. > in tal caso, la prassi, a parte qualche manifestazione contraria (es. USA — anno 1845), si è orientata fin dal secolo scorso nel senso della continuità degli accordi, con efficacia limitata alla regione incorporata o fusa e sempre che una simile limitazione fosse compatibile con l'oggetto e con lo scopo dell'accordo. * es.gli accordi conclusi dai cantoni svizzeri continuarono ad avere vigore nei rispettivi limiti regionali dopo la costituzione della confederazione elvetica del 1848, quelli degli ex stati tedeschi dopo la costituzione dell'Impero germanico nel 1871, e quelli della russia bianca, ucraina e repubblica transcaucasica dopo l'annessione all'URSS nel 1923. > passando alla convenzione del 1978, questa adotta (31-33) il principio della continuità dei trattati (entro i limiti territoriali corrispondenti ai vari stati che si riuniscono e salva l'estensione a tutto il territorio mediante accordi successivi o anche notificazioni di successione), quali che siano le caratteristiche della riunione e quindi senza distinguere fra incorporazione o fusione, e fra sussistenza o meno di un vincolo di tipo federale fra le entità riunitesi. La convenzione, in tal modo, si discosta dal diritto consuetudinario. ® Lasoluzione adottata dalla convenzione si fonda sulla prassi relativa all'instaurazione di vincoli di tipo federale, anche se è una prassi settoriale, che non è utilizzabile per ricostruire un prin generale valevole per tutti i casi di incorporazione o di fusione. 13.8) Mutamento radicale di governo un problema di successione nei trattati si pone anche nel caso in cui si verifichi un mutamento di governo nell'ambito di una comunità statale, senza che il territorio dello stato subisca ampliamenti o diminuzioni. - quando il mutamento avviene per via extralegale instaurando un regime radicalmente diverso, deve ritenersi che muti la persona di diritto internazionale (es. avvento regime sovietico in Russia nel 1917, colpo di stato in Cecoslovacchia nel 1948, colpo di stato in Cile nel 1973. - visto che muta la persona di diritto internazionale (lo stato, in quanto soggetto, si identifica con l'apparato di governo come visto a suo tempo, apparato che muta in modo radicale), ci chiediamo cosa accade dei trattati stipulati dal vecchio governo. > la PRASSI, sembra orientata nel senso che si ha una successione del nuovo governo nei diritti e negli obblighi contratti dal predecessore, eccezion fatta per i trattati che sono incompatibili col nuovo regime. * L'eccezione, è comune a tutte le ipotesi in cui il diritto internazionale ammette la trasmissione dei diritti e degli obblighi pattizi. Più che di un'eccezione, si tratta dell'applicazione in materia successoria del principio rebus sic stantibus. > c'è anche una larga parte della dottrina che ritiene che la persona dello stato neppure si estingue per effetto di mutamenti rivoluzionari di governo, e che pertanto non si verta in tema di successione di un soggetto internazionale ad un altro, e quindi le convenzioni continuano ad avere vigore come mera conseguenza della continuità nella persona dello stato. ® Sitrattadiuna dottrina che identifica lo stato con la comunità statale * oche comunque lo identifica come ente composta da popolo, territorio e potestà di governo. trattati che conseguono un rapporto immediato o diretto (es. trattato di Berlino del 1938, conseguente a quello di Monaco dove la Rep.Ceca si impegnava a cedere alla Germania il territorio dei Sudeti), ma il trattato di pace, dall'altro lato: interviene in un momento in cui sono cessate le armi, rappresenta un componimenti di interessi fra vincitori e vinti nel quale ci sono reciproche concessioni, che esso può non essere ratificato o stipulato dallo stato vinto, che ci può essere un rapporto di diseguaglianza fra i contraenti, etc. > la CIG, in due sentenze relative alle pescherie Islandesi, ha elaborato sentenze nel quale si dichiara a “favore” dell'invalidità degli accordi stipulati sotto la pressione delle armi. La corte, pur non provando l'effettiva violenza, ha dichiarato in linea di principio che secondo il diritto internazionale contemporaneo un accordo concluso sotto la minaccia o l'uso della forza è nullo. Violenza sullo stato con mezzi diversi dalla minaccia o dall'uso della forza > sia chiaro che quando si parla di violenza sullo stato, si fa riferimento alla violenza armata. Non ci sono elementi della prassi che autorizzano a ricomprendere, sotto il concetto di violenza, pressioni di altro genere, come quelle politiche o economiche ancorchè illecite (es. la minaccia di violazione degli accordi economici). > la dottrina concorda su ciò e, sempre in dottrina, c'è chi sostiene che alla violenza non armata (es. violenza politica o economica) si potrebbe applicare, per analogia, la norma relativa alla violenza armata: in realtà tale opinione, stante la netta diversità fra pressione delle armi e pressioni politiche, non è condivisa dalla maggioranza degli autori. - fatto sta che alcuni paesi insistettero durante la negoziazione a ricomprendere nel dettato dell'art.52 anche la invalidità per violenza relativa a pressioni politiche ed economiche. La proposta venne però ritirata in cambio di una generica dichiarazione di condanna che figura come allegato all'atto finale della conferenza di Vienna ma non costituisce parte integrante della Convenzione: la dichiarazione ha valore esortativo, e non è idonea a fondare una causa di invalidità dei trattati che non ha appigli nella prassi. Uso della forza internazionale e uso della forza interna per uso della forza come causa di invalidità dei trattati deve intendersi l'uso della forza nei rapporti internazionali, ossia la violenza di tipo bellico. Altra cosa è invece l'uso della forza interna, ossia l'esercizio del potere di governo, ivi comprese tutte le possibili misure di carattere coercitivo sugli individui. - se uno stato sottopone a misure detentive i cittadini di un altro stato o pone sotto sequestro i loro beni, e se le misure adottate costituiscono una violazione, anche flagrante, delle norme internazionali sul trattamento di sudditi e organi stranieri, ciò può giustificare l'adozione di misure di autotutela da parte dello Stato offeso. Ma non si può dire che l'eventuale trattato concluso per porre fine all'illecito esercizio del potere di governo, sia viziato da violenza ancorchè disponga nel senso voluto dallo stato offensore. * Nonsembrachesi possa considerare invalido l'accordo concluso ad Algeri fra USA e IRAN, accordo che pose fine con un regolamento di carattere anche finanziario, all'illecita detenzione da parte del governo iraniano di cittadini USA catturati nell'ambasciata americana a Teheran nel 1979. Trattati ineguali - Per TRATTATO INEGUALE, intendiamo il trattato nel quale una parte non abbia disposto di un ampio margine di potere contrattuale. Questo problema non si risolve sul piano della validità, ma può trovare una correzione soltanto tramite un'interpretazione restrittiva relativamente agli obblighi gravanti sulla parte più debole. > come causa di estinzione dei trattati internazionali viene considerata la clausola rebus sic stantibus. Si ritiene cioè che il trattato si estingua al mutamento o al venir meno di quelle circostanze considerate essenziali, cioè, di quelle circostanze senza delle quali il trattato non sarebbe stato stipulato. ® Ladottrina classica internazionalistica riteneva che il trattato si estinguesse per volontà dei contraenti, in quanto si presumeva, al mutamento delle circostanze, venuta meno la volontà dei contraenti che avevano stipulato quell'accordo basandosi su quelle circostanze. Una sorta di condizione risolutiva tacita. > oggi ci chiediamo, però, se il trattato al mutamento delle circostanze possa considerarsi estinto anche se i contraenti non abbiano previsto tale causa di estinzione all'interno del trattato stesso. - la risposta è positiva: la prassi internazionalistica depone e si orienta in tal senso. - la convenzione di Vienna, all'art.62, richiama tale impostazione ma la imposta in senso restrittivo, ribadendo che essa possa trovare applicazione solo se le circostanze mutate costituivano la base essenziale del consenso delle parti, se il mutamento sia tale da avere radicalmente trasformato la portata degli obblighi ancora da eseguire, e se il mutamento medesimo non risulti dal fatto illecito dello Stato che lo invoca. ® L'art. 62 ribadisce che non si può invocare, applicare, ai trattati che prevedono l'instaurazione delle frontiere, ma la disposizione sembra abbastanza fuor di luogo, se è vero quanto detto a suo tempo e cioè che l'efficacia di tali accordi non dura nel tempo, esaurendosi nel momento in cui la frontiera è tracciata. Specificazioni del principio rebus sic stantibus > nonostante la sua tipizzazione in senso restrittivo come previsto ex art.62, il principio rebus sic stantibus è comunque un principio che ha un'ampia portata di applicazione in diverse norme del trattato, fra cui: * viene richiamato nella successione dei trattati, quando uno stato subentra ad un altro stato nei diritti e obblighi pattizi, cadono gli accordi incompatibili col nuovo regime. * Anchelasopravvenuta impossibilità della prestazione è una forma di mutamento delle circostanze. Principio rebus sic stantibus e trattati fra loro incompatibili > il principio in questione può giocare un ruolo molto importante nell'ambito dell'incompatibilità fra norme convenzionali. Infatti, quando alcuni stati contraenti stipulano accordi, contravvenendo (ergo, in difformità) ad altri impegni presi con altri paesi, prima di invocare il principio della responsabilità internazionale ci chiediamo se, il mutamento delle circostanze, giustifichi tale accordo. ® Es. un caso del genere è accaduto fra Italia e Jugoslavia. Nel 1947, nel trattato di pace fra l'Italia e le potenze alleate, fu previsto che nel territorio di Trieste una parte sarebbe rimasta libera e lasciata al controllo del Consiglio di Sicurezza Onu. Ma Italia e Jugoslavia, nel 1954, a Londra, hanno stipulato un memorandum con cui si spartivano tutto il territorio triestino, quindi prevedendo una disposizione difforme rispetto al trattato di pace del '47. i due paesi, giustificarono tale accordo, in difformità al trattato di pace, con la motivazione di un mutamento delle circostanze dovuto a una sopravvenuta impossibi del funzionamento del Consiglio di Sicurezza. + la cassazione, diede ragione all'Italia che condivise tale “percorso” (s.2824/1978). 14.4) Effetti della guerra sui trattati > si discute se sia causa di estinzione dei trattati la guerra, tema del quale la convenzione di Vienna non si occupa. - è ovvio che, (fatti salvi i trattati stipulati in tema di guerra, es. sulla condotta in guerra, sullo scambio dei prigionieri, ossia il cd diritto internazionale bellico), i trattati stipulati prima della guerra non trovano applicazione durante il conflitto bellico. - ma al termine della guerra, una volta ripristinato lo stato di pace, i trattati rimangono sospesi finché le parti non decidono sulla loro sorte oppure si estinguono? * Italia > alla fine della seconda guerra mondiale, il Trattato di Pace del '47 stabilì che le potenze vincitrici avrebbero notificato all'Italia entro sei mesi dall'entrata in vigore del trattato quali accordi bilaterali intendessero mantenere in vigore o far rivivere e che gli accordi non notificati sarebbero stati considerati come abrogati. La norma non comprendeva gli accordi multilaterali, e usando la formula mantenere in vigore o far rivivere lasciava impregiudicata la questione se gli accordi bilaterali dovessero ritenersi estinti o vigenti per il periodo tra la fine della guerra e l'epoca della notifica. > quale allora la disciplina della materia secondo il diritto consuetudinario generale sempre che non sia lo stesso trattato a decidere sulla propria sorte in caso di guerra? - la regola classica nel '900 era senz'altro l'estinzione del trattato. Tale regola si è andata affievolendo nel corso del '900 e soprattutto negli ultimi tempi. La prassi si è sempre più orientata a favore di eccezioni: * siè negatol'effetto estintivo della guerra in ordine ai trattati multilaterali. * Mapiùin generale, si è manifestata nella giurisprudenza interna la tendenza a considerare estinte quelle convenzioni che per la materia di cui si occupano siano incompatibili con lo stato di guerra. - dottrina (Iovane/Conforti) > si nega l'autonomia della disciplina degli effetti della guerra e si riporta la materia a quella coperta dal principio rebus sic stantibus nel senso che si dovrà verificare, volta in volta, se la guerra abbia determinato un mutamento radicale delle circostanze esistenti al momento della conclusione del trattato. CDI: testo CDI (commissione diritto internazionale): il testo della CDI prevede quale principio generale — che l'esistenza di un conflitto non pone termine o sospende l'operatività dei trattati. Secondo l'art. 6, che non si discosta da quanto qui sostenuto (tesi di cui sopra), per stabilire se il trattato non resti sospeso o non si estingue in caso di guerra, occorre badare alla sua natura, alla materia di cui si occupa, al numero delle parti, alla durata e intensità del conflitto. In altri termini, anche per la CDI bisogna badare alla compatibilità o incompatibilità del trattato con lo stato di guerra. * -quantoalnumero delle parti, una lista non esaustiva di trattati che continuano ad avere vigore è contenuta in annesso al testo degli articoli: si tratta in prevalenza di trattati multilaterali di natura non politica, e di trattati bilaterali compatibili con lo stato di guerra, come i trattati che creano regimi territoriali permanenti (es. quelli che stabiliscono frontiere terrestri o marittime). * - inoltre, ilconflitto, come recita l'art.2 può anche intercorrere fra uno stato e un gruppo armato organizzato (quindi non solo fra stati) > quando si verifica una causa di estinzione o di invalidità, quali sono i mezzi per farla valere? E' necessaria una denuncia del trattato o un atto di recesso dallo stesso, oppure, tali cause operano automaticamente, e quindi uno stato chiamato ad applicare il trattato può rifiutarsi? Il dibattito è aperto in dottrina. - per alcune cause, non c'è dubbio che ci sia un'operatività automatica: es. i trattati che prevedono un termine finale, o l'abrogazione da parte di un accordo successivo. - per altre cause, invece, c'è discussione in dottrina: esempio — vizi della volontà, mutamento sopravvenuto circostanze, sopravvenuta impossibilità dell'esecuzione. In tal caso, la discussione è aperta: * alcuniritengono che ci sia automaticità * altri ritengonoche sia necessario un atto di denuncia (o recesso) notificato agli altri stati contraenti * altri ancora ritengono che in caso di obiezioni il trattato resti in vigore finché la causa di invalidità o di estinzione non sia accertata in modo imparziale. > la questione è molto ingarbugliata, e - come se non bastasse — a complicarla ci si inserisce anche la Convenzione di Vienna, che da un lato prevede un sistema (introducendo modalità e termini) per far valere le invalidità o l'estinzione ignoti al diritto consuetudinario, dall'altro lato, invece, non prevede un efficace sistema di soluzione delle controversie capace di evitare gli abusi. > la dottrina (lovane/Conforti) ribadisce che l'automaticità va in linea di massima riconosciuta, anche se va riconosciuta in un perimetro ben circoscritto. Chiunque debba applicare un trattato (ci riferiamo soprattutto a operatori interni e giudici nazionali) non può non decidere se il trattato sia ancora in vigore o se affetto da vizi. Tale decisione fa parte di quel tipo di decisione diretta a verificare l'applicabilità del trattato — il fatto che essa sia consentita è testimoniato dalla prassi giurisprudenziale interna, che rivela la tendenza dei giudici nazionali a risolvere nelle loro sentenze le questioni di invalidità e estinzione dei trattati, a volte prescindendo da formali atti di denuncia (o recesso) sul piano internazionale. 3 trattasi però (questo è il limite dell'automaticità) di una decisione che vale soltanto nel caso concreto: che, cioè, non è vincolante negli altri casi successivi decisi da altri giudici o magari dallo stesso giudice, così come è valida solo nel caso concreto l'applicazione di una qualsiasi norma giuridica. Denuncia del trattato L'atto formale di denuncia (0 recesso = sono la stessa cosa), implica una manifestazione di volontà da parte dello Stato, notificata alle altre parti contraenti o al depositario del trattato, che si traduce nella volontà dello stato di voler uscire da quel trattato, di sciogliersi una volta per tutte dal vincolo contrattuale. - se lo stato vi ricorre è per far risaltare, in modo certo e definitivo, che a suo giudizio il trattato non è applicabile o non è più applicabile in quanto valido o estinto. > la denuncia è sufficiente a produrre la cessazione del vincolo? stati possono anche successivamente ratificare. * Maanche il compito di emanare raccomandazioni, che abbiano un mero valore esortativo e che come tali non vincolano gli stati cui si indirizzano. (anche se non mancano eccezioni + vedi UNIONE EUROPEA) - l'attività di tali organizzazioni non va comunque sottovalutata, perché in campo internazionalistico è un'attività molto importante e che da un contributo di rilievo alla cooperazione fra stati. Pratica del consensus > Le votazioni in seno all'organizzazione internazionale, solitamente, vengono approvate con un voto di maggioranza, che può essere assoluta ma, di solito, qualificata. Molte volte, però, si va anche alla ricerca dell'unanimità poiché i stati non amano troppo sottostare e vincolarsi alle altrui deliberazioni. > negli ultimi tempi si è sviluppata la pratica del consensus, ossia la pratica secondo cui, a un ordine del giorno non si procede con una votazione, ma con una dichiarazione, del presidente dell'organizzazione, che dichiara l'avvenuto accordo fra i stati membri in ordine a una risoluzione. Tale pratica non ha effetti del tutto positivi, visto che assegna alla deliberazione quasi una natura di compromesso. 15.2) Organizzazione Nazioni Unite > L'ONU fu fondata dopo la seconda guerra mondiale dalle potenze che avevano combattuto contro le potenze dell'asse e prese il posto della disciolta Società delle Nazioni. La conferenza di San Francisco ne elaborò nel 1945 la Carta che venne ratificata dagli stati fondatori. > nel corso degli anni, sono via via divenuti membri dell'ONU quasi tutti i paesi del mondo. Organi dell'ON > l'art.7 della Carta considera come organi principali: l'assemblea generale, il consiglio di sicurezza, il consiglio economico-sociale, il consiglio di amministrazione fiduciaria, la corte internazionale di giustizia e il segretariato. - tra questi hanno importanza fondamentale il consiglio di sicurezza e l'assemblea generale: 1. consiglio di sicurezza > il consiglio di sicurezza è l'organo più importante dell'ONU, sia per le materie che tratta di cui è competente, sia perché le sue decisioni, in taluni casi, sono vincolanti: - è composto da 15 membri: 5 permanenti (Usa, Russia, Regno Unito, Francia, Cina) che hanno il cd diritto di veto su questioni che non hanno carattere procedurale. E 10 sono membri “temporanei” eletti dall'Assemblea per un biennio. - il consiglio di sicurezza ha una competenza per rationae materiae, occupandosi solo di questioni attinenti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. 2. Assemblea generale + ci sono tutti gli stati, e tutti hanno diritto di voto. Ha una competenza vastissima, praticamente copre quasi tutte le competenze dell'ONU. Non ha quasi nessun potere vincolante. 3. Consiglio economico-sociale (collabora in materia economica e sociale) e consiglio amministrazione fiduciaria > è composto da membri eletti dall'assemblea per tre anni. Sia esso che il consiglio di amministrazione fiduciaria (quest'ultimo è “senza lavoro”, perché si occupava soprattutto del controllo sull'amministrazione di territori di tipo coloniale) sono in posizione subordinata rispetto all'assemblea generale, in quanto tenuti a seguirne le direttive e in certi casi, il loro compito si limita alla preparazione di atti poi tradotti in decisione dall'Assemblea. 4. Segretariato generale + il segretariato o segretario generale (che ne è a capo), eletto dall'assemblea, è l'organo esecutivo dell'organizzazione. 5. Corte internazionale di giustizia + composta da 15 giudici, ha: -sia la funzione di dirimere controversie fra Stati, -sia una funzione consuntiva in quanto può dare pareri su qualsiasi questione giuridica all'assemblea generale o al consiglio di sicurezza oppure ad altri organi su autorizzazione dell'assemblea. | pareri, però, non sono né obbligatori né vincolanti, non essendo alcun organo obbligato a richiederli o a conformarvisi dopo averli richiesti. > l'art. 7 della carta prevede che organi sussidiari possono essere istituiti ove si rivelino necessari. Dal 1945 a oggi, gli organi di tale genere istituiti sono tantissimi: sono stati istituiti organi temporanei con funzioni limitate a casi concreti, e inoltre, esiste una serie di organi permanenti che svolgono funzioni di rilievo anche se non sono dotati di poteri vincolanti. Tutti i campi in cui l'ONU opera, sono coperti: - da quello del mantenimento della pace (commissione per il disarmo), - a quello della tutela per i diritti umani (consiglio dei diritti umani istituito nel 2006), - a quello della codificazione del diritto internazionale (CDI). - lo sviluppo di tali organizzazioni si è avuto soprattutto nel campo della collaborazione economica, cercando di ridurre il divario fra paesi ricchi e paesi poveri: ® UNCTAD (conferenza nazioni unite su commercio e sviluppo, che ha a sua volta una propria organizzazione, con assemblea, commissione e segretario — una sorta di organizzazione nell'organizzazione) * UNDP(programma delle nazioni unite per lo sviluppo) — che ha il compito di approvare programmi nazionali di sviluppo presentati da singoli stati. * UNICEF (fondo nazioni unite per l'infanzia) * UNHCR(alto commissariato per i rifugiati) * UNITAR(istituto nazioni unite per insegnamento e ricerca) * UNEP (programma nazioni unite per l'ambiente) * Lecommissioni economiche regionali * UNCTAD, organo preposto alla collaborazione per lo sviluppo che svolge anche funzioni ditipo normativo (progetti di accordo, raccomandazioni) * UNDP svolge funzioni operative (deliberazione di programmi di assistenza tecnica) > consiglio di sicurezza, assemblea generale, consiglio economico-sociale e consiglio di amministrazione fiduciaria sono organi composti da Stati. Ciò significa che gli organi che votano in tali composizioni, manifestano la volontà del proprio stato. - invece, il segretario generale e la CIG sono organi composti da individui, nel senso che assumono l'ufficio a titolo puramente individuale, senza manifestare volontà statali, e anzi, hanno l'obbligo di non ricevere istruzioni da alcun governo. Competenza ratione materiae delle Nazioni Unite > la sfera di competenza delle materie dell'ONU è molto ampia se non addirittura indeterminata. - è più facile indicare le materie di cui l'organizzazione non può occuparsi piuttosto che il contrario. Per delimitare tale campo, prendiamo in considerazione ora due disposizioni, l'art.1 e l'art.2 par. 7 > all'art. 2 par.7 — viene stabilita una competenza in negativo dell'ONU, secondo cui l'organizzazione non deve intervenire in questioni che appartengono alla competenza interna di uno Stato. > art.1: elabora un'elencazione delle materie di competenza, che possono essere racchiuse in tre grandi aree: 1. il primo settore è quello relativo al mantenimento della pace 2. ilsecondo è quello dello sviluppo delle relazioni amichevoli tra gli stati fondati sul rispetto del principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli. 3. Il terzo è quella della collaborazione in campo economico, sociale, culturale e umanitario. * Nel periodo successivo al dopoguerra, molto intenso è stato il lavoro relativo al primo settore. Poi, fra gli anni 50 e 60 si è lavorato molto sul principio di autodeterminazione dei popoli, e poi, gli sforzi, furono concentrati sulla crescita economica nella speranza di eliminare le diseguaglianze esistenti fra stati. Dopo la caduta del muro di Berlino e la guerra fredda, cominciarono a manifestarsi esigenze di intervento in tema di mantenimento della pace e protezione internazionale dei diritti umani. - l'unico vizio è che a tutte per tutte le competenze ivi previste dell'ONU, non corrisponde un parallelo potere che assumere carattere vincolante nei confronti degli stati. * Infatti, dauna parte l'assemblea non è un organo legislativo, e il suo lavoro si traduce materialmente in atti che non sono vincolanti, come raccomandazioni o predisposizione di progetti di convenzioni. L'assemblea non è un organo legislativo, è piuttosto un luogo, un “foro” dove si discute di temi che rientrano nella competenza ONU. * Anche il Consiglio di Sicurezza, fra le sue competenze, ne ha alcune che sfociano soltanto nell'emanazione di raccomandazioni. colanti dell'assemblea generale le decisioni vincolanti dell'assemblea generale sono limitate, e fra i casi più importanti: * exart.17, la decisione relativa alla ripartizione fra i stati delle spese relative all'organizzazione (adottata, ex art.18, con la maggioranza dei due terzi dei voti). Nel caso di paese che abbia spese arretrate di due annualità, la sanzione è quella della sospensione del diritto di voto in assemblea (nella prassi non mancano paesi con arretrati economici, giustificati per lo più da questioni politiche che finanziarie) * unaltro caso di decisione vincolante non previsto dalla carta, ma che si è formato nella prassi, nella consuetudine dell'assemblea è quello relativa alla decisione circa /e modalità e i tempi per la concessione e l'indipendenza ai paesi sotto dominio coloniale. De i vincolanti del consiglio di sicurezza > le decisioni vincolanti del consiglio di sicurezza sono quelle previste da alcune disposizioni della Carta (capo VII) art.39 ss. Intitolato azione rispetto alle minacce di pace, alle violazioni della pace, e agli atti di aggressione. > il nucleo centrale del capo VII è costituito dagli artt. 41 e 42 riguardanti, rispettivamente, le misure non implicanti e quelle implicanti l'uso della forza contro uno Stato che non abbia anche soltanto minacciato la pace. * Articolo 42+ in base al quale il consiglio può intraprendere azioni di tipo bellico contro uno stato, o anche all'interno di uno stato (se le misure ex art.41 si siano, secondo il Consiglio di Sicurezza, inadeguate o si siano dimostrate inadeguate — ergo misura residuale) * Articolo 41 (che prevede le cd sanzioni). Tale disposizione attribuisce al consiglio di sicurezza: - il potere di decidere quali misure, non implicanti l'uso della forza debbano essere adottate dagli stati membri contro uno stato che minacci o abbia violato la pace, e indica tra tali misure, a titolo di esempio, l'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche, delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, e anche la rottura delle relazioni diplomatiche. * - anche un comportamento meramente interno di uno Stato può indurre il Consiglio a ricorrere alle sanzioni ex art.41. Anzi, attualmente, è proprio nei conflitti interni e a tutela delle popolazioni civili che il Consiglio è solito intervenire. Talvolta le sanzioni sono imposte contro parti politiche armate all'interno di un paese, oppure, nel quadro della lotta contro il terrorismo, contro gruppi terroristici o singoli individui le cui condotte sono suscettibili di determinare una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali (cd sanzioni mirate o individuali). Durante la guerra fredda, il consiglio, paralizzato dal diritto di veto, emise raramente decisioni vincolanti per gli stati ex art.41, limitandosi a raccomandare misure riportabili all'art.41 quindi lasciando liberi gli stati di adottarle o meno. Dopo la fine della guerra fredda, il consiglio, liberato dai veti incrociati dei blocchi, ha intensificato la sua azione ex art.41. Si può dire, anzi, che proprio le disposizioni ex art.41 sono state quelle più applicate. 16. Segue. Gli istituti specializzati delle nazioni Unite. Altre organizzazioni internazionali a carattere universale. Le decisioni tecniche di organismi internazionali. 16.1)> In campo economico e sociale operano tutta una serie di organizzazioni internazionali sia a carattere universale che a carattere regionale. Sono istituti, organizzazioni, che assumono il nome d delle nazioni unite, in quanto sono organizzazioni autonome (nate da un trattato diverso dalla carta delle nazioni unite), ma sono collegate alle Nazioni Unite e ne subiscono un certo potere di coordinamento e di controllo. - i membri di tali organizzazioni solo in linea di massima con quelli dell'ONU. dalla loro adozione se nel frattempo la maggioranza degli stati membri non abbia notificato la propria disapprovazione + è chiaro che qui siamo dinanzi a una fonte di norme internazionali, e precisamente una fonte di carattere tecnico. Tali atti vincolano tutti gli stati membri, compresi i dissenzienti. 16.6 OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) > l'OMS costituisce un'altra delle agenzie specializzate nell'ambito delle Nazioni Unite e il suo carattere universale la rende il principale attore nell'ambito della cooperazione internazionale in tema di salute pubblica. > fondata su iniziativa del consiglio economico e sociale dell'ONU nel 1946, l'organizzazione ha sede a Ginevra e a oggi conta circa 194 stati aderenti. RUOLO e FUNZIONI DELL'ORGANIZZAZIONE: > art. 1 costituzione OMS — lo scopo principale dell'OMS consiste nel portare tutti i popoli al più alto grado possibile di salute. Tale istanza è infatti riconosciuta nel preambolo del testo come un diritto umano fondamentale. > l'OMS, nelle materie di propria competenza ha anche una funzione normativa che può esercitarsi in due modalità distinte: * secondol'art. 19— l'assemblea mondiale della sanità rappresenta un foro in cui gli stati possono concludere accordi in forma semplificata, ovvero fonti di secondo grado (es. convenzione quadro accordo sul tabacco, 2003). * art.21- l'assemblea può emanare regolamenti direttamente vincolanti gli stati membri, a meno che questi, entro un certo termine, non dichiarino di non accettarli o vi appongano riserve (art.22). Tali atti costituiscono fonti previste da accordi (o di terzo grado) e possono essere adottati in materia di regolazione e controllo delle malattie infettive, nomenclatura patologie, misure profilattiche e metodi diagnostici, regolazione prodotti farmaceutici. > a oggi l'organizzazione ha adottato due regolamenti: uno nel '67 in merito alle nomenclature, e un regolamento sanitario internazionale nel 2005 (cd RSI): quest'ultimo regolamento ha assunto rilievo centrale nel corso della pandemia, costituendo il quadro normativo che regola la cooperazione dell'OMS e degli Stati membri, nell'azione di controllo del contagio ed i rispettivi obblighi. Si tratta di un sistema collettivo di sorveglianza e valutazione del rischio sanitario, diretta a prevenire e contrastare il diffondersi delle malattie infettive - garantendo al contempo che le misure individuate siano proporzionali al rischio sanitario e che non comportino inutili limitazioni. Il regolamento è suddiviso in 66 articoli, e non è limitato a un elenco chiuso di patologie, ma delinea un modello aperto capace di considerare qualsiasi rischio sanitario. > per garantire meglio il compito previsto, tale regolamento, il RSI, prevede l'istituzione di una fitta serie di centri nazionali che interagiscono con l'OMS e garantiscono una pronta allerta. - in tale quadro, in capo agli stati, sorgono una serie di doveri informativi per il cui adempimento sono fondamentali buonafede e fiducia reciproca. - l'art.6, infatti, pone l'obbligo in capo ai stati membri di segnalare entro 24 ore eventuali situazioni sanitarie che potrebbero costituire pericolo sul piano internazionale, e di condividere tempestivamente tutte le informazioni sanitarie rilevanti (art.7). Anche gli altri stati membri sono eventualmente tenuti a comunicare rischi sanitari identificati fuori dal proprio territorio. (questa disposizione è stata la “fonte” di accusa nei confronti della Cina nel gennaio 2020 rea di non aver sollecitato tempestivamente l'OMS in merito all'ondata di Covid-19). >il momento culminante del sistema collettivo di sorveglianza consiste nella dichiarazione dell'emergenza sanitaria da parte del direttore dell'OMS (art.12). Tale atto è un campanello d'allarme agli stati membri affinché adottino le necessarie misure in linea con le raccomandazioni. A oggi l'emergenza sanitaria è stata dichiarata in sei casi: influenza pandemica suina (2009), poliomelite e ebola in africa occidentale (2014-16), contagio da virus zika (2016), Ebola Kivu in Congo (2018), Covid-19 (2020). * a ogni modo va segnalato che il sistema di sorveglianza presenta importanti punti di debolezza, legati all'impossibilità che l'OMS adotti contromisure idonee a costringere gli stati ad adempiere alle proprie obbligazioni e alla fragilità dei mezzi di risoluzione delle controversie previste dal RSI. 16.7) IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) > ha preso vita nel 1958, e si occupa dei problemi relativi alla sicurezza ed efficienza dei traffici marittimi, ma emanando raccomandazione e predisponendo progetti di convenzione in ordine ai quali non è previsto neppure l'obbligo, a carico degli stati membri, della sottoposizione agli organi competenti per la ratifica. 16.8) ITU (unione internazionale delle telecomunicazioni), WMO (organizzazione meteorologica mondiale) UPU (Unione postale universale) Tutti e tre gli istituti sono stati creati (o sono subentrati ad organizzazioni già funzionanti) da circa un secolo. Il loro contributo al coordinamento delle attività statali nei rispettivi settori di competenza è decisivo - e si esplica attraverso la solita predisposizione di testi convenzionali o di regolamenti. - i regolamenti della WMO e dell'UPU non vincolano lo stato membro indipendentemente dalla sua volontà. - più complesso è invece il sistema dell'ITU, il cui atto costitutivo ha subito varie modifiche fino alla costituzione del 1992, completata da: ® unaconvenzionee * dadueregolamenti amministrativi (uno riguarda la telecomunicazioni, l'altro le radiocomunicazioni) > le revisioni periodiche dei regolamenti amministrativi, adottate a maggioranza semplice, vincolano tutti gli stati membri, salvo che questi non manifestino la loro opposizione al momento dell'adozione o entro un certo termine dopo l'adozione (art.55 costituzione). 16.9) FMI (Fondo monetario internazionale), BIRD (banca internazionale ricostruzione e sviluppo) IFC (società finanziaria internazionale), IDA (associazione internazionale sviluppo) > L'FMI e la BIRD sono stati creati nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods. Organi principali dell'FMI sono: * ilconsiglio dei governatori,che è l'organo deliberante dell'organizzazione composto da un governatore e da un supplente nominati, da ciascun Stato membro, e delibera non in base al principio uno stato/un voto, ma secondo maggioranze corrispondenti all'entità delle quote di capitale sottoscritte - e quindi con il peso determinante dei paesi ricchi (e degli USA in particolare) la cui quota è maggiore di tutte le altre. * ilcomitato esecutivo (Executive board) che ha funzioni esecutive, * il direttore generale > il fondo, si propone di promuovere la collaborazione monetaria internazionale, la stabilità dei cambi ecc. conformità a ciò ridurre lo squilibrio delle varie bilance dei pagamenti e dispone, per raggiungere tali scopi, di un capitale sottoscritto pro quota dagli stati membri. - gli stati membri, possono accedere alle riserve del fondo (entro certi limiti rapportati alla quota, secondo regole precise, a determinate condizioni di volta in volta fissate), allorchè abbiano necessità di procurarsi valuta estera per fronteggiare squilibri nella propria bilancia dei pagamenti. * Lavaluta è acquistata con moneta nazionale e deve essere restituita, entro un tot di tempo da 3 a 5 anni, contro la stessa moneta. * Lecondizioni fissate dal fondo di volta in volta — formano oggetto di una /ettera di intenti sottoscritta da un rappresentante dello stato richiedente (solitamente il governatore della banca centrale o il ministro delle finanze), e possono anche consistere nell'adozione di precisi piani nazionali di risanamento economico. Che natura hanno tali lettere? Secondo dottrina (iovane/conforti) si tratta di accordi in forma semplificata. * Negli ultimi tempi > organizzazione criticata per aver improntato un sistema “di favore” nei confronti degli stati più ricchi. - la BIRD ha un cospicuo capitale sottoscritto dagli stati membri (può procurarsi capitali mediante l'emissione di obbligazioni) e ha strutture e sistemi di votazione simili a quelli del fondo monetario internazionale. Il suo scopo principale è la concessione di mutui agli stati membri (oppure con privati, ma con garanzia circa la restituzione), per investimenti produttivi e a un tasso di interesse variabile a seconda del grado di sviluppo dello stato membro interessato. * Affiliati alla banca sono due istituti specializzati con compiti simili: la società finanziaria internazionale e l'associazione internazionale per lo sviluppo 16.10) IFAD (Fondo internazionale sviluppo agricolo) L'IFAD, il cui trattato istitutivo è entrato in vigore nel '77, è un ente finanziario internazionale destinato a contribuire sotto forma di aiuti ma soprattutto sotto forma di prestiti allo sviluppo dell'Agricoltura dei Paesi poveri e con deficit alimentare notevoli. Se la sua struttura ricalca quella del FMI e della BIRD, esso si contrappone nettamente a simili enti per quanto riguarda il peso che i vari stati membri hanno nelle votazioni: qui infatti l'organo deliberante dell'organizzazione, ossia il consiglio dei governatori, è sotto il controllo dei paesi in via di sviluppo , che dispongono delle maggioranze richieste per l'adozione delle delibere. L'ente, comunque, per eseguire le sue operazioni deve pur sempre attingere ai contributi degli Stati membri più ricchi. 16.11) WIPO (organizzazione mondiale proprietà intellettuale) > dal 1970 si occupa dei problemi della proprietà intellettuale nel mondo, assicurando la cooperazione amministrativa tra le unioni già esistenti nel settore (unione di parigi del 1883 sulla proprietà industriale, unione di berna del 1886 sulla proprietà letteraria e artistica), partecipando ad accordi, fornendo assistenza tecnica legale agli stati, etc. 16.12) UNIDO (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale) > era un organo sussidiario dell'Assemblea generale ONU, è stata trasformata in un istituto specializzato con un trattato del 1979, entrato in vigore nel 1985. > è costituita da un'assemblea, un consiglio di 53 membri, e un segretariato. > i suoi compiti principali non sono di tipo normativo (anche se promuove programmi e studi e fa raccomandazioni), ma operativo (assistenza tecnica, consulenza in tema di innovazioni). 16.13) IAEA (Agenzi internazionale energia atomica) L'IAEA, promuove lo sviluppo e la diffusione delle applicazioni pacifiche dell'energia atomica; non ha la qualifica di istituto specializzato in quanto, per la materia che tratta ha legami sia con l'assemblea che col consiglio di sicurezza e non, come gli istituti, con l'assemblea e il consiglio economico-sociale. Ma essa, pur non essendo istituto specializzato, ha comunque un accordo di collegamento (siglato nel '57) con le nazioni unite che la pone in condizione non molto diversa da quella degli istituti. 16.14) OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) l'OMC, è un'organizzazione del tutto indipendente dalle Nazioni Unite (all'interno del suo statuto, fra l'altro, non c'è nemmeno un accenno al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite): nonostante ciò, è comunque un'organizzazione estremamente importante per le funzioni che svolge. - creata nel 1994 con l'Accordo di Marrakesh: a oggi ne fanno parte 164 stati (fra cui l'Italia). > principali organi dell'organizzazione sono: 1. CONFERENZA MINISTERIALE > in cui tutti i membri sono rappresentati e che si riunisce almeno una volta ogni due anni. 2. CONSIGLIO GENERALE > composto dai rappresentanti di tutti i membri, che si riunisce, ove occorra, nell'intervallo fra le riunioni della conferenza, per esercitare la funzioni di quest'ultima. 3. SEGRETARIATO, con a capo un DIRETTORE GENERALE. > tra le funzioni dell'organizzazione vi è in primis quella di fornire un forum per lo svolgimento dei negoziati TUE > Attribuisce forza vincolante alla Carta di Nizza, carta contenente una serie ampia di diritti umani sia pure limitatamente all'ambito di applicazione del diritto dell'UE. > dichiara di voler offrire ai cittadini dell'UNIONE uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. > contiene una serie di principi che sono ispirati alle democrazie ed altre dichiarazioni assai ricche di promesse di azione per rafforzare l'unione fra gli stati membri. > OGGI, status UNIONE EUROPEA: non bisogna farsi troppe illusioni leggendo i testi relativi alle fonti dell'UE, nel senso che la maggior parte delle norme del TUE e TFUE, che sono indirizzate in una direzione progressistica, sono elastiche, generiche, programmatiche e quindi possono restare lettera morta se gli organi dell'Unione non provvedono a metterle in pratica. Dall'altro lato, non mancano paesi come Polonia e Ungheria che non intendono impegnarsi fino in fondo e che rendono complicata l'opera dell'interprete. > l'azione dell'UE deve rispettare i tre principi di attribuzione, sussidiarietà, e proporzionalità: * peril primo > l'UNIONE può agire solo nel limite delle competenze attribuite * ilsecondo > l'UNIONE può intervenire, nelle materie non di sua competenza, solo se gli obiettivi della sua azione non sono perseguibili in misura sufficiente dagli stati membri. * Ilterzo + l'UNIONE, nella scelta dei contenuti e della forma della sua azione, deve limitarsi a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi fissati dal trattato. Natura giuridica dell'UE > sulla natura, c'è da chiedersi se si tratti di vera e propria organizzazione internazionale, oppure di un embrione di stato federale (vista l'erosione, nelle materie di competenza dell'UE, delle sovranità statali). > senza dubbio, l'UE presenta molti elementi di unicità, fra cui gli ampi poteri decisionali attribuiti ai suoi organi, l'esistenza di una corte di giustizia, la sostituzione agli stati membri nella disciplina di molti rapporti puramente interni a questi ultimi - alcuni di questi elementi, indirizzano la discussione verso la natura della tesi federale, soprattutto l'elemento della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno. > ciò nonostante l'Unione resta, nel suo complesso — almeno allo stato attuale — un'organizzazione internazionale sia pure altamente sofisticata: * anche per il fatto che la sovranità degli stati membri, non può considerarsi degradata, neanche nelle materie di competenza dell'unione, ad autonomia dell'UE: infatti, appare in tal senso indicativo l'art.50 TUE che riconosce agli stati membri la facoltà di recesso. * e, inoltre, va considerato anche il fatto che il centro del potere decisionale dell'Unione sia in buona misura ancora costituito dagli esecutivi nazionali. Ciò rafforza l'opinione sostenuta. - fra gli organi dell'UE va in primis segnalato il Consiglio Europeo, che è composto dai capi di stato e di governo dei paesi membri oltre che dal presidente della commissione, ed ha un presidente che esso stesso elegge per due anni e mezzo. Il consiglio europeo (art.15 TUE) da all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Gli altri organi principali sono i seguenti: Commissione + è un organo composto da individui (oggi, in numero di 27 dopo uscita R. Unito) e non da stati. > le persone che compongono la commissione siedono a titolo personale e non ricevono istruzioni da alcun governo e hanno, anzi, l'obbligo di non ricevere istruzioni. - Uno dei suoi vicepresidenti e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, figura che è stata introdotta a Lisbona. * L'organo differenzia l'UE dalle altre organizzazioni internazionali, nelle quali organi detentori dei poteri principali sono organi composti da stati, il che significa che gli individui che compongono l'organo sono delegati dagli Stati e quindi ne seguono le istruzioni. Per sottolineare questa differenza si dice che l'Unione Europea è un ente sovranazionale oltre che internazionale. > La commissione ha potere esecutivo e potere di iniziativa legislativa nei confronti del consiglio e del parlamento. Essa è nominata dal Consiglio che delibera a maggioranza previa approvazione da parte del Parlamento Europeo delle candidature proposte dagli Stati membri. Consiglio dei ministri dell'UE+ il consiglio è l'organo nel quale sono rappresentati gli Stati membri ed è presieduto a turno da ciascun membro per la durata di sei mesi. Di solito ne fanno parte, volta per volta, i ministri competenti per le questioni all'ordine del giorno. Il consiglio adotta, assieme al parlamento, gli atti più importanti della legislazione comunitaria. In base al TFUE, esso, a volte delibera all'unanimità altre a maggioranza. Parlamento europeo + formato a partire dal 1979, da rappresentanti dei popoli dei paesi membri, eletti a suffragio universale e diretto: non esercita da solo la funzione legislativa, dovendo fare i conti col Consiglio e quindi coi rappresentanti dei governi degli stati membri (se non fosse così, l'UE avrebbe natura federale) - il parlamento, in primis, esercita una funzione di controllo politico sulle altre istituzioni comunitarie, funzione che si esplica tramite l'esame dei rapporti che gli altri organi sono tenuti a sottoporgli (tranne la corte di giustizia): istituzione commissione di inchiesta, mozione di censura verso la Commissione, esame di petizione individuale. - poi, per quel che concerne la funzione legislativa: il Parlamento l'esercita di norma congiuntamente al consiglio secondo una procedura ordinaria (già procedura di codecisione nella CE) e per molte importanti materie tra le quali l'agricoltura e la pesca, la politica commerciale comune, la politica monetaria, e la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale. * Trattasi di una procedura complessa che, se non c'è accordo fra Parlamento e consiglio su un testo, comporta una navetta fra i due organi con l'eventuale intervento di un comitato di conciliazione. -Tale navetta può protrarsi per vari mesi alla fine della quale l'atto legislativo deve essere approvato dal Parlamento a maggioranza semplice dei voti espressi, e dal consiglio a maggioranza qualificata, altrimenti decade (294 TFUE). > alla procedura ordinaria si contrappongono le procedure speciali, che vedono come legislatore principale in pochissimi casi il Parlamento, nei restanti il consiglio. > Il Parlamento dispone poi di una funzione consultiva vincolante (un diritto di veto) nei confronti di alcuni atti del consiglio, in particolare in materia di ammissione di nuovi Stati e di conclusione di accordi internazionali. * Fral'altro, il protocollo n.1 annesso al TFUE — prevede collegamenti fra il parlamento europeo e i parlamenti nazionali, i più importanti dei quali riguardano: trasmissione progetti di atti della legislazione comunitaria ai parlamenti dei stati membri per le loro osservazioni (art.2); possibilità per i parlamenti nazionali di esprimere pareri motivati circa la conformità dei progetti al principio di sussidiarietà (art.3), etc. * la CEDU, lo ha definito come un corpo legislativo ai sensi dell'art.3 del prot. n.1 annesso alla convenzione europea dei diritti umani, che impegna i stati contraenti a garantire lo svolgimento di libere elezioni. Nella specie, la Corte ha censurato il comportamento della Gran Bretagna che impediva agli abitanti di Gibilterra di partecipare alle elezioni del parlamento europeo. Corte dei Conti + La Corte dei Conti esercita una funzione di controllo su tutte le entrate e le spese dell'Unione ed è composta da 27 persone che vi siedono a titolo individuale, e sono nominate dal consiglio in modo che ognuno abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Corte di fra l'altro può anche essere adita da parte degli indi > veglia sul rispetto del diritto dell'Unione, ha una serie di competenze interessanti e nuove, e idui. Bce + la BCE, insieme alle banche centrali nazionali, costituisce il sistema europeo di banche centrali. Il sistema, persegue l'obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi e sostiene le politiche economiche generali dell'Unione. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di euro (art.282 TFUE). 17.4) Legislazione dell'UE > l'attività legislativa degli organi dell'Unione Europea ha notevole importanza nella formazione del diritto dell'Unione, per il fatto che le norme hanno spesso carattere generico e programmatico, rimettendosi appunto al legislatore. La competenza legislativa è esercitata secondo i due tipi di procedura, ordinaria e speciale, visti sommariamente prima. > l'art.288 del TFUE, prevede i seguenti tipi di atti vincolanti: regolamenti, decisioni, direttive. Ci sono altri due tipi di atti, i pareri e le raccomandazioni, ma non hanno carattere vincolante. > l'art.297 TFUE ribadisce che gli atti legislativi entrano in vigore a seguito della pubblicazione nella gazzetta ufficiale dell'Unione, trascorsa una vacatio legis di 20 giorni oppure entro il limite volta a volta stabilito. * Gliatti delle istituzioni dell'Unione, devono conformarsi alle norme dei trattati istitutivi, nonché a quelle dei trattati che vincolano l'Unione, e alle norme consuetudinarie internazionali. La violazione di una di queste norme comporta l'invalidità dell'atto accertabile dalla Corte dell'Unione. Regolamenti: il regolamento è l'atto legislativo più importante e completo, essendo l'atto tramite il quale la legislazione dell'Unione si sostituisce o si sovrappone alla legislazione interna dei singoli stati membri. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi è direttamente applicabile In ciascuno degli Stati membri. Si può dire che il regolamento contiene norme generali e astratte che vanno osservate dagli Stati e da chiunque - individui imprese, etc - operi all'interno degli Stati membri e quindi all'interno del territorio dell'Unione. Decisioni: la decisione differisce dal regolamento perché non ha una portata generale ma concreta. Essa può indirizzarsi a uno stato membro, a un individuo o a un'impresa operante nel territorio. È in ogni caso un atto vincolante, quindi il soggetto verso cui è indirizzata è tenuto ad osservarla. Può essere difficile distinguere fra un regolamento e una decisione: la corte di giustizia, ha però ribadito che bisogna far riferimento non al nomen, bensì — per distinguere i due atti — alla sostanza, cioè alla natura generale e astratta o concreta delle norme contenute nell'atto. Direttive: la direttiva è un atto legislativo vincolante. Mentre i regolamenti e le decisioni sono obbligatori in tutti i loro elementi, la direttiva vincola lo stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. - ergo, appare chiaro che la direttiva si limita all'enunciazione di principi e criteri generali, di regole finali destinate a essere tradotte dal singolo stato in norme di dettaglio. * La prassi comunitaria, però, non ha pienamente seguito quest'architettura generale, andando molte volte a emanare direttive molto dettagliate. E, visto il contenuto dettagliato della direttiva, la discrezionalità dello Stato si riduce solo alla scelta della forma giuridica interna (legislativa, amministrativa) da dare alla norma già fissata sul piano europeo. Esempi: direttive dettagliate si hanno nel campo del settore agricolo, diritto di stabilimento, campo dei trasporti, ravvicinamento legislazioni. 17.5) Atti tipici oltre ai cinque già citati (direttive, regolamenti, decisioni, pareri, raccomandazioni) vanno aggiunte tutta un'altra serie di altri atti, come: * iregolamenti interni degli organi * le comunicazioni della Commissione (con cui la commissione fa conoscere alle altre istituzioni il suo punto di vista) * iprogrammi generali del consiglio (che fissano per determinate materie gli obiettivi da raggiungere e che sono destinati a essere eseguiti mediante regolamenti, direttive e decisioni) - vi sono poi degli atti adottati all'unanimità dal consiglio europeo e dal consiglio, nel campo, nel campo della politica estera e di sicurezza, come le decisioni che definiscono le azioni che l'unione deve intraprendere e le posizioni che l'Unione deve assumere; ma è esclusa l'adozione di atti legislativi. 1. organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) > poi trasformata nel 1960 in Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ed estesa via via a vari paesi occidentali non europei. 2. Il Consiglio d'Europa, che attualmente comprende 47 stati membri, nel quale sono presenti tutti i paesi dell'europa occidentale e quasi tutti quelli dell'europa orientale. In merito al Consiglio d'Europa: > art. 1, scopo del consiglio d'europa - // Consiglio d'Europa ha lo scopo d'attuare un'unione più stretta fra i Membri per tutelare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro comune patrimonio e per favorire il loro progresso economico e sociale. > art.3, Ogni Membro del Consiglio d'Europa riconosce il principio della preminenza del Diritto e il principio secondo il quale ogni persona soggetta alla sua giurisdizione deve godere dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali 3dcome si vede, nell'uno e nell'altro articolo, l'accento è posto sulla comune ispirazione dei paesi membri ai principi dello Stato di diritto. > in merito alla struttura, gli organi principali dell'organizzazione sono: * il COMITATO DEI MINISTRI + organo dotato di maggiori poteri e che è composto da ministri degli esteri, o da loro sostituti, di tutti gli stati membri * ASSEMBLEA CONSULTIVA (nella prassi denominata assemblea parlamentare) + esprime voti e raccomandazioni al comitato dei ministri e nella quale siedono rappresentanti dei parlamenti nazionali. * II SEGRETARIATO + con a capo un segretario generale. > circa le funzioni dell'organo, che normalmente non danno luogo a atti vincolanti, va sottolineata la predisposizione di convenzioni, soprattutto in materie giuridiche come quelle relative a diritto e procedura penale (convenzione europea estradizione del 57, convenzione assistenza giudiziaria del 59, convenzione europea terrorismo del 77, convenzione contro la tortura del 1987, etc), e ai diritti umani sia economici che sociali, che civili e politici ( a questi ultimi, civili e politici, è dedicata la famosa CEDU, Conv.Eur.Diruomo). Convenzione europea sui diritti dell'uomo La convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, della quale fanno parte tutti gli stati membri del Consiglio d'Europa, fu firmata a Roma nel 1950. Nel corso degli anni sono stati aggiunti alla Convenzione diversi protocolli che hanno aumentato il numero dei diritti riconosciuti. * Il protocollo n.11, entrato in vigore nel '98, ha attuato una radicale riforma della Convenzione: ha realizzato la fusione dei due organi previsti per il controllo sul rispetto dei diritti tutelati, ossia la commissione e la corte europea dei diritti dell'uomo, in una Corte unica. * Protocollo n.14, anno 2010, che prevede uno snellimento delle procedure innanzi alla Corte. * Protocollo n.16, anno 2018, non ratificato dall'Italia, che prevede la possibilità per le altre giurisdizioni dei stati membri di chiedere alla corte Edu pareri consultivi su questioni di principio relative all'interpretazione o all'applicazione dei diritti e delle libertà definite dalla convenzione. > l'esperienza europea della CEDU è di grandissimo rilievo, tanto che la stessa è stata mutuata in America, visto che nel '78 è nata la Convenzione Americana sui diritti dell'uomo. 19. Le raccomandazioni degli organi internazionali + la raccomandazione è l'atto tipico che gli organi delle nazioni unite hanno il potere di emanare. Inoltre, si è più volte detto che la raccomandazione non è vincolante e precisamente non vincola lo stato o gli stati: essa, dunque, non è da annoverare fra le fonti previste da accordi, essendo un atto che ha un mero valore esortativo. Effetto d delle raccomandazioni - una tesi sostenuta su questo manuale sin a partire dalle prime edizioni (Conforti, poi lovane/Conforti), ribadiva che la raccomandazione producesse un effetto di liceità: cioè, non commette illecito lo stato che in un'osservanza di una raccomandazione, venga meno a obblighi precedentemente assunti nei confronti di altri stati membri dell'organizzazione raccomandante. * Ciò, purché la raccomandazione sia legittima, cioè non fuoriesca dai limiti posti dal trattato istitutivo. All'epoca, tale tesi, aveva comunque senso poiché le raccomandazioni erano alquanto poche: oggi, invece, sono piuttosto numerose e molte volte sono prolisse, con contenuti fra loro anche contrastanti. ® Fral'altro, la prassi non ha più offerto esempi significativi dell'effetto di liceità, e quindi, ci sembra che questo non sia più semplicemente ricavabile dall'obbligo di cooperazione insito in ogni trattato. > quindi, dobbiamo riconoscere che le raccomandazioni appartengono puramente al soft law. 19.2)Inosservanza reiterata della raccomandazione Taluni, facendo leva sull'obbligo di cooperazione insito nei trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, ritengono che sia illecito il comportamento dello Stato il quale rifiuti di osservare tutta una serie di raccomandazioni. Ciò vorrebbe dire che — le raccomandazioni, purché reiterate nel tempo — diventerebbero obbligatorie. La tesi è INACCETTABILE, in quanto il principio di cooperazione degli stati membri non può essere spinto sino al punto di sovvertire la caratteristica fondamentale dell'atto. La gerarchia delle fonti internazionali. Il diritto internazionale cogente. L'unitarietà dell'ordinamento internazionale 20.1) Rapporto fra consuetudine e accordo 14 al vertice della gerarchia si trovano le norme consuetudinarie (tra esse è compresa quella particolare categoria di norme costituita dai principi generali di diritto comune agli ordinamenti interni). La consuetudine, dunque, è fonte di primo grado, ed è l'unica fonte di norme generali come tali vincolanti tutti gli Stati. 2 > il secondo posto della gerarchia spetta al trattato, che trova in una norma consuetudinaria — la norma pacta sunt servanda — il fondamento della sua obbligatorietà. 3 il terzo posto è occupato dalle fonti previste da accordi, particolarmente dagli atti delle organizzazioni internazionali. Ma che rapporti ci sono fra queste fonti? * iniziamo dai rapporti fra consuetudine e accordo: * iniziamo col dire che il fatto che le norme pattizie siano subordinate alle norme consuetudinarie, non significa inderogabilità di queste ultime da parte delle prime. - una norma di grado inferiore può derogare a una norma di grado superiore se quest'ultima lo consente. (es. nel diritto interno un regolamento governativo può derogare alla legge se ciò è previsto dalla legge). - le norme consuetudinarie sono così fortemente vincolanti da non poter essere derogate mediante trattati? In linea generale, la soluzione da dare al problema è NEGATIVA: le norme consuetudinarie, secondo l'opinione comune, sono caratterizzate dalla loro flessibilità, e quindi, dalla loro derogabilità mediante accordo. - data la flessibilità della consuetudine, e dato che le norme pattizie hanno carattere particolare, mentre la maggior parte delle norme consuetudinarie ha carattere generale, il diritto pat finisce con l'avere prevalenza sul diritto consuetudinario: è noto infatti che il diritto particolare prevale su quello generale anche se anteriore. (ovviamente, le cose stanno diversamente per le consuetudini che si formano in deroga alle norme di un trattato). Flessibilità dei principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili > anche per quella particolare categorie di norme consuetudinarie, ossia i principi generali di diritto comuni agli ordinamenti interni, vale la regola della derogabilità mediante accordo. Un chiaro esempio del genere è dato dall'art.27 n.3 della Carta delle Nazioni Unite. * Tale norme, prevede che lo Stato membro del consiglio di sicurezza debba astenersi dal votare se una questione lo riguardi, ma limita l'obbligo di astensione a determinati casi di minore importanza. L'obbligo di astensione non è previsto nel caso si discuta di una proposta di espulsione dall'ONU, oppure dell'adozione di misure coercitive a tutela della pace. Quindi, in questa ultima parte, è chiara la deroga al principio generale nemo judex in re sua. > se tutti concordano sul carattere flessibile delle norme consuetudinarie, è opinione comune che esista un gruppo di norme di diritto internazionale generale le quali eccezionalmente sarebbero cogenti (cd jus cogens). * Anche la Convenzione di Vienna sui trattati si pronuncia in tal senso. L'art. 53 della Convenzione stabilisce che è nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, è in contrasto con una norma imperativa del diritto internazionale generale, dovendosi intendere per norma imperativa del diritto internazionale generale una norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli stati nel suo insieme, come norma alla quale non può essere apportata nessuna deroga e che può essere modificata solo da una nuova norma di diritto internazionale generale avente il medesimo carattere. > del diritto cogente si occupa anche l'art.64 della Convenzione, a proposito della causa di estinzione dei trattati, affermando che se una nuova norma imperativa di diritto internazionale generale si forma, qualsiasi trattato esistente che sia in contrasto con questa norma diviene nullo e si estingue. * Inoltre, la convenzione di Vienna (art.66) ribadisce che se nasce una controversie fra due stati contraenti, in merito a una causa di invalidità o estinzione per contrarietà allo jus cogens, in tal caso, una delle due parti può unilateralmente adire la corte internazionale di giustizia che può decidere la controversia. > la convenzione di Vienna definisce una norma cogente come una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga. La ricostruzione dello jus cogens, è quindi lasciata all'interprete. Ergo, l'interprete dovrà stabilire se una norma trova riscontro: * negli elementidella diurnitas e dell'opinio juris sive necessitatis, * madovrà anche stabilire, sempre in base a questi elementi, se la più gran parte degli stati considera detta norma come superiore alle comuni fonti internazionali in quanto ispirata a valori fondamentali e universali. - ad avviso della dottrina (Iovane/Conforti), si può ricavare che allo jus cogens appartengano il nucleo essenziale o nocciolo duro dei diritti umani, il principio di autodeterminazione dei popoli, il divieto dell'uso della forza fuori del caso di legittima difesa, e forse, il diritto allo sviluppo. Jus cogens e art.103 della Carta delle Nazioni Unite > alla lista ora elencata di norme appartenenti allo jus cogens, va aggiunto l'art.103 della Carta delle Nazioni Unite che sancisce l'inderogabilità degli obblighi scaturenti dalla Carta e dalle decisioni vincolanti degli organi dell'ONU. Tali obblighi sono considerati dalla comunità internazionale come inderogabili. > detti obblighi, sono infatti considerati da tutta la comunità internazionale come inderogabili: in effetti, il rispetto dei principi della Carta è stato sempre considerato come una delle regole fondamentali della vita di relazione internazionale, e in tal senso ha formato oggetto di solenni dichiarazioni contenute in importanti convenzioni multilaterali internazionali. * Dottrina: parte della dottrina, ritiene che la norma ex art.103 non assurge al rango di norma generale e imperativa nella giurisprudenza della corte di giustizia dell'UE, in quanto la corte non ne ha riconosciuto la superiorità rispetto al diritto dell'Unione, ma si è semmai preoccupata che gli stati membri non la violassero. Quali sono le possibili applicazioni di una NORMA INTERNAZIONALE IMPERATIVA? 1) - anzitutto, la conseguenza principale dovrebbe essere — ex art.53 convenzione di Vienna — la nullità del trattato contrario allo jus cogens. Diciamo “dovrebbe” perché è difficile trovare nella prassi casi di trattati che per questo motivo siano stati impugnati con successo da uno Stato, o dichiarati nulli da un'istanza giudiziaria. È piuttosto la dottrina che si è esercitata in tal senso. Jus cogens e trattati di garanzia, trattati che prevedono interventi umanitari, e trattati contrari all'autodeterminazione dei popoli: (ipotesi in cui si è discusso sull'invalidità) TRATTATI DI GARANZIA l'articolo 4 del Trattato di garanzia del 1960 relativo a Cipro, è stato considerato come contrario al principio che vieta l'uso della forza fuori dei casi di legittima difesa. L'articolo 4, infatti, autorizza Grecia, Regno Unito e Turchia ad intraprendere azioni, sia congiuntamente che disgiuntamente, in caso di modifica della situazione di Cipro così come è regolata dal Trattato medesimo. 21. Il contenuto del diritto internazionale come insieme di limiti all'uso della forza internazionale ed interna degli stati 21.1) Il contenuto del diritto internazionale è molto ampio, ed è talmente ampio che è impossibile descriverlo tutto, nei dettagli, in un'opera di carattere internazionale. > se ciò è vero, è anche vero però che il diritto internazionale materiale, sia consuetudinario che pattizio, si snoda tutto attorno a un filo conduttore, ossia l'idea che il diritto internazionale, è costituito da un insieme di limiti all'uso della forza da parte degli Stati. * Orasitratta di limiti che riguardano l'uso della forza diretta verso l'esterno, sotto forma di violenza di tipo bellico nei confronti degli altri stati (cd forza internazionale) * ora, e questa è la funzione più importante alla quale adempiono le norme internazionali materiali, si tratta di limiti che concernono l'uso della forza verso l'interno, nei confronti di individui, persone fisiche o giuridiche, e dei loro beni (cd forza interna). Forza internazionale > per forza internazionale intendiamo:la violenza di tipo bellico, o comunque qualsiasi atto che implichi operazioni militari quali l'attraversamento della frontiera da parte di truppe regolari o di bande armate assoldate dallo Stato, il bombardamento di parti del territorio, l'attacco contro navi o aerei militari, il blocco delle coste o l'installazione di campi minati al largo delle medesime, etc. * la nozione di forza internazionale può farsi più o meno coincidere con la definizione di aggressione data dalla apposita dichiarazione dell'Assemblea generale ONU. Forza interna > più difficile è dare la definizione di forza interna, intesa come potere di governo. Ma che cosa significa potere di governo delimitato dal diritto internazionale? 1. Unatesi, in dottrina (al quale in passato aveva aderito anche Conforti) aveva identificato la forza interna, il potere di governo, con la coercizione materiale, ossia, (quello che in Inghilterra viene definito jurisdiction to enforce) quel potere che si identifica con le azioni di polizia, l'esecuzione forzata sui beni, l'esecuzione delle condanne penali. Tale tesi, oggi non è più condivisibile, soprattutto per il fatto che un comportamento illecito può essere realizzato anche al di fuori della coercizione materiale (es. si pensi a una legge che attui un provvedimento concreto, nel quale si nazionalizzino i beni di una compagnia straniera). 2. Però, non può al contempo essere accettata, come tesi, neanche quella che ricomprenda ogni manifestazione della sovranità dello Stato, quindi anche la mera attività normativa astratta, sia essa mediante legge sia essa mediante atti amministrativi. Ciò, perché finché al comando astratto non segue la sua applicazione a un caso concreto, non può propriamente parlarsi di violazione del diritto internazionale. Il contenzioso riguardo la violazione del diritto internazionale, riguarda le situazioni concrete. Es. caso delle convenzioni: il Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, art.10 par.3, secondo cui gli stati riconoscono che i fanciulli devono essere protetti...il fatto di impiegarli lavori tali da compromettere la loro moralità o la loro salute... deve essere punito dalla legge. Si sostiene che la violazione di una convenzione del genere si verifichi semplicemente con la non adozione della legge; è stato addirittura sostenuto che avendo la convenzione per oggetto solo la legge, se anche all'adozione di quest'ultima, non consegua poi la sua applicazione da parte dei giudici o organi amministrativi (cioè se all'adozione della legge che punisce il lavoro abusivo dei fanciulli non consegua la concreta punizione di coloro che non la applicano), la convenzione dovrebbe ciò nonostante considerarsi rispettata. E' una tesi paradossale, che però dimostra quanto sia discutibile il punto di partenza > e cioè l'idea che per il diritto internazionale possa avere rilievo anche la mera attività normativa dello Stato. Relativo a tale tesi, altro esempio + sentenza del tribunale internazionale per la Ex Jugoslavia: il tribunale riconosce che lo Stato che non provvede ad adottare le misure legislative e amministrative necessarie per eseguire i propri obblighi internazionali, non incorre in responsabilità internazionali finché non si verifichino fatti concreti contrari ai detti obblighi. Esso però ritiene che le cose stanno diversamente per la tortura, in quanto, in merito a tale crimine, si ritiene che la sola mancanza di una legge che punisca la tortura, o l'esistenza di norme contrarie al divieto di tortura, dia luogo a violazione della norma internazionale. 3. Il potere di governo che interessa il diritto internazionale, dunque, si situa a metà strada tra l'attività normativa astratta e l'esercizio della coercizione materiale. Ma dove esattamente? - ad avviso della dottrina (iov/conf), non basta la semplice emanazione di comandi concreti, legislativi, amministrativi, come le leggi che nazionalizzano beni o l'ordine del giudice di esibire determinati documenti, di provvedere al pagamento delle tasse. Infatti, lovane e Conforti ritengono che la mera attività di comando, anche se indirizzata a persone determinate e vertente su questioni concrete, non ha rilievo per il diritto internazionale se non è accompagnata dall'attuale e concreta possibilità di agire coercitivamente per farla rispettare. Relativamente a quanto diciamo, può essere illustrato un esempio tratto dalla prassi, precisamente dalla questione della chiusura della missione dell'OLP (Organ. Liber. Palestina) presso le nazioni unite. Con una legge del 1987, l'anti terrorism act, il congresso americano vieta di stabilire e di mantenere gli uffici dell'OLP negli Stati Uniti. La legge provocò subito un conflitto con le nazioni in quanto viene considerata come contraria alla convenzione che regola i rapporti tra ONU e Stati Uniti relativamente alla sede dell'organizzazione. Ci sono tre aspetti da considerare: 1. Inprimoluogoil conflitto sorse in quanto la legge colpiva una missione dell'OLP che già esisteva presso le nazioni unite. 2. In secondo luogo, il conflitto durò finché fu reale la possibilità che la legge fosse attuata coercitivamente attuata tramite un atto del giudice 3. in terzo luogo il conflitto ebbe termine — e la questione dell'illiceità del comportamento USA fu lasciata cadere, quando, per vicende di tipo procedurale e per l'intervento di una sentenza della Corte Distrettuale di New York dichiarò inapplicabile la legge, venne meno ogni prospettiva che quest'ultima fosse effettivamente attuata. In conclusione: Può pertanto concludersi che, il potere di governo così come limitato dal diritto internazionale, sia costituito da qualsiasi misura concreta di organi statali, sia avente essa stessa natura coercitiva, sia in quanto suscettibile di essere coercitivamente attuata. In tal senso può dirsi che il diritto internazionale pone limiti alla forza interna degli Stati. 21.2) Poteri di governo e attività incoercibili; comunicazioni in rete > si tratti della forza internazionale o della forza interna, ciò che è delimitato dal diritto internazionale è sempre l'azione esercitata dallo Stato su persone o cose. > si dice che certi fenomeni, essendo incoercibili, svolgendosi in spazi o circostanze che non possono essere intercettati, sfuggono al potere dello stato: lo si è detto per le comunicazioni via radio, poi per le attività spaziali, e lo si dice oggi per le comunicazioni in rete, con prese di posizione degli utenti che suonano come una sfida agli Stati a non tentare di penetrare nel cyberspazio. * Ancheintalcaso, perla dottrina, punto di riferimento per la disciplina internazionalistica restano le persone e le cose; i diritti e gli obblighi internazionali di cui lo Stato è titolare presuppongono sempre la sua possibilità di governare, magari solo nei luoghi di partenza e arrivo, le attività umane (si pensi alle regole che lo stato emana per il commercio elettronico). (fra l'altro, si ricordi che è stato fatto un trattato in merito alla disciplina delle operazione cibernetiche, il cd manuale di Tallin. Invece, la Convenzione di Budapest del 2001, si occupa dei cybercrimini): la convenzione è stata ratificata in Italia nel 2008, e definisce le figure criminose che gli stati hanno l'obbligo di reprimere. 21.3)> tenuto conto del fatto che un principio fondamentale di diritto internazionale vieta l'uso della violenza di tipo bellico, la materia dei limiti all'uso della forza che abbiamo chiamata internazionale, viene in rilievo soprattutto sotto l'aspetto dell'eccezione a tale divieto, ossia della legittima difesa (di questo, però + più avanti, parte quarta libro). > ora, si esaminano di seguito i limiti della forza interna, avendo riguardo soprattutto al diritto consuetudinario. * Èbene chiarire che, quando si dice che il diritto internazionale limita il potere di governo non si ha riguardo agli scopi che le norme internazionali perseguono, e che possono essere i più vari, ma al modo in cui le medesime norme operano. E' stato giusto giustamente osservato che se si attribuisce alle norme di diritto internazionale consuetudinario lo scopo di delimitare le sfere di potere statale, si finisce col restare attaccati ad una visione classica del diritto consuetudinario, ossia ad una visione secondo cui tale diritto assicurerebbe la mera coesistenza fra gli stati; in realtà l'esporre il diritto internazionale come un insieme di limiti al potere di governo significa semplicemente utilizzare uno schema entro il quale possono essere inserite tutte le norme internazionali materiali diverse da quelle che si occupano della forza “internazionale” dello Stato. 22. La sovranità territoriale 22.1) Origini della norma sulla sovranità territoriale > la prima norma consuetudinaria in tema di delimitazione del potere è quella sulla sovranità territoriale. - essa, si formò, anzi consolidò, all'epoca in cui venne meno il Sacro Romano Impero ed in cui conseguentemente cessò ogni forma di dipendenza anche formale delle singole entità statali dall'imperatore e dal papa. > la sovranità territoriale, allora, venne concepita come una sorta di diritto proprietà dello Stato, o meglio del sovrano, avente per oggetto il territorio; anche il potere esercitato sugli individui veniva ricollegato alla disponibilità del territorio. Quadri (gius-internazionalista) ha osservato che “il territorio era tutto: gli individui erano pertinenze del territorio”. - il potere dello Stato sulle persone e sulle cose non era altro che una manifestazione, una derivazione del potere sul territorio. All'idea di potestà di governo era connaturata quella di potestà di territorio. Contenuto sovranità territoriale > si discute in dottrina circa la natura giuridica internazionale del territorio. «alcuni ritengono si tratti di un diritto reale dello stato, simile alla proprietà - altri, ritengono che il territorio non rilevi in senso patrimoniale, ma, segni l'ambito entro il quale si esplichi la potestà di governo dello Stato. - c'è chi infine mescola le due tesi * maèunadisputa teorica > la sostanza delle cose non cambia, cioè non muta che gli stati possono fare nel proprio territorio e non possono fare nel territorio altrui. > come si può descrivere tale contenuto? la norma attribuisce a ogni stato il diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla sua comunità territoriale, cioè sugli individui che si trovano nel proprio territorio. Correlativamente, ogni stato ha l'obbligo di non esercitare in territorio altrui (senza il consenso del sovrano locale) il proprio potere di governo. (in ogni caso, si ricordi che la violazione della sovranità territoriale si ha soltanto se vi è presenza fisica e non autorizzata dell'organo straniero nel territorio). Cattura di criminali in territorio straniero > Es. fu illecita, anche se moralmente giusta, la cattura del criminale nazista Eichman , avvenuta ad opera di agenti israeliani in territorio argentino nel 1960. Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sottolineò in modo non troppo enfatico l'illiceità dell'atto (anche per non giustificare il criminale nazista, e anche perché moralmente la cattura era giusta), e chiese a Israele di risarcire con un indennizzo l'Argentina per quella violazione. Oggi, comunque — non sono infrequenti i casi di azione di polizia consistenti nell'inseguimento di criminali oltre frontiera. > l'illiceità della cattura di criminali all'estero, si esaurisce nei rapporti fra stati, e comunque, non comporta in alcun modo, dal punto di vista del diritto internazionale, l'assenza della potestà di punire (potestà sempre esercitabile sugli stranieri, sempre che vi sia un collegamento del reato con lo Stato che punisce, e sempre che non sussista un problema di immunità). Regime delle capitolazio! > l'esercizio di poteri da parte di organi stranieri, era consentito in ipotesi tipiche, fra cui quella relativa all'attività degli agenti diplomatici e di consoli stranieri: es. nel quadro del cd regime delle capitolazioni, in base al quale, alcuni stati ritenuti poco affidabili nell'amministrazione della giustizia (es. Impero ottomano o Cina), consentivano agli europei di essere giudicati dai consoli dei loro paesi. Il regime delle capitolazioni cessò quasi ovunque dopo le due guerre mondiali. 23.2)Movimento convenzionale a favore dei diritti umani > le iniziative finalizzate a tutelare la dignità umana sono note a tutti, e fra esse ricordiamo: 1. dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 1948 . convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali . la carta dei diritti fondamentali dell'UE, resa vincolante dal TUE . La convenzione americana sui diritti umani . la carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli. . i due patti delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali. QUAPWN > tutte queste convenzioni, oltre a istituire organi destinati a vegliare sulla loro osservanza, contengono un catalogo dei diritti umani che gli stati contraenti sono tenuti a rispettare (catalogo che risulta molto più ricco delle costituzioni nazionali). * >>es.sono molto estesi i diritti che gli stati sono obbligati a riconoscere senza distinzione di sesso, razza, religione, opinione politica, etc. * idi , invece, comprendono il diritto al lavoro, ad un'equa retribuzione, alle assicurazioni, alla sicurezza sociale, la libertà di formare sindacati, diritto di sciopero. * Frale Libertà individuali, vi sono: la libertà personale, di opinione, di manifestazione, di pensiero religioso, politico, associazione. + importante anche la convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, anno 1984, ratificata da 171 stati (fra cui l'Italia nel 1988). * art. 1convenzione > definizione di TORTURA = atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti a una persone dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa ha commesso, di intimorirla o far pressione su di lei. * Inoltre > prevede obbligo degli stati di prevenire simili crimini commessi nei territori sottoposti alla loro giurisdizione. * Art.3+ obbligo di non espellere individui verso paesi nei quali, per un motivo o per l'altro, essi rischiano di essere sottoposti a tortura o trattamenti disumani o degradanti. > poi ci sono altri accordi multilaterali importanti, fra cui ricordiamo: la convenzione sui rifugiati (1951), sui diritti politici della donna (1952), sugli apolidi (1954), carta sociale europea (1961), sull'eliminazione di ogni discriminazione razziale (1965), sull'eliminazione di ogni discriminazione contro la donna (1979), sui diritti del fanciullo (1989), persone con disabilità (2006). 4 i due patti delle Nazioni Unite e le altre Convenzioni sia a carattere universale che a tutela di diritti umani, sono stati ratificati da quasi tutti i paesi della comunità internazionale, a cominciare dall'Afhganistan sino allo Zimbabwe. A volte, viene da chiedersi quale sia la motivazione legata all'adesione, di alcune paesi, a convenzioni che contengono visioni opposte rispetto a principi culturali di quelle nazioni stesse (es. stati islamici sulle convenzioni relative alle donne). La risposta, è che tali adesioni si giustificano sul piano della mera propaganda. 23.3) La materia dei diritti umani secondo il diritto consuetudinario > in tema di diritti fondamentali, nel corso degli anni si sono venute a formare norme consuetudinarie, principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili. - a differenze delle convenzioni sui diritti fondamentali (che sono dettagliate), la consuetudine, invece, esprime tutela soltanto nei confronti di un nucleo fondamentale e irrinunciabile di diritti umani: * trattasi del divieto delle cd gross violations > ossia le violazioni gravi di tali diritti (categoria cui si è soliti riportare quelle pratiche irrispettose della dignità umana, come es. la tortura, i trattamenti disumani, il lavoro forzato, la privazione della libertà, i genocidi, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, etc) in quanto commessi dagli stati oppure, da questi, non impediti. > sull'appartenenza di tali divieti al diritto internazionale, concordano tutti gli Stati. > invece, il diritto consuetudinario non prevede l'abolizione della pena di morte, nonostante le pressioni generali esercitate in tal senso da forti correnti dell'opinione pubblica mondiale. * Intalsenso > va ricordata una risoluzione dell'Assemblea Generale col quale si chiede una moratoria universale delle esecuzioni capitali, in vista della loro definitiva abolizione. (anche se > le risoluzioni non hanno in sé natura vincolante, e la loro adozione a larga maggioranza può costituire un ulteriore strumento di pressione sugli stati non abolizionisti) Tortura e trattamenti disumani e degradanti > nonostante le tante norme e le tante dichiarazioni a riguardo, le gross violations continuano purtroppo a essere praticate. Quelle più ricorrenti sono la tortura e i trattamenti disumani e degradanti. * Definizione di tortura > può farsi riferimento al già citato art. 1 della Convenzione contro la tortura. La CEDU, sostiene che la tortura debba distinguersi dai trattamenti disumani e degradanti per la maggiore intensità delle sofferenze fisiche o psichiche inflitte, tutte dovendo raggiungere una soglia minima di gravità. La stessa corte ha ribadito che trattamenti prima considerati come disumani o degradanti possono nel corso del tempo qualificarsi come tortura. - tale distinzione, è stata richiamata in Italia nelle sentenze del 2015 e del 2017 nel quale la Corte ha definito come tortura le violenze commesse dalle forze dell'ordine italiane in occasione del G7 di Genova del 2001. Obblighi negativi e positivi nella tutela dei diritti umani > il contenuto dell'OBBLIGO nella tutela dei diritti umani, è un contenuto negativo e per certi versi positivo. * È un contenuto negativo > gli organi statali sono innanzitutto tenuti ad astenersi dal ledere siffatti diritti, e per quel che riguarda il diritto consuetudinario, dal compiere atti che siano gross violations. * Mailrispetto dei diritti umani costituisce anche un obbligo positivo + lo stato deve vegliare affinché violazioni dei diritti umani non siano commesse da individui sul suo territorio: lo stato, quindi, ha il dovere di prendere tutte le misure standard necessarie (di polizia, giudiziarie, di controllo, etc) per reprimere dette violazioni. > le norme sui diritti umani vengono in rilievo anche nell'ambito della protezione delle minoranze nonché delle popolazioni indigene. - definizione di minoranza + un gruppo numericamente più esiguo del resto della popolazione dello Stato al quale esso appartiene avente caratteristiche culturali, fisiche o storiche, una religione o una lingua diversi da quelli del resto del Paese. * Necessità protezione > si è posta dalla fine della prima guerra mondiale, con la dissoluzione dell'impero austro-ungarico e quello ottomano, e si è riacutizzata dopo la dissoluzione del muro di Berlino. > protezione minoranze > affidata esclusivamente al diritto convenzionale e norme sulla materia si trovano in quasi tutte le convenzioni sui diritti umani che abbiamo sopra citate. * Leconvenzioni multilaterali sul tema non sono moltissime (ricordiamo la Carta europea del 1992 per le lingue regionali e minoritarie — non ratificata dall'Italia). * Sono,aregolare il tema, soprattutto convenzioni bilaterali (es. fra Italia e Austria, accordo del 1946 che tutela i diritti della minoranza della lingua tedesca e del Sud Tirolo). Di delle popolazioni indigene > il tema della tutela delle popolazioni indigene è di grande attualità, soprattutto in America e in Africa, nel quale tali popolazioni sono molto presenti ma soprattutto molto attive, poiché ultimamente si stanno moltiplicando le rivendicazioni: rivendicazioni relative al godimento della terra, e delle relative risorse, quelle relative al diritto alla conservazione e protezione dell'ambiente, al mantenimento della propria identità culturale, delle proprie tradizioni e dei propri costumi, diritto a vivere in piena libertà e sicurezza, etc. > le norme convenzionali vincolanti sultema non sono molte, e fra queste vanno ricordate due convenzioni dell'OIL (1957, e 1989). > sul tema, c'è anche una dichiarazione principi dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite: tale dichiarazione, (settembre 2007) è stata fortemente osteggiata dagli USA, è una dichiarazione nel quale sono descritti i diritti delle popolazioni indigene, ma non è vincolante. > però, questo tema sembra essere più competenza del diritto costituzionale interno dei paesi piuttosto che competenza del diritto internazionale: al limite, il diritto internazionale può fornire un sostegno nella protezione di tali minoranze, protezione che per l'appunto si ricava dal diritto costituzionale. * Atalriguardo, è rilevante una sentenza della corte suprema del Belize: tale sentenza (2007), nel quale la corte è chiamata ad esprimersi sulla tutela della popolazione Maya, considera in prima battuta contraria, alla costituzione, la violazione dei diritti di quella popolazione. * La corte, ad adiuvandum, ritiene che la protezione dei diritti discenda anche dalle norme sulla proprietà contenute nel Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e poli e dalla Convenzione delle Nazioni sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. 23.4) Regola del previo esaurimento dei > alla materia dei diritti umani, si applica la regola dell'esaurimento dei - la violazione delle norme consuetudinarie sui diritti umani non può dirsi consumata, o farsi valere sul piano internazionale, finché esistono nell'ordinamento dello stato offensore rimedi adeguati ed effettivi per eliminare l'azione illecita o per fornire all'individuo offeso una congrua riparazione. 24. La punizione dei cri ternazionali commessi da individui 24.1) Responsabilità internazionale degli individui autori di crimini > caratteristica di queste norme che disciplinano siffatti crimini è che danno luogo a una responsabilità propria delle persone fisiche che li commettono. Trattasi di regole che comunque si indirizzano agli individui (concorrendo alla formazione della soggettività internazionale di questi ultimi). * Il che, non esclude la contemporanea responsabilità degli stati, qualora gli individui siano anche loro organi (come di solito avviene). > la comunità internazionale, nel corso del tempo sino ad oggi, si è organizzata istituendo tribunali internazionali per attuare le punizioni dei crimini ® es.in passato - tribunale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia, e nel Ruanda; * oggi, invece, c'è la corte penale internazionale, dotata di una competenza più generale, che però ha un'attività limitata (e in tal senso la punizione è affidata in larga parte ai tribunali interni). CATEGORIA CRIMINI INTERNAZIONALI: è recente (seconda guerra mondiale). Prima della seconda guerra mondiale, erano considerati crimini internazionali soprattutto: la pirateria (qualsiasi stato potesse catturare la nave pirata e punire i membri dell'equipaggio), eic li guerra (elenco era assai poco esteso). DISTINZIONI:+ i crimini di guerra, possono essere distinti (secondo l'Accordo di Londra del 1945) che istituì il tribunale di Norimberga per la punizione dei criminali nazisti: 1. in crimini contro la pace 2. in crimini contro l'umanità 3. in crimini di guerra - un elenco dettagliato che si ispira a tale ripartizione, oggi è contenuto negli artt.5 + 8 dello statuto della corte penale internazionale. Lo statuto, prevede quattro tipi di crimini: 1. genocidio 2. crimini contro l'umanità 3. crimini di guerra 4. crimini di aggressione Geno si definisce tale la distruzione, totale o parziale, di un gruppo nazionale, etnico, religioso o razziale. (definizione ripresa dall'art.2 della convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio, 1948, promossa da assemblea generale ONU) Cri ‘ontro l'umanità: ai crimini contro l'umanità vengono riportati i seguenti atti, purché perpetrati come parte di un esteso o sistematico attacco diretto contro una popolazione civile: omicidio, riduzione in schiavitù, > l'imprescrittibilità è prevista da molte leggi statali. - non mancano sentenze interne che l'hanno applicata sostenendo che essa sia imposta dal diritto int. generale. - si potrebbe sostenere, in relazione a tale prassi /egislativa e interna, che un principio di diritto internazionale consuetudinario, che imponga l'obbligo di non considerare come prescritti i crimini contro l'umanità, sia in via di formazione. Leggi di amnistia e commissioni di verità e conci ne > molto spesso, nei paesi dove viene eliminato un governo che ha commesso gravi violazioni dei diritti umani, come il Cile dopo Pinochet e il SudAfrica dopo l'apartheid, o argentina dopo il regime dei colonnelli, si tende a stendere un velo sul passato, tramite l'adozione di leggi di amnistia o la creazione delle cd commissioni di verità e riconciliazione. * Ovviamente, tutto ciò riguarda i paesi dove si procede alla riconciliazione, e quindi non è idoneo a impedire che altri paesi procedano invece alla punizione. * Quandonel paese di origine il presunto criminale sia sottoposto a regolare e credibile processo + nel qual caso la giurisdizione di un altro paese non è esercitabile. > le leggi di amnistia adottate in quei paesi, però, lasciano molto perplessi, soprattutto per il fatto che si ha una cancellazione di crimini internazionali efferati. La corte suprema argentina, in tal senso, ha fatto bene ad annullare, per contrarietà alle norme della costituzione argentina che impongono il rispetto dei diritti umani, le leggi di amnistia adottate in quel paese per i crimini commessi fra il 1976 e il 1983, durante il regime militare. 24.2 bis)Terrorismo > si discute se sia crimine internazionale il terrorismo, definibile come atto criminale (assassinio, sequestro di persona, presa di ostaggi, etc) con l'intento di spargere terrore nella popolazione di uno Stato o in una parte di essa e sempre che l'atto trascenda i confini di un singolo stato. * Ergo, gliattiterroristici commessi da cittadini nel territorio del loro Stato + non rientrano nella previsione della norma. * Sonoaltresìesclusi > gli atti terroristici commessi da movimenti di liberazione nazionale sottoposti a dominazione straniera (si pensi, es. ai territori palestinesi occupati da israele), come tali inguadrabili nel principio di autodeterminazione dei popoli. > il terrorismo, non rientrando in alcuna delle categorie precedenti di crimini, sfugge al principio della giurisdizione universale. Dalla norma consuetudinaria, discende solo l'obbligo, in capo ai singoli stati, di introdurlo all'interno della legislazione come figura autonoma di reato. > italia, art.270 bis cp: compimento di atti di violenza con fini di eversione dell'ordine democratico. - art. 270 sexies cp: Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale. * Definizione che nonsi discosta molto da quella del diritto consuetudinario. Esempio: azioni di terrorismo che possono essere ricomprese nelle categorie dei crimini contro l'umanità, è quello degli atti commessi negli ultimi anni, prima e dopo il disumano attacco alle torri gemelle del 2001, dal gruppo di Al Qaeda. Anche se i crimini contro l'umanità sono perpretati da organi dello Stato, non è escluso che atti che provochino sofferenze gravi e facciano parte di un attacco esteso o sistematico, contro una popolazione civile (questo è l'esempio), siano commessi da gruppi di privati. > importante, in tema di definizione di terrorismo, la sentenza emanate dal tribunale speciale per il Libano, presieduto da Antonio Cassese. Tale sentenza, in 153 pagine, richiama la prassi costante sul tema e la dottrina, tanto che — visti i ricchi richiami — può essere considerata una “monografia”. > della repressione internazionale si occupano anche varie convenzioni sul piano internazionale, alcune di queste ratificate dall'Italia e tutt'ora in vigore: * la Convenzione dell'Aja del 1970, sulla repressione della cattura illecita di aeromobili. * Montreal, 1971, sulla repressione degli atti illeciti rivolti contro la sicurezza dell'aviazione civile. * La convenzione di strasburgo del 1977 sulla repressione del terrorismo, promossa dal consiglio d'europa. * Convenzione del 1979 contro la presa di ostaggi (assemblea ONU) * convenzione di roma 1988 per la repressione degli atti illeciti in tema di navigazione marittima. * Convenzione del 1997, per l'eliminazione degli attacchi terroristici promossa dalle Nazioni Unite. * Convenzioni nazioni unite per eliminazione dei finanziamenti al terrorismo * ultima, 2005, in tema di terrorismo nucleare. è va comunque notato che non è mai stata conclusa una convenzione generale sul terrorismo. Ci sono stati tentativi di commissioni fin dal 1972, ma non si è riusciti tutt'oggi a trovare il consenso degli stati membri su quali atti includere in questo crimine. Dottrina a riguardo: * secondo iovane/conforti una definizione è comunque ricavabile dal diritto consuetudinario. * Secondoaltri, il fallimento nel trovare una definizione, comporterebbe un'elencazione di diverse definizioni a seconda dei contesti giuridici entro i quali la definizione è applicata. - solo in pochi casi tutti gli stati, nonché il consiglio di sicurezza, concorderebbero nel considerarla come un'organizzazione terroristica. * Cisonoanchealtri orientamenti secondo cui la prassi, in realtà, porterebbe a una definizione in negativo, e cioè, a contesti che gli stati non possono considerare come attività terroristiche. > anche ai terroristi vanno riconosciuti i diritti umani fondamentali: la CEDU ha condannato l'Italia, nel 2008, per aver espulso uno straniero, condannato per terrorismo nel suo paese, che in quel paese rischiava di essere sottoposto a tortura e trattamenti disumani. 24.3) Aut dedere aut judicare > nelle convenzioni che si occupano di crimini internazionali, o anche soltanto di gross violations dei diritti umani (es. convenzione contro le nazioni unite contro la tortura del 1984), è di solito contenuto il principio definibile come aut dedere aut iudicare: * lo statoche non puòo non vuole procedere alla punizione del presunto criminale, ha l'obbligo di consegnarlo a un altro stato che ne faccia richiesta e che sia competente a giudicarlo. > secondo una sentenza della CIG (2012) — lo stato che non intende procedere alla consegna ha l'obbligo di prendere tutte le misure necessarie per instaurare il giudizio contro il presunto criminale e ciò appena possibile. * Il Senegal, nella specie, aveva dilazionato in modo eccessivo detta instaurazione, rifiutando di consegnare l'ex capo di stato del Ciad rifugiatosi in territorio senegalese e incriminabile per tortura e crimini contro l'umanità. > la corte, interpreta il principio aut dedere aut iudicare in quanto previsto dagli artt. 6 e 7 della Convenzione contro la tortura, ma con considerazioni che sembrano utilizzabili in ogni caso di applicazione del principio. 25. limiti relativi ai rapporti economici e sociali. La protezione dell'ambiente 25.1) Diritto internazionale economico > vari sono i limiti che lo stato incontra in quella parte di diritto internazionale che prende il nome di diritto internazionale economico. - il diritto internazionale economico è forse quello in cui più che in ogni altro la formazione di norme consuetudinarie è da escludersi. È un settore fortemente regolato dal soft law e da norme convenzionali. * Nontuttele relazioni economiche che trascendono i confini sono regolate dal diritto internazionale: le transizioni finanziarie, per esempio, sono lasciate al libero gioco del mercato, anche se avrebbero bisogno di una stringente regolamentazione sul piano internazionale. 67, 68, G20 > non sono giuridicamente rilevanti i vari G7, G8, G20, ai quali partecipano i rappresentanti degli stati più industrializzati al mondo per discutere di problemi politici e, al tempo stesso, anche economici. Sono riunioni che si concludono con intese di carattere esclusivamente politico. Accordi sulla liberalizzazione del commercio internazionale > la libertà degli stati in materia economica è limitata da numerosi accordi, in gran parte negoziati in seno all'OMC o nell'ambito di organizzazioni regionali, tendenti alla liberalizzazione del commercio internazionale, in particolare all'abbattimento degli ostacoli alla libera circolazione. * più importanti, fra tali accordi, sono quelli conclusi a partire dal 1947 e confluiti nel GATT nel 1994, nonché il GATS (accordo generale sugli scambi dei servizi), il TRIPs (accordo su aspetti commerciali sui diritti di proprietà intellettuale) e altri, che figurano quali annessi allo statuto dell'OMC. * Ovviamente, un discorso a parte lo merita /a liberalizzazione del commercio nel quadro delle politiche comunitarie dell'UE. Clausole di uso comune negli accordi commerciali è varie clausole, contenute negli accordi commerciali, concorrono ad assicurare la liberalizzazione o a disciplinare talune eccezioni, e tra le più importanti ricordiamo: 1. clausola della nazione più favorita + es. art. 1 del GATT > clausola “classica”, che veniva inserita anche nei trattati all'epoca dei commerci medioevali. Con essa si prevede che il trattamento più favorevole concesso da uno stato contraente a uno stato terzo (se trattato bilaterale) o a un'altra parte contraente (come avviene quando il trattato è multilaterale), si estende all'altra o alle altre parti contraenti. La clausola può essere incondizionata, se l'estensione avviene automaticamente, o condizionata, se l'estensione è subordinata alla reciprocità (ossia se la parte o le parti che ne beneficiano fanno la stessa concessione). In sintesi:è la procedura secondo cui i paesi contraenti si impegnano ad accordare ai prodotti/beni provenienti da un paese terzo condizioni doganali e daziarie non meno favorevoli di quelle già stabilite negli accordi commerciali tra i paesi coinvolti 2. clausola del trattamento nazionale + in base alla quale gli stati contraenti si impegnano ad accordare ai prodotti importati dagli altri stati contraenti un regime fiscale e giuridico, in particolare per quanto riguarda la vendita e distribuzione delle merci, non inferiore a quello previsto per i prodotti nazionali. 3. Clausole che prevedono l'abolizione progressiva dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative, intendendosi con queste ultime tutte le misure miranti a contingentare le importazioni. 4. Clausole di salvaguardia secondo cui la liberalizzazione del commercio incontra alcuni limiti attinenti alla vita della comunità statale, fra cui quelli relativi alla sicurezza nazionale, alla difesa della moralità, della salute, e della vita delle persone, degli animali e della preservazione delle piante. Trattasi di limiti eccezionali e quindi praticabili in modo rigoroso. Cooperazione allo sviluppo, accordi di vecchia e di nuova generazione > un discorso a parte va fatto per quanto riguarda i rapporti tra Paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo,in quel quadro che va per l'appunto sotto il nome di cooperazione allo sviluppo. Il quadro di riferimento è fornito nella materia da una serie di principi enunciati a varie riprese dall'Assemblea delle Nazioni Unite, dall'UNCTAD e da altri organi dell'ONU o di altre organizzazioni internazionali a carattere universale. Gli atti di questi organi: *. non hanno dato vita a norme consuetudinarie ® Mahanno influito sugli scambi commerciali con i paesi in sviluppo, provocando per questi ultimi, al fine di agevolare la loro crescita, regimi di particolare favore. > a voler descrivere detti regimi, si può distinguere fra: * regimiconvenzionali di nuova generazione * regimi convenzionali di vecchia generazione. 1) In merito agli accordi di vecchia generazione: - quadro di riferimento sono i principi enunciati da varie dichiarazioni di principi dell'assemblea generale, e di due risoluzioni storiche del 1974 (la dichiarazione sul nuovo ordine economico internazionale, e la carta dei diritti e doveri economici degli stati). - le convenzioni concluse nel quadro del nuovo ordine economico, si ispirano al principio del trattamento fonderia canadese sul confine che aveva danneggiato contadini americani. ® Sipassa poialla CIG, secondo cui l'obbligo di inquinare discenderebbe da un corpo di regole del diritto internazionale dell'ambiente, però, non si capisce se la corte voglia riferirsi al diritto consuetudinario oppure alle convenzioni in materia ambientale. La corte, ritiene comunque che si sia dinanzi a un principio emergente. - a parte le sentenze citate, la realtà è che a oggi manca una signi senso, e cioè per l'obbligo in questione. In realtà, come è stato notato, la tesi positiva di dottrina e giurisprudenza non corrisponde alla prassi degli stati, bensì, rappresenta l'ideale collettivo della comunità internazionale, che per ora ha il carattere della mezza verità. * Infatti > stati sono sempre stati restii ad ammettere una propria responsabilità per danni. * Equando hannoriconosciuto la responsabilità, hanno avuto cura di sottolineare il carattere grazioso dell'indennizzo medesimo. * Inoltre, c'è qualche apertura degli stati in relazione alla lotta all'inquinamento, ma molti di questi sono ancora attaccati al principio della sovranità delle risorse, principio che mal si tollera col pieno sfruttamento delle stesse. ‘ativa prassi degli stati che deponga in tal In conclusione: esiste una spinta da parte della giurisprudenza verso la formazione di norme consuetudinarie, oppure siamo dinanzi a un principio emergente, ma è necessario che tale norma o principio sia sostenuto fortemente dalla prassi degli stati per potersi consolidare. ACQUE e USI NOCIVI TERRITORIO > invece, esiste una prassi in tema di acque, secondo cui è vietato l'utilizzo e lo sfruttamento di acque se capace di nuocere agli altri utilizzatori (es. sfruttamento inteso come deviazione, sottrazione, immissione di sostanze inquinanti). In tal caso c'è una prassi diffusa (anche se non mancano manifestazioni contrarie). - comunque, anche in tal caso va ribadito che sono previsti obblighi di cooperazione per gli usi nocivi del territorio in generale, come l'obbligo dello stato — sul cui territorio si verificano fenomeni di inquinamento — di informare gli altri stati dell'imminente pericolo di incidenti, e l'obbligo di tutti gli stati interessati di prendere di comune accordo misure preventive, o successive, al verificarsi del danno all'ambiente. Convenzione ONU sui corsi d'acqua internazionali > Convenzione 1997, sul diritto all'utilizzazione dei corsi d'acqua per finalità diverse dalla navigazione: - art.3 la convenzione è un accordo quadro al quale si dovrebbe ispirarsi accordi particolari fra stati rivieraschi. - art.5 prevede un uso equo e ragionevole del corso d'acqua da parte degli stati rivieraschi. - art.7 secondo il quale uno stato rivierasco deve prendere le misure necessarie per evitare di causare danni significativi agli altri stati rivieraschi (e se si sia verificato il danno, discutere dell'indennizzo). Valutazione di impatto ambientale > la CIG, ha ribadito che, in caso di realizzazione di attività suscettibili di produrre effetti nocivi in un contesto transfrontaliero, sussiste l'obbligo, in capo ai stati, di condurre una valutazione di impatto ambientale. Principio chi inguina paga > non bisogna confondere l'obbligo internazionale degli stati con gli obblighi, in capo alle persone, fisiche o giuridiche, sul piano interno: infatti, se un'industria, commette danni sul territorio di un altro stato, quelle che ne conseguirà sarà la responsabilità di detta industria per i danni commessi; tale industria, potrà essere chiamata a rispondere anche dinanzi ai giudici di detto stato, o comunque dinanzi ai giudici dello stato da cui proviene l'inquinamento. > il principio della responsabilità e la sussistenza del fatto illecito, non vanno confusi col principio del chi inquina paga, principio che si pone in una diversa eccezione: infatti, è previsto che — (dalla dichiarazione di Rio del 1992 e altre convenzioni) — in caso di inquinamento di attività economiche, i costi di bonifica ambientale devono essere sostenuti da chi ne trae profitto. ® Tale regime non istituisce una sorta di responsabilità, visto che le attività in questione (es. trasporto idrocarburi via mare) non solo sono vietate ma sono anche necessarie; tale regime mira a far sì che i costi dell'inquinamento vengano sostenuti non dalla comunità ma dai singoli operatori economici. Sviluppo sostenibile, responsabilità intergenerazionale e approccio precauzionale > ci si chiede se lo stato sia obbligato, dal diritto internazionale generale, a: 1) rispetto del principio dello sviluppo sostenibile + contemperando le esigenze del proprio sviluppo economico con quelle della tutela ambientale. 2) responsabilità intergenerazionale + salvaguardando le esigenze delle generazioni non solo presenti ma anche future. 3) approccio precauzionale + ossia, evitare di invocare la mancanza di certezze scientifiche allo scopo di rinviare l'adozione di misure dirette a prevenire gravi danni all'ambiente. Risposta: in assenza di dati sicuri della prassi - NON PUO' ESSERE POSITIVA + ma se si guarda a convenzioni e dichiarazioni può parlarsi di una linea di tendenza che va affermandosi in seno alla comunità internazionale. ® CIG fariferimento in alcune sentenze a questa linea di tendenza. Sentenza anno 1997, la corte invita a tener conto del principio dello sviluppo sostenibile, ricavabile da norme e esigenze enunciate in gran numero di strumenti nel corso degli ultimi due decenni. Organo appello OMC, in relazione a principio precauzionale, ribadisce che il principio precauzionale, aspetta ancora una formulazione che faccia autoritc * Interessante sentenza della corte suprema delle Filippine, invece, che prevede la sussistenza dell'obbligo: chiamata a rispondere su un'istanza di un gruppo di minori ed ecologisti, la corte ribadisce che a nome anche delle future generazioni, sussiste il diritto a un razionale uso delle risorse, e in particolare nella gestione e conservazione delle foreste. Cooperazione contro l'inquinamento > in tema di inquinamento, sono molte le norme convenzionali a carattere universale o regionale, che si occupano della lotta all'inquinamento in tutte le sue manifestazioni. > per quel che concerne gli usi che possono nuocere al territorio o alle comunità sottoposte alla giurisdizione di altri stati, ricordiamo, per esempio: * nelquadro dell'UNEP (programma nazioni unite per l'ambiente) la convenzione di Stoccolma del 2001 in tema di inquinanti organici persistenti. * A livello europeo, Convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico a lunga distanza, che prevede: -art.3 — un obbligo generico di scambio di informazioni, consultazione, ricerca e monitoraggio per combattere l'inquinamento -art.5 — obbligo di consultazione tra le parti contraenti interessate, quando una o più parti siano colpite o minacciate gravemente dall'inquinamento atmosferico proveniente dal territorio di un'altra parte. ® Nel quadro dell'IAEA le due convenzioni del 1986 e del 1989 > la prima in tema di obblighi informativi relativamente agli incidenti nucleari, e sull'assistenza in tema di incidenti nucleari. > la convenzione di Basilea, 1989, sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e della loro eliminazione. > È raro che tali accordi prevedano divieti precisi aventi ad oggetto determinate attività inquinanti. - non mancano peraltro le eccezioni, come es. quella di Bonn del 1976, sulla protezione del Reno dall'inquinamento: la convenzione prevede due liste di sostanze capaci di inquinare le acque del fiume, * imponendo dieliminare l'inquinamento derivante dalle sostanze della prima lista, * ediridurre quello derivante dalle sostanze della seconda lista. > in tema di responsabilità da inquinamento vale il principio sopra visto, ossia chi inquina paga. Le convenzioni, in tal caso, si preoccupano di imporre agli stati contraenti la predisposizione, al loro interno, di un adeguato sistema di responsabilità civile o addirittura penale. Cooperazione per la gestione delle risorse > anche nell'ambito della gestione delle risorse le convenzioni sono numerose. Ratio: sono norme fondamentali che contribuiscono alla preservazione di un ambiente decente per le generazioni future. Fra le convenzioni ricordiamo: * convenzione di Vienna del 1985, completata dal protocollo di Montreal del 1987 (convenzione e protocollo ratificati da più di 150 stati, fra cui l'Italia, sulla protezione della fascia di ozono) *— convenzione quadro sulle nazioni unite del 1992 (in vigore fra 180 stati, fra cui l'Italia) * protocollo di Kyoto, anno 1997 — sulla riduzione delle sostanze inquinanti, gravanti su ciascun stato contraente. In realtà, il protocollo non ha impegnato in modo serio alcuni stati, e alcuni paesi come gli Usa non hanno invece provveduto alla ratifica. * Accordodi Parigi, 2015 — negoziato nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite del 1992. Gli USA sono stati protagonisti in relazione a tale accordo, poiché: - dapprima Donald Trump ha deciso (2019) di uscire da tali accordi, comportando un crescendo di polemiche da ambientalisti ed ecologisti usa. Poi, nel 2020, a seguito della vittoria di Joe Biden, gli USA hanno ripromesso di rientrare all'interno di tali accordi. Cooperazione per la tutela della diversità biologica > DIVERSITA' BIOLOGICA: varietà degli organismi viventi di qualsiasi origine, comprendente la diversità all'interno della specie, tra le specie e degli ecosistemi. - la disciplina che tutela la diversità biologica è interamente di carattere pattizio + la convenzione più importante sul tema è quella di Nairobi del 1992, ratificata da molti stati, fra cui l'Italia. - oggetto convenzione: conservazione diversità biologica, utilizzazione durevole dei suoi elementi, ripartizione giusta ed equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche. Esso, fra l'altro, prevede: * obbligostati contraenti di prendere tutte le misure necessarie dirette a favorire la partecipazione di tutti i paesi, e soprattutto dei paesi in via di sviluppo, ai vantaggi derivanti dalle biotecnologie - altro accordo è la Convenzione di Cartagena (2000), entrato in vigore nel 2003 in tema di trasferimento, manipolazione e utilizzo sicuro degli organismi viventi modificati - trattato sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura del 2001, concluso nell'ambito della FAO, e poi entrato in vigore nel 2004. * ratio convenzioni: principio secondo cui la conservazione della biodiversità e la gestione delle biotecnologie costituiscono un interesse comune dell'umanità, al già citato principio precauzionale e al principio dell'equa condivisione dei benefici. - convenzione di Aahurs, sull'accesso alla giustizia in materia ambientale e sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali del 1998. tale convenzione, non impone agli stati obblighi di natura sostanziale. > il problema di queste convenzioni + quello dell'osservanza. Il quadro che fornisce la prassi sotto questo punto di vista è assai deludente. Per valutare l'osservanza delle regole, sono stati creati appositi organi nell'ambito delle stesse convenzioni: il loro compito, però, è stato maggiore nell'assistenza agli stati in difficoltà, più che nella valutazione del rispetto delle convenzioni. Ciò dà ragione a chi ribadisce che le norme in tema di inquinamento hanno carattere promozionale, stabilendo incentivi per gli stati che adottano atti diretti a preservare l'ambiente. 26. il trattamento degli stranieri 26.1) + due sono i principi di diritto internazionale generale che si sono andati formando per consuetudine in materia di trattamento degli stranieri. 1. Il primo prevede che allo straniero non possono imporsi prestazioni, e più in generale non possano richiedersi comportamenti che non si giustifichino con un sufficiente attacco dello straniero stesso con la comunità territoriale. Tale regola (che come tutte quelle consuetudinarie è molto vaga), può anche esprimersi dicendo che l'intensità del potere di governo sullo straniero e sui suoi beni deve essere proporzionata all'intensità del predetto attacco sociale. > allo straniero, quindi, non potranno essere richieste prestazioni come: