Scarica Dispense di biologia applicata e più Dispense in PDF di Biologia Applicata solo su Docsity! BIOLOGIA ATOMI E MOLECOLE LA STRUTTURA DELL’ATOMO Gli atomi sono le cosiddette particelle subatomiche che tendono ad aggregarsi spontaneamente tra di loro formando associazioni aventi dimensioni proprietà e composizioni varie. Le aggregazioni di particelle subatomiche sono perlopiù altamente instabili, con l'eccezione dei cosiddetti protoni, neutroni ed elettroni. I protoni e i neutroni hanno massa simile, i neutroni sono privi di carica, mentre i protoni hanno una carica positiva. Gli elettroni sono provvisti di carica uguale in modulo ma di segno opposto a quella dei protoni. Protoni, neutroni ed elettroni tendono a formare complessi definiti atomi, di diverse forme e dimensioni a seconda della quantità e il metodo di associazione delle particelle. Protoni e neutroni si dispongono al centro dell’atomo costituendo il cosiddetto nucleo. Il numero di protoni di un dato atomo è detto numero atomico ed è indicato con la lettera Z. Gli atomi sono di norma neutri dal punto di vista elettrico, poiché in essi il numero degli elettroni eguaglia il numero dei protoni. Pertanto, il numero dei protoni presenti nell’atomo indica anche il numero degli elettroni presenti nell’atomo. I vari tipi di atomi, caratterizzati ciascuno da un diverso numero atomico, sono detti elementi. Un atomo è caratterizzato dal cosiddetto numero di massa, cioè il numero totale di neutroni e protoni e indicato con la lettera A. Atomi appartenenti allo stesso elemento ma con diverso numero di neutroni (quindi uguale valore Z ma diverso valore A) sono chiamati isotopi. In natura i composti più stabili sono si trovano in forma 12C con 6 protoni e 6 neutroni, o in forma 13C con 6 protoni e 7 neutroni. A causa della presenza dei vari isotopi si preferisce utilizzare un altro parametro definito peso atomico, corrispondente alla media ponderale delle masse dei diversi isotopi costituenti la miscela di atomi con cui ciascun elemento si presenta in natura. L’unità di misura del peso atomico è il dalton, 1/12 della massa dell’isotopo 12C. Alcuni isotopi sono instabili, pertanto, tendono a modificare la loro configurazione nucleare “decadendo” in atomi più stabili. Questo processo è spesso accompagnato dall’emanazione di energia sotto forma di radiazioni di vario tipo. Gli isotopi che presentano tale fenomeno sono detti radioattivi o radioisotopi. Gli elettroni di un atomo si distribuiscono su vari livelli energetici tra loro discontinui. Gli elettroni con meno energia sono i più vicini al nucleo atomico e si dicono appartenere al primo livello energetico. Un dato livello energetico può essere occupato da uno o più elettroni solamente se i livelli energetici inferiori sono completamente occupati. In ciascun livello energetico gli elettroni si muovono intorno al nucleo in regioni di forma definita e statisticamente predicibili definite orbitali. Ogni orbitale può accogliere massimo due elettroni, aventi spin (quando gli elettroni di pari livello tendono ad accoppiarsi) opposta. Con l’aumentare della distanza dal nucleo, gli atomi possono accogliere un numero di orbitali sempre più grande. In ogni livello energetico, il primo orbitale che viene occupato dagli elettroni ha forma sferica ed è indicato con la lettera s. I tre orbitali occupati successivamente al primo hanno una forma a manubrio e sono disposti ortogonalmente rispetto agli altri. Tali orbitali sono indicati con la lettera p. La disposizione degli atomi è determinante nella reattività dell’atomo, gli unici atomi a non essere reattivi prendono il nome di gas nobili, gli elettroni di questi atomi sono del numero corrispondente a riempire completamente gli orbitali. Per rappresentare gli elementi chimici si utilizza la tavola di Mendeleev, essa è suddivisa in righe o colonne (chiamate anche gruppi, indicano gli elementi con stesse proprietà chimiche). LEGAMI CHIMICI E LE MOLECOLE La materia tende a raggiungere condizioni di massima stabilità energetica, che si ottiene quando tutti gli orbitali del livello elettronico più esterno sono completamente saturi di elettroni. Tutti gli atomi tendono a interagire con altri atomi, da queste interazioni consegue la formazione dei cosiddetti legami chimici. I vari atomi sono legati tra loro da legami molto resistenti, i legami covalenti; da tali associazioni, che per la maggior parte risultano essere stabili, si ottiene un complesso chiamato molecola. La somma dei pesi atomici degli atomi che formano la molecola corrisponde al peso molecolare. È detta mole di una data sostanza la sua quantità in grammi corrispondente al valore in dalton del suo peso molecolare. Una mole di una qualunque sostanza chimica comprende sempre lo stesso numero di molecole, indipendentemente dal peso molecolare. Questo numero, detto numero di Avogadro, è pari a 6,02296 x 1023 molecole. Attraverso la mole è inoltre possibile esprimere la molarità (M) di una sostanza, ovvero il numero di moli di sostanza presenti in un litro di soluzioni. Due atomi si dicono legati tra di loro da un legame covalente quando mettono tra loro in comune uno o più elettroni appartenenti ai loro livelli energetici esterni, ottenendo la completa saturazione dei livelli energetici. Un esempio è il legame covalente tra due atomi di idrogeno che, quando si incontrano, fondono i loro due orbitali 1s tra loro formando un unico orbitale con un elettrone condiviso. L’orbitale molecolare produce forza di attrazione su ambedue gli atomi e li mantiene fortemente legati, formando una molecola di H2. Quando due atomi sono legati tra di loro dalla condivisione di due o tre elettroni, allora questi si dicono legati da un doppio o da un triplo legame; ovviamente, la forza attrattiva esercitata da questi due legami sarà maggiore rispetto a quella di un legame singolo. Questa forza di attrazione viene espressa come energia di legame che si misura in Kcal/mole e corrisponde all’energia che deve essere somministrata affinché il legame si rompa. Un altro parametro utilizzata per descrivere un legame è la lunghezza di legame: la distanza tra i due nuclei di atomi legati da un legame covalente, si esprime in Angstrom (1x10-10 m). Quando un legame covalente unisce due atomi differenti, esso è spesso detto polarizzato, ciò è dato dalla differenza di elettronegatività tra i due atomi; in esso la nube elettronica assume una disposizione asimmetrica. Esse tendono a interagire facilmente le une con le altre, spesso formando legami a idrogeno; di conseguenza si sciolgono bene in acqua e sono perciò dette idrofile. Caratteristiche opposte hanno invece gli atomi elettropositivi, che tendono a cedere elettroni avendo il loro livello energetico occupato solo da pochi elettroni. Sono invece dette molecole apolari quelle i cui atomi presentano un grado di elettronegatività simile tra loro facendo sì che la loro nube elettronica si distribuisca in maniera omogenea sull’intera superficie della molecola stessa. Questa caratteristica rende tali molecole idrofobe, ed è quindi per loro impossibile sciogliersi in acqua. In particolari condizioni un atomo può completamente perdere o acquistare elettroni, perdendo di conseguenza la sua neutralità e acquistando una carica positiva o negativa. Un atomo in queste condizioni prende il nome di ione. Uno ione con carica positiva prende il nome di catione, uno con carica negativa prende il nome di anione. Gli ioni di segno opposto si attraggono tra di loro attraverso il legame ionico, un legame elettrostatico forte. Sostanze costituite da legami di ioni di segno opposto prendono il nome di sali, come ad esempio il cloruro di sodio o sale da cucina (NaCl). Con legami deboli si intende raggruppare quei meccanismi tra loro eterogenei di attrazione tra atomi che spesso possono appartenere a molecole diverse. Deboli sta ad indicare la facilità con cui è possibile distruggere tali legami. Al contrario, i legami forti necessitano di una considerevole quantità di energia per spezzarsi. Il legame a idrogeno è un legame elettrostatico che si stabilisce tra un idrogeno e un atomo molto elettronegativo. Questo legame è anche definito ponte a idrogeno poiché l’idrogeno funge da ponte tra i due atomi elettronegativi. L’energia di tale legame è 5 Kcal/mole. I COMPONENTI ELEMENTARI DELLA MATERIA VIVENTE L’acqua è il solvente nel quale sono sciolte la maggior parte delle molecole biologiche che permettono lo svolgimento dei processi vitali. Infatti, l’ambiente interno di tutti gli organismi è sempre mantenuto ricco d’acqua, nel caso degli esseri umani si tratta del 70%. La molecola d’acqua è costituita da due atomi di idrogeno legati covalentemente ad un atomo di ossigeno. Quest’ultimo costituisce il centro della molecola e le conferisce la sua tipica forma a V con un angolo di legame di 104,5°. La molecola risulta essere estremamente stabile anche se presenta le regioni dell’idrogeno elettropositive e la regione dell’ossigeno fortemente elettronegativa; per questo motivo la molecola prende il nome di dipolo. Questa particolare organizzazione permette alle molecole di acqua di interagire sia con altre molecole che tra di loro. Quando la temperatura dell’acqua diviene uguale o inferiore ai 0 °C, il movimento molecolare diminuisce al punto che l’energia cinetica posseduta dalle singole molecole non è sufficiente a spezzare i legami a idrogeno; le molecole si immobilizzano disponendosi regolarmente secondo un reticolo cristallino, si ottiene così il ghiaccio, il quale risulta costituito da molecole equidistanti e legate tra loro da 4 legami a idrogeno. Come conseguenza della loro organizzazione a dipolo, le molecole d’acqua tendono a stabilire attrazioni deboli con qualunque altra sostanza che sia provvista di carica. L’acqua si lega alla superficie di ioni e molecole polari, costituendo un guscio di idratazione della molecola. Tale fenomeno è alla base del potere solvente che l’acqua presenta nei confronti delle molecole polari. Il continuo rompersi e riformarsi di legami a idrogeno tra le varie molecole dell’acqua rende anche possibile lo scambio occasionale di un nucleo di idrogeno tra due molecole di acqua. Quando ciò accade, una delle due molecole di acqua, cattura un protone dell’altra. Si formano così due nuove molecole ionizzate: uno ione idronio H3O+ e uno ione ossidrile OH-. Questo fenomeno è detto dissociazione o ionizzazione dell’acqua. Nel frattempo, altre molecole si saranno dissociate creando una condizione di equilibrio. La condizione in cui le cariche positive sono completamente bilanciate dalle negative è detta neutralità. Il fenomeno della dissociazione dell’acqua è alquanto raro; nell’acqua pura la concentrazione degli idrogenioni e ossidrilioni è pari a 10-7 mol/L. Per comodità la concentrazione molare è espressa dal pH= -log10 (H+). Nel caso dell’acqua pura esso è neutro, quindi uguale a 7; se però nell’acqua pura vengono disciolti degli acidi allora la concentrazione degli ioni H+ è maggiore rispetto agli ioni OH- e il valore del pH sarà minore di 7; viceversa se nell’acqua pura vengono disciolte delle basi. Per questo motivo le soluzioni con pH minori di 7 prendono il nome di acide viceversa prendono il nome di basiche. invece insufficiente, il suddetto processo si inverte. Il pannicolo adiposo svolge anche un'importantissima funzione di isolamento termico, impedendo la dispersione di calore. I fosfolipidi sono molecole costituite da un glicerolo esterificato da due sole catene di acido grasso (molto spesso una delle due presenta doppo legami, rendendo quindi la molecola insatura). Il terzo ossidrile va a legarsi a una molecola di fosforo, spesso legato a gruppi polari o carichi. I fosfolipidi hanno un comportamento anfipatico nei confronti dell'acqua, a causa delle code idrofobiche e delle teste idrofile. Quando le molecole antipatiche hanno una forma tozza e cilindrica gli aggregati molecolari che ne risultano a contatto con l'acqua sono dei doppi strati molecolari. Questi rappresentano la struttura di base di tutte le membrane cellulari. Le loro proprietà sono: sono molto stabili; sono impermeabili alle molecole polari, compresi gli ioni; sono fluidi ai normali valori di temperatura della cellula, il grado di fluidità riflette l'entità e il tipo di movimento che può essere: di rotazione, di diffusione laterale, di flip-flop (salto di una molecola di fosfolipide da un monostrato molecolare all’opposto) resi possibili da enzimi detti flippasi, ortogonali. Gli steroidi sono molecole lipidiche la cui struttura presenta quattro anelli policarboniosi. Il più comune rappresentante di questa famiglia è il colesterolo. Questa molecola svolge due tipi di compiti molto diversi tra di loro: e un'importante costituente della membrana cellulare; influenza la fluidità delle membrane e costituisce il precursore da cui inizia la sintesi di diverse molecole biologiche. Il colesterolo è un alcol, infatti contiene un gruppo ossidrile. Poiché il resto della molecola è invece idrofobo, anche il colesterolo è un lipide anfipatico. In quanto tale entra a far parte del doppio strato molecolare lipidico delle membrane cellulari aumentandone la compattezza e diminuendone la fluidità. L'organo che regola la produzione e la distribuzione nel sangue del colesterolo e il fegato. Il colesterolo in eccesso favorisce una anomala deposizione sulle pareti interne dei vasi sanguigni. Tale processo degenerativo, detto aterosclerosi, può alla lunga causare un progressivo restringimento e infine la completa occlusione dei vasi. LE PROTEINE Le proteine sono macromolecole che costituiscono la maggior parte delle strutture della cellula e della matrice extracellulare. A seconda delle funzioni, le proteine vengono convenzionalmente raggruppate in categorie: proteine strutturali, proteine che formano le impalcature del citoscheletro oppure che si trovano associate all’RNA o al DNA; gli enzimi, svolgono un ruolo di catalizzatore di specifiche reazioni chimiche; le proteine di membrana, componenti della membrana plasmatica; i fattori di trascrizione, regolano il processo dell'espressione genica. Le proteine sono polimeri lineari di piccole molecole, gli amminoacidi, legate tra loro con uno speciale legame chimico detto legame peptidico. Sono formate da un numero molto limitato di amminoacidi, solamente 20. La catena elementare costituita dall'insieme dei suoi aminoacidi e di norma indicata con il termine di catena polipeptidica. Essa viene convenzionalmente suddivisa in diversi livelli di organizzazione: struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. Il termine aminoacido indica un insieme di molecole che possiedono sia un gruppo carbossile (-COOH, acido), sia un gruppo amminico (-NH2, basico); sono ambedue legati allo stesso atomo di carbonio. Gli α-amminoacidi hanno una struttura caratterizzata da una porzione comune e da una porzione variabile. La porzione comune comprende l'atomo di carbonio in posizione α e il gruppo amminico, il gruppo carbossile e l'atomo di idrogeno ad esso legati. La porzione variabile è chiamata gruppo R. Con l'unica eccezione della glicina, l'atomo di carbonio α, ah le sue quattro valenze legate ad atomi, o gruppi di atomi, diversi tra loro. E quindi un atomo di carbonio asimmetrico; inoltre, è un centro chirale, rende l'aminoacido non sovrapponibile alla sua immagine speculare. Grazie alla contemporanea presenza di un carbossile di un gruppo amminico, gli amminoacidi sono molecole anfotere, cioè capaci di comportarsi sia come acidi che come basi. I 20 aminoacidi delle proteine vengono suddivisi in gruppi caratterizzati da proprietà simili dei gruppi R: aminoacidi polari neutri, conferiscono una caratteristica di spiccata idrofilia alla proteina, sono detti aminoacidi alcolici perché il loro gruppo R contiene un ossidrile alcolico; aminoacidi polari acidi, possiedono un secondo gruppo carbossile nella loro catena laterale e sono quindi più correttamente definibili come aminoacidi bi-acidi; aminoacidi polari basici, si ionizza nelle normali condizioni cellulari, catturando un H+ dall'ambiente circostante e rendendolo quindi basico; amminoacidi apolari, i gruppi R sono incapaci di interagire con le molecole d'acqua dell'ambiente, conferiscono un carattere di spiccata idrofobia alla proteina, esempi sono: glicina, collagene e cisteina. Gli amminoacidi svolgono nei neuroni anche una funzione di precursori di neurotrasmettitori, ad esempio, il triptofano è il precursore del neurotrasmettitore serotonina. Il legame peptidico che unisce gli amminoacidi è un legame covalente molto resistente che si origina dalla reazione chimica tra il gruppo amminico di un amminoacido con il gruppo di un altro aminoacido, con l'eliminazione di una molecola d'acqua. L'atomo di carbonio e quello di azoto sono tra loro più vicini facendo sì che il legame peptidico sia un legame non rotazionale. Quando due aminoacidi si uniscono mediante il legame peptidico, ovvero una reazione di condensazione, ne risulta un dipeptide. Il carbossile può a sua volta unirsi al gruppo amminico con la formazione di un tripeptide, e così via. L'interno di una catena polipeptidica prende il nome di scheletro assile; esso è ricoperto da gruppi R dei vari aminoacidi. La sequenza degli aminoacidi che costituiscono una determinata catena polipeptidica è definita come la struttura primaria della proteina, che va a costituire il patrimonio genetico dell'organismo stesso. Anche se i legami peptidici di una catena polipeptidica rappresentano dei siti di rigidità, gli altri legami sono di tipo rotazionale. Gli avvolgimenti di una catena polipeptidica mediati dalla formazione di legame idrogeno a livello dello scheletro della molecola sono detti strutture secondarie delle proteine. La conseguenza e la formazione di una spirale che va a formare la cosiddetta α-elica. Le sue proprietà sono: legami a idrogeno intracatena, proprietà elastiche, presenza maggiore in proteine fibrose. Talvolta i legami a idrogeno si formano tra tratti diversi della catena polipeptidica, o tra catene polipeptidiche diverse. La struttura secondaria assume una conformazione piana chiamata foglietto β. Le sue proprietà sono: legami a idrogeno intra catena, flessibilità e prevalenza in proteine globulari; inoltre, può avere due orientamenti, parallela e antiparallela. Le strutture secondarie possono combinarsi in modo vario tra di loro, costituendo i cosiddetti motivi, cioè insiemi di strutture secondarie che conferiscono alla macromolecola le sue caratteristiche proprietà. La struttura terziaria di una proteina descrive come la struttura secondaria si organizza nello spazio. I legami che vanno a formarsi sono il più delle volte di tipo debole e determinano il modo in cui un polipeptide si ripiega. Pertanto, la struttura terziaria comprende una grande eterogenea varietà di legami chimici. Gli avvolgimenti della catena polipeptidica di tipo terziario assieme a quelli di tipo secondario cooperano affinché la catena polipeptidica acquisisca la sua definitiva configurazione tridimensionale. I primi avvolgimenti che hanno luogo sulla catena polipeptidica determineranno i tipi e le modalità degli avvolgimenti che ad essi si succederanno. Anche se, in molti casi è necessario l'intervento della proteina chaperonine che si lega alla catena polipeptidica nascente favorendone il corretto avvolgimento. Le strutture secondarie e terziarie contribuiscono alla formazione di domini, cioè di regioni specializzate della proteina caratterizzate da una struttura tridimensionale ben definita, la cui presenza è necessaria per lo svolgimento delle funzioni biologiche. I domini presenti sulla superficie delle proteine sono in genere costituiti da un numero di aminoacidi variabile da 50 a 350. Proteine con strutture primarie molto diverse possono essere dotate di domini aventi struttura e funzioni simili. La struttura quaternaria delle proteine è tipica delle proteine multimeriche, cioè quelle costituite da più catene polipeptidiche. Un esempio è l'emoglobina, la quale trasporta l'ossigeno contenuto nei globuli Rossi del sangue. GLI ACIDI NUCLEICI Gli acidi nucleici rappresentano il substrato molecolare dell'informazione genetica che le cellule utilizzano nell'intero arco della loro vita per costruire le proteine di cui hanno bisogno. Essi si suddividono in due tipi di molecole dette nucleotidi: l'acido desossiribonucleico e l'acido ribonucleico, più brevemente indicati con i loro rispettivi acronimi di DNA e RNA. Essi differiscono tra loro sia per il tipo di nucleotidi di cui sono costituiti, che per la diversa organizzazione molecolare, rispettivamente a doppio e a singolo filamento. Gli acidi nucleici sono polimeri di molecole semplici legate tra loro, sono solo quattro. Ciascun nucleotide contiene una molecola di zucchero con 5 atomi di carbonio, che nel caso RNA è il ribosio e nel caso del DNA e il 2-desossiribosio. All'interno dell'RNA e del DNA vi sono le basi azotate, esse possono avere una struttura chimica simile a quella della molecola organica purina ed essere per tal motivo denominate basi puriniche; oppure avere una struttura simile a quella della molecola organica detta pirimidina, ed essere perciò denominate basi pirimidiniche. Le basi puriniche sono la adenina (A), la guanina (G); mentre le basi pirimidiniche e sono la citosina (C), la timina (T) e l'uracile (U). I due acidi nucleici differiscono l'uno dall'altro per la presenza dell'uracile nell’RNA e della timina nel DNA. Nel 1953 Watson e Crick, ipotizzarono che l'informazione genetica consisteva nella sequenza delle basi azotate del filamento del DNA e che questo fosse costituito da due filamenti complementari che ne permettevano la duplicazione. Il DNA è una molecola costituita da due filamenti polinucleotidici associati tra loro ed avvolti su se stessi con andamento a spirale, formando una doppia elica. Le basi azotate si dispongono all'interno della molecola, costituendo i vari scalini della suddetta scala. Le basi azotate di un filamento possono rivolgersi verso quelle dell'altro grazie al fatto che i due filamenti hanno un andamento antiparallelo, cioè presentano direzioni 5’->3’ tra loro opposte. Per ciascuna coppia di basi, i legami a idrogeno si formano in modo estremamente specifico, facendo sì che nel loro insieme i due filamenti del DNA siano tra loro complementari. Le caratteristiche strutturali del DNA conferiscono a questa molecola alcune proprietà: l'ingombro spaziale complessivo delle due basi è sempre lo stesso, facendo si che la distanza tra i due filamenti sia costante; la doppia elica presenta due solchi, il solco maggiore e il solco minore che permettono a una serie di proteine che si legano al DNA di legarsi in punti specifici. La presenza di innumerevoli cariche conferisce alla superficie del DNA un elevato grado di idrofilia. Di contro, le basi azotate appaiate tra loro e poste all'interno della doppia elica costituiscono un ambiente fortemente idrofobo. All'interno dei nuclei delle cellule eucarioti il DNA forma un numero limitato di grosse molecole lineari dette cromosomi, sinonimo del termine “molecola di DNA”. Il numero di cromosomi presente in tutte le cellule somatiche dell'organismo e 46. Il DNA può ovviamente essere duplicato, e il processo risulta essere estremamente complicato, per cui vi sono numerosi enzimi che catalizzano reazioni specifiche, come ad esempio: la DNA polimerasi, che colloca i nucleotidi liberi in corrispondenza di quelli complementari; la DNA ligasi, che provvede a legare insieme i nuovi nucleotidi. L’RNA è un acido nucleico a singolo filamento, è costituito da nucleotidi contenenti il ribosio e nei quali la base pirimidiniche catenina è sostituita dall'uracile. Anche se sono costituite da un solo filamento le molecole di RNA possono formare più o meno estese forcine a doppio filamento avvolte a doppia elica. La complessità strutturale delle molecole di RNA permette loro di svolgere funzioni molto varie: RNA messaggero, funzione di veicolazione dell'informazione genetica dal DNA alle proteine; RNA ribosomali, funzioni strutturali come costituenti dei ribosomi; RNA di trasferimento, trasporta gli amminoacidi nel processo di sintesi delle proteine o traduzione; funzione di catalisi di varie reazioni chimiche; funzione di regolazione dei processi di trascrizione e traduzione. Oltre all’RNA e al DNA, l’adenina è anche responsabile dell’ATP, una delle molecole più importanti per la cellula che rilascia energia chimica che può essere utilizzata per svolgere numerose funzioni cellulari. GLI ENZIMI Gli enzimi sono speciali catalizzatori che consentono lo svolgimento delle reazioni chimiche diminuendone la soglia di reazione. In particolare, permettono le reazioni di rottura e formazione dei legami covalenti. Essi sono sostanze che: si legano in modo altamente specifico ai reagenti; non entrano a far parte della reazione e non ne determinano direzione e svolgimento; al termine della reazione tornano disponibili per nuovi cicli; PH e temperatura sono fortemente in grado di influenzare l’attività enzimatica. Questi catalizzatori biologici sono proteine altamente specializzate per la funzione che svolgono, tanto che, sono in grado di riconoscere i reagenti di una certa reazione, in tal modo, sono in grado di catalizzare determinate reazioni chimiche. Gli enzimi sono caratterizzati da una struttura tridimensionale di grande complessità. Tale struttura permette agli enzimi di avere una superficie caratterizzata da varie regioni di interazione; tra questi riconosciamo il sito attivo, che media il riconoscimento dell’enzima con la molecola del substrato, cioè con i reagenti. Esso è paragonabile ad una cavità, nella quale, sotto la spinta incessante dell’agitazione termica, le varie molecole sono accolte in modo casuale ed espulse, a meno che non si leghino al sito attivo stesso. L’insieme dell’enzima e delle molecole dei reagenti legate al sito attivo è indicato con il termine di complesso enzima-substrato. Può capitare che gli enzimi consentono la formazione di prodotti che servono come substrati per altri enzimi. Queste catene di reazione sono chiamate pathways. Poiché il complesso enzima-substrato permette di ottimizzare il posizionamento relativo dei reagenti, l’uso del catalizzatore enzimatico ha l’effetto finale di rendere la grande maggioranza degli urti tra molecole dei reagenti efficace ai fini dello svolgimento della reazione stessa, permettendo alla reazione chimica di svolgersi ad elevata velocità minimizzando l’energia necessaria per il suo innesco; è per questo motivo che il complesso enzima-substrato prende anche il nome di complesso attivato. Trattandosi di proteine, spesso capita che la condizione di instabilità del complesso enzima-substrato venga superata mediante il cambiamento conformazionale dell’intero enzima. Si definisce metabolismo o via metabolica, l’insieme di tutte le reazioni catalizzate dall’enzima all’interno della cellula ed è formato da reazione cataboliche (demolizione) e anaboliche (sintesi). LA CELLULA EUCARIOTE VISIONE GENERALE DELLA CELLULA Una cellula è la più piccola parte vivente di un organismo e può addirittura rappresentarlo completamente nel caso di organismi unicellulari. Ognuna di esse deriva dalla divisione di una cellula progenitrice; infatti, la cellula va normalmente incontro a processi di accrescimento che non gli permettono di sostenere un adeguato scambio di sostanze e pertanto si divide dando origine a due cellule identiche. Tale fenomeno è chiamato duplicazione cellulare. Non tutte le cellule, però, hanno lo stesso compito o la stessa struttura; difatti, avviene il differenziamento cellulare che consiste in variazioni nell'attività di espressione che si forma durante lo sviluppo, malgrado le cellule abbiano lo stesso patrimonio genetico. Questo differenziamento prende il nome di ontogenesi. Ogni cellula contiene del materiale ereditario costituito dagli acidi nucleici DNA ed RNA. Il DNA forma i cromosomi che possono essere contenuti all'interno di un nucleo fisicamente separato dal resto della cellula da una struttura membranosa o membrana cellulare. Esterno al nucleo è il citoplasma, la cui componente liquida è denominata citosol, nel quale si trovano i ribosomi, e gli organuli, che comprendono: i mitocondri, i cloroplasti, il reticolo endoplasmatico e l'apparato di Golgi. L'ambiente interno di tutte le cellule è permeato d'acqua che ne costituisce circa il 70%; questo ambiente è ricco di piccole molecole biologiche importanti per il metabolismo cellulare. Tra queste alcune proteine hanno la funzione di fornire sostegno e mobilità alla cellula formando sistemi di filamenti denominati citoscheletro. La cellula è separata dall'ambiente esterno dalla membrana plasmatica che, essendo costituita da lipidi, e selettivamente isolante. Il principale criterio di divisione delle tipologie di cellule sono i raggruppamenti dei procarioti e degli eucarioti. Le cellule procarioti comprendono le più semplici; esse, sono infatti prive di nucleo e di norma hanno un piccolo cromosoma di forma circolare gli sperso all'interno del citoplasma in una zona centrale detta nucleoide, inoltre, presentano spesso una parete cellulare e strutture utilizzate per il movimento chiamate flagelli. Ai procarioti appartengono organismi unicellulari, quali batteri, i quali, oltre che del nucleo sono sprovvisti delle strutture scheletriche e degli organuli membranosi che troviamo nelle cellule eucarioti. Alcuni di essi costituiscono una categoria di organismi adattati ad interagiscono con gli altri filamenti del citoscheletro e stabilizzano la forma della cellula; sono di forme variabili in base alla cellula in cui operano. I microtubuli sono tubi cavi con diametro di circa 25 nm, formati da una proteina denominata tubulina, la quale consiste di due polipeptidi: α-tubulina e β-tubulina, di cui rispettivamente la prima assume una carica negativa e la seconda una carica positiva. Durante la formazione di microtubuli vi è uno stadio lento che prende il nome di nucleazione, ossia la formazione degli oligomeri (assemblamento di un numero finito di monomeri). I microtubuli contribuiscono a determinare l'architettura cellulare e nelle cellule in divisione formano il fuso mitotico prendendo parte attiva alla segregazione ordinata dei cromosomi nelle due cellule figlie. I microtubuli si assemblano e disassembleno continuamente e vengono spesso utilizzati come binari in grado di permettere lo spostamento dell'mRNA. Se lo spostamento è diretto all'estremità +, esso è mediato dalla chinesina (proteina costituita da ATP) fondamentale nei neuroni per il trasporto assonale delle vescicole. Se lo spostamento invece avviene verso l'estremità -, il trasferimento immediato dalla dineina, proteina con dimensioni maggiori delle chinesine; esistono le dineine assonemiche per il movimento di ciglia e flagelli e le dineine citoplasmatiche che affiancano le chinesine nel trasporto cellulare lungo i microtubuli. SEGNALAZIONE INTRACELLULARE La cellula continuamente necessità di scambiare informazioni con altre cellule e con l'ambiente circostante. Per permettere che ci sia un flusso occorrono componenti specifiche e sistemi che: permettano di decodificare e interpretare il messaggio, consentano alla cellula bersaglio di rispondere al messaggio. Generalmente il mezzo utilizzato sono delle molecole segnale che, in funzione della loro capacità di attraversare le membrane, possono entrare nelle cellule bersaglio, Oppure legarsi al recettore di membrana presenti sulla superficie esterna delle cellule target. Ogni cellula è immersa in un ambiente ricco di segnali di comunicazione, ma a rispondere saranno solo alcuni di essi. Il metodo più semplice per escludere la possibilità che i messaggi impropri perturbino la vita di una cellula è non esprimere recettori per le molecole segnale a cui la cellula non è interessata. Le risposte indotte dai messaggeri chimici nelle cellule sono rapide quando le proteine effettrici sono già presenti nella cellula. Nel caso invece in cui ci sia necessità di attendere la sintesi di nuove proteine effettrici, si assiste a risposte lente. I recettori di membrana possono essere accoppiati a canali ionici, a proteine G, o a enzimi. Le proteine G, sono le maggiori responsabili della produzione di una grande quantità di “secondi messaggeri”, piccole molecole diffusibili ci amplificano il segnale originale. Il Ca2+ e molto probabile si è il più comune secondo messaggero utilizzato nelle cellule neuronali. I suoi incrementi citoplasmatici permettono l'attivazione di proteine leganti il calcio, tra queste la calmodulina, che dà luogo ad una serie di effetti, alterando ad esempio l'attività di enzimi chiamati proteinchinasi. Esistono vari tipi di segnalazione in funzione della distanza impegnata dal messaggio chimico: • Segnalazione endocrina: le cellule degli organi endocrini rilasciano ormoni che agiscono su gruppi di cellule bersaglio lontane; • Segnalazione paracrina: consiste nel rilascio di ormoni tiroidei o surrenali che influenzano cellule organi sparsi in tutto il corpo e spesso molto distanti dalle cellule che producono la sostanza chimica; • Segnalazione nervosa; • Segnalazione per contatto: scambio di messaggi tra cellule vicine. IL SISTEMA NERVOSO Il sistema nervoso è diviso in: sistema nervoso centrale (SNC) situato all’interno della cavità cranica e della colonna vertebrale; sistema nervoso periferico (SNP) che si occupa della regolazione degli organi. Il sistema nervoso centrale è costituito dall’encefalo e dal midollo spinale. Il sistema nervoso periferico è costituito da: sistema nervoso somatico e sistema nervoso autonomo. Il SNS interagisce con l’ambiente (dall’interno all’esterno), è costituito da nervi afferenti che trasportano i segnali provenienti dall’esterno all’SNC e da nervi efferenti che portano i segnali dall’SNC ai muscoli. Il SNA è preposto alla regolazione dell’ambiente interno all’organismo, costituita come il SNS da nervi efferenti e afferenti. Esso presenta 2 tipologie di nervi efferenti: nervi simpatici e nervi parasimpatici formati, entrambi, da materiale pre e post gangliare. I nervi simpatici sono nervi motori autonomi che originano dall’SNC a livello delle regioni lombare e toracica del midollo spinale, essi si servono della tecnica del reagisci e fuggi organizzando e mobilizzando risorse energetiche in caso di minaccia; pertanto, le modificazioni indotte sono sintomo di uno stato di eccitazione; nello stesso tempo si occupano delle azioni involontarie. I nervi parasimpatici, invece, sono nervi motori autonomi che originano dall’encefalo e dalla regione sacrale del midollo spinale, essi si occupano di azioni volontarie e al fine di conservare energia; pertanto, le modificazioni indotte sono sintomo di uno stato di rilassamento. I neuroni simpatici e parasimpatici rendono conto della prima tappa del percorso terminando a livello di altri neuroni (neuroni di secondo ordine). Tuttavia, neuroni simpatici e parasimpatici differiscono tra loro per la distanza dal neurone dell’organo target, i neuroni simpatici si trovano a grande distanza dai neuroni con cui fare sinapsi, al contrario dei neuroni parasimpatici che formano sinapsi con neuroni dotati di un prolungamento molto breve situati in stretta vicinanza degli organi target. La maggior parte dei nervi del sistema nervoso periferico origina dal midollo spinale, con 12 eccezioni, rappresentate dalle 12 paia di nervi cranici che originano dall’encefalo; di questi, i nervi 3, 7, 9, 10 fanno anche parte dell’SNA. I nervi cranici comprendono nervi puramente sensoriali come il nervo olfattivo (1) e il nervo ottico (2). IL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO IL MIDOLLO SPINALE Il midollo spinale comprende diverse aree: una zona centrale di sostanza grigia a forma di H e una zona periferica di sostanza bianca. La sostanza grigia è costituita prevalentemente da corpi cellulari e da interneuroni non mielinizzati, mentre la sostanza bianca è costituita soprattutto da assoni mielinizzati (che conferisce alla sostanza bianca la sua lucentezza). Dal midollo spinale emergono 31 paia di nervi spinali che si trovano su punti differenti della colonna vertebrale. Nell’avvicinarsi alla colonna vertebrale ciascuno di questi nervi si divide in modo da unirsi al midollo attraverso una di due vie: radice dorsale, radice ventrale. Tutti gli assoni contenuti nella radice dorsale sono i prolungamenti sensoriali di neuroni unipolari i cui corpi cellulari sono raggruppati subito esternamente al midollo spinale, dove formano il ganglio della radice dorsale. Al contrario, gli assoni contenuti nella radice ventrale appartengono a neuroni motori multipolari i cui corpi cellulari si trovano nel corpo ventrale. IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE L’encefalo è costituito da cinque divisioni che alla nascita sono nascita sono rappresentate da tre rigonfiamenti che daranno origine al: prosencefalo, mesencefalo e rombencefalo dell’adulto. Le divisioni diventano cinque a causa del prosencefalo e rombencefalo che si separano dando origine all’encefalo che si presenterà poi alla nascita del bambino. Le cinque divisioni sono pertanto: telencefalo, diencefalo, mesencefalo, metencefalo e miencefalo. Il telencefalo è costituito dai due emisferi cerebrali destro e sinistro e pertanto subisce il maggior accrescimento durante le fasi dello sviluppo; le altre quattro divisioni vengono chiamate nel complesso tronco encefalico e si trovano nella parte posteriore del cranio. Il cervello è caratterizzato dalla lateralizzazione cognitiva che ci fa distinguere i due emisferi dal punto di vista funzionale. MIELENCEFALO Il miencefalo (chiamato anche midollo allungato) è composto principalmente da tratti nervosi che trasportano i segnali tra il resto dell’encefalo e il corpo. Una particolare componente del miencefalo è la formazione reticolare: una complessa rete composta da circa 100 minuscoli nuclei coinvolti in attività quali il sonno, l’attenzione, il movimento ecc. METENCEFALO Il metencefalo è sede di molti tratti ascendenti, discendenti e di una parte della formazione reticolare. Queste strutture provocano una protuberanza che prende il nome di ponte, una delle principali divisioni del metencefalo insieme al cervelletto una voluminosa struttura sede principale delle funzioni sensoriali e motorie, anche se il fatto che un danno cerebrale generi dei ritardi cognitivi suggerisce che le funzioni del cervelletto non si riducono solo a queste. MESENCEFALO Il mesencefalo presenta due divisioni: • il tetto: composto da due paia di tubercoli chiamati collicoli superiori e inferiori. I collicoli superiori hanno funzione visivo- motoria, mentre i collicoli inferiori hanno funzioni uditive; • il tegmento: situata ventralmente al tetto, contiene tre strutture: il grigio periacquedutale la sostanza grigia situata attorno all’ acquedotto cerebrale che contiene terzo e quarto ventricolo; la sostanza nera e il nucleo rosso, importanti componenti del sistema senso-motorio. DIENCEFALO Il diencefalo è costituito da due strutture: • il talamo: una voluminosa struttura bilobata che ha funzioni di integrazione sensitiva e di integrazione motoria, i nuclei che lo compongono ricevono elaborano e trasmettono alla regione di corteccia appropriata i segnali (ad esempio nuclei genicolati laterali, nuclei genicolati mediali, nuclei ventrali posteriori), essi ricevono segnali anche delle aree della corteccia a cui li trasmettono; • l’ipotalamo: situato al di sotto del talamo svolge svariate funzioni: regolazione della temperatura corporea, emozioni, fame, sete, ritmi cardiaci, regola il rilascio degli ormoni da parte dell’ipofisi (o ghiandola pituitaria che significa letteralmente ghiandola del muco nasale). Accanto all’ipofisi troviamo altre due strutture: il chiasma ottico, il punto in cui i nervi ottici passano la mediana passando al lato opposto dell’encefalo e i corpi mammillari situati sulla superficie dell’ipotalamo. TELECENFALO Il telencefalo è la divisione più voluminosa del cervello umano e media le funzioni cerebrali più complesse come l’apprendimento il linguaggio e la risoluzione di problemi. Il telencefalo comprende i due emisferi: • l’emisfero destro: volto alla sintesi, si occupa di unire i singoli elementi di un’esperienza; • l’emisfero sinistro: volto all’analisi, è in grado di estrarre i singoli elementi che costituiscono un’esperienza, si occupa di tutti i comportamenti seriali. Gli emisferi cerebrali sono rivestiti da uno strato di tessuto, la corteccia cerebrale (spessore di circa 3mm). Dato che la corteccia cerebrale è prevalentemente costituita da neuroni non mielinizzati assume una colorazione grigiastra che le conferisce il nome di materia o sostanza grigia. D’altro canto, lo strato sottostante alla corteccia è di colore bianco essendo formato da assoni mielinizzati, e pertanto assume il nome di sostanza o materia bianca. Nell’uomo la corteccia cerebrale è caratterizzata da notevoli circonvoluzioni che hanno la funzione di aumentare le dimensioni della corteccia cerebrale senza interferire con le dimensioni dell’encefalo. Ciò non è però caratteristica di tutti i mammiferi, infatti alcuni di essi sono lissencefali (cervello liscio). Nella corteccia convoluta, gli ampi solchi tra le circonvoluzioni vengono chiamati scissure e quelli piccoli solchi, le creste delimitate dalle fessure si chiamano giri. Gli emisferi cerebrali sono divisi da una grande scissura, la scissura longitudinale o di Ronaldo, ma collegati dal corpo calloso una giunzione di fasci di assoni che attraversa la scissura longitudinale. I punti di riferimento di ogni emisfero sono: la scissura centrale (o di Silvio) e la scissura laterale. Le scissure suddividono l’emisfero in quattro lobi (che non rappresentano unità funzionali): • il lobo occipitale: la sua funzione è principalmente quella di analizzare i segnali visivi per guidare il comportamento (corteccia visiva primaria); • il lobo parietale: svolge un ruolo nella percezione della posizione degli oggetti e del corpo e nel dirigere l’attenzione; • il lobo temporale: presenta tre aree funzionali cerebrali, dell’udito (corteccia uditiva primaria), del linguaggio e visiva (corteccia visiva primaria); • il lobo frontale: ha due differenti aree funzionali: l’area motoria (corteccia motoria primaria, corteccia prefrontale) e l’area delle funzioni cognitive complesse (corteccia associativa, corteccia orbito frontale), pattern comportamentali e la valutazione del significato del comportamento altrui, interpreta situazioni socialmente complesse che generano emozioni inducendo prudenza e moralità nel comportamento. Si fa carico di tutto ciò che c’è tra la percezione e l’apprendimento trasformando gli stimoli sensoriali in immagini, suoni ecc. Circa il 90% della corteccia cerebrale è costituita da neocorteccia costituita da 6 strati costituiti da cellule piramidali, grandi neuroni multipolari dotati di un corpo a forma di piramide e un grosso dendrite chiamato dendrite apicale e da un assone molto lungo, e da cellule stellari, piccoli interneuroni (neuroni con un breve assone o privi di assone), con il corpo a forma di stella. I sei strati differiscono tra loro per dimensione, densità e corpi cellulari. • I: assoni e dendriti, piccoli corpi cellulari; • II: cellule stellate densamente impacchettate, poche cellule piramidali; • III: cellule stellate lassamente impacchettate, cellule piramidali di dimensioni intermedie; • IV: bande di cellule stellate densamente impacchettate, nessuna cellula piramidale; • V: cellule piramidali di dimensioni molto grandi, poche cellule stellate lassamente impacchettate; • VI: cellule piramidali di varie dimensioni, cellule stellate lassamente impacchettate. Molti lunghi assoni decorrono verticalmente attraverso la neocorteccia. Questo flusso verticale è alla base dell’organizzazione colonnare della neocorteccia. L’ippocampo è un’area importante della corteccia cerebrale, non costituito da neocorteccia. Esso si ripiega su se stesso e ciò gli conferisce questo particolare nome; l’ippocampo svolge importanti funzioni in alcuni tipi di memoria. rapporto al numero totale di ioni presenti all’interno della cellula e dell’ambiente circostante. PERIODI REFRATTARI Dopo l’inizio di un potenziale di azione, si registra un breve periodo (1-2 ms) durante il quale è impossibile indurre un secondo potenziale d’azione. Questo periodo è chiamato periodo refrattario assoluto. Il periodo refrattario assoluto è seguito dal periodo refrattario relativo durante il quale è possibile attivare nuovamente il neurone, ma solo applicando livelli di stimolazione più alti del normale. Il periodo refrattario è responsabile di due caratteristiche importanti dell’attività nervosa: l’unidirezionalità con cui i potenziali di azione viaggiano lungo l’assone e la legge della frequenza secondo cui l’intensità del potenziale d’azione è costante ma dipende dallo stimolo recepito mediante la frequenza di scarica di un assone. CONDUZIONE ASSONICA DEI POTENZIALI D’AZIONE La conduzione dei potenziali d’azione lungo un assone è tipicamente non decrementale: l’ampiezza del potenziale d’azione non si riduce via via che esso viaggia lungo la membrana dell’assone. Una volta che un potenziale d’azione è stato generato, viaggia lungo l’assone rapidamente e in modo decrescente. • conduzione negli assoni mielinizzati: negli assoni mielinizzati i potenziali di azione possono attraversare l’assone solo lungo i nodi dio Ranvier, ossia le interruzioni presenti tra segmenti di mielina adiacenti, producendo un ritardo di conduzione; nonostante questo ritardo, è molto più rapida rispetto a quella presente negli assoni non mielinizzati. In realtà nei segmenti di mielina il potenziale d’azione si inibisce preservando energia. • velocità della conduzione assonica: la conduzione è più rapida nei neuroni di grosso diametro mielinizzati come i motoneuroni (neuroni che stabiliscono sinapsi a livello della muscolatura scheletrica. • conduzione nei neuroni privi di assoni: l’ingresso di sodio depolarizza localmente l’assone, a sua volta esso depolarizza la regione adiacente in maniera sufficiente ad aprire altri canali voltaggio-dipendenti del sodio rigenerando un potenziale d’azione. TRASMISSIONE SINAPTICA: DA SEGNALI ELETTRICI A SEGNALI CHIMICI STRUTTURA DELLA SINAPSI Tra i bottoni terminali di un assone e i dendriti di altri neuroni si generano le sinapsi asso-dendritiche, terminano specialmente sulle superfici lisce o sulle spine dendritiche. Esistono poi sinapsi dendro-dendritiche in cui la trasmissione avviene in due sensi. Le sinapsi asso-assoniche sono in grado di mediare i fenomeni di facilitazione e inibizione presinaptica. SINTESI, IMPACCHETTAMENTO E TRASPORTO DEI NEUROTRASMETTITORI (si tratta di sinapsi chimiche che utilizzano i neurotrasmettitori) Una volta cariche di molecole di neurotrasmettitore, le vescicole vengono immagazzinate a gruppi in prossimità della membrana presinaptica. RILASCIO DEI NEUROTRASMETTITORI Il rilascio dei neurotrasmettitori è la prima fase delle sinapsi, esso prende il nome di esocitosi (dall’interno all’esterno). Tale processo avviene attraverso i canali voltaggio-dipendenti nei bottoni terminali; stimolati da un potenziale di azione questi canali si aprono lasciando fluire nel terminale gli ioni calcio (Ca2+)che innescano una reazione a catena che alla fine porta alla fusione di vescicole con la membrana presinaptica e al riversamento del loro contenuto nella fessura sinaptica; in seguito i neurotrasmettitori si legano al recettore di membrana attraverso un legame che ne determina la depolarizzazione o l’iperpolarizzazione. ATTIVAZIONE DEI RECETTORI DA PARTE DEI NEUROTRASMETTITORI L’attivazione dei recettori da parte dei neurotrasmettitori è la seconda fase delle sinapsi. Una volta rilasciati, i neurotrasmettitori producono segnali nei neuroni postsinaptici legandosi a particolari recettori presenti sulla membrana postsinaptica. Ciascun recettore è costituito da una proteina, pertanto, un neurotrasmettitore è in grado di influenzare soltanto le cellule dotate del suo specifico recettore. Qualsiasi molecola che si lega a un’altra viene chiamata ligando; perciò, un neurotrasmettitore è un ligando per il suo stesso recettore. Si riteneva che per ogni neurotrasmettitore esistesse un unico recettore ma, con l’identificazione di diversi recettori si è notato come ogni neurotrasmettitore si lega a diversi recettori. I recettori possono essere di tipo: • ionotropi: associati a canali ionici ligando-dipendenti, sono contenuti nella proteina stessa, perciò aprono il canale ionico in maniera diretta; quando un neurotrasmettitore si lega a un recettore ionotropo, il canale ionico associato si apre o si chiude immediatamente producendo un potenziale postsinaptico (in alcuni neuroni si producono depolarizzazioni); • metabotropi: sono tipicamente associati a proteine di segnalazione; aprono i canai ionici in maniera indiretta a causa della loro forma a serpentina che si avvolge su sé stessa; autorecettori: situati sulla membrana presinaptica, sono recettori metabotropi che svolgono un ruolo di feedback negativo; i recettori metabotropi prevalgono rispetto ai recettori ionotropi e i loro effetti sono a più lento sviluppo, di lunga durata, più diffusi e più vari; • proteine G: le subunità aprono un canale distante dal recettore, può quindi legarsi ad un canale ionico (aprendolo o chiudendolo) o stimolare la sintesi di un secondo messaggero AMP ciclico che ha la capacità di modificare il metabolismo della cellula legandosi al DNA producendo proteine con effetto a lungo termine importanti per la funzione cognitiva. Nel momento in cui un neurotrasmettitore si lega ad un recettore metabotropo, una subunità della proteina G si dissocia. Si verifica uno dei possibili eventi: • la subunità può spostarsi lungo la superficie interna della membrana e legarsi a un canale ionico vicino, inducendo così la generazione di una iperpolarizzazione o inibizione; • in alternativa, può stimolare la sintesi di una sostanza chimica chiamata secondo messaggero che legandosi al DNA modula l’espressione genica del neurone (i neurotrasmettitori sono chiamati primi messaggeri); il secondo messaggero diffonde attraverso il citoplasma, dove può influenzare le attività del neurone in vari modi avendo effetti radicali di lunga durata. RICAPTAZIONE, DEGRADAZIONE ENZIMICA E RICICLAGGIO DEI NEUROTRASMETTITORI Si termina l’azione del neurotrasmettitore nella fessura sinaptica. In assenza di un meccanismo di terminazione, il neurotrasmettitore rimarrebbe attivo a livello della sinapsi. Tuttavia, vi sono due meccanismi in grado di interrompere il messaggio sinaptico: • ricaptazione del neurotrasmettitore: da parte di specifici trasportatori. La ricaptazione è quella più comune. La maggior parte dei neurotrasmettitori, una volta rilasciati, viene riassorbita quasi immediatamente all’interno dei terminali presinaptici attraverso un meccanismo mediato da trasportatori; • degradazione enzimatica: alcuni neurotrasmettitori vengono degradati a livello della sinapsi per azione di specifici enzimi (es. acetilcolina per cui la degradazione enzimatica rappresenta il meccanismo principale di disattivazione sinaptica, viene scissa in acetilcolinesterasi). GLIA, GIUNZIONI COMUNICANTI E TRASMISSIONE SINAPTICA Le giunzioni comunicanti sono stretti spazi compresi tra due cellule adiacenti, attraversati a ponte da sottili proteine canale di forma tubulare e ripiene di citoplasma, chiamate connessine. Pertanto, le giunzioni comunicanti connettono il citoplasma di cellule adiacenti, consentendo il passaggio di segnali elettrici e di piccole molecole. Le giunzioni comunicanti sono responsabili dell’esistenza delle sinapsi elettriche. La presenza di giunzioni comunicanti tra neuroni adiacenti fu riportata per la prima volta negli anni ’50 del Novecento. NEUROTRASMETTITORI NOZIONI GENERALI SULLE DIVERSE CLASSI DI NEUROTRASMETTITORI Le tre classi in cui vengono suddivisi i piccoli neurotrasmettitori convenzionali sono: • neurotrasmettitori amminoacidici: vengono rilasciate principalmente a livello delle sinapsi dirette. I quattro neurotrasmettitori amminoacidi sono: glutammato, l’aspartato, la glicina e l’acido γ-amminobutirrico (GABA). I primi tre sono comuni sostituenti delle proteine alimentari mentre il GABA viene sintetizzato attraverso una semplice modificazione della struttura del glutammato. Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio, mentre il GABA è il principale neurotrasmettitore inibitorio. • neurotrasmettitori monoaminici: i neurotrasmettitori monoaminici sono per la maggior parte situati nel tronco dell’encefalo. Sono provvisti di assoni altamente rasmificati e vengono diffusamente rilasciati nel liquido cellulare. Esistono quattro neurotrasmettitori monoaminici: acetilcolina, adrenalina, noradrenalina e serotonina. Questi neurotrasmettitori sono suddivisi in due gruppi: le catecolamine e le indolamine. La dopamina (neurotrasmettitore impiegato nel movimento), la noradrenalina e l’adrenalina sono catecolamine, sintetizzate a partire dall’amminoacido tirosina. La tirosina viene inizialmente convertita in L-dopa, che a sua volta viene convertita in dopamina. I neuroni che rilasciano noradrenalina vengono chiamati noradrenergici, mentre quelli che rilasciano adrenalina vengono chiamati adrenergici. La serotonina viene sintetizzata a partire dall’amminoacido triptofano e viene classificata come indolamina. • Acitelcolina: l’acitelcolina è un piccolol neurotrasmettitore sintetizzato mediante l’aggiunta di un gruppo acetile a una molecola di colina (acetilcolina + colina= ACH). Essa agisce come neurotrasmettitore a livello delle giunzioni muscolari; viene scissa a livello sinaptico da parte dell’enzima acetilcolinesterasi. I neuroni che rilasciano acitelcolina sono chiamati colinergici. Una volta terminata la propria attività l’acitelcolina viene degradata in acido acetico + colina dall’enzima acetilcolina esterasi. L’acetilcolina presenta due recettori: nicotinico (stimolato dalla nicotina, recettore ionotropico) e muscarinico (stimolato dalla muscarina, è un recettore metabotropico distribuito nei sistemi cerebrali). • Neuropeptidi: i trasmettitori neuropeptidici vengono raggruppati in cinque categorie generali: peptidi ipofisari (ormoni rilasciati dall’ipofisi), peptidi ipotalamici (ormoni rilasciati dall’ipotalamo), peptidi gastrointestinali (comprende neuropeptidi a livello delle viscere), peptidi oppioidi (un a struttura simile a quella dei principi attivi dell’oppio), peptidi vari (comprende tutti i trasmettitori neuropeptidici che non rientrano in alcuna categoria).