Scarica Alcuni saggi da: Arte rinascimentale nel contesto. A cura di Edoardo Villata e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! ARTE RINASCIMENTALE NEL CONTESTO Introduzione: il libro si propone di fornire a noi studenti concetti che seguano una prospettiva storica agli eventi; la storia dell’arte sta infatti passando un periodo di crisi, nel senso che non si indaga un fenomeno nel suo procedere cronologico ma lo si divide troppo spesso in settori, e inoltre ci si abbandona sempre piu alle fonti scritte piuttosto che guardare al dipinto. I saggi individuano alcuni aspetti che hanno connotato il rinascimento italiano, con alcuni parallelismi con il resto d’Europa. Roberto Cassanelli – Una rivoluzione nelle arti e nel disegno: storia dell’arte e fotografia delle origini Nel 2020 siamo abituati a studiare arte sui libri illustrati con immagini che riportano perfettamente l’immagine che si studia. Ma non è sempre stato così: la storia dell’arte nasce in Germania alla metà del 1800 e prende le mosse proprio dai primi sviluppi della prima fotografia (dagherrotipia Daguerre 1839, e calotipia Talbot 1841). Prima di questo momento, la tecnica utilizzata, soprattutto nel sistema didattico delle Accademie Ottocentesche, era quella del disegno e sulla copia del modello, affianco alla stampa di traduzione, litografie o xilografie. Le due nuove tecniche sopra menzionate cominciavano a suscitare l’interesse degli studiosi positivisti, in quanto potevano essere dei validi strumenti condensatori del metodo epistemico positivista, orientato al vero, al dettaglio, alla precisione, e anche dei viaggiatori eruditi, che avevano bisogno di editoria d’arte specializzata, e anche degli insegnanti accademici della nuova disciplina, per rinnovare la loro tradizione basata sul disegno. Tuttavia, esse non riuscirono a scalzare del tutto la stampa di traduzione e il disegno, a causa dei loro limiti, a partire dalla limitata dimensione delle stampe, le aberrazioni prospettiche, le distorsioni del colore e dei toni, e proprio per questo negli anni 40 del 1800 era ancora poco utilizzata come metodo di studio: lo storico dell’arte avrebbe dovuto aspettare gli anni 70-80 del 1800 per disporre di adeguati strumenti di lavoro. Intorno agli anni 50 del 1800, cominciò infatti a poco a poco a diffondersi un mercato delle calotipie delle opere d’arte, spesso riunite in album, per le quali spesso si utilizzavano come modelli non l’opera originale ma delle copie, perché piu leggibili. Il nesso tra nascita della fotografia e quella della storia dell’arte non è stato abbastanza approfondito, inspiegabilmente, dagli studiosi: in italia qualche studio è stato svolto dalla ex soprintendenza ai Beni storici e artistici di Bologna e dalla fondazione Zeri. Un argomento interessante da approfondire è quello degli archivi fotografici delle Accademie, in particolare quella di Brera, che ci aiuta proprio a capire il nesso della fotografia con la nascente storia dell’arte e nello specifico con la fortuna del rinascimento. Essa cerca di aggiornarsi su queste nuove tecniche, in particolare comprando nel 1840 un dagherrotipo da Parigi e cercando di piegarlo ad esigenze didattiche, e poi acquistando nel 1851 (solo 6) fotografie del Sacchi, pittore e incisore, di monumenti medievali dell’italia settentrionale. Sacchi voleva individuare, attraverso il suo progetto fotografico Monumenti, vedute, costumi d’Italia, una certa unità culturale di un paese in formazione come il nostro, e iniziano a prendere posto tra le sue fotografie anche monumenti rinascimentali, come il Cenacolo vinciano o San satiro bramantesco. Nel corso degli anni l’accademia di brera colleziona 1600 esemplari fotografici, salvo poi, con la nascita nel corso del Novecento del libro con riproduzioni fotomeccaniche, aver visto esaurire la funzione degli archivi fotografici a fonte di documentazione per pochi specialisti. Caterina Zaira Laskaris – Trattati tecnici per le arti Prima di tracciare le caratteristiche dei trattati rinascimentali, analizziamo le differenze che intercorrono tra essi e quelli medievali, e i motivi di queste differenze. Nel rinascimento la produzione artistica non è piu solo identificata con la produzione di bottega e le sue regole, ma diventa sempre più individuale, da rilievo al singolo autore; si sviluppa la concezione di creazione artistica che non coincide piu con le mere capacità pratico-tecniche di un autore (come quelle alchemiche), ma si estende a quelle teoriche (ottiche, prospettiche, biologiche). Tutto questo rende necessaria la ridefinizione scritta dell’arte, che diviene vera e propria cultura, da parte di un autore che la percepisce come luogo di elaborazione personale delle sue proprie conoscenze. Prima, ad esempio il Libro dell’arte del Cennini 1300, il trattato prerinascimentale era una descrizione da parte di un artista di bottega dell’arte di bottega e le qualità attribuite all’autore erano solo quelle alchemiche e di osservazione della natura nel dettaglio. Adesso, tra Quattrocento e Cinquecento, le personalità artistiche si svincolano dalle corporazioni e sono consapevoli della propria soggettività, e questi trattati sono il tentativo di assolutizzare come eccellente rispetto alle altre la modalità del fare artistico legata sia alla tecnica che alla cultura dell’autore. Esistono numerosi tipi di trattati, da quelli tecnico artistici a quelli piu prettamente teorici ad altri piu tecnologici ovvero di specializzazione. Ci occupiamo ora delle caratteristiche dei trattati tecnico-artistici: AUTORI: artisti, scultori e architetti, ai quali nel Cinquecento si affiancheranno intellettuali che si slegheranno ancor di piu dal dato empirico verso quello speculativo. FINALITÀ: i trattati servono a definire, concettualmente ma su base empirica, valore e statuto culturale di una data arte e chiarificare le competenze necessarie a chi voglia praticarla. Gli autori si dotano di un proemio per fare ciò, dove sviluppano anche la programmaticità del trattatto. DESTINATARI: in prima istanza agli artisti; poi anche i mecenati; poi i conoscitori, i collezionisti e gli amanti d’arte. CONTENUTI: sia principi teorici che dati tecnici, finalizzati all’ottenimento di determinati esiti formali nelle opere d’arte. I principi teorici abbiamo visto che spaziano dall’ottica alla prospettiva, o ricordiamo ad esempio gli studi sull’acqua di Leonardo. CONTESTO: questi scritti possono nascere o per iniziativa personale dell’autore, o su sollecitazione del contesto socio-culturale per rispondere all’esigenza di formalizzare alcune difficili regole tecniche o teoriche. FORME TESTUALI: spesso gli autori adottano le regole delle artes liberales (retorica, logica, grammatica, aritmetica, geometria), per fare da sostegno alle tesi. LINGUAGGIO: variano dal latino al volgare, avvalendosi della filologia per tradurre fonti antiche, al linguaggio si abbinano disegni e schemi spesso, come anche in Leonardo. Si usa talvolta la forma monologica o dialogica, dialettica o dimostrativa, o autobiografica. CIRCOLAZIONE: il prestigio dell’autore condiziona il recepimento continuativo di un determinato testo. Pier Luigi Mulas – La miniatura in Italia dopo l’introduzione della stampa Partiamo dal significato di miniatura: essa aveva in origine un significato strettissimo, ovvero quello della lettera iniziale di un manoscritto antico, poi ha preso il nome di quella tecnica antichissima della decorazione ornamentale dei manoscritti. Quando dal manoscritto si passa al libro, ovvero quando nasce la stampa nel 1400, i miniatori si reinventano e adottano tecniche nuove per ornare rapidamente la grande quantità di libri che si stampavano. A Subiaco, vicino Roma, sono stati stampati i primi libri italiani: Cicerone, Agostino e Lattanzio. La tecnica adottata dai tipografi (coloro che stampano) era quella di imitare le miniature, riconoscendo a loro il primato estetico, ma di fatto stampando forme predefinite e al massimo lasciando lo spazio di colorare al compratore. Giulio Clovio, attivo a Roma nel 1500, è stato definito dal Vasari il piu grande miniatore della sua epoca, applicando alle sue miniature le regole della pittura monumentale, tanto da essere chiamato il nuovo Michelangelo. conseguendo un prestigio inedito, diventando quasi dei divi. Ma i letterati ancora si ritenevano superiori e non pensavano che un artista potesse ergersi a letterato. Decisivo nel rideterminarsi della visione dell’artista da parte dei letterati fu l’invenzione della stampa (avvenuta alla meta del 1400 ma diffusa in italia a partire dal 1500): i pittori leggevano libri e i letterati guardavano quadri, i quadri diventano oggetti preziosissimi da conservare in musei, contemporaneamente all’assunzione a quasi divinita dell’artista. I libri diventano un aiuto fondamentale agli artisti in quanto in essi rimane piu di quanto non rimanga nell’opera stessa, con il passare del tempo. È proprio il Vasari a stabilirsi come canone nella letteratura artistica, ma proprio 7 anni dopo la pubblicazione delle vite prende piede quell’altro filone di critica letteraria, quello del Dolce (con il personaggio Aretino), da cui si sviluppa l’idea di gusto personale. Qualcosa di inedito: l’originalità individuale dell’espressione artistica e sempre stata estranea al mondo dell’arte in quanto esistevano delle norme che dovevano essere seguite e chi scartava era considerato inetto. Ma questo forse perche Dolce era veneto e in quegli anni a Venezia l’arte stava vivendo un periodo glorioso e voleva essere inclusa in quell’asse roma-firenze. Questa tendenza al gusto rimarrà per i secoli a venire, provocando mode e reazioni ad esse, fino all’arte del cattivo gusto dell’espressionismo novecentesco, e sempre verrà opposta dai critici accademici, filologici, che spiegano l’arte in base a date, dati e contratti. Paul Davies – La chiesa a pianta centrale e il suo successo nell’Italia del Rinascimento Il tema del saggio è il motivo per cui durante la fine del 1400 ed il 1500 si siano costruite cosi tante chiese a pianta centrale piuttosto che a pianta longitudinale. La risposta scontata e ovvia che tutti danno è che, posto che il Rinascimento è il movimento di riscoperta e rinascita di forme ed idee della classicità, e posto che gli antichi filosofi ritenevano come forma perfetta il cerchio (Platone Timeo, Aristotele Fisica), naturale conseguenza di questo è che si riprendesse la forma del cerchio, la piu perfetta in assoluto, e la si attribuisse alle chiese, gli edifici più importanti in assoluto. La pianta centrale inizio ad essere usata da Brunelleschi, dall’Alberti e nel 1500 da Palladio. Il problema nasce ora: in realtà la pratica di attribuire una forma perfetta ad un edificio religioso non era un’azione nata nel Rinascimento, anzi, gia nel Medioevo era una pratica attestata. Allora si capisce che l’exploit rinascimentale della pianta centrale è solo parzialmente dovuto alla volonta di riprendere forme perfette e armoniche ed attribuirle alle Chiese. Un motivo che va ad aggiungersi a questo parziale è che: nel Rinascimento si diffuse l’errata convinzione che i templi romani fossero di norma costruiti a pianta centrale. Questa convinzione rinascimentale è nata a partire dalla credenza che, siccome la pianta del Pantheon il meglio conservato tempio romano era centrale, tutti gli altri principali templi romani avrebbero dovuto avere la stessa pianta; così i rinascimentali scambiarono, forse per autoconvincimento, chiese cristiane e mausolei come templi romani. Questi motivi non sono sufficienti, in quanto se fosse così tutte le chiese rinascimentali avrebbero dovuto essere a pianta centrale, e invece pare che siano sostanzialmente quelle dedicate alla Vergine ad esserlo. Il motivo di questa tendenza è il seguente: spesso in epoca cristiana le strutture ospitanti reliquie o oggetti di venerazione, soprattutto immagini mariane, erano circolari (ad esempio il ciborio che soprattutto tra il 1300 e il 1500 assume pianta centralizzata), e gli architetti potrebbero aver preso spunto dall’architettura dei cibori per costruire la Chiesa. Un'altra risposta alla tendenza ad attribuire la pianta centrale alle chiese mariane puo essere che siccome la madonna era spesso associata ai miracoli e alla presenza del soprannaturale in terra, o santuari dovevano rappresentare la forma perfetta per l’accesso al mondo spirituale. Un’ultima cosa da dire riguarda il fatto che aumentarono esponenzialmente le chiese mariane a pianta centrale tra il 1400 e il 1500, e questo vuol dire una sola cosa: esplose in quegli anni il picco dei culti mariani. Gli architetti rinascimentali avrebbero voluto costruire molte piu piante centrali, ma si limitarono a costruirne solo in luoghi in cui fosse espressamente necessario, per non provocare dei dissidi con la Chiesa, visto che essa non riprendeva nulla di quello che era precristiano. Francesco Repisthi – L’antico e l’architettura milanese tra Quattrocento e Cinquecento Ci occupiamo di ricostruire l’iter di formazione del linguaggio architettonico rinascimentale in lombardia, un percorso non immediato che inizia con una sperimentazione di nuovi modelli architettonici, prosegue con la ricerca di una lingua e una modalità adatta alla loro regolamentazione, e si conclude con la trattatistica. ARCHITETTURA MILANESE Sappiamo che in tutta Italia a partire dalla metà del Quattrocento si stava cercando un linguaggio nuovo, che rielaborasse le fonti antiche e le rendesse moderne. Nell’architettura Milanese e non solo si ricercavano degli elementi e materiali all’antica da poter elaborare ex novo e creare un nuovo linguaggio. La sua normalizzazione in testi scritti non fu immediata, ci volle circa un secolo per avere la cosiddetta trattatistica, ovvero testi in cui questo linguaggio prende vita e viene diffuso in tutta europa. Prima dell’apporto di Schonfield, si pensava che tutte le novità rinascimentali dell’architettura milanese fossero state importate o da artisti romani soggiornanti a Milano o viceversa. Schonfield fece notare invece una sorta di “rinascimento locale” in cui autori come Amadeo, Bramante e Battagio quando lavorano a Milano ricorrono per i modelli antichi non per forza a modelli strettamente romani, ma si rifanno o all’architettura di San Lorenzo e Sant’Aquilino (a struttura centrale anticheggiante), o a lapicidi locali ad esempio. Forse l’unico che si allontana da questi modelli ad influenza locale fu il Solari, che riprende l’antico senza ostentare la decorazione lombardesca, rendendo il linguaggio antico milanese non più anacronistico, ma rendendolo al passo con i tempi. CODICI E MODELLI LIGNEI Alla fine del Quattrocento gli architetti potevano contare solo su tre codici di architettura antica (Vitruvio, Alberti e Hypnerotomachia Poliphili), che in un modo o nell’altro fornivano indicazioni su monumenti antichi. Eppure non aveano disegni. Il disegno era fondamentale, e così ovunque tra Quattrocento e Cinquecento proliferavano album con disegni fatti dagli stessi architetti dei resti dei monumenti, talvolta postillati agli stessi codici. In Lombardia proliferavano questi codici, specialmente ricordiamo quello del Bramantino del 1503, ovvero il Codice delle rovine di Roma, poi altri codici come il Taccuino di Salisburgo e i rilievi dell’Arena di Verona. Tutti questi codici con disegni si spargono in giro per l’italia. Oltre ai disegni, dobbiamo ricordare anche i modelli lignei che, rispetto a quelli in creta e in cera, costituisce l’atto finale di un lungo percorso decisionale. Purtroppo la maggior parte dei modelli realizzati in lombardia è perduta. TRATTATISTICA Il punto di arrivo del processo di creazione di modelli ex novo dall’architettura antica è la nascita della trattatistica: fornisce regole semplici e certe, con linguaggio uniformato e comprensibile, risponde anche all’esigenza di ricercare soluzioni inedite rispetto a quella che, finalmente, poteva chiamarsi regola rinascimentale. I trattati principali sono stati quelli del Vignola, Palladio e Serlio. Edoardo Villata – Oltre la prospettiva Il saggio analizza l’evoluzione della prospettiva, da Giotto al Villata introduce il testo riportando la definizione di “restauro psicologico/percettivo” per la prima volta introdotta dal Testori: esso consiste nel ricostruire idealmente quello che poteva essere il punto di vista, o meglio la percezione visiva, di una tale opera degli spettatori di epoche precedenti alla nostra, a partire da chi non ha mai conosciuto la fotografia, andando indietro a chi non conosceva il trompe l’oeil, e poi a chi non conosceva nemmeno la prospettiva. A questo punto siamo arrivati all’inizio di quella che per il Vasari è la prima fase della rinascita dell’arte, e possiamo avvalerci di questa definizione per analizzare la percezione che gli abitanti della Padova duecentesca potevano aver avuto dei “corretti” giotteschi nella cappella degli Scrovegni a Padova, oppure ancor prima delle Storie di Isacco di Assisi: essa doveva proprio essere qualcosa di non assimilabile a nulla che essi avessero mai visto, da lasciare senza fiato: era stata inventata la prospettiva, era stato inventato lo spazio, qualcosa di immanente alle figure, non esterno. Per noi è ovviamente diverso l’approccio a questi dipinti: avendo la conoscenza di tutte le opere posteriori a quelle, tralasciamo l’importanza magistrale che Giotto ebbe, oltre che per l’arte, anche per la storia dell’uomo e la consapevolezza di se stesso; dovremmo piuttosto accorgerci che la rivoluzione giottesca è stata tanto rivoluzionaria quanto quella copernicana, se non di piu (con Copernico l’uomo si accorge del cambiamento di qualcosa a lui esterno, con Giotto del cambiamento di se stesso e il suo rapporto con gli altri). Tra Giotto e Leonardo c’è ovviamente stato Brunelleschi con l’invenzione della prospettiva lineare, poi c’è stato l’Alberti, e tutte le applicazioni prospettiche in campo artistico e architettonico. Ma facciamo un salto temporale: dal Duecento al Quattrocento-Cinquecento, passiamo a Leonardo. L’interesse che suscita il foglio 8P recto degli Uffizi che reca il celebre disegno della valle dell’Arno non è sull’individuare il luogo esatto da cui ha ritratto la veduta, bensì cade sui bordi del foglio, che ci indicano la sua particolare attenzione nei confronti del grande tema della “prospettiva”. I contorni del foglio infatti tendono a flettersi e a ondeggiare, quasi se li vedessimo in una superficie concava: Leonardo aderiva alla teoria intromissiva, secondo cui sono gli oggetti esterni a emanare raggi che colpendo l’occhio generano la visione (contrario della estromissiva). Attraverso questo piccolo particolare gia si capisce come Leonardo fosse insoddisfatto nei confronti di quella prospettiva lineare della tradizione brunelleschiana. Contemporanei di Leonardo che seguivano invece quel tipo di prospettiva lineare erano Foppa, Butinone, Zenale, mentre Leonardo si interessò alle ricerce del Bramante che spingevano i protagonisti dei suoi disegni sempre piu verso il primo piano, quasi ad incombere sullo spettatore. Leonardo a partire da questo arriva a un’alternativa ancor piu radicale alla prospettiva lineare, cioe la scoperta di prospettive “altre”, si pone il problema del fatto che l’uomo possiede due occhi e non uno solo, indaga sulla prospettiva di “perdimento” (oggetti lontani senza contorni definiti), e “aerea”. La testimonianza dell’allontanamento leonardesco dalla prospettiva lineare è la Sala delle Asse (Milano, 1499), pergolato di gelsi che annulla gli spazi e nega allo spettatore punti di riferimento visivi, per dargli l’impressione di essere immerso in uno spazio continuo e in vitale movimento, e questa opera rappresenta l’inizio del percorso di illusionismo pittorico (che prescinde dall’uso della prospettiva). Altri esempi di cio sono la Battaglia di Anghiari, la Gioconda, la Sant’Anna, San Giovanni. Questo tipo di utilizzo della prospettiva (quello della Sala delle Asse) è stato utilizzato anche da Michelangelo nella parallela Battaglia di Anghiari (nel turbine di cavalli senza appigli visivi, solo un muoversi drammatico di uomini e cavalli), e nella volta della Cappella Sistina in cui le scene sono presentate senza unità prospettica, ma in modo semplicemente paratattico. Il messaggio di Leonardo, per via di Michelangelo, arriva a Raffaello, che saprà magistralmente coglierne la sollecitazione, soprattutto nella Cappella Chigi, con quella finta decorazione architettonica che illude lo spettatore.