Scarica Analisi di una versione di cicerone e più Prove d'esame in PDF di Latino solo su Docsity! NON AVORIO NÉ PORPORA ANALISI Il carme inizia con una sorta di motto iniziale, da cui si sviluppa autonomamente la parte successiva. Il tema del disprezzo delle ricchezze è frequentissimo in ogni genere di poesia antica, ma Orazio sa caricarlo dell’angoscia per la morte che manifesta anche altrove. Un ulteriore tema che si può riscontrare è quello del sapersi accontentare, ma in questo carme particolare si può osservare una rielaborazione di questo concetto e un’ampia riflessione sulla morte. Ancora oggi ci si rende conto di come sia la morte stessa a dare più valore alla vita, spingendo l’uomo a dare il giusto valore alle cose. Questa riflessione è frutto degli insegnamenti della morale epicurea che esortano Orazio a coltivare la metriotes. In questo carme, quindi, Orazio, descrive la sua villa in Sabina, evidenziandone l'apparente povertà, compensata dalla ricchezza di affetti. Infatti all’inizio del carme il poeta descrive le travi che reggono il soffitto, dicendo che sono costituite da legno proveniente dal monte Imetto, nei pressi di Atene, questa descrizione non è casuale, poiché nel corso dell’ode, si aggiunge che esse poggiano su preziosi marmi africani, alludendo alle ricchezze presenti nelle case dei ricchi, ma non nella sua. Inoltre, per evitare di parlare esplicitamente di “ricchi”, Orazio cita Attalo III e la sua villa, le ricchezze degli Attalidi erano divenute proverbiali per gli sfarzi e per gli arredi preziosi. Attalo III, ultimo re di Pergamo, alla sua morte nel 133 a.C. lasciò in eredità a Roma le città del suo piccolo regno (Smirne, Efeso, Pergamo), che formarono la provincia d’Asia. Il concetto del sapersi accontentare si fa sempre più intenso, Orazio sostiene di non aver bisogno di chiedere nient’altro al suo “amico potente” (chiaro riferimento a Mecenate), a tal proposito usa il verbo “mi accontento”, nell’accezione del sapersi accontentare di ciò che la vita offre, in questo caso, la villa in Sabina tanto cara al poeta. Quest’ultimo rende il passare del tempo con l’espressione “si consumano i giorni e i noviluni” dove con noviluni si intende le fasi di luna nuova e quindi le notti, per rendere la fugacità del tempo e quindi la propensione dello scorrere delle giornate e di tutto quel tempo che non riavrà più indietro, eseguendo così indirettamente un invito al Carpe Diem. La seconda metà del carme si caratterizza di un’aspra critica che Orazio muove ai ricchi e agli avari, alludendo ai lavori che le ricche famiglie romane facevano svolgere lungo le coste marine per abbellire i loro spazi ed erigere magnifiche ville, così Orazio condanna questi uomini: confermando loro che troveranno come casa più accogliente quella dell’Orco, chiaro riferimento all’ade. Orazio conclude citando personaggi della mitologia quali Prometeo e Tantalo per far comprendere meglio al lettore cosa sia il sentimento dell’avarizia e come siano stati puniti uomini così meschini. Tantalo è il progenitore degli Atridi, padre di Pelope e nonno di Atreo e Tieste; fu punito per aver imbandito agli dei le carni del figlio Pelope in un banchetto, e condannato a patire la fame e la sete in eterno. Prometeo sottrasse il fuoco agli dei per darlo agli uomini e fu per questo punito da Giove, che lo incatenò ad una roccia sul Caucaso dove un’aquila gli rodeva il fegato.