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Dispensa Appunti Diritto Internazionale Privato, Appunti di Diritto Internazionale Privato

Dispensa completa di appunti del corso di Diritto Internazionale Privato tenuto dal prof. Franzina, presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica di Milano

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Scarica Dispensa Appunti Diritto Internazionale Privato e più Appunti in PDF di Diritto Internazionale Privato solo su Docsity! INTRODUZIONE DEL CORSO - Che cos'è il diritto internazionale privato? Il diritto internazionale privato si incontra in ogni ordinamento giuridico e queste norme hanno una funzione che le caratterizza ossia di mettere in rapporto l'ordinamento a cui appartengono con la realtà giuridica estranea a quell'ordinamento, hanno come scopo quello di aprire l'ordinamento giuridico a cui appartengono verso l'altro, verso ciò che è fuori. Ciò concretamente consiste nel decidere quale rilievo accordare alle regole di altri ordinamenti, alle azioni delle autorità di quegli ordinamenti e agli atti che ne costituiscono il prodotto. Il DIPr presiede dunque all'apertura dell'ordinamento rispetto all'esterno: dice dunque il se, il quando e il come di tale apertura. In questo senso si può dire che le norme di DIPr non siano né norme sostanziali né norme processuali, bensì sono norme relazionali che si propongono dunque di aprire una comunicazione; è dunque un diritto relazionale speciale, esistono infatti nei vari ordinamenti anche norme relazionali che non appartengono al DIPr, come ad es. l'art 10 co 1 Cost.., mentre il DIPr è speciale perché si riferisce solo ai rapporti con gli ordinamenti statali ed è limitato all'ambito del diritto privato. Il DIPr si occupa di relazioni internazionali tra ordinamenti nella misura in cui questi rapporti giuridici siano privatistici. Quando questa disciplina ha visto la luce nella configurazione che ha attualmente l'idea che esistesse una distinzione netta tra diritto pubblico e privato era un dogma, mentre oggi va intesa con una luce diversa.   - Quando ha senso interrogarsi su tale apertura e in che cosa essa consiste? Il DIPr viene in gioco quando vengono in considerazione delle situazioni caratterizzate da elementi di estraneità, situazioni internazionali. Queste situazioni sono fondamentalmente situazioni sostanziali che appaiono collegati alla società o all'economia di più Paesi; anche nel processo queste situazioni di estraneità possono venire in gioco: viste dall'angolatura di un ordinamento presentano qualche momento di collegamento con realtà estranee. Le varie questioni presuppongono l'assunzione di un punto di osservazione di un dato ordinamento e da lì è possibile definire l'apertura che quel dato ordinamento predispone nei confronti degli altri. Ogni ordinamento giuridico ha il suo DIPr: l'estraneità è dunque l'idea che esistano rapporti che visti da quell'angolo visuale di quell'ordinamento sono estranei a quell'ordinamento. L'ordinamento che si assume come punto di osservazione è quello che nel DIPr è quello che prende il nome di ordinamento del foro, l'idea è quella che ci sia un giudice o un tribunale che un giorno potrebbe essere chiamato ad esprimersi su queste situazioni. Il punto di osservazione del giudice, come espressione dell'ordinamento statale, è il punto che di volta in volta si prende in riferimento per capire come quell'ordinamento si apre a ciò che gli è estraneo. L'apertura può assumere forme molto diverse: 1. L'apertura verso l'esterno di un ordinamento si realizza facendo proprie le valutazioni di un altro ordinamento: le norme di un ordinamento sono traduzioni di un valore e dunque le valutazioni che un ordinamento fa del reale hanno due configurazioni, generali ed astratte, da una parte, specifiche e concrete, dall'altra, le prime compiute dal legislatore, le seconde dal giudice. Page of 1 142 2. L'apertura può anche concentrarsi sull'idea di azione: il giudice, il notaio, l'ufficiale giudiziario etc… in nome dell'ordinamento fa muovere l'ordinamento; vi sono delle norme che consentono dunque di raccordare l'azione che si svolge nell'ordinamento del foro con l'azione che si svolge in un altro ordinamento. Questo raccordo può a sua volta assumere forme diverse: ciò può avvenire tramite norme che regolano la competenza (c.d. giurisdizionale) delle autorità del foro e le norme sulla assistenza prestata alle autorità straniere.   - Le norme sulla legge applicabile e quelle sulla efficacia di atti e decisioni Alla luce della bipartizione sopra vista, è possibile fare una quadripartizione, a seconda dei compiti svolti dal DIPr, di cui le prime due riferite all'apertura alle valutazione, le ultime due invece all'apertura alle azioni altrui: 1. Le norme di DIPr provvedono alla individuazione della legge applicabile alle fattispecie con elementi di internazionalità: le norme di questo tipo dicono se la fattispecie debba essere disciplinata nel foro dalle norme generali ed astratte dell'ordinamento del foro o da norme generali ed astrette di una altro ordinamento • Caso Alitalia, Cass. 19 luglio 2007, n. 16017: prospettano una domanda che ha elementi di internazionalità, in questo caso risulta applicabile la legge dello Stato di NY. 2. Le norme di DIPr sovrintendono all'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri: queste norme hanno il compito di dire a quali condizione e in forza di quale procedimento un atto possa essere fatto valere in Italia, occorre dunque che l'ordinamento giuridico italiano si apra alle disposizioni specifiche e concrete racchiuse in quell'atto dell'autorità straniera • Caso Axo Sport, Cass. 6 luglio 2017, n. 16601: l'attore che ha subito il danno fa causa in Florida alla società da cui ha acquistato il casco il quale è stato prodotto dalla trevigiana Axo Sport; la società convenuta allora cita a sua volta la società italiana. Alla fine emerge una condanna della società americana e della società italiana a c.d. danni punitivi; il danneggiato con in mano un titolo esecutivo del giudice statunitense cerca di metterlo in pratica in Italia. Si pone dunque un problema di efficacia delle sentenze straniere. 3. Le norme di DIPr riguardano anche quelle norme sulla competenza giurisdizionale: queste norme hanno il compito di stabilire se le autorità del foro siano o meno abilitate in un certo caso ad esercitare le funzioni proprie del loro ufficio, segnalano dunque l'idea che l'ordinamento del foro non vuole a tutti i costi accaparrarsi tutte le situazioni, bensì vi sono delle liti che interessano al foro e della altre che non interessano; perciò l'apertura sta proprio nel dire che vi sono liti che non interessano e per cui saranno altri ad occuparsene. Nel caso invece in cui vi sia una situazione che interessa sia al giudice del foro che al giudice di un altro stato la situazione è un po più complicata perché potrebbe verificarsi il caso di un confitto positivo in potenza. • Caso Barbara Mercredi, Corte Giust. 22 dicembre 2020 causa C-497/10 PPU: caso di una signora, assistente di volo, di origine francese che conosce un signore inglese da cui ne nasce una situazione sentimentale e poi una figlia, Chloè. Dopo due mesi di vita della piccola, la situazione relazionale si interrompe e la Sig.ra Mercredi fa ritorno a casa propria con la figlia; il padre prima della partenza se ne accorge e fa ricorso al Page of 2 142 Paese, così come rispecchia la società e la politica del Paese in cui si sviluppa. Il diritto è strumentale ed è dunque fatto per una società determinata per cui le regole non possono che essere diverse. Se c'è unificazione c'è unificazione al massimo nel campo del diritto sostanziale. Del resto se anche fosse possibile, ci si chiede poi se questa sia un'impresa vantaggiosa: la diversità giuridica è un po' come la diversità biologica, perciò un po' di diversità fa anche bene (caso del trust: vi sono ordinamenti in cui questo istituito è regolamenti previsto e ordinamenti quali il nostro in cui risulta quasi inconcepibile. Di fronte a questa diversità, c'è un'altra visione possibile ossia gli altri Paesi hanno modo di avere di fronte entrambi i modelli per capire quali dei due meglio si adatta al proprio ordinamento, come ad es. la Cina). Poter avere ordinamento da cui trarre ispirazione è di grande vantaggio: la sfida del DIPr di fronte alla realtà delle diversità giuridiche non è quella di eliminarle o sopprimere il pluralismo, bensì di ordinarlo in modo che le persone possano vivere in un ordinamento giuridico plurale senza temere incertezze e discontinuità. I Lezione: LE FONTI - Le norme di DIPr che si applicano in Italia Per quanto riguarda il DIPr, non esiste nella Carta costituzionale italiana una norma che lo riguardi, però esiste l'art 11 Cost., in cui si afferma che "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.", anche se in realtà questa norma è stata pensata dai costituenti come norma per consentire la partecipazione italiana alle Nazioni Unite. Nell'interpretazione dei costituzionalisti e della Corte costituzionale questa norma svela una caratteristica costituzionale dell'ordinamento italiano quale risulta dalla Costituzione, ed è una caratteristica di apertura: addirittura quest'articolo consente a limitazioni di sovranità. La Corte Costituzionale ha fatto bene intendere nella sua giurisprudenza che dal suo punto di vista l'apertura realizzata dal DIPr è un'apertura che si inquadra perfettamente nella Costituzione, che andrà poi modulata in senso costituzionale. C'è un fenomeno di grande pluralismo delle fonti e si è solito fare una tripartizione: 1.Norme interne o "comuni" di DIPr: il DIPr di fonte interna viene denominato DIPr comune, nel senso di ordinario, ed è racchiuso nella L. 21 maggio 1995 n. 218, intitolata "Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato", c.d. legge di riforma e di sistema. Ogni Paese comunque ha le sue norme di DIPr, chi in qualche legge, chi in qualche sezione del codice civile e del codice di procedura civile, chi invece proprio non ha proprio delle norme scritte ma di formazione pretoria da parte dei tribunali. Ad es. la Svizzera nel 1987 si è data una normativa di diritto internazionale privato molto fortunata, a cui si è ispirata anche la L. 218/1995; mentre in Germania è stata scelta una soluzione diversa, infatti vi è una piccola legge introduttiva di diritto internazionale privato all'inizio del codice civile e poi vi sono una serie di norme all'interno di altre leggi. Nel Regno Unito vigono regole di DIPr di common law, esiste solo Private International Law Act anche se non è una legge organica, così come in Page of 5 142 Francia vige un DIPr molto sofisticato che però non è mai stato scritto dal legislatore, bensì è stato forgiato dai giudici con l'aiuto della dottrina. Se è vero che tutti i Paesi hanno una loro normativa di DIPr, e che ognuna di esse ha una forma diversa, i contenuti sono altrettanto diversi: c'è qualcuno che potrebbe pensare che il DIPr sia internazionale, ma esso non lo è per lo meno in quanto alla fonte. Ciò che rende internazionale questa disciplina è la natura delle questioni affrontate. A fronte di tutto ciò, di fronte alle stesse questioni le risposte saranno differenti all'interno di ogni ordinamento: il DIPr essendo internazionale nel senso suddetto ha a che fare con situazioni che toccano almeno due Paesi e ciò vuol dire che le soluzioni delle norme di DIPr comuni sono relative, sono buone dal punto di vista di ciascun Stato. Questa diversità delle norme comuni di DIPr mette in gioco quella che si è soliti chiamare l'armonia internazionale delle soluzioni, ossia sarebbe bello se la stessa fattispecie venisse regolata da parte di tutti allo stesso modo. • Esempio 1: Tizio di 18 anni, figlio di un uomo d'affari algerino, residente in Italia, intende acquistare la quota di una società svizzera. Quando una fattispecie presenta un elemento di internazionalità, si pone un problema relativo alla legge applicabile: nella L. 218/1995 esiste una norma relativa alla capacità di agire, l'art 23, il quale afferma che la capacità di agire è regolata dalla legge nazionale della persona di cui si tratta, con la quale si intende legge del Paese di cittadinanza. Per determinare dunque dal punto di vista italiano, se una persona ha o meno capacità di agire bisogna verificare la legge a cui rimanda il suddetto articolo. Questo problema della capacità d'agire si pone poi anche in Svizzera, in quanto la società ha sede lì: la L. 218/1995 così scompare, e si fa riferimento all'art 35 Legge federale svizzera di DIPr, il quale afferma che la capacità d'agire è regolata dal diritto del domicilio, in questo caso l'Italia. C'è una logica localizzatrice di queste norme, salvo che la localizzazione è affidata a criteri che sono decisi dal legislatore. La situazione è la stessa ma a seconda del punto di osservazione la soluzione prospettata è diversa. • Esempio 2: esiste una controversia tra una controversia tra un'impresa italiana e un'impresa peruviana in lite circa gli obblighi da eseguirsi in Italia derivanti da un contratto di agenzia concluso in Perù. Ognuna delle due parti lamenta qualcosa all'altra e vuole agire in giudizio: si tratta di capire chi ha la competenza giurisdizionale. Ogni singolo Paese dice per quanto lo riguarda se i suoi giudici sono abilitati a svolgere le attività del loro ufficio in un caso transnazionale: in Italia questa funzione è disciplinata dall'art 3 L. 218/1995 ("1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio.") applicando il quale il giudice italiano in un caso del Page of 6 142 genere si dichiarerebbe competente poiché il fatto che questo contratto debba essere applicato in Italia è una ragione sufficiente per il giudice italiano per occuparsene perché il legislatore italiano ha detto ai giudici italiani occupatevi delle liti contrattuali quando si tratta di contratti da eseguire in Italia. Nel caso in cui l'impresa peruviana si rivolga al giudice peruviano, costui avrà l sue norme di DIPr e prenderà ordini dal suo legislatore: il codice civile del Perù contiene un articolo, l'art 2058 c.c., il quale disciplina la stessa questione ma in termini diversi; in base al codice civile peruviano una lite in materia di contratti può essere portata davanti ai giudici del Perù soltanto se il contratto è stato ivi concluso. Anche i giudici peruviani si dichiarerebbero quindi competenti. 2.Norme internazionali in vigore in Italia: al fine di mitigare gli inconvenienti derivanti dai contrasti tra le varie norme interne, si procede all'unificazione del diritto, che non è l'unificazione del diritto sostanziale né del diritto processuale, ma l'unificazione delle norme di DIPr. Sul DIPr qualche spazio di unificazione in più c'è, perché è una materia "internazionale" perché ogni Stato capisce che una efficiente regolazione delle questioni internazionali privatistiche non può prescindere da come la pensano gli altri. Il modo più semplice e tradizionale per unificare il DIPr è attraverso i trattati, con cui due o più parti si mettono d'accordo fra loro al fine di darsi regole condivise di DIPr, ossia norme di DIPr uniformi. L'Italia è parte di molte convinzioni bilaterali sull'assistenza giudiziaria internazionale e il riconoscimento delle sentenze straniere (ad es. Convenzione Italia-Cina per l'assistenza giudiziaria civile e il riconoscimento delle decisioni degli anni '90). Questo modo di procedere, ossia tramite convenzioni bilaterali, non è molto efficiente e forse conviene ragionare in chiave multilaterale: l'esperienza insegna che le convenzioni multilaterali si realizzano più facilmente ricorrendo ad organizzazioni internazionali, in particolare la Conferenza dell'Aja di DIPr. Questa organizzazione è composta da 84 Stati, compresa l'UE, attiva dal 1893, anche se di fatto è dal 1955 che è diventata un ente permanente, è una Conferenza entro cui sono state elaborate 40 convenzioni e un testo non vincolante. Diversamente da quanto avviene con l'Ue, questa organizzazione non ha poteri vincolanti ma aiuta la cooperazione degli Stati fornendo un foro di discussione, dunque il prodotto normativo di questa Conferenza no è attribuibile ad essa in quanto tale, ma sono convenzioni internazionali che in quanto tali vincolano gli Stati che abbiano in tal senso espresso la loro volontà. Come struttura, comprende un organo assembleare dove siedono i delegati di tutti gli Stati contraenti, e un Segretariato, ma il lavoro maggiore della Convenzione si svolge nella Commissione in cui i vari delegati discutono nuove norme di DIPr uniformi. L'approccio è molto settoriale, ovvero di volta in volta si discute di una tematica e si cerca di coagulare un consenso intorno a soluzioni normative buone per tutti gli Stati, ad es. 65 Stati compresa l'Italia sono parti di una Conv. del 1970 sull'assunzione delle prove all'estero, oppure 101 Stati sono parti della Conv. del 1980 sulla sottrazione internazionale di minore, Conv. del 2005 sugli accordi di elezione esclusiva del foro, Conv. del 2019 sul riconoscimento delle sentenze. Una convenzione per nascere attraversa varie fasi: si parte da un negoziato in cui i singoli Stati discutono tra loro al fine di trovare le possibili soluzioni all'interno di un testo; quando il negoziato si conclude si procede con l'adozione, la quale comporta la chiusura della fase delle trattative; a quel punto gli Stati possono firmare e ratificare Page of 7 142 in e opting out e cooperazione rafforzata ai sensi dell'art 20 TFUE). In forza dell'assunzione di questa competenza con dimensione anche esterna, l'Unione Europea è diventata parte dello Statuto della Conferenza dell'Aja di DIPr. Nel ventennio che separa dall'avvio della comunitarizzazione del DIPr sono stati prodotti molti testi normativi in questo campo che hanno condotto ad una conseguente erosione dei sistemi internazional-privatistici nazionali: ad oggi le norme più rilevanti del DIPr che si applicano in Italia sono di origine europea.   - Il coordinamento delle fonti Il paesaggio delle fonti è molto complesso e in più si aggiunge il fatto che tutte le norme non italiano hanno la caratteristica di essere settoriali e frammentarie. Non c'è nulla nel DIPr uniforme che assomigli alla L. 218/1995, questa legge è organica, si occupa di un po' tutto; questa differenza comporta che in un gran numero di casi si trova più di una risposta ai vari dubbi che gli operatori si pongono in relazione ad una medesima questione, è dunque possibile (e quasi sempre succede) che si ponga un problema di coordinamento di norme di fonti diverse. Partendo dalla soluzione offerta dell'art 2 L. 218/1995 ("Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia") gli operatori giuridici trovano così una soluzione rapida, nel senso che nel caso in cui una questione sia disciplinata sia dalla presente legge sia da una convenzione internazionale, la L. 218/1995 non deve essere presa in considerazione in favore della convenzione internazionale sulla materia. Questo articolo non evoca comunque un'idea di preminenza del diritto convenzionale internazionale rispetto alle norme interne: la L. 218/1995 non si riconosce quale inferiore, bensì vuole applicarsi nella misura in cui questo non entri in contrasto con una convenzione. La soluzione accolta dall'art 2 non è la stessa soluzione che viene accolta per risolvere i conflitti tra ordinamento interno e ordinamento internazionale, quanto meno per quanto riguarda le convenzioni internazionali: nel caso in cui il giudice si trovi di fronte ad una legge ordinaria che contrasta con una o più convenzioni internazionali, e il conflitto non è componibile in via interpretativa, egli è tenuto a sollevare una questione di costituzionalità di fronte alla Corte Costituzionale. Questa soluzione sarebbe stata sommamente difficile da realizzare nel campo del DIPr, in quanto avendo ad oggetto una tematica internazionale c'è una grande disponibilità degli Stati a concludere convenzioni in questo campo, perciò il legislatore si è autolimitato introducendo una norma che assicura la prevenzione del conflitto. In conclusione, vi è una configurazione della L. 218/1995 come disciplina residuale rispetto alla disciplina convenzionale. I conflitti tra norme di fonti diverse possono sorgere anche tra convenzioni internazionali e qui la risposta al conflitto va cercata nell'ordinamento internazionale: nel caso in cui ci si trova di fronte ad un conflitto tra due o più convenzioni che vincolano gli stessi Stati si dovrebbe applicare in linea teorica la regola del lex posterior derogat priori e del lex specialis derogat generali; ma ciò non si verifica perché le convenzioni internazionali di DIPr uniforme sono per lo più multilaterali e quindi il problema si pone fra tanti e non da due, di cui questi tanti non sono sempre gli stessi che fanno parte di tutte le convenzioni in conflitto: in questi casi bisogna ricorrere ad un meccanismo diverso, ossia c.d. clausola di subordinazione o Page of 10 142 compatibilità, in forza della quale quel trattato o quella convenzione si subordina o si dichiara compatibile con altre convenzioni. Esistono diverse convenzioni internazionali in cui si incontra precisamente una formula di questo tipo, come ad es. art 52 Conv. dell'Aja del 1996 sulla protezione dei minori ("La presente convenzione non deroga agli strumenti internazionali dei quali siano Parti gli Stati contraenti e che contengano disposizioni sulle materie regolate dalla presente convenzione."). Anche questa soluzione sembra molto di buon senso, ma non è blindata: se davvero una convenzione si subordina ad un'altra, il problema che può porsi è quando entrambe convenzioni presentino clausole di subordinazione. C'è un'altra ipotesi di conflitto nei casi in cui le norme derivate di diritto dell'Unione entrano in conflitto con convenzioni internazionali in vigore per i singoli Stati membri: la difficoltà si pone quando la convenzione internazionale preesistente ha interessato da un lato uno Stato membro e dell'altro uno Stato terzo. Ad es. esiste una Convenzione consolare tra Italia e Svizzera, sottoscritta 150 anni fa, che contiene norme di DIPr sulla giurisdizione in materia successoria, ma esiste anche un regolamento dell'UE in materia di successioni per causa di morte il quale contiene norme sulla competenza giurisdizionale ma prescinde del tutto per quanto concerne la sua applicabilità se il de cuius sia un cittadino dell'UE o un cittadino di uno Stato terzo, causando così una sovrapposizione ma anche una divergenza fra la Convenzione consolare Italia-Svizzera e il medesimo regolamento, in quanto quest'ultimo impone ai giudici italiani attività del tutto incompatibili con le attività che impone la Convenzione. La soluzione non può essere la regola della lex posterior poiché questo causerebbe conflitti sul piano della lealtà tra i vari Stati, perciò dunque l'Unione Europea ha introdotto nel regolamento succitato una clausola di subordinazione in cui si afferma che esso non pregiudica l'applicazione da parte dei singoli Stati membri delle convenzioni che questi hanno con altri Stati terzi. Esiste inoltre un sistema più generale di salvaguardia degli impegni internazionali assunti dagli Stati membri nei confronti degli Stati terzi, disciplinato all'art 351 TFUE ("Le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1o  gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall'altra. Nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili coi trattati, lo Stato o gli Stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. Ove occorra, gli Stati membri si forniranno reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta. Nell'applicazione delle convenzioni di cui al primo comma, gli Stati membri tengono conto del fatto che i vantaggi consentiti nei trattati da ciascuno degli Stati membri costituiscono parte integrante dell'instaurazione dell'Unione e sono, per ciò stesso, indissolubilmente connessi alla creazione di istituzioni comuni, all'attribuzione di competenze a favore di queste ultime e alla concessione degli stessi vantaggi da parte di tutti gli altri Stati membri."); se proprio si presenta un conflitto che non si riesci altrimenti a comporre quando è bene che lo sia, allora l'Unione si riserva di chiedere ai singoli Stati di denunciare (ossia recedere) la Convenzione che essi hanno contratto con Stati terzi. È presente poi un altro meccanismo che viene adottato per evitare conflitti fra diritto dell'Unione e diritto convenzionale, il quale consiste nel sincronizzare il diritto dell'Unione con il diritto dell'Aja: le soluzioni europee Page of 11 142 venivano già scritte in partenza in modo tale da inserirsi precisamente nel diritto convenzionale. Infine c'è poi anche la possibilità che sorga una discrasia tra diritto derivato dell'Unione e una convenzione internazionale in vigore per l'Unione: in questa ipotesi l'obbligo che nasce dalla convenzione al suo rispetto grava sull'Unione; in linea di principio verrebbe da dire che così come nel diritto interno vige l'obbligo del rispetto del diritto internazionale, similmente esiste una garanzia del rispetto degli obblighi internazionali dell'Unione Europea. In forza dell'art 216 TFUE ("1. L'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell'ambito delle politiche dell'Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell'Unione, oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata. 2. Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri.") l'Unione rispetta nella sua legislazione gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e se non lo facesse il diritto derivato da lei prodotto sarebbe illegittimo perché contrario al diritto primario dell'Unione stessa. Questa garanzia primaria non è però necessariamente una gabbia poiché l'Unione potrebbe volere che in certi ambiti i propri obblighi internazionali le lascino margini di manovra: es. norme sull'efficacia delle decisioni straniere, è possibile che di fronte allo stesso problema vi sia una risposta che vada bene a carattere universale ma che non vada bene a livello regionale. La soluzione a questo problema a cui si può ricorrere è la c.d. clausola di disconnessione con cui si afferma che se un gruppo di Stati vincolati vogliano seguire fra loro un regime diverso lo possono fare, è un tipo particolare di clausola di subordinazione (es. art 64 Conv. di Lugano del 2007: "La presente convenzione non pregiudica l'applicazione [da parte degli Stati membri] del regolamento (CE) n.44/2001."). Se la convenzione lo consente e alcuni degli Stati contraenti vogliono tra loro tenere un regime loro, la convenzione consente attraverso la clausola di disconnessine di avere un loro regime sconnesso, per cui la convenzione si fa indietro secondo una logica di subordinazione laddove si tratti di regolare fattispecie che attengano soltanto a quegli Stati; e una sorta di flessibilizzazione del regime uniforme. II Lezione: LA COMPETENZA GIURISDIZIONALE - Ogni sistema, ogni ordinamento giuridico statale, ha il proprio DIPr e questo significa che il giudice di uno Stato, come ogni operatore giuridico, quando deve affrontare il problema della legge applicabile, del riconoscimento delle decisioni, dell'assistenza giudiziaria deve utilizzare le norme di DIPr applicabili nel proprio Stato. Di fatto questo dato giuridico implica un'indicazione di metro, di indicazione, ossia occorre sempre assumere un punto di osservazione da cui partire: da qui si parte nel parlare della competenza giurisdizionale che è la questione del sapere se le autorità di un certo Paese possono o non possono, devono o non devono occuparsi di una certa questione. La risposta alla domanda preliminare che consente di trovare il punto di osservazione pertinente è una risposta che viene offerta dalle norme sulla competenza giurisdizionale, le quali all'interno di ogni ordinamento dicono se e a quali condizioni rispetto ad una certa fattispecie con elementi di internazionalità le autorità di quello Page of 12 142 avanza, si dispongono dunque a tutelarne le ragioni quando esse siano meritevoli, e dunque contribuiscono ad assicurare l'effettività di tali posizioni giuridiche soggettive del singolo; l'affermazione della giurisdizione di un giudice di uno Stato è poi dall'angolatura del convenuto un assoggettamento al potere che potrebbe risultare oppressivo ed ingiustificato. Se si considerano le parti del procedimento ciò che è in gioco rispetto alla giurisdizione è sapere se le ragioni dell'attore ossia di ottenere ascolto e se le ragioni del convenuto ossia di essere giudicato equamente hanno una qualche considerazione. L'internazionalità della lite comporta degli inconveniente, il peso di dover lasciare il proprio Paese oer andare a difendersi altrove, procurarsi assistenza, superare un ostacolo culturale e linguistico, dunque questi inconvenienti devono essere superati in modo equo e ragionevole. Assumendo invece l'angolatura degli Stati, il diritto privato è anch'esso molto politico e ha a che fare con il modo in cui funzionano certi ambiti fondamentali della società (mercato, finanza, famiglia ecc.…), dunque tutti gli Stati che abbaino delle politiche se vuole essere sicure che queste abbiano corso deve essere pronto non solo ad emanare delle norme ma anche a mettere in capo i suoi organi (es. giudici); l'affermazione della competenza di un organo di uno Stato è l'affermazione della volontà di controllare attraverso i propri organi dei settori della vita sociale. Se questa considerazione potrebbe portare uno Stato ad allargare anche di molto la sfera di giurisdizione dei propri giudici, c'è una contro considerazione, cioè quella di dire che la vita delle persone attraversa spesso le frontiere e se davvero uno Stato dovesse rivendicare la giurisdizione su tutte le fattispecie questo finirebbe con l'ostacolare la vita dei soggetti la quale si svolge oltre frontiera, questo perché è nell'interesse di ogni Stato sì controllare, ma anche lasciare mano libera ai soggetti. Lo Stato da un lato ha un interesse ad allargare l'ambito della giurisdizione dei suoi giudici per assicurare la rivendicazione delle proprie politiche, ma dall'altro ha anche l'interesse a moderare queste rivendicazioni in nome dell'efficienza delle relazioni internazionali. Ci sono queste coppie di spinte la cui composizione viene di volta in volta risolta dal legislatore il quale tiene conto di quest'ultime e trova un punto di mediazione. Posto che quest'operazione è un'operazione politica, il legislatore nazionale è libero di pervenire alla composizione che vuole di queste spinte o è in qualche modo vincolato? E nel caso ci siano dei vincoli, da dove derivano? I vincoli possono nascere o da norme internazionali o da norme costituzionali: l'idea è che il legislatore interno può essere vincolato in astratto da entrambe queste fonti normative. Per quanto i possibili vincoli internazionali esiste una norma internazionale consuetudinaria che garantisce l'immunità giurisdizionale agli Stati rispetto alla giurisdizione civile degli altri Stati secondo il principio par in parem non habet iudicium, anche se oggi temperata in alcuni casi eccezionali; le situazioni più frequenti in cui si incontrano problemi legati all'immunità sulla giurisdizione civile sono le controversie di lavoro, soprattutto per i lavoratori all'interno della ambasciate. Quando il giudice italiano si trova di fronte ad una domanda proposta da un singolo nei confronti di uno Stato si deve indagare se laddove assoggettasse lo Stato al suo potere stia agendo in conformità alle norme consuetudinarie previste dal diritto internazionale a cui soggiace anche l'Italia. Questi costituiscono i limiti negativi alla giurisdizione, ossia il giudice non può esercitare le proprie funzione poiché agendo violerebbe gli obblighi internazionali. La domanda che succede spontanea è se esistano casi in cui il Page of 15 142 diritto internazionale obblighi un determinato giudice ad esercitare la propria giurisdizione: es. caso Nait-Liman c. Svizzera (Corte eur. dir. uomo, GC 15 marzo 2018) in cui un cittadino tunisino che, respinto verso il proprio Paese viene sottoposto ad atti di tortura da parte del corpo di polizia tunisino imputati poi al Ministro degli Interni tunisino, riesce a trovare rifugio in Svizzera dove diversi anni dopo viene a scoprire che l'ex Ministro degli Interni tunisino lì si trova per sottoporsi a delle cure; Nait-Liman allora oltre a fare un esposto al P.M. svizzero per gli atti di tortura subiti imbastisce anche un'azione civile nei confronti di questo ex ministro al fine di ottenere non tanto il risarcimento del danno, quanto che il fatto diventi di dominio pubblico. Il problema si pone perché l'attore è tunisino, il convenuto anche e i fatti si sono svolti tutti nel territorio tunisino: nel DIPr svizzero esiste una norma secondo la quale laddove i giudici svizzeri non siano competenti ma esista per l'attore il rischio di un diniego di giustizia allora eccezionalmente i giudici svizzeri dovrebbero rendersi disponibili ad ascoltare le richieste dell'attore (foro di necessità), concetto su cui fa proprio leva il caso Nait-Liman. I giudici svizzeri in questo caso non si dichiarano competenti per questioni di diritto svizzero portando così Nait-Liman ad affermare che questi abbiano violato il diritto internazionale, in particolare l'art 6 CEDU che riguarda l'equo processo e da cui implicitamente si ricava la tutela dell'accesso alla giustizia secondo dei parametri tra cui il fare in modo di non violare norme generali di diritto internazionale; la Corte europea dei diritti dell'uomo si troverà ad esprimersi due volte in merito a questo caso affermando che la Svizzera non ha violato nessuno obbligo internazionale declinando la propria competenza nei confronti del caso Nait-Liman. Tuttavia nulla vieta che il ragionamento possa essere ripreso e sviluppato in maniera diversa da altri giudici portando così al riconoscimento di obblighi positivi di diritto internazionale per cui gli Stati devono in certe situazioni particolari aprire la propria giurisdizione, in particolare là dove si tratti di gravi violazioni che necessitano dell'intervento statale. Oltre ai vincoli internazionali, esistono poi anche i vincoli costituzionali: qui l'idea è che sia il legislatore a definire l'ambito della giurisdizione del proprio Stato e tuttavia è possibile che la Costituzione dello stesso Stato preveda dei paletti, sia di carattere positivo sia di carattere negativo. In Italia e in generale negli Stati dell'Europa continentale il discorso della giurisdizione come qualcosa di potenzialmente limitato dalla Costituzione non è molto familiari, nel senso che per tradizione in tutti gli Stati europei l'idea è sempre stata che la giurisdizione è qualcosa che il legislatore definisce, mentre in altri Paesi come negli Stati Uniti o nel Canada ci sono pochissime norme legislative sulla competenza giurisdizionale, invece è lasciato molto spazio ai giudici e nel sindacare se i giudici si siano espressi correttamente si è ricorso alla Costituzione, con cui non si intende per forza ad una Carta costituzionale, ma ad una legge fondamentale dell'ordinamento a livello materiale. Negli US e nel Canada si è dunque sviluppata una giurisprudenza molto importante che ha determinato i limiti di costituzionalità delle norme sulla competenza giurisdizionale: es. caso Club Resorts c. Van Breda (Corte Supr. Canada, 18 aprile 2012), in cui la Club Resorts è una società stabilita alle isole Cayman che gestisce delle strutture turistiche a Cuba dove due turisti canadesi riportano delle lesioni gravi imputate da questi ultimi ai gestori della struttura alberghiera, i quali fanno richiesta di risarcimento del danno davanti al giudice canadese; la società delle isole Cayman per prima cosa solleva Page of 16 142 l'incompetenza dei giudici canadesi, i quali per rispondere sula eccezione di difetto di giurisdizione delineano dei parametri che ricavano dalla Costituzione canadese, tra cui il concetto di "real and substantial connection" tra il fatto avvenuto e il foro. La Corte suprema canadese al di là di questo concetto molto vago elabora dei criteri moto più precisi al fine di stabilire se sussista la competenza, ma alla base vi è comunque sempre l'idea che le norme sulla competenza giurisdizionale non sono desumibili dal legislatore o dal giudice, ma da vincoli costituzionali; è relativamente facile così identificare dei vincoli negativi alla giurisdizione, come nel caso canadese, più difficile è invece stabilire se sussistano vincoli positivi a livello costituzionale che impongano in certi casi la giurisdizione: es. caso Repubblica Islamica dell'Iran (Cass. n.21946/2015) in cui nel 1995 a Sud della striscia di Gaza (Palestina ma territori che di fatto erano occupate da colonie israeliane) a bordo di un autobus avviene un attentato rivendicato da Hamas e che fece molte vittime, tra cui una cittadina americana residente in Israele; i parenti delle vittime, tra cui anche quelli della cittadina americana, decidono di far causa all'Iran, in quanto forte sostenitore del gruppo terroristico di Hamas, e chiedono ad un giudice civile degli Stati Uniti di emettere una sentenza che dichiari la responsabilità della Repubblica Islamica dell'Iran per aver contribuito all'attentato. Fatto sta che il giudice americano si dichiara competente ritenendo di poter superare ogni limite imposto dal divieto di esercitare la propria giurisdizione e alludendo all'idea che ci sia una ragione sufficiente per occuparsene in quanto fosse un evento molto grave. Il giudice dunque emette la sentenza affermando la responsabilità dello Stato iraniano e condannandolo ad un risarcimento di 25 milioni di $ ai parenti della vittima statunitense e di 225 milioni di $ a titolo di danni punitivi; questa sentenza viene poi fatta valere in Italia poiché i creditori invocano gli effetti della sentenza americana e allora si pone tra gli altri ai fini del suo riconoscimento il problema di sapere se il giudice statunitense avesse anche dal punto italiano la competenza giurisdizionale, poiché ai fini del riconoscimento degli effetti di una sentenza in Italia le norme in materia prevedono che il giudice straniero che ha reso la sentenza sia munito di giurisdizione secondo i parametri dell'ordinamento italiano. La Corte di Cassazione per risolvere questo problema avrebbe potuto far leva sul fatto che trattandosi di fatti molto gravi sarebbe un diritto tutelato dalla nostra Costituzione quello di far valere le proprie esigenze di tutela anche di fronte ad un giudice così lontano rispetto a dove si sono verificati gli eventi. Tuttavia la Corte di Cassazione non percorre questa strada ma ritiene che tra il giudice statunitense e i fatti non ricorresse un legame sufficiente da giustificare la sua giurisdizione, perciò non si è sentita di affermare che la nostra Costituzione imponga di considerare appropriata la giurisdizione esercitata così distante dai fatti. In realtà il legislatore quando sceglie di comporre queste spinte si fa guidare sicuramente da quanto detta la Costituzione, ma diversa è la situazione in cui sia la Costituzione a porre dei limiti espliciti all'esercizio della giurisdizione.   - Le norme sulla competenza giurisdizionale: il reg. UE n.1215/2012 (Reg. Bruxelles I-bis) Il Reg. Bruxelles I-bis è importante innanzitutto perché in quanto regolamento ha il primato sulla legislazione interna italiana (quindi sulla l. n.218/1995) ma anche perché Page of 17 142 materia civile o commerciale perché da un punto di vista autonomo la materia civile e commerciale implica una parità di posizioni tra le parti, mentre nel diritto pubblico vi è un'autorità che esercita delle prerogative e dei singoli che ne subiscono gli effetti, arrivando ad affermare che nel caso in questioni non vi fosse parità, bensì subordinazione dal momento che Euro control è un fornitore obbligato. È bene rilevare che il Regolamento Bruxelles I bis non vuole occuparsi di tutto il diritto privato, prevedendo infatti una serie di esclusioni: da un lato già il reg. dichiara di occuparsi della materia civile e commerciale, dall'altra all'art 1 par. 2 prevede una serie di esclusioni esplicite ("2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento: a) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi o derivante da rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al matrimonio; b) i fallimenti, le procedure relative alla liquidazione di società o altre persone giuridiche che si trovino in stato di insolvenza, i concordati e le procedure affini; c)  la sicurezza sociale; d) l’arbitrato; e) le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità; f) i testamenti e le successioni, comprese le obbligazioni alimentari mortis causa."); le materie escluse rispondono per lo più ad un'esigenza politica, ossia aree del diritto che richiedono per essere disciplinate un approccio che non è la stessa che serve per i contratti o la proprietà intellettuale, e via via quando si sono affacciate normative più settoriali il reg. si è fatto da parte, tanto è vero che in alcuni casi è successo che grazie alle esclusioni dal reg. di Bruxelles l'UE ha messo in cantiere delle norme settoriali specifiche. La normativa uniforme del reg. ai sensi dell'art 1 poi si applica in materia civile e commerciale indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale: i redattori della Conv. si sono sentiti di dire che per stabilire se si applica ratione materiae il regolamento o la convenzione occorre guardare alla materia e non al giudice. 2. Ambito di applicazione cronologico: il reg. è entrato in vigore il 10 gennaio 2015, perciò dunque si applica a tutte le vertenze successive a quella data. 3. Ambito di applicazione personale, ossia chi è interessato all'applicazione: quando sorge un problema di competenza giurisdizionale nell'ambito regolato da questa disciplina il più delle volte il dubbio della competenza nasce dal fatto che le parti hanno la nazionalità di Paesi diversi. È importante ai fini dell'applicabilità di questa disciplina europea interrogarsi sulla nazionalità delle parti o sul luogo in cui queste sono stabilite? La Conv. e il reg. operano come tali a prescindere da dove siano stabilite le parti e a prescindere dalla nazionalità di quest'ultime; tuttavia è vero che già la Conv. e il reg. non sono del tutto insensibili a dove le parti sono stabilite, poiché per quanto il reg. voglia applicarsi quali che siano l proiezioni geografiche delle parti il modo in cui questo si applica dipende dalla circostanza che il convenuto sia domiciliato in uno Stato dell'Unione o in un Paese terzo. La distinzione a cui bisogna porre mente è dunque tra applicabilità del reg. e applicazione del reg., dove la prima non dipende dalle proiezioni geografiche delle parti, mentre la seconda è modulata secondo un criterio che è quello del domicilio del convenuto: se il convenuto è domiciliato in uno Stato membro, questo può essere attratto in un altro Stato membro soltanto sulla base delle norme uniformi dettate dal reg. di Bruxelles, se il convenuto invece è domiciliato in uno Stato terzo allora certe norme del reg. non operano ma soprattutto Page of 20 142 i giudici degli Stati membri possono dichiararsi competenti sulla base delle regole previste dagli ordinamenti interni. Per secoli gli Stati hanno ritenuto di regolare la giurisdizione dei propri giudici senza curarsi del fatto che il convenuto potesse subire un'oppressione: ad es. in Francia è in vigore una regola (art 14 del Code Civil) secondo cui i giudici francesi hanno giurisdizione ogni qual volta ad avanzare una domanda sia un cittadino francese pur in assenza di nessi oggettivi tra la fattispecie e il foro francese; in Germania invece esiste una regola secondo cui il giudice tedesco può dichiararsi competente quando risulti che lo straniero residente all'estero abbia in Germania dei beni, come titolo di giurisdizione. Questa distinzione tra domiciliati in Europa e domiciliati fuori dall'Europa è radicata nel fatto che nel mettere assieme le loro regole sulla competenza giurisdizionale, gli Stati membri si sono accordati gli uni agli altri delle condizioni di favore; ci sta dietro dunque una logica di club, secondo cui i membri del club hanno diritto a non essere giudicate fuori dal loro Paese secondo regole oppressive in vigore nel foro interno, mentre nei confronti degli altri il reg. prevede che i singoli Stati membri possano adoperare le regole attributive della giurisdizione nazionali. Tanto più che essendo il regime di Bruxelles un regime doppio, il giudice di uno Stato membro che eserciti la propria giurisdizione nei confronti di un convenuto di un Paese terzo solo in virtù del fatto che l'attore sia cittadino dello Stato membro, si vedrà grazie al regime di Bruxelles la sua decisione proiettata su tutto lo stato giudiziario europeo, infatti il regime di Bruxelles è costruito in modo tale da rendere molto facile la circolazione delle decisioni rese in uno Stato membro che ambiscono a ricevere efficacia in altri Stati membri. Nel 2012 quando si mise mano al Regolamento Bruxelles I per dar vita all'I bis la Commissione Europea si rese conto che era il caso di cancellare questa struttura, e il Parlamento Europeo si oppose affermando che se si trattassero bene i domiciliati extra europei senza niente in cambio questi continueranno a trattare male i domiciliati europei. Si configura così una situazione in cui il diritto interno continua a potersi applicare a certi convenuti mentre è inapplicabile ad altri convenuto, potendosi obiettare che non sia questo un modo per affermare che l'ambito di applicazione personale è confinato ai casi riguardanti i convenuti domiciliati in Europa; l'obiezione sarebbe pertinente se la CGUE non avesse affermato il contrario: in fin dei conti il regime di Bruxelles vuole occuparsi di tutti, semplicemente il diritto dell'Unione autorizza gli Stati membri ad applicare ciascuno le proprie norme in virtù del fatto che è il reg. a disporre così, non sulla base delle norme interne stesse. Le norme sulla competenza contenute nel reg. possono essere distinte in due macro gruppi, le norme attributive della competenza, per cui si parte da una regola generale che si applica generalmente a tutte le fattispecie rientranti nel campo di azione del reg., a cui si affiancano una serie di norme speciali sull'autonomia privata e una serie di regimi speciali su liti particolari come le liti in materia assicurativa, di contratti di consumo, di lavoro, e norme ancillari. La regola generale si incontra all'art 4 del Regolamento I-bis: "1. A norma del presente regolamento, le persone  domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro cittadinanza, davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro. 2. Alle persone che non possiedono la  cittadinanza dello Stato membro nel quale esse sono domiciliate si applicano le norme sulla competenza vigenti per i cittadini di tale Stato membro."; il criterio del domicilio del convenuto, oltre a criterio Page of 21 142 ripartitore dell'applicabilità delle norme uniformi, è anche titolo di giurisdizione. Questa competenza è una competenza generale  perché prescinde da quella che sia la materia del contendere, occorrendo comunque che la fattispecie rientri nel campo di applicazione del reg.; tuttavia a questa regola di portata generale sono comunque previste delle eccezioni, infatti per alcune categorie di domande giudiziali il reg. prevede delle norme attributive di una competenza esclusiva nel senso che vengono esclusi anche giudici che in quel caso sarebbero competenti ai sensi dell'art 4 reg. Bruxelles I-bis (es. art 24 reg. Bruxelles I-bis prevede una competenza esclusiva in materia di azioni reali immobiliari e di azioni personali relative ad immobili: la competenza giurisdizionale spetta in via esclusiva ai giudici dello Stato membro in cui si trova il bene immobile di cui si discute). Ad ogni modo, l'art 4 reg. scegli di dare importanza al domicilio del convenuto per una ragione di equità verso il convenuto al fine di evitare situazione di soggezione imposte dalla scelta dell'attore di agire in giudizio e dal momento che è l'attore che con la sua iniziativa rompe la quiete giuridica di quel rapporto, sembra più corretto che sia lui a farsi carico degli inconvenienti dell'internazionalità della lite; un'altra serie di giustificazioni ad un regola sulla competenza di questo tipo sono legate alla praticità: in quanto questione pregiudiziale la competenza si colloca prima dell'inizio del processo perché si tratta di verificare una premessa del giudizio stesso e quindi il legislatore ha una certa sfiducia nei confronti di questo tema, da qui l'esigenza dei legislatori di far sì che la questione della giurisdizione possa laddove possibile essere decisa nel modo più semplice possibile, e quindi il favore nei confronti di tutoli di giurisdizione che non richiedono grande contenzioso, come il criterio del domicilio del convenuto. Si tratta di capire poi come vada concretizzato questo criterio: il concetto di domicilio è un concetto giuridico, un'espressione giuridica il cui preciso significato è determinato da norme diverse da Paese a Paese (es. art 43 c.c.), secondo cui il domicilio viene grosso modo riconosciuto da tutti come il luogo in cui una persona ha stabilito la maggior parte dei propri interessi, anche se poi le situazioni particolari sono disciplinati diversamente. Il reg. Bruxelles-bis adotta una soluzione più semplice adottando una propria definizione di domicilio, un concetto di domicilio a livello europeo, al fine di superare i particolarismi nazionali, ai sensi dell'art 63 reg. per quanto riguarda le persone giuridiche ed enti diversi dalle persone fisiche ("1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, una società o altra persona giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova: a) la sua sede statutaria; b)   la sua amministrazione centrale; oppure c) il suo centro d’attività principale. 2. Per quanto riguarda l’Irlanda, Cipro e il Regno Unito, per «sede statutaria» si intende il «registered office» o, se non esiste alcun «registered office», il «place of incorporation» (luogo di acquisizione della personalità giuridica), ovvero, se nemmeno siffatto luogo esiste, il luogo in conformità della cui legge è avvenuta la «formation» (costituzione). 3. Al fine di definire se un trust ha domicilio nel territorio di uno Stato membro le cui autorità giurisdizionali siano adite, l’autorità giurisdizionale applica le norme del proprio diritto internazionale privato."); il concetto di domicilio qui espresso è dunque sì un concetto europeo, e quindi un concetto uniforme, però è un concetto di domicilio triplice: sede statutaria (sede formale dell'ente che risulta dai registri delle imprese secondo le leggi nazionali, è il domicilio che risulta dai documenti), sede dell'amministrazione centrale (luogo in cui l'ente o la Page of 22 142 Bruxelles stabilì un criterio per determinare cosa rientri nella nozione di materia contrattuale: nel caso concreto vi era stato una catena di contratti con cui una serie di beni in questione era passata di mano in mano fino ad arrivare all'acquirente finale, che si accorge che questi sono difettosi ed invoca quindi i rimedi che gli spettano in virtù di una norma francese pretendendo di agire nei confronti del produttore; l’attore dunque agisce nel foro dell’art 7 punto 1 reg., quindi in Francia, ma il convenuto (l’impresa tedesca Handte) eccepisce l’incompetenza fondandola sul fatto che la lite non riguarda la materia contrattuale. La Corte di Giustizia afferma in conclusione che tutto dipende per capire se si tratti di materia contrattuale dal fatto se all’origine sia riscontrabile un obbligo liberamente assunto da una parte nei confronti dell’altra (formula Handte): questa formula si compone di due elementi, da una parte con “liberamente” la Corte sembra alludere alla distinzione tra obblighi i fonte legali e e obblighi di fonte negoziale, riferendosi per quanto riguarda il reg. a quest’ultimi, mentre dall’altra con l’espressione “da una parte nei confronti dell’altra” intende riferirsi ad un obbligo che intercorra fra attore e convenuto. Ciò che manca veramente in questo caso concreto e che esclude la contrattualità della lita è questo secondo elemento, cioè la Corte in questa sentenza ha escluso che si trattasse di materia contrattuale poiché tra l’acquirente finale delle merci difettose e il  produttore di queste non era mai intercorso un rapporto diretto e quindi gli obblighi invocati dall’attore non erano stati assunti dal produttore nei confronti dell’acquirente finale, bensì nei confronti dell’impresa a cui aveva venduto in prima battuta quelle merci. Alla luce di questa catena di contratti in cui però le parti in causa non stanno in rapporto diretto fra loro la sentenza Handte esclude che si possa parlare di una lite in materia contrattuale: la Corte in questo caso mette l’accento sul fatto che occorre perché operi il foro speciale che il convenuto sia in grado di rappresentarsi la possibilità di essere attratto in giudizio di fronte a quei giudici, altrimenti i presenterebbe un elemento di ingiustizia e di oppressione. L’interpretazione dell’art 7 secondo la sentenza Handte se dovesse produrre un risultato di oppressione sarebbe un’interpretazione che contradirebbe le esigenze a cui questa norma intende rispondere, ossia ripartire la giurisdizione secondo criteri di giustizia e di prevedibilità; di fatto il produttore di questi beni ragionevolmente non poteva rappresentarsi l’eventualità di vedersi chiamato in giudizio in un luogo determinato in relazione al contratto che qualcun altro ha stipulato. La Corte di Giustizia successivamente si è servita della formula Handte per risolvere questioni simili sollevata e intorno all’interpretazione dell’art 7 punto 1 reg. nella sua portata applicativa: nella sentenza Tacconi CG C-334/00 è stato chiesto alla CGUE di stabilire se la responsabilità precontrattuale da recesso ingiustificato dalle trattative costituisse una responsabilità di tipo contrattuale agli effetti del reg. Bruxelles I-bis o una responsabilità da fatto illecito. All’interno del reg. esiste però sia un norma sulla competenza in materia contrattuale sia una norma sulla competenza in materia d fatti illeciti e dunque per stabilire quale disposizione debba essere utilizzata in un caso di responsabilità precontrattuale occorre sapere se agli effetti di quelle disposizioni la responsabilità precontrattuale vada inserita sotto la materia contrattuale o sotto la materia dei fatti illeciti; trattandosi di una definizione autonoma è irrilevante chiedersi se per i diritti nazionali sia la responsabilità precontrattuale sia contrattuale o precontrattuale, bensì è necessario acquisire una caratterizzazione europea ed Page of 25 142 indipendente. La sentenza Tacconi giunge alla conclusione che la responsabilità precontrattuale da recesso dalle trattative non appartiene all’area del contratto bensì a quella dei fatti illeciti: come argomento decisivo la Corte afferma in fin dei conti quando chi ha subito il recesso dalle trattative chiede un risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale sta facendo valere un obbligo di comportarsi secondo buona fede, secondo correttezza e trasparenza che nasce non da un negozio ma dalla legge. La Corte in questo contesto richiama in parte la giurisprudenza della sentenza Handte, nel senso di affermare che non essendoci tra le parti un accordo non c’è un obbligo liberamente assunto e quindi non può parlarsi di responsabilità contrattuale ed inquadrarsi la fattispecie nell’ambito di applicazione dell’art 7 punto 1 reg.. Se si guarda al il titolo di giurisdizione usato dall’art 7 punto 1 reg. per identificare il giudice competente in materia contrattuale si fa riferimento al luogo di adempimento dell’obbligazione dedotta in giudizio: questo pone un problema perché se il titolo di giurisdizione usata dalla norma dell’art 7 punto 1 fa riferimento all’obbligazione può far sorgere il dubbio se la norma operi ed tutta la materia contrattile e per qualsiasi controversia, o non operi per quelle controversie che riguardino un’obbligazione. Quando si litiga riguardo ad un contratto in relazione all’esistenza del vincolo o in ordine alla validità di questo oppure quando si discute dell’azione revocatoria ordinaria, in tutti questi casi di azioni contrattuali ma non specificatamente relative all’obbligazioni nascenti da contratto sorge il dubbio sull’applicabilità dell’art 7 punto 1: l Corte di Giustizia ha colto una lettura ampia di materia contrattuale secondo cui la norma si applica a tutte le domande giudiziali in materia contrattuale anche quelle legate al titolo, all’esistenza del contratto e all’azione revocatoria ecc.…. Il giudice competente in materia contrattuale si determina secondo un approccio che poi si incontra anche per le altre competenze speciali istituite dall'art 7 reg. in base all'idea secondo cui il legislatore dell'Unione ha ritenuto di dover identificare all'interno della fattispecie un elemento talmente significativo per cui una volta isolato e proiettato questo nello spazio con ciò solo si identifica il giudice competente: la sfida è dunque quella di fornire la proiezione geografica dei rapporti giuridici. Il legislatore dell'Unione ha ritenuto di isolare un elemento del contratto e di stabilire secondo la collocazione di questo determinare il giudice competente, ossia al luogo di adempimento del contratto, dove quest'ultimo deve essere realizzato, e dunque lì vi è il giudice abilitato a prendere cognizione delle liti relative; questa soluzione è secondo il legislatore dell'Unione in grado di garantire la giustizia perché in fin dei conti è un luogo così determinato tale da assicurare l'attribuzione di competenza in maniera prevedibile sia ad opera del convenuto sia ad opera dell'attore, e tale da rispondere ad esigenze di prossimità. L'adempimento, come concetto di diritto civile, nello specifico si riferisce alle obbligazioni contenuto all'interno del contratto e da qui sorge un primo problema: dal momento che all'interno dei contratti generalmente vi sono più obbligazioni, qual è l'obbligazione è quella il cui luogo di adempimento è il luogo che determina la competenza giurisdizionale? In secondo luogo, in che modo ne si determina il luogo di esecuzione? Il primo problema è legato strettamente alla struttura del contratto perché dal contratto nascono più obbligazioni e non è detto che tutte debbano essere adempiute nello stesso luogo, può addirittura darsi che la medesima parte debba adempiere alle Page of 26 142 proprie obbligazioni in più luoghi diversi. Il secondo problema invece è ancora più sfuggente: il contratto non è qualcosa che l'esperienza materiale può cogliere, bensì è una creazione del diritto comportando questo il fatto che la fisionomia del contratto e la sua determinazione nello spazio è qualcosa di determinato da norme. L'art 7 punto 1 reg. affronta quindi questi problemi: questa norma si compone di tre disposizioni normative (a, b, c), dove nella lettera a si incontra una regola tradizionale in quanto è una norma che è sempre esistita, nella lettera b si racchiudono delle regole innovative in quanto hanno visto la luce con il reg. n.44/2001, nella lettera c vi è invece una norma di raccordo. La regola tradizione ai sensi dell'art 7 punto 1 lettera a) prende posizione su che cosa sia l'obbligazione rilevante al dine di determinare il giudice competente, ossia quella dedotta in giudizio, che fa da base per la domanda giudiziale e che l'attore usa come leva per domandare giustizia al giudice; la soluzione per determinare il locus solutionis adottata dalla CGUE nel caso Tessili CG 12/76 afferma che il giudice statale investito di una domanda giudiziale al fine di stabilire la sua competenza deve agire in due fasi, la prima corrispondente alla domanda qual è la legge che regola la sostanza del contratto facendo riferimento alle norme di DIPr che riguardano la legge applicabile, la seconda corrispondente alla ricerca nella legge identificata come applicabile il criterio che consentono di identificare il luogo di adempimento. La soluzione della sentenza sul caso Tessili in merito al diritto che deve essere invocato per stabilire quale sia la fisionomia del contratto è quella della legge applicabile al contratto (c.d. lex causae), ossia la legge deputata a definire in generale il contratto in conformità alla quale tutto ciò che ruota intorno al contratto deve essere determinato; tuttavia questa soluzione è stata molto criticata in quanto farraginosa. Esistono delle situazioni affrontate dalla stessa CGUE in cui la soluzione adottata nel caso Tessili pare non funzionare del tutto: ad es. nel caso delle obbligazioni negative (CG C-256/00 Besix: la Corte afferma che dal momento che non esiste un luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio (divieto di concorrenza sleale in tutto il mondo) possa essere attesa l'art 7 punto 1 reg. non può trovare applicazione poiché opererebbe contro i valori su cui esso si è fisato) o nel caso delle obbligazioni eseguibili in più Stati (CG C-256/85 Shenavai: la Corte giunge alla conclusione che si possa prendere a riferimento ai sensi dell'art 7 punto 1 reg. l'obbligazione principale e il giudice identificato in relazione a quella sarà competente in forza dell'art 7 punto 1 lett. a) anche per tutte le obbligazioni accessorie). Nel passaggio dalla Conv. di Bruxelles al Regolamento Bruxelles I il legislatore dell'Unione ha affiancato alla lettera a) una regola nuova ai sensi della lettera b) art 7 punto 1 reg. che riguarda le liti in materia di "compravendita di beni" e di "prestazioni di servizi": leggendo la versione italiana di questa disposizione si può pensare che il legislatore dell'Unione per quanto riguarda la prima espressione faccia riferimento alla compravendita indifferenziata di beni mobili o immobili, ma se si legge le versioni nelle altre lingue i termini utilizzati fanno riferimento ai beni mobili materiali, questo a significare che se c'è una versione linguistica che è diversa da quello che quasi tutte le altre versioni affermano è altamente probabile che le versioni di minoranza siano da considerare poco in quanto frutto di una traduzione infelice; inoltre è pacifico nella giurisprudenza che l'espressione "compravendita di beni" faccia riferimento a beni mobili materiali. La regola dell'art 7 punto 1 lett. b) cambia poiché l'obbligazione rilevante ai fini della Page of 27 142 chiedersi se l'espressione evento dannoso debba essere intesa agli effetti dell'art 7 punto 2 reg. come un riferimento all'evento dannoso propriamente inteso, quindi la lesione del bene giuridico tutelato, o anche in relazione al luogo della condotta da cui è scaturito l'evento dannoso lamentato: la risposta a questo quesito è stata data dalla CGUE nella sentenza Mines de Potasse d'Alsace CG C-21/76, in cui un produttore agricolo olandese che attingeva dal Reno per reperirsi l'acqua ai fini di irrigazione si è visto rovinata la propria produzione poiché la società francese (Mines de Potasse d'Alsace) aveva riversato nel fiume delle sostante tossiche e quindi si rivolge per chiedere il risarcimento ai giudici olandesi i quali invocano l'art 7 punto 2 per stabilire la loro competenza. La CGUE in questa sentenza chiarisce il significato di questa norma sancendo quello che è riconosciuto come il principio dell'ubiquità dell'illecito, per cui un fatto illecito agli effetti delle norme attributive della competenza può essere localizzato tanto lì dove si è prodotta la condotta che ha causato la lesione quando lì dove la lesione si è manifestata, in quanto per le sue caratteristiche il fatto illecito è ubiquo; affermato ciò nel caso concreto presentato davanti alla Corte le caratteristiche del fatto illecito permettevano di affermare la competenza dei giudici di entrambi gli Stati. La Corte nello specifico giunge a questo conclusione facendo leva sull'idea di prossimità che si ispira queste norme speciali attributive della competenza, riconoscendo che un fatto illecito è rilevante per il diritto sia per la condotta sia per la lesione poiché la condotta viene colpita dal diritto in quanto riprovevole e l'evento in quanto è il parametro per poi ristorare il danneggiato. Per la Corte il giudice competente ai sensi dell'art 7 punto 2 reg. è sia il giudice della condotta sia il giudice dell'evento e di fatto ciò significa che l'attore non ha soltanto l'opzione fra l'art 4 reg. e l'art 7 punto 2 reg., ma ha anche l'opzione fra l'agire davanti al giudice del luogo della condotta o davanti al giudice del luogo dell'evento. Ad ogni modo la Corte ha dovuto da subito aggiustare la sua plurima localizzazione poiché essa non deve esser intesa come un lasciapassare verso una localizzazione senza limiti dell'illecito: nella sentenza Marinari CG C-364/93 ha ritenuto che potesse essere distinto il luogo della lesione dell'interesse dal luogo in cui vengono risentite le conseguenze di un illecito avvenuto altrove, ma il fatto che le conseguenze di un evento dannoso siano state risentite anche altrove rispetto al luogo dell'evento dannoso non può avere rilievo, giustificando questa lettura sulla base del principio di prossimità e del principio di prevedibilità, poiché se si trattasse di localizzare l'illecito avendo riguardo alle conseguenze pregiudizievoli del fatto il convenuto non potrebbe ragionevolmente sapere dove sarà attratto in giudizio. La Corte di Giustizia ha avuto poi numerose richieste di pronuncia su questa norma in virtù del fatto che alcuni illeciti sono difficoltosi da localizzare: un primo tema su cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi per risolvere il problema della competenza ai sensi dell'art 7 punto 2 reg. è quello della diffamazione (es. di diffamazione su "carta": caso Fiona Shevill CG C-68/93 in cui questa signora inglese aveva visto la sua reputazione messa in discussione da un articolo pubblicato in Francia e aveva agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento davanti ai giudici inglesi, dunque la questione portata davanti alla Corte di Giustizia riguardava lo stabilire se vi fosse effettivamente la competenza dei giudici inglesi a pronunciarsi in materia: la CGUE ha ammesso che la signora inglese avrebbe potuto agire nel luogo di domicilio del convenuto ai sensi dell'art 4 reg., oppure nel luogo Page of 30 142 della condotta, quindi nel luogo in cui è stato confezionato il giornale, ma il problema è capire se volendo agire nel luogo della lesione quel luogo dovesse intendersi il luogo in cui la signora abita ed è conosciuta oppure era soltanto il luogo in cui il giornale è stato pubblicato o diffuso. In merito la CGUE ha dovuto ammettere che la diffamazione su carta comporta una diffusione potenzialmente internazionale della notizia diffamatoria e quindi giunge ad affermare che bisogna operare un ragionamento a mosaico, secondo cui occorre consentire sì all'attore che si ritiene danneggiato di agire in giudizio in vari Paesi, almeno quelli in cui il giornale ha circolato e quelli in cui la sua reputazione è stata lesa, ma nello specifico ai giudici dei vari Paesi in cui si sono subite le lesioni per diffamazione si può chiedere però soltanto il danno patito localmente e dunque questi giudici godono di una competenza materialmente limitata, mentre per l'intero danno e quindi per la competenza integrale l'attore dovrà agire davanti ai giudici o del luogo del domicilio del convenuto ai sensi dell'art 4 reg. o del luogo della condotta ai sensi dell'art 7 punto 2 reg.. Es. di diffamazione online: caso eDate CG C-509/09 e CG C-161/10 in cui la CGUE ha elaborato una soluzione secondo cui di fronte ad illeciti nei conforti di una persona fisica particolare commessi tramite internet deve esserci la possibilità del soggetto leso di agire ai sensi dell'art 7 punto 2 reg. di fronte al giudice del luogo in cui si trova il centro principale dei suoi interessi, quindi fondamentalmente il luogo in cui la persona vive ed intrattiene la maggior parte delle sue relazioni, pur essendo ben consapevole la Corte che questa soluzione fosse un passaggio importante, in quanto ha trasformato un titolo di giurisdizione oggettivo, come il luogo dell'evento dannoso, in un titolo di giurisdizione soggettivo, come il luogo del centro di interessi del soggetto leso. Quando si fa questione della responsabilità nascente dalla lesione della reputazione di una persona lo scenario processuale prevalente è quello che si verifica quando il danneggiato agisce in giudizio nei confronti di chi ritiene responsabili dell'illecito e quindi capovolgendo la prospettiva della regola generale prevista dall'art 4 reg. il luogo rilevante non è più il domicilio del convenuto bensì il domicilio dell'attore, capovolgimento che la Corte ritiene plausibile alla luce della particolarissima situazione creatasi attraverso condotte illecite perpetrate tramite la rete.). Altri scenari in cui si sono posti dubbi di fronte alla Corte di Giustizia sul modo di localizzare un illecito sono: caso CDC CG C-352/13 in materia di illeciti concorrenziali, nello specifico su intese restrittive della concorrenza ad opera di terzi e caso Pez Hejduk CG C-441/13 in materia di violazione della proprietà intellettuale. Altri fori speciali sono i fori speciali basati sulla connessione previsti ai sensi dell'art 8 reg.; anch'essi sono fori speciali in quanto sono competenze pensate per una classe ristretta di competenze e la loro specialità è ancora una volta legata ad un'idea di prossimità che però non è più geografica, bensì processuale. La situazione che si evoca è quella che si verifica quando vengono proposte tra loro domande connesse, e in tutti questi casi sorge la domanda se non sia opportuno consentire all'attore di agire per entrambe le domande di fronte ad un unico giudice. L'art 8 reg. predispone tre scenari: il punto 1 riguarda il caso di litisconsorzio passivo, ossia la situazione in cui più parti sono attratte nello stesso giudizio perché l'attore ritiene che la fattispecie rispetto alla quale solleva la richiesta al giudice interessi vari convenuti e che un giudizio unico sia la soluzione ideale, in cui il reg. affida la competenza al giudice del Page of 31 142 luogo in cui si trova il domicilio di uno qualsiasi dei convenuti, aggiungendo così opportunità all'attore rispetto all'art 4 reg., in virtù della causa giustificatrice della connessione; il punto 2 riguarda invece il caso della chiamata in garanzia, ossia quando l'attore agisce nei confronti di un convenuto che a sua volta intende agire nei confronti di un terzo, in cui il reg. affida la competenza di questa seconda domanda al giudice competente per la domanda principale in virtù della connessione; il punto 3 infine riguarda il caso della domanda riconvenzionale, ossia la domanda che il convenuto propone contro l'attore basandosi sugli stessi fatti o sullo stesso rapporto su cui si è fondata la domanda dell'attore, in cui il reg. affida la competenza per la seconda domanda al giudice competente per la domanda principale sempre in virtù della connessione. La scelta del giudice competente è disciplinata ai sensi dell'art 25 reg. ("1. Qualora le parti, indipendentemente dal loro domicilio, abbiano convenuto la competenza di un’autorità o di autorità giurisdizionali di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza spetta a questa autorità giurisdizionale o alle autorità giurisdizionali di questo Stato membro, salvo che l’accordo sia nullo dal punto di vista della validità sostanziale secondo la legge di tale Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. L’accordo attributivo di competenza deve essere: a)  concluso per iscritto o provato per iscritto; b)   in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro; o c)  nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale ambito, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel settore commerciale considerato. 2. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole dell’accordo attributivo di competenza. 3. L’autorità o le autorità giurisdizionali di uno Stato membro alle quali l’atto costitutivo di un trust ha attribuito competenza a giudicare hanno competenza esclusiva per le azioni contro un fondatore, un trustee o un beneficiario di un trust, ove si tratti di relazioni tra tali persone o di loro diritti od obblighi nell’ambito del trust. 4. Gli accordi attributivi di competenza e le clausole simili di atti costitutivi di trust non sono valide se in contrasto con le disposizioni degli articoli 15, 19 o 23 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva attribuita alle autorità giurisdizionali ai sensi dell’articolo 24. 5. Una clausola attributiva di competenza che fa parte di un contratto si considera indipendente dalle altre clausole contrattuali. La validità della clausola attributiva di competenza non può essere contestata per il solo motivo che il contratto è invalido.") ed è un accordo predisposto dalle parti della controversia con cui queste intendono conferire la competenza ai giudici di un certo Stato o ad un particolare ufficio giudiziario con riguardo ad una lite o ad una serie di liti, sia che queste siano già insorte sia che queste siano solo eventuali; di fatto il campo di elezione degli accordi sulla competenza giurisdizionale sono i contratti commerciali. L'art 25 reg. si occupa soltanto degli accordi che intendono conferire la competenza ai giudici di uno Stato membro, ma a differenza degli artt. 7 e 8 reg. questo articolo afferma che è indifferente il domicilio delle parti contendenti. Un accordo sulla competenza, sempre che sia valido, ha due effetti: un effetto positivo di conferimento della competenza, c.d. effetto di proroga, che Page of 32 142 il frutto di dolo o errore, o siano l'esisto di una coazione e quindi viziati da violenza, per il quale però il reg. non detta delle condizioni autonome ma bisogna attingere ad una legge statale, ossia alla legge dello Stato del foro prorogato, quindi la legge del Paese a cui appartiene l'autorità giurisdizionale identificata come competente. Un limite più generale che condiziona la possibilità per le parti di accordarsi per la competenza giurisdizionale è costituito dalle competenze esclusive ed imperative dell'art 24 reg. ("Indipendentemente dal domicilio delle parti, hanno competenza esclusiva le seguenti autorità giurisdizionali di uno Stato membro: 1)   in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di locazione di immobili, le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui l’immobile è situato. Tuttavia, in materia di contratti di locazione di immobili a uso privato temporaneo stipulati per un periodo massimo di sei mesi consecutivi, hanno competenza anche le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato, purché il conduttore sia una persona fisica e il locatore e il conduttore siano domiciliati nel medesimo Stato membro; 2)  in materia di validità della costituzione, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui la società o persona giuridica ha sede. Al fine di determinare tale sede l’autorità giurisdizionale applica le proprie norme di diritto internazionale privato; 3)   in materia di validità delle trascrizioni e iscrizioni nei pubblici regi stri, le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio i registri sono tenuti; 4)  in materia di registrazione o di validità di brevetti, marchi, disegni e modelli e di altri diritti analoghi per i quali è prescritto il deposito ovvero la registrazione, a prescindere dal fatto che la questione sia sollevata mediante azione o eccezione le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio il deposito o la registrazione sono stati richiesti, sono stati effettuati o sono da considerarsi effettuati a norma di un atto normativo dell’Unione o di una convenzione inter nazionale. Fatta salva la competenza dell’Ufficio europeo dei brevetti in base alla convenzione sul rilascio di brevetti europei, sottoscritta a Monaco di Baviera il 5 ottobre 1973, le autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro hanno competenza esclusiva in materia di registrazione o di validità di un brevetto europeo rilasciato per tale Stato membro; 5) in materia di esecuzione delle decisioni, le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio ha o ha avuto luogo l’esecuzione."), le quali sono competenze che non concorrono con le altre e addirittura escludono la competenza ai sensi dell'art 4 reg.; a sottolineare il fatto che queste competenze ai sensi dell'art 24 reg. sono particolarmente sentite dal legislatore c'è il fatto che le disposizioni di cui si parla operano a prescindere dal domicilio del convenuto e sono inderogabili. Esempi di clausole di electio fori possono essere: "Tutte le controversie relative al presente contratto saranno decise dal Tribunal de Commerce di Lione." oppure "La competenza a pronunciarsi delle eventuali controversi concernenti il presente contratto appartiene ai giudici tedeschi. Tuttavia il venditore, se lo desidera, può agire in giudizio davanti al Tribunale di Milano.". Accanto alla designazione del giudice competente ai sensi dell'art 25 reg., vi è anche ai sensi dell'art 26 reg. la possibilità di una proroga tacita della giurisdizione ("1. Oltre che nei casi in cui la sua competenza giurisdizionale risulta da altre disposizioni del presente regolamento, l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro davanti al quale il convenuto è comparso è competente. Tale norma non è applicabile se la comparizione Page of 35 142 avviene per eccepire l’incompetenza o se esiste un’altra autorità giurisdizionale esclusivamente competente ai sensi dell’articolo 24. 2. Nelle materie di cui alle sezioni 3, 4 o 5, se il contraente dell’assicurazione, l’assicurato, il beneficiario di un contratto di assicurazione, la parte lesa, il consumatore o il lavoratore è il convenuto, l’autorità giurisdizionale, prima di dichiararsi competente ai sensi del paragrafo 1, si assicura che il convenuto sia informato del suo diritto di eccepire l’incompetenza dell’autorità giurisdizionale e delle conseguenze della comparizione o della mancata comparizione."): l'idea è che se davanti al giudice investito della domanda dell'attore il convenuto si presenta e non ne eccepisce l'incompetenza, ebbene quel giudice adito diventa competente anche se non lo sarebbe, in quanto l'inerzia del convenuto fa di lui un giudice competente. Si tratta di una norma attributiva della competenza giurisdizionale che utilizza come titolo di giurisdizione la circostanza che il convenuto si sia costituito e sia comparso davanti al giudice e rispetto alla questione della competenza giurisdizionale sia rimasto inerte, difendendosi nel merito: questo suo comportamento di difendersi nel merito diventa incompatibile con una contestazione sulla giurisdizione. Stando così le cose la volontà di accettazione presunta del convenuto, vale come titolo attributivo della competenza giurisdizionale del giudice adito dall'attore e di fronte al quale il convenuto si è costituito ed è comparso. Come limiti all'operare della proroga tacita si riscontrano due situazioni, la prima è la possibilità per il convenuto di comparire e difendersi nel merito subordinatamente ad un'eccezione di incompetenza e la seconda è l'esistenza di un giudice esclusivamente competente ai sensi dell'art 24 reg.. L'accertamento della competenza giurisdizionale è disciplinato dagli artt. 27 ("L’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, se investita a titolo principale di una controversia per la quale l’articolo 24 stabilisce la competenza esclusiva di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, dichiara d’ufficio la propria incompetenza.") e 28 reg. ("1. Se il convenuto domiciliato in uno Stato membro è citato davanti a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro e non compare, l’autorità giurisdizionale dichiara d’ufficio la propria incompetenza, a meno che non sia competente in base alle disposizioni del presente regolamento. 2. L’autorità giurisdizionale sospende il processo fino a quando non sarà accertato che al convenuto è stata data la possibilità di ricevere la domanda giudiziale o un atto equivalente in tempo utile per poter presentare le proprie difese, ovvero che sono state adottate tutte le misure a tal fine necessarie. 3. Le disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo sono sostituite da quelle dell’articolo 19 del regolamento (CE) n. 1393/2007 del Par lamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti), qualora sia stato necessario trasmettere da uno Stato membro a un altro la domanda giudiziale o un atto equivalente in esecuzione del suddetto regolamento. Nei casi di cui al paragrafo 1, su istanza di un'autorità giurisdizionale investita della controversia, ogni altra autorità giurisdizionale comunica senza indugio alla prima la data in cui è stata adita a norma dell'articolo 32. 4. Ove il regolamento (CE) n.1393/2007 non sia applicabile, si applica l’articolo 15 della convenzione dell’Aia, del 15 novembre 1965, relativa alla notificazione e alla comunicazione all’estero degli atti giudiziari ed Page of 36 142 extragiudiziari in materia civile o commerciale, qualora sia stato necessario trasmettere all’estero la domanda giudiziale o un atto equivalente ai sensi della suddetta convenzione."): ogni Stato memento dell'Unione ha il proprio diritto processuale e non esiste se non in misura molto limitata una armonizzazione del diritto processuale, poiché disciplinare la procedura significa regolare l'organizzazione di un'attività statale e dunque ogni Stato ne è geloso; per questo motivo il reg. disciplina soltanto alcuni aspetti dell'accertamento della competenza, lasciando altri aspetti alla disciplina dei diritti nazionali. Di norma spetta al convenuto introdurre a quaestio iurisdictionis, se vuole che si discuta nel processo della giurisdizione; in qualche caso invece spetta al giudice introdurre d'ufficio la questione della competenza: ai sensi dell'art 28 reg. il giudice dispone d'ufficio sulla competenza quando il convenuto domiciliato in uno Stato membro non compaia, ossia non si costituisce, oppure se sussiste la competenza esclusiva ex art 24 reg. dei giudici di un altro Stato membro. Quando spetta al convenuto introdurre la questione sulla giurisdizione, questo lo deve fare nel primo scritto difensivo altrimenti vi sarà proroga tacita ai sensi dell'art 26 reg., in quanto l'inerzia del convenuto fa sorgere la competenza del giudice adito; tuttavia il convenuto nel suo primo scritto difensivo può formulare la sua eccezione di difetto di giurisdizione e subordinatamente al rigetto di quella eccezione può formulare le sue eccezioni nel merito. Qualche volta può succedere che l'accertamento della giurisdizione dipenda da norme che fanno riferimento a fatti: sorge il problema di stabilire se agli effetti della pronuncia sulla competenza giurisdizionale questi fatti debbano essere provati e da chi debbano essere provati. Una volta che la questione è posta davanti al giudice e deve quindi pronunciarsi su di essa, la regola è che il giudice adito accerta la propria competenza come questione pregiudiziale poiché appunto la giurisdizione è una legittimazione a pronunciarsi sul merito: cfr. art 187 co 3 ("Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.": questa disposizione consente al giudice italiano di rimandare la decisione sulla giurisdizione a dopo la trattazione e l'istruzione della causa; il giudice può quindi o decidere la questione della giurisdizione subito oppure decidere la questione insieme al merito) e art 41 c.p.c. ("Regolamento di giurisdizione. Finche' la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all'art. 37. L'istanza si propone con ricorso a norma degli artt. 364 ss., e produce gli effetti di cui all'art. 367. La pubblica amministrazione che non è parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all'amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.": la norma consente a ciascuna delle parti di, finché la causa pende in primo gradi, investire la Corte di Cassazione a Sezioni Unite della questione di giurisdizione, il c.d. regolamento preventivo di giurisdizione, al fine di sciogliere qualsiasi dubbio in maniera definitiva in merito alla questione della giurisdizione).   - La connessione fra procedimenti Page of 37 142 propria competenza giurisdizionale e laddove affermasse la propria competenza, il giudizio pendente davanti al secondo giudice non avrebbe più senso di restare in piedi e il giudice prevenuto dovrà procedere con la declinatoria di competenza. Questo meccanismo risponde ad una logica di fungibilità della competenza giurisdizionale, ossia dietro la regola della litispendenza c'è il presupposto per cui sebbene gli apparati giudiziari dei vari Stati membri sono molto diversi in quanto operano sulla base di regole molto diverse, essi in fin dei conti sono fungibili, ossia c'è la considerazione del legislatore dell'Unione che trai vari apparati giudiziari vi sia una sostanziale equivalenza, come riflesso di una mutua fiducia tra i vari Stati basata sulla grande motivazione del processo di integrazione svolto dall'Unione nel suo complesso e sulla comune partecipazione degli Stati ad un patrimonio di valori comuni; l'altra considerazione che sta dietro alla litispendenza risponde alla regola per cui ogni giudice è giudice della propria competenza. Questo meccanismo ha però un grosso difetto pratico che consiste nell'incitare le parti ad iniziative tattiche di mala fede: la c.d. Italian torpedo è una tecnica che consiste nell'agire in fretta davanti ad un giudice lento, come il giudice italiano, in modo tale che venga instaurato un processo, cosicché se l'altra parte volesse agire in giudizio a sua volta, magari davanti ad un giudice più veloce, se non lo fa sufficientemente in fretta il secondo giudice si troverà a dover sospendere il proprio giudizio e aspettare quindi che il primo giudice si pronunci sulla propria competenza (rallentando così l'azione dell'avversario). Al fine di evitare questo utilizzo abusivo della regola della prevenzione temporale dell'art 29 reg. in sede di rifusione del reg. Bruxelles I è stato introdotta una regola nell'art 31 par 2 reg. Bruxelles I-bis: "2. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 26, qualora sia adita l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro al quale un accordo di cui all’articolo 25 conferisce competenza esclusiva, qualunque autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sospende il procedimento fino a quando l’autorità giurisdizionale adita sulla base dell’accordo dichiara di non essere competente ai sensi dell’accordo.", norma che serve a dire che il giudice scelto dalle parti gode del primato ancorché fosse il giudice adito per secondo. La litispendenza extraeuropea o internazionale è disciplinata dall'art 33 reg., prevista per la prima volta dal reg. Bruxelles I bis poiché politicamente se fra Stati membri si può presumere una reciproca fiducia, con i giudici degli Stati terzi è più difficile stabilire una fiducia reciproca: "1. Quando la competenza si fonda sull’articolo 4 o sugli articoli 7, 8 o 9 e davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato terzo pende un procedimento al momento in cui l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro è investita di una causa tra le medesime parti, avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo del procedimento promosso davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato terzo, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro può sospendere il procedimento qualora: a) si preveda che l’autorità giurisdizionale dello Stato terzo emetta una decisione che può essere riconosciuta e, se del caso, eseguita nello Stato membro; e b) l’autorità giurisdizionale dello Stato membro sia convinta che la sospensione è necessaria per la corretta amministrazione della giustizia. 2. L’autorità giurisdizionale dello Stato membro può proseguire il procedimento in qualunque momento se: a) il procedimento davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato terzo è sospeso o interrotto; b) l’autorità giurisdizionale dello Stato membro ritiene improbabile che il procedimento davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato terzo si Page of 40 142 concluda entro un termine ragionevole; o c)  è necessario proseguire il procedimento per la corretta amministrazione della giustizia. 3. L’autorità giurisdizionale dello Stato membro dichiara l’estinzione del processo se il procedimento davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato terzo si è concluso con una decisione che può essere riconosciuta e, se del caso, eseguita in tale Stato membro. 4. L’autorità giurisdizionale dello Stato membro applica il presente articolo su istanza di parte o, laddove ammesso dalla legge nazionale, d’ufficio."; l'art 33 reg. disciplina la litispendenza extraeuropea soltanto nell'ipotesi in cui il giudice prevenuto, quindi adito per secondo, sia un giudice europeo perché la regola è sempre quella della prevenzione temporale e quindi se il giudice adito per primo è extraeuropeo allora il giudice europeo può ricevere ordini dal diritto dell'Unione per fare quanto necessario a non ostacola il procedimento che si sta svolgendo al di fuori dell'Unione, mentre nello scenario inverso non basta più il diritto dell'Unione. Quando si verificano le condizioni previste dall'art 33 reg. il giudice europeo ha la facoltà di sospendere il procedimento: occorre in particolare perché intervenga la sospensione che sia prevedibile che la decisione che verrà resa nello Stato non europeo sarà riconoscibile nello Stato membro del foro; infatti esistono delle condizioni per cui le decisioni rese in uno Stato terzo possa entrare e spiegare i propri effetti all'interno di un altro Stato. Questa prognosi ha l'effetto di dire che se è vero che il coordinamento tra i procedimenti serve a scongiurare il pericolo di un contrasto tra decisioni se la decisione dello Stato terzo non può fare ingresso nello Stato in questione non si pone nemmeno un pericolo di contrasto. Ecco che solo se la prognosi di riconoscibilità dà un esito favorevole, se la decisione appare oggi potenzialmente riconoscibile in uno Stato membro, appare allora sensato sospendere il procedimento. Altra condizione che deve essere soddisfatta perché si proceda a sospensione è che questa serva ad una buona amministrazione della giustizia: espressione molto vaga che premia la discrezionalità del giudice, l'idea più accreditata è quella di fare in modo che le garanzie processuali fondamentali vengano soddisfatte e quindi se vi è il rischio che il giudice preveniente extraeuropeo non produrrà un risultato giusto proceduralmente, allora la sospensione in qualità di atto di ossequio non risulta giustificato. Un'altra differenza rispetto alla litispendenza europea consiste nel fatto che la previsione dell'art 33 reg. è nel senso che nel giudice che eventualmente sospende comunque non può declinare la propria competenza.   - Le altre regole sulla competenza giurisdizionale • La Convenzione di Lugano del 2007 e la Convenzione dell'Aja del 2005 Oltre al Regolamento Bruxelles I bis il sistema delle fonti ricomprende altri atti ulteriori che lo vanno a completare, tra questi vi è la Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 la quale è una convenzione parallela al regime di Bruxelles. Questa convenzione presenta una convergenza non causale poiché di fatto nel 1988 gli Stati membri della CE hanno ritenuto che fosse opportuno proporre ad alcuni Stati non membri vicini l'adozione di regole simili all'interno dello spazio giudiziario europeo attraverso quindi l'adozione di un atto quale la convenzione. Alla Convenzione di Bruxelles del 1968 allora si affiancò la prima Convenzione di Lugano del 1988, successivamente con l'introduzione del reg. Bruxelles I si è reso necessario cambiarla ed è stata introdotta la Page of 41 142 seconda Convenzione di Lugano del 2007 la quale non è stata seguita da una terza edizione al momento dell'instaurazione del regime del reg. Bruxelles I bis; tuttavia in virtù poi di due protocolli allegati alla Conv. di Lugano del 2007 l'interpretazione della Convenzione medesima è sempre sincronizzata con l'interpretazione del reg. Bruxelles I e I bis. Questa identità di contenuto comporta che anche al Conv. di Lugano ad es. ha la sua normativa sugli accordi di elezione del foro (art 25 reg. e art 23 Conv.), cosicché si producono effetti simili a quelli che si producono negli Stati membri in virtù di tale disciplina. La Conv. di Lugano è in vigore per i rapporti tra l'Unione con la Svizzera, la Norvegia, l'Islanda e la Danimarca (anche se in una situazione un po' particolare); essendo una convenzione in vigore per l'Unione, i singoli Stati membri sono vincolati alla medesima in forza del suo diritto. Un discorso simile vale per la Convenzione dell'Aja del 30 giugno del 2005, elaborata in seno alla Convenzione internazionale di diritto internazionale privato dell'Aja, in vigore tra pochi Stati attualmente (UE, Messico, Montenegro, Singapore e Regno Unito) la quale ha un oggetto molto specifico, ossa riguarda gli accordi di elezione del foro; essa viene in considerazione soltanto quando la designazione del giudei competente sia voluta dalle parti come esclusiva e opera soltanto quando il giudice designato sia quello di uno Stato contraente. Da ultimo bisogna sottolineare che sia Bruxelles I bis sia Lugano 2007 sia Aja 2005 hanno un campo di applicazione materiale molto limitato. • Le regole di diritto comune Le norme interne assolvono ad una funzione residuale e sussidiaria, ossia vengono in rilievo, dato il primato del diritto dell'Unione Europea e data la salvaguardia costituzionale degli obblighi internazionali, solo quando questi strumenti non sono utilizzabili. La norma di riferimento è l'art 3 L. 218/1995, come norma generale in materia di giurisdizione di cognizione/contenzioso: "Ambito della giurisdizione. 1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio."; bisogna badare bene al fatto che se il domicilio del convenuto si trova in Italia la giurisdizione non sussiste in forza dell'art 3 co 1 L. 218/1995, ma in forza del reg. Bruxelles I bis se la fattispecie rientra nell'ambito materiale di applicazione del reg. medesimo. Ai sensi del comma 2 prima parte l'idea del legislatore è quella di stabilire una regola interna attributiva della giurisdizione per il caso in cui la Conv. di Bruxelles non abbia nulla da dire, ossia in quei casi in cui vengono in gioco norme della Conv. la cui applicabilità dipende dalla circostanza che il domicilio del convenuto non si trovi in Europa, dal momento che le norme in materia di competenza e di fori speciali della Page of 42 142 mosse da ciascuna delle leggi che apparirebbero contendersi la regolamentazione della fattispecie e misurandone la portata; si tratta di una situazione in cui si confrontano due ordinamenti giuridici, ognuno con la sua volontà di regolare la fattispecie, dunque per sciogliere il conflitto si tratta di partire dall'esame delle norme in vigore nei due ordinamenti e stabilire misurando la portata di tali norme se la fattispecie rientri fra quelle che il primo ordinamento voglia regolare o che lo voglia fare il secondo ordinamento. Si parla di approccio unilateralista poiché ogni legge di quelle che si contendono la regolamentazione della fattispecie dal punto di vista di ciascuno ordinamento esprime una valutazione circa la opportunità o la necessità che una certa fattispecie venga regolata dalla sua norma. Il problema quindi nasce quando entrambe o più norme vogliono regolare la fattispecie dal loro punto di vista e in questi casi occorre qualche criterio di preferenza che sciolga il conflitto, tra cui la preferenza della legge del foro. 2. L'approccio bilateralista si fonda sul fatto che il diritto privato di ciascun ordinamento non è pensato per regolare solo le fattispecie legare a quell'ordinamento bensì è idoneo a regolare qualsiasi fattispecie ovunque si sviluppi nel mondo, quindi nessun sistema privatistico ha una volontà di applicarsi a questa o quella fattispecie, bensì esistono e la loro applicabilità nel caso di specie dipende da altre considerazioni, quali la localizzazione della fattispecie. Secondo questo approccio l'applicabilità di una legge o dell'altra dipende dal se la fattispecie di cui si discute si intende localizzata in uno determinato Stato in cui vige quel determinato sistema privatistico: il problema quindi non è più se la legge di un determinato ordinamento voglia regolare la fattispecie, ma si tratta di capire da che cosa dipenda la localizzazione di tale fattispecie per cui questa sarà retta da una determinata legge se la sua sede è nel Paese in cui vige tale legge. Nel Medioevo quando ha cominciato a delinearsi la fisionomia del DIPr l'unico metodo veramente considerato per la risoluzione di conflitti di DIPr era l'approccio unilateralista, dove l'esperienza giuridica italiana era dominata dalla pluralità e le norme di DIPr venivano ricavate dai vari statuta delle realtà locali. Il giurista medievale partiva dalla considerazione di questi statuta e stabiliva se nel caso di specie stabiliva se vi fosse la volontà di applicarsi alla fattispecie di un determinato statuto rispetto ad un altro (c.d. approccio statutario). All'epoca poi si venne ad elaborare una costruzione teorica secondo cui si veniva a distinguere a seconda della natura delle varie norme privatistiche in questione: ad es. si distingueva tra statuti reali, statuti personali e statuti misti, dove i primi erano di applicazione territoriale, i secondi si collegavano alla persona anche in relazione alla loro applicazione. Tutta questa ricostruzione è stata definitivamente messa in discussione alla metà del XIX secolo quando si è imposto preminentemente l'approccio bilateralista: il fautore di tale approccio fu Friedrich Carl Von Savigny, il quale dedicò qualche tempo alla fine della sua vita al DIPr. A lui si deve proprio una sorta di rivoluzione copernicana nel metodo, ossia la riconsiderazione dell'approccio unilalteralistico e l'avvento dell'approccio bilateralistico: il punto di partenza non doveva essere lo statuto, ma la fattispecie e il modo di risolvere i conflitti di legge consiste nel determinarne la sede. Per Savigny inoltre la cultura giuridica romana era comune al mondo giuridico di allora, come architettura di sistema, come insieme di concetti e come razionalità, e sulla base di questo qualcosa di comune Page of 45 142 giunge ad organizzare i rapporti fra le varie leggi e risolverne i conflitti, proponendo per localizzare le fattispecie di servirsi proprio del diritto romano. Sulla base dell'approccio bilaterilistico è andato sviluppandosi il c.d. metodo tradizionale dei conflitti di leggi, come traduzione organizzata dell'idea bilateralista di Savigny, obbedendo quindi ad una logica localizzatrice; questo modo di intendere presuppone al fungibilità delle esperienze giuridiche, ossia tutte stanno sullo stesso piano. L'applicabilità di questa o quella legge dipende soltanto da un evento quasi accidentale quale la localizzazione della fattispecie. Savigny intendeva i rapporti fra i vari sistemi giuridici nazionali come dei rapporti fra eguali e soprattutto concepiva le varie esperienze giuridiche non solo eguali ma anche comunicabili tra di loro, in quanto usando le norme bilaterali sui conflitti di legge i giudici dei vari Stati applicano a seconda di dove si localizzi la fattispecie ora la legge dell'uno ora la legge dell'altro Stato. Le varie leggi si considerano sulla base dell'approccio bilateralista equi ordinate e fungibili e la loro coesistenza è organizzata sulla base della loro localizzazione; questa fungibilità ed equivalenza nascono quindi dalla sostanziale unità di patrimonio giuridico della varie leggi statali e sulla base di questa condivisione diviene possibile risolvere i conflitti di legge non facendo riferimento alla volontà di applicazione di quella medesima legge ma semplicemente collocando nello spazio la fattispecie e facendo discendere da tale collocazione spaziale l'individuazione della legge applicabile. Di fatto il metodo tradizionale di conflitti di legge si traduce nell'uso di norme di conflitto che sono generali ed astratte, e che includono uno o più criteri di collegamento, quale elemento della fattispecie che consente di localizzarla, e così facendo la norma opera il c.d. richiamo della legge del Paese in cui ha sede il rapporto (es. di norme di conflitto: art 25 "Società ed altri enti. 1. Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti. 2. In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente: a) la natura giuridica; b) la denominazione o ragione sociale; c) la costituzione, la trasformazione e l'estinzione; d) la capacità; e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi; f) la rappresentanza dell'ente; g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità; h) la responsabilità per le obbligazioni dell'ente; i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell'atto costitutivo. 3. I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati.", dove il criterio di collegamento è il luogo di costituzione della società e art 43 L. n.218/1995: "Protezione dei maggiori d'età. 1. I presupposti e gli effetti delle misure di protezione degli incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura, sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace. Tuttavia, per proteggere in via provvisoria e urgente la persona o i beni dell'incapace, il giudice italiano può adottare le misure previste dalla legge italiana.", dove il criterio di collegamento è la legge di cittadinanza del soggetto da proteggere). Il richiamo è l'effetto di una norma di conflitto e determina l'applicabilità delle norme del Paese in cui si colloca la Page of 46 142 fattispecie, identificato attraverso il criterio di collegamento; il concetto di norma però è un po' generico, esistono nell'accezione più ampia norme generali ed astratte e norme specifiche e concrete: il richiamo opera nel senso di determinare l'applicabilità della sole norme generali ed astratte dell'ordinamento del Paese in cui si colloca la fattispecie, mentre i provvedimenti delle autorità circolano attraverso altri meccanismi. Il richiamo essendo contenuto nella norma di conflitto prescrive tale applicabilità, quindi non funge da consiglio per il giudice, ma costui non potrà far altro che applicare tale normativa anche se straniera: quando si parla di legge applicabile perché è stata richiamata, tale legge diventa parametro di giudizio, ossia l'orizzonte sul quale il giudice staglia la fattispecie e la decide. Altro tema strettamente correlato a quello del richiamo è l'istituto del rinvio: il problema è quello di stabilire quando si debba applicare la legge straniera di questa che cosa esattamente interessa, se soltanto le norme sostanziali o anche le norme di conflitto di quell'ordinamento? Se si deve tener conto anche delle norme di conflitto dell'ordinamento richiamato, si potrebbe scoprire che le norme di conflitto di quell'ordinamento a loro volta richiamino le leggi di un altro Stato: questo secondo richiamo prende il nome di rinvio. Il rinvio può essere un richiamo della legge del foro, c.d. rinvio all'indietro, oppure un richiamo alla legge di un Paese di verso, c.d. rinvio oltre: per i casi disciplinati dalla L. n.218/1995 la legge stessa afferma in quali situazioni si deve tener conto dell'invio (es. art 13 "Rinvio. 1. Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato: a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio; b) se si tratta di rinvio alla legge italiana. 2. L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa: a) nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate; b) riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti; c) in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo. 3. Nei casi di cui agli articoli 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione. 4. Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione.", salvo alcune eccezioni si tiene conto del rinvio all'indietro e del rinvio oltre "accettato" e art 43 L. n.218/1995 "Protezione dei maggiori d'età. 1. I presupposti e gli effetti delle misure di protezione degli incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura, sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace. Tuttavia, per proteggere in via provvisoria e urgente la persona o i beni dell'incapace, il giudice italiano può adottare le misure previste dalla legge italiana.", secondo cui se si discutesse di un cittadino cinese residente in Italia a cui si debba applicare l'amministrazione di sostegno si scoprirebbe che l'articolo citato fa richiamo al diritto cinese il quale diritto fa utilizzo del criterio del domicilio e quindi per rinvio si applicherebbe il diritto italiano).   - Il regolamento Roma I Il Regolamento c.d. Roma I, reg. n.593/2008, disciplina la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed è in vigore per tutti i Paesi membri dell'Unione Europea (eccetto la Danimarca), quindi è fonte di norme di conflitto uniformi operanti in tutti gli Page of 47 142 scelta anteriore effettuata ai sensi del presente articolo o per effetto di altre disposizioni del presente regolamento. Qualsiasi modifica relativa alla determinazione della legge applicabile, intervenuta posteriormente alla conclusione del contratto, non ne inficia la validità formale ai sensi dell’articolo 11 e non pregiudica i diritti dei terzi. 3. Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la scelta, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese non permette di derogare convenzionalmente. 4. Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la scelta, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa da quella di uno Stato membro ad opera delle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni di diritto comunitario, se del caso, come applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso derogare convenzionalmente. 5. L’esistenza e la validità del consenso delle parti sulla legge applicabile sono disciplinate dagli articoli 10, 11 e 13."; questa norma è una norma strumentale che consente di capire che strada percorrere per pervenire a quale sia il regime materiale del contratto e come tale è una norma di conflitto bilaterale che localizza la fattispecie sulla base di un criterio di collegamento, il quale però non si ricollega alla fattispecie, ma che viene delineato dalle parti stesse. Si è al cospetto con questa regola di una espressione di autonomia, ma occorre tenere ben distinte quella che è l'autonomia contrattuale (cfr. art 1322 c.c.) e l'autonomia c.d. conflittuale o internazional-privatistica: in entrambe ciò che conta è la volontà delle parti che informa di sé la realtà giuridica, ma mentre la prima serve a forgiare il contenuto del contratto nel rispetto delle norme imperative, la seconda ha una funzione completamene diversa ossia identifica la legge applicabile alla fattispecie e dunque viene logicamente prima dell'autonomia negoziale in quanto le norme disciplinanti quest'ultima si applicheranno una volta che sia stata localizzata la fattispecie e quindi identificato l'ordinamento la cui legge sia applicabile. L'autonomia conflittuale dunque consente di organizzare la coesistenza delle varie esperienze giuridiche e delle varie leggi nazionale, e perciò è logicamente preliminare permettendo quindi di capire da quali norme correttamente attingere la disciplina della c.d. autonomia contrattuale. La ratio di una tale previsione di autonomia è sia politica sia di carattere giuridico in senso generale: ciò che ha convinto però i redattori dell'allora Conv. di Roma a valorizzare l'autonomia conflittuale è il fatto che in primo luogo nella costruzione liberale del mercato interno la grande fiducia che l'Unione ha nei confronti dell'iniziativa privata si spinge fino a fare spazio agli attori del mercato non solo quanto al contenuto dei loro rapporti ma anche nello scegliersi la legge applicabile e in secondo luogo determinare la legge applicabile ad un contratto in mancanza di scelta in realtà è molto complesso, poiché determinare la sede di un contratto è un'operazione difficile e quindi per evitare tale difficoltà se le parti si mettono d'accordo si garantisce più certezza nel caso di contrasti. Le parti dunque sono liberi di scegliere: ma su che cosa può cadere questa scelta? Ai sensi dell'art 3 reg. le parti possono, da una parte, scegliere solo la legge di uno Stato come legge regolatrice di un contratto, dall'altra poi possono scegliere come legge applicabile al contratto indifferentemente la legge di un qualsiasi Stato sia membro dell'UE sia terzo. Dal momento poi che il contratto può essere fatto di tante disposizioni l'art 3 Page of 50 142 reg. prevede la possibilità che le parti stabiliscano convenzionalmente la legge applicabile all'intero contratto oppure a singoli aspetti del medesimo realizzando così il c.d. frazionamento del contratto (c.d. dépeçage). La scelta può essere normalmente compiuta contestualmente alla conclusione contratto, inserendo quando sia fatto per iscritto una clausola ad hoc, ma al fine di privilegiare l'autonomia delle parti il reg. prevede che la scelta possa essere compiuta anche successivamente. Per quanto riguarda la forma della scelta di per sé, a differenza della scelta del giudice competente, il reg. non detta alcuna regola specifica o condizione particolare da rispettare affinché questa sia valida, piuttosto all'art 3 reg. si prevede che la scelta deve essere espressa o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze (c.d. scelta tacita che non è una scelta presunta, ossia chiedersi che cosa avrebbero fatto le parti nel caso avessero deciso di scegliere). Vi sono alcune ipotesi di clausole che sono problematiche in relazione all'art 3 reg.: • "Il presente contratto è regolato dalla Sharia", dove il problema nell'ottica dell'art 3 reg. è che la Sharia non è la legge di uno Stato ma è una legge religiosa non statale; • "Il rapporto tra le parti è regolato dalla norme italiane in vigore all'epoca della conclusione dell'accordo", c.d. freezing clauses, con le quali si cerca immunizzare il contratto dall'eventuale sopravvenienza di norme ulteriori, ma quando si cerca di trovare la legge applicabile ad un rapporto privatistico si identifica l'orizzonte normativo di quella fattispecie, e questo comporta che se l'orizzonte cambia e le nuove norme che si affacciano in quell'ordinamento pretendono di regolare dal loro punto di vista situazioni già esistenti, di conseguenza cambierà anche l'orizzonte normativo del contratto. Si tratta di una clausola che assolve ad una duplice funzione, da una parte si tratta di una vera e propria clausola di scelta della legge applicabile come esercizio di autonomia internazional-privatistica, dall'altra all'interno della cornice scelta con la medesima le parti hanno ulteriormente selezionato; per questa seconda parte si tratta di un accordo di esclusione di alcuni contenuti della legge che risulta applicabile, è in altre parole un esercizio di autonomia materiale. Di fronte a questa analisi per capire se la clausola è valida, essendoci in gioco due autonomie, è necessario individuare due criteri diversi: nella prima scelta il parametro è l'art 3 reg., mentre nella seconda espressione di autonomia occorre collocarsi nella prospettiva del diritto italiano, delle norme imperative del diritto italiano, cioè gli spazi di autonomia negoziale del diritto italiano. • "Le parti, preso atto dell'impossibilità di raggiungere un accordo sulla legge applicabile al contratto, convengono che in nessun capo il loro rapporto potrà ritenersi disciplinato dalla legge messicana", dove il problema è che so tratta di una non scelta, e quindi si tratta di capire se questa volontà negativa abbia un qualche rilievo. Il giudice non dovrebbe essere in alcun modo vincolato da questa pattuizione negativa, poiché lo scopo dell'art 3 reg. è quello di favorire la scelta in funzione di un accresciuta certezza del diritto e di più semplice gestione dei rapporti a carattere internazionale. • "Il presente contratto è sottoposto alla legge svizzera. Tuttavia qualora Alfa decidesse di agire nei confronti di Beta in Francia, la lite sarà decisa nel merito secondo la legge francese.", dove quando vi è l'espressione "tuttavia" ci si pone nell'ambito del contenzioso e si afferma a quale legge il giudice dovrà fare riferimento per decidere la Page of 51 142 domanda nel merito. Questo caso vuole mettere in luce un equivoco in cui non di rado si incorre quando si lavoro con una clausola di scelta della legge applicabile: le parti sono autorizzate dall'art 25 reg. Bruxelles I-bis a scegliere il giudice competente, che non ha nulla a che vedere con la scelta della legge applicabile, anche se assai spesso ne contratti internazionali queste scelte vengono prese insieme in fondo al contratto. Ma questo sembrerebbe dare l'idea che il problema della legge applicabile sorga soltanto quando si debba litigare ed andare davanti ad un giudice, e se questi debba legge secondo una legge od un'altra; tuttavia questa idea è sbagliata poiché la questione in relazione alla legge applicabile sorge non in caso di contenzioso, ma solo per il fatto stesso che il contratto esiste. Le stesse trattative non possono essere correttamente razionalizzate quando non si ha presente quale sia la legge applicabile al contratto. La legge applicabile al contratto sia essa determinata sulla base dell'art 3 reg. sia altrimenti va determinata sempre e comunque per il fatto stesso che si ha un contratto o si vuol far nascere un contratto, e sicuramente poi anche se sorge un contenzioso sul medesimo. • "Questo contratto è governato dai principi comuni all'ordinamento olandese e tedesco", dove il problema sta nel fatto che questa clausola invece che creare certezza in merito alla legge applicabile, creerebbe soltanto molti più dubbi e funzionerebbe male. L'art 3 reg. promuove l'autonomia internazional-privatistiche, ma a certi limiti, in particolare due: 1. L'art 3 par. 3 reg. ("3. Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la scelta, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese non permette di derogare convenzionalmente.") prevede l'ipotesi in cui il contratto si trovi collegato in tutti i suoi elementi di fattispecie ad un unico Paese, ma le parti hanno deciso in forza del medesimo art 3 reg. di assoggettare il contratto alla legge di un altro Paese, e afferma che in tale ipotesi quella scelta viene depotenziata, ossia non impedisce l'applicazione delle norme imperative del Paese con cui il contratto stesso si presenta collegato in tutti i suoi aspetti. Le parti vengono limitate quindi quanto alla possibilità di derogare alle norme imperative del Paese in cui il loro contratto oggettivamente si inscrive (es. di norma imperativa art 1500 c.c.: "Patto di riscatto. Il venditore può  riservarsi  il diritto di  riavere  la proprietà della cosa  venduta  mediante la  restituzione  del prezzo e i  rimborsi  stabiliti  dalle disposizioni che seguono. Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l'eccedenza."). 2. L'art 3 par. 4 reg. ("4. Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la scelta, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa da quella di uno Stato membro ad opera delle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni di diritto comunitario, se del caso, come applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso derogare convenzionalmente.") prevede l'ipotesi in cui tutti gli elementi della fattispecie di un contratto sono collegati all'UE e quando venga scelta come legge applicabile quella di uno Stato terzo, e afferma che in tale ipotesi la scelta è valida ma non è tale da escludere l'applicazione delle norme imperative dell'UE così come applicate nello Stato del Page of 52 142 aspetti vanno di pari in passo, vi sono dei casi in cui questi due aspetti entrano in conflitto: allora il par 3 prevede che "se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di tale diverso paese" (ad es. in un contratto di distribuzione a cui si applica l'art 4 par 1 lett. f) reg. la legge applicabile sarebbe quella del Paese in cui ha la residenza abituale il distributore, ma se dal contrato risulta che chiaramente il contratto ha collegamenti più stretti con un altro Paese entrerà in gioco l'art 4 par 3 reg. e quindi si applicherà la legge di tale altro Paese). Infine vi è poi una regola residuale disciplinata dall'art 4 par 4 reg. la quale interviene quando i parr. 1 e 2 non possano trovare applicazione, affermandosi che "Se la legge applicabile non può essere determinata a norma dei paragrafi 1 o 2, il contratto è disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto."; per determinare il Paese con cui il contratto presenti il più stretto collegamento si considerano tutti gli indizi e gli elementi del contratto. L'art 4 par 4 reg. si applicherà quindi ad un contratto innominato (quindi non disciplinato dal par 1) per il quale il par 2 non funzioni, come ad es. il contratto di permuta. Le norme di funzionamento che compongono il Reg. Roma I sono in generale norme che agevolano l'operare le norme di conflitto e si prestano ad operare più di una norma di conflitto; alcune norme di funzionamento hanno il compito di assistere l'interprete nella concretizzazione dei criteri di collegamento (es. art 19 reg.: "Residenza abituale. 1. Ai fini del presente regolamento, per residenza abituale di società, associazioni e persone giuridiche si intende il luogo in cui si trova la loro amministrazione centrale. Per residenza abituale di una persona fisica che agisce nell’esercizio della sua attività professionale si intende la sua sede di attività principale. 2. Quando il contratto è concluso nel quadro dell’esercizio dell’attività di una filiale, di un’agenzia o di qualunque altra sede di attività, o se, secondo il contratto, la prestazione deve essere fornita da una siffatta filiale, agenzia o sede di attività, il luogo in cui è ubicata la filiale, l’agenzia o altra sede di attività è considerato residenza abituale. 3. Al fine di determinare la residenza abituale il momento rilevante è quello della conclusione del contratto."), alcune chiariscono le implicazioni del richiamo o chiariscono il funzionamento del richiamo stesso in particolari circostanze (es. art 20 reg. per l'esclusione di rilevanza del rinvio "Esclusione del rinvio. Qualora il presente regolamento prescriva l’applicazione della legge di un paese, esso si riferisce all’applicazione delle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato, salvo che il presente regolamento disponga altrimenti." e art 22 reg. per il richiamo di ordinamenti plurilegislativi, alcune identificano le questioni che debbano intendersi regolate dalla legge identificata come applicabile (es. la portata del contratto) se del caso adeguando il funzionamento delle orme di conflitto alle specificità di talune delle questioni (es. art 10 sulla validità e il consenso e art 12 reg.: "Ambito della legge applicabile. 1. La legge applicabile al contratto ai sensi del presente regolamento disciplina in particolare: a)   la sua interpretazione; b)  l’esecuzione delle obbligazioni che ne discendono; c)  entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, le conseguenze dell’inadempimento totale o parziale di quelle obbligazioni, compresa la liquidazione del danno in quanto sia disciplinata da norme giuridiche; d)  i diversi modi di estinzione Page of 55 142 delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze; e) le conseguenze della nullità del contratto. 2. Per quanto concerne le modalità di esecuzione e le misure che il creditore dovrà prendere in caso di esecuzione difettosa, si avrà riguardo alla legge del paese in cui ha luogo l’esecuzione."), infine alcune limitano il funzionamento delle norme di conflitto o ne alterano gli effetti. Esistono diversi limiti al funzionamento delle norme di conflitto, tra cui innanzitutto l'eccezione di ordine pubblico (art 21 reg.: "Ordine pubblico del foro. L’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro."), dove con ordine pubblico in DIPr si intendono sinteticamente i principi irrinunciabili dell'ordinamento del foro, la quale clausola consiste in una garanzia del fatto che l'apertura ai valori giuridici stranieri realizzata dalle norme di conflitto non potrà comportare un tale sacrificio per l'ordinamento del foro quale la rinuncia alla salvaguardia di valori assolutamente irrinunciabili per il foro stesso e quindi nel momento in cui la norma di conflitto crei questa situazione non sarà applicabile. È previsto un simile meccanismo poiché la norma di conflitto in sé costituisce un c.d. salto nel buio, poiché per il su funzionamento geografico impedisce di scoprire il contenuto materiale della legge applicabile finché non la si ha tra le mani, dunque l'eccezione di ordine pubblico è necessaria in virtù della struttura bilaterale e geografica propria delle norme di conflitto tradizionali. Così stando le cose, l'eccezione di ordine pubblico interviene a valle del ragionamento conflittuale, ossia in un momento in cui la norma di conflitto ha esaurito la sua funzione. Questo meccanismo di chiusura interviene però soltanto nei casi estremi, dal momento che il principio contenuto nella norma di conflitto è nel senso che l'ordinamento si apra nella misura consentita dalla norma di conflitto, mentre la chiusura realizzata dall'eccezione di ordine pubblico interviene come extrema ratio quando nel caso di specie gli effetti concreti dell'applicazione della legge straniera richiamata nel caso di specie risultano completamente incompatibili con i principi irrinunciabili dell'ordinamento del foro. L'eccezione di ordine pubblico non opera nel senso di consentire un sindacato astratto della qualità della legge straniera richiamata, ma bisogna vedere se le norme di diritto privato materiale dell'ordinamento richiamato che vengono in considerazione nel caso concreto, se applicate, produrrebbero nel caso di specie gli effetti di violazione e di contraddizione ai principi irrinunciabili dell'ordinamento del foro. In quest'ambito la norma deve risultare nei suoi effetti assolutamente incompatibile con tali principi, dunque vi deve essere una contraddizione di fondo, dal momento che se si dovesse accogliere un'accezione larga di ordine pubblico si dovrebbe far scattare l'eccezione di ordine pubblico tutte le volte in cui si riscontra una minima differenza tra il contenuto della legge straniera e il contenuto delle norme corrispondenti italiane, finendo con chiudere sempre le porte dell'ordinamento. Attivando l'eccezione di ordine pubblico si verificano due effetti, uno di evizione e uno di sostituzione: il primo effetto è quello di eliminare dall'orizzonte la legge richiamata, per cui il giudice non ha l'obbligo di applicare la legge straniera richiamata, da qui l'esigenza quindi di affiancare quest'effetto con quello di sostituzione, al fine ricavare la legge applicabile in quel contesto. Il reg. si limita però a dire soltanto che gli Stati membri non sono tenuti a far applicare ai propri giudici la legge richiamata in questi casi, ma non dice quale legge debba essere applicata in Page of 56 142 sostituzione: tale lacuna va colmata in ogni Stato membro tramite le norme di DIPr del foro, che in Italia sono costituite dall'art 16 L. n.218/1995 ("Ordine pubblico. 1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. 2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana."), secondo cui ai sensi del co 2 si applica la legge richiamata da altri criteri di collegamento pertinenti e solo laddove non sia possibile un'apertura al Paese straniero diverso il giudice italiano farà riferimento alla lex fori. In materia contrattuale l'eccezione di ordine pubblico risulta comunque molto rara, in particolare però vi è un contesto in cui è abbastanza frequentemente discussa, ossia quello dei contratti di lavoro. Un altro limite che attiene al contenuto materiale delle norme è costituito dalle norme di applicazione necessaria (art 9 reg.: "Norme di applicazione necessaria. 1. Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento. 2. Le disposizioni del presente regolamento non ostano all’applicazione delle norme di applicazione necessaria della legge del foro. 3. Può essere data efficacia anche alle norme di applicazione necessaria del paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti, nella misura in cui tali norme di applicazione necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto. Per decidere se vada data efficacia a queste norme, si deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonché delle conseguenze derivanti dal fatto che siano applicate, o meno."), le quali sono norme sostanziali, tipicamente di diritto sostanziale privato del foro, poste a presidio di interessi collettivi o espressive di valori particolarmente forti, ed hanno la caratteristica di identificare da sé la propria sfera di applicazione geografica (es. art 122 ss. TUIF: "Patti parasociali. 1. I patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano entro cinque giorni dalla stipulazione sono: a) comunicati alla Consob; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana; c) depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sua sede legale; d) comunicati alle società con azioni quotate. 2. La Consob stabilisce con regolamento le modalità e i contenuti della comunicazione, dell'estratto e della pubblicazione. 3. In caso di inosservanza degli obblighi previsti dal comma 1 i patti sono nulli. 4. Il diritto di voto inerente alle azioni quotate per le quali non sono stati adempiuti gli obblighi previsti dal comma 1 non può essere esercitato. In caso di inosservanza, si applica l'articolo 14, comma 6. L'impugnazione può essere proposta anche dalla Consob entro il termine indicato nell'articolo 14, comma 7. 5. Il presente articolo si applica anche ai patti, in qualunque forma stipulati: a) che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano; b) che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse; c) che prevedono l'acquisto delle azioni o degli strumenti finanziari previsti dalla lettera b); d) aventi per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società; d-bis) volti a favorire o a Page of 57 142 n.218/1995 ("Interpretazione e applicazione della legge straniera. 1. La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo.". L'idea che sta dietro all'art 15 reg. è che il diritto straniero quando viene richiamato deve essere applicato in modo genuino, ossia nello stesso modo in cui lo applicherebbe un giudice del Paese il cui diritto è applicabile (c.d. principio di pari dignità del diritto straniero) . Mentre ai sensi dell'art 14 L. n.218/1995, il quale si occupa dell'accertamento della legge straniera, il giudice individua ed applica d'ufficio il diritto straniero così come applica il diritto italiano: questa norma è il frutto di un'evoluzione del nostro sistema; proprio perché poi si tratta di una questione giuridica, la questione dell'accertamento e dell'applicabilità del diritto straniero può essere trattata e sollevata in ogni momento del processo (tenendo sempre presente le esigenze di efficienza) e ciò si riflette anche quando si tratti di giudicare nel processo di impugnazione se il giudice di primo grado abbia applicato bene o male il diritto straniero, soprattutto in Cassazione quale giudice di legittimità. L'art 14 al co 1 prevede tre strumenti a disposizione del giudice per accertare il diritto straniero: il primo sono le Convenzione internazionali in materia a cui l'Italia ha aderito (es. Conv. europea relativa allo scambio di informazioni sul diritto estero), il secondo è rivolgersi al Ministero della Giustizia e infine il terzo è la prossimità di chiedere informazioni ad istituzioni o esperti, come prassi consolidata nei Tribunali, i quali vengono nominati attraverso l'istituto della C.T.U., la quale autorizza le parti di avvalersi anche di consulenti tecnici di parte, ampliando così il novero di esperti che partecipano alla formazione di un contributo sull'accertamento e l'applicazione del diritto straniero; questo elenco di strumenti non è esaustivo, ma aperto poiché altre soluzioni possono essere adottate dal giudice (es. la sua conoscenza personale). Di conseguenza, il trattamento processuale del diritto straniero è equiparato al trattamento del diritto straniero per il principio del iura aliena novit curia ex art 14 co 1 L. n.218/1995. In qualche caso le circostanze sono tali per cui l'accertamento del diritto straniero non riesce e bisogna considerare che il giudice deve sì applicare genuinamente il diritto ma è anche chiamato a pronunciarsi relativamente in fretta, da qui la disciplina del co 2 art 14 L. n.218/1995 secondo cui è resa applicabile in luogo della legge richiamata in primo luogo la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa e in mancanza di questa la legge italiana. È possibile che rispetto ad una medesima fattispecie vengano in gioca non una ma più criteri di collegamento ed è possibile che la legge individuata mediante il primo criterio non possa essere accertata e quindi si applicherà la legge individuata mediante il secondo criterio di collegamento, mentre quando non ci sia un secondo criterio di collegamento o la legge applicabile mediante questo secondo criterio non sia accertabile, allora si applicherà da ultimo la legge italiana. Nell'ambito di una fattispecie disciplinata dal Reg. Roma I non deve stupire che possano venire in gioco delle norme come quelle della L. n.218/1995; l'applicazione di norme come l'art 14 e 15 L. n.218/1995 non è esclusa dal primato di cui gode il Regolamento Roma I.   - Il Regolamento Roma II Il regolamento (CE) n.864/2007, c.d. Regolamento Roma II, pur essendo antecedente al Regolamento Roma I, prende il nome di Roma II poiché storicamente è Page of 60 142 successivo: il Regolamento Roma I costituisce la prosecuzione nel campo del  diritto derivato dell'UE di un'esperienza di cooperazione tra Stati che era stata realizzata con la Conv. di Roma del 1980 e quindi ha costituito la seconda fase di un'esperienza già consolidata, mentre quando l'UE è stata investita di competenza nel DIPr si è messa da subito a lavorare anche ad un altro strumento normativo sulla legge applicabile, in particolare alle obbligazioni extra contrattuali, e facendo ciò non ha fatto altro che portare a compimento quello che era il progetto iniziale della stessa Conv. di Roma. Il Regolamento Roma II detta norme uniformi alla legge applicabile ai fatti illeciti e alle obbligazioni extracontrattuali diverse da quelle derivanti dai fatti illeciti, ossia la responsabilità precontrattuale, l'arricchimento senza giusta causa e la gestione d'affari. Per quanto riguarda i rapporti tra questo reg. e il reg. Roma I e Bruxelles I-bis, essi stanno in rapporti molto stretti: con il reg. Roma I il rapporto è sostanzialmente di somiglianza nelle soluzione e di mutua delimitazione del campo di applicazione materiale. La linea di demarcazione che separa la materia dei contratti dalla materia dei fatti illeciti ai sensi del reg. Bruxelles I-bis è la stessa linea id demarcazione che separa il reg. Roma I dal reg. Roma II, perciò ciò che è contrattuale ai sensi dell'art 7 punto 1 reg. Bruxelles I-bis lo è anche agli effetti del reg. Roma I e ciò che è extracontrattuale ai sensi del reg. Bruxelles-bis lo è anche agli effetti del reg. Roma II: si tratta, nell'interpretare uno strumento normativo dell'UE, di fare tesoro di quello che si può ricavare da altri strumenti sul presupposto che tali testi non siano stati adottati in modo del tutto isolato. La somiglianza tra Roma I e Roma II è particolarmente evidente dal momento che l'impostazione di fondo è la stessa: viene definito il campo di applicazione materiale delle norme di conflitto, tali norme vengono dichiarate universali, vengono elencate poi una serie di norme conflitto e successivamente una serie di norme di funzionamento (molto simili se non alcune uguali tra i due reg.: alla luce di tale somiglianza in dottrina si è ritenuto che in fin dei conti questi due reg. potrebbero essere fusi in un unico regolamento). Così nell'interpretazione del reg. Roma I si può ricavare qualche spunto di osservazione dal reg. Roma II, e viceversa. Una particolarità di questo reg. Roma II è che solitamente al primissimo articolo si rinviene lo sforzo del legislatore di definire il novero di fattispecie a cui questi strumenti normativi vogliono applicarsi e solitamente la tecnica utilizzata è quella di annunciare inizialmente in positivo quale sia l'ambito di applicazione, e successivamente di elencare una serie di situazioni a cui eccezionalmente i reg. non vogliono applicarsi (c.d. materie escluse), mentre nel reg. Roma II segue lo stesso principio ma poi segue una serie di esclusioni che risultato piuttosto significative (es. rappresentanza, diffamazione e lesione dei diritti della personalità ex art 1 par 2 reg.). Le norme di conflitto che riguardano i fatti illeciti nel reg. Roma II si articolano in due ambiti, una norma generale sugli illeciti ex art 4 reg. e una serie di regole ex artt. 5-9 reg. che affrontano ciascuna un particolare tipo di illecito, assistendo così ad una tendenza alla specializzazione: si è passati così ad avere una norma generale su tutti gli illeciti, una sulla responsabilità da prodotto, una sugli illeciti concorrenziali, una sugli illeciti ambientali e una sugli illeciti in materia di proprietà intellettuale. La regola generale è contenuta all'art 4 reg. ("Norma generale. 1. Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, Page of 61 142 indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto. 2. Tuttavia, qualora il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese nel momento in cui il danno si verifica, si applica la legge di tale paese. 3. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di quest’altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in questione.") ed è strutturata in tre paragrafi, poiché coesistono di fatto tre regole al suo interno: 1. Al par 1 detta la regola di fondo alla norma generale, stabilendo che le obbligazioni extracontrattuali da fatto illecito sono regolate dalla legge del Paese in cui il danno si verifica. Nell'interpretazione dell'art 7 punto 2 reg. Bruxelles I-bis, il concetto di evento dannoso e luogo in cui si è verificato l'evento dannoso è sempre stato interpretato dalla CGUE come implicante sempre un riferimento doppio, c.d. dottrina dell'ubiquità, quindi sia al luogo in cui si è manifestata la lesione dell'interesse protetto sia al luogo in cui si è svolta la condotta a cui è poi conseguito l'evento lesivo; questo concetto di obliquità però ai fini del reg. Roma I e Roma II non vale, infatti lo stesso art 4 par 1 reg. Roma II afferma espressamente di operare indipendentemente dal Paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno. Sia la giurisdizione sia la legge applicabile sono questioni pregiudiziali quindi è necessario definirle prima di pervenire ad una decisione nel merito; ma se laddove vi siano più giudici competenti non è detto che tutti siano investiti della domanda e anche laddove così fosse il reg. Bruxelles I-bis offre strumenti con cui poter pervenire ad un solo procedimento che si concluderà con una decisione nel merito, mentre nell'ambito della legge applicabile la sua individuazione non ha a che fare con la legittimazione, bensì si tratta di individuare il corpo di regole entro cui il rapporto deve stare e quindi se più leggi vengono ritenute applicabili alla stessa fattispecie vuol dire che questa è soggetta all'operare di più corpi normativi. Il criterio dell'evento è quindi il criterio che il reg. Roma II all'art 4 par 1 impiega come criterio generale per determinare la legge applicabile ad un fatto illecito 2. Al par 2 viene poi disciplinata una deroga alla regola generale del criterio dell'evento, secondo cui il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese nel momento in cui il danno si verifica, si applica la legge di tale Paese (c.d. criterio della residenza abituale comune alle parti). Quando si verifica questo scenario entrano in competizione fra loro due tipi di collegamento, da un lato vi è una prossimità puramente geografica, dall'altra invece vi è una prossimità sociale. Nel caso in cui vi fossero più responsabili e più danneggiati tutti i soggetti coinvolti devono essere tutti abitualmente residenti nello stesso Paese perché si applichi la regola speciali dell'art 4 par 2 reg.. 3. Al par 3 è prevista una clausola di salvaguardia con finalità correttiva a completamento della regola generale dell'art 4 reg., secondo cui se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un Paese diverso da quello di cui ai Page of 62 142 uno Stato fossero incapaci di oltrepassare le frontiere e dunque avessero effetti soltanto nello Stato di origine, risulterebbe frammentata nello spazio anche la situazione giuridica oggetto della sentenza e risulterebbe impossibile per l'interessato far valere le proprie ragioni sula base di tale sentenza negli altri Stati in cui può essere utile che ciò avvenga. La realizzazione pratica dei diritti degli interessati risulterebbe così stando le cose diminuita e meno effettiva: caso Wagner c. Lussemburgo Corte EDU in cui si trattava del riconoscimento in Lussemburgo di una decisione resa in Perù in materia di adozione, nel caso di specie la sig.ra Wagner si era vista riconoscere madre adottiva di una bambina peruviana sulla base di una decisione resa dai giudici peruviani la non veniva riconosciuta però in Lussemburgo e secondo la signora ciò costituiva violazione dei suoi diritti fondamentali; la Corte EDU arriva ad affermare che effettivamente vi è stata un'interferenza con la vita personale e famigliare della sig.ra Wagner da parte delle autorità lussemburghesi e condanna il Lussemburgo ai sensi della CEDU. Detto ciò, usare le condizioni sbagliate per il riconoscimento delle decisioni di autorità straniere può comportare per uno Stato una violazione dei diritti fondamentali degli interessati. Un altro caso interessante è quello della sent. Vrbica c. Croazia in cui la Corte EDU ha ritenuto che la possibilità di eseguire una sentenza straniera e poter beneficiare degli effetti esecutivi è un'esigenza inscindibile dall'idea di equo processo come garantito dall'art 6 CEDU. Ogni Stato dunque regola con proprie norme le condizione alle quali nel proprio ordinamento le pronunce altrui sono ammesse a produrre degli effetti; nel caso del diritto italiano vi sono una serie di disposizioni in materia contenute agli art 64 e ss. L. n.218/1995, ma nulla impedisce che gli Stati tramite convenzioni o tramite atti regionali condividano le stesse regole sul riconoscimento e l'efficacia delle pronunce straniere. A partire proprio da tutta questa congerie di norme, si è solito distinguere tra riconoscimento delle sentenze ed esecutività delle sentenze, dove con il primo si intende una generica attribuzione di effetti alla sentenza di cui si discute, con il secondo invece si fa riferimento all'attitudine della sentenza a produrre certi particolari effetti (i c.d. effetti esecutivi); per l'esecutività si può sempre parlare di effettiva, ma questa distinzione svela che le regole sull'efficacia delle decisioni sono attente alle implicazioni pratiche della sentenza e questa cautela è tanto più giustificata quando gli effetti che la sentenza intende produrre sono effetti che incidono profondamente e in modo molto sensibile sulla sfera giuridica dei singoli, come gli effetti esecutivi. Ci sono due modelli teorici che si contrappongono quando si tratta del riconoscimento delle sentenze: da una parte vi è il modello della estensione degli effetti, ossia il riconoscimento di una sentenza straniera consente a quella medesima sentenza di produrre nello Stato richiesto gli stessi effetti che questa produce nello Stato di origine secondo le norme di tale Stato, e dall'altra il modello della assimilazione degli effetti, ossia il riconoscimento degli effetti della sentenza avviene attraverso la trasformazione della sentenza medesima in una sentenza locale, producendo così gli effetti che produrrebbe una sentenza locale di contenuto analogo secondo le regole di tale Stato. Se si segue la prima via, è come se l'ordinamento dello Stato richiesto si affidasse alle determinazioni dello Stato di origine, mentre se si ragiona secondo la seconda via, si manifesta una certa cautela e prudenza nel far entrare gli effetti di una sentenza straniera, facendo sì che tale sentenza da diversa che era venga metabolizzata in Page of 65 142 qualcosa di più simile a ciò che avviene nello Stato richiesto. Le condizioni per il riconoscimento sono diverse da Paese a Paese, anche se si possono individuare delle costanti: ad es. il riconoscimento in molti sistemi nazionali è subordinato alla condizione che il giudice che ha reso la decisione fosse competente, dunque occorre affinché una sentenza straniera venga riconosciuta che il giudice straniero fosse competente in base ai criteri dello Stato in cui la sentenza deve spiegare i suoi effetti; l'Italia, ad esempio, nell'affermare questa condizione però non richiede che i giudici degli altri Stati applichino i suoi criteri per individuare la competenza giurisdizionale, ma dice agli altri Stati che i loro giudici possono essere competenti in base ai criteri da loro scelti ma non possono aspettarsi che così facendo le sentenze possano trovare efficacia in Italia se vengono utilizzati criteri per la competenza che l'Italia rigetta completamente. In questo contesto bisogna dunque fare riferimento ai c.d. criteri della competenza esorbitanti e all'idea che la disciplina della competenza giurisdizionale abbia a che fare con l'accesso alla giustizia e alla possibilità per il convenuto di difendersi agevolmente; in alcuni Paesi vige la regola per cui l'accesso alla giustizia di alcuni attori è particolarmente agevolato al punto che il convenuto trova costretti a difendersi in Paesi molto distanti dal proprio davanti a giudici che hanno poco a che fare con gli elementi oggettivi della controversia, come ad es. in Francia (è consentito ai cittadini francesi di convenire in giudizio in Francia un soggetto straniero) o in Germania (era consentito all'attore di convenire in giudizio in Germania un soggetto straniero sulla base del solo fatto che ivi esistesse un bene appartenente al patrimonio del convenuto). A riguardo non è possibile vietare ad un soggetto di sfruttare i criteri di competenza esorbitante, si può convincerlo a non farlo ma non si può impedirglielo, è possibile eventualmente negoziare con lo Stato regole uniforme rispettose dei diritti fondamentali; l'unico strumento che si può utilizzare a proprio vantaggio è far sì che la decisione così resa non circoli, da qui la condizione di riconoscibilità di sentenze straniere che va sotto il nome di competenza internazionale e questo è il senso della regola secondo cui la sentenza straniera non entra nello Stato richiesto se i criteri usati dal giudice dello Stato di origine non sono compatibili con i principi di competenza giurisdizionale accolti nello Stato richiesto. Più in generale occorre, perché sia riconosciuta la sentenza, che sia frutto di un procedimento equo: se nel corso del procedimento che è poi sfociato nella sentenza le ragioni di una delle parti sono completamente non stati presi in considerazione comportando così una lesione del diritto al contraddittorio, oppure c'è stato un problema di imparzialità del giudice, ebbene un difetto nel procedimento che conduce alla sentenza si traduce in un difetto della sentenza stessa che comporta la sua non riconoscibilità; un'altra tipica condizione ostativa al riconoscimento di una sentenza straniera è che questa sia in contraddizione con una decisione resa nello Stato richiesto (es. regole sulla litispendenza): nel caso in cui si verifichi un conflitto tra giudicati rispetto ad una sentenza straniera e sono state adottate rispetto alla medesima lite decisioni diverse, la decisione straniera che prevede di entrare nello Stato richiesto troverà un ostacolo rispetto al suo ingresso nello Stato richiesto dovuto proprio alla presenza nello Stato di una decisione in contraddizione rispetto a quella straniera. Infine, perché possa avvenire il riconoscimento di un atto di un'autorità straniera questo non deve violare l'ordine pubblico dello Stato richiesto, ossia l'insieme dei principi fondamentali Page of 66 142 irrinunciabile dell'ordinamento di quello Stato. La sussistenza delle condizioni per il riconoscimento può talora costituire oggetto di un accertamento giudiziale, ossia è spesso previsto che queste condizioni formino oggetto di un procedimento specifico in cui le autorità dello Stato richiesto verificano che queste siano soddisfatte nel caso di specie; tuttavia questo tipo di atteggiamento negli ultimi anni è stato rivisto in nome del più agevole riconoscimento delle sentenze: sulla base di molte Convenzioni internazionali in materia ad es. in Italia il riconoscimento delle sentenze è automatico, ossia quando la sentenza esiste in un ordinamento giuridico si considera che questa esista anche nello Stato richiesto senza che avvenga alcun tipo di riconoscimento e dunque la sentenza si presume capace di produrre i suoi effetti anche nell'ordinamento dello Stato richiesto sempre che il controinteressato non ne contesti al riconoscibilità. In sintesi se il riconoscimento delle decisioni è automatico la verifica delle condizioni per il riconoscimento è solo eventuale. Per quanto riguarda il campo di applicazione, si fa riferimento al campo di applicazione del Reg. Bruxelles I-bis: come detto, il riconoscimento delle sentenze presuppone un certo controllo di quali siano stati i criteri di competenza utilizzati e quindi il modo migliore perché ciò avvenga è dettare dei criteri accettabili da seguire, facendo in modo che avvenga così agevolmente anche la circolazione delle sentenze fra questi Stati; il reg. si occupa così nella sezione dedicata al riconoscimento delle decisioni alla circolazione di una decisione resa in uno Stato membro all'interno degli altri Stati membri, si applica ratione materiae in materia civile e commerciale e le norme sulla competenza giurisdizionale operano a prescindere dal fatto che la sentenza sia stata resa nello Stato membro d'origine sulla base di titoli di giurisdizione uniformi previsti dal regolamento o meno, alludendo così al fatto che il reg. per quanto riguarda la competenza giurisdizionale detta da una parte una serie di norme uniforme, ma dall'altra prevede che in certi casi, in particolare quando il convenuto è domiciliato in uno Stato terzo, possano essere utilizzate le norme attributive della giurisdizione che si incontrano nel diritto nazionale. Le c.d. circostanze ostative al riconoscimento dell'efficacia di una decisione sono elencate all'art 45 reg. Bruxelles I-bis: "1. Su istanza di ogni parte interessata, il riconoscimento di una decisione è negato: a) se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico nello Stato membro richiesto; b) se la decisione è stata resa in contumacia, qualora la domanda giudiziale o un atto equivalente non siano stati notificati o comunicati al convenuto in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, questi non abbia impugnato la decisione; c) se la decisione è incompatibile con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto; d) se la decisione è incompatibile con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, sempre che tale decisione soddisfi le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto; o e) se la decisione è in contrasto con: i) le disposizioni del capo II, sezioni 3, 4 e 5 nella misura in cui il contraente dell’assicurazione, l’assicurato, il beneficiario di un contratto di assicurazione, la parte lesa, il consumatore o il lavoratore sia il convenuto; o ii) le disposizioni del capo II, sezione 6. 2. Nell’accertamento delle ipotesi di cui al paragrafo 1, lettera e), l’autorità giurisdizionale cui sia stata presentata l’istanza è vincolata dall’accertamento dei fatti Page of 67 142 creditore faccia accertare dal giudice il proprio credito nei confronti del debitore al fine di ottenere un provvedimento che imponga al debitore di pagare e che sia esecutivo; in un'epoca in cui non vi era ancora Bruxelles-I bis e dunque vigeva ancora l'exequatur il legislatore dell'Unione fu sollecitato ad abolirlo: tale istituto esisteva poiché la decisione straniera rimane il prodotto di un'autorità straniera e dunque nello Stato richiesto tale provvedimento rimane pur sempre estraneo; da qui parte l'idea di eliminare l'exequatur ma nello stesso tempo di accrescere la fiducia da nutrire nei confronti degli altri Stati: questo si ottiene in Europa attraverso lo strumento geniale dell'armonizzazione processuale. Se si riesce ad introdurre delle norme processuali uniformi in Europa, ebbene una volta che quelle norme sono state rispettate il prodotto giurisdizionale nasce più facilmente metabolizzabile altrove in Europa. Nell'art 81 TFUE (1. L'Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali. Tale cooperazione può includere l'adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. 2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato interno, misure volte a garantire: a)  il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e la loro esecuzione; b)  la notificazione e la comunicazione transnazionali degli atti giudiziari ed extragiudiziali; c)  la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione; d)  la cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova; e)  un accesso effettivo alla giustizia; f)   l'eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario pro muovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri; g) lo sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie; h) un sostegno alla formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari. 3. In deroga al paragrafo 2, le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, che delibera secondo una procedura legislativa speciale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. Il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che determina gli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali e che potrebbero formare oggetto di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. I parlamenti nazionali sono informati della proposta di cui al secondo comma. Se un parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro sei mesi dalla data di tale informazione, la decisione non è adottata. In mancanza di opposizione, il Consiglio può adottare la decisione.") si trova la elaborazione di norme processuali minime funzionali alla migliore circolazione delle decisioni. Oltre a tale condizione, è richiesta un'ulteriore condizione secondo cui se è vero che l'exequatur è una forma di controllo per essere più generosi l'idea può essere quella di spostare tale controllo, facendo in modo che questo sia a monte, quindi nello Stato membro d'origine, invece che a valle, nello Stato richiesto: il prodotto giurisdizionale sarà così il prodotto di norme giurisdizionali uniformi e un prodotto controllato o controllabile. Questa tecnica si è tradotta in diversi regolamenti che hanno istituito dei procedimenti uniformi europei, tra cui il procedimento europeo di Page of 70 142 ingiunzione di pagamento disciplinato dal reg. n.1896/2006: questo procedimento è di tipo monitorio (secondo cui il contraddittorio è a valle e non a monte come nel rito ordinario) ed è retto dalle norme dell'Unione Europea, mentre per quanto non risulta espressamente regolato viene disciplinato dalla legge processuale del foro. Questo reg. si applica soltanto al recupero di crediti pecuniari, liquidi ed esigibili, in materia civile e commerciale (non però la materia civile e commerciale di cui al reg. Bruxelles I- bis), ed è necessario che le controversie siano transfrontaliere (art 3 reg.: "Controversie transfrontaliere. 1. Ai fini del presente regolamento si definisce transfrontaliera una controversia in cui almeno una delle parti ha domicilio o residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito. 2. Il domicilio è determinato conformemente agli articoli 59 e 60 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. 3. La data di riferimento per stabilire se esiste una controversia transfrontaliera è la data di presentazione della domanda di ingiunzione di pagamento europea in conformità del presente regolamento."); quando ricorrono tutte le condizioni perché si applichi, il reg. si applica, ma ha natura opzionale, nel senso che il legislatore dell'Unione ha delineato tale procedimento ma ha lasciato ai creditori che vogliano agire la possibilità di farne uso. Il procedimento inizia con una domanda di ingiunzione del creditore al giudice competente, individuato sulla base del reg. Bruxelles I-bis, indicando le prove su cui fonda la sua richiesta; tutto il procedimento si fonda su moduli, molti da compilare anche online. Il giudice, ricevuta la domanda di ingiunzione, a meno che non sia manifestamente infondata, la accoglie ed emette ingiunzione di pagamento al debitore; l'ingiunzione viene a questo punto notificata all'ingiunto: qui insorgono problemi poiché in materia di notificazioni le norme dei vari Stati membri divergono in maniera non indifferente. La notificazione consiste nella comunicazione secondo modalità tali da garantire la conoscenza dell'atto stesso da parte del destinatario, conoscenza che fa da condizione all'equità del procedimento; le norme dunque in materia di notificazione sono uniformi e vengono in gioco quando il destinatario dell'ingiunzione non c'è o non viene trovato: vi sono delle regole che appunto disciplinano se e come una notifica anche fatta a persona diversa dall'ingiunto sia una notifica valida. Una volta ricevuta la notifica, l'ingiunto a tempo 30 giorni per proporre opposizione attraverso un modulo in cui si attesta la semplice volontà di opporsi; può anche darsi però che l'ingiunto non si opponga e dunque il ricorrente si ripresenta dal giudice al fine di far dichiarare esecutiva l'ingiunzione. Si tratta di un percorso di verifica ordinata della contestazione, del fatto che il debitore che ha conoscenza dell'ingiunzione del creditore non si è opposto. L'ingiunzione una volta dichiarata esecutiva sarà tale in tutta Europa senza bisogno di procedere ad exequatur. Con il reg. Bruxelles I-bis se pur è vero che non è più previsto l'exequatur, gli effetti tout court di una decisione possono essere contrastati, anche quelli esecutivi, in base al reg. Bruxelles I sulla base delle condizioni ostative al riconoscimento di cui all'art 45 reg., condizioni che possono variare da Paese a Paese (es. ordine pubblico) e che potrebbero essere sollevate dal debitore in ciascuno dei Paesi in cui il creditore pretende di far valere la decisione ottenuta; bisogna sempre fronteggiare il rischio di contestazioni locali all'arrivo della decisione nello Stato richiesto; con il reg. Page of 71 142 n.1896/2006, essendoci stato un anticipazione dei controlli, se l'ingiunzione nasce bene poi localmente non può più essere disconosciuta. Può accadere in questo contesto che pur essendoci stata corretta notificazione, il debitore, pur volendo opporsi, non riesce a farlo: il reg. prevede che in casi eccezionali possa esserci riesame dell'ingiunzione da parte del giudice che ha emesso l'ingiunzione o comunque nello Stato membro d'origine dell'ingiunzione. Nel caso invece di accoglimento dell'opposizione ad ingiunzione, l'ingiunzione decade e il procedimento prosegue nelle forme previste dal diritto processuale civile nazionale. Questa tecnica dell'armonizzazione processuale ha raggiunto in tempi più recenti un grado di sofisticazione molto elevato: il reg. n.655/2014 ha previsto un'ordinanza europea di sequestro conservativo dei conti bancari, consentendo al creditore di ottenere inaudita altera parte di ottenere un provvedimento di sequestro di liquidità in casi transfrontalieri.  INTERVENTO Prof.ssa Aida Gugu Bushati, University of Tirana - "The key features of Albanian Private International Law" When it comes to the rules of Private International Law, the Albanian rules of Private International Law are rules of the solar State of Albania, but although Private International rules are sovran to the extent that they are adopted by the Parliament, they have included in their solutions many aspects that are developed in the international arena. Albania is part of the Hague Conference of Private International Law and of the Council of Europe, and have adopted several agreements and conventions that refer to family and international civil aspects, but it is also part of the UN and the Convention of the International Sale of Goods; moreover Albania is part of many bilateral agreements with different countries of the region but also with Europe, when it comes to the recognition and enforcement of judgments both in civil and criminal matters. To say the last, Albania is part of the EU access process: it has adopted and have enforced a stabilization and association agreement with EU and have applied for UE membership. Based on this association and stabilization agreement Albania has with EU and based on the accession criteria for EU, Albania is obliged to approximate its laws, including Private International Law, with the EU acquis and regulations. When it comes to sovran law, so the law adopted by the Albanian Parliament, adopting several solutions that are found either National agreements or in EU legislation, there are two main laws, that covers the Private International Law issues, such as the PILA (Private International Law Act 10 428/2011), which covers issues of international jurisdiction of the Albanian courts and the choice of law in the matters of family and civil and commercial area, and the CPC (Civil Procedures Code), which regulates issues of recognition and foreign judgements in Albania, of lis pendens and of diplomatic immunity. • When it comes to jurisdiction, one of the first issues that a Court has to overcome when it comes to Private International Law or civil relations with foreign elements is to determine whether it is eligible and it has competence to adjudicate the particular case. In that sense the PIL of Albania has regulated the jurisdiction in many directives: first of all, the Albanian courts will always have jurisdiction in the following areas Page of 72 142 for a prior agreement with the country in subject. As a matter of fact, there are no bilateral agreements between Italy and Albania that can be referred to this issue, so the decision has to be submitted to the territorial competent Appeal Court of Albania and it will be reviewed by the Court based on the grounds that are provided in the CPC: in particular, this includes that in conformity with the provisions in effect in the Republic of Albania, the dispute cannot be within the competence of the Court which has issued the decision (so called mirror principle), moreover there is no recognition if the statement of the claim and the writ of summons to Court has not been notified duly and in time to the absent defendant in order to give them the possibility to defend themselves, if between the same parties, on the same subject and on the same cause it has been issued another, different decision by the Albanian Court (res iudicata), if a lawsuit which has been filed before the decision of the court of the foreign State has become irrevocable, is being considered by an Albanian court (lis pendens), if the decision of the court of the foreign State has become final in violation to its legislation, if the decision does not comply with the basic principles of the Albanian legislation, such as public order. • Case Law VI Lezione: DIPr E LA TUTELA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI - Esiste ad oggi un grande produzione di letteratura giuridica e una pratica molto consistente in tema di tutela internazionale dei diritti umani. In passato così però non era e queste due discipline erano molto distanti, poiché innanzitutto le norme di Dir erano considerate in passato come neutre, soprattutto quelle in materia di conflitto fra leggi, dato il loro carattere mediato, e in secondo luogo poiché la giurisdizione nel senso ampio di funzioni dello Stato, era considerata essenzialmente come sovranità e potere, con l'effetto di schiacciare il discorso sulla giurisdizione tutto sullo Stato, invece di essere norme che si rivolgano ai singoli; anche il discorso sul riconoscimento delle sentenza è stato visto come punto di intersezione fra due sovranità, quella dello Stato in cui la sentenza è resa e quella dello Stato in cui la sentenza deve spiegare i suoi effetti. Se così intese le norme di DIPr non lascerebbero giustamente spazio ai diritti umani, in quanto diritti rivolte alle persone: ad oggi però le cose sono cambiate e i fattori di riavvicinamento delle discipline sono rinvenibili sia sul versante del DIPr sia sul versante della tutela internazionale dei diritti umani. Innanzitutto sul versante del DIPr, si ha la presa di consapevolezza del carattere politico del DIPr, in particolare grazie alla sent. n.71/87 Corte Cost: questa sentenza nasce a partire da tre questioni di legittimità costituzionali relative a tre procedimenti di divorzio rispetto a coniugi di diversa cittadinanza, nello specifico in riguardo alla legittimità delle norme di conflitto, allora contenute nelle preleggi del c.c., le quali individuavano la legge applicabile nella legge di cittadinanza del marito. La Corte Cost. si chiede subito se abbia senso occuparsi di una norma di DIPr e giunge alla conclusione che ciò ha senso perché quella norma incorpora un valore e questo valore non può che confrontarsi con i valori espressi dalla Costituzione: di qui la dichiarata illegittimità costituzionale dell'art 18 delle preleggi del c.c.; di conseguenza le norme tutte sono espressive di valori quindi anche quelle di DIPr. Nel corso del tempo sono poi state adottate delle norme Page of 75 142 internazionalmente uniformi caratterizzate da una schietta vocazione politica: anche il legislatore internazionale, coloro che redigono una convenzione internazionale, immettono nelle loro norme valori che sentono come comuni agli Stati, tra cui ad es. la protezione del minore. Anche il DIPr deve quindi dettare norme che concretino la protezione del minore che siano coerenti con il valore della miglior protezione possibile: così è successo ad es. con la Convenzione dell'Aja del 1996, le cui soluzioni tecniche sono congegnate per garantire il massimo della protezione possibile. Sul versante della tutela internazionale dei diritti umani, quando questi hanno visto la luce la loro configurazione era nel senso di obblighi negativi: ma in una logica matura ci sono anche degli obblighi positivi, nel senso che lo Stato deve creare le condizioni perché i singoli vedano realizzato il godimento di tali diritti umani; a partire da quest'idea poi si è avuta anche l'affermazione della valenza orizzontale dei diritti umani, ossia nella dimensione dei rapporti fra privati, e non più soltanto verticale. Se i diritti umani vengono concepiti così entra in gioco il diritto privato che per definizione è orizzontale e quindi si aprono naturalmente ad una contaminazione privatistica ed internazional-privatistica. Sempre in questo contesto, il concetto di sovranità viene riconsiderato sotto una diversa prospettiva: a tale concetto si affianca quello di responsabilità, secondo cui esistono dei valori che fanno capo non al singolo Stato ma alla collettività intera ed essendo lo Stato gestore di interessi collettivi la responsabilità diviene corollario ovvio della sovranità del singolo Stato. I diritti umani non sono una prerogativa del cittadino di uno Stato bensì sono diritti della persona, quale che sia la cittadinanza e a prescindere quale sia lo Stato che ci sta dietro. Sempre sul versante della tutela dei diritti umani, se davvero ci sono degli interessi meta-individuali che vanno al di là del singolo Stato, come i diritti umani, allora gli Stati sono tenuti a cooperare tra di loro: si tratta di una responsabilità in nome di interessi condivisi, per cui se il valore è della comunità, ciò impone a tutti di agire aiutandosi. In questa logica di cooperazione il DIPr ci entra perfettamente poiché è in grado di aprire le sfere sovrane e di renderle comunicabili. • Esistono due possibili configurazioni che possono assumere diritti umani all'interno del DIPR: 1. Diritti umani come scudo: ossia la loro salvaguardia giustifica un'interferenza con il DIPr in certi casi eccezionali. • Corte di Cass. sent. n.10321/2018: il fatto riguarda un incidente stradale mortale avvenuto in Serbia che ha generato un contenzioso in Italia attivato dai familiari della vittima i quali convengono in giudizio l'impresa assicuratrice dell'auto condotta dal responsabile; i familiari si rivolgono al giudice poiché vogliono vedersi risarcito anche il danno biologico. La legge regolatrice della responsabilità per fatto illecito si determina sulla base del reg. Roma II (cfr. art 4 reg.): nel caso di specie il luogo che individua la legge applicabile è la Serbia e dunque i giudici dovettero risolvere la questione sulla base della legge serba, secondo la quale gli unici beneficiari di un risarcimento per danno biologico sono solo i parenti conviventi. La Corte di Cass. in questo caso si convince del fatto che applicando la legge serba avrebbe provocato un'ingiustizia non tollerabile nell'ordinamento italiano, perché avrebbe negato il risarcimento a parenti effettivamente legati alla vittima, seppur non conviventi, e decide di elevare l'eccezione di ordine pubblico in nome di diritti umani fondamentali: un negato Page of 76 142 risarcimento fatto sulla base di un criterio che non sempre va bene finisce con violare i diritti umani degli interessati. La Corte, non facendo una questione di bontà del diritto serbo, afferma che è inaccettabile in Italia una distinzione tra parenti conviventi e non, poiché in un'epoca come la nostra ci possono essere rapporti familiari forti anche a distanza. • Corte di Cass. Sent. N.16017/2007: il fatto riguarda un licenziamento di massa da parte di Alitalia di dipendenti dello scalo di New York, i quali si rivolgono al giudice di Roma impugnando il licenziamento per ottenere tutela. Sulla base del reg. Roma I la legge applicabile è, in mancanza di scelta, la legge in cui il dipendente svolge abitualmente la sua prestazione, nel caso di specie la legge dello Stato di New York la quale risulta essere improntata su garanzie di tutela molto inferiori rispetto a quelle garantite dall'ordinamento italiano. La Corte si è posto lo stesso problema del caso di cui sopra: i diritti fondamentali individuati dalla Corte si ritrovano sia nella Costituzione sia nella Carta Sociale europea. Il DIPr quando parla di ordine pubblico non fa necessariamente riferimento solo ai principi autoctoni ma in generale ai principi fondamentali compresi anche quelli derivanti dal diritto internazionale, tra cui rientra anche la tutela del lavoratore. Nel caso di specie la Corte ritiene però che non vi sia nulla di disdicevole nel modo in cui Alitalia ha seguito la legge dello Stato di New York, seppur in astratto meno garantistiche in materia rispetto a quelle previste dalla legge italiana. • Corte di Cass. sent. n.16601/2017: è nota come la sentenza sui danni punitivi. Nell'ordinamento italiano il risarcimento non comprende nient'altro se non i pregiudizi arrecati dal danno subito, a titolo di riparazione dell'illecito, quindi non ha alcun tipo di valore punitivo o deterrente, come previsto invece in altri ordinamenti. Si è aperto un dibattito dunque in merito alla possibilità di introdurre la figura dei danni punitivi anche in Italia, soprattutto quando si tratta di dare effetto ad una pronuncia di un ordinamento in cui questi sono previsti: la Corte di Cassazione nel caso di specie afferma che non vi è contrarietà all'ordine pubblico rispetto alla richiesta di ottenere in Italia (ossia dalla società italiana convenuta in giudizio) il risarcimento per danni punitivi riconosciuti al danneggiato da una Corte americana. La Corte a riguardo dice che però bisogna valutare volta per volta la situazione prospettata: la legislazione italiana si è evoluta nel senso di affiancare alla classica funzione compensativa del danno una funzione che può essere anche di deterrenza (cfr. art 614-bis c.p.c.). Il diritto fondamentale resta quindi lo standard e di volta in volta si tratta di vedere se il caso di specie si collochi al di sopra o al sotto di tale standard. 2. Diritti umani come spada: ossia è come se il DIPr venisse forzato in una certa direzione perché solo così garantisce un diritto fondamentale. • Il reg. n.4/2009 UE disciplina le obbligazioni alimentari e viene in gioco quando ricorre una crisi matrimoniale. All'art 7 reg. si afferma che: "Forum necessitatis. Qualora nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro sia competente ai sensi degli articoli 3, 4, 5 e 6, in casi eccezionali le autorità giurisdizionali di uno Stato membro possono conoscere della controversia se un procedimento non può ragionevolmente essere intentato o svolto o si rivela impossibile in uno Stato terzo con il quale la controversia ha uno stretto collegamento. La controversia deve presentare un collegamento sufficiente con lo Stato membro dell’autorità giurisdizionale adita."; Page of 77 142 giurisdizione innanzitutto si considera l'art 3 L. n.218/1995 il quale afferma che "Ambito della giurisdizione. 1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio."; il richiamo che fa l'ordinamento alla Convenzione di Bruxelles del 1968 (oggi Reg. Bruxelles I bis) è fatto a prescindere dal fatto che la parte sia contraente della Conv. stessa. L'art 7 reg. Bruxelles I-bis afferma che "Una persona domiciliata in uno Stato membro può essere con venuta in un altro Stato membro: a) in materia contrattuale, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio; b) ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è: —  nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al con tratto, —  nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto; c) la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b); 2) in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire; 3)  qualora si tratti di un’azione di risarcimento danni o di restituzione nascente da illecito penale, davanti all’autorità giurisdizionale presso la quale è esercitata l’azione penale, sempre che secondo la propria legge tale autorità giurisdizionale possa conoscere dell’azione civile; 4) qualora si tratti di un’azione per il recupero, sulla base del titolo di proprietà, di un bene culturale ai sensi dell’articolo 1, punto 1, della direttiva 93/7/CEE, avviata dal soggetto che rivendica il diritto di recuperare il bene in questione, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si trova il bene culturale quando viene adita l’autorità giurisdizionale; 5) qualora si tratti di controversia concernente l’esercizio di una succursale, di un’agenzia o di qualsiasi altra sede d’attività, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui essa è situata; 6) qualora si tratti di una controversia proposta contro un fondatore, trustee o beneficiario di un trust costituito in applicazione di una legge o per iscritto o con clausola orale confermata per iscritto, davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui il trust ha domicilio; 7) qualora si tratti di una controversia concernente il paga mento del corrispettivo per l’assistenza o il salvataggio di un carico o un nolo, davanti all’autorità giurisdizionale nel l’ambito della cui competenza il carico o il nolo a esso relativo: a) è stato sequestrato a garanzia del pagamento; o b) avrebbe potuto essere sequestrato a tal fine ma è stata fornita una cauzione o altra garanzia, purché la presente disposizione si applichi solo qualora si faccia valere che il convenuto è titolare di un interesse sul carico o sul nolo o aveva un tale interesse al momento dell’assistenza o del Page of 80 142 salvataggio."; su questa base la parte italiana allora intraprende la causa in Italia. La parte americana eccepisce il fatto se effettivamente l'obbligazione fosse da eseguirsi in Italia, dal momento che le uova venivano spedite sia dall'Italia sia dalla Spagna: nel caso di specie allora si tratta di capire quale possa essere un criterio per regolare la giurisdizione nel caso in cui l'obbligazione venga essere adempiuta in più Stati. Altro tema che a questo punto il convenuto deve sollevare riguarda la litispendenza internazionale (art 33 reg. Bruxelles I bis che però si applica solo a partire dal 2015, quindi in questo caso la norma pertinente non è ancora questa, ma è l'art 7 L. n.218/1995: "Pendenza di un processo straniero. 1. Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto nell'ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad istanza della parte interessata. 2. La pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge. 3. Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano.") dal momento che la causa intentata preventivamente negli Stati Uniti non si era ancora conclusa. Rispetto a quanto dice l'art 7 L. n.218/1995, la parte italiana eccepisce la prognosi di riconoscibilità della futura decisione americana: l'art 64 L. n.218/1995 afferma a riguardo che "Riconoscimento di sentenze straniere. 1. La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando: a) il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano; b) l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa; c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge; d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata; e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato; f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero; g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico.". Il convenuto a questo punto afferma che il giudice debba fare una valutazione di contrasto di giudicati e di economia processuale, non tanto di riconoscibilità della decisione. Il giudice italiano alla fine ha deciso per la sospensione del giudizio poiché non era convinto di avere giurisdizione e obiettivamente vi era un motivo di economia processuale, dal momento che non vi era la certezza che la sentenza italiana, una volta emessa, avrebbe potuto produrre effetti negli Stati Uniti; alla fine poi le parti una volta sospeso il giudizio, hanno chiuso il caso. Page of 81 142 VII Lezione: SUCCESSIONI MORTIS CAUSA CON ELEMENTI DI INTERNAZIONALITA’ - Si tratta di un settore del DIPr che ha conosciuto in tempi recenti una rivisitazione importante in Europa poiché l'UE si è dotata di una disciplina uniforme contenuta nel reg. n.650/2012, entrato in vigore il 17 agosto 2015; le norme di questo regolamento disciplinano la competenza giurisdizionale, i conflitti di legge e l'efficacia delle decisioni e degli atti pubblici, a cui si aggiunge l'istituzione del certificato successorio europeo, ossia un documento uniforme dell'Unione di cui si serve l'erede il legatario, l'esecutore testamentario per far valere le sue qualità ed esercitare i suoi diritti ovunque in Europa. In questo senso il reg. è un regolamento integrale, ossia vorrebbe essere il testo all'interno del quale si incontrano le risposte a tutte le domande giuridiche che un soggetto può porsi in relazione ad una successione con elementi di internazionalità. È stato adottato sulla base dell'art 81 TFUE: questa norma disciplina due diverse procedure per l'adozione delle misure legislative a seconda che la misura da adottare riguardi la materia familiare o meno e questa particolarità dell'art 81 par 3 TFUE ("3. In deroga al paragrafo 2, le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, che delibera secondo una procedura legislativa speciale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo.") svela il carattere politicamente sensibile delle norme in materia familiare. Infatti è previsto che quindi l'UE voglia adottare norme di DIPr in materia familiare occorra l'unanimità in seno al Consiglio Europeo poiché i singoli Stati membri vogliono avere un controllo e avere l'ultima parola; sulla base di quest'idea in sede di redazione del regolamento ci si è chiesti se non dovesse essere seguita la via dell'art 81 par 3 TFUE poiché la materia successoria risulta in fin dei conti molto vicina alla materia familiare: gli Stati membri hanno ritenuto che la materia successoria non rientri nella definizione autonoma di famiglia e di diritto di famiglia ma vi hanno visto un'espressione del diritto dei beni. Il legislatore dell'Unione ha ritenuto opportuno adottare norme in materia successoria dal momento che l'UE non solo è un spazio economico integrato ma anche uno spazio di sicurezza, libertà e giustizia, ossia uno spazio politico integrato in cui le persone anche a prescindere dall'attività economica possono circolare, e dunque il concepire uno spazio del genere significa porsi anche il problema di che cosa succede quando una persona si sposta da un Paese all'altro, e dunque anche quando questa viene a morire, e di che cosa succeda a tutte le sue posizioni giuridiche e ai beni del soggetto che viene a decedere. Questo regolamento reca una disciplina esaustiva per quanto riguarda le successioni con elementi di internazionalità, poiché a differenza ad es. di reg. Bruxelles I-bis non c'è spazio per le norme interne; in compenso il reg. cede di fronte alle Convenzioni internazionale che i singoli Stati membri abbiano concluso con Stati terzi: le forme di cooperazione con Stati terzi non possono essere superate solo perché all'interno dell'Unione ci si è dati una regolamentazione diversa, per questo motivo il reg. salvaguarda gli impegni internazionali precedentemente assunti con gli Stati terzi, consentendo agli Stati membri di continuare ad applicare le Convenzioni in vigore con gli Stati terzi ancorché possano essere in contrasto con il regolamento. Di fatto l'Italia ha concluso un paio di Convenzioni internazionali che vengono Page of 82 142 mentre nel reg. n.650 si dà rilievo a tutti i Paesi di cui il soggetto abbia la cittadinanza. Una volta stabilita la legge applicabile si sa che dalla legge richiamata (lex successionis) si devono ricavare le norme generali ed astratte che consentono di rispondere ad un ampia gamma di questioni relative alla successione. Vi è poi una norma particolare sui patti successori: secondo l'art 25 reg. ("Patti successori. 1. Un patto successorio avente ad oggetto la successione di una sola persona è disciplinato, per quanto riguarda l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni di scioglimento, dalla legge che, in forza del presente regolamento, sarebbe stata applicabile alla successione di tale persona se questa fosse deceduta il giorno della conclusione del patto. 2. Un patto successorio avente a oggetto la successione di più persone è ammissibile solo se è ammissibile in base a ciascuna delle leggi che, in forza del presente regolamento, avrebbero regolato la successione di ciascuna di tali persone se esse fossero decedute il giorno della conclusione del patto. Un patto successorio ammissibile ai sensi del primo comma del presente paragrafo è disciplinato, per quanto riguarda la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le con dizioni per il suo scioglimento, dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto tra quelli menzionati al primo comma del presente paragrafo. 3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le parti possono scegliere come legge regolatrice del loro patto successorio, per quanto riguarda l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni per il suo scioglimento, la legge che la persona o una delle persone della cui successione si tratta avrebbe potuto scegliere ai sensi dell’articolo 22, alle condizioni ivi indicate.") l'idea è che il patto successorio si riferisca ad un tipo particolare, ossia quando abbia ad oggetto la successione di una sola persona, e l'ammissibilità di tali patti vada verificata alla luce della legge che avrebbe regolato la successione della persona della cui successione si tratta, se quella persona fosse morta all'epoca della successione. In nome della prevedibilità e della pianificazione, se quel patto è fatto conformemente alla legge del Paese in cui la vita della persona era socialmente integrata, questo rimane valido. Per quanto riguarda il rinvio (il cui problema è quello di sapere se una volta individuata una certa legge come applicabile alla fattispecie si debba o meno tener conto delle norme di conflitto di quella legge: in caso positivo è possibile che tali norme di conflitto richiamino a loro volta la legge di un altro Paese e tale richiamo che prende appunto il nome di rinvio può configurarsi come un rinvio all'indietro, o di primo grado, nei confronti dell'ordinamento del foro, o come un rinvio di secondo grado, nei confronti di un altro ordinamento ancora) nel reg. n.650 se ne tiene conto sulla base di certe condizioni: innanzitutto se ne tiene conto quando si tratta di rinvio di primo grado, ma il reg. a riguardo introduce una variante, nel senso che se ne tiene conto non solo quando si tratta di rinvio all'ordinamento del foro ma anche quando si tratta di rinvio all'ordinamento di uno Stato membro; l'idea è che è più semplice per il giudice ad es. italiano richiamare le norme di uno Stato membro in cui generalmente queste sono più simili alle nostre. Mentre per quanto riguarda il rinvio di secondo grado il reg. dispone in maniera simile rispetto alla L. n.218/1995: si tiene conto del rinvio a patto che esso sia "accettato", nel senso che l'ordinamento a cui si è fatto rinvio si consideri l'ordinamento la cui legge è applicabile sulla base delle sue norme di conflitto. Ci sono delle norme speciali di Page of 85 142 conflitto sulla ammissibilità e sulla validità sia sostanziale sia formale delle disposizioni di ultima volontà: se si vuol dar valore alla volontà del de cuius bisogna salvare la validità del testamento e il DIPr ha una sua tecnica per far ciò, la quale ruota attorno alla previsione di una pluralità di criteri di collegamento in concorso alternativo fra loro. I vari criteri di collegamento che operano in materia di validità formale di una disposizione di ultima volontà sono in concorso fra di loro ma si pongono in termini paritari: per scegliere quale applicare si sceglie quello che realizza l'obiettivo politico, ovvero il favor, che è il favor validitatis, ossia il consentire di affermare la validità della disposizione quanto alla forma, sulla base dell'art 27 reg. ("Validità formale delle disposizioni a causa di morte fatte per iscritto 1. Una disposizione a causa di morte fatta per iscritto è valida quanto alla forma se questa è conforme alla legge: a)   dello Stato in cui la disposizione è stata fatta o il patto successorio è stato concluso; o b)  di uno degli Stati di cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio possedeva la cittadinanza al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o c)  di uno degli Stati in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva il domicilio al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o d)  dello Stato in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva la residenza abituale al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o e)  per quanto riguarda i beni immobili, dello Stato in cui i beni immobili sono situati. Per determinare se il testatore o ogni persona la cui successione è interessata dal patto successorio hanno o meno il proprio domicilio in un determinato Stato si applica la legge di tale Stato. 2. Il paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni a causa di morte che modificano o revocano una precedente disposizione. La modifica o la revoca è parimenti valida quanto alla forma se è conforme a una delle leggi in virtù delle quali, ai sensi del paragrafo 1, era valida la disposizione a causa di morte modi ficata o revocata. 3. Ai fini del presente articolo, sono considerate attinenti alla forma le disposizioni di legge che limitano le forme ammesse delle disposizioni a causa di morte con riferimento all’età, alla cittadinanza o ad altre qualità personali del testatore o delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio. Lo stesso vale per i requisiti che devono possedere i testimoni richiesti per la validità di una disposizione a causa di morte."). Se le prescrizioni di una qualsiasi delle leggi di cui all'art 27 reg. sono state rispettate nel caso di specie ciò basta a concludere che la disposizione di ultima volontà è valida quanto alla forma. Dal momento che si tratta di norme di conflitto bilaterali, ispirate ad una logica puramente localizzatrice, è sempre possibile che nel suo contenuto la legge che risulta applicabile offenda dei principi fondamentali dell'ordinamento del foro e in questi casi il foro si difende alzando la barriere dell'ordine pubblico (Cass. n.5832/1996: la tutela dei legittimari non è di per sé un valore irrinunciabile dell'ordinamento). Nel reg. n.650 inoltre non si parla di norme ad applicazione necessaria, ma interviene un altro meccanismo: sono salve le norme che riducono la circolazione di determinati beni, ma le norme imperative che prevalgono non sono le norme del foro bensì le norme del Paese in cui i beni si trovano (lex rei sitae). Page of 86 142 • La competenza giurisdizionale La norma generale attributiva della giurisdizione è l'art 4 reg. ("Competenza generale. Sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte."), che individua come titolo di giurisdizione l'ultima residenza abituale del defunto; il titolo di giurisdizione scelto dal reg. è la stessa circostanza che il reg. utilizza come criterio di collegamento per determinare la legge applicabile. Questa circostanza suggerisce che agli occhi del legislatore dell'Unione è almeno auspicabile che forum e ius coincidono, ossia è importante che risultino competenti i giudici la cui legge risulta essere quella applicabile, e quindi che il giudice competente possa utilizzare la legge del suo stesso Paese. Criteri di collegamento e titoli di giurisdizione sono meccanismi volti a localizzare la fattispecie: l'art 4 e 21 reg. sia pure a titoli diversi localizzano la fattispecie nello stesso luogo, quello in cui il de ciuius aveva la sua ultima residenza abituale. C'è dunque una dichiarata convergenza di forum e ius, tanto è vero che altre norme attributive della competenza nel reg. mirano a garantire in quasi tutti i casi una coincidenza tra forum e ius: quando il de cuius fa una scelta di legge (a favore eventualmente del Paese/i in cui il de cuius ha la cittadinanza) in quel caso è possibile che la legge applicabile risulti essere una legge diversa da quella del Paese di ultima residenza del de cuius; in questo caso l'art 4 reg. sul versante della competenza se non avesse correttivi resterebbe isolato. Per evitare che ci siano discrasie di questo genere e per ricomporre l'unità di forum e ius articoli successivi al 4 reg. consentono a fronte di una scelta di legge di far sì che risultino competenti sulla successione i giudici del Paese la cui legge è stata scelta; si vede all'opera un meccanismo che nel reg. Bruxelles I-bis non si verifica. Ci sono poi ulteriori regole attributive della giurisdizione o di esercizio della giurisdizione in materia di successioni: esistono innanzitutto regole che ampliano l'ambito della giurisdizione dei giudici degli Stati membri in alcuni casi particolari, oltre i limiti di cui agli artt. 4 e ss. reg.. In Bruxelles I- bis vi sono norme attributive della giurisdizione che sono uniformi, e per il caso in cui il convenuto sia domiciliato in uno Stato terzo il reg. si apre alle norme attributive della giurisdizione che si incontrano nei singoli Stati membri, mentre il reg. n.650 fornisce una regolamentazione unica della giurisdizione e non lascia nessuno spazio alle norme interne, ma questo comporta che, in casi particolari in cui gli Stati percepiscano che ci sono delle situazioni in cui è opportuno che i propri giudici possano pronunciarsi, si verifichi un ampliamento della sfera giurisdizionale degli Stati membri, disciplinato però dal reg. stesso. Se il de cuius non risiedeva in uno Stato membro dell'UE, ma vi ha lasciato dei beni, i giudici dello Stato in cui i beni si trovano sono competenti, a certe condizioni: tali giudici sono competenti se il de cuius era cittadino di quello Stato; una connessione debole, quale la presenza dei beni in quello Stato, è sufficiente ad essere titolo di giurisdizione solo se è completata da un'altra connessione, la cittadinanza. Esiste poi la previsione di un forum necessitatis: si tratta di un meccanismo di ampliamento eccezionale della sfera degli Stati membri che consente, laddove normalmente non sussisterebbe la giurisdizione, di portare la causa davanti ad un giudice di uno Stato membro quando non farlo significherebbe esporre l'attore ad un diniego di giustizia. Ci sono poi anche regole che limitano non già la competenza della giurisdizionale ma il suo esercizio: c'è una regola Page of 87 142 anche in Spagna, può rilasciare un c.s.e. quando si tratti di una successione con elementi di internazionalità. • Se la stessa situazione invece che di un minore, riguardasse un incapace cosa succede e cosa cambia? Per certi aspetti la situazione sarebbe stata un po' diversa. • Esempio 2 di caso pratico: si tratta di cittadini italiani, residenti in Svizzera, che hanno concluso oltre ad una convenzione matrimoniale anche un patto successorio. Il marito è venuto a mancare e si trattava di capire come regolare questo patto successorio straniero: il reg. sulle successione regola abbastanza pacificamente questa situazione e così anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia. A questo punto il notaio dovrà procedere per ottenere l'intestazione dell'immobile nell'ordinamento italiano. Secondo la legge notarile, qualunque atto straniero da utilizzare per l'aggiornamento dei pubblici registri deve essere depositato agli atti di un notaio italiano, con previa validazione del giudice, in questo caso il giudice svizzero.  WORKSHOP n.1: IL RECUPERO INTERNAZIONALE DEI BENI CULTURALI - Il caso Nel 2018, Paul, residente in Francia, si reca a Milano per partecipare ad un’asta organizzata da Sotheby’s Milano, nel corso della quale si aggiudica l’opera Pescatori in mare di William Turner. Nonostante il certificato di lecita provenienza del quadro rilasciato dalla casa d’asta, il giorno successivo Sotheby’s informa Paul dell’esito di un’indagine condotta da un’agenzia investigativa, secondo cui il quadro sarebbe di illecita provenienza. Nel 2012, infatti, Anders, collezionista d’arte di Oslo, denunciò di averne subito il furto. Secondo la ricostruzione dell’agenzia investigativa, dopo aver rubato il quadro a Oslo, i ladri lo avrebbero trafugato in Italia, vendendolo poi al mercante d’arte Matthias, di Berlino, che ne ha infine affidato la vendita a Sotheby’s. Anders, venuto a sapere dell’asta, chiede al suo legale di intraprendere le azioni necessarie per ottenerne la restituzione. • Sugli aspetti proprietari una delle grandi difficoltà del caso è che per affrontarlo occorre usare le norme sui conflitti di leggi (in questo caso art 51 L. n.218/1995); accanto a queste occorre usare poi anche delle norme materiali internazionalmente uniformi: esistono dei settori in cui alcuni Stati hanno ritenuto di mettere in comune delle norme di diritto privato sostanziale, come frutto del tentativo di unificare il diritto fra gli Stati che si impegnano attraverso lo strumento delle convenzioni internazionali. L'esempio più grande è la Conv. di Vienna del 1980 sulla compravendita internazionale dei beni mobili: questa conv. detta norme che funzionalmente sono le stesse che si incontrano nel c.c., nel code civil, nel BGB ecc.…, ma la differenza sta nel fatto che questa conv. pretende di applicarsi soltanto alla compravendita internazionale di beni mobili. Se davvero la conv. si occupa solo di fattispecie internazionali si ha una sorta di analogia tra la realtà sociale di cui si occupa la conv. e le norme del reg. Roma I: si tratta quindi di due tecniche ben diverse, ma il problema è che entrambe si riferiscono alla stessa fattispecie e quindi ci si chiede quale delle due utilizzare. La logica è nel senso di dire che le norme di diritto materiale internazionalmente uniforme godono di una sorta di primato logico: prima si verifica Page of 90 142 se la fattispecie rientra in una normativa internazionalmente uniforme e se così è questa troverà applicazione, mentre se non vi è alcuna normativa internazionalmente uniforme da applicare si applicheranno le norme sui conflitti di legge. Nell'ambito del recupero delle opere d'arte esiste la conv. di Unidroit del 1995 sul recupero delle opere d'arte rubate o rimosse.   - Le questioni da risolvere Assumendo come vera la ricostruzione fatta dall’agenzia investigativa, e sapendo che il mercante d’arte che ha affidato la vendita del quadro a Sotheby’s ritiene di averne a suo tempo acquistata la proprietà, ignorandone la provenienza illecita, si discutano le questioni formulate di seguito. 1. A quale giudice, o giudici, potrà rivolgersi Anders per ottenere un provvedimento che impedisca in via di urgenza a Sotheby’s di consegnare il quadro a Paul? Innanzitutto il provvedimento di cui si tratta è un provvedimento d'urgenza di natura cautelare dovuta al fatto che il quadro è un bene mobile che gira facilmente. Innanzitutto per determinare la competenza del giudice a cui chiedere tale provvedimento, si fa riferimento all'art 35 reg. Bruxelles I-bis: "I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti all’autorità giurisdizionale di detto Stato membro anche se la competenza a conoscere del merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro." (che però non è una norma di per sì attributiva della competenza giurisdizionale). Se si va a vedere poi cosa afferma l'art 10 L. n.218/1995 ("In materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito.") si conclude sicuramente per la giurisdizione italiana per ottenere il provvedimento cautelare in via d'urgenza al fine di impedire la consegna del quadro. 2. A quale giudice, o giudici, potrà rivolgersi lo stesso Anders per ottenere la restituzione del quadro? Si applica la regola dell'art 7 punto 4 reg. Bruxelles I-bis: "Una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro: [...] 4) qualora si tratti di un’azione per il recupero, sulla base del titolo di proprietà. di un bene culturale ai sensi dell’articolo 1, punto 1, della direttiva 93/7/CEE [nel frattempo sostituita dalla direttiva 2014/60/UE], avviata dal soggetto che rivendica il diritto di recuperare il bene in questione, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si trova il bene culturale quando viene adita l’autorità giurisdizionale [...]. 3. In base a quale legge andrà valutata la fondatezza della domanda di restituzione? Si applica la Conv. di Unidroit del 1995 sul recupero delle opere rubate o rimossa. Il titolo giuridico che assicura il rispetto della Conv. è la legge di autorizzazione alla ratifica della Conv. che in questo caso è la L. n. 213/1998; rilevante ai fini della valutazione della fondatezza della domanda di restituzione è l'art 3 della Conv. che prevede: "1. Il possessore di un bene culturale rubato deve restituirlo. [...]. 3. Ogni richiesta di restituzione deve essere presentata entro il termine di tre anni a decorrere dal momento in cui il richiedente abbia conosciuto il luogo dove si trovava il bene culturale e l’identità del suo possessore e, in tutti i casi, entro il termine di cinquant’anni dalla data del furto. [...]". La conv. ha dovuto cercare di trovare un Page of 91 142 equilibrio a causa del fatto che nel mondo dell'arte vi è una netta distinzione fra paesi ricchi di opere d'arte e paesi in cui vi è un fervente mercato dell'arte, in cui vigono in materia norme e principi diversi (es. in Italia esiste il principio del possesso vale titolo ex art 1153 c.c. che non è riconosciuto in altri ordinamenti). Dare al proprietario spossessato un'arma efficace di rientrare in possesso del suo bene significa attuare attraverso l'iniziativa del privato un interesse pubblico sovra individuale (c.d. private enforcement). 4. Si ipotizzi ora che il quadro Pescatori in mare tenuto da Anders in un appartamento a Londra sia stato ivi rubato nel 1990 e che l’asta per la vendita del medesimo quadro da parte di Matthias sia stata organizzata da Sotheby’s Milano nel 1996. Si assuma altresì che nel diritto inglese esista una norma a tutela dei beni culturali, per la quale qualsiasi acquisto a non domino è nullo. In tale scenario, Matthias potrebbe efficacemente far valere in Italia nel giudizio iniziato nel 1996 su iniziativa di Anders l’intervenuto acquisto da parte sua del bene a titolo originario, contrastando così la pretesa di Anders? In questo caso si esclude l'applicazione della Conv. Unidroit del 1995, ma si applica l'art 51 L. n.218/1995 ("Possesso e diritti reali. 1. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. 2. La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto."). Secondo la dottrina più autorevole (tra cui Benvenuti) ai sensi dell'art 51 co 1 L. n.218/1995 si applica la legge del luogo in cui è avvenuto l'ultimo trasferimento. Quando si fa questione di restituzione il possessore cerca di invocare l'acquisto della proprietà, quindi il formarsi di una fattispecie costitutiva acquisitiva del diritto: quindi l'art 51 co 2 L. n.218/1995 va riferimento al momento acquisitivo del bene.  5. Si immagini che la pretesa di Anders alla restituzione risulti fondata. Quali conseguenza deriverebbero da questa circostanza a carico del contratto di vendita del bene? E quali conseguenze a carico del contratto in forza del quale Matthias ha affidato a Sotheby’s la vendita del quadro (contratto sulla cui base Sotheby’s pretende di essere pagata per i servizi di intermediazione svolti)? In conclusione, ci sono anche degli aspetti contrattuali: se davvero il bene va restituito e non è mai stato del venditore, bisogna chiedersi quali conseguenze discendano rispetto al rapporto contrattuale che ha ad oggetto il trasferimento. Sorge il problema di capire se chi ha comprato debba pagare il prezzo e se lo ha pagato se può averlo indietro. La legge applicabile sarà la legge applicabile al contratto. Il reg. Roma I all'art 25   inoltre cede il passo alle convenzioni internazionali conclusi dagli Stati membri con Stati terzi, tra questa rientra la Convenzione dell'Aja del 15 giugno 1995 che regola la legge applicabile alla vendita internazionale di beni mobili. VIII Lezione: DIPr e DIRITTO MATERIALE UNIFORME - Il tema è quello del rapporto fra le norme di conflitto e le norme di diritto materiale uniforme: quando si parla di diritto materiale uniforme si fa riferimento al diritto privato sostanziale internazionalmente uniforme, cioè confezionato in modo tale da Page of 92 142 quanto anch'esse espressive di valori (in maniera più immediata rispetto alle norme di conflitto), rimettono ad altre norme la disciplina materiale della fattispecie, a garantire la trattazione efficace del caso, perché risparmiano all'operatore un passaggio logico e le relative indagini 8mentre le norme di conflitto richiedono due passaggi logici: l'individuazione dell'ordinamento giuridico statale da cui trarre la legge applicabile e poi l'individuazione delle norme applicabili alla fattispecie concreta) e a soddisfare l'obiettivo comune al foro ed ad altri Stati, oltre che quello di regolare in modo uniforme certe fattispecie (ma bisogna sottolineare anche le norme di conflitto uniformi giovano all'uniformità). Le norme di diritto materiale uniformi proprio perché uniforme e basate su convenzioni internazionali sono espressive di un comune sentire di vari Stati: c'è una politica di governo di relazioni internazionali. IX Lezione: COMPRAVENDITA INTERNAZIONALE DI BENI MOBILI - Partendo da questo esempio: Alfa, una società italiana che funge da centrale acquisti per una catena di supermercati, compra da Indian Food, una società con sede a Chennai, un certo numero di confezioni di miscele di spezie. Il contratto nulla dice circa la legge applicabile, ma attribuisce la cognizione di eventuali controversie al giudice italiano. Sorge una lite e ci si chiede in base a quali norme vada deciso il merito; le tecniche impiegate per identificare le regole da applicare al contratto in questo caso sono due, quella dei conflitti di legge e quella delle norma materiali uniformi date dalla CISG del 1980 e da questa bisogna partire in virtù del principio di primato logico di queste norme. Innanzitutto bisogna considerare l'art 1 Conv.: "1. La presente Convenzione si applica ai contratti di vendita delle merci fra parti aventi la loro sede di affari in Stati diversi: a) quando questi Stati sono Stati contraenti; o b) quando le norme di diritto internazionale privato rimandano all'applicazione della legge di uno Stato contraente. 2. Non si terrà conto del fatto che le parti hanno la loro sede di affari in Stati diversi quando tale fatto non risulta né dal contratto, né da transazioni precedenti fra le parti, né da informazioni da queste fornite in qualsiasi momento prima della conclusione o al momento della conclusione del contratto. 3. Né la nazionalità delle parti, né il carattere civile o commerciale delle parti o del contratto saranno prese in considerazione per l'applicazione della presente Convenzione."; per accertare la ricorrenza della prima condizione l'unica cosa da sapere, oltre il fatto che le parti abbiano la loro sede d'affari in Stati diversi, è verificare se lo Stato in cui si trovano le parti sia parte contraente della Convenzione: nel nostro caso di specie l'India non è parte della Conv. CISG e quindi non trova applicazione la lett. a) art 1 conv.. Analizzando la lett. b) dell'art 1 conv. bisogna verificare cosa prevedano le norme di conflitto: ai sensi dell'art 4 par 1 lett a) reg. Roma I il contratto di vendita di beni mobili è disciplinato dalla legge in cui il venditore ha la legge abituale, quindi da una prospettiva italiana la legge applicabile è la legge indiana e quindi non si applica la Conv.. Il reg. Roma I reca però una clausola di subordinazione: l'art 25 reg. Roma I vuole evitare che il rispetto dovuto dagli Stati membri al diritto dell'Unione finisca per metter gli Stati membri nella condizione di venir meno agli obblighi internazionali che questi abbiano contratto nei confronti di altri Stati terzi antecedentemente. Tali clausole sono spesso non facili da far funzionare perché non sono clausole che dicono in blocco Page of 95 142 quale strumento si applica e quale tace, bensì il reg. non osta all'applicazione delle convenzioni internazionali, ossia non si fa da parte a prescindere ma nella misura in cui osterebbe all'applicazione di tali convenzioni internazionali. Questa disposizione è rilevante per quegli Stati membri che abbiano contratto norme di conflitto uniformi attraverso convenzioni internazionale in materia di contratti di vendita di beni mobili: ad es. Conv. dell'Aja concernente la legge applicabile ai contratti di compravendita a carattere internazionale di cose mobili corporee del 1955, sottoscritta anche dall'Italia, si limita a dire in quanto convenzione recante norme di conflitto uniformi si limita a dire quale sia la legge statale applicabile al rapporto (cfr. art 3 conv.: "Quando manchi una dichiarazione delle parti circa il diritto applicabile conformemente alle premesse previste nell’articolo precedente, la compravendita è regolata dalla legge interna del paese in cui il venditore, al momento in cui assume l’ordinazione, ha la sua dimora abituale. Se l’ordinazione è assunta da una succursale del venditore, la compravendita è regolata dalla legge interna del paese in cui si trova la succursale. Il contratto di compravendita è tuttavia regolato dal diritto interno del paese, nel quale il compratore ha la sua dimora abituale o dove è domiciliata la sua ditta commerciale che ha fatto l’ordinazione, se quest’ultima sia stata assunta in tale paese sia dal venditore, sia dal suo rappresentante, agente o viaggiatore di commercio. Qualora si trattasse di una contrattazione di borsa o di una vendita agli incanti, il contratto è regolato dal diritto del paese nel quale si trova la borsa o ha luogo l’incanto."). Mentre la disciplina europea non contiene eccezioni (se non la clausola di salvaguardia ai sensi dell'art 4 par 3 reg. Roma I), l'art 3 conv. dell'Aja apre una grande eccezione stabilendo come applicabile la legge del compratore quando il contratto risulti essere concluso nel Paese dello stesso compratore; finché quindi l'Italia non recede da questa convenzione, essa gode il primato che le spetta ai sensi della clausola di subordinazione prevista dall'art 25 reg. Roma I. L'esistenza di clausole di questo tipo e il fatto che in relazione a queste clausole gli Stati membri abbiano concluso convenzioni internazionali di questo tipo rende rilevante anche in aree oggetto di conflitto la questione della giurisdizione, ridiventa quindi importante di fronte a quale giudice portare la controversia. WORKSHOP n.2: LA DIFFAMAZIONE E LA TUTELA DEI DIRITTI DELLA PERSONALITA' - Il caso Marco Rossi, imprenditore italiano con interessi economici in Belgio, Francia e Irlanda, viene coinvolto in un’inchiesta per riciclaggio in Francia, dove si trova una delle sue aziende. Scoperta la notizia, il sito internet irlandese “The Irish News” pubblica un articolo dal titolo “Spaghetti and Money Laundering”, nel quale il Rossi viene dipinto come un vero e proprio criminale professionista. L’inchiesta francese si conclude in breve tempo con un’archiviazione, senza che tuttavia il The Irish News provveda a rettificare in alcun modo il proprio articolo. Qualche mese dopo il Rossi si reca presso la banca “Alpha” in Francia allo scopo di chiedere un prestito per finanziare un nuovo progetto imprenditoriale. Prima di concedere l’erogazione, i funzionari di Alpha effettuano tutte le verifiche antiriciclaggio richieste dalla legge. Per Page of 96 142 effettuare le prede-e verifiche i funzionari utilizzano il motore di ricerca “Searching”, di proprietà di una società statunitense presente in Europa soltanto con una piccola filiale in Irlanda che si occupa della vendita di spazi pubblicitari. Lì, tramite una ricerca effettuata partendo dal nome “Marco Rossi”, si imbattono nell’articolo “Spaghetti and Money Laundering” di qualche mese prima. Preso atto del contenuto dell’articolo, Alpha decide quindi di non erogare il finanziamento a Rossi, provvedendo altresì alla chiusura dei conti corrente di costui in Francia e nelle proprie filiali in Belgio. Marco Rossi, appresa la notizia, decide di rivolgersi ad un legale per la tutela dei propri diritti: egli potrà farlo sia chiedendo il danno reputazionale sia chiedendo il risarcimento del danno patrimoniale. Dunque innanzitutto The Irish News, la società americana beta e la sua filiale irlandese possono venire convenute sulla base dell'art 5 par 1 lett. d) GDPR al fine di chiedere il risarcimento del danno reputazionale; da sottolineare che sulla base della giurisprudenza di Google Spain e Unidate va convenuta anche la filiale. Per quanto riguarda la giurisdizione si fa riferimento all'art 79 GDPR, cosicché Mario Rossi agirà in Italia, sua residenza abituale: per essere determinata in questo caso bisogna rifarsi alla ratio di tale norma, ossia la tutela dell'interessato, e facendone un'interpretazione univoca si fa coincidere la residenza abituale con il centro degli interessi. La nozione qui adottata fa strettamente riferimento agli interessi economici per il fatto che la traccia non dà ulteriori spunti su altri tipi di interesse, ma al fine di garantire la maggior tutela la nozione viene considerata in maniera estensiva. Bisogna considerare comunque il fatto che il convenuto ha il diritto di essere convenuto davanti ad un giudice che sia prossimo e prevedibile: quindi l'esigenza del giusto processo e dell'equilibrio tra le parti va tenuto in considerazione nell'interpretazione di norme attributive della questione.   - Le questioni da risolvere Immaginando di dover affrontare sia i profili relativi alla reputazione del Rossi che quelli relativi ai danni patrimoniali da costui subito, si discutano le questioni formulate di seguito. 1. Chi occorrerebbe convenire in giudizio, e davanti a quale giudice, per il risarcimento dei danni subito? Si assuma a tal proposito che la sede principale del gruppo di imprese riconducibili a Mario Rossi si trovi in Italia e che lo stesso risultato anagraficamente residente a Capo Verde. • Marco conviene Alfa per il danno economico patrimoniale dovuto alla chiusura dei propri conti correnti: secondo la tesi sostenuta il foro competente è la Francia. La fattispecie presenta elementi di estraneità e si svolge in ambito europeo per cui si applica il reg. Bruxelles I-bis. Oltre al foto generale di cui all'art 4 reg., per determinare il foro speciale bisogna poi considerare il tipo di responsabilità che si vuole far valere: la giurisprudenza costante della CGUE, in particolare la giurisprudenza Handte, dà una definizione autonoma di materia contrattuale ai sensi del reg. Bruxelles I-bis dalla cui definizione a contrariis si può desumere quanto sia extracontrattuale. La giurisprudenza Handte ha dato inizio ad una linea di pronunce: per la Corte ad ogni modo è importante che esistano degli obblighi liberamente assunti altrimenti non è materia contrattuale, ma questo non vuol dire che la domanda Page of 97 142