Scarica Approfondimento Sociologico e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Sociologia solo su Docsity! qu ad er ni d i s oc io lo gi a vo l. LV III , 2 01 4, 6 5 la società contemporanea / Populismo, antipolitica e sfide alla democrazia Rinaldo Vignati, Presentazione Gianfranco Baldini, Populismo e democrazia rappresentativa in Europa Marco Tarchi, Dieci anni dopo. L’Italia populista e il caso Beppe Grillo Antonio Floridia e Rinaldo Vignati, Deliberativa, diretta o partecipativa? Le sfide del Movimento 5 stelle alla democrazia rappresentativa Maurizio Cerruto e Chiara Facello, Il cambiamento dei partiti tradizionali al tempo dell’antipolitica teoria e ricerca Simone Sarti, Marco Terraneo e Mara Tognetti Bordogna, Copayment e spesa in farmaci delle famiglie italiane: il complesso legame tra disuguaglianze sociali, politiche regionali e crisi economicaa Stefano Becucci, Etnografia del pronto moda. I laboratori cinesi nel distretto di Prato note e testimonianze Enzo Rutigliano, Scipio Sighele: senatores boni viri, senatus mala bestia Paolo Ceri, Il piacere della scoperta in tempi di pessimismo, ovvero su Teoria e struttura sociale di Robert K. Merton abstracts € 33 Iva inclusa po ste It ali an e s.p .a. sp ed izi on e in ab bo na m en to p os ta le - D .L. 3 53 /2 00 3 (c on v. in L. 27 /0 2/ 20 04 n . 4 6) a rt. 1 c om m a 1, D CB to rin o n. 2, se tte m br e, an no 2 01 4 taxE PERçuE taSSa RISCoSSa toRIno CMP ISBN 978-88-7885-343-0 9 7 8 8 8 7 8 8 5 3 4 3 0 Po pu lis m o, a nt ip ol iti ca e s fid e al la d em oc ra zi a Populismo, antipolitica e sfide alla democrazia Baldini, Populismo e democrazia rappresentativa in Europa Tarchi, L’Italia populista e il caso Beppe Grillo Floridia e Vignati, Le sfide del Movimento 5 stelle alla democrazia rappresentativa Cerruto e Facello, Il cambiamento dei partiti tradizionali Quaderni di sociologia Vol. LVIII, 2014, 65 quaderni di sociologia Nuova Serie Volume LVIII, n. 65 (2/2014) la società contemporanea / Populismo, antipolitica e sfide alla de- mocrazia 3 Rinaldo Vignati, Presentazione 11 Gianfranco Baldini, Populismo e democrazia rappresentativa in Europa 31 Marco Tarchi, Dieci anni dopo. L’Italia populista e il caso Beppe Grillo 51 Antonio Floridia e Rinaldo Vignati, Deliberativa, diretta o partecipativa? Le sfide del Movimento 5 stelle alla democrazia rappresentativa 75 Maurizio Cerruto e Chiara Facello, Il cambiamento dei partiti tradizionali al tempo dell’antipolitica teoria e ricerca 97 Simone Sarti, Marco Terraneo e Mara Tognetti Bordogna, Copayment e spesa in farmaci delle famiglie italiane: il complesso legame tra disuguaglianze sociali, politiche regionali e crisi economica 121 Stefano Becucci, Etnografia del pronto moda. I laboratori cinesi nel distretto di Prato note e testimonianze 145 Enzo Rutigliano, Scipio Sighele: senatores boni viri, senatus mala bestia 153 Paolo Ceri, Il piacere della scoperta in tempi di pessimismo, ovve- ro su Teoria e struttura sociale di Robert K. Merton 161 abstracts qds65.indb 1 06/08/14 12.21 sottraendo spazi di mercato agli imprenditori pratesi e, di conseguenza, posti di lavoro alla popolazione locale?4 O non si tratta, piuttosto, di un distretto “parallelo” che è andato ad affiancarsi alla storica produzione del tessile?5 Per dare risposta a questo secondo interrogativo, l’analisi è stata indirizzata in un primo tempo sulle odierne relazioni fra tessuto economico locale e imprenditori cinesi del pronto moda. In seguito, è stato ripercorso, attraverso le interviste ai testimoni privilegiati e l’ausilio di fonti statistiche, il declino della produzione tessile e la contestuale cre- scita dell’imprenditora cinese. Il declino dell’una e lo sviluppo dell’altra hanno suscitato nell’opinione pubblica locale insofferenza, se non vera e propria intolleranza, verso questi immigrati. Intolleranza che, come vedremo, viene alimentata da alcuni “equivoci”, oltre che da stringenti problemi reali che chiedono (o meglio chiederebbero) soluzione. La ricerca sul campo, iniziata nel gennaio 2012, è stata condotta con i tipici strumenti etnografici, come l’osservazione partecipante e le intervi- ste aperte a testimoni privilegiati. È stato svolto un periodo di osservazio- ne sul campo presso le imprese cinesi del Macrolotto 1 (area industriale periferica a sud-est della città), con 32 sopralluoghi svolti dal gennaio 2012 a settembre 2013 nei quali sono stati visitati, a più riprese, circa 40 laboratori. Le interviste hanno coinvolto 21 testimoni privilegiati: appartenenti a istituzioni cittadine, sindacati, associazioni imprenditoriali e imprenditori locali, rappresentanti delle forze dell’ordine, oltre a uno studioso di cul- tura cinese, una mediatrice culturale italiana e un imprenditore cinese6. Le domande rivolte agli intervistati hanno avuto lo scopo, innanzitutto, di mettere a fuoco la fase che sta attraversando il distretto locale del tessile, l’organizzazione produttiva del pronto moda e le eventuali forme di inter- relazione esistenti fra quest’ultimo e il contesto economico più ampio. In secondo luogo, le domande hanno rilevato come gli intervistati (in questo 4 Chi scrive ha avuto modo di constatate valutazioni di questo tenore nel corso di un convegno organizzato a Prato nel novembre 2011 che aveva come tema l’immigrazione illegale. In più, in qualità di osservatore di alcuni consigli comunali e dibattiti pubblici svoltisi nel corso del 2010 e 2011 in città, è stato possibile rilevare come la presenza degli imprenditori cinesi venga rappresentata come una potenziale minaccia, affermando in modo esplicito o implicito che lo sviluppo dell’imprenditoria cinese si sia tradotto in uno svantaggio per gli operatori economici locali. 5 Vale precisare che la locuzione “distretto parallelo” è qui intesa in senso descrittivo, come una modalità produttiva che riproduce peculiari aspetti del più ampio distretto pra- tese, al contrario di alcuni commentatori locali che con tale espressione tendono piuttosto a considerare il pronto moda degli imprenditori cinesi alla stregua di un “corpo estraneo” apparentemente avulso dal contesto pratese, in analogia al modo in cui vengono visti i medesimi immigrati cinesi presenti in città (Pieraccini, 2008 e 2010). 6 Alla fine dell’articolo viene riportato l’elenco delle persone intervistate fra gennaio 2012 e settembre 2013 (a eccezione di un’intervista realizzata nell’aprile 2014) . 123 qds65.indb 123 06/08/14 12.21 124 caso gli italiani) valutano la presenza in città dell’immigrazione cinese, in particolare quella imprenditoriale. 2. Il pronto moda a Prato Pianificato a metà degli anni Settanta del Novecento, il Macrolotto 1 viene ultimato circa venti anni dopo arrivando a comprendere un’area di 150 ettari. Confinante con il ben più esteso Macrolotto 2, l’uno e l’al- tro hanno in gran parte una tipologia costruttiva che prevede capannoni sprovvisti di abitazione soprastante. Il Macrolotto 1 è un’area disegnata geometricamente come un incrocio ortogonale di strade, nelle quali non è facile orientarsi poiché la denominazione delle vie e dei numeri civici sono spesso assenti o di difficile individuazione. Occupato all’epoca da imprenditori italiani, è oggi in gran parte luogo di insediamento di labo- ratori cinesi inseriti nella produzione del pronto moda. Secondo un elen- co telefonico cinese-italiano del 2012, che raccoglie su scala nazionale le inserzioni pubblicitarie delle imprese cinesi, si contano in provincia di Prato 823 attività, di cui 580 riconducibili al settore del tessile-abbiglia- mento, con al proprio interno 1 tintoria, 2 stamperie, 3 attività di de- sign, 12 attività di import/export di vestiti e 3 di importazione di tessuti7. Scorrendo le pagine 157-197 dell’elenco dedicate a Prato, la gran parte di queste imprese sono presenti nel Macrolotto 1, ben 494 su 580, pari all’85% del totale. La ricerca all’interno del Macrolotto 1 è stata possibile grazie alla di- sponibilità di una “guida” italiana che ha tra i suoi clienti circa 100 labo- ratori. Essa mi ha facilitato l’ingresso in questi luoghi di lavoro presentan- domi, su suggerimento della mia stessa guida (da qui in avanti denomi- nata G.), come un suo amico e/o collega di lavoro. G. lavora stabilmente da alcuni anni per conto di un titolare pakistano residente in Germania che, con regolarità settimanale, giunge a Prato presso il Macrolotto 1. Qui seleziona il campionario e successivamente lo mette al vaglio dei potenziali consumatori tedeschi in circa venti negozi a lui collegati. Se il campionario riscuote gradimento, partono gli ordini dei capi di vestiario. La merce viene spedita con cadenza settimanale con furgoni di medie dimensioni (o, in altri casi, una volta al mese con grandi camion) in alcune città tedesche, per lo più Stoccarda e Düsseldorf, dove il compratore pa- kistano ha due suoi negozi. Inoltre, egli funge da intermediario per alcuni marchi tedeschi (grosso modo paragonabili, per dare un termine di con- fronto commerciale, all’Oviesse in Italia) dai quali riceve una provvigione 7 Il dato di per sé è approssimativo in quanto sono stati conteggiati i soli annunci dai quali era possibile ricavare il tipo di attività imprenditoriale, collegata in modo diretto o indiretto al settore dell’abbigliamento. qds65.indb 124 06/08/14 12.21 125 per ogni acquisto fatto a Prato. Il compito di G. è tenere i rapporti fra laboratori cinesi e il suo datore di lavoro, facendo in modo che gli ordini vengano evasi. G. rifornisce i laboratori cinesi di etichette (prodotte da un imprendi- tore italiano di Empoli) che vengono apposte sui capi di abbigliamento, supervisiona questi ultimi scartando quelli imperfetti e sovrintende ai contatti fra laboratori cinesi e spedizionieri. Per la spedizione delle merci talvolta si appoggia a una grossa impresa gestita da imprenditori italiani che opera da anni all’interno dell’area industriale; il più delle volte è un autista pakistano che regolarmente fa la spola fra Prato e la Germania. Anche se G. non segue la parte finanziaria e contabile, mansioni che il suo datore di lavoro controlla personalmente, in base alle informazioni fornitemi gli ordini mensili che lei tratta vanno dai 10.000 ai 20.000 capi di vestiario, con punte nel periodo estivo che possono arrivare fino a 60- 80.000 capi. Per quanto non sia in grado di fornire elementi certi, G. rife- risce che solo una parte di questa merce, circa il 40%, viene regolarmente fatturata. Per lo più i pagamenti tra il compratore pakistano e i titolari dei laboratori avvengono in contanti. Le prime volte che mi recavo assieme a G. nei laboratori si poteva notare una certa diffidenza da parte del titolare o dei lavoranti nel con- sentire l’accesso a una persona sconosciuta. La stessa diffidenza che G. riferisce (“certe volte bussavo più volte al portone, non conoscendomi non mi facevano entrare”) quando lei ha iniziato il suo lavoro sostituen- do il precedente referente del compratore pakistano, connazionale di quest’ultimo. Superata questa prima fase – confermata da G.: “corre voce nel Macrolotto 1 che ho un collega di lavoro, ora anche tu sei conosciu- to” – è stato possibile muoversi in modo relativamente libero all’interno dei laboratori visitati assieme. Innanzitutto, come si presentano questi luoghi di lavoro? Si tratta nel complesso di due tipi di laboratori. Il primo è costituita da una superficie compresa fra i 500 e i 700 metri quadrati, risultante spesso dalla suddivi- sione in diverse imprese di capannoni ben più grandi. Appena entrati, si nota che la gran parte dello spazio disponibile è adibito a luogo di espo- sizione e vendita dei capi d’abbigliamento, su un lato vi è una scala che consente l’accesso a un piano rialzato, utilizzato come rimessaggio o, co- me mi riferisce G. che li frequenta più volte al giorno, come luogo di abi- tazione (“la mattina trovo biancheria e vestiti stesi ad asciugare”). Accade di vedere gruppi di lavoranti intenti ad attaccare etichette e porre i capi di abbigliamento in grosse scatole per essere spedite. La mia guida, che non parla cinese, interloquisce con il referente del laboratorio in grado di co- municare in italiano. In alcuni casi, come abbiamo notato, vi sono ragazzi e ragazze nati e cresciuti a Prato che si trovano lì con lo specifico compito di parlare in italiano in modo da stabilire con G. i giorni e gli orari di spedizione delle merci e nel contempo risolvere gli eventuali problemi di tipo organizzativo che possono presentarsi sul momento. La parte finale qds65.indb 125 06/08/14 12.21 128 60%, a confronto dei costi sostenuti da un imprenditore italiano inserito nel medesimo settore produttivo14. Al valore minimo della materia prima di 1,80 euro, si può stimare, secondo quanto ci è stato riferito, un costo della forza lavoro oscillante fra 0,50 e 0,70 centesimi per capo. In effetti, a esclusione del disegno dei modelli e del taglio del tessuto, operazione che richiede una certa capacità ed esperienza, la realizzazione del capo non prevede specifiche expertise professionali (le cuciture sugli abiti sono a maglie larghe e poco rifinite). In più, i dipendenti possono ricevere una retribuzione a cottimo in base al numero di pezzi prodotti anziché un regolare stipendio15. In linea di massima all’imprenditore cinese rimane un utile molto ri- dotto per un capo venduto all’ingrosso a 3 euro, mentre per uno a 5 euro il margine è maggiore, anche se nel complesso si tratta di cifre partico- larmente esigue in rapporto ai costi di produzione e gestione dell’intera attività imprenditoriale. Secondo i nostri interlocutori, il margine netto per ogni capo è inferiore all’euro, talvolta anche solo di poche decine di centesimi16. Nondimeno, poter produrre e vendere, nei casi più favo- revoli, alcune decine di migliaia di pezzi al giorno garantisce comunque rilevanti entrate economiche. La drastica riduzione dei costi, grazie alla disponibilità di connazionali sottopagati, e la produzione “seriale” di un consistente volume di merci costituiscono le condizioni di base che per- mettono agli imprenditori cinesi di praticare prezzi di vendita particolar- mente appetibili per un’ampia gamma di acquirenti. Più volte ci siamo trovati assieme a gruppi di compratori di altri paesi dell’Est Europa e del Nord Italia che, come il compratore pakistano del quale siamo venuti a conoscenza in via indiretta, si recano con regolarità al Macrolotto 1 per acquistare all’ingrosso capi di abbigliamento. D’al- tronde, è quanto ci conferma un venditore italiano di vestiti di Campi Bisenzio che da oltre trent’anni ha un banco nei più importanti mercati di Firenze, come quelli delle Cascine e di piazza delle Cure. Anche lui da anni si rifornisce presso i laboratori del Macrolotto 1, come del resto – a 14 Intervista a un ufficiale della Guardia di Finanza (Prato, maggio 2012). 15 Ciò può valere anche quando i lavoratori cinesi abbiano un contratto di lavoro re- golare. In tali casi, i costi di gestione della busta paga, dal commercialista alla previdenza sociale, sono a carico del dipendente (intervista a una sindacalista e a un imprenditore italiano del tessile, Prato, settembre 2013). L’imprenditore cinese intervistato ci riferisce che assumere connazionali consente di ridurre in modo sostanziale i costi di produzione. Avendo assunto nella sua impresa di abbigliamento sia italiani che cinesi, egli ricorda che i suoi connazionali hanno dato poco credito alla sua iniziativa perché “con gli italiani, sai, devi essere regolare in tutto, ci sono i sindacati, le ferie… quando prendi un operaio ci- nese questi problemi non ci sono, così [la forza lavoro] costa meno, molto meno” (Prato, giugno 2013). 16 G., il suo collega di lavoro presente nel settore del tessuto e abbigliamento da circa 40 anni, un rappresentante della Confederazione Nazionale Artigiani e due imprenditori italiani del tessile di Prato. qds65.indb 128 06/08/14 12.21 129 quanto afferma – “tutti quelli come me che fanno mercati”. Ogni anno egli acquista da 5 laboratori cinesi circa 10.000 capi, a un prezzo variabile fra 5 e 20 euro (quest’ultimo per un capospalla, e cioè un cappotto misto poliestere e lana rigenerata). La sua argomentazieone – che dal punto di vista economico come si suol dire ‘non fa una piega’ – è questa: “non posso vendere un cappotto a 150-200 euro, i consumatori dei mercati fiorentini che vivono con uno stipendio mensile di .200 euro non me lo comprerebbero mai, a maggior ragione in questo periodo di crisi econo- mica nel quale si sta attenti ai 5 euro; per poterlo vendere a 50-60 euro, devo comprarlo a 20, grosso modo a un prezzo che corrisponde alla metà di quanto io lo vendo ai miei clienti”. E ancora, “i jeans che noi vendiamo a 30-40 euro al mercato – nei negozi il prezzo è di 80 euro – sono tutti di importazione. Io li prendo a Roma da un rivenditore cinese dell’Esquilino [la zona intorno alla stazione centrale che ha al suo centro piazza Vitto- rio] che li importa dalla Cina. Il solo lavaggio dei jeans costa 10 euro. Se venissero prodotti in Italia, dovrebbero essere venduti al consumatore a 150-200 euro”17. La grande richiesta di prodotti a basso costo del Macrolotto 1 si può constatare in modo particolare il martedì e il venerdì, giorni di spedizione delle merci. Dalle sette di sera fino a mezzanotte abbiamo potuto osserva- re l’andirivieni continuo di furgoni di medie e piccole dimensioni che en- trano ed escono dai laboratori della zona. Una movimentazione frenetica di persone e mezzi che contrasta in modo evidente con la totale assenza di attività quando ci spostiamo nell’adiacente area industriale del Macrolot- to 2 occupata dalle imprese italiane. Qui, tutto tace; vediamo solo capan- noni chiusi con le luci esterne di sicurezza che illuminano debolmente la zona antistante l’entrata. Una situazione che, del resto, corrisponde alle zone industriali dove le attività produttive vengono svolte durante le ore diurne. Al contrario, di là, nonostante il Macrolotto 1 sia privo di un’a- deguata illuminazione pubblica, le insegne luminose, le porte d’ingresso dei capannoni dai quali filtra la luce verso l’esterno e i fasci luminosi dei mezzi in movimento rischiarano l’intera area. Altri indicatori testimoniano l’effervescenza produttiva del Macro- lotto 1. Al proprio interno vi sono due bar, otto ristoranti cinesi, aperti dalla tarda mattina fino a notte inoltrata, vari gazebo improvvisati nei quali vengono cucinati piatti veloci, un venditore di porchetta e lampre- dotto – tipici cibi toscani – anch’esso cinese, che a suo tempo ha rilevato l’attività da un esercente italiano. Anche di giorno quest’area si presen- ta come un microcosmo socio-economico particolarmente dinamico: la presenza di un venditore di frutta e ortaggi di origini napoletane che con camion dotato di altoparlante declama col suo cinese approssimativo la merce in vendita per gli operai dei laboratori; vari servizi gestiti da intra- 17 Intervista svolta a Campi Bisenzio, provincia di Firenze, febbraio 2012. qds65.indb 129 06/08/14 12.21 130 prendenti connazionali cinesi che si occupano di rifornire i dipendenti di cibo pronta consegna. Infine, ulteriore indicatore che dà conto dell’im- portanza economica assunta da quest’area riguarda il costo di affitto dei capannoni. Benché al riguardo non sia stato possibile acquisire informazioni cer- te, secondo la mia guida un capannone di circa 1000 metri quadrati ha un affitto mensile che può arrivare fino a 8000 euro. Si tratta comunque degli affitti più alti, corrispondenti ad alcune precise aree interne, quelle che G. in modo pittoresco denomina “il Bazar”, nelle quali si può effetti- vamente notare durante la notte il maggiore via vai di veicoli. Comunque uno spazio di produzione e vendita all’interno del Macrolotto 1 è parti- colarmente ambito dagli imprenditori cinesi, tanto che esistono figure fra i connazionali che con regolarità perlustrano l’area allo scopo di rilevare la dismissione di attività e successivamente riferire queste informazioni ai connazionali interessati a subentrare negli spazi appena lasciati liberi. Un nostro interlocutore, responsabile dei rapporti fra proprietari degli immobili e affittuari dell’area industriale, motiva l’ampia richiesta di spazi all’interno del Macrolotto 1 da parte degli imprenditori cinesi richiaman- dosi al loro fatalismo: “da quando uno di loro ha aperto un’impresa nel Macrolotto 2 che poco tempo dopo è stato costretto a chiudere, i cinesi cercano esclusivamente di aprire nuove imprese all’interno del Macro- lotto 1”18. Del resto gli imprenditori cinesi sembrano essere orientati a seguire una “metodologia” imprenditoriale del tipo “copy and pest”: nel momento in cui vedono che un proprio connazionale ha successo econo- mico, ne seguono le orme, costituendo una propria impresa nel mede- simo settore produttivo19. Di certo, la scelta del Macrolotto 1 è legata al fatto che questa zona rappresenta il centro di distribuzione commerciale all’ingrosso del pronto moda per futuri potenziali acquirenti. La proprietà industriale del Macrolotto 1 per la quasi totalità in mano a imprenditori o ex-imprenditori pratesi: fra i 230 proprietari vi sono solo 3 soci di origine cinese. Secondo il censimento interno del 2011, risultano circa 400 imprese, 150 con titolare italiano e 250 con titolare cinese. L’im- pressione ricavata percorrendo l’area industriale (in linea peraltro con i dati tratti dall’elenco cinese-italiano riferiti in precedenza e con quanto afferma G. che la frequenta quotidianamente) è che le imprese cinesi siano molte di più. Una valutazione in parte collegata all’impatto visivo derivante dal fatto che queste aziende caratterizzano in maniera prepon- derante lo spazio dell’intera zona. Sul costo degli affitti, il nostro interlocutore non ha fornito cifre pre- cise, pur ammettendo che, con l’arrivo degli imprenditori cinesi, i pro- prietari degli immobili “hanno fatto molti, molti soldi. Uno dei soci, che 18 Intervista svolta presso il Macrolotto 1, febbraio 2012. 19 Colloquio con uno studioso di cultura cinese (Milano, luglio 2012). qds65.indb 130 06/08/14 12.21 133 ze specialistiche per gestire questi impianti e per questo motivo assumono tecnici italiani25. Pur coinvolte in modo diretto e indiretto, le tintorie ita- liane non traggono – secondo il nostro interlocutore – benefici economici tali da risollevarle dalla crisi nella quale si trovano. Per le stamperie il discorso si pone in maniera diversa, nel senso che vi sarebbero maggiori e più significative relazioni d’affari con i confezionisti cinesi del pronto moda. Come riferisce il medesimo: “Ho 3 colleghi stampatori che lavo- rano con imprenditori cinesi, per loro questi ordini hanno costituito una vera e propria boccata d’ossigeno. Gli imprenditori cinesi fanno stampare il tessuto con fondo bianco e poi, come quest’ultima stagione nel corso della quale è andato molto il tipo ‘mimetico’, sovrappongono sul capo d’abbigliamento il colore desiderato”26. A proposito, infine, del disegno dei modelli, le persone con le quali abbiamo parlato ci hanno riferito che i disegnatori sono sia italiani che cinesi. Inoltre, sia una sindacalista che la nostra guida fanno presente che il sistema più veloce per acquisire i modelli consiste nel comprare i capi di abbigliamento presso i negozi cittadini che vendono marchi affermati su scala internazionale, smontarli e riprodurli con il modellista di riferimen- to27. Va però detto che, come afferma l’imprenditore cinese contattato, sempre più, “oggi ci sono aziende cinesi che assumono italiani, perché la contabilità è seguita da italiani, stessa cosa vale per il settore commerciale e l’elaborazione dei modelli, così come ci sono imprenditori cinesi che acquistano la stoffa dai produttori locali”28 (aspetto, quest’ultimo, emerso nel corso delle interviste a imprese italiane di tintoria). 4. Le preoccupazioni della società locale: “equivoci” e problemi reali Grazie agli imprenditori cinesi che soddisfano una consistente doman- da di beni a basso costo il Macrolotto 1 non ha subito – diversamente da altre aree del territorio italiano – alcun processo di deindustrializzazione. Forse proprio il consistente sviluppo delle loro imprese ha provocato un certo risentimento nell’opinione pubblica. Una mediatrice culturale italiana che parla correntemente cinese e lavora come interprete presso il tribunale riferisce: “A Prato non c’è comunicazione fra immigrati cinesi e popolazione locale. Al contrario c’è ostilità e incomunicabilità reciproca. Qui i cinesi sono percepiti come degli usurpatori, perché il loro ingresso 25 Intervista a una sindacalista (Prato, settembre 2013). 26 Intervista svolta a Prato, settembre 2013. 27 La sindacalista intervistata ci riferisce le affermazioni di un imprenditore cinese suo conoscente, il quale retoricamente si chiede: “Perché dovrei elaborare nuovi modelli quando è più semplice e più veloce copiarli?” (Prato, settembre 2013). 28 Intervista effettuata a Prato, giugno 2013. qds65.indb 133 06/08/14 12.21 134 nelle attività produttive viene associato alla chiusura delle imprese del tes- sile. Del resto, io stessa ho l’esperienza di mio padre che aveva un piccolo laboratorio con tre telai e che lavorava per conto terzi su commissione di imprese pratesi più grandi. Ha chiuso perché andava in pensione, ma avrebbe chiuso comunque perché ormai non c’era più lavoro”29. L’insofferenza nei confronti degli imprenditori cinesi si basa almeno in parte su un “equivoco”, secondo il quale vi sarebbe un legame cau- sale fra la chiusura delle imprese del settore tessile/abbigliamento e la contestuale crescita di quelle cinesi. Certo, a prima vista le statistiche di questo comparto produttivo potrebbero avvalorare quanto riferito dalla mediatrice culturale: nel 2002 le imprese “non cinesi”30 del tessile/ abbigliamento nella provincia di Prato erano 5201, mentre nel 2012 sono 2738, con una diminuzione del 53%. Nello stesso arco temporale le imprese con titolare cinese denotano un trend opposto, caratterizzato da una dinamica espansiva di tutto rilievo: nel 2002 erano 1263, mentre nel 2012 sono 3464, con un incremento del 274% (Camera di Commer- cio di Prato, 2003, 2013). I dati possono essere fuorvianti se vengono presi sic et simpliciter co- me un indicatore omogeneo dello stato nel quale si trova il comparto del “tessile/abbigliamento”. Per cogliere con più precisione i mutamenti avvenuti in quest’ultimo decennio, occorre in primo luogo distinguere fra imprese tessili e di abbigliamento. Scorporando i dati, nel 2002 le im- prese tessili erano 4554 mentre nel 2012 sono 2274. Al proprio interno, quelle cinesi passano da 43 (l’1%) nel 2002 a 264 (il 12%) nel 2012. Sul 29 Intervista svolta a Prato, luglio 2012. La medesima percezione emerge da un recente studio svolto in città, secondo il quale gli imprenditori cinesi sono visti come coloro che avrebbero “rubato” il lavoro alla popolazione locale (Chen, 2011). In termini di potenzia- le minaccia, ma in questo caso sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico, riportiamo il contenuto del colloquio avuto con un magistrato che per anni ha svolto la sua attività a Prato e che ora si trova presso il tribunale di Firenze: “un anno e mezzo prima dello svolgimento delle elezioni locali che nel 2009 hanno consegnato il governo della città alla coalizione di Centro-destra ho capito come sarebbero andate le cose. Invitato a parlare in un dibattito pubblico assieme al Prefetto e al Questore in un quartiere di Prato tradizio- nalmente ‘rosso’, quando ho fatto presente che non si poteva utilizzare la sola via giudi- ziaria per contrastare la presenza cinese, ho immediatamente percepito nella platea molta contrarietà. Poco dopo è intervenuto un giovane dicendo che quando andava a prendere il treno presso la stazione di Porta Serraglio [adiacente alla zona d’insediamento cinese] temeva per la propria incolumità. Allora ho replicato affermando che la percezione d’insi- curezza non ha molto a che fare con la criminalità cinese, ma a quel punto il pubblico si è stupito che proprio io dicessi queste cose. Era un po’ come se mi dicessero: ma tu queste cose non le sai, noi ci sentiamo in pericolo… Poi, quando ho parlato di quello che face- vamo come Procura della Repubblica per contrastare la criminalità il clima è cambiato” (Firenze, luglio 2012). 30 Abbiamo fatto ricorso alla locuzione “non cinesi” perché i dati disponibili con- sentono di conoscere il numero totale delle imprese senza distinguere, a eccezione degli imprenditori cinesi, i titolari per paese di origine. qds65.indb 134 06/08/14 12.21 135 versante delle “confezioni di vestiario”31 nel 2002 le imprese erano 1910 mentre nel 2012 sono 3928; quelle cinesi aumentano da 1210 (il 63% nel 2002) a 3200 (l’81% nel 2012). Le imprese cinesi aumentano sia nel tessile che nell’abbigliamento, ma è in quest’ultimo che avviene uno stra- ordinario incremento. Ciò detto, la vera e propria “competizione” con le imprese locali non ha luogo, come a prima vista potrebbe sembrare, nell’abbigliamento ma nel settore del tessile: un ambito produttivo che, diversamente dalle con- fezioni, presenta comunque consistenti barriere d’ingresso in termini di capitali e qualificazione specialistica del personale. Semmai la concor- renza nel settore delle confezioni è avvenuta in passato, quando verso la fine degli anni Novanta le imprese cinesi lavoravano per conto terzi nella produzione di maglieria, in competizione con le imprese locali di subfor- nitura. Sennonché, nel corso dell’ultimo decennio gli imprenditori cinesi hanno dato avvio a una produzione del pronto moda che, per tipo di materiali utilizzati (la fibra artificiale al posto della lana cardata) e tempi di consegna, era sostanzialmente assente nel contesto produttivo locale (Dei Ottati, 2013). Nella storia del distretto pratese il settore delle confezioni non ha mai costituito il fulcro della produzione locale. La produzione del distretto era (ed è) incentrata sulla lavorazione del tessuto e solo in via secondaria sull’abbigliamento. In passato, quest’ultimo era prevalentemente costi- tuito dalla lavorazione della lana secondo due tipi di abbigliamento: il cosiddetto “programmato” e il pronto moda32. Un tipo di produzione che inizia ad andare in crisi in modo irreversibile nei primi anni Ottan- ta – ben prima dell’arrivo degli imprenditori cinesi33 – a causa delle nuove tendenze di mercato che prediligono abiti fatti di stoffa diversa dalla lana cardata, tradizionale lavorazione del distretto (Dei Ottati, 2004; Ferrucci, 1996; Bracci, 2008; Fabbri, 2011). Infatti, la lana come componente di base della produzione locale passa dal 95% del dopoguerra al 75% degli 31 Nelle classificazioni Ateco della Camera di Commercio, tale voce comprende anche “la preparazione e la tintura di pellicce”. 32 A titolo esemplificativo, nel 1976, periodo di massima espansione del distretto, le imprese artigiane del comune di Prato inserite nella produzione tessile erano 4914 mentre quelle di maglieria e confezioni 730. E ancora, nel 1991 in provincia di Prato gli addetti nell’industria tessile erano 34.956, mentre quelli impiegati nella produzione di abbiglia- mento 2739 (Cerreta, 1999). Alla fine degli anni Novanta (1997), le imprese “contro pro- prio” del comune inserite nella produzione di abbigliamento erano 803, il cui fatturato era pari a 567 miliardi di lire, il 51% proveniente dal “programmato”, il 40% dal “pronto moda” e il 9% da “produzioni realizzate a ridosso o durante la stagione” (Colombi, 2002, 23). Nello stesso anno, le imprese di subfornitura di abbigliamento erano 619 e avevano un fatturato di 67 miliardi di lire. 33 L’immigrazione cinese a Prato avviene nei primi anni Novanta dello scorso secolo, anche se ancora si tratta di una presenza esigua, testimoniata dal ridotto numero delle imprese cinesi presenti in città, nel 1993 pari a 212 (Ceccagno, 2003). qds65.indb 135 06/08/14 12.21 138 cerca, per quanto possibile, di porre rimedio, effettuando controlli siste- matici nei confronti delle imprese cinesi38. A oggi, con una media di 340 controlli annuali (dal 2010 al 2012), la loro ridotta efficacia si scontra col fatto di dover sottoporre a ispezione un numero potenzialmente molto ampio di imprese, operazione che richiederebbe anni. Forse, tuttavia, il principale presupposto per indurre gli imprenditori cinesi al rispetto delle leggi poggia sull’attivazione di efficaci canali di comunicazione fra le istituzioni e referenti interni alla comunità cinese. In assenza di ciò, po- litiche meramente repressive finiscono facilmente per essere interpretate, da parte degli imprenditori cinesi che le subiscono, come scelte selettive e discriminatorie a loro danno esclusivo39. D’altronde fin dalla nascita dei distretti le piccole e medie imprese italiane non sono state esenti da irregolarità di vario tipo, come il mancato rispetto di adeguate condizioni di lavoro e la presenza di ampie sacche di economia sommersa40. Fenomeno quest’ultimo ancor oggi ampiamente diffuso, secondo alcune recenti stime nell’ordine di circa 200 miliardi di euro all’anno (Charini, Marzano e Schneider, 2009). Sebbene un assesso- re del comune abbia riconosciuto che anche le imprese locali praticavano l’evasione fiscale e l’evasione contributiva, ha posto l’accento sul fatto che “la ricchezza prodotta qui se ne va altrove”41. Pur ricordando che ancor oggi il trasferimento all’estero dei capitali è pratica diffusa in certi strati della popolazione italiana, il flusso di denaro dei cittadini cinesi verso la madrepatria è di notevoli dimensioni, come ha appurato la Direzione distrettuale antimafia di Firenze in un procedimento convalidato dal Gip nel giugno del 2010 (Tribunale di Firenze, 2010; CNEL, 2011). 38 Secondo i dati forniti dall’Assessorato alla sicurezza del Comune di Prato, nel 2010 sono state controllate 319 imprese con titolare cinese, dando luogo al sequestro di 145 im- mobili e 6259 macchinari; nel 2011 le ispezioni sono state 365, con 179 immobili e 5254 macchinari sequestrati. Infine, nel 2012, i 338 controlli effettuati presso ditte cinesi hanno portato al sequestro di 127 immobili e 5508 macchinari. 39 Un ricercatore che ha intervistato vari imprenditori cinesi di Prato riferisce: “…Chinese migrants feel Italian officials are targeting and taking advantage of their vul- nerabilities simply because of who they are” (Chen, 2011, 28). 40 Come ricorda Giacomo Becattini a proposito del distretto pratese, “Sarà negli anni Settanta, quando i livelli medi di reddito saranno cresciuti e la coscienza ‘media’ dei pra- tesi avrà interiorizzato, almeno parzialmente, il problema dell’igienicità e della sicurezza delle condizioni di lavoro, che l’amministrazione pubblica porrà le basi di un servizio di medicina del lavoro, che diverrà operativo solo negli anni Ottanta. Ma non c’è dubbio che il primo periodo di massimo sviluppo, [dagli anni Cinquanta ai primi anni Settanta] è accompagnato da un alone di lavoro nero, anche notturno e domenicale, di incidenti sul lavoro e di malattie professionali; una situazione che coniuga l’immagine consolidata di città ‘degli stracci’ con quella inedita, ma in certo qual modo complementare, di città ‘delle mani mozze’” (Becattini, 1997, 503). 41 Intervista svolta a Prato (luglio 2011). qds65.indb 138 06/08/14 12.21 139 Conclusioni Con riferimento al primo interrogativo (organizzazione del pronto moda cinese e i fattori che ne hanno determinato il suo sviluppo), la ricer- ca sul campo ha confermato alcuni elementi già emersi in altre indagini in ambito locale (Pieraccini, 2010; Chen, 2011). Ciò vale, in particolare, per i prezzi bassi praticati, i ridotti margini di guadagno per ogni capo d’abbigliamento e, infine, le forme di sfruttamento (e autosfruttamento) che contraddistinguono questo tipo di produzione42. Quanto ai principali fattori che hanno consentito lo sviluppo del pronto moda (oltre a quelli appena menzionati) sono da considerare, come un’ampia letteratura sul tema ha messo in evidenza, la riproduzione all’interno dell’imprenditoria cinese di alcune caratteristiche dei distretti industriali. Tra queste: (1) la famiglia-azienda che combina forze sociali ed economiche, componente di rilievo all’origine dei distretti industriali italiani dello scorso secolo; (2) la localizzazione geografica entro un’area contraddistinta da un sapere industriale sedimentato nel tempo, grazie al quale gli stessi imprenditori cinesi hanno avuto modo di usufruire di conoscenze tecniche, come anche, peraltro, di spazi e macchinari larga- mente disponibili; (3) l’opportunità di sviluppare reti transnazionali che hanno permesso loro di importare direttamente dalla madrepatria e da altri paesi emergenti la materia prima, abbattendo in modo consistente i costi di produzione (Becattini, 1998, 2000; Bagnasco, 1977; Trigilia, 2004; Dei Ottati, 2009; Fabbri, 2011). Infine, sulla questione se il pronto moda cinese abbia sottratto risorse e lavoro alla popolazione locale, le informazioni raccolte non avvalorano alcun significativo legame causale fra il declino delle imprese tessili e lo sviluppo di quelle cinesi. Infatti, come vari testimoni hanno riferito, il set- tore delle confezioni non ha mai costituito il core business degli imprendi- tori locali, storicamente inseriti nella produzione di tessuto da esportazio- ne. In tal senso, il pronto moda cinese si configura come una produzione cresciuta in via autonoma entro il più ampio distretto tessile. Certo, sono emerse varie intersezioni con figure professionali locali, come i disegna- tori di modelli, i tecnici addetti alla manutenzione dei macchinari per la produzione del tessuto, gli stampatori e, in misura minore, gli imprendi- tori italiani inseriti nelle operazioni di tintoria dei capi d’abbigliamento. Ma si tratta comunque di relazioni economiche che, nel complesso, non smentiscono l’esistenza di un comparto produttivo differenziato e paral- lelo al tessuto economico locale. In contrasto con valutazioni di segno 42 A questo proposito, ricordiamo che gli strumenti qualitativi utilizzati nel corso dell’osservazione sul campo non permettono di generalizzare i risultati conoscitivi all’in- sieme degli imprenditori cinesi di Prato coinvolti nel pronto moda (Montesperelli, 1998). qds65.indb 139 06/08/14 12.21 140 opposto presenti in città, tali relazioni rappresentano comunque un van- taggio economico per una parte (minoritaria) di imprenditori locali. Pur senza generalizzare i risultati di ricerca, possiamo avanzare l’ipo- tesi che fra i numerosi produttori cinesi di abbigliamento siano presenti due “strategie” imprenditoriali che, col tempo, potrebbero tendere sem- pre più a distanziarsi. L’una, riscontrata nei laboratori visitati, consiste nel rimanere sul mercato grazie alla drastica riduzione dei costi di produzio- ne e al consistete volume di abiti venduti. L’altra, esemplificata dall’im- prenditore cinese intervistato, è volta a ricercare il contributo di figure professionali appartenenti al tessuto economico locale, nella consapevo- lezza che la crescita imprenditoriale passa attraverso la qualificazione del personale e l’innovazione di prodotto. Se ancora oggi le imprese labour intensive sembrano prevalere, è con gli imprenditori cinesi più avveduti e lungimiranti che si potranno stabilire in futuro sinergie con figure pro- fessionali locali, espressione delle conoscenze accumulate negli anni dal distretto tessile pratese. Come ricorda Gabi Dei Ottati, in un paese avan- zato come l’Italia le possibilità di crescita imprenditoriali passano attra- verso la “via alta della competitività, essendo caratterizzata dalla ricerca continua di innovazione, qualità, contenuto immateriale e di servizio dei beni prodotti” (Dei Ottati, 2009, 137). A oggi la presenza degli immigrati cinesi in città ha suscitato reazioni controverse, fra il rifiuto e l’inclusione subordinata (Cotesta, 1992). Gli imprenditori cinesi vengono visti come un “corpo estraneo” al contesto locale. Eppure, a ben vedere, non sono poche le analogie fra questi im- prenditori e i comportamenti dei pratesi all’origine dello sviluppo indu- striale: pratiche e comportamenti orientati, per gli uni e gli altri, al duro lavoro, al sacrificio personale e alla riuscita economica. Per questi motivi resta il dubbio che le reazioni dell’opinione pubblica abbiano a che fare con la loro condizione di stranieri, per definizione persone “estranee” alla storia della città (Simmel, 1989)43. Non a caso la sindacalista intervistata ha ricordato che in passato “tutti vivevamo all’interno della medesima cultura, quella della sinistra e delle case del popolo”, mentre oggi il con- testo all’intorno sotto il profilo sociale e politico è completamente cam- biato. Per un verso, la composizione culturale della popolazione locale 43 In base alla classica distinzione fra in-group e out-group, Robert Merton ricorda che gli stessi comportamenti (e le stesse attitudini) vengono valutati in modo diametralmente opposto a seconda che le persone appartengano all’uno o all’altro gruppo. Avrebbe così luogo “un’alchimia morale mediante la quale l’in-group trasforma prontamente le virtù in vizi e i vizi in virtù a seconda delle necessità di situazioni diverse […] Lincoln lavorava fino a notte inoltrata? Questa è la prova che egli era industrioso, risoluto, perseverante e desideroso di realizzare in pieno le sue capacità. Gli ebrei e i giapponesi, i gruppi esterni cioè, lavoravano per lo stesso numero di ore? Questo prova soltanto la loro mentalità di sgobboni, il loro incurante disprezzo per gli standards americani, la loro concorrenza sleale” (Merton, 2000, 776-777). qds65.indb 140 06/08/14 12.21 143 Marradi A., Pavsic R. e Pitrone M.C. (2007), Metodologia delle scienze sociali, Bologna, il Mulino. Marsden A. e Caserta D. (2010), Storie e progetti imprenditoriali dei cinesi a Pra- to, Prato, Camera di Commercio. Merton R.K. (2000 [1957]), Teoria e struttura sociale, 2 voll., Bologna, il Mulino. Montesperelli P. (1998), L’intervista ermeneutica, Milano, Franco Angeli. Pieraccini S. (2008), L’assedio cinese. Il distretto “parallelo” del pronto moda a Prato, «Il Sole 24 Ore», Milano. Id. (2010), L’assedio cinese. Il distretto senza regole degli abiti low cost di Prato, «Il Sole 24 Ore», Milano. Simmel G. (1989), Sociologia, Torino, Edizioni di Comunità (ed. or. 1908). Tribunale di Firenze - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze (2010), Ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali, N. 9667/09 rggip, 16 giugno. Trigilia C. (2004), Distretti industriali e distretti high tech, in Bellanca N., Dardi M. e Raffaelli T. (a cura di), Economia senza gabbie. Studi in onore di Giacomo Becattini, Bologna, il Mulino, pp. 27-47. Elenco delle persone intervistate (gennaio 2012 - settembre 2013; Milano, Prato, Firenze e Napoli) Assessore del Comune di Prato Rappresentante della Confederazione Nazionale Artigiani (Prato) Rappresentante della Confartigianato (Prato) Presidente della Confindustria di Napoli Direttore dell’ufficio studi dell’Unione Industriale (Prato) Esponente delle Forze dell’Ordine (Prato) Esponente delle Forze dell’Ordine (Prato) Esponente delle Dogane (Prato) Imprenditore cinese di abbigliamento (Prato) Imprenditore italiano di abbigliamento (Prato) Ex-imprenditore italiano del tessile (Prato) Collega di lavoro di G. (Prato) Responsabile della gestione amministrativa del Macrolotto 1 (Prato) Sindacalista CISL (Prato) Sindacalista CGIL (Prato) Sindacalista CGIL (Firenze) Venditore di abbigliamento di Campi Bisenzio (provincia di Firenze) Imprenditore del tessile (Prato) Mediatrice culturale (Prato) Magistrato della Procura della Repubblica di Firenze Studioso di cultura cinese (Milano) qds65.indb 143 06/08/14 12.21 Abstracts Gianfranco Baldini, Populism and representative democracy in Europe The article assesses some of the most important developments in research on populism, broadly conceived as expression of populist leaders, styles, ideologies. After the first section on the interconnections between populism, liberalism and democracy, Western Europe is chosen as the appropriate context for the follow- ing comparative analysis. The main aim of the article is to critically assess the most recent conceptual and empirical researches in order to achieve sound meth- ods for future empirical research. The focus on ‘mechanisms’ shows the extent to which research in this sector is still in its infancy. I argue that to understand the emergence of populism one needs to start from the increasing vulnerability of many European party systems. In the conclusion I also argue that the emerging literature on the quality of democracy can provide the best means to assess the impact of populism in contemporary Europe. Marco Tarchi, Ten years after. Populist Italy and the case of Beppe Grillo Since the 1990s, Italy has been considered by many social scientists as the rich- est testing ground, or even as the “paradise”, of populism. Comprehension of the underlying cause of the wave that inundated Italian politics, after the breakdown of its party system caused by the Tangentopoli scandals, requires a long-term per- spective in order to identify both the particular structural factors facilitating this sudden growth and the behaviour of political actors who have spread populist arguments and stereotypes. Ten years ago, an initial study – L’Italia populista, by Marco Tarchi – investigated the deep roots of this phenomenon and described its multiple faces. This article aims to reshape that analysis and shed light upon a new embodiment of the populist mentality, the movement created, inspired and led by the showman Beppe Grillo. Antonio Floridia, Rinaldo Vignati, Deliberative, direct or participatory? The chal- lenges of the 5 Star Movement to representative democracy Representative democracy is currently challenged in all Western political sys- tems. In Italy this challenge in recent years has been launched in a distinctive way by the Movimento Cinque Stelle (M5s, Five Star Movement). According to the leader of this Movement, Beppe Grillo, the widespread diffusion of informa- tion technology tools enables direct democracy, allowing citizens to take part in political decisions without politicians and political parties’ intermediation. The 161 qds65.indb 161 06/08/14 12.21 article aims, first, to explore the links and differences between the concepts of deliberative, direct and participatory democracy. On the basis of this conceptual clarification it then identifies which “idea” of democracy inspires the M5s. Anal- ysis of documents and statements of the M5s shows that, in a very contradictory way, the Movement tries to combine three different challenges to representative democracy: a reformist challenge (through the strengthening of a set of instru- ments of direct democracy, such as referenda, within an institutional frame that remains centered on the parliament), an utopian challenge (the complete tran- scendence of representative democracy through the massive use of ICT tools) and a plebiscitary challenge (which is expressed via a top-down use of the web). Maurizio Cerruto, Chiara Facello, The change of mainstream parties in times of antipolitics Over the last twenty years some challenges (increase of electoral abstention, a higher volatility, protest voting) have significantly affected Italian party system. The aim of this article is to investigate how mainstream parties have changed in response to rise of anti-established parties and widespread and growing disaf- fection with traditional political party system. Our research strategy is to look to the Democratic Party - Pd, the Union of Christian Democrats - Udc, Go Italy - Fi and the National Alliance - An. Drawing upon dataset of national party del- egates as well as existing empirical research, the article seeks to explore whether and how the mainstream parties, belonging to center -left, center and center- right area, have fostered political innovation in three key dimensions of party analysis: organizational level, ideological level and strategic level. Simone Sarti, Marco Terraneo, Mara Tognetti Bordogna, Copayment and Italian households’ pharmaceutical expenditure: the relationship among social inequali- ties, regional policies and economic crisis In recent years Italian citizens have increasingly been asked to share phar- maceutical cost but at the same time households’ medicines expenditures has decreased. Cost-sharing policies have to be assessed not just in terms of limita- tion of moral hazard and revenue to the State, but also for equal opportunities for citizen users accessing health services. The aim of this paper is to analyze how Italian copayment policies (‘ticket’) on medicines may affect pharmaceutical expenditure of households, considering territorial (Regions) and social groups (differentiated on the basis of deciles of equivalent consumption) variation. We use cross-sectional data from ISTAT Italian household consumptions survey and OSMED on revenue from ‘tickets’ on medicines in the Italian Regions. We ap- plied two regression models (Tobit and OLS) to estimate coefficients between the consumption deciles and the expenditure on medicines. Across the period 2001-2010 we found that the overall per capita private spending on medicines remained substantially stable, although medicine expenditure decreases whereas the ‘ticket’ increases. When cost-sharing raises, out of pocket spending on medi- cines by poorer families seems to remain unchanged, however poorer families seem to reduce their pharmaceutical expenditure. Our analysis suggests that ap- plying copayment in Italy is partly successful, in terms of greater revenue to the 162 qds65.indb 162 06/08/14 12.21