Scarica 9) Platone - La Maturità (dalla teoria delle idee a quella dello Stato) e più Esercizi in PDF di Filosofia solo su Docsity! La Maturità platonica La teoria delle idee Compito: Pag.222 n.1, 2, 3, 4 1. Le idee per Platone Il termine “idea” per Platone indica un’entità immutabile e perfetta, assolutamente indipendente dall’uomo e a sé stante, che funge da modello unico e perfetto delle cose molteplici e imperfette di questo mondo. Le idee, infatti, risiedono in una zona dell’essere molto diversa da quella in cui viviamo, chiamata iperuranio. Le idee hanno quindi gli stessi caratteri di assolutezza dell’essere Parmenideo, ma a differenza di questo le idee sono molteplici (questa questione verrà poi approfondita nella vecchiaia). Per sviluppare la teoria delle idee, Platone riprende da dove il suo maestro, Socrate, aveva lasciato, ovvero dal concetto. Il concetto, però, come abbiamo visto, è il risultato di un confronto e poi un accordo tra i dialoganti (si parla quindi di verità condivise, di omologhìe, non di verità assolute), mentre l’idea platonica non è una verità condivisa, ma una verità rigorosamente universale. Per la prima volta, quindi, con la teoria delle idee, Platone va esplicitamente al di là delle dottrine che Socrate aveva insegnato, elaborando un proprio pensiero originale. Giunge dunque al termine il primo periodo degli scritti socratici, ed ha inizio il periodo della maturità platonica, in cui Platone inizia a distaccarsi dal pensiero socratico. 2. In che senso e in quali ambiti il dualismo si può applicare alla riflessione di Platone La teoria delle idee conferisce al pensiero platonico un’impronta dualistica, ossia di una dottrina fondata su due principi esplicativi del mondo, in due ambiti: gnoseologico e ontologico, tra loro strettamente connessi. Il dualismo gnoseologico, in quanto tale, contrappone due gradi fondamentali di conoscenza, che in Platone corrispondono all’opinione e alla scienza. Il dualismo ontologico, invece, contrappone due tipi di essere distinti, che in Platone corrispondono alle cose e alle idee. E’ facile intuire che questi dualismi sono strettamente collegati, infatti: L’OPINIONE è una forma di conoscenza mutevole e imperfetta, in quanto rispecchia le COSE che, in quanto sono testimoniate dai sensi, sono mutevoli e imperfette; La SCIENZA, invece, è immutabile e perfetta, in quanto rispecchia le IDEE, che sono immutabili e perfette. Quindi la scienza è considerata una verità perfetta solo e unicamente perché indaga sulle idee, che sono realtà immutabili e perfette, e non sulle cose che, essendo testimoniate solo dall’esperienza e dai sensi, sono imperfette. 3. Il rapporto tra le idee e le cose e tra le idee e l’idea del Bene secondo Platone In linea generale, Platone configura il rapporto tra le idee e le cose come un rapporto modello- copia. Sostiene quindi che le cose sono copie, o imitazioni imperfette, delle idee. Entrando più nello specifico, si può dire che il rapporto tra le idee e le cose si configura anche in questo caso sia in senso gnoseologico che ontologico, infatti le idee possono essere intese come: criteri di giudizio delle cose (significato gnoseologico), in quanto per formulare giudizi sugli oggetti non possiamo fare a meno di riferirci alle idee, quindi le idee sono la condizione di pensabilità degli oggetti; cause delle cose (significato ontologico), perché gli individui esistono solo in quanto imitano le idee o partecipano di esse, quindi le idee sono la condizione di esistenza degli oggetti. Possiamo concludere dicendo che Platone, nel definire effettivamente questo rapporto, pur rimanendo sempre piuttosto incerto e oscillante, parla di: mimèsi (per cui le cose imitano le idee); metèssi (per cui le cose partecipano (cioè hanno qualcosa in comune), anche se imperfettamente, all’essenza delle idee); parusìa (per cui le idee sono presenti nelle cose). Per quanto riguarda invece l’idea del Bene, in rapporto alle idee non è altro che il supremo valore da cui dipendono tutte le altre idee, quindi il Bene sta al vertice della gerarchia piramidale delle idee, è la luce che illumina le idee che stanno nei gradini più bassi della gerarchia. Nella maturità platonica, infatti, si distinguono fondamentalmente in: le idee-valori, ovvero i supremi princìpi etici, estetici e politici (l’idea del Bene, della Bellezza, della Giustizia ecc.); le idee matematiche, ovvero le entità e i princìpi dell’aritmetica e della geometria (le classi di numeri, l’idea di uguaglianza, il quadrato, il cerchio ecc.) Poi più avanti, nella vecchiaia, Platone inizierà ad approfondire le idee di cose naturali (come l’idea di “uomo”) e le idee di cose artificiali (come l’idea di “letto”), ma sono tutti concetti che approfondiremo più avanti, in quanto non riguardano la fase della maturità. Va comunque sottolineato che l’idea del Bene non è assimilabile a Dio, in quanto il Bene non crea le idee, ma si limita a comunicare loro la perfezione, rimanendo comunque superiore ad esse. 3. Cos’è l’iperuranio e come può essere inteso Il termine “iperuranio” indica, letteralmente, un luogo “sopra il cielo”, e in Platone indica la zona a- spaziale e immateriale dell’essere nella quale risiedono le idee. Ci sono state diverse interpretazioni di questo mondo platonico delle idee. La tradizione lo ha considerato come un qualcosa di analogo al paradiso cristiano o all’empireo dantesco, ma questa interpretazione è considerata dagli studiosi come troppo legata al mito. Nel Novecento degli studiosi hanno anche considerato le idee platoniche non come “sostanze” reali, ma come “schemi” della nostra mente, quindi semplicemente modelli di classificazione delle cose, ma questa interpretazione oggi è considerata come un’eccessiva modernizzazione del pensiero platonico. -Aristofane, espone il mito degli androgini, esseri primitivi composte da due metà maschili, femminili o da una metà maschile e una femminile; essi sono stati divisi in due per punizione da Zeus, le due parti vanno l’una in cerca dell’altra per ricomporre l’essere originario. Questo racconto sottolinea proprio come uno dei caratteri fondamentali dell’uomo rivelati dall’amore sia l’insufficienza, o l’incompletezza. -Socrate racconta che durante una festa, Poros, il dio dell’abbondanza, ubriaco, fu sedotto da Penia (povertà); dalla loro unione nacque Eros, il semidio dell’amore. Egli cerca incessantemente l’amore in quanto gli manca, così come il filosofo cerca la verità a causa di una mancanza. Compito: Collegamento tra amore, bellezza, verità, filosofia e dialettica Sappiamo che in Platone l’amore ha i tratti di una tensione, di una attrazione verso qualcosa di cui ci si riconosce mancanti, e per tanto di cui si sente il bisogno, il desiderio. L’oggetto di questo desiderio, di questo amore, è la Bellezza, ma una bellezza che solo in un primo momento è sensibile, ma poi è soprattutto ideale, metafisica. La Bellezza, infatti, non è altro che un’idea, che fa parte della categoria, come abbiamo visto, delle idee-valori, la quale sta al vertice della gerarchia piramidale delle idee, al di sotto dell’idea del Bene. In questo senso, e ci ricolleghiamo alla filosofia, l’amante non è altro che il filosofo, mentre l’oggetto dell’amore, la bellezza (intesa come un qualcosa di pieno, perfetto, perfettamente proporzionato, armonioso ed eterno) non può che corrispondere alle idee, e quindi alla verità, che come sappiamo è l’oggetto della ricerca filosofica. Non a caso, filosofo significa letteralmente “amante della sapienza”. Quindi il filosofo è attratto dalle idee, e quindi dalla verità, semplicemente perché le idee sono belle, cioè rispecchiano l’ideale della Bellezza (ovviamente si parla sempre di una bellezza metafisica, non sensibile). Questo discorso si ricollega anche al non sapere socratico, infatti solo l’uomo che riconosce la mancanza della verità, e quindi ne sente il bisogno, può andare alla ricerca di essa. E’ per questo che l’amore di cui parla Platone non si riduce al sentimento tra uomo e donna, ma si configura come strumento per arrivare alla conoscenza. Per quanto riguarda la dialettica, per Platone non è altro che il processo attraverso cui il filosofo si avvicina alla verità. Secondo Platone, infatti, il dialogo è l’unico mezzo attraverso il quale si possa comunicare la ricerca filosofica della verità, in quanto riproduce l’andamento di questa ricerca, che procede di tappa in tappa, così come riproduce il carattere di socialità e la concezione socratica della filosofia come sapere “aperto”, che quindi ripropone e rivede incessantemente i suoi problemi, senza mai pretendere di dare una verità assoluta o definitiva, con la consapevolezza che la ricerca è inesauribile e che dato che l’uomo non potrà mai possedere totalmente la verità dovrà continuare a interrogarsi su di essa. Mentre per quanto riguarda la retorica, in Platone non ha una propria autonomia, come nel caso dei sofisti, ma è solo lo strumento della dialettica, che è il vero strumento della filosofia. Il mito della biga alata e i simboli di anima razionale, irascibile, concupiscibile, della conoscenza delle idee e dell’incarnazione dell’anima in un corpo Il mito della biga alata è narrato nel Fedro ed è utilizzato da Platone come espediente pedagogico (o didattico-espositivo) per esporre la sua teoria dell’anima, secondo la quale quest’ultima è distinta in tre parti: La parte razionale, che ha sede nel cervello e permette all’essere umano di ragionare e controllare gli impulsi; La parte concupiscibile (o desiderante), che ha sede nel ventre ed è il principio di tutti gli impulsi; La parte irascibile (o coraggiosa o impulsiva), che ha sede nel petto, ha come virtù il coraggio e lotta per ciò che la ragione ritiene buono e giusto, ed è assimilabile alla volontà. Nel mito della biga alata, Platone paragona l’anima dell’individuo a una biga alata, costituita, proprio come l’anima, da tre elementi: L’auriga (la parte razionale dell’anima) Il (la parte irascibile, coraggiosa) Il cavallo nero (la parte concupiscibile, irrazionale) I due cavalli sono ovviamente in disaccordo, per cui il compito dell’auriga risulta molto difficile. Egli cerca di condurre la biga verso il cielo, nell’iperuranio, dove l’anima può contemplare la perfezione delle idee, ma può farlo solo per poco, in quanto il cavallo nero (la parte irrazionale) tira la biga verso il basso, verso il mondo sensibile. Quindi ogni anima contempla le idee di più o di meno, ma quando, per oblio o per colpa, la biga si appesantisce, perde le ali, costringendosi ad incarnarsi in un uomo. L’anima che ha potuto contemplare per più tempo le idee si incarnerà in un uomo che si consacrerà al culto della sapienza o dell’amore, mentre le anime che hanno visto di meno si incarneranno in uomini che ignoreranno la ricerca della verità e della bellezza. Ovviamente, dato che l’anima è eterna ed immortale, questo accadrà all’infinito. Lo Stato ideale (trattato nella Repubblica) Per Platone la giustizia è la condizione fondamentale della nascita di uno Stato. Come l’anima, affinchè uno Stato sia giusto, deve essere diviso in tre parti equilibrate: 1) Al vertice della gerarchia sociale ci sono i governanti, ovvero i filosofi. Essi devono governare in quanto capaci di esercitare i logos, e quindi vicini all’idea del bene. La loro virtù è la saggezza (corrisponde alla parte razionale dell’anima); 2) La seconda classe sociale è quella dei guerrieri, la cui virtù è il coraggio (corrisponde alla parte irascibile dell’anima); 3) L’ultima classe sociale è quella dei produttori, essi sono i più lontani dal bene in quanto hanno a che fare con la materia. Devono avere temperanza, cioè la capacità di autocontrollarsi (corrisponde alla parte concupiscibile dell’anima). La temperanza appartiene a tutte le classi, ma a specialmente a quest’ultima. La giustizia per Platone Affinché o Stato sia giusto tutte e tre le classi sociali devono svolgere il proprio dovere senza interferire con quello degli altri. La tripartizione dello Stato deriva dal fatto che i diversi compiti devono essere eseguiti da persone diverse. Inoltre, secondo una leggenda fenicia, detta MITO DELLE STIRPI, esistono tre tipi di uomini: 1) Gli uomini dalla natura aurea, che hanno una predisposizione al ragionamento alla razionalità (i filosofi); 2) Gli uomini dalla natura argentea, individui prevalentemente impulsivi (i guerrieri); 3) Gli uomini dalla natura bronzea, individui prevalentemente soggetti al corpo e ai suoi desideri (i produttori). La classe sociale non è ereditaria Il ruolo che ha un uomo nella società deve dipendere dalla sua natura. Di solto la natura dei figli è uguale a quella dei genitori, ma può capitare che non lo sia. La natura diversa dei figli, se non stimolata correttamente, può essere influenzata da quella dei genitori. Comunque sia, la classe sociale NON E’ RECESSARIAMENTE EREDITARIA, quindi un bimbo “bronzeo” nato tra gli “aurei” dovrà essere retrocesso, e viceversa un bimbo “aureo” nato tra i “bronzei” dovrà essere innalzato e accettato tra i custodi. Il comunismo platonico Per i guerrieri e per i governanti Platone immagina una forma di comunismo, infatti, affinché facciano il bene della società, non deve esistere la proprietà privata, che porterebbe all’egoismo e ad interessi personali. Essi non devono possedere niente, ma tutto ciò che hanno è condiviso con la comunità, compresi figli e mogli. Inoltre la donna non deve essere subordinata all’uomo, ma devono godere di completa uguaglianza e partecipare alla vita dello Stato. Questa visione di Stato in cui ogni cittadino svolge il proprio ruolo senza interferire con il lavoro altrui è una forma di organicismo; si tratta di una visione gerarchica. Alla visione organicistica si affianca quella statalistica, in cui lo Stato interviene nella vita dell’individuo pianificando ogni aspetto della sua vita pubblica e privata. La democrazia secondo Platone non può funzionare in quanto se un cittadino non possiede un’anima razionale è impossibile che possa governare. Per questo si tratta di una forma di sofocrazia (governo dei sapienti) o di noocrazia (governo dell’intelligenza), infatti lo Stato viene governato dai filosofi, in quanto esercitanti del logos. Ma chi ci garantisce che i filosofi (i custodi/i governanti) non faranno i loro interessi personali? La loro natura. Infatti secondo Platone individui che fin dalla nascita sono stati addestrati a pensare al bene collettivo, una volta governanti saranno sicuramente in grado di agire per il bene dello Stato. Le possibili degenerazioni dello Stato (governo fondato sull’ONORE) quando i governanti di appropriano di terre o di case e cominciano a perseguire l’affermazione personale (governo fondato sul CENSO) il comando è riservato a pochi