Scarica dispensa di economia e gestione della banca e più Dispense in PDF di Economia e gestione della banca solo su Docsity! Lezione 1,2 IL SISTEMA FINANZIARIO E QUELLO REALE: Il sistema economico è l'insieme dei soggetti che svolgono attività atte a procurarsi beni e servizi funzionali al soddisfacimento dei propri bisogni all'interno di un framework regolamentativo. La distinzione all'interno del sistema economico è quella tra: Sistema reale: sistema di scambio di beni, servizi e forza lavoro Sistema finanziario: sistema di scambio di moneta mezzi di pagamento alternativi o strumenti finanziari Ad oggi per la sopravvivenza del sistema economico sono necessari entrambi, ma non è sempre stato così, perché il sistema finanziario esiste solamente da circa 100 anni. Per la sopravvivenza del sistema economico è necessari anche un equilibrio tra sistema reale e finanziario. La teoria economica esprima l'equilibrio tra i due sistemi: PQ=MV Q= complesso di beni e servizi prodotti P= prezzi M= moneta presente sul mercato V= circolazione della moneta presente sul mercato: numero di volte in cui un'unità di conto viene scambiato all'interno di un'unità di tempo, dipende dalla propensione al consumo degli individui presenti all'interno del sistema economico. c'è anche da considerare la propensione al risparmio: se aumenta, minore è la circolazione della moneta. I beni e i servizi prodotti devono essere dunque equilibrati con il quantitativo di moneta, basta che una delle variabili non sia in equilibrio, allora il sistema intero non è in equilibrio, se dunque una variabile si modifica, anche le altre si devono riequilibrare. La capacità delle variabili di riportare il sistema all’equilibrio non è omogenea; nel caso in cui questi meccanismi di aggiustamento non dovessero funzionare, si va in contro ad una crisi (mercato reale) o una bolla speculativa (finanziario). https://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/bollaspeculativa.htm I TULIPANI E IL CROLLO IN BORSA (corsi e ricorsi storici) I mutui subprime La crisi economica del 2008 in 2 minuti (immagini da La Grande Scommessa) IL SISTEMA FINANZIARIO Ci sono due modi per studiare il sistema finanziario: Profilo strutturale: vado a studiare tutti gli elementi costituenti, li definisco e vedo come funzionano. Il sistema finanziario è costituito dal complesso integrato di contratti, mercati finanziari, intermediari, autorità di regolamentazione e vigilanza, esistenti in un dato luogo in un dato momento. Profilo funzionale: è un’infrastruttura cruciale per il funzionamento delle moderne economie in quanto svolge importanti funzioni, quali: a. Funzione creditizia: realizza il trasferimento di risorse dal risparmio agli investimenti b. Funzione monetaria: assicura l'efficiente funzionamento del sistema dei pagamenti c. Funzione di trasmissione della politica monetaria: trasmette al sistema economico gli impulsi della politica monetaria Il sistema finanziario è dunque un complesso integrato composto da: Intermediari: imprese la cui attività è basata sulla produzione e negoziazione di strumenti finanziari e dei servizi connessi alla loro circolazione (CHI) Strumenti: particolare categoria di contratti aventi ad oggetto diritti e prestazioni di origine finanziaria (COSA) Mercati: luogo di scambio degli strumenti finanziari. Mercato assicurativo e finanziario, che a sua volta è composto da mercato del credito, dei cambi e mobiliare (DOVE) Autorità di vigilanza, che regola rigidamente (COME) QUALI SONO LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO? A-funzione creditizia, B-funzione monetaria, C-trasmissione degli impulsi di politica monetaria. A-FUNZIONE CREDITIZIA DEL SISTEMA FINANZIARIO: anche detta funzione allocativa, compie il trasferimento delle risorse finanziarie dai soggetti in surplus a quello in deficit, infatti, all’interno del sistema economico esistono contemporaneamente soggetti in surplus (ovvero soggetti disposti a scambiare potere d'acquisto attuale contro potere d'acquisto futuro in presenza di un vantaggio economico, dato da un certo livello di rischi) e soggetti in deficit (hanno un gap di potere d'acquisto da colmare attraverso il trasferimento di risorse esterne a patto che il loro costo sia inferiore al rendimento atteso). La funzione creditizia esiste dunque per facilitare gli scambi tra i soggetti in surplus e i soggetti in deficit. All’interno del sistema finanziario, è possibile individuare diverse categorie di settori istituzionali. Il settore istituzionale identifica un gruppo omogeneo di persone fisiche e giuridiche che dispone di autonomia e capacità decisionale in campo economico finanziario e che, fatta eccezione per le famiglie, tiene scritture contabili separate. Stiamo parlando di: Famiglie: comprendono individui o gruppi di individui nella loro funzione di consumatori o in quella di produttori di beni o servizi Settore pubblico: unità istituzionali che producono ed erogano beni e servizi destinati alla collettività Imprese non finanziarie: società e quasi società private e pubbliche che producono beni e servizi non finanziari Imprese finanziarie: unità economiche che raccolgono, trasformano e impiegano le disponibilità finanziarie degli altri operatori economici Resto del mondo: tutti i soggetti non residenti sul territorio nazionale Ognuno di questi soggetti ha un saldo finanziario, che indica se sono in surplus o in deficit. Il saldo finanziario è la differenza tra tutte le entrate e tutte le uscite. A livello macroeconomico la domanda e l'offerta aggregata devono essere uguali: non c'è nessuno che all'interno del sistema finanziario guadagna risorse, senza che qualcuno le perda. (selezione) di una unità in deficit che hanno maggiore probabilità di esporre i datori di fondi ad eventi avversi, quali l’insolvenza dei prenditori. Si tratta dunque di un gap informativo tra il richiedente e il cedente dei fondi, si arriva alla cessione di un credito subottimale; è un'anomalia del mercato che si verifica ex ante, se la banca non è informata non è in grado di selezionare i creditori più meritevoli. Per selezionare i buoni e i cattivi imprenditori devo calcolare il tasso soglia, ovvero quel rendimento che faccia sì che io abbia un mix dei buoni e dei cattivi imprenditori. La banca non riesce ad identificare precisamente il tasso soglia perché non conosce il profilo di rischio degli imprenditori, questo perché c'è asimmetria informativa. Moral Hazard: si configura come una situazione di asimmetria informativa che si palesa successivamente alla conclusione dei contratti finanziari ed è da attribuire alla messa in atto di comportamenti opportunistici da parte di una controparte a danno dell’altra. Il moral hazard si verifica dunque quando l'investitore pone in atto azioni diverse da quelle previste dal contratto. Un esempio può essere uno spostamento su progetti più rischiosi senza informare il datore di fondi una volta ottenuto il credito. Asset broker, asset transformer e ruolo delle banche: diversamente da quanto avviene negli scambi diretti, l’intervento dell’intermediario finanziario è in grado di minimizzare costi informativi, rischi di prezzo e di liquidità, assicurando pooling* e sharing. Le banche agiscono infatti contemporaneamente come: - Asset broker: An asset finance broker is a person or company whose role is to assist their clients in the purchase of assets from a supplier assisting them to find the right lender to suit their needs. Gli asset broker hanno la capacità di sfruttare economie di scala, ovvero di ridurre i costi unitari di transizione al crescere dei volumi di attività. Facilitano dunque l’incontro tra domanda ed offerta. - Asset transformer: asset transformation is the process of transforming bank liabilities (deposits) into bank assets (loans). riconciliazione delle preferenze di investimento/indebitamento di soggetti in surplus e deficit. Assunzione del rischio di prezzo e di liquidità. * Funzione di pooling= è svolta dal sistema finanziario attraverso l’offerta di meccanismi di aggregazione delle risorse finanziarie limitate, come per esempio la raccolta da parte delle banche di depositi di piccolo importo tra un numero elevato di risparmiatori che vengono impiegati per concedere prestiti di importo elevato ad imprese e a pubbliche amministrazioni. (simile alla funzione dei fondi di investimento) Lezione 3,4 B-FUNZIONE MONETARIA DEL SISTEMA FINANZIARIO: crea e gestisce i flussi di moneta e i sistemi di pagamento all'interno di un sistema economico. Si realizza attraverso la creazione di mezzi di pagamento e la produzione di servizi, necessari per la circolazione della moneta, nei sistemi finanziari. Dal punto di vista fiscale, con il trattato di Maastricht, è stato necessario imporre degli obblighi formali di accesso all'unione monetaria europea (eurozona): Stabilità dei prezzi e inflazione inferiore al 2% Situazione finanziaria pubblica sostenibile: deficit/PIL <3%, debito/PIL <60% Tutti gli Stati membri dell’UE fanno parte dell’Unione economica e monetaria (UEM) e coordinano le loro politiche economiche al fine di sostenere gli obiettivi economici dell’UE. Tuttavia, un certo numero di Stati membri hanno compiuto un ulteriore passo avanti e sostituito le loro monete nazionali con l'euro, la moneta unica. Questi Stati membri formano l’Eurozona. La funzione monetaria è svolta fondamentalmente da uno specifico comparto del sistema finanziario: il sistema bancario. A questo si uniscono IMEL (istituti di moneta elettronica) e IP (istituti di pagamento) autorizzati da BdI. Sono infatti la Banca Centrale e le banche i soggetti principali che hanno la prerogativa di potere fornire agli operatori economici dei mezzi di pagamento attraverso la creazione di proprie passività dotate del requisito di accettabilità e che dunque vengono universalmente accettate come mezzo di pagamento. La moneta è dunque qualsiasi dispositivo personalizzato e/o insieme di procedure concordate tra l’utilizzatore e il prestatore di servizi di pagamento. Può essere: Moneta legale: banconote emesse dagli organi legali (la sua accettazione è imposta per legge, non può essere rifiutata dal creditore e viene creata da un soggetto pubblico) Moneta bancaria: insieme degli strumenti e delle procedure di pagamento alternativi alla circolazione della moneta legale. Parliamo di strumento di pagamento intendendo un sostituto temporaneo della moneta che permette di ritardare l’esborso monetario ad un momento successivo alla conclusione dello scambio; le procedure di pagamento sono invece sistemi di trasferimento della titolarità della moneta che poggiano su sistemi di pagamento. Moneta elettronica Cripto moneta Quali sono le funzioni della moneta? Mezzo di regolamento degli scambi Unità di conto: misura il valore intrinseco dei beni e dei servizi all'intero di un determinato contesto sociale Scorta di liquidità: svolge una funzione di riserva con mantenimento del potere d'acquisto nominale Sistema dei pagamenti= si tratta dell’insieme degli operatori, degli strumenti, delle procedure, dei circuiti di regolamento e delle norme volti a realizzare il passaggio della moneta fra gli agenti economici in maniera affidabile ed efficiente. Sotto il profilo regolamentare, l’introduzione della SEPA (2008) e della direttiva europea sui servizi di pagamento (PSD- payment service directive) ha permesso di rendere più efficiente e competitivo il nostro sistema dei pagamenti e gli equivalenti europei. La SEPA ovvero la Single Euro Payments Area (Area Unica dei Pagamenti in Euro) è l'area in cui i cittadini, le imprese, le pubbliche amministrazioni e gli altri operatori economici possono effettuare e ricevere pagamenti in euro, sia all'interno dei confini nazionali che fra i paesi che ne fanno parte, secondo condizioni di base, diritti ed obblighi uniformi, indipendentemente dalla loro ubicazione all'interno della SEPA. Lo scopo della SEPA è quello di creare un mercato dei pagamenti armonizzato che offra degli strumenti di pagamento comuni (bonifici, addebiti diretti e carte di pagamento), che possono essere utilizzati con la stessa facilità e sicurezza su cui si può contare nel proprio contesto nazionale. La direttiva che legifera sui sistemi di pagamento è la PSD2, ovvero l'iniziativa legislativa della commissione europea tesa ad ordinare in un singolo quadro normativo l'intera materia dei pagamenti, in questo contesto la banca riduce il ruolo tipico di intermediario nel sistema dei pagamenti a favore delle terze parti. Fintech e banche: è un acronimo che unisce il sistema finanziario e quello tecnologico, indica l'innovazione finanziaria resa possibile dall'innovazione tecnologica, che può tradursi in nuovi modelli di business, processi o prodotti ed anche nuovi operatori di mercato. l'utilizzo della tecnologia costituisce un elemento necessario per rendere possibile l'innovazione finanziaria. (vedi testimonianza fintech) C-TRASMISSIONE DEGLI IMPULSI DI POLITICA MONETARIA, SVOLTA DAL SISTEMA FINANZIARIO Politica monetaria: insieme delle azioni intraprese dalla banca centrale europea per influenzare il costo e la disponibilità di denaro nell'economia, nel particolare la moneta può essere: Moneta circolante (banconote e monete metalliche) Moneta offerta (circolante+depositi) Base monetaria (circolante+riserve bancarie): è direttamente gestita dalla BCE, ma non rappresenta l'intera quantità di moneta a disposizione del pubblico, perché questa include anche i depositi bancari utilizzabili per effettuare pagamenti A partire dalla definizione di moneta offerta, si possono identificare differenti aggregati monetari dell'area euro, ordinati in funzione della loro capacità di trasformarsi in contante o depositi in c/c e della loro capacità di consentire transazioni, nella UEM esistono: M1 ristretto: circolante + depositi c/c (liquidità massima) M2 intermedio: M1+ depositi<2 anni (liquidità media) M3 ampio: M2 + titoli obbligazionari e quote di fondi monetari Elementi più liquidi rispondono alle politiche monetarie più in fretta e più prevedibilmente; per quanto riguarda gli elementi poco liquidi invece, rispondono agli impulsi di politica monetaria con un leg temporale. BCE monitora tutti e tre gli aggregati per l’attuazione della politica monetaria, ma da maggior importanza a M3 perché più stabile, anche se meno controllabile nel breve rispetto a M1. Definizione formale di politica monetaria: Processo a più stadi in cui si fa riferimento a diversi strumenti (operazioni di rifinanziamento marginale, operazioni di mercato aperto, vincolo di riserva obbligatori) perseguendo target operativi (riserve bancarie e tassi di mercato), intermedi (quantità di moneta, credito, tassi d'interesse) e finali (prezzo, tasso di cambio, reddito, occupazione) per ottenere: Obiettivo primario: mantenere la stabilità dei prezzi, inflazione sotto al 2% nel medio Obiettivo secondario: sostenere politiche economiche di piena occupazione e alla crescita economica Raccolta di fondi all’ingrosso sul mercato interbancario dei depositi: La raccolta di risorse finanziarie all’ingrosso più diffusa viene realizzata sul mercato interbancario dei depositi presente in numerosi paesi dell’area euro, in esso si contrappongono le banche prenditrici di fondi e le banche datrici di fondi, il deposito avente scadenza giornaliera è il mercato overnight. Tra i mercati in cui si ha lo scambio di tali fondi si possono riconoscere differenti configurazioni: - Mercato OTC: circuito nel quale gli scambi avvengono in via strettamente bilaterale e su base fiduciaria, gli scambi non sono quindi assistiti da nessuna garanzia (unsecured). - Mercato interbancario telematico italiano e-MID: costituito nel 1990 in veste di mercato regolamentato dei depositi interbancari con lo scopo di favorire la realizzazione delle transazioni in condizioni di trasparenza, con l’introduzione dell’euro tale mercato è stato privatizzato. Su questo mercato possiamo trovare scambi OTC oppure scambi MIC - Mercato interbancario collateralizzato (MIC): questo mercato prevede che il buon fine delle negoziazioni sia garantito dalla cassa di compensazione e garanzia che funziona da collaterale. Dal momento che lo scambio di fondi avviene con l’assistenza o meno della garanzia, i tassi che si vengono a creare sono diversi a seconda della garanzia. Allo stesso abbiamo un mercato europeo dei depositi interbancari e questo dà luogo ai tassi interbancari: -EURIBOR: Euro Interbank Offered Rate, questo tasso d’interesse interbancario rappresenta il tasso medio d’interesse, a valere sulle diverse scadenze negoziate, è reso pubblico quotidianamente dalla federazione bancaria europea tutti i giorni alle 11 sulla base delle banche di riferimento, ovvero le maggiori banche dell’area euro. In media l'euribor sarà più alto dell’eonia perché tiene conto anche delle offerte che non sono andate a buon fine. Se lo spread tra i due è molto alto, significa che domanda ed offerta sono molto distanti. - EONIA: Euro Overnight Index Average, è dato dalla media, ponderata per le quantità scambiate, del tasso overnight praticato dalle banche di riferimento sulle operazioni svolte sul mercato interbancario europeo. Si tratta di un significativo indicatore del livello di liquidità del mercato interbancario dell’area euro che si posiziona costantemente all’interno del corridoio dei tassi definito dalla BCE con la fissazione dei propri tassi di policy. riserva media giornaliera, calcolata nell’arco di 6/7 settimane almeno pari all’ammontare di riserva dovuto - aumentare/allentare un fabbisogno strutturale di liquidità: Un aumento (diminuzione) del coefficiente di riserva obbligatoria comporta, a parità di altre condizioni, una diminuzione (aumento) dell’offerta di moneta. La riserva obbligatoria viene infatti ridotta quando si ritiene necessaria una politica monetaria espansiva e il sistema bancario è in crisi di redditività. Oltre a queste manovre ci sono anche misure non convenzionali: Quantitative easing: è un'agevolazione pronti contro termine, l'acquisto non ha un limite quantitativo. Si tratta dell’acquisto in massa di titoli di stato delle banche commerciali da parte della banca centrale. È uno strumento di politica monetaria che sostiene l’inflazione. Chi prende effettivamente queste decisioni? Possiamo dire che le decisioni sono prese dal sistema europeo delle banche centrali (SEBC), che comprende: La BCE (ha poteri decisionali) Le banche centrali nazionali (BCN) (ha poteri attuativi) Le BCN extra UEM (hanno un ruolo consultivo) All’interno dell’Eurosistema, gli organi decisionali responsabili della preparazione, condotta e implementazione della politica monetaria sono: Consiglio direttivo: decide in ultima istanza se una politica monetaria deve essere espansiva o restrittiva e per quanto tempo, ha un obiettivo strategico (decide la strategia) ed è composto da 25 persone. È dunque responsabile della formulazione della politica monetaria. Comitato esecutivo: implementano e decidono al margine i tagli e il periodo dei tassi; è costituito da 6 persone. È dunque responsabile dell’attuazione della politica monetaria. Consiglio generale: organo di transizione, sarà sciolto una volta che tutti gli Stati membri dell’UE avranno introdotto la moneta unica, include quindi anche i paesi che fanno parte dell'unione, ma non adottano l'euro. Lezione 5,6 Strumenti finanziari -All’interno del sistema finanziario (un'economia è finanziarizzata) formale lo scambio di fondi avviene attraverso particolari contratti standardizzati aventi ad oggetto diritti e prestazioni di origine finanziaria, che scambiano potere di acquisto attuale (risparmio) contro potere d’acquisto futuro, aumentato di un tasso d'interesse. -Tali strumenti contrattuali sono usualmente identificati come “attività finanziarie”, quali i depositi bancari, le obbligazioni, i titoli di Stato, i prestiti bancari, ecc. -La ricchezza reale, sotto forma di strumenti finanziari, ha un grado di liquidità e di trasferibilità molto più elevato Le AF possono avere la natura di: ▪ contratti bilaterali (informazioni riservate): OTC (over the counter), strumenti disegnati di volta in volta da due controparti, riguardano investitori istituzionali. ▪ contratti di mercato (informazioni pubbliche): contratti standardizzati comprati e venduti sui mercati regolamentati Elementi definitori: Informazione: input e output, la valutazione degli investimenti si basa sulle informazioni. La valutazione delle varie tipologie di rischio nel corso della vita dell’attività finanziaria dipende dalle informazioni disponibili alle parti in causa. L’informazione è allo stesso tempo input e output dell’attività degli intermediari e dei mercati finanziari. È input in quanto i processi decisionali degli operatori si basano su informazioni (ad es. definizione del contratto, decisione di finanziamento/investimento). È anche output perché il prezzo di ciascuna attività finanziaria incorpora informazioni. Quanti input e quanti output, dipende dall'efficienza del mercato. Natura del contratto sottostante (natura giuridica): In una attività finanziaria le prestazioni delle due parti in causa sono rette da un contratto che può appartenere a tipologie diverse, con implicazioni economico- giuridiche diverse. Occorre innanzitutto distinguere tra attività finanziarie che esprimono: ▪ un rapporto di credito o debito (titoli di Stato, obbligazioni, depositi bancari) ▪ un rapporto di partecipazione (azioni), acquistandole si diventa soci, non creditori ▪ un rapporto di tipo assicurativo (polizze vita, morte, danni) ▪ un rapporto derivato (opzioni, future, forward, cartolarizzazioni), insieme molto eterogeneo di strumenti, non hanno un valore intrinseco, ma derivano il loro valore dell'asset sottostante. Tempo: La durata dei contratti finanziari può essere: breve (max 12/18 mesi), media (da 2 a 10 anni), lunga (oltre 10 anni o perpetua). Gli S.F. secondo la natura del diritto oggetto del contratto ▪ di indebitamento: a fronte della rinuncia a qualunque forma di ingerenza nella gestione, è sancito il diritto alla remunerazione e, sulla base delle risorse esistenti, alla restituzione del capitale alla scadenza o al momento della liquidazione della società (titoli obbligazionari e strumenti di finanziamento). Quando acquisto uno strumento del genere rinuncio ad ogni tipo di influenza nei confronti dell'azienda che emette il contratto, avrò ovviamente diritto ad una remunerazione o obbligo ad un pagamento (dipende se è un contratto di credito o di debito). Ho diritto ad una remunerazione (interesse) nel momento in cui presto soldi, ma non è sempre così: esistono clausole (CACS) che prevedono che in momento di difficoltà lo stato può saltare o posticipare pagamenti intermedi o addirittura restituire solamente parte del credito. ▪ di partecipazione: per effetto dell’elevato grado di coinvolgimento del detentore nella gestione aziendale, comportano la rinuncia a un rendimento certo, in termini sia di remunerazione periodica sia di rimborso del capitale, a fronte del diritto alla distribuzione eventuale dei risultati periodici e alla restituzione del capitale residuale dopo aver soddisfatto tutti gli altri portatori di interesse (residual claimant). Questi strumenti non prevedono restituzione del capitale (perché non c'è una scadenza dell'azione), ma non prevedono nemmeno la remunerazione di questo; a differenza dei contratti di indebitamento, consentono di avere una percentuale di influenza nel capitale dell'azienda. N.B: la vera ingerenza ce l'hanno gli azionisti che hanno sostanzialmente influenza o addirittura controllo. ▪ di assicurazione: consentono al contraente, dietro pagamento di un premio, di tutelarsi contro l’eventuale manifestazione di un evento avverso attinente alla vita umana o ad altri danni, al cui verificarsi matura il diritto a incassare un indennizzo. Prevedono la copertura su rischi puri, non finanziari. ▪ derivati: incorporano diritti od obblighi che insistono su elementi tipici di altri strumenti finanziari ai quali si riferiscono per effetto del manifestarsi di eventi contingenti (forwards, futures, swaps, opzioni). Non hanno un valore intrinseco, ad esempio l'opzione è pagare per avere la possibilità di comprare nel futuro un'azione a x euro predeterminati contrattualmente. ▪ composti: nascono dalla combinazione di strumenti di base per soddisfare le varie e mutevoli esigenze dei datori e dei prenditori di fondi (obbligazioni strutturate). Mixano diverse tipologie contrattuali in un unico pacchetto. Caratteristiche da conoscere prima di fare un acquisto consapevole sul contratto: Il rendimento delle AF è la remunerazione percentuale per chi cede potere di acquisto e richiede un compenso sia per la rinuncia al potere di acquisto, sia per il rischio sopportato. Il rendimento è la ragion d'essere che spinge l'investitore ad entrare sul mercato finanziario. Può essere calcolato come rendimento cedolare (rendimento periodico legato a contratti di indebitamento, cedole) oppure come rendimento incerto nel caso delle partecipazioni (le azioni pagano i dividendi se l'anno va bene, non è un'azione sicura). Il rendimento di un’attività finanziaria è quantificato dal tasso di interesse: nominali, reali, fissi, variabili (indicizzazione monetaria, finanziaria, reale) Il tasso è determinato da: • Cedola rappresenta la possibile remunerazione periodica di contratti di indebitamento • dividendo rappresenta la possibile remunerazione di contratti di partecipazione (ad es. azioni) • variazioni di prezzo delle attività finanziarie • variazioni dei tassi di cambio • variazioni del tasso di inflazione Il rischio delle AF: Esiste sempre una probabilità non nulla che alla scadenza i contratti finanziari non vengano onorati o che, comunque, durante la vita dell’investimento si verifichino fenomeni che non possono essere perfettamente previsti e che modificano la situazione economica del creditore e del debitore. NFL: no free lunch, nessuno offre qualcosa senza rischio, se un asset ha un rendimento maggiore di un altro è perché è più rischioso di altri. Le tipologie di rischio a cui si espone l’investitore sono di tipo: • finanziario (insolvenza, prezzo, tassi di cambio e interesse, liquidità) • non finanziario (frode, malfunzionamenti tecnologici, catastrofi naturali, ecc.) La b è quella fisiologica, a e c sono quasi impossibili, d è legata a situazioni temporanee I DERIVATI Strumenti finanziari il cui valore dipende ("deriva") dal valore di un'altra attività finanziaria o reale (attività sottostante/underlying asset). Le attività sottostanti possono avere natura finanziaria (come ad esempio i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (come ad esempio il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, ecc). I principali sono futures, opzioni, warrants, covered warrants, ETF/ETC, swap e forward. Nascono con un unico obiettivo ovvero quello di hedging: copertura. Quando compro uno strumento, il derivato è di segno opposto perché se compro qualcosa (segno meno), il derivato ha segno più perché acquista valore e viceversa. La funzione di copertura funziona quando c’è incertezza sul mio asset in portafoglio, dal momento che c’è incertezza non mi conviene venderlo perché lo venderei a sconto, in questo caso posso coprire parzialmente il mi investimento per andare a minimizzare le perdite attese. Speculazione= massimizzazione di un evento futuro incerto. Io sto scommettendo sull’aumento o sulla diminuzione di un determinato asset. Un'operazione di copertura (o hedging) si realizza mediante l'acquisto o la vendita di uno o più contratti derivati (contratti a termine, future, swap oppure opzioni) il cui valore dipenda dalla medesima fonte di rischio che influenza il valore della posizione da coprire, oppure da una fonte di rischio ad essa correlata. La logica della copertura è la seguente: un eventuale aumento/diminuzione del valore dell'attività da coprire potrà essere in tutto o in parte compensato da una diminuzione/aumento del valore del contratto derivato. Ad esempio, nel caso in cui un operatore voglia coprirsi contro il ribasso dei corsi azionari, potrà sottoscrivere un contratto derivato (future oppure opzione) in cui il payoff finale aumenti in maniera proporzionale alla diminuzione delle quotazioni borsistiche. A seconda che l'operatore acquisti o venda il sottostante la copertura si definisce "lunga" oppure "corta". La quantità di strumenti derivati che è necessario sottoscrivere per effettuare l'operazione di copertura dipende dal "rapporto di copertura", ossia da un indicatore che mette in relazione la sensibilità dell'attività da coprire e la sensibilità del derivato rispetto alla fonte di rischio. I derivati regolamentati vengono scambiati sull’IDEM. Tipologie di derivati: ▪ OPZIONI: contratti derivati che attribuiscono al compratore il diritto (danno la possibilità) di acquistare o vendere un'attività sottostante a (oppure entro) una certa data a un prezzo prefissato contrattualmente. In quella data posso scegliere se far valere il mio diritto o no. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di acquistare, in data futura, il sottostante vengono denominate opzioni call. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di vendere il sottostante, vengono denominate opzioni put. Il soggetto che acquista una opzione assume una posizione lunga (long call), mentre la controparte, che vende l'opzione, assume una posizione corta (shortputt). Questo mi porta ad avere due profili simmetrici, compro ad un prezzo predeterminate quando ho aspettative real sistem. Dato che le opzioni conferiscono al loro possessore una facoltà e non un obbligo, potranno assumere un valore positivo (nel caso in cui risulti conveniente esercitare la facoltà) o, al massimo, nullo (*). Il fatto che io acquisti una possibilità, fa si che in caso in cui la mia view non è corretta, il costo sarà solamente il costo dell’opzione. Posso creare anche delle strategie in cui acquisto più opzioni sullo stesso strumento, ad esempio compro due call e una putt, è tutto frutto della mia view, e dello studio che ho fatto su quello strumento. ▪ FUTURE: contratto a termine standardizzato con il quale le due controparti si impegnano a scambiare una certa attività (finanziaria o reale, l’attività sottostante) a un prezzo prefissato e con liquidazione differita a una data futura. È un contratto simmetrico in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza. L'operatore che acquista il future (che si impegna, cioè, ad «acquistare» a scadenza il sottostante) assume una posizione lunga (long), mentre l'operatore che vende il future assume una posizione corta (short). È molto utilizzato dalle banche quando devono coprirsi sui tassi. Nella maggior parte dei casi i future non si concludono con la consegna fisica del bene sottostante. In Italia i future sono negoziati sul mercato IDEM. Al fine di ridurre i rischi di insolvenza, la Clearing House (che in Italia è la Cassa di Compensazione e Garanzia) obbliga i contraenti a liquidare quotidianamente le posizioni aperte in future attraverso il meccanismo del marking-to-market. La differenza tra forward e future è che i forward sono OTC, mentre i future no, quindi sono poco rischiosi rispetto ai future perché sul mercato otc non esistono garanzie, motivo per il quale il mercato otc è vietato agli investitori retail. Derivati negoziati sui mercati regolamentati: contratti con caratteristiche standardizzate e definite dall’autorità del mercato su cui vengono negoziati; tali caratteristiche riguardano l’attività sottostante, la durata, il taglio minimo di negoziazione, le modalità di liquidazione, ecc. In Italia il mercato regolamentato degli strumenti derivati è denominato IDEM ed è gestito da Borsa Italiana SpA. Sul mercato regolamentato circolano strumenti quali futures, opzioni, warrants, covered warrants e ETF. Derivati over-the-counter (OTC): contratti negoziati bilateralmente (direttamente tra le due parti) fuori dai mercati regolamentati; in questo caso i contraenti possono liberamente stabilire tutte le caratteristiche dello strumento; generalmente questi sono swap e forward. Fondi comuni di investimento: non è soltanto uno strumento finanziario, i fondi comuni fanno parte degli organismi di investimento collettivo del risparmio; quindi fisicamente non è un vero e proprio strumento, ma un intermediario finanziario perché tecnicamente ha una gestione separata, ovvero un ente di gestione del risparmio, che ha personalità giuridica. All’interno del fondo ci sono strumenti differenti, con natura giuridica diversificata, emesse da enti differenti, su mercati differenti… motivo per il quale il fondo comune è un portafoglio, se io acquisto una quota del fondo, anche se piccola, quei soldi sono ben diversificati, che non riuscirei probabilmente ad ottenere investendo autonomamente, Fondo comune di investimento: «Patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti e gestito in monte.» Il patrimonio deve essere autonomo: distinto a tutti gli effetti dal patrimonio dei singoli partecipanti e da quello del gestore; la separazione patrimoniale salvaguarda i diritti degli investitori in caso di insolvenza del gestore o degli altri partecipanti al fondo. Ci sono fondi flessibili che non hanno alcun vincolo, il gestore del fondo può utilizzare i nostri soldi a sua completa discrezione. Fondi azionari: almeno il 70% degli asset sono azioni. Possono esserci fondi che riguardano singole zone geografiche Obbligazionari puri: non possono investire in azioni Obbligazionari misti: azioni fino un max di 25% del portafoglio Bilanciati: possono avere azioni da un minimo del 10% ad un max del 99% Monetari: investono in strumenti monetari di brevissimo termine, c’è dentro di tutto perché gli strumenti monetari hanno tassi di rendimento molto basso. I derivati ci sono in tutti i fondi comuni perché danno al gestore la possibilità di coprirsi nel momento in cui qualche asset non va bene. I fondi comuni di investimento non hanno un prezzo, ma hanno un NAV (net asset value) ETP: Exchange Traded Products: Sono una particolare tipologia di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR). Sono l’incontro tra fondi comuni di investimento e azioni, sono quotati e quindi venduti e scambiati esattamente come un’azione, con un prezzo che è dato in ogni momento dal prezzo del mercato. Dai fondi prende la caratteristica che l’ETP è un insieme di asset bilanciati come in un portafoglio (paniere di strumenti). ▪Sono strumenti ibridi che combinano vantaggi di titoli azionari e fondi comuni di investimento indicizzati. ▪Replicano la composizione ed i pesi dell’indice benchmark attraverso una gestione passiva. ▪Sono quotati in Borsa come un normale titolo Tipologie più comuni di ETP: - ETF: seguono in modo passivo l’andamento di un fondo comune di investimento. Si può attuare una replica passiva di un fondo comune (non è possibile conoscere la composizione di un fondo, perché è segreta). La tecnica è quella di andare a prendere i titoli e gli strumenti che hanno un peso maggiore nel portafoglio base e creo così uno strumento simile. Il sottostante è quindi un fondo - ETC: il sottostante è una sola commodity, ad esempio: gas, oro, petrolio… da non confondere con gli ETF tematici, i quali seguono un paniere di commodity. Cambia molto dal punto di vista fiscale. - ETN: Exchange Traded Note replicano l’andamento di un indice Sono strumenti molto più economici piuttosto che comprare il sottostante stesso ed hanno una facilità di scambio, anche intraday, perché hanno un prezzo quotato. Esistono anche ETFa che replicano inserendo un corridoio di volatilità, cosa che cambia quindi le regole rispetto agli ETF standard. MERCATI I mercati rappresentano una parte essenziale dei circuiti diretti per la canalizzazione dei risparmi dalle unità in surplus alle unità in deficit. I mercati finanziari sono piattaforme informatiche ("sedi di negoziazione") dove si incrociano le proposte di acquisto e di vendita di strumenti finanziari immesse nel sistema telematicamente. Borsa Italiana nasce dalla privatizzazione dei mercati di borsa e dal 1998 si occupa dell’organizzazione, della gestione e del funzionamento dei mercati finanziari. A ottobre 2007 diventò effettiva l'integrazione tra il Gruppo Borsa Italiana ed il Gruppo London Stock Exchange. Ad oggi, dopo l’ufficializzazione della Brexit Borsa è stata assorbita da Euronext. Sulla piattaforma di borsa italiana troviamo tutti i mercati. Il mercato in sé è un luogo non fisico. I mercati operanti in Italia possono essere suddivisi e classificati in base a: a) Strumenti negoziati: - obbligazionari - azionari -valutari -degli strumenti derivati b) Funzione: -Primari/secondari: mercato primario (IPO) è la prima collocazione di un nuovo prodotto finanziario, nel momento in cui un nuovo prodotto viene creato dall’emittente viene collocato sul mercato primario, il quale è caratterizzato solamente da soggetti istituzionali. Tutti gli scambi successivi al primo costituiscono il mercato secondario, il quale non include flussi finanziari all’emittente, include solamente tutte le operazioni di compravendita. Il mercato secondario non fornisce nuove risorse a unità in deficit, ma è fondamentale per: - assicurare la liquidità agli investitori; - consentire la valutazione nel continuo dei titoli emessi (e quindi per rendere possibile l’attività degli investitori istituzionali e privati). È fondamentale che il mercato secondario funzioni bene perché altrimenti il primo o il secondo acquirente dovrebbero tenere gli strumenti in modo perpetuo, dunque il mercato secondario è fondamentale per smobilizzare gli investimenti. Il mercato secondario valuta la salute dell’emittente perché gli strumenti contegno le informazioni dell’emittente, dunque un loro aumento di valore rappresenta un buon lavoro dell’emittente. -Monetari/dei capitali: I mercati monetari consentono il trasferimento di disponibilità liquide dai fornitori di fondi agli utilizzatori, per brevi periodi di tempo, a costi/rischi contenuti. Le transazioni di mercato monetario possono essere anche di taglio elevato e, data la loro breve scadenza, caratterizzate da rischi contenuti. Tipicamente il mercato monetario è il mercato degli strumenti di breve periodo (sotto i 18 mesi). Il mercato dei capitali è invece il mercato degli strumenti a medio lungo termine. -Regolamentati/OTC: regolamentati: Mercato disciplinati da specifiche norme generali e di vigilanza, vedi Testo unico della finanza, (Tuf), (D.lgs 58/1998) OTC: Letteralmente “sopra il bancone” Mercato mobiliare non soggetto ad alcuna regolamentazione specifica relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso. In Italia, CONSOB gestisce l'elenco dei Sistemi di Scambi Organizzati e tiene un elenco degli strumenti scambiati over the counter. -All’ingrosso/al dettaglio: ▪ di eseguire ordini di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento, ecc. Banca d'Italia iscrive in un apposito Albo gli istituti di pagamento autorizzati ad operare in Italia Non sono dunque né banche né IMEL ma consentono ai loro clienti di depositare parte dei loro risparmi, di prelevare (i clienti hanno dunque un loro conto) e consentono di eseguire ordini di pagamento. l’attività in più rispetto all’IMEL la capacità di far depositare ai propri clienti i risparmi su un loro conto, non sono banche perché manca la parte della concessione del credito. - Intermediazione creditizia: svolto da banche, società di leasing e società di credito al consumo. - Intermediazione mobiliare: intermediazione di investimenti, svolta da banche e da società finanziarie le SGR svolgono una delle due attività che le banche non possono fare, ovvero la gestione collettiva dei risparmi; l’altra funzione che le banche non possono svolgere è: l’attività assicurativa. SOCIETÀ FINANZIARIE: attività non bancarie che possono avere pacchetti partecipativi corporate, possono dunque partecipare in altre società, non possono però avere depositi propri da parte dei clienti, non hanno quindi capacità di provvista, possono però prestare credito. I flussi in ingresso arrivano dalle partecipazioni corporate, da questi flussi quindi possono andare a prestare soldi. Non è detto che tutte svolgano sia la funzione creditizia che quella di partecipazione. Categoria di operatori che svolgono la funzione creditizia e/o di assunzione di partecipazioni in imprese, ma che non presentano un’autonoma capacità di provvista presso operatori finali. Sono iscritti negli appositi elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del TUB. Tra le principali società finanziarie: ▪ società di leasing: società (concedente) che mette a disposizione del proprio cliente (utilizzatore) un bene mobile o immobile, strumentale alla propria attività imprenditoriale, dietro il pagamento di un canone periodico. Concedono dunque in locazione al cliente finale beni (generalmente immobili) funzionali al core business dell’utilizzatore. ▪ società di factoring: fornisce a un'impresa servizi che riguardano: - La gestione e l'amministrazione dei suoi crediti; - L'incasso dei crediti; - La concessione di anticipazioni su tali crediti prima della scadenza. La società di factoring, dietro pagamento di una commissione, si assume l'onere di riscuotere l'importo dei crediti, e spesso fornisce finanziamenti all'impresa cliente sotto forma di anticipazioni sui crediti non ancora scaduti. Queste società si occupano dunque della gestione crediti per conto di terzi. ▪ società di credito al consumo: società che svolgono attività di finanziamento delle persone fisiche e delle famiglie allo scopo di sostenere i consumi (svolgono quindi solo una parte dell’attività delle società bancarie, ovvero la cessione del credito), tramite l’utilizzo di: Carta di credito; Pagamento posticipati o rateizzato; Prestito personale (raramente supera i 15,000 euro); Cessione del quinto dello stipendio; Consolidamento debiti. Come fanno a concedere credito? Gestiscono il loro portafoglio crediti in monte. Hanno bisogno di una platea di clienti molto diversificata per poter assorbire uno shock che colpisce una sola parte della popolazione. ▪ finanziarie di partecipazione SIM Società di Intermediazione Mobiliare; impresa, diversa dalle banche autorizzata a svolgere servizi o attività di investimento, avente sede legale e direzione generale in Italia. Sono disciplinate dal TUF (Artt. 13-15) e registrate in un albo tenuto da Consob (sono vigilate da Consob dato che la loro attività è così ampia). Dopo i cambiamenti legislativi del 1996, molte si sono trasformate in banche. Possono avvalersi, nella commercializzazione dei propri servizi di investimento, di promotori finanziari. 1) esecuzione di ordini per conto dei clienti (pura attività di brokeraggio) 2) negoziazione per conto proprio (le sim possono essere dei dealer, ovvero comprano beni sul mercato e li vendono per conto proprio, alcuni intermediari, pochissimi, possono arrivare a mettere in atto un mercato proprio, realizzabile solo se si hanno tanti clienti) 3) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione 4) ricezione e trasmissione di ordini 5) sottoscrizione e/o collocamento con o senza assunzione a fermo e di garanzia nei confronti dell'emittente: le IPO sono banche che si consorziano (consorzi di collocamento), questi consorzi possono sottoscrivere il collocamento, ovvero propongono ai clienti azioni di nuova emissione (di un ente terzo), la banca non acquista le azioni, ma si impegno a venderle ai clienti con assunzione fermo, ovvero da una garanzia dicendo che tutte le azioni che non vengono acquistate dai clienti verranno acquistate dalla banca. 6) gestione di portafogli 7) consulenza in materia di investimenti 8) servizi accessori SGR Società di gestione del risparmio; Intermediario deputato in via esclusiva all’istituzione e gestione dei fondi comuni di investimento per conto della collettività degli aderenti. Possono anche prestare servizi di gestione dei portafogli ancora più complessi ci quelli delle sim. Nascono proprio per gestire OICR. Le SGR sono autorizzate da Banca d’Italia a: ▪ gestire fondi comuni di propria istituzione e patrimoni di SICAV/F ▪ prestare il servizio di gestione di portafogli ▪ prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti ▪ prestare il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di Fondi di investimento alternativi (FIA) NB La banca NON può gestire un fondo comune, semplicemente colloca presso gli investitori i fondi gestiti dalle SGR. Tuttavia, la maggior parte delle SGR appartengono a gruppi bancari. Oltre a gestire i fondi comuni di investimento, le SGR possono istituire e gestire fondi pensione, svolgere attività di gestione individuale di portafogli nonché attività connesse e strumentali. Gestione collettiva del risparmio: è l’unica attività finanziaria che le banche non possono svolgere, l’altra è l’attività assicurativa. Servizio che si realizza attraverso la promozione e organizzazione di fondi comuni di investimento, l’amministrazione (SGR, società di gestione del risparmio) dei rapporti con i partecipanti e la gestione del patrimonio di OICR (organismo di investimento collettivo del risparmio, dentro gli OICR ci sono fondi SICAV e SICAF), mediante investimenti aventi ad oggetto strumenti finanziari, crediti, beni immobili o mobili. Le SGR gestiscono gli OICR. ▪ Permette di diversificare i propri investimenti, altrimenti impossibile a causa dei tagli minimi dei titoli negoziati sul mercato e dei costi connessi all’acquisto di titoli quotati. ▪ Consente agli investitori di delegare ad un operatore professionale specializzato le proprie scelte in materia di strumenti finanziari (maggiore professionalità del servizio reso); le strategie saranno sicuramente più sicure, raffinate e nel limite del possibile redditizie. ▪ Permette un risparmio sui costi associati alle singole transazioni (economie di scala nei costi di negoziazione via acquisto di blocchi). Analizzando più nel dettaglio gli OICR, essi sono identificabili con: a-fondi comuni di investimento (vedi pag. 16 della dispensa): Fondo comune di investimento: «Patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti e gestito in monte.» Il patrimonio è rappresentato dalle attività in cui è investito il fondo, il cui ammontare muta nel tempo in relazione alla redditività e alla rivalutazione delle stesse per effetto della gestione. Il patrimonio deve essere autonomo: distinto a tutti gli effetti dal patrimonio dei singoli partecipanti e da quello del gestore (il patrimonio è autonomo quindi se la società fallisce non rientrano nel fallimento i patrimoni dei risparmiatori); la separazione patrimoniale salvaguarda i diritti degli investitori in caso di insolvenza del gestore o degli altri partecipanti al fondo (i.e. sul patrimonio in gestione non sono ammesse azioni dei creditori di altri investitori o della SGR). Le quote sono gestite in monte dalla SGR, in monte significa in modo omogeneo. L’ammontare del patrimonio sigillato aumento in funzione del successo e della bontà delle operazioni del gestore. Il patrimonio si forma con i conferimenti dei singoli partecipanti (pooling delle risorse), che, per effetto della sottoscrizione, acquistano delle quote di partecipazione al fondo, in proporzione al conferimento effettuato. Gestione in monte: il patrimonio, conferito da una pluralità di investitori, viene gestito unitariamente (viene gestito come se fosse una quota unica, la gestione è omogeneo) da una SGR, secondo regole predefinite e unicamente volte al conseguimento dell’interesse dei partecipanti sulla base di una predeterminata politica di investimento. Il partecipante, con la propria adesione al fondo, investe il gestore di tutti i poteri di effettuare le scelte di investimento, senza necessità di raccogliere il preventivo assenso rispetto alle decisioni d’investimento prese. b-sicav e sicaf: funzionano in modo analogo ai fondi di investimento, ma non c’è autonomia, quindi le sorti della società di gestione influenzano il capitale gestito. Motivo per il quale i risparmiatori di sicav e sicaf possono avere ingerenza nella gestione del patrimonio. Gli investitori diventano quindi veri e propri azionisti. Differenza tra sicav e sicaf è che quest’ultima è a capitale fisso, mentre sicav è a capitale variabile, cosa che consente ai risparmiatori di sottoscrivere quotidianamente nuove azioni della sicav, mentre i sicaf sono vincolati a mantenere il loro investimento per tutta la durata della società/ per tutta la durata della finestra. Fondi sicav e sicaf hanno liquidità enormemente crescente. LEZIONI 9,10 Le banche sono coloro che svolgono contemporaneamente raccolta del risparmio ed esercizio del credito. Questa costituisce la combinazione minima di attività che definisce l’attività bancaria. Oltra alla combinazione minima, le banche svolgono anche una serie di altre attività: esercitano ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali. Ciascuna banca sceglie quante attività connesse e strumentali svolgere. Quali sono queste attività finanziarie: 1) Esecuzione di ordini per conto di terzi: la banca agisce da broker, non entrano in SP 2) Negoziazione per conto proprio: la banca agisce da dealerl, comprando e vendendo per proprio conto, questo influisce sullo stato patrimoniale 3) Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione: la banca può avere al suo interno mini mercati privati, esistono principalmente nella negoziazione di beni immobili 4) Ricezione e trasmissione di ordini 5) Sottoscrizione e/o collocamento con o senza assunzione a fermo e di gartanzia nei confronti dell’emittente: la sottoscrizione è l’attività caratteristica del mercato primario, quindi avviene per titoli neo quotati; il collocamento invece avviene per titoli nel mercato secondario. Se colloco senza assunzione a fermo vuol dire che io intermediario mi impego a fare il broker (tramite la mia attività di consulenza mi impegno a proporre l’acquisto di questi titoli), tutto il rischio della IPO è in capo all’emittente. Se colloco con assunzione a fermo, l’attività bancaria adesso è duplice: da una parte la banca opera sempre da broker cercando di collocare presso i suoi clienti, dall’altra l’intermediario si impegna anche a comprare tutte le quote che non vengono vendute (quindi opera eventualmente da dealer). In un collocamento garantito o con garanzia tutto il rischio è in capo all’intermediario il quale agisce esclusivamente da dealer, poiché lui direttamente acquista tutti gli strumenti. Tra l’emittente e l’intermediario potrebbe esserci un ulteriore passaggio, ovvero il consorzio di collocamento. 6) Gestione di portafogli: è particolarmente remunerativa per l’intermediario quando si ha davanti una clientela private benestante oppure una clientela corporate. 7) Consulenza in materia di investimenti: intimamente connessa com la gestione dei portafogli 8) Servizi accessori: Banca che predilige tra i propri clienti le aziende, preferibilmente medio-grandi. l’offerta dell’intermediario aggrega continuamente prodotti e servizi che vanno a costituire un pacchetto ad-hoc per i clienti (gestione della tesoreria, delle attività finanziarie, della struttura di indebitamento, delle operazioni sul capitale proprio etc…). Investment banking: in Italia non sono banche perché non accettano depositi. Sono infatti istituzioni finanziarie che offrono assistenza a emittenti pubblici e privati medio-grandi: - Nella raccolta di capitali - Come intermediari nelle operazioni di fusione e acquisizione - Nella sottoscrizione e negoziazione di strumenti finanziari sui mercati secondari Dal momento che queste banche non possono accettare depositi, sono sottoposte ad una regolamentazione meno rigida, cosa che gli consente di assumere rischi maggiori. Materiale integrativo Glass-Steagall act Qual è l’importanza del rapporto tra mercati ed intermediari? Il rapporto tra l’importanza relativa di mercati e intermediari è un indicatore spesso utilizzato per classificare i sistemi finanziari: una distinzione classica è quella fra sistemi basati sugli intermediari (bank- based), in particolare sulle banche (Italia e Germania), e sistemi basati sui mercati (market-based) (Regno Unito, Usa). Tale classificazione non è sempre netta: gli intermediari sono importanti anche nel Regno Unito (assicurazioni e fondi pensione privati) e negli USA (banche di investimento). I mercati bank-based sono mercati in cui gli individui in surplus sono forzati a dover passare per gli intermediari (tipico dell’Italia e della Germania); mentre nei mercati market-based gli individui scambiano direttamente sul mercato e sono solamente assistiti (tipico del regno unito). La differenza tra i due paesi sta nel fatto che in Italia e in Germania il 90% delle imprese sono piccole o medie, mentre nel regno unito la maggior parte delle imprese sono grandi o enormi; dunque per le piccole medie imprese è necessario un intermediario, perché non ha abbastanza forza per essere indipendente. Un’altra distinzione è fra sistemi basati su relazioni strette con la clientela e su informazioni private (prestiti bancari) (relationship-based, tenere stretti i clienti) e sistemi con un grado elevato di anonimità (arm’s lenght, tenere i clienti a distanza di braccio, distaccati) e fondati su informazioni di natura pubblica. Non esiste un sistema finanziario puro né uno ottimale a priori. Il retail banking italiana ha una grande componente di banca cooperativa, che punta a coltivare il rapporto con il cliente (anche se la teoria della retail banking non lo prevede). Bank based view Punti di forza: le banche conoscono meglio i propri clienti, transazione intermediata, la superiore capacità di acquisizione di informazioni su aziende e management favorisce l’allocazione più efficiente di risorse finanziarie e relazioni di lungo periodo (perché si ha un vantaggio informativo sul potenziale debitore). Le banche, come coalizioni coordinate di investitori, sono migliori rispetto ai mercati a monitorare le imprese e a ridurre il moral hazard post-prestito. Le banche possono forzare in modo più efficace le imprese a ripagare i debiti rispetto ai mercati, soprattutto nei paesi in cui i sistemi legali sono deboli. I sistemi finanziari basati sulle banche risultano maggiormente idonei a favorire un’industrializzazione diffusa, spesso caratterizzata dalla elevata presenza di piccole e medie imprese (Italia e Germania). Punti di debolezza: elevati costi di transazione nel passaggio delle risorse dai soggetti in surplus ai soggetti in deficit, questo perché esistono delle commissioni nella gestione delle risorse da parte degli intermediari. Rischio di formazione di accordi collusivi (ad esempio le banche si sono accordate tra di loro per alzare l’euribor). Limitato accesso al capitale di rischio. Possibile concentrazione negli assetti proprietari delle imprese. Possibile creazione di frizioni all'innovazione e alla competizione fra imprese per proteggere le imprese con più stretti legami bancari. Market based view Punti di forza: I mercati dei capitali competitivi svolgono un ruolo positivo nell’aggregare (in maniera efficiente) informazione diffuse e trasmettere queste informazioni agli investitori, con conseguenze benefiche per il finanziamento dell’economia e la performance economica (non si verifica dunque quella difficoltà ad accedere al capitale di rischio). I sistemi finanziari basati sui mercati rafforzano il governo societario, favorendo le operazioni di acquisizione del controllo societario e rendendo più facile collegare il compenso del management alle performance societarie. I mercati facilitano la gestione del rischio attraverso la produzione/scambio di strumenti finanziari idonei al trasferimento del rischio. Punti di debolezza: Maggiore discrezionalità delle imprese nelle scelte di struttura finanziaria (rischio di eccesso d’indebitamento). Elevato trasferimento del rischio d’impresa verso le famiglie e gli altri attori del sistema finanziario. Problema di educazione finanziaria, molti degli investitori presenti sul mercato pensano di essere competenti, ma non lo sono. Analisi della dimensione e dell’orientamento attraverso i seguenti indicatori (sempre nell’ambito di Mkt vs bank orientation): Le due prospettive viste finora sono molto teoriche e caratterizzano in modo eccessivamente semplicistico le caratteristiche economiche di una nazione, c’è anche una terza prospettiva: la financial service view: Questa prospettiva minimizza la rilevanza del dibattito sulla superiorità della banca o del mercato. Per andare a vedere se un sistema finanziario è evoluto ed efficiente, ci basta guardare ai servizi offerti, a prescindere da chi lo eroga. Tale impostazione sottolinea che contratti, mercati regolamentati e intermediari nascono per migliorare le imperfezioni del mercato nell’offerta di servizi finanziari. I contratti finanziari sorgono per cogliere potenziali opportunità di investimento, esercitare il controllo societario, facilitare la gestione dei rischi, migliorare la liquidità e la facilità di mobilizzazione del risparmio. Secondo questo punto di vista, il problema principale non è la scelta fra banche o mercati. Il problema è la creazione di un ambiente finanziario in cui gli intermediari e i mercati forniscano servizi finanziari efficienti. Concettualmente, i riflettori di questa prospettiva analitica sono puntati sulle modalità di creazione di migliori banche e mercati. in un sistema finanziario evoluto devono necessariamente coesistere banche, mercati finanziari efficienti ed intermediari. Tuttavia è in corso un trend che vede la disintermediazione, ovvero la tendenza a far fluire sempre più in autonomia i flussi di capitale, innovazione finanziaria e tecnologica, competizione e deregolamentazione hanno concorso a ridurre il ruolo centrale delle banche commerciali in molti paesi industrializzati: - Disintermediazione non completa dal lato passivo (rischio e liquidità delle passività offerte e funzione monetaria delle passività a vista, c/c) e dell’attivo (accesso al credito per taluni segmenti di clientela). Il problema da cui sorge la disintermediazione è innanzitutto la perdita di fiducia nelle banche, a causa dei numerosi scandali in cui sono coinvolte. È indicativo il fatto che nel 1998 le banche erano 921, nel 2020 erano circa 770. - Specializzazione nella produzione di attività finanziarie sofisticate per il risk management (es. derivati, cash management, ecc.) - Complementarietà crescente con i mercati (via servizi di investimento, consulenza, cartolarizzazioni, ecc.) A prescindere da quanto sia importante il sistema finanziario per il nostro sistema economico, esso è sempre caratterizzato da grande sfiducia. SHADOW BANKING: (attività non bancarie che creano e trasferiscono rischi al di fuori del sistema bancario) “ogni forma di intermediazione creditizia che coinvolge entità o attività in parte o completamente al di fuori del sistema bancario tradizionale” (Financial Stability Board). Si tratta dunque di una rete di istituzioni finanziarie che svolgono le stesse attività di quelle tradizionali ma che non sono soggette agli stessi vincoli regolamentari e di vigilanza. -altra definizione: per shadow banking s’intende la creazione o il trasferimento di rischi di natura bancaria (da parte di intermediari non bancari) al di fuori del sistema bancario. In Italia lo shadow banking è pienamente regolamentato, in gran parte seguendo il principio della vigilanza bancaria equivalente- Queste risorse finanziarie esistono nel mondo e non sono catturate dagli asset under management bancari né dagli asset under management sui mercati. Tutte queste risorse prendono il nome di shadow banking. È un problema il fatto che esista un sistema finanziario parallelo e non regolamentato? È un problema dal punto di vista del rischio e della instabilità, i maggiori sponsor dello shadow banking, in realtà, sono le banche regolamentate. Maggiore è la pressione ufficiale (regulation) sulle banche regolamentate, maggiore è il tentativo di utilizzare lo shadow banking, perché le banche devono trovare un modo per superare questa pressione eccessiva. Il legislatore deve trovare una pressione tale per cui le banche possano prosperare, rimanendo comunque all’interno dei paletti regolamentari. Se la pressione fosse minima le banche diventerebbero troppo rischiose e così il risparmio degli investitori (retail in particolare). In Italia lo shadow banking è regolamentato, esistono comunque diversi livelli di ombra. In Italia non mette dunque in pericolo la stabilità del sistema finanziario. Gli stati uniti sono il paese caratterizzato dal maggior livello di shadow banking. Tale processo di intermediazione può generare rischi di natura bancaria e possibili arbitraggi regolamentari. A differenza delle banche tradizionali che si finanziano prevalentemente attraverso i depositi e hanno accesso, se necessario, alla liquidità di banca centrale, le banche ombra non regolamentate raccolgono attraverso il mercato/investitori, esponendosi a una potenziale carenza di liquidità, con il rischio di dovere vendere forzosamente e a prezzi ridotti le attività in portafoglio o chiedere supporto alle entità “sponsor” (fra cui banche). Il suo sviluppo fu inizialmente accolto con favore dalle autorità di regolamentazione. Si riteneva, infatti, che la presenza di canali di finanziamento alternativi a quelli tradizionali e la canalizzazione di risorse verso investimenti e bisogni specifici avrebbero prodotto effetti positivi sia nel sistema finanziario sia nel settore reale, promuovendo una sana competizione nel mercato bancario, una tendenziale riduzione dei costi, una diversificazione del rischio e una efficiente allocazione delle risorse. (Canelli-Realfonzo, 2020) In Italia, il “sistema bancario ombra” è regolamentato, in gran parte seguendo il principio della vigilanza bancaria equivalente Coerenza tra regolamentazione sulle banche sia quella sugli intermediari non bancari contribuiscono a ridurre i rischi sistemici e di arbitraggio normativo. Questo modello persegue un elevato standard di diversificazione grazie appunto all’inserimento in differenti aree di business per sfruttare economie di diversificazioni sia globali che fi prodotto. Inoltre un’attività diversificata consente di offrire alla clientela un servizio più completo, cosa che determina un rafforzamento ed un’intensificazione della relazione di clientela. Vantaggi della banca universale: ▪ Economie di scala e scopo dal punto di vista informativo per effetto dell’esercizio congiunto attività creditizia e finanziaria. Dal momento che il medesimo cliente può essere seguito da più linee di business (cliente private o corporate). Per la banca è un grosso vantaggio perché diminuisce l’asimmetria informativa. Le economie di scala e di scopo aumentano con la complessità del cliente. ▪ Economie di scala e di scopo superiori all’aumentare delle dimensioni e possibilità strategie di cross- selling tra diversi comparti di business → Wealth management. (cross selling= vendita di prodotti e servizi aggiuntivi correlati al prodotto acquistato dal cliente o per il quale il cliente ha espresso interesse. Esempio: lacci scarpa, calze, spray foot locker) ▪ Diversificazione del rischio (possibilità di assumere partecipazioni, e diverse combinazioni mercati/prodotti/clienti/tecnologia). Queste componenti abbattono la componente idiosincratica del rischio. Avendo diverse linee di rischio, la banca, nel momento in cui una non va bene, può contare su altre linee di business (cross business). Quindi abbiamo due livelli di diversificazione: uno macro che riguarda le linee di business e uno micro che riguarda la diversificazione dei portafogli. ▪ Potere di mercato dovuto alle dimensioni. Ci sono pochi player internazionale che hanno grande potere di mercato. Ad esempio in Italia ci sono più di 700 banche, ma la maggior parte del potere di mercato ce l’hanno San Paolo e Unicredit. ▪ Reputation: la riputazione di essere solida perché grande comporta l’essere grande perché solida. Too big to fail, sono talmente grandi che non vengono lasciate fallire (intervengono prestatori di ultima istanza, che evitano che l’impatto sul mercato sia troppo grande). Svantaggi della banca universale: ▪ Possibili conflitti di interesse: insider trading* interno alla banca fra raccolta diretta e indiretta (la banca potrebbe venire in possesso di informazioni private e utilizzarle per i propri scopi) o fra negoziazione per conto proprio e di terzi. Per ovviare questo problema: 1- presenza di efficaci meccanismi di controllo e governo a livello organizzativo 2- adeguamento alle migliori best practices internazionali e adozione di regole di governance (amministratori indipendenti); 3- inserimento nelle normative di specifiche norme sui conflitti di interesse, antitrust e insider trading ▪ Difficoltà organizzative ed elevati costi di integrazione ▪ Costi di monitoraggio ▪ Elevati investimenti iniziali *insider trading= compravendita di strumenti finanziari da parte di un insider, ovvero una persona che grazie alla posizione che ricopre è a conoscenza di informazioni private e privilegiate. L’insider dunque pone in essere operazioni su strumenti finanziari sulla base delle informazioni chiave di cui è venuto a conoscenza e tramite questa compravendita ottiene un profitto. Banca specializzata: estremo opposto della banca universale, si tratta di una banca piccola che focalizza la propria attenzione su uno dei seguenti aspetti: - Prodotti e servizi finanziari - Fasce di clientela - Canale distributivo (ad esempio internet banking o mobile banking) - Aree geografiche Si possono dunque configurare varie combinazioni e gradazioni di specializzazione, quest’ultima tenderà naturalmente ad aumentare quando alla focalizzazione su un determinato target di clientela si aggiunge quella su un’area geografica e su un canale distributivo. La specializzazione è dunque, ad oggi, una pura scelta dei vertici della banca, e nasce da un processo autonomo di elaborazione della strategia finalizzato a perseguire un vantaggio competitivo, o a difendere la propria posizione. Una banca specializzata può essere anche una banca neonata e che poi nel tempo può decidere di ampliarsi e crescere sia per vie interne o vie esterne. Vantaggi: - Specificità delle competenze - Economie di apprendimento - Premium price: la banca è specialista di quel prodotto/servizio, allora le commissioni e i costi saranno maggiori rispetto ad una banca generalista Svantaggi: - Concentrazione dei rischi: il proprio business è focalizzato su un’area geografica, su un business… non c’è diversificazione del rischio - Dimensioni ridotte Network: nasce per piccole banche generaliste, in Italia nasce come forma difensiva per contrastare la tendenza alla fusione e alla creazione di gruppi. Il network prevede la coalizzazione di tante piccole banche, questo crea omogeneità dimensionale e non sovrapposizione territoriale. Si tratta dunque di accordi e relazioni tra intermediari bancari organizzati attorno a un organismo centrale, che consente loro di migliorare la propria funzione produttiva e distributiva, di creare sinergie che permettono di conseguire benefici difficilmente ottenibili mediante uno sviluppo autonomo, superando i limiti dimensionali delle singole realtà locali. La holding, tuttavia, non assume partecipazioni di controllo; le banche locali mantengono la loro autonomia e possono valutare in ogni momento la convenienza di politiche make or buy. Gruppo bancario: Si tratta di un modello organizzativo che vede una banca capogruppo e diverse società ad essa appartenenti e che consente di abbinare le economie derivanti dall’esercizio di svariate attività all’interno di un unico disegno strategico ed imprenditoriale. Il livello di specializzazione è maggiore in quanto il livello tecnico che contraddistingue i processi produttivi è più elevato. → ad esempio: la banca assume partecipazioni in una società di leasing, in una società di factoring, in una SIM, in una società di gestione fondi etc …in ottica di salvaguardia delle autonomie e delle differenti specializzazioni. Tramite questa rete di partecipazioni in società specializzate, il gruppo polifunzionale riesce a costituire un polo di offerta ampio e diversificato di servizi finanziari. Il gruppo bancario è così diverso dal network perché prevede una capogruppo. Riassumendo, il modello del gruppo bancario: • è un modello organizzativo che comprende sia una capogruppo (holding pura o mista), sia società che svolgono attività bancaria, finanziaria (e spesso anche assicurativa) • consente di abbinare un unico disegno strategico e imprenditoriale con conomie di specializzazione che scaturiscono dagli elevati livelli di specializzazione che contraddistinguono i processi produttivi delle diverse società • è un modello adottato in prevalenza dalle banche italiane (a partire dagli anni ‘90) per realizzare la diversificazione produttiva Quali strutture societarie ci sono nel gruppo? - capogruppo: può essere una holding pura quando non svolge attività operativa, ma si occupa della gestione strategica e del coordinamento del gruppo, oppure una holding mista quando non attua una separazione tra la gestione operativa e quella strategica. - subholding: società finanziarie alle quali vengono imputate partecipazioni in società controllate appartenenti a raggruppamenti omogenei (non sempre presenti) - società specializzate: svolgono singole attività finanziarie Configurazione del gruppo bancario: ▪ modello funzionale: coerente con ridotta complessità gestionale, si caratterizza per un pronunciato livello di autonomia ed imprenditorialità concesso alle controllate dalla capogruppo. Questa conformazione è utilizzata tipicamente quando, in situazioni di mercato poco competitivo, i gruppi procedono ad accrescere la loro quota di mercato attraverso strategie di integrazione orizzontale. ▪ modello federale: nasce dall’esigenza delle banche di procedere con un processo di aggregazione che consenta di beneficiare di economie di scala e nel contempo di preservare le relazioni a livello locale (vocazione locale). La capogruppo assume un governo unitario e forte del gruppo e si occupa della gestione accentrata di alcuni processi, come per esempio la tesoreria, la gestione dei rischi la pianificazione e il controllo. ▪ modello divisionale: gestione più efficace della complessità aziendale rispetto al modello funzionale. Ogni area strategica di affari è gestita operativamente da una specifica divisione che, in un modello orientato tipicamente alla massimizzazione del profitto, è responsabile dei risultati economici ottenuti. La ridotta complessità gestionale lo rende ideale per banche grandi e diversificate. La capogruppo procede con il monitoraggio delle singole business units e fornisce l’indirizzo strategico del gruppo. Le divisioni sono organizzate per prodotto, per segmento di clientela o per area geografica. ▪ modello ibrido Vantaggi del gruppo bancario: ▪ Economie di specializzazione ▪ Maggiore facilità nell’acquisire risorse finanziarie e nel creare accordi e alleanze (merger vs acquisition) ▪ Maggiore flessibilità operativa ▪ Isolamento della banca dai rischi delle società che esercitano attività non core ▪ Riduzione dei conflitti di interesse Svantaggi del gruppo bancario: ▪ Organizzazione burocratica ▪ Potenziale minore efficienza del modello del gruppo rispetto a quello della banca universale ▪ Problemi di unicità strategica ▪ Costi di trasferimento, di coordinamento e di integrazione Un modello istituzionale innovativo e ibrido: i conglomerati finanziari: nascono nel 2006 e sono riconosciuti da consob, banca d’Italia e IVASS (per le assicurazioni). Si tratta di gruppi di imprese, assoggettate a un comune controllo attivi in maniera significativa nei settori assicurativo, bancario e dei servizi di investimento. Comprendono almeno un’impresta assicurativa e una operante nel settore bancario o dei servizi di investimento. ■ Possibili arbitraggi cross border in materia di regolamentazione ■ Vigilanza sui conglomerati: la necessità di un’autorità coordinatrice ▪ Contratto di qualifica come donazione (tabarru) e non come contratto aleatorio come assicurazione tradizionale. ▪ Premi raccolti confluiscono in fondo rischi. ▪ Combinare i principi assicurativi con proibizione di gharar e maisir, connessi con esito probabilistico di evento. ▪ Investire liquidità in mercati finanziari evitando riba. ▪ Retakaful. Riassicurazione: retrocede parte dei premi a un insieme di assicurazioni per sostenere rischi molto wide-spread come siccità, terremoti etc. BANCHE ISLAMICHE, Two windows model: modello si concentra sulle passività della banca. Il rischio da parte del correntista è inferiore, la banca svolge essenzialmente la funzione di custode. Si tratta dunque di un modello bifase: 1.Depositi a vista: banca deve custodirli e accantonare il 100% a riserva del loro valore. Non c’è nessuna forma di remunerazione, solo rischio inflazione (funzione custodia). No fractional reserve system. La funzione è solo quella di custodia. 2.Depositi di investimento, depositi azione: investitore delega alla banca (mudarib) l’investimento dei fondi e la banca non assicura il rimborso perché non è previsto accantonamento in riserva (depositante- azionista). L’investitore non ha più il controllo, inoltre entra in gioco il principio del profit e loss sharing. Anche il singolo deposito sul conto corrente diventa dunque rischioso come possedere un’azione. C’è sempre lo Shariah board che controlla il rispetto dei principi. IFDI: islamic financia develop indicator. Si tratta di un indicatore a carattere nazionale. Dalla scelta delle voci si capisce bene quanto sia connessa la finanza islamica al sistema economico. LEZIONE 13,14, concentrazione bancaria Concentrazione bancaria: fenomeno che vede sul mercato il diminuire il numero di player e l’aumentare la loro forza di mercato, si tratta dunque di una situazione strutturale di un sistema bancario nel quale una parte economicamente significativa dell’attività complessiva risulti direttamente o indirettamente accentrata presso una o poche banche. A partire dall’inizio degli anni 90, l’industria bancaria europea ha conosciuto un sensibile processo di concentrazione. La concentrazione bancaria caratterizza fortemente anche il mercato italiano, questo perché le principali determinanti (fenomeni che hanno portato all’aggregazione bancaria) dell’aggregazione tra banche sono: - Deregolamentazione finanziaria: il progressivo abbattimento delle barriere fisiche e regolamentari ha accresciuto il grado di concorrenza e la contendibilità degli assetti proprietari, e ha spinto le istituzioni finanziarie ad ampliare la gamma dei servizi proposti a famiglie ed imprese (modelli universalistici) - Crescente integrazione tra i mercati: l’integrazione dei mercati europei ha conosciuto una forte accelerata con l’introduzione della moneta unica. In Europa in particolare ha portato all’aumento della concorrenza (specializzazione e competitività sui prezzi). la crescente integrazione dei mercati implica un aumento della concorrenza. - Processo tecnologico: dopo costi di avviamento ingenti, ha avuto un ruolo fondamentale nella riduzione dei costi operativi e nel miglioramento dei servizi offerti. L’innovazione nelle telecomunicazioni e nell’elaborazione elettronica dei dati, insieme alla diffusione di internet, ha facilitato i flussi informativi tra banca e clienti e tra banche, contribuendo a velocizzare le operazioni e a ridurre i costi dei servizi. Da ultimo l’uso massivo della tecnologia ha consentito la creazione di nuovi canali distributivi, che permettono di raggiungere in modo diretto la clientela bancaria. Il consolidamento rappresenta la risposta dell’industria bancaria ai cambiamenti del quadro competitivo e all’accentuarsi della concorrenza. Si è ridotto il numero degli intermediari bancari ed è aumentata la concentrazione sul mercato. Ciò nonostante, il grado di competizione non è affatto diminuito. La competizione è particolarmente vivace su tutti i segmenti dell’attività bancaria. I margini di ricavo si assottigliano e l’innovazione finanziaria, tecnologica e normativa richiede elevati investimenti. Crescita della banca: La crescita di una banca può realizzarsi attraverso l’espansione nell’ambito di una specifica area di business, per integrazione verticale a monte o a valle o per diversificazione orizzontale verso prodotti o segmenti di clientela nuovi. Le piccole-medie banche che si sono dovute fondere per sopravvivere alla deregulation e alla globalizzazione, non è andata bene la via del network. Il business bancario, in realtà, ha ben poco da integrare a monte e a valle, la concentrazione bancaria comporta l’aumentare i volumi di attività, o l’ingrasso in nuove aree d’affari; inoltre l’enfasi passa dal profitto alla creazione di valore per l’azionista, questo passaggio si ha con la quotazione. Perché crescere? L’obiettivo finale è quello di rimanere competitivi, misurandosi con grandi intermediari. - Economie di scala e scopo: miglioramento dell’efficienza operativa, maggiore è la mia offerta, maggiore è l’economia di scala/scopo perseguibile - Potere di mercato: capacità di determinare i prezzi, price maker - Diversificazione del rischio, vantaggi in termini di efficienza associati alla produzione congiunta di più servizi e alla ripartizione di costi comuni su una gamma di prodotti nonché riduzione della variabilità del reddito. Come crescere? La crescita dimensionale può realizzarsi: ▪ per linee interne: aumento del grado di utilizzo della capacità produttiva esistente o per apertura di sportelli bancari. crescita lenta, ma controllata. È tuttavia molto costosa e macchinosa. ▪ per linee esterne: crescita rapida e strategica, ma la nuova realtà potrebbe non integrarsi nel gruppo. Grosso problema è l’integrazione di anime differenti all’interno dello stesso gruppo. La tendenza a rimanere un unicum senza adattarsi al gruppo è un fenomeno comune e diffuso. Es/ L’acquisizione di una banca commerciale porta con sé il beneficio di una rete di sportelli già radicata, una base di clientela già fidelizzata, un marchio riconosciuto, relazioni e conoscenze a livello locale, ma presenta notevoli costi di trasferimento coordinamento, integrazione. Modalità di espansione all’estero: INDIRETTA ▪ Rapporti di corrispondenza = apertura conto su banca estera per agevolare transazioni di una particolare categoria di clienti. Esempio: primi rapporti Italia-Brasile. ▪ Accordi una tantum = per singole operazioni ▪ Joint ventures = modalità per attuare politiche di diversificazione in attività altamente specialistiche o per entrare in aree di business non presidiate ▪ Franchising = una banca cede segni distintivi DIRETTA ▪ Uffici di rappresentanza = No operatività perché non effettua raccolta; contatta nuova clientela e svolge attività promozionale; esamina possibilità di sbocco/M&A anche per imprese clienti. ▪ Filiali = Dipendenza priva di autonomia giuridica diretta da banca. Sviluppa in loco un circuito finanziario raccolta/impiego. ▪ Sussidiarie o Affiliate = partecipazioni all’estero; acquisto di una quota di mercato La concentrazione è considerata generalmente il risultato delle decisioni di crescita per linee esterne, tramite fusioni, acquisizioni di partecipazioni (di controllo), accordi e joint-ventures. Fusioni e acquisizioni, sempre più spesso cross-border, rappresentano di gran lunga la principale modalità con cui è stato realizzato il processo di consolidamento dell’industria bancaria. Indici di concentrazione: (due indici principali) CR 3/5 (concentration ratio, indice di concentrazione): total asset dei primi 3/5 player bancari sul totale dell’industria bancaria e sul totale del mercato HHI: Herfindahl-Hirschman, è la somma dei quadrati delle quote percentuali di mercato di ciascuna banca L’HHI varia tra 0 e 1; il valore massimo corrisponde ad una situazione di completo monopolio, mentre valori bassi si ottengono in mercati nei quali c’è un numero elevato di agenti, ciascuno dei quali detiene una piccola quota di mercato. CASO ISP Il gruppo ISP è un gruppo, ed è uno dei principali in Europa con una capitalizzazione di 40 miliardi di euro. È leader e motore della crescita sostenibile, con un forte impegno ESG e un grande focus sul clima. È diventata grande anche grazie all’espansione all’estero (12 paesi nell’Europa centro orientale e nella ex URSS). Banca Intesa nasce nel 1998 dall'integrazione di Cariplo e Banco Ambrosiano Veneto. Nel 1999 la Banca Commerciale Italiana entra a far parte del Gruppo Intesa. Con la successiva fusione di Comit in Banca Intesa (maggio 2001) il Gruppo assume la denominazione di IntesaBci. Nel dicembre 2002 l'Assemblea delibera, con effetto 1° gennaio 2003, la modifica della denominazione sociale in Banca Intesa. Sanpaolo IMI nasce nel 1998 dalla fusione dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino e IMI (Istituto Mobiliare Italiano). Si tratta di due realtà fortemente complementari: l'Istituto Bancario San Paolo di Torino, è specializzato nell'attività creditizia retail, l'IMI, ente di diritto pubblico fondato nel 1931 per sostenere la ricostruzione del sistema industriale nazionale, è una primaria banca d'affari e di investimento. Intesa Sanpaolo nasce il 1° gennaio 2007 dalla fusione delle due grandi realtà bancarie italiane Banca Intesa e Sanpaolo IMI. Banca intesa aveva una forte connotazione retail con attenzione al territorio, Sanpaolo non aveva questa connotazione perché si fonde con IMI, la quale era una banca d’affari. Il 12 aprile 2021 Intesa Sanpaolo incorpora UBI Banca che era il terzo polo italiano. C’è forte vocazione territoriale (solo a Milano e provincia ci sono 256 filiali) quasi l’80% del fatturato è prodotto in Italia, non è quindi dalla politica estera che derivano i flussi di cassa più importanti. È il terzo gruppo in Europa per capitalizzazione di mercato, la sua fortuna è data dalla visione lungimirante di scommettere sull’est europeo, il quale ha vissuto un boom economico, fortemente finanziato da ISP. Interconnessione finanziaria: Si riferisce alle relazioni tra gli agenti economici dovute alle transazioni finanziarie realizzate. Il grado di interconnessione aumenta con: - le dimensioni degli intermediari bancari e finanziari - il livello di concentrazione dei sistemi finanziari - l’ampiezza dell’operatività internazionale degli operatori finanziari In un sistema finanziario altamente interconnesso, l’insolvenza di un intermediario viene trasmessa ad altre entità e all’economia reale. L'interconnessione è uno dei fattori chiave nei framework analitici per la valutazione del rischio sistemico nel settore bancario sviluppati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca per i regolamenti internazionali (BRI) e dal Financial Stability Board (FSB). Maggiore è l’interconnessione tra banche, maggiore è il loro rischio sistemico. Il rischio sistemico è il rischio che il fallimento dell’intermediario possa creare un effetto a catena all’esterno dell’azienda ed andare ad intaccare la stabilità dell’intero sistema bancario. Per ovviare il rischio sistemico, la regolamentazione è molto stringente. In base al rischio sistemico, vengono identificate le banche G-SIIs: Global Systemically Important Institutions → G-SIBs (G-SIIs sta per istituzioni che possono anche non essere banche, G-SIBs sono invece esclusivamente banche): Banche too big to fail: il fallimento della banca provocherebbe esternalità negative a catena sull’intero sistema economico e finanziario. Queste banche sono molto grandi, tuttavia ciò non significa che hanno bassa probabilità di fallire, queste banche sono invece talmente grandi che non possono essere lasciate fallire, perché causerebbero un effetto domino, è questo il significato di too big to fail, ovvero non possono essere lasciate fallire. Come si determina quando una banca è G-SIB? Attraverso indicatori multidimensionali qualitativi e quantitativi: - Operatività internazionale - Dimensione - Correttezza: Applicazione di criteri di valutazione tecnicamente corretti (principi contabili) per rappresentare o valutare una determinata operazione - Chiarezza: Il bilancio deve essere redatto in modo da consentire il massimo grado di intelligibilità sia negli aspetti quantitativi, sia in quelli descrittivo - esplicativi della situazione aziendale e delle scelte valutative effettuate. Tale principio riguarda struttura e contenuto Struttura del bilancio: Nel particolare: - Prospetto della redditività complessiva: evidenzia le diverse aree/ voci che hanno contribuito a generare reddito nel corso dell’esercizio - Prospetto delle variazioni di patrimonio netto: fornisce informazioni su come, da un esercizio all’altro, si sono modificate alcune voci di patrimonio netto, quali ad esempio il capitale sociale e le riserve - Rendiconto finanziario: evidenzia la liquidità generata o assorbita dalla banca per effetto dell’attività operativa, di investimento e di provvista condotta nel corso dell’esercizio - Relazione del collegio sindacale: attività di controllo e relazione dell’assemblea e osservazioni e proposte sul bilancio e sull’approvazione - Dichiarazione non finanziaria: rendicontazione in cui si riportano tutte le attività sostenibili, gli aspetti di carattere ambientale, sociale e relativi al buon governo aziendale che definiscono la sostenibilità della banca - Stato patrimoniale: Evidenzia la composizione del patrimonio della banca, è redatto nella forma a sezioni contrapposte e nella sezione attivo sono inserite tutte le tipologie di investimento delle risorse finanziarie della banca, mentre nella sezione passivo, oltre alle voci di patrimonio netto, trovano spazio tutte le diverse forme di finanziamento dell’attività. Attivo di SP: le principali voci dell’attivo sono tutti i tipi di prestiti, titoli, depositi presso altri intermediari, pronti contro termine… le voci dell’attivo di SP sono classificate in base al criterio di esigibilità crescente Passivo di SP: le principali voci del passivo sono tutti i tipi di depositi (clientela, da altre banche), conti correnti, capitale netto fornito da azionisti… il criterio di classificazione è l’esigibilità crescente. Criteri di valutazione: Attività e passività finanziarie sono classificate in funzione della specifica destinazione (negoziazione, vendita, detenzione a scadenza); l’inserimento in una categoria piuttosto che in un’altra comporta l’applicazione di diversi criteri di valutazione IAS/IFRS: - Fair value: da utilizzare per attività e passività finalizzate alla negoziazione, derivati di copertura, attività e passività valutate al fair value - Costo ammortizzato: attività detenute fino a scadenza, crediti vs banche/clientela, debiti vs banche/clientela Andiamo a vedere i due criteri nel dettaglio: Fair value: La determinazione del fair value può avvenire secondo diverse modalità distribuite su una scala gerarchica valutativa suddivisa in tre livelli: Livello 1: l’esistenza di un mercato attivo, su cui sono rilevabili dei prezzi, rappresenta la via più diretta di determinazione del fair value di una attività finanziaria. Livello 2: se il fair value è misurato sulla base di tecniche valutative diverse dalle quotazioni con parametri osservabili sul mercato. La tecnica di valutazione, ha l’obiettivo di stabilire quale sarebbe stato il prezzo dell’operazione alla data di valutazione in una libera transazione a normali condizioni commerciali. Livello 3: se il fair value è misurato sulla base di tecniche valutative diverse dalle quotazioni con parametri non osservabili sul mercato. Costo ammortizzato: Il costo ammortizzato adegua, di anno in anno, l’originario valore di iscrizione dell’attività o della passività sulla base del valore attuale dei flussi futuri prodotti dalla stessa. Il costo ammortizzato deve essere calcolato utilizzando il metodo dell’interesse effettivo, che prevede la ripartizione degli interessi attivi e passivi e dei costi e ricavi di transazione lungo il periodo di durata dello strumento finanziario («ammortamento»). Per quanto riguarda le attività finanziarie, il bilancio della banca prevede 3 fasi diverse: stage 1: rientrano in tale stato le attività che non hanno manifestato un aumento significativo del rischio di credito dal momento della loro rilevazione iniziale o che presentano un basso rischio di credito alla data di riferimento. L’IFRS 9 richiede alle imprese di contabilizzare le perdite attese nei 12 mesi successivi (stage 1) sin dall’iscrizione iniziale dello strumento finanziario. Stage 2: si classificano in questo stato gli strumenti che hanno manifestato un incremento significativo del rischio di credito dal momento della loro rilevazione iniziale, ma che non presentano evidenze oggettive di perdita di valore alla data di riferimento. Stage 3: in tale stato sono ricomprese le attività che presentano un’oggettiva evidenza di perdita di valore alla data di riferimento. L’orizzonte temporale di calcolo della perdita attesa diventa, invece, l’intera vita residua dell’asset oggetto di valutazione, ove la qualità creditizia dello strumento finanziario abbia subito un deterioramento “significativo” rispetto alla misurazione iniziale (stage 2) o nel caso risulti “impaired” (stage 3). Cosa sono gli impairments? Con riferimento ai crediti, gli IAS/IFRS prevedono l’attivazione di una procedura di impairment, ossia un meccanismo che verifica, in sede di valutazione di fine esercizio, le eventuali svalutazioni dei crediti. Le rettifiche di valore per deterioramento di crediti vanno alla voce 130 del C.E. (Rettifiche di valore nette su crediti). Per gli strumenti valutati al costo ammortizzato e al fair value con contropartita il patrimonio netto (diversi dagli strumenti di capitale), viene introdotto un modello basato sul concetto di “expected loss” (perdita attesa), in luogo dell’“incurred loss” prevista dallo IAS 39, in modo da riconoscere con maggiore tempestività le perdite. LO STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO Punto di partenza: individuazione delle aree fondamentali di attività della banca e coerente aggregazioni delle poste di bilancio. - Attivo: La distinzione fondamentale è tra attività fruttifere (che generano interessi o dividendi) e non fruttifere (come per esempio le immobilizzazioni), la cui somma costituisce il totale delle attività. Vale il principio della liquidità decrescente per l’organizzazione delle voci, più in alto sono più liquidi. - Passivo: diviso in debiti la sui assunzione comporta un costo per la banca (passività onerose) e altre passività, che insieme costituiscono le passività totali. Le altre voci sono rappresentate dal patrimonio netto. La disciplina IAS impone l’utilizzo della nota integrativa, per descrivere le modalità di valutazione. Andiamo a vedere singolarmente le voci dell’attivo: §Cassa e disponibilità liquide: Rientrano in questa voce la riserva liquida, ma non quella obbligatoria. Si chiamano disponibilità liquide, ma sono altamente negoziabili. Rientrano in questa voce inoltre le valute aventi corso legale, comprese le banconote e le monete divisionali estere, nonché i depositi liberi verso la banca centrale, questi ultimi non comprensivi, come detto, della riserva obbligatoria. §Crediti: Si tratta di impieghi (attività finanziarie non quotate) verso banche (60) e clienti (70) originati direttamente o acquistati da terzi, che prevedono pagamenti fissi o determinabili e che non sono quotati in un mercato attivo. La valutazione avviene annualmente al costo storico ammortizzato ed eventualmente rettificato a seguito di impairment test. Il metodo del costo ammortizzato non viene utilizzato per i crediti la cui breve durata fa ritenere trascurabile l’effetto dell’applicazione della logica di attualizzazione. Detti crediti vengono valorizzati al costo storico. Analogo criterio di valorizzazione viene adottato per i crediti senza una scadenza definita o a revoca. Tutti gli elementi che rientrano in questa categoria non sono attività finanziarie non quotate: crediti puri. L’Autorità bancaria europea ha elaborato degli Implementing Technical Standard (ITS) relativi ai crediti deteriorati (NPL= non performing loans, sono crediti deteriorati quelli che a seguito di impairment test hanno un valore durevolmente inferiore rispetto a quello iscritto a bilancio), successivamente adottati dalla Commissione europea con il regolamento UE n. 227/2015. 3 categorie di NPL: - Sofferenze: sono i crediti maggiormente deteriorati e sono concessi ad un soggetto in deficit in stato di insolvenza o probabile insolvenza. Per questi crediti la banca si aspetta una perdita secca imminente. - Inadempienze probabili: per questi crediti la banca ritiene che sia improbabile rientrare negli investimenti a meno di azioni legali. Dunque se la banca non fa nulla è molto probabile che questi crediti si trasformino in sofferenze. - Esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate: sono i NPL meno gravi, sono crediti non performanti da oltre 90 giorni o quei crediti che hanno ecceduto limiti di fido oltre una soglia definita critica dalla banca. I crediti deteriorati non vanno confusi con i crediti forbone, si tratta di crediti che sono stati oggetti di una concessione o di un cambiamento del tasso d’interesse piuttosto che del numero di rate richieste al soggetto in deficit. Si tratta dunque essenzialmente di crediti che hanno cambiato la loro composizione in favore del soggetto in deficit. La banca si accorge dunque che un credito del genere in bonis potrebbe deteriorarsi a breve, oppure un credito già deteriorato potrebbe peggiorare ulteriormente la sua posizione. Voci del conto economico riclassificato §Interessi attivi e proventi assimilati (10): Vi sono iscritti gli interessi attivi ed i proventi generati dalle disponibilità liquide, attività finanziarie detenute per la negoziazione, attività finanziarie detenute sino alla scadenza, attività finanziarie disponibili per la vendita, crediti, attività finanziarie valutate al FV e eventuali interessi maturati nell’esercizio. §Dividendi e proventi simili (70+): Figurano i dividendi relativi ad azioni o quote detenute in portafoglio diverse da quelle valutate in base al metodo del patrimonio netto. Sono compresi in questa voce i dividendi e gli altri proventi di quote di O.I.C.R. §Interessi passivi e oneri assimilati (20 -): Vi sono iscritti gli interessi passivi e gli oneri assimilati generati da debiti, titoli in circolazione, passività finanziarie di negoziazione, passività finanziarie valutate al FV e eventuali altri interessi maturati nell’esercizio. §Commissioni nette: attive (40 +) e passive (50 -): Comprende la somma algebrica di proventi e oneri relativi ai servizi prestati/ricevuti dalla banca Le commissioni attive derivano da attività non rischiose per la banca, ad esempio custodire gioielli in cassaforte, le commissioni non sono gli interessi. Se non sono rischiose non verranno incluse nel RWA (che generano interessi) quindi non sono corrisposti dalla vigilanza del legislatore europeo. §Risultato netto dell’attività di negoziazione (80): Saldo tra profitti e perdite delle operazioni classificate nelle Attività finanziarie detenute per la negoziazione e nelle Passività finanziarie di negoziazione, inclusi i risultati delle valutazioni di tali operazioni; e il saldo tra profitti e perdite delle operazioni finanziarie, diverse da quelle designate al fair value e da quelle di copertura. § Risultato netto dell’attività di copertura (90): Riguarda il saldo delle valutazioni inerenti alle attività di copertura. I risultati delle valutazioni delle operazioni di copertura del FV e dei flussi finanziari; i risultati delle valutazioni delle attività e passività finanziarie oggetto di copertura del FV; i differenziali e i margini relativi a contratti derivati di copertura; i risultati della valutazione di attività e passività per cassa collegate da una relazione di copertura del rischio di cambio. § Utili/perdite da cessione o riacquisto (100): Il valore che figura in questa voce è la somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito derivanti dalla cessione o riacquisto di crediti/ attività finanziarie/passività finanziarie. § Risultato netto delle attività/passività finanziarie valutate al fair value (110): Il valore che figura in questa voce è il saldo tra gli utili e le perdite delle «attività/passività finanziarie valutate al fair value», inclusi i risultati delle valutazioni al fair value di attività e passività. Il conto economico riclassificato permette di mettere in evidenza il contributo delle diverse aree di gestione. Una prima divisione viene operata tra la gestione caratteristica e non ordinaria: - Margine di interesse MINT: indica il risultato della gestione dell’intermediazione creditizia. È l’insieme delle attività core per eccellenza, non tiene conto delle commissioni. - Margine di gestione denaro e servizi MINTS: ci si inizia a discostare dall’attività core, all’intermediazione creditizia va sommato il saldo delle commissioni che identifica la remunerazione dei servizi ottenuta dalla banca - Margine di intermediazione MINTM: ci si discosta ulteriormente dall’attività core della banca e si va a vedere se la banca è un buon trader, si va quindi a vedere se la banca gestisce bene il suo portafoglio. Il MINTM è in sostanza il risultato di tutta l’attività di intermediazione. - Risultato di gestione RG: misura l’economicità della gestione ordinaria della banca Operazioni fuori bilancio: Off-balance-sheet: le banche effettuano una serie di operazioni che contribuiscono alla formazione di costi e ricavi ma che non figurano tra le voci di bilancio. Fra queste rientrano: ▪ L’emissione di diversi tipi di garanzie prestate dalle banche quali fideiussioni, avalli, accettazioni bancarie e lettere di credito ▪ Transazioni in strumenti derivati come futures, forward, option e swap ANALISI DI BILANCIO: si tratta della rielaborazione dei dati contabili per ottenere informazioni utili alla valutazione delle dinamiche gestionali. Le variabili specifiche sulle quali si concentra l’analisi sono: - Equilibrio patrimoniale: solvibilità, il valore complessivo delle attività finanziarie è superiore a quello delle passività. Si va a vedere se il patrimonio della banca è sufficiente per far continuare l’attività nel tempo. SP in equilibrio - Equilibrio economico: redditività, i flussi economici in ingresso devono essere in grado di coprire almeno i flussi in uscita - Equilibrio finanziario: i flussi di cassa in entrata riescono a coprire con continuità, dunque tutti i giorni, i flussi di cassa in uscita. Questi 3 equilibri devono essere vari contemporaneamente e devono essere assicurati per la continuazione dell’attività bancaria. Gli input dell’analisi sono le grandezze di bilancio, gli strumenti di analisi sono invece indicatori gestionali singoli e coordinati in sistema. (la riclassificazione stessa di stato patrimoniale e conto economico è un primo strumento di analisi di bilancio). Per una maggiore completezza, l’analisi delle performance viene svolta attraverso un confronto: - con le condizioni che la banca presentava in periodi precedenti (time series analisys) - con banche concorrenti, simili in termini dimensionali o di modello di business (cross section analysis) Gli indicatori di bilancio sono suddivisibili per aree tematiche: Indicatore di redditività: ROE=RN/PN Il ROE (return on equity) è formato dal contributo di diverse gestioni della formazione del reddito d’impresa. È il rendimento che i prestatori di capitale di rischio riescono ad estrarre da un investimento nella banca in oggetto. È una percentuale ma è fondamentale l’interpretazione di questa percentuale, la loro combinazione non è indifferente. In prima battuta lo calcolo comparando il reddito netto/ patrimonio netto: ROE=RN/PN, per ogni euro di capitale di rischio, quanti euro sono riuscito ad estrarre. La composizione di questo indice è una somma di tutte le aree gestionale: - area ordinaria: ROA (return on asset) rendimento della gestione ordinaria RG/ totale attivo di stato patrimoniale TA - leva finanziaria: per ogni euro mio posseduto, io vedo qual è il totale delle esposizioni della banca TA/PN. Leva perché questo indice è molto superiore a 1, perché per ogni euro posseduto dalla banca (patrimonio netto), vedo qual è il totale delle esposizioni della banca. Indica quanto la banca ha prestato rispetto a quanto effettivamente ha (fractional reserve system). - contributo della gestione straordinaria: RPI/RG. RPI= reddito ante imposte, RG= risultato di gestione, nel CE riclassificato, tra queste due voci, ci sono i proventi e gli oneri straordinari, significa che questo indice mi indica il contributo della gestione straordinaria - mette in rilievo il carico fiscale: RN/RPI. In mezzo a queste due voci c’è il carico fiscale, questo indice mi mette in evidenza dunque il carico fiscale. È un meccanismo unico ed omogeneo per tutta l’Europa, a capo ultimo del meccanismo c’à la BCE. Sono le banche nazionali a svolgere le funzioni operative sia di monitoraggio sia per la risoluzione vera e propria della crisi. È sempre importante questo meccanismo in quanto la possibilità di fallimento delle banche è sempre possibile (devono rispettare equilibrio reddituale, finanziario e patrimoniale e non è sempre facile). Si parla di crisi bancaria, secondo il legislatore europeo, quando una banca è in fase di dissesto o ad alto rischio di dissesto (quindi non per forza una banca in crisi è insolvente). Si può parlare inoltre di crisi bancaria in presenza di: - violazione dei requisiti autorizzativi - attività inferiori alle passività - incapacità di rimborso dei debiti - necessità dell’intervento straordinario pubblico In quanto autorità di vigilanza, la BCE svolge un ruolo importante nel decidere se una banca sia in dissesto o a rischio di dissesto. Dal punto di vista legislativo, la normativa che all’interno dell’unione europea rende unico il meccanismo di risoluzione delle crisi è la Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD). È relativamente nuova (2014), è stato un cambiamento strutturale importante perché prima di allora il focus del legislatore era sulla risoluzione della crisi ex post, con la BRRD il focus è invece su meccanismi ex ante, dunque si tende maggiormente a prevenire piuttosto che a curare. Inoltre sono previsti meccanismi per la risoluzione della crisi ex post, nei casi in cui non si riuscisse a prevenirla, dunque si arriva alla manifestazione della crisi con degli strumenti già pronti. Questa dà alle autorità di risoluzione poteri e strumenti per: - pianificare la gestione di una crisi - intervenire prima della completa manifestazione - gestire al meglio la fase di risoluzione Bisogna distinguere i recovery plans (che tentano di risanare un ente in difficoltà, sono quei piani di early intervention che fanno si che una banca non entri nemmeno in stato di crisi. Uno degli strumenti principe per accorgersi che la banca è in una di queste situazioni è lo stress test, che pone la banca davanti a diverse situazioni) dai resolution plans (piani ex post che intervengono quando la banca è già in fase di dissesto o ci è molto vicina). Recovery plans: piano che renda la banca più robusta dal punto di vista reddituale, patrimoniale o finanziario (a seconda dell’equilibrio che è in difficoltà). - Intervento della BCE come lender of last resort (emergency lending assistance= prestatore di ultima istanza). La BCE può svolgere operazioni di mercato aperto e operazioni di rifinanziamento marginale. - Ricapitalizzazione precauzionale: sostegno pubblico approvato dalla Commissione Europea, cautelativo e temporaneo per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress condotti da BCE o EBA non può essere utilizzato a copertura di perdite attuali o potenziali. Ad essa è applicabile la disciplina degli aiuti di Stato e, conseguentemente, il principio della condivisione degli oneri (burden sharing) previsto dalla Commissione europea (31 luglio 2013). Una banca non può richiedere una ricapitalizzazione precauzionale soltanto con fondi pubblici, deve dimostrare che ha già usato al massimo fondi propri, ma non è stato abbastanza. Resolution plan: intervengono quando la banca è già in stato di crisi (ex post). In primis, quando una banca è in crisi, si deve capire se si vuole salvare effettivamente una banca oppure se si vuole aprire una liquidazione coatta amministrativa. Si decide attraverso due indicatori: il pubblico interesse della banca e la rilevanza sistemica della banca (basta una rilevanza sistemica a livello nazionale). Una volta stabilito che una banca sia in dissesto o che il dissesto sia altamente probabile, si aprono due possibilità, in funzione di: rilevanza sistemica (per essere salvata basta una rilevanza sistemica a livello nazionale) e pubblico interesse della banca. - Liquidazione coatta amministrativa - Risoluzione * In ogni caso vale il principio del no-creditor worse off: si deve scegliere tra le due opzioni quella che lascia i creditori nella situazione migliore (massima tutela dei creditori). * Risoluzione bancaria: processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca (alla fine della risoluzione devo avere almeno una parte della banca autonoma e che riesca a raggiungere il triplice equilibtrio nel lungo) e a liquidare le parti restanti (le parti non performing, che non rientrano nell’attività di base). Le autorità di risoluzione possono sottoporre una banca a risoluzione se ritengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: - La banca è in dissesto o a elevato rischio di dissesto - Non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell’intermediario - sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali e, quindi, la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico. Strumenti di risoluzione: - mercato: vendere tutta o parte della banca in crisi ad un acquirente privato - bridge bank: trasferire temporaneamente le attività e passività (vengono già separate le attività performing e non performing) a un’entità costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato. - bad bank: trasferire le attività deteriorate a un veicolo che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli. In questa bad bank dunque, fluiscono tutti i non performing loans. Cosa se ne fa il mercato di una bad bank? Creo degli asset backed securities, cartolarizzo, metto questi ABS all’interno di un portafoglio e creo un nuovo titolo i cui flussi sono garantiti da queste attività non tanto buone. Si tratta di un pool di titoli anche non buoni che mi creano, tutti insieme, dei flussi con cui ripagare gli interessi. Tendenzialmente non si usa uno solo di questi strumenti, ma si usano tutti insieme. C’è anche un quarto strumento, che è una novità assoluta della BRRD del 2014. Si tratta del BAIL-IN, IN sta ad indicare che le risorse per salvare la banca provengono dall’interno della banca. Prima della BRRD esisteva solamente il BAIL-OUT, OUT significa che le risorse vengono da fuori, ma da chi? Tolto il mercato rimane solamente l’intervento pubblico: FIDT (fondo interbancario di tutela dei depositi), oppure nazionalizzazione della banca. Il BAIL-OUT è da distinguere tra quello che era prima del BRRD e quello dopo il BRRD del 2014, questo perchè non esisteva in burden sharing: prima della BRRD, andare ad attingere ai fondi statali era un passaggio diretto, adesso non lo è più: prima di tutto la banca deve utilizzare risorse proprie per un ammontare almeno pari all’8% del totale del passivo (si tratta di adottare un mini BAIL-IN pari all’8% del passivo e poi, solo dopo aver fatto ciò, può chiedere l’intervento pubblico, ovvero il BAIL-OUT) Andiamo a vedere più nel dettaglio quali sono le risorse interne per le quali si può utilizzare il BAIL-IN e più in particolare il suo procedimento: Bisogna innanzitutto ridurre il valore delle azioni e di alcuni crediti. Essendo adesso il valore del capitale annullato, bisogna trovare qualche altro valore che funga da capitale: si va a ridurre il valore delle obbligazioni e se non basta si possono trasformare le obbligazioni subordinate in azioni. Questo farà acquisire al capitale un nuovo valore e il mercato vedrà una ripresa cosa che stimolerà fiducia e dunque una conseguente ricapitalizzazione. Questa è la gerarchia degli asset e degli strumenti asoggetabili a BAIL IN, le azioni sono in assoluto il primo stumento a cui si attinge. In altre parole: In primo luogo, si sacrificano gli interessi degli azionisti riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. In secondo luogo, si interviene su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni e/o ridotte nel valore. Un obbligazionista potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca. In cassaforte ci sono dunque solo quegli asset che stanno in alto in stato patrimoniale. 2° pilastro dell’unione bancaria: EDIS(european deposit insurance scheme), SISTEMA EUROPEO DI ASSICURAZIONE DEI DEPOSITI: Ha lo scopo di fsar si che tutti i depositanti dell’unione europea abbiano le stesse garanzie e le stesse assicurazioni, tradotto signifca che non c’è possibilità di arbitraggio tra le banche europee. I sistemi di garanzia dei depositi sono sistemi istituiti in ciascuno Stato membro per rimborsare i depositanti (fino a un limite stabilito) qualora la loro banca sia in dissesto e i depositi diventino indisponibili. È importante per le banche, l’assicurazione dei depositi, la corsa agli sportelli, la crisi di liquidità può essere infatti assolutamente improvvisa ed altrettanto fatale per la banca. Avere un’assicurazione infatti assicura il correntista e impedisce che la crisi di liquidità venga peggiorata dalla corsa agli sportelli. Tutte le banche devono aderire a uno di tali sistemi e versare contributi coerenti con i rispettivi profili di rischio; sono dunque le banche stesse a costituire il fondo di garanzia. Obiettivi principali: - uniformare la tutela dei depositanti in tutta l’UE - impedire prelievi dettati dal panico (o la corsa agli sportelli) nei casi in cui una banca diventa insolvibile. Tranquillizza il depositante. - contribuire alla stabilità finanziaria globale nel mercato unico Caratteristiche uniformi dei DGS nazionali: - coverage limit: 100.000 eur. Il depositante in tutta europa ha garantito entro il limite dei 100.000 euro - Contribuzione «ex-ante» Entro il 2025 il livello di tali fondi dovrebbe essere pari allo 0,8% dei depositi coperti in ciascuno Stato membro. perdite secche. Si definisce lock in questa situazione perché c’è liquidità bloccata, secondo questa politica dovrebbe fluire verso il portafoglio prestiti in fasi di espansione, ma non avrebbe senso perché decrescono i prestiti e si avrebbe una perdita. - Politica flessibile: gestisco la dimensione e il volume del portafoglio titoli in funzione della convenienza. si investe in titoli ricercando la redditività che essi possono offrire. Si conferisce rilevo all’attività in titoli perché può fornire un contributo apprezzabile al conto economico e perché in linea di principio è più remunerativa rispetto ad una gestione residuale. Politica residuale e flessibile sono i due estremi, le politiche vere e proprie delle banche si collocano in posizioni intermedie. Gestione del portafoglio titoli dal punto di vista quantitativo: gestione residuale e flessibile nella pratica spesso tendono a convivere: - gestione crediti e gestione titoli: complementari, senza vincolo di subordinazione - ricerca dell’equilibrio economico-finanziario della banca - si tiene conto delle scelte di politica monetaria della BCE Ottimizzazione del portafoglio titoli (due strategie estreme e opposte): LADDERED APPROACH, ha come obiettivo la riduzione dei rischi economici e finanziari del portafoglio, diversificandolo sotto il profilo della scadenza dei titoli che lo compongono. Il portafoglio viene ripartito su più scadenze al fine di ottenere un flusso finanziario complessivo (rappresentato dagli interessi e rimborsi) che sia regolare e costante. I flussi possono essere reinvestiti in attività finanziarie o destinati all’attività di prestito. Secondo questo approccio creo il mio portafoglio in modo tale che crei dei flussi regolari sulle scadenze. I flussi d’ingresso li uso per coprire i costi, oppure li uso come una nuova fonte e nel potenziale portafoglio prestiti. BARBELL APPROACH, ha come obiettivo la massimizzazione del profitto proveniente dalle oscillazioni dei tassi attraverso la composizione di un portafoglio polarizzato: (crea due sotto-portafogli) da un lato investimenti ad alto rischio (orientato al medio-lungo), ma con un alto potenziale di guadagno e dall’altro lato investimenti a basso rischio e basso potenziale di rendimento, orientato al breve. In un contesto di forte incertezza sull’andamento dei tassi di mercato, un portafoglio costruito con questo approccio consente la massimizzazione del rendimento complessivo atteso; garantisce, inoltre, una maggior flessibilità (monetizzazione dei titoli a breve in caso di tensione di liquidità). GESTIONE DELLA RACCOLTA DIRETTA: Riguarda l’insieme delle decisioni volte ad acquisire fonti di finanziamento sotto forma di capitale di debito da parte di famiglie, imprese, intermediari, banca centrale…in sostanza riguarda tutti gli strumenti atti ad acquisire liquidità, attraverso l’emissione, da parte della banca, di proprie passività. Uno degli obiettivi di questa gestione è quello di minimizzare il costo della raccolta, pur mantenendo la capacità di rinnovo e di mantenimento delle relazioni. Ogni volta che la banca effettua un qualsiasi tipo di raccolta, essa assume una posizione debitoria che quindi viene contabilizzata nel passivo di stato patrimoniale; inoltre la banca va incontro ad un rischio di liquidità. Chi si occupa della gestione deve perseguire un’adeguata composizione della raccolta in grado di rendere coerenti la stabilità e le scadenze delle passività (PO, passività onerose) alla struttura degli impieghi (AF, attività fruttifere), in particolare dei prestiti: attività fruttifere devono avere flussi tali da ripagare le passività onerose. Devono essere coerenti anche a livello temporale anche se sono molto difficili da bilanciare in quanto è fisiologico che ci sia un mis match delle scadenze (le passività hanno scadenza più vicina rispetto agli impieghi, si pensi ad un mutuo attivo vs un conto corrente o un titolo obbligazionario sottoscritto da un correntista… le passività hanno scadenza anteriore rispetto al mutuo). Distinguiamo raccolta al dettaglio, effettuata presso un pubblico retail, e raccolta all’ingrosso, effettuata presso altre banche o presso la BCE. Il costo della raccolta all’ingrosso: - EURIBOR - EONIA - €STR: tasso medio ponderato sui prestiti overnight interbancari in senso lato, ovvero prestiti non garantiti e con importo superiore a 1M. Si tratta dunque di un tasso di riferimento che misura il costo dei prestiti overnight in euro, non garantiti, assunti dalle principali banche dell’area euro. Questo tasso nasce per sostituire l’EONIA. L’€STR è calcolato sulle operazioni di mercato monetario effettive in cui le banche dell’area dell’euro ricevono depositi overnight da società finanziarie, compresi soggetti bancari e non bancari. Le controparti di scambi overnight con banche possono essere altre banche, fondi del mercato monetario, fondi di investimento o fondi pensione e altri operatori finanziari, comprese le banche centrali. Valore medio attuale: -0,564% GESTIONE DELLA RACCOLTA INDIRETTA Si tratta di titoli di credito e altri valori non emessi dalla banca depositaria, ma ricevuti dalla stessa in deposito, a custodia o in amministrazione. Non transitano da SP (ma in nota integrativa) perché sono titoli maneggiati dalla banca quando agisce da asset broker. Distinzione: - Raccolta indiretta amministrata: singoli asset, singoli titoli in custodia ed amministrazione - Raccolta gestita: quote di fondi comuni d’investimento, quote di sicav/sicaf La remunerazione della raccolta indiretta è esclusivamente fatta di commissioni, i rischi invece sono molto bassi perché la banca non è esposta a rischi finanziari. A seguito della crescente disintermediazione del lato del passivo, la raccolta indiretta è diventata un servizio centrale nell’economia della banca. La remunerazione della raccolta indiretta corrisponde con il MINTS, si tratta di una raccolta molto positiva in quanto non espone la banca a rischi finanziari, ma solamente a rischi operativi, reputazionali e strategici. GESTIONE DEL PATRIMONIO PROPRIO Assicura la coerenza tra i mezzi propri e il grado di rischio assunto per effetto della gestione nei limiti regolamentativi. La gestione è finalizzata all’ottimizzazione del livello, della composizione e del costo del patrimonio. Trade-off tra vincoli normativi, redditività, propensione al rischio degli stakeholders. La gestione del patrimonio determina direttamente il grado di leva finanziaria (maggiore è il patrimonio netto, minore è la mia leva finanziaria). Opera su orizzonti temporali diversi: ▪ Gestione della Tesoreria: scelte operative di gestione dei flussi monetari → equilibrio monetario di brevissimo termine ▪ Gestione della Liquidità: scelte di più ampio spettro sulla gestione dei flussi, composizione di attivo e passivo e gestione delle scadenze delle poste di bilancio in situazioni normali e di stress finanziario. ▪ Gestione integrata dell’attivo e del Passivo (ALM): coordinamento strategico a monte dei volumi, scadenza e composizione di attività e passività (Mgmt 1 livello). LEZIONI 19-20 GESTIONE DEL RISCHIO L’assunzione, trasformazione e la gestione del rischio rappresenta l’essenza stessa dell’attività bancaria. Ottica di lungo periodo: ottimizzazione della redditività corretta per il rischio per garantire stabilità. È la gestione più diffusa e pesa su tutte le altre gestioni. Ottimizza (ottimizza e non minimizza perché se il rischio fosse minimizzato e quindi ridotto a 0, anche il rendimento sarebbe 0) l’esposizione a tutte le forme di rischio che tocca. Il sistema di gestione dei rischi deve: - Identificare e mappare i rischi e i fattori di rischio provenienti da tutte le gestioni - Misurare le strategie qualitative e quantitative - Valutare il capitale assorbito, prezzare e ponderare correttamente la redditività corretta per il rischio - Controllare monitoring e audit interni (early warring) che suggerisce politiche di ottimizzazione e gestione del portafoglio rischi, input per la direzione strategica I rischi comportano cambiamenti inattesi nei valori della banca o nei suoi guadagni. Questi cambiamenti nascono dai fattori di rischio. Il rischio è una componente non attesa della variazione del valore flusso o stock dovuto a fattori di rischio. Due sono le categorie di rischi: - Fattori di rischio non finanziari - Fattori di rischio finanziari - C’è poi un nuovo rischio che diventa sempre più importante: il rischio di sostenibilità, che potrebbe rientrare sia all’interno dei rischi finanziari sia non I rischi finanziari sono leggermente più misurabili perché hanno una natura quantitativa. Per assunzione si intende la capacità di dosare l’assunzione di rischi in una categoria piuttosto che l’altra. RISCHIO OPERATIVO: Per rischio operativo si intende il rischio di perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni; tale rischio riguarda dunque l’organizzazione in generale e la gestione dei processi produttivi bancari. Le autorità di vigilanza l’hanno identificato con la possibilità di perdite risultanti da sistemi, persone e processi interni inadeguati, o da eventi esterni. Tale definizione ricomprende il Rischio legale; non sono invece inclusi i rischi strategici e di reputazione. Il rischio operativo deriva da quattro fattori di rischio: ▪ Risorse umane: Errori (è il primo e per eccellenza il rischio operativo legato alle risorse umane, prima o poi l’errore umano accade), negligenza, violazioni di regole e procedure interne, frodi (dall’interno). ▪ Sistemi informativi: malfunzionamenti di hardware o software, problemi di sicurezza informatica: virus, hacker, perdite di dati, guasti alle telecomunicazioni/lavorazione di ordini ▪ Processi: procedure e controlli interni fallaci, esecuzione/liquidazione di transazioni in titoli, errori contabili, metodologie di quantificazione dell’esposizione ai rischi (modelli errati, errori di stima dei parametri) ▪ Eventi Esterni: cause non controllabili dal management, cambiamenti politici, regolamentari, legali, furti, vandalismo, rapine, terrorismo, calamità naturali Il rischio operativo vede crescere la sua importanza dalla metà degli anni 90, questo principalmente per l’utilizzo massivo di sistemi informativi e della tecnologia. Gestione del rischio operativo: Obiettivo ultimo della gestione del rischio operativo è minimizzarne l’esposizione da parte della banca. Il rischio operativo è asimmetrico, sempre negativo: il suo aumentare non comporta un aumento del rendimento atteso. Per quanto riguarda la gestione ex-ante: - Formazione del personale - Sistemi di incentivi - Processi di comunicazione interna - Controlli precauzionali (procedure e regolamenti interni) Per quanto riguarda la gestione ex-post, tramite coperture assicurative: - Politiche di prevenzione e controllo con l’unico limite del budget Trade-off rischio/minimizzazione costi AAA ha rischio di fallimento 0,1%, mentre BBB 0,13%, sono entrambi numeri molto bassi, tuttavia BBB ha rischio di fallimento 13 volte maggiore di AAA. 2-Credit default swap (CDS): Contratto derivato, si tratta di uno scambio del rischio di credito, le controparti del CDS sono 2, ovvero colui che compra la protezione PB (protection buyer) e colui che vende protezione PS (protection seller). Quindi c’è un soggetto che acquista il CDS e uno che lo vende. In questo contratto è necessario che ci sia un credito, tra chi? Tra il compratore di protezione ed una parte terza, esterna all’acquisto del CDS, perché è proprio questo credito che viene coperto dal CDS. Io ho un credito nei confronti di un terzo e voglio coprire il suo rischio di controparte, dunque chiedo al venditore di protezione di pagare nel caso in cui il terzo non riuscisse a pagare o il suo rischio di credito scendesse. Così facendo io mi immunizzo dal rischio di credito. Ci sono due flussi: - Uno tra PB verso PS: PB paga una fee certa e periodica per assicurarsi la protezione nei confronti del rischio di credito del debitore, più il debitore è rischioso, più la fee da pagare, ovvero il costo del CDS, è elvata - Uno da PS a PB: si tratta di un flusso incerto, se il terzo debitore non paga PB, allora PS paga al posto del debitore insolvente Il terzo debitore, tuttavia, non rientra all’interno del contratto di CDS, dunque PB e PS si mettono d’accordo liberamente su un prezzo che va bene ad entrambe le controparti, tuttavia il debitore non ha alcun tipo di ingerenza in questa trattativa. Se dunque si trova un accordo fattibile tra le due controparti, il CDS è venduto. Non esiste un autority che stabilisce l’equità del CDS, questo perché esso è uno strumento derivato OTC. Il problema è che il debitore, non avendo ingerenza in questo contratto derivato, potrebbe vedere pubblicato un costo del CDS molto elevato, il mercato dunque tenderà a pensare che questo debitore ha alta probabilità di default e dunque un basso merito creditizio; tuttavia questo non è sempre per forza vero. Si può inoltre andare a costruire un CDS speculativo, ovvero anche se non sussiste effettivamente un rapporto creditizio sottostante. Si tratta in questo caso di un contratto sintetico che ha come sottostante solamente il rischio fittizio di controparte. Dal momento quindi che il CDS è uno strumento non regolamentato, esso può essere talvolta strumentalizzato per fini che non hanno a che vedere con la copertura del rischio. Il CDS da infine un’idea del rischio di controparte se si va a guardare il suo prezzo e il suo andamento. Se il prezzo è costante, significa che il mercato prezza in modo costante il rischio, quindi un aumento del rischio sta a simboleggiare un aumento del rischio. Oltre alla misurazione del rischio istantanea (CDS e rating), c’è una misurazione non istantanea, ovvero la misurazione parametrica: Ci possono essere due tipi di perdite potenziali derivanti da una posizione creditoria: - Perdite attese: il rischio di credito è incorporato nel tasso d’interesse richiesto e/o in accantonamenti periodici. Se c’è un tasso elevato, significa che esso prezza il rischio di controparte in termini di perdita attesa da quella posizione. La banca è in grado di quantificare attrverso un semplice algoritmo, significa che questa parte di rischio non è la componente veramente rischiosa per la banca, il problema vero è infatti la perdita inattesa. E[L]=EAD × PD × LGD NB: La LGD può essere fornita in milioni di euro o come percentuale (recovery rate, ovvero la percentuale recuperabile, devo trovare il complementare ossia la percentuale non recuperabile) dell’esposizione totale. - Perdite inattese: è la perdita grave, perché grava sulla dotazione patrimoniale, tali perdite devono essere coperte con il capitale e rischiano di farmi andare in crisi. Data la loro natura inattesa, possono essere calcolate solamente attraverso modelli probabilistici e grava sulla dotazione patrimoniale della banca. È la vera minaccia per una banca quando concede credito. Può essere vista come la deviazione standard della perdita attesa: quanto si discosta la perdita attesa della media in un dato periodo. Non risponde alla domanda quanto devo quantificare quel rischio, ma risponde alla domanda quanto è volatile quel rischio. 2 approcci: Il mark to market non tiene conto solamente della probabilità di default, ma anche della probabilità di downgrading, dunque è molto più conservativo come approccio. Value at risk è dunque il valore effettivo del rischio in funzione della distribuzione di probabiltà nei confronti dell’evento. Quanta probabilità di deteriorarsi il mio credito nel tempo? Quella probabilità determina il valore al rischio del credito a quella posizione Ci sono dunque perdite attese, perdite inattese, ma anche perdite straordinarie, ovvero quegli eventi che hanno bassissima probabilità di verificarsi, ma quando si verificano hanno degli effetti devastanti: Una volta che ho identificato e calcolato la perdita possibile, mi copro dal rischio. Per capire se sono coperto dal rischio di credito devo comparare il capitale disponibile (AC, available capital, valore di mercato di tutte le attività-vaore di mercato delle passività) con il capitale economico (EC, economic capital, rappresenta una stima del capitale ottimale di cui una banca dovrebbe disporre per coprire in maniera adeguata i rischi assunti). AC>EC è apparentemente una situazione favorevole in quanto ho capitale disponibile a coprire le perdita, tuttavia non è del tutto positiva come situazione in quanto ho molta liquidità non investita, cosa che rappresenta un costo in termini di mancato guadagno. La situazione ideale è dunque AC=EC, è la più prudente, anche se la meno redditizia. RISCHIO DI CREDITO DI PORTAFOLGIO: più eterogeneo è l’insieme di controparti (devono essere controparti poco correlate con un ro, coefficiente di correlazione, basso) a cui sono concessi crediti, maggiore è l’effetto diversificazione. L’effetto diversificazione abbatta la componente specifica del rischio (il rischio totale si divide in rischio idiosincratico, che abbatto grazie ad una buona diversificazione, e in rischio sistematico, che non può essere né diversificato né annullato in nessun modo). Modello CreditMetrics= modello che mette insieme l’esposizione alla perdita attesa e alla perdita disattesa Il modello calcola la perdita attesa sulla base della d.d.p. dei crediti per classi di rating e la perdita inattesa in base al VaR calcolato sulla medesima distribuzione. Questo modello calcola la probabilità che ogni esposizione creditizia ha di subire un downgrading. Il grande vantaggio è che questo modello riesce a guardare il portafoglio come se fosse una singola esposizione, e non solamente le singole posizioni. Si va a costruire una matrice di transizione che va a calcolare la probabilità di downgrading per ogni posizione che poi vanno messe insieme e si individua la posizione totale. Il difetto di questo modello è che raggruppo le esposizioni in rating omogenei, ad esempio AAA, si fa in questo caso una forte assunzione perché si ritengono omogenei tutti i crediti AAA. LEZIONE 21 RISCHIO D’INTERESSE: il rischio finanziario più importante, nasce dalla variazione (inattesa) dei tassi d’’interesse, ha un impatto immediato sul margine d’intermediazione. L’impatto sul bilancio della banca è legato al processo di trasformazione delle scadenze e alla detenzione di contratti finanziari sensibili a variazioni dei tassi di interesse. Calcolare il gap cumulato ad esempio a 3 mesi significa calcolare l’impatto di tutte le poste che scadono entro 3 mesi, non c’entra dunque la linea 3-6 mesi. Bisogna poi calcolare l’impatto del cambiamento dei tassi sul margine d’interesse: Se lo voglio calcolare a 3 mesi: -80*-0,03= +2,4 Se lo voglio calcolare a 2 anni: 140*-0,03= -4,2 Commento: l’impatto a 3 mesi è un flusso finanziario positivo di 2,4 miliardi di euro, il fatto che i tassi siano crollati inaspettatamente del 3% nei primi 3 mesi ha avuto un impatto positivo. L’impatto a 2 anni invece è negativo di 4,2 miliardi di euro. La spiegazione della differenza di impatto anche se il tasso è lo stesso sta nel fatto che a 3 mesi ho un gap cumulato negativo, ovvero ho più passività onerose che attività fruttifere, quindi le passività onerose beneficiano di un abbassamento dei tassi, dunque l’impatto netto è positivo. Se il gap cumulato è positivo significa che le attività fruttifere sono maggiori rispetto al passivo oneroso Limiti del repricing gap: 1) Ignora l’impatto del repricing dalla data effettiva fino a chiusura del gapping period: dal momento che identifichiamo delle fasce temporali, è come se tutte le poste sensibili all’interno del gapping period si riprezzassero alla chiusura del gapping period, questo è un problema perché se una posta che mi scade ad esempio 2 giorni prima della chiusura del gapping period, questa avrà effettivamente impatto sul gapping periodo per 2 giorni. Quindi presumere che la scadenza delle poste sia omogenea è un limite, perché non è omogenea. 2) Sensibilità alle variazioni dei tassi forzatamente uguale tra le poste di bilancio: io sto assumendo che RSA (rate sensitive asset) e RSL (rate sensitive liabilities) abbiano la stessa sensibilità, ovvero dovrebbero rispondere allo stesso modo ai cambiamenti di mercato. 3) Ignora l’impatto delle variazioni dei tassi sul valore di mercato delle poste: ha una visuale completamente concentrata sul margine d’interesse, quindi sul conto economico, sui flussi che le mie poste producono, tuttavia un aumento dei tassi di mercato ha impatto sia sul valore della posta che sui flussi che producono. Pur essendo questi i limiti del repricing gap, non esistono modelli che non abbiano limiti o difetti. Per sopperire al limite 1 tengo conto posta per posta della durata dell’impatto, quindi della differenza tra il repricing effettivo e la chiusura del gapping period, di modo che io vada a tenere conto dell’effetto che, dalla scadenza della posta alla chiusura del gapping period, quella variazione dei tassi di mercato ha. Io vado quindi a vedere la maturity delle poste (maturity adjusted gap= gap aggiustato per la scadenza) e quindi pondero anche (calcolandolo) il disallineamento. C’è in sostanza un coefficiente temporale da mettere davanti ad ogni posta. Risoluzione limite 2: aggiusto RSL e RSA per il loro specifico coefficiente di sensibilità, andiamo a capire quanto effettivamente RSL e RSA sono sensibili ai tassi di mercato. Ci dobbiamo servire della duration modificata per capire quanto è sensibile un asset ad un cambiamento del mercato. Maggiore è la duration modificata di una posta, maggiore è la sensibilità ai cambiamenti di mercato di quella posta. Terza alternativa al metodo base, che tiene conto sia del terzo limite che del secondo: questo metodo calcola l’impatto in termini di valore economico dell’attivo e del passivo, inoltre tiene conto della sensibilità delle poste, attive e passive, ai cambiamenti di mercato. La duration modificata è un numero puro, non ha unità di misura: DM=D/(1+i), la duration modificata ci serve per andare a vedere complessivamente l’impatto netto in termini di valore di mercato: si tratta del valore di mercato dell’attivo-valore di mercato del passivo (dopo il cambiamento dei tassi). Consideriamo che il valore della leva è LEV=VMP/VMA, dunque: Quest’ultima formula ci indica che un impatto dei cambiamenti inatteso dei tassi di mercato sul valore complessivo del mio portafoglio titoli (valore di mercato attivo sensibili- valore di mercato passivo sensibile) è il leverage adjusted duration gap. Significa che la differenza tra le duration modificate è aggiustata per la leva (gap tra le duration ponderata per la leva). La variazione del valore di mercato del patrimonio conseguente a una variazione dei tassi è scomponibile in tre fattori: - La prima componente che ci dice qual è l’impatto sul valore di mercato complessivo, è la differenza tra le sensibilità di attivo e passivo ponderate per il volume, ovvero per la differenza tra quanto è il passivo e quanto l’attivo (esposizione al rischio d’interesse, misura del mismatch) - La seconda variabile è la dimensione dell’attivo fruttifero o sensibile (volume di intermediazione della banca) - La terza è il valore del cambiamento dei tassi di mercato. LEZIONE 22 Rischi di liquidità: rischio che la banca non riesca a far fronte in modo tempestivo ed economico al rimborso di liquidità che non prevedeva di dover rimborsare. Salvo gravi dissesti o problemi tuttavia c’è sempre la BCE che concede, su richiesta, finanziamenti e liquidità a pagamento; dunque dal punto di vista economico non è il metodo conveniente. L’esempio più emblematico in questo senso è la corsa agli sportelli: la banca non sa dove andare a prendere quella liquidità. Nei casi appunto di gravi dissesti e buchi di liquidità, la banca prende le risorse per affrontare tale buco dal proprio portafoglio titoli, dall’interbancario o dalla banca centrale. Si genera primariamente dal passivo, ma colpisce anche l’attivo, nei momenti in cui la banca si vede costretta a ritirare le giacenze per far fronte alle passività. L’esposizione della banca al rischio di liquidità è dunque esacerbata dal mismatch delle scadenze tra attivo e passivo. Questo mismatch crea anche delle differenze tra i flussi che provengono dall’attivo fruttifero e passivo fruttifero, cosa che va a creare una tensione di liquidità. Se non c’è una buona attività di gestione integrata di attivo e passivo può essere che i flussi provenienti dall’attivo non siano in grado di andare a coprire i deflussi provenienti dal passivo e questo porta al rischio di liquidità. I fattori aggravanti possono essere anche esogeni: reputation del management, cambiamento dei rating (downgrading da parte delle società di rating), crisi di fiducia del mercato finanziario o nel paese. Un fattore aggravante può essere anche ad esempio una crisi politica, ad esempio la crisi greca. Soluzioni immediate al rischio di liquidità: - Rifornirsi di liquidità a prezzi non di mercato (mercato interbancario/ operazioni con BCE) con conseguente aumento del cost of funding - Smobilizzare con market timing non ottimale posizioni di portafoglio, con conseguente perdite in conto capitale (fire sale prices) Dalla parte dell’attivo il rischio di liquidità si manifesta sotto forma di funding liquidity risk: difficoltà a reperire i fondi necessari per coprire la tensione di liquidità senza intaccare il proprio equilibrio finanziario, metodologie di misurazione: - Stock-based: basato sul valore di bilancio degli asset prontamente smobilizzabili (mi da idea della mia esposizione al rischio di non aver abbastanza asset liquidabili per far fronte all’eventuale buco di liquidità) - Mismatch-based: confronto i flussi di cassa in entrata e quelli in uscita, creando fasce di scadenza omogenee. Cerco di verificare se i flussi sono in grado di coprire i deflussi. - Ibrida: ai flussi di cassa provenienti dal secondo approccio vengono sommati quelli del primo. Combina quindi il valore dei titoli in portafoglio con quali sono i flussi che provengono dal mio portafoglio. Il confronto è sempre quello tra i flussi provenienti dall’attivo fruttifero e dal passivo oneroso, se quelli attivi sono in grado di coprire quelli passivi allora l’esposizione al rischio di liquidità è basso. L’esposizione vera al rischio di liquidità non si verifica con gli eventi prevedibili, in quanto copribili, ma con gli eventi inattesi. Per poter effettivamente applicare il metodo ibrido bisogna riclassificare il bilancio non tanto in termini di esigibilità, ma in termini di creazione dei flussi: quasi con un criterio temporale dalle poste di bilancio che producono flussi nel breve, medio, lungo. Tramite l’approccio maturity ladder io riesco a costruire una scaletta in cui ogni “piolo” è un gapping period rilevante alla creazione di flussi e deflussi. Maturity ladder fa dunque risaltare il potenziale mismatch dei flussi provenienti dall’attivo e dei flussi provenienti dal passivo. Il market liquidity risk è invece “l’altro lato” del rischio di liquidità per una banca, fa riferimento solamente al rischio che si manifesta all’interno dell’attivo, è il rischio di non riuscire a smobilizzare degli asset al prezzo al quale sono stati acquistati. Rischio di mercato: rischio di diminuzione del valore di mercato di un investimento, dovuto ad inattese oscillazioni dei mercati. Ricorda il rischio d’interesse, tuttavia questo ha impatto sul MINT, mentre il rischio di mercato ha impatto sullo stato patrimoniale. L’esposizione di una banca al rischio di mercato è misurata con il VAR (value at risk). Generalmente questa si esprime o in euro o in percentuale del valore di mercato dello strumento al quale mi riferisco. Il VAR si interpreta per forza con tre variabili contestuali: - Valore al rischio (perdita massima potenziale da quell’asset che sto analizzando), misurato in € Perseguire questo duplice obiettivo è possibile attraverso una attenta valutazione delle attività di risk management, inoltre c’è la richiesta di un capitale minimo che le banche devono tenere a fronte di un attivo fruttifero complessivo, quindi di conseguenza una regolamentazione della leva finanziaria. L’obiettivo finale è la tutela della fiducia intrinseca dei soggetti in surplus, quindi del pubblico e dei risparmiatori, evitando situazioni di dissesto. Dal punto di vista della finalità della norma di vigilanza possiamo distinguere vigilanza strutturale, vigilanza prudenziale e vigilanza protettiva. Questi sono tre obiettivi che l’attività di vigilanza micro si pone e li persegue attività di regolamentazione, di informativa e di ispettiva. Vigilanza strutturale: insieme di direttive e di regolamenti che gettano le basi per quali caratteristiche il sistema finanziario deve avere, sono dunque norme che delineano la morfologia del sistema, in termini di: - Condizioni di entrata nel mercato: chi può partecipare a quel mercato e chi no - Tipologia di attività che gli intermediari possono svolgere: che caratteristica deve avere il mercato - Assetti organizzativi proprietari con riguardo particolare alle operazioni straordinari Presidia l’obiettivo di stabilità, ma può limitare la concorrenza e l’efficienza: ad esempio le banche d’affari in Italia non sono banche. La vigilanza prudenziale è focalizzata sul rischio dell’attività bancaria, minimizza l’assunzione di rischi (la banca punta ad ottimizzare, non a minimizzare). I controlli sono oggettivi e neutrali e sono focalizzati su: - Norme in materia di controllo del rischio complessivo applicate alle voci di bilancio e in particolare al patrimonio - Adeguatezza delle metodologie di controllo interno - Rispetto dei requisiti di onorabilità, professionalità ed esperienza per coloro che svolgono funzioni di amministrazione e direzione Vigilanza regolamentare: produzione di norme e decreti attuativi ed operativi della normativa primaria che definiscono regole e meccanismi operativi. Vigilanza informativa: comprende un insieme di norme volte a garantire la trasparenza e la correttezza degli intermediari finanziari, minimizzando le asimmetrie informative che contraddistinguono l’intermediazione finanziaria. Gli strumenti di fair play regulation preposti a tale scopo riguardano: - Gli obblighi informativi nei confronti della clientela, trasparenza - Le norme di comportamento da tenere nei confronti della clientela, correttezza Gli obblighi di comportamento nei confronti della parte debole contrattuale sono gestiti da MIFID, è la direttiva che si occupa di garantire la trasparenza tra banca e cliente. Vigilanza ispettiva: insieme di controlli effettuati presso la sede dell’intermediario che mirano ad acquisire informazioni più dettagliate rispetto a quelle pubblicate. Le ispezioni possono essere ordinarie ogni 2/5 anni, oppure straordinarie. MODELLI DI VIGILANZA (come è organizzata - Modello accentrato: una autorità crea le linee guida, tutto il corpus delle leggi, non esiste, se esistesse non ci sarebbero conflitti (cosa che invece è il limite principale del secondo modello). - Modello decentrato: coesistono diverse autorità di vigilanza, ognuna concentrata su un soggetto. Può essere per modelli istituzionali (ovvero un’autorità normativa per tipologia di intermediari vigilati), per attività (a ciascuna attività di intermediazione corrisponde un’autorità regolamentare e di controllo), per finalità (ad ogni autorità viene associato un obiettivo da conseguire attraverso l’attività di regolamentazione e controllo in maniera trasversale su tutti gli intermediari. Modelli ibridi: considerando i limiti di entrambi i modelli, l’Italia sceglie un modello intermedio. Considerando la vigilanza per finalità: - Stabilità: BCE/Banca d’Italia - Efficienza (concorrenza): AGCM - Trasparenza alle informazioni e correttezza nel comportamento degli operatori: CONSOB Considerando invece la vigilanza per soggetti: - IVASS per le compagnie d’assicurazione - COVIP per i fondi pensioni Per evitare conflitti ci sono il CICR e il ministero dell’Economia i quali hanno un ruolo centrale e strategico, dunque il modello italico prende un po’ dalla vigilanza per finalità e da vigilanza per soggetti aggiungendo un ruolo strategico. Il pivot è la banca d’Italia, in quanto qualsiasi cosa passa prima da lei. Dal punto di vista dell’impianto normativo dobbiamo distinguere tra. - Normativa primaria: quadro di regole base, costituito da norme comunitarie e nazionali. Il CICR e il ministero svolgono ruoli centrali in questo senso perché le normative devono passare dal parlamento. C’è un problema sulla normativa primaria perché non esiste una base, ma esistono 3 normative basilari che però contrastano tra loro: 1-art.47 della costituzione: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. 2-art.5 TUB: le autorità creditizie esercitano i poteri di vigilanza a esse attribuiti dal presente decreto legislativo, avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia. 3-art.5 TUF: la vigilanza…ha per scopo la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tutela degli investitori della stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario. Le banche secondo questi articoli dovrebbero essere, sane, stabili, prudente, efficienti, competitive, corrette e trasparenti… impossibile essere tutto ciò contemporaneamente. - Normativa secondaria: utilizza circolari, disposizioni e regolamenti (disposizioni granulari e non leggi astratte) e si focalizza di volta in volta su vari tipi di intermediari. Da questo nasce la distinzione tra banca+credito e finanza+investimenti, dunque la regolamentazione si può di conseguenza dividere in due parti: Testo Unico Bancario e Testo Unico Finanziario. Questo vale sempre dal punto di vista micro italiano. Nel nostro modello ibrido convivono autorità di vigilanza politiche, ovvero il comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) e il ministero delle finanze (MEF), i quali si occupano delle linee guida. Chi mette effettivamente in atto le linee guida sono gli organi di vigilanza più tecnici (organi di vigilanza stretti): banca d’Italia, BCE, Consob, AGCM, IVASS, Covip. Organi più nel dettaglio: -Consob: opera per garantire da un lato la completezza e la correttezza dell’informazione fornita degli emittenti dei titoli e, dall’altro, la trasparenza e la correttezza del comportamento degli intermediari nei loro rapporti con i clienti. Essa è dunque l’autorità regolamentare del mercato mobiliare: tutela della trasparenza e della corretta erogazione dei servizi di investimento in strumenti finanziari, controllo sulle società che gestiscono i mercati di strumenti finanziari, tutela degli investitori mediante la richiesta di pubblicazione e diffusione dei prospetti informativi degli strumenti emessi sul mercato e disciplinando l’attività di offerta fuori sede dei prodotti finanziari. -Banca d’Italia: cuore pulsante della vigilanza italiana, tutte le decisioni e le informazioni passano da lei. Essa formalmente: formula proposte per le deliberazioni di competenza del CIRC, verifica la sana e prudente gestione degli intermediari, in relazione ai rischi assunti (regolamentazione prudenziale), esercita le funzioni di vigilanza sul settore bancario e sulle singole banche che lo compongono. N.B: La Bd’I e la Consob operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell’esercizio dell’attività di vigilanza -CIRC: composto dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, che lo presiede, dal Ministro del commercio internazionale, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro delle infrastrutture, dal Ministro dei trasporti e dal Ministro per le politiche comunitarie. Alle sedute partecipa il Governatore della Banca d’Italia. È deputato all’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio. Delibera, sulla base delle proposte dalla Banca d’Italia, sulle misure di politica monetaria e creditizia necessarie per realizzare gli obiettivi di politica economica del Governo. Al CICR spetta altresì l’emanazione di disposizioni sui controlli sulle succursali di banche comunitarie in Italia e sui conflitti di interesse tra le banche e i loro azionisti rilevanti. -MEF: adotta con decreto i provvedimenti di sua competenza previsti dai vari articoli del TUB, in caso di urgenza sostituisce il CIRC. -Isvap: istituto di vigilanza sulle assicurazioni private -Covip: commissione di vigilanza sui fondi pensione -Agcm: autorità garante della concorrenza e del mercato Dopo il 2008 ci si rese conto che la rischiosità dei singoli intermediari messi insieme non dà una buona approssimazione del sistema intero, questo perché ci sono intermediari più grossi e meno grossi. Alla fine del 2008, la commissione europea si è resa conto che, anche se la vigilanza micro è efficiente, non è detto che per forza sia raggiunta anche la vigilanza macro, dunque si è reso necessario creare un corpus normativo e delle autorità di vigilanza focalizzate a mantenere l’equilibrio di sistema e a minimizzare il rischio sistemico. Dopo la crisi del 2008 ci si è resi conto che non c’era nessuna autorità che guardava alla stabilità complessiva del sistema (vigilanza macro prudenziale), ma tutti operavano a livello micro. Inoltre ci si rese conto che non esisteva regolamentazione omogenea per intermediari che operavano in più paesi e ciò creava asimmetrie enormi perché gli intermediari cross border mettevano la sede in paesi con fiscalità agevolata e poi operavano dove volevano. Da questa situazione è nata la vigilanza europea che è unica per tutti i paesi dell’unione, si tratta di un modello bipartito, perché: - Da una parte c’è lo european systemic risk board, ovvero il comitato che si occupa della gestione macroeconomica del rischio sistemico - Ci sono poi tre autorità di vigilanza che si occupano della vigilanza micro: european system of financial supervision Gli obiettivi per le autorità di vigilanza micro europei sono i core principles for effective banking supervision e sono stati redatti dal comitato di Basilea, si tratta di: - Rafforzamento vigilanza risk-based - Analisi empirica dei rischi assunti - Inclusione del rischio di contagio - Attenzione macroprudenziale - Recovery and resolution measures Nel caso in cui fossero in contrasto con i principi micro nazionali, quelli europei prevalgono. Questo controllo è a discapito dell’home country control. L’impianto micro europeo si occupa della vigilanza focalizzata alla gestione ed ottimizzazione del rischio (non minimizzazione). Concretamente l’autorità di vigilanza riesce a valutare l’adeguatezza dal punto di vista del capitale e della liquidità attraverso la creazione di variabili ad hoc, ci sono degli indicatori oggettivi dei quali l’autorità si serve: - Limiti alla concentrazione dei rischi - Assunzione di partecipazioni - Sistemi di controlli interni - Coefficienti patrimoniali su rischi: provengono dagli accordi di Basilea Basilea è un accordo internazionale, e non solamente europeo, nato a metà degli anni 70 durante il G10 e doveva mettere a punto un accordo sull’adeguatezza patrimoniale delle banche. OBIETTIVI Basilea: promuovere la stabilità finanziaria a livello internazionale, ridurre il rischio sistemico e migliorare il funzionamento dei mercati. L’importanza di Basilea è stata quella di creare degli indicatori che assegnavano al capitale della banca il compito di assorbire i rischi assunti al fine di diminuire la probabilità che perdite inattese pongano le banche in condizioni di insolvenza. Basilea 1: nasce guardando all’esposizione della banca al rischio di credito, qualche anno dopo gli accordi hanno incluso anche il rischio di mercato (Basilea 1.5). Grande pregio di Basilea 1 è quello di aver creato il patrimonio di vigilanza, esso fino ad oggi è l’insieme di asset che coprono almeno l’8% dell’attivo della banca, ponderato per il rischio: RWA= attivo ponderato per il rischio (Basilea 1= solo rischio di credito). Per valutare l’attivo ponderato per il rischio vado a prendere l’attivo di bilancio e suddivido le poste in funzione della loro rischiosità. Se ha un rischio 0, non la conto, se ha basso rischio, la pondero per il 20%, rischio medio 50%, rischio alto 100%. (il patrimonio di vigilanza è nato con Basilea 1 e non è cambiato nel tempo, la cosa che è cambiato cosa computo nel patrimonio di vigilanza). Il metodo di ponderazione standardizzato previsto da B1, lega i coefficienti di ponderazione delle diverse esposizioni creditizie ai rating esterni delle agenzie di rating internzionali. Limiti di Basilea 1: -coloro che non avevano un rating, a prescindere dal rischio, venivano considerato ad alto rischio, quindi ponderati al 100%, dunque tutti i prestiti retail erano ponderati al 100 -preso in considerazione solamente il rischio di credito -vigilanza microprudenziale Basilea 2: ideato dal comitato nel 2001 ed entrato effettivamente in vigore nel 2008, appena prima della crisi. Ha un grande pregio, ovvero la creazione di una tripartizione su 3 pilastri: - Requisiti patrimoniali: possibilità di utilizzare rating interni per quantificare l’esposizione al rischio della banca. Il rischio di credito può essere valutato attraverso: 1-metodo standard (quello introdotto da Basilea 1): revisionato rispetto a Basilea 1: Viene introdotta inoltre la classe di imprenditotri retail in cui confluiscono privati e piccole imprese per i quali è prevista una ponderazione al 75%. 2-metodo dei rating interni, foundation FIRBA 3-metodo dei rating interni avanzato AIRBA Sia per FIRBA che per AIRBA, gli input richiesti sono: FIRBA prende solamente 2,3,4, mentre AIRBA prende tutti e 4 Inoltre il patrimonio di vigilanza cambia composizione: esso diventa la somma algebrica di elementi positivi e negativi, ammessi al computo con o senza limitazioni in funzione della propria qualità patrimoniale. Gli elementi positivi devono poter essere utilizzati senza restrizioni per la copertura delle perdite nel momento in cui si verificano. Suddivisione delle componenti positive: Basilea 2 introduce inoltre una copertura non solo del rischio di credito, ma anche di quello di mercato e operativo, questa modalità è tuttora valida e si chiama risk based capital ratio: - Controllo prudenziale: in caso di inadeguatezza dei sistemi gestionali delle banche, le autorità di vigilanza nazionali posson aumentare i requisiti minimi - Disciplina di mercato: maggior trasparenza verso il mercato finanziario tramite obblighi di disclosure su condizioni di rischio e patrimonializzazione Basilea 3, introduce 3 grandi novità: 1- Rafforzamento del patrimonio di vigilanza, creazione di nuovi requisiti più stringenti sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista qualitativo (le categorie di asset che contano come patrimonio di vigilanza aumentano). 2- Viene introdotta anche la vigilanza macroprudenziale che tiene conto del rischio sistemico 3- Tiene conto anche del rischio di liquidità: indici di gestione e monitoraggio della liquidità 1-il rafforzamento patrimoniale è sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Per quanto riguarda l’aspetto quantitativo, all’apparenza non cambia nulla da Basilea 2; tuttavia cambiano due cose importanti dal punto di vista qualitativo: - Cambia la metodologia di calcolo dei rischi (RWA) - Cambia la metodologia di calcolo del patrimonio di vigilanza: quali asset posso contare come patrimonio di vigilanza Il patrimonio di vigilanza complessivo è formato da due strati: Tier 1 e Tier 2 + le deduzioni. Sembra essere diminuito di uno strato da Basilea 2, tuttavia il Tier 1 è formato da due componenti: CET 1 e Tier 1 aggiuntivo. Il Tier 1 si chiama going concern capital perché il Tier 1 è quella parte di patrimonio di vigilanza che è in grado di assorbire le perdite e garantire la continuità d’impresa della banca. Il Tier 2 invece si chiama gone concern poiché è quella parte di patrimonio di vigilanza che deve essere in grado di assorbire le perdite in caso di crisi bancaria. Il total capital deve essere insieme l’8% dell’RWA. Il 75% del patrimonio di vigilanza deve essere composto da T1, inoltre il common equity T1 deve essere almeno pari al 4,5% delle RWA, quindi il T1 deve essere composto per almeno ¾ da common equity T1. Deduzioni di tutto il valore di: perdite d’esercizio, avviamento, immobilizzazioni immateriali, attività fiscali differite, investimenti in azioni proprie, guadagni derivanti dalle operazioni di cartolarizzazione, perdite e profitti derivanti dall’applicazione del principio del fair value. Il controvalore di tutte queste componenti deve essere tolto dal patrimonio di vigilanza. Avere tutti questi componenti di segno negativo è un grosso costo per la banca, dunque essa tenderà a comportarsi nel modo giusto con l’avviamento e in tutti gli altri componenti. Tutti gli strumenti che entrano nel patrimonio di vigilanza sono soggetti o potenzialmente assoggettabili a bail in. Altra novità di Basilea 3 è che si applicano delle regole più granulari se si applica il metodo standard, mentre calcolare FIIRB e AIIRB non è più così semplice: - Il metodo foundation ha due parametri fissi: LGD (loss given default) EAD (exposure at default), dunque non ci sono grandi cambiamenti da Basilea 2. - Il metodo advance non può essere in nessun caso applicato ai crediti corporate, alle esposizioni verso banche e a tutti i portafogli azionari. C’è dunque un grosso disincentivo ad applicare un metodo che lasciava grande libertà alle banche. Il metodo standard va adesso sempre calcolato perché va utilizzato come metro di comparazione, i requisiti di capitale calcolati con modelli interni non devono essere a regime inferiori al 72,5% (si chiama output floor, sarà 72,5% al 2027, adesso è un poco di meno) di quelli risultanti dal metodo standard (questo ce lo dice Basilea 3,5). C’è quindi un grosso disincentivo perché il metodo standard è gratis, mentre per l’applicazione dei metodi interni è molto costosa e lo “sconto” è poco. Come già detto, Basilea 3 non guarda solamente all’esposizione al rischio di credito, ma anche al rischio operativo e di mercato. Calcolo del rischio operativo Kro (presente anche nella formula di RWA di Basilea 2): Rischio di mercato: il capitale accantonato coincide con il VAR calcolato con un intervallo di confidenza pari al 99%. Altra novità è per la prima volta l’imposizine di un massimo di leva: leverage ratio, vincola l’espansione delle attvità complessive alla disponibilità patrimoniale. 2-elementi macroprudenziale: non si guarda solamente al rischio intrinseco della banca, ma anche al rischio sistemico. Come si integra questa ottica macroprudenziale? Attraverso degli accantonamenti anticiclici (forward looking), il problema del business bancario è che quest’ultimo è prociclico: quando va bene si concede credito, quando va male c’è bisogno della banca centrale; ci vogliono degli accantonamenti anticiclici per interrompere questa tendenza, questi sono: