Scarica Appunti Biologia Animale e Vegetale e più Appunti in PDF di Biologia solo su Docsity! I RECETTORI DI SUPERIFICIE I recettori di superficie si dividono in 3 grandi famiglie che differiscono per il meccanismo di trasduzione utilizzato: 1) Recettori accoppiati a canali ionici: modificano la permeabilità della membrana plasmatica a specifici ioni alterando il potenziale di membrana e producendo corrente elettrica. 2) Recettori accoppiati a proteine G: attivano proteine G legate alla membrana le quali a loro volta attivano o inibiscono un enzima o un canale ionico a livello della membrana plasmatica. 3) Recettori accoppiati a enzimi: agiscono su enzimi o si dissociano a enzimi sul versante intracellulare. Ciascuna di queste tre classi comprende numerosi tipi di recettore e ciascun recettore è sin grado di riconoscere molte molecole segnale extracellulari. RECETTORI ACCOPPIATI A CANALI IONICI Il loro funzionamento è il più semplice; questi recettori servono alla trasmissione rapida di segnali attraverso le sinapsi del sistema nervoso. Questi recettori infatti trasformano un segnale chimico direttamente in segnale elettrico; andando di conseguenza a generare un modificazione del potenziale di membrana. In seguito al legame, il recettore subisce un cambiamento della sua conformazione che permette di far aprire o chiudere un canale a livello della membrana e di conseguenza permette il passaggio di particolari ioni. Differentemente da questi recettori che sono una prerogativa del sistema nervoso, gli altri due tipi sono utilizzati da tutti i tipi cellulari dell’organismo. RECETTORI ACCOPPIATI A PROTEINE G Questi recettori rappresentano la classe più grossa. Nonostante siano in grado di riconoscere molteplici molecole segnale hanno tutti una struttura pressoché identica; vedono un’unica catena polipeptidica che attraversa sette volte avanti e indietro il doppio strato lipidico. Processo: Quando un recettore GPCR si lega ad una molecola segnale va incontro a un cambiamento della conformazione che gli consente poi di attivare la proteina G. La proteina G è composta da 3 subunità proteiche che sono alfa, beta, gamma. Nello stato non stimolato la sublimità alfa ha legata a se una molecola di GDP. Nello stato attivato la subunità alfa riduce la sua affinità verso GDP e questo viene sostituito da GTP. Ora la subunità alfa si stacca dal complesso beta-gamma. Il segnale trasmesso sarà tanto più forte e prolungato quanto più a lungo le molecole segnale resteranno legate ad una subunità alfa o al complesso beta-gamma. Trascorso un certo periodo di tempo dall’attivazione, la GTPasi idrolizza il GTP a GDP e questo si riassocia poi al complesso beta-gamma ricomponendo la proteina G che potrà essere usata nuovamente. 1 Le proteine bersaglio riconosciute dalle subunità delle proteine G possono essere anche canali ionici ad esempio negli animali la frequenza cardiaca è controllata da due tipi di fibre nervose; una ne fa aumentare la frequenza e l’altra la riduce (l’acetilcolina la riduce). Nello specifico il recettore attiva la proteina G, il complesso beta-gamma si lega alla porzione intracellulare di un canale per il K+ facendogli assumere una conformazione aperta. In questo modo si ha rallentamento del battito cardiaco; poi quando il segnale viene interrotto si chiude il passaggio di K+ e la proteina G viene riportata al suo stato inattivato. Interagendo con i canali ionici inducono una variazione immediata nello stato e nel comportamento della cellula; diversamente quando la proteina G interagisce con enzimi il processo è più lento. I due enzimi che più spesso sono oggetto dell’azione della proteina G sono 1) l’AMP ciclico 2) Fosfolipasi C. 1) Via dell’AMP ciclico Molti dei segnali extracellulari che agiscono tramite recettori accoppiati a proteine G influenzano l’attività dell’adenilato ciclasi e modificano perciò la concentrazione di AMP ciclico. Nel caso più comune accade che la subunità alfa nel momento in cui viene attivata mete in funzione l’adenilato Ciclasi provocando un improvviso aumento della sintesi di AMP ciclico. La proteina G quindi viene chiamata proteina GS perché stimola la ciclasi. Il segnale invece viene terminato nel momento in cui interviene un secondo enzima che è cAMP che converte rapidamente l’AMP ciclico in semplice AMP Il bersaglio del cAMP è il PKA, una proteina chinasi dipendente che normalmente è inattivata sotto forma di complesso con un’altra proteina. Il cAMP si lega a questo complesso modificandone la conformazione e liberando PKA. La PKA ora liberata va a fosforilare diversi tipi di proteine andando a modificarne l’attività. 2) Via dell’inositolo Alcuni recettori GPCR esercitano il proprio effetto tramite un tipo di proteina G detta proteina Gq in quanto si ha l’attivazione dell’enzima fosfolipasi C invece dell’adenilato ciclasi. Una volta attivata la fosfolipasi C, questa propaga il segnale tagliando uno dei componenti lipidici della membrana plasmatica che è il fosfoinositide. Una volta tagliata la testa del fosfoinositide la fosfolipasi C genera due piccole molecole segnale che sono: 1) Inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) Il IP3 liberato nel citosol va incontro al reticolo endoplasmatico e si lega ai canali per il Ca2+ e li apre. Il calcio che era immagazzinato all’interno del reticolo si riversa nel citosol provocando un aumento repentino della concentrazione citolosolica dello ione. 2 I microtubuli possono formare anche strutture permanenti, come ciglia e flagelli. Il loro ruolo come organizzatori del citoplasma dipende dall’associazione con proteine accessorie, soprattutto proteine motrici. Le subunità dei microtubuli sono molecole di tubulina, dimeri a loro volta composti di due proteine globulari molto simili, dette tubulina alfa e tubulina beta, unite da legami non covalenti. Un microtubulo risulta formato da 13 protofilamenti paralleli, ciascuno dei quali e’ una catena di subunità di tubulina alfa e beta alternate nel senso della lunghezza. Un protofilamento ha una polarita’ strutturale, terminando a una estremità con una tubulina alfa e all’altra con una tubulina beta. L’estremita’ che espone la tubulina beta si chiama estremita’ più, quella con la tubulina alfa si chiama estremita’ meno. I siti di nucleazione facilitano l’assemblaggio di microtubuli e una volta nucleato, il microtubulo tende a crescere, per aggiunta di subunita’, a partire dal centro organizzatore, poi si accorcia perdendo elementi al capo libero, pero’ puo’ poi riprendere a crescere oppure sparire. Questo comportamento e’ noto come instabilita’ dinamica, ed e’ dovuto alla capacita’ intrinseca delle molecole di tubulina di idrolizzare GTP. Le molecole di tubulina, legate al GTP, si compattano bene insieme nella parete del microtubulo, le molecole di tubulina legate al GDP stabiliscono tra loro legami piu’ labili. Quando la polimerizzazione procede rapidamente, l’aggiunta di molecole di tubulina all’estremo libero del microtubulo e’ più rapida dell’idrolisi del GTP ad esse legato, per cui il tratto terminale del polimero e’ composto da un cappuccio a GTP. In queste condizioni il microtubulo continua a crescere. Quando diminuisce la quantita’ di tubulina-GTP nell’ambiente, diminuisce la velocita’ di aggiunta di tubulina e quindi vi e’ tempo per l’idrolisi del GTP prima dell’aggiunta della successiva subunita’ di tubulina. In questo caso il capo libero sara’ composto da tubulina-GDP e questo sposta l’equilibrio a favore della depolimerizzazione. Una volta avviata la depolimerizzazione tenderà a continuare, spesso a una velocita’ disastrosa. I farmaci che impediscono la polimerizzazione o la depolimerizzazione della tubulina hanno effetti rapidi e profondi sull’organizzazione del citoscheletro. Proteine accessorie Vi sono varie proteine che, legandosi ai microtubuli, ne modificano le proprietà come le MAP (proteine associate ai microtubuli, che li tengono stabili e mediano l’interazione con i componenti cellulari). Nel cervello MAP-1, MAP-2 e TAU accelerano la nucleazione nella prima fase di polimerizzazione ed evitano la depolimerizzazione. 5 Ciglia e flagelli Servono a muoversi e a muovere i liquidi a contatto con la superficie cellulare. Le ciglia sono strutture piliformi del diametro di 0.25 micrometri, rivestite dalla membrana plasmatica. Ciglia All’interno di ogni ciglio c’e’ una coppia di microtubuli centrali rivestiti da nove microtubuli doppi disposti ad anello (disposizione 9+2). I due microtubuli centrali scivolano l’uno sull’altro, facendo piegare il ciglio e quindi generando il moto. Le ciglia spostano il fluido a contatto con la superficie cellulare, oppure sospingono l’intera cellula attraverso un fluido. Flagelli I flagelli, organi propulsori di spermatozoi e di molti protozoi, hanno anch’essi una disposizione 9+2, ma in genere sono assai più lunghi delle ciglia. Essi sono percorsi nel senso della lunghezza da un movimento ondulatorio regolare che crea un avanzamento. Ai microtubuli di ciglia e flagelli, sono associate proteine che ne garantiscono l’integrità e generano la forza motrice: la piu’ importante e’ la “dineina ciliare”, alla quale si deve la flessione del fusto centrale. 3)MICROFILAMENTI DI ACTINA Sono polimeri della proteina actina e servono alla struttura della cellula e al movimento. I filamenti di actina interagiscono con numerose proteine accessorie, e a seconda del tipo di proteina, possono formare strutture rigide e permanenti come i microvilli dell’epitelio intestinale. Anche il filamento di actina ha una polarità strutturale e vede un’estremià più e una estremità meno. I filamenti di actina si allungano per aggiunta di monomeri a entrambe le estremita’, ma la velocita’ e’ maggiore all’estremità più. Come nei microtubuli l’estremità di un microfilamento in crescita, e’ formata da actina F- ATP, mentre il corpo del filamento e’ composto da actina F-ADP. Inizialmente si ha una fase di latenza in cui si nucleano nuovi filamenti, poi una fase di polimerizzazione rapida; l’idrolisi dell’ATP riduce la forza di legame tra i monomeri, e ciò promuove la depolimerizzazione. Per la polimerizzazione dell’actina servono ioni come Mg2+ e K+. Proteine citoplasmatiche accessorie Anche delle piccole proteine, naturalmente presenti nella cellula, possono modificare le proprieta’ dei microfilamenti. Ad esempio la timosina si lega ai monomeri actinici o ad altre proteine che si legano all’estremita’ del filamento, bloccando la polimerizzaione. Un altro esempio e’ la profilina, che accelera lo scambio di ATP in ADP, e quindi regola la pol. e la depol.. 6 Proteine che regolano l’organizzazione dell’actina Sono tre proteine G monomeriche, simili a Ras: 1) Rho per le fibre da stress 2) Rac per i lamellipodi 3) Cdc42 per i filopodi. Esempio: dopo l’arrivo di uno stimolo esterno Rho si attiva tramite forforilazione, ed essa attiva delle Rho chinasi. Queste ultime fosforilano la MLCK (miosin light chain kinase) che e’ la chinasi che fosforila la catena leggera della miosina II. La miosina forforilata si unisce all’actina e vi e’ la formazione di fibre da stress contrattili. Movimento ameboide Molte cellule si spostano grazie a questo moto, attraverso l’emissione e il richiamo di protrusioni sul suo margine guida, l’adesione alla superficie sulla quale la cellula sta strisciando e il trascinamento in avanti grazie alla trazione su punti di ancoraggio. Tutti e tre i processi coinvolgono l’actina ma in modi diversi. Miosina Nelle cellule ci sono svariati tipi di miosina. Le sottofamiglie più rappresentate sono quelle della miosina I e miosina II. La miosina II e’ la principale miosina del muscolo, mentre la miosina I si trova in tutti i tipi di cellule ed e’ la più semplice. E’ costituita da una testa e una coda, di cui la testa interagisce con l’actina e possiede un’attivita’ motrice alimentata ad ATP. La coda e’ diversa nei differenti tipi di miosina I e determina quali componenti cellulari saranno trascinati dal motore proteico, oppure allinea due filamenti actinici l’uno sull’altro. CONTRAZIONE MUSCOLARE; MIOSINA II Miosina II: E’ formata da due catene leggere e due pesanti. Controlla la contrattilità delle fibre da stress, dell’anello contrattile nella citochinesi e la contrazione muscolare in genere. Abbiamo 3 tipi di muscolatura: 1) Muscolatura striata 2) Muscolatura liscia 3) Muscolatura cardiaca Muscolo striato-: La fibra muscolare è una cellula polinucleata formata da miofibrille. Queste sono gli elementi contrattili della cellula muscolare, cilindrici che possono anche percorrere tutta la lunghezza della fibra. Una miofibrilla è composta di una serie di minuscole unità contrattili: i sarcomeri, ripetuti regolarmente dando così un’aspetto striato. Il sarcomero è un’associazione ordinata di filamenti di actina e miosina II specifica del muscolo. I filamenti di miosina II sono gruppi di molecole di miosina che si uniscono tramite le code, formando filamenti bipolari nei quali le teste sporgono lateralmente a destra e a sinistra ma non al centro. 7 La cellula si lega alla fibronectina tramite il dominio extracellulare di un recettore proteico che è l’integrina, mentre il suo dominio intracellulare lega l’actina. Grazie a questo ancoraggio, si evita il distacco dell’integrina dal doppio strato. Il dominio extracellulare in particolare riconosce una sequenza della fibronectina chiamata sequenza RGD, una sequenza peptidica caratterizzata da Arginina-Glicina-Acido aspartico. L’integrina inattiva, risulta ripiegata, poi per mezzo del legame con fibronectina si attiva e si spiega e attiva anche il dominio intracellulare. L’affinità delle integrine è modulata: se è bassa l’affinità per RGD, è bassa anche per l’attacco intracellulare e viceversa. Proteoglicani e GAG Oltre alle proteine fibrose abbiamo i proteoglicani, che hanno funzione di resistenza alla compressione e hanno anche funzione riempitiva. Essi sono costituiti da una proteina a cui sono legate catene polisaccaridiche complesse con cariche negative, i glicosamminoglicani, lateralmente, e a un’estremità può essere legato un altro GAG. I GAG possono essere con o senza solfati e sono fortemente idrofili, ed attraggono una nuvola di cationi, che richiama una forte quantità d’acqua. Inoltre fanno da filtri per il passaggio di molecole nel MEC, oppure legano fattori di crescita che agiscono da segnali per le cellule e infine possono bloccare o incentivare la migrazione cellulare. Un’altra proteina adesiva e’ la laminina, che costituisce la lamina basale, insieme a collagene di tipo IV e varie altre macromolecole. La lamina basale sostiene la superficie basale dell’epitelio. Ha anch’essa funzione di raccordo e di adesione alle molecole di integrina e in particolare di separazione e di filtro tra glomerulo renale e cellule epiteliali nel rene e ha anche un ruolo nella risposta a fattori di crescita. GIUNZIONI CELLULARI Abbiamo diversi tipi di giunzioni 1)Giunzioni strette o occludenti-> svolgono funzione sigillante, saldando tra loro cellule adiacenti, in modo che le molecole non riescano a filtrare tra una cellula e l’altra. E’ formata da claudine e occludine, proteine disposte a formare filamenti sigillanti, lungo le zone di contatto tra le cellule 2)Giunzioni aderenti e desmosomi-> Legano una cellula epiteliale all’altra, attraverso proteine transmenbrana della famiglia delle caderine. Una molecola di caderina di una cellula si lega ad un’altra caderina identica di un’altra cellula. Il legame tra due caderine richiede la presenza di ioni calcio nel mezzo extracellulare. Le caderine sono poi legate a filamenti actinici della propria cellula, attraverso connettori proteici. I fascetti di actina sono collegati per tutta l’estensione dell’epitelio, e conferiscono la capacita’ di sviluppare tensione, restringendo la superficie apicale lungo una o due 10 direzioni, portando il foglietto epiteliale a formare rispettivamente un tubo o una concavita’ formante poi una vescicola. La differenza dei desmosomi, rispetto alle giunzioni aderenti e’ che le caderine si ancorano internamente tramite filamenti intermedi (cheratine). Giunzione comunicante-> La regione è attraversata da una serie di complessi proteici. Tali complessi, detti connessoni, formati da connessine, allineandosi testa a testa, formano dei canali in cui transitano ioni e molecole idrosolubili piccole. Queste giunzioni sono apribili e chiudibili in risposta a segnali extracellulari. Emidesmosomi-> Sono proteine legate all’esterno con la laminina della lamina basale, mentre all’interno con filamenti di cheratina. Sono formati da integrine.
CICLO CELLULARE La funzione fondamentale del ciclo cellulare è la duplicazione della quantità di DNA contenuta nei cromosomi e la distribuzione delle due copie in due cellule figlie geneticamente identiche in modo che ogni cellula riceva una copia dell’intero genoma. Gli eventi più rilevanti del ciclo sono la divisione del nucleo, un processo chiamato mitosi, e la successiva suddivisione in due dell’intera cellula, un processo chiamato citochinesi. Questi due processi nell’insieme costituiscono la fase M del ciclo cellulare. Il periodo tra una fase M e la successiva è detto interfase, un periodo di intensa attività cellulare che comprende le tre restanti fasi del ciclo. Durante la fase S (S sta per sintesi) la cellula replica il DNA nucleare, condizione necessaria per la divisione. Alla fase S si accompagnano due fasi (chiamate G1 e G2) durante le quali la cellula continua ad accrescersi. Durante queste due fasi G la cellula effettua un monitoraggio dell’ambiente interno ed esterno per accertarsi che le condizioni siano adatte alla riproduzione e i preparativi siano terminati prima di impegnarsi negli sconvolgimenti legati alle fasi S (che segue G1) ed M (che segue G2). In particolari momenti delle fasi G1 e G2 la cellula decide se procedere alla fase successiva o attendere, concedendosi altro tempo per i preparativi. Le fasi G1 e G2, nell’insieme, danno alla cellula il tempo di accrescersi e duplicare gli organelli citoplasmatici. I processi più importanti del ciclo cellulare vengono avviati da un apposito sistema di controllo. Infatti una rete complessa di proteine regolatrici nota come sistema di controllo del ciclo cellulare assicura che le cellule siamo pronte prima di dividersi. Tale sistema garantisce che gli eventi del ciclo cellulare avvengano secondo un ordine prestabilito e che ogni evento sia concluso prima che cominci il successivo. Il sistema di controllo del ciclo cellulare riesce ad assolvere questo compito grazie a freni molecolari che possono arrestare il ciclo in vari punti di controllo. In tal modo il sistema di controllo non dà avvio alla tappa successiva del ciclo finché la cellula non è adeguatamente preparata ad affrontarla. 11 1) Un punto di controllo opera nella fase di transizione tra S e G1 e permette alla cellula di avere conferma che l’ambiente è favorevole alla proliferazione cellulare, prima che essa si impegni definitivamente nella fase S. 2) Un altro punto di controllo opera nella transizione tra G2 ed M e assicura che le cellule non entrino in mitosi fino a quando i danni al DNA non siano stati completamente riparati e la replicazione del DNA non sia completa. 3) Un terzo punto di controllo opera durante la mitosi e assicura che i cromosomi replicati si attacchino correttamente a un apparato citoscheletrico detto fuso mitotico, prima che questo li separi e li distribuisca in due cellule figlie. Alcune caratteristiche del ciclo cellulare, tra cui il tempo necessario al completamento di certi eventi, variano enormemente da un tipo di cellula all’altro, persino in uno stesso organismo. Tuttavia, l’organizzazione di base del ciclo cellulare è sostanzialmente la stessa in tutte le cellule eucariotiche e tutti gli eucarioti sembrano condurre e regolare gli eventi del ciclo cellulare impiegando un apparato e meccanismi di controllo simili. Il sistema di controllo del ciclo cellulare Il sistema di controllo del ciclo cellulare si basa sulle cdk, proteina chinasi che si attivano ciclicamente. Il sistema di controllo del ciclo cellulare governa gli apparati del ciclo cellulare attivando e inattivando ciclicamente le proteine e i complessi proteici responsabili dell’avvio o della regolazione della replicazione del DNA, della mitosi e della citochinesi. Questa regolazione è attuata in gran parte tramite la fosforilazione e la defosforilazione delle proteine di questi processi essenziali. Le reazioni di fosforilazione che regolano il ciclo cellulare sono catalizzate da un gruppo specifico di proteina chinasi, mentre la defosforilazione è attuata da un gruppo di proteina fosfatasi. L’attivazione e l’inattivazione di queste chinasi al momento opportuno dipendono in parte da un secondo gruppo di componenti del sistema di controllo: le cicline. Queste proteine non hanno in sé un’attività enzimatica, ma è necessario che si leghino alle chinasi del ciclo cellulare perché queste possano passare allo stato attivo. 12 LA FASE M La fase M comprende mitosi e citochinesi. Durante questo periodo la cellula riorganizza praticamente tutti i suoi componenti e li distribuisce in parti uguali nelle due cellule figlie. Il problema fondamentale per una cellula in fase M è ripartire con accuratezza i cromosomi replicati in fase S, così che ogni cellula figlia riceva una copia identica del genoma. Per assolvere a questa funzione vengono allestiti due apparati citoscheletrici specializzati: uno separa le due serie di cromosomi (mitosi), l’altro suddivide il citoplasma in due metà (citochinesi). Il complesso M-cdk induce l’ingresso della cellula nella fase M e la mitosi L’M-Cdk, induce da solo tutti i vari e complessi riarrangiamenti che si verificano nei primi stadi della mitosi. L’M-Cdk, tra le molte funzioni che svolge, agisce anche sui cromosomi preparandoli per la segregazione e induce inoltre l’assemblaggio del fuso mitotico, il macchinario che separerà i cromosomi. Durante la fase G2 si accumulano i complessi M-Cdk anche se, al momento della formazione, sono inattivi. L’attivazione di M-Cdk avviene solo alla fine della fase G2 ed è innescata dall’attivazione di una proteina fosfatasi (la Cdc25) che allontana alcuni gruppi fosfato che mantengono bloccata l’attività dei complessi M-Cdk. L’M-Cdk attivato inibisce inoltre la chinasi inibitrice Wee1 promuovendo ulteriormente la propria attivazione. L’aumento esplosivo dell’attività di M-Cdk porta bruscamente la cellula dalla fase G2 alla fase M. Le coesine e le condensine contribuiscono a configurare i cromosomi duplicati per la separazione Quando la cellula sta per entrare nella fase M, i cromosomi replicati si condensano. Questa condensazione dei cromosomi è garantita da complessi proteici detti condensine. La condensazione riduce i cromosomi mitotici a piccoli corpi compatti che possono essere segregati più agevolmente nell’interno affollato di una cellula in divisione. Anche prima della condensazione dei cromosomi, il DNA è già manipolato in modo che la cellula possa mantenere traccia delle due copie. Infatti subito dopo la duplicazione dei cromosomi in fase S, le due copie rimangono strettamente legate insieme. Queste due copie identiche, chiamate cromatidi fratelli, contengono ciascuna una singola molecola a doppio filamento di DNA con le proteine a essa associate. I cromatidi fratelli sono tenuti insieme da complessi proteici chiamati coesine che si assemblano lungo i cromatidi mentre il DNA viene replicato. Difetti nella coesione dei cromatidi fratelli portano a errori rilevanti nella segregazione dei cromosomi. Dal punto di vista strutturale le condensine sono correlate alle coesine ed entrambi i tipi di proteine si pensa formino strutture ad anello attorno al DNA cromosomico. 15 Ma mentre le coesine legano assieme due cromatidi fratelli (Figura 18.18a) le condensine si assemblano su ogni cromatidio fratello all’inizio della fase M e aiutano ognuna delle due doppie eliche ad avvolgersi in una forma più compatta. Componente principali di mitosi e citochinesi sono: 1) il fuso mitotico, che effettua la divisione nucleare (mitosi). 2) l’anello contrattile che effettua la divisione del citoplasma (citochinesi) Una volta svolto il proprio compito, ciascuna di queste strutture si disgrega rapidamente. In tutte le cellule eucariotiche il fuso mitotico è responsabile della separazione dei cromosomi replicati e della loro ripartizione in ciascuna delle due cellule figlie. L’anello contrattile consiste principalmente di filamenti di actina e di miosina e contraendosi, esso tira la membrana verso l’interno, dividendo la cellula in due. Per descrivere la fase M si è soliti distinguere sei stadi Benché la fase M comprenda una successione continua di eventi, essa viene tradizionalmente suddivisa in sei stadi. I primi cinque stadi della fase M sono: 1)profase 2)prometafase 3)metafase 4)anafase 5)telofase. Essi costituiscono la mitosi, definita inizialmente come il periodo durante il quale i cromosomi sono visibili. La citochinesi è il sesto stadio della fase M e, dal punto di vista temporale, si sovrappone al periodo terminale della mitosi. LA MITOSI Prima che cominci la mitosi, ciascun cromosoma si è già replicato e consiste di due cromatidi fratelli identici tenuti assieme per tutta la lunghezza da proteine dette coesine Durante la mitosi le coesine si staccano, i cromatidi fratelli si allontanano l’uno dall’altro e i cromosomi fratelli che ne derivano sono tirati verso i poli opposti della cellula dal fuso mitotico. I centrosomi si duplicano contribuendo alla formazione di due poli del fuso mitotico Prima che cominci la fase M, nelle cellule animali devono concludersi due eventi cruciali. Uno è la replicazione del DNA, l’altro è la duplicazione del centrosoma. Con la duplicazione di questa struttura si formano due poli del fuso mitotico e ciascuna delle cellule figlie riceve il proprio centrosoma. La duplicazione del centrosoma comincia all’inizio della fase S ed è avviata dalle stesse Cdk che fanno partire la replicazione del DNA (G1/S-Cdk ed S-Cdk). 16 I due centrosomi prodotti dalla duplicazione inizialmente restano assieme formando un unico complesso nei pressi del nucleo. Con l’inizio della mitosi i due centrosomi si separano e ciascuno funge da centro di nucleazione di una raggiera di microtubuli, detta aster. I due aster si spostano verso lati opposti del nucleo, formando i due poli del fuso mitotico. Il processo di duplicazione e separazione del centrosoma è detto ciclo del centrosoma. PROFASE Il fuso mitotico inizia ad assemblarsi durante la profase Il fuso mitotico è una struttura alquanto dinamica che comincia a formarsi in profase. Il suo assemblaggio dipende dalle particolari proprietà dei microtubuli. All’inizio della mitosi l’instabilità dinamica dei microtubuli aumenta, in parte in seguito alla fosforilazione, a opera del complesso M-Cdk, di proteine associate ai microtubuli che ne influenzano la stabilità. Ne deriva che, durante la profase, microtubuli soggetti ad allungamento e accorciamento rapido si irradiano in tutte le direzioni dai due centrosomi, esplorando l’interno della cellula. Alcuni dei microtubuli che si formano a partire da un centrosoma interagiscono con microtubuli che provengono dall’altro centrosoma. Tale interazione li stabilizza, impedendone la depolimerizzazione, e unisce i due gruppi di microtubuli, formando l’intelaiatura del fuso mitotico. I due centrosomi dai quali si originano questi microtubuli assumono ora il nome di poli del fuso e i microtubuli interagenti si chiamano microtubuli interpolari. PROMETAFASE I cromosomi si attaccano al fuso mitotico durante la prometafase La prometafase inizia improvvisamente con la disgregazione dell’involucro nucleare, il quale si frammenta in tante piccole vescicole membranose. I microtubuli del fuso hanno ora accesso ai cromatidi e li agganciano tramite complessi proteici, i due cinetocori. Ogni cromatide si attacca al microtubulo del polo in cui è direzionato, e ogni cromosoma è attaccato ad entrambi i poli, e per questo si dice biorientato. 17 Il fuso mitotico determina il piano di scissione del citoplasma Nelle cellule animali, il primo segno visibile della citochinesi è la formazione di un solco che si verifica durante l’anafase. Il solco di divisione si forma in un piano perpendicolare all’asse longitudinale del fuso mitotico e ciò garantisce che ogni cellula figlia riceva un corredo cromosomico completo. NECROSI Per necrosi si intende la morte cellulare accidentale, che coinvolge gruppi più o meno estesi di cellule. Le cause principali sono: traumi, anossia, ischemia, ipotermia, esposizione al calore, azione di veleni e tossine. A seconda delle cause, la necrosi avviene per: 1) massicce variazioni osmotiche 2) arresto dell’apporto di ossigeno o sostanze nutritive 3) denaturazione delle proteine. Talvolta la necrosi può essere preceduta da un danno subletale, se l’intensità degli stimoli è al di sotto di una certa soglia, e può quindi evolvere in 2 direzioni: Adattamento, è una reazione reversibile: entro certi limiti, possono essere innescate varie forme di adattamento cellulare morfologico e fisiologico grazie ai quali le cellule preservano la vitalità. Dopo la rimozione dello stimolo o del danno, le risposte adattative cessano, se invece persiste il danno, la cellula subisce danno letale, e va incontro a necrosi o apoptosi (morte programmata). Le cellule necrotiche esplodono riversando il loro contenuto sulle cellule adiacenti, e così scatenano la risposta infiammatoria nell’area in questione. Avviene poi il richiamo chemiotattico dei leucociti che da un lato fagocitano i detriti e dall’altro rilasciano enzimi lisosomiali, facilitando la dissoluzione delle cellule morte. In generale i processi più colpiti sono la glicolisi, il ciclo di krebs e la catena di trasporto degli elettroni. Le maggiori cause di morte sono: • diminuzione della produzione di ATP (conseguenze di danni a livello del processo di respirazione cellulare), ossigeno e radicali liberi dell’ossigeno (si formano nella riduzione di ossigeno ad acqua). • perdita dell’omeostasi del calcio e difetti di permeabilità di membrana. Aspetto morfologico e istologico della necrosi Le cellule necrotiche si presentano prima rigonfie e poi lisate. Sono note diverse alterazioni post-mortem tra le quali: 1) picnosi->riduzione del volume nucleare 2) carioressi-> frammentazione nucleare 3) cariolisi-> dissoluzione nucleare. 20 Tipi di necrosi 1) coagulativa-> causata da disturbi ischemici, il tessuto diventa duro e biancastro, 2) colliquativa-> prevalgono fenomeni litici che portano a dissoluzione del tessuto morto, che si liquefa e si disgrega (es. nel cervello); un’area di necrosi colliquativa in un punto circoscritto e delimitato da capsula è detto ascesso. 3) caseosa-> caratteristica di lesioni tubercolari 4) adiposa, si verifica nel tessuto adiposo, e avviene digestione dei grassi da parte di lipasi che poi precipitano sotto forma di sali di calcio dando all’area un aspetto amorfo. Gangrena Significa putrefazione dei tessuti e necrosi di vaste aree tissutali per disturbi ischemici. Può essere secca (localizzata nelle parti periferiche degli arti), umida ( processi colliquativi, con perdita dell’architettura cellulare e trasformazione del tessuto in una massa liquida e viscosa. Si sviluppa in zone umide del corpo colpite da microorganismi che producono tossine o gassosa. APOPTOSI Con apostoli si intende morte cellulare programmata, la cellula accende uno specifico programma che ne determina la morte. Nel corso dell’apoptosi: 1) Il DNA si frammenta 2) la cromatina si condensa 3) il citoplasma si contrae 4) il citoscheletro collassa 5) la cellula si contrae formando una serie di bolle (BLEBS) che separandosi dalla cellula, creano i corpi apoptotici, i quali vengono fagocitati da fagociti professionali o occasionali. 6) cambia la distribuzione dei fosfolipidi di membrana, infatti la fosfatidilserina (PS) trasloca al lato esterno del doppio strato 7) depolarizzazione della membrana mitocondriale 8) modificazione della permeabilità di membrana e questo porta al rilascio del citocromo c nel citosol, che porta a sua volta all’attivazione delle caspasi. L’apoptosi elimina cellule non funzionali o inutili. Un difetto apoptotico fa sì che non vi sia ricambio delle cellule anormali: cancro, malattie autoimmuni, diabete di tipo I, mentre un aumento dell’apoptosi provoca una perdita di cellule: malattie neurodegenerative, danno ischemico, morte delle cellule infettate da virus. CASPASI Gli apparati molecolari responsabili dell’apoptosi sembrano essere simili in tutte le cellule animali. Comprendono le proteasi della famiglia delle caspasi. Questi enzimi sono attivati in risposta a specifici segnali di induzione dell’apoptosi. Ci sono due tipi di caspasi che cooperano per demolire la cellula: le caspasi iniziatrici, che tagliano proteoliticamente le caspasi esecutrici rendendole così attive. 21 Molte di queste caspasi esecutive a loro volta attivano altri esecutori innescando e amplificando una cascata proteolitica. La cascata proteolitica non solo è distruttiva e si autoamplifica, ma è anche irreversibile; la cellula, una volta raggiunto un punto critico lungo la via che porta alla distruzione, non può più tornare indietro. Per questo è importante che la decisione della cellula di suicidarsi sia soggetta a un controllo molto stretto. La morte programmata è sotto il controllo delle proteine intracellulari della famiglia Bcl2 L’attività delle caspasi nelle cellule è soggetta a una rigida regolazione per garantire che il programma di morte cellulare si mantenga sotto controllo fino al momento in cui serve. Le procaspasi sono attivate principalmente da proteine intracellulari della famiglia Bcl2. Alcune di queste proteine promuovono l’attivazione delle caspasi e la morte cellulare, mentre altre inibiscono questi processi. Tra le più importanti proteine Bcl2 promotrici della morte cellulare ci sono la Bak e la Bax. Queste proteine, che sono attivate in risposta a danno al DNA o altri traumi, attivano le procaspasi per via indiretta, inducendo la liberazione della proteina trasportatrice di elettroni citocromo c dai mitocondri nel citosol. Altri membri della famiglia Bcl2, tra cui la stessa Bcl2, inibiscono l’apoptosi impedendo l’attività della Bax e della Bak, in modo che non si liberi citocromo c dai mitocondri. Il citocromo c rilasciato dai mitocondri attiva le procaspasi iniziatrici e promuove l’assemblaggio di una struttura di grandi dimensioni a forma di girandola a sette bracci, formando un complesso proteico detto apoptosoma. Nell’apoptosoma le procaspasi si attivano, innescando una cascata di caspasi che porta all’apoptosi. Anche i segnali extracellulari possono indurre l’apoptosi Talvolta il segnale di induzione dell’apoptosi non è generato all’interno della cellula ma invece proviene da una cellula vicina. Alcuni di questi segnali extra cellulari attivano il programma di morte cellulare influenzando l’attività di membri della famiglia di proteine Bcl2. Altri stimolano l’apoptosi più direttamente attivando un gruppo di proteine recettoriali di superficie note come recettori di morte. Un recettore di morte ben studiato, chiamato Fas, è presente sulla superficie di molti tipi di cellule di mammifero. Il Fas è costituito da un dominio extracellulare che interagisce con il ligando, un dominio transmembrana e un dominio di morte nella zona citosolica, organizzato in alfa eliche. Fas è presente su tutte le cellule mentre il suo ligando FasL, è espresso solo da alcuni tipi cellulari. Le cellule animali necessitano di segnali extra cellulari per restare vive, accrescersi e dividersi A una cellula animale, per restare viva, accrescersi e dividersi, non basta la disponibilità di nutrienti: essa deve anche ricevere segnali chimici da altre cellule, di solito cellule vicine. 22 BIOLOGIA VEGETALE Le piante sono autotrofe, fissano il carbonio, hanno elevata capacità di adattamento, e si accrescono indefinitamente. Assorbono il carbonio di cui hanno bisogno dall’anidride carbonica atmosferica: svolgono sia fotosintesi clorofilliana (6CO2+6H2O+ luce-> C6H12O6+6O2) per la costruzione di molecole biologiche, e anche respirazione cellulare per produrre energia. Le piante tendono ad aver minimo volume e massima superficie e hanno quindi geometria a lamina, questo perché la pianta si nutre assorbendo liquidi dal suolo e gas dall’atmosfera quindi ha bisogno di un’alta superficie di contatto. Non presentano un sistema immunitario, hanno ampia capacità rigenerativa e l’amido è la loro sostanza di riserva. Non presentano un centro di coordinamento (SNC) e hanno un basso numero di ormoni (che svolgono molteplici funzioni) prodotti da tutte le cellule: ciò determina una lentezza nella risposta agli stimoli LA PARETE CELLULARE Ha funzione di conferimento e mantenimento della forza meccanica, di trasporto, protezione da patogeni, produzione di molecole segnale e accumulo di sostanze di riserva. La parete cellulare di tutti gli eucarioti è costituita da una componente polisaccaridica microfibrillare, immersa in una matrice glucidica e proteica contenente molta acqua. I vegetali compongono la loro parete a strati, e si riconoscono così 3 zone: 1) lamina mediana: costituita essenzialmente da pectine che sono polisaccaridi che formano catene ramificate la cui componente principale è l’acido galatturonico. Questo acido presenta un gruppo carbossilico, e conferisce così particolari caratteristiche alle pectine: possono legare l’acqua e il calcio 2) parete primaria: costituita da pectine, proteine, cellulosa ed emicellulosa. Le singole catene si allineano parallelamente formando microfibrille e lungo le microfibrille, troviamo zone altamente ordinate dette micelle, alternate a zone meno organizzate: questo tipo di disposizione conferisce grande resistenza a trazione e ad attacchi enzimatici alla cellulosa. Le emicellulose sono classificate in base alla composizione chimica delle catene di monosaccaridi: polimero di xilosio, xilosio e glu, glu e mannosio, galattosio e mannosio con vari tipi di legami. A causa della struttura ramificata e delle diverse tipologie non sono organizzate in microfibrille e fungono da accumulo di sostanze di riserva e da strutture trattenitrici di acqua. Le proteine strutturali offrono sostegno e protezione alla parete cellulare e si suddividono in: - glicoproteine ricche in idrossiprolina (HRGP), proteine ricche in prolina (PRP), proteine ricche di glicina (GRP), proteine ricche in arabinogalattani (ARP) - proteine di adesione: mediano le interazioni tra parete, membrana e microtubuli del citoscheletro. - proteine enzimatiche fungono da catalizzatori per reazioni biochimiche. 25 3) parete secondaria: contiene le stesse componenti della parete primaria in differenti concentrazioni, più altre strutture: La prima è la lignina, complesso polimero di natura fenolica, e un enzima chiave per la sua sintesi è PAL. Il processo di sintesi avviene lungo le fibrille di cellulosa. Le seconde componenti sono cere e cutine, queste costituiscono la cuticola, strato che riveste la superficie esterna delle piante superiori. Queste controllano la temperatura, proteggono da aggressioni chimiche, vento e agenti patogeni. La terza è la suberina, tipica delle zone esterne del fusto, è un poliestere di acidi grassi, alcooli e ossiacidi con componenti fenolici, e conferisce impermeabilità alla cellula. Infine la sporopellenina, presente nello strato esterno dei pollini (e in alcune spore), è un polimero resistente sia ad acidi che a basi. VACUOLO Il vacuolo è rivestito dal tonoplasto, una membrana lipoproteica bistratificata asimmetrica composta soprattutto da glicolipidi, come i galattolipidi (e pochi fosfolipidi). Contiene un liquido detto succo vacuolare. Genesi e differenziamento del vacuolo Le cellule non differenziate presentano dei provacuoli, precursori. Hanno origine a partire da una porzione di RE, in prossimità della zona trans del Golgi, in una zona chiamata GERL (golgi, RE e lisosomi): qui questi componenti si fondono e formano tubuli a doppia membrana (quella interna viene digerita e quella esterna formerà il tonoplasto). All’interno dei tubuli si accumulano enzimi idrolitici e così si sono formati i provacuoli, che vanno ora incontro a fenomeni di autofagia: si allungano in strutture tubulari ramificate che si avvicinano e si fondono tra loro delimitando una porzione di citoplasma, che viene degradata da enzimi idrolitici insieme alla membrana interna e si forma così il vacuolo autofagico. Con il differenziamento cellulare i piccoli vacuoli si ingrandiscono per fusione con vescicole prodotte da Golgi e RE e per fusione tra loro, formando il vacuolo vero e proprio. Funzioni del vacuolo 1) ruolo osmotico: vacuolo e parete formano una struttura rigida che determina la pressione di turgore: se il vacuolo perde acqua la pressione di turgore diminuisce e la cellula va incontro a plasmolisi. 2) Ruolo di riserva d’acqua: in ambiente ipotonico vi è ingresso di acqua, in ipertonico plasmolisi. 3) Ruolo tamponante: Il succo vacuolare ha un pH che si aggira tra 4 e 5, grazie a pompe H+-ATPasi e H+-PPasi presenti sul tonoplasto. 26 4) Equilibrio e riserva di ioni: nel vacuolo si accumulano molti ioni inorganici la cui natura dipende dal tipo di terreno in cui cresce la pianta e vengono immessi all’interno per trasporto attivo. Gli ioni immagazzinati, possono rimanere sotto forma libera oppure formare dei sali o cristalli con acidi organici. 5) Riserva di metaboliti: Molti metaboliti organici di riserva vengono accumulati nel vacuolo tra cui aminoacidi, monosaccaridi, disaccaridi, pigmenti che conferiscono i colori a fiori e frutta. Gli acidi organici vengono accumulati nel vacuolo per rimuoverli dal citoplasma quando sono in eccesso in quanto possono interferire con vie metaboliche (es. acido citrico). Nelle cellule del tessuto di riserva dei semi, si formano dei granuli di Aleurone, vacuoli fortemente modificati per immagazzinare proteine, che vengono convogliate attraverso il RE e che precipitano nel vacuolo durante la maturazione a causa della disidratazione. Durante la germinazione poi le riserve vengono mobilizzate e i granuli si dilatano a formare i vacuoli normali. 6) Segregazione di metaboliti: Alcuni metaboliti secondari vengono riversati nel vacuolo come sostanze di rifiuto per essere poi riutilizzati in altre vie. Queste sostanze sono: a) Alcaloidi, gruppo di sostanze organiche contenenti azoto in anelli eterociclici, in genere a reazione basica e inodori, e sono veleni o importanti principi attivi di piante medicinali con effetti su piante, parassiti e animali b) Glicosidi, formati da un monosaccaride complessato con molecola non zuccherina. Hanno sapore amaro e sono presenti in mele, mandorle amare, sambuco e legumi (alcuni sono tossici). c) Terpeni, lipidi profumati, principali componenti degli oli essenziali presenti in fiori, foglie e frutti 7) Funzioni litiche: La presenza di idrolasi acide (peptidasi, glicosidasi, esterasi) dentro il vacuolo fa sì che venga considerato il + importante compartimento litico della cellula vegetale. PLASTIDI I plastidi sono costituiti da un involucro fatto di 2 membrane bistratificate. All’interno delle membrane si trova lo stroma (fluido contenente metaboliti, intermedi di reazione, ioni, proteine, ribosomi, DNA e lipidi). La membrana esterna attua il riconoscimento e trasferimento di componenti plastidiali all’esterno, sintetizzati all’interno. Mentre quella interna regola il flusso di metaboliti e ioni inorganici. I plastidi come i mitocondri: hanno un proprio DNA circolare non ricoperto da involucro, possiedono ribosomi 70 S e quindi sono in grado di svolgere sintesi proteica, si dividono per scissione binaria, hanno una doppia membrana e non posseggono microtubuli. Nelle cellule meristematiche si trovano dei proplastidi, piccoli , con stroma denso e finemente granulato, pochi ribosomi e sistema di membrane poco sviluppato. 27 La fotosintesi; il processo La fotosintesi si divide in: - fase luminosa, in cui i pigmenti assorbono l’energia luminosa e la trasformano in energia chimica, e viene rilasciato O2 - fase oscura, in cui ATP e NADPH riducono la CO2 per sintetizzare glucosio. Fase luminosa Nella fase luminosa i fotoni attraversano gli strati epidermici, raggiungono la membrana dei tilacoidi e colpiscono i fotosistemi; ciascun fotosistema è composto da 2 subunità, i pigmenti antenna e il centro di reazione fotochimico. Quest’ultimo dà inizio a una serie di reazioni redox. L’elettrone situato nel centro di reazione, una volta raggiunto il suo stato eccitato, viene perduto dalla clorofilla (che rimane quindi carica +) e ceduto ad un accettore di elettroni. Questo processo viene solitamente raffigurato da uno schema Z in cui avvengono una serie di ossidoriduzioni in cui ogni molecola coinvolta si comporta da accettore e poi donatore di elettroni. Nel primo segmento della Z (quello alimentato dal PSII) avviene la fotolisi dell’acqua e la produzione di ATP, mentre nel secondo segmento (alimentato da PSI) riguarda il destino finale degli elettroni e la produzione di NADPH. Riassumendo, il flusso degli elettroni nelle membrane dei tilacoidi ha convertito l’energia luminosa in due forme: il potenziale ridotto del NADPH che sarà usato nella fissazione del carbonio, e il gradiente protonico attraverso la membrana dei tilacoidi. La generazione di questa riserva di H+ e il suo utilizzo nella sintesi chemiosmotica di ATP vengono chiamate fotofosforilazione. Gli H+ si accumulano all’interno dei tilacoidi man mano che il trasporto degli elettroni fornisce l’energia per aumentare il gradiente, e i protoni passeranno poi dall’unico punto permeabile ad essi della membrana, l’ATPsintetasi, che fornirà l’energia per la sintesi di ATP. Fase oscura Nella fase oscura, avviene la fissazione o organicazione del carbonio. 30 La CO2 viene legata ad un carboidrato preesistente e ridotta a formare un nuovo carboidrato (con un atomo di carbonio in più), grazie all’energia di ATP e NADPH. Si dice che il carbonio viene fissato perchè si aggiunge anidride c. a una molecola fissa, solida. Gli enzimi che catalizzano queste reazioni si trovano nello stroma dei cloroplasti. La fissazione inizia con l’attacco della CO2 al ribulosio bifosfato, a formare una molecola a 6 atomi di C che viene subito idrolizzata a due molecole di 3-fosfoglicerato (PGA, 3 atomi di C). L’enzima che catalizza questa reazione si chiama rubisco (è in grandi quantità per velocizzare la reazione). Il 3 fosfoglicerato può: - rigenerare il ribulosio 1,5- difosfato, oppure combinarsi con il diidrossiacetone fosfato, grazie agli enzimi aldolasi e fruttosio bifosfatasi, e formare fruttosio-6- fosfato e glucosio-1-fosfato - essere convertito in diidrossiacetone fosfato (tramite trioso fosfato isomerasi) e poi trasportato nel citosol, per essere degradato nella glicolisi o utilizzato per la sintesi di fruttosio-6- fosfato - può ancora essere convertito in cellulosa o altri componenti glucidici della parete. La fotosintesi può essere bloccata tramite inattivazione del rubisco. La temperatura influenza l’efficacia della fotosintesi (t. ottimale 28-30 gradi, dopo i 30 vi è un calo brusco di efficienza). Inoltre un aumento della CO2 causa un aumento di ritmo della fotosintesi mentre l’O2 ne causa una diminuzione. FOTORESPIRAZIONE Avviene alla luce, a differenza della respirazione che avviene principalmente al buio. Questo processo consiste nella combustione di molecole di carboidrati, con consumo di O2 e produzione di CO2 e non determina sintesi di ATP. Reazione globale: fosfoglicolato+ O2+ ATP-> Fosfogliceraldeide+ CO2+ ADP +Pi. Avviene in cloroplasti, perossisomi e mitocondri. Svantaggi della fotorespirazione Il sito attivo della rubisco è incapace di discriminare tra O2 e CO2, quindi ogni variazione nel sito attivo per diminuire l’accesso di O2, fa diminuire l’accesso di CO2. Inoltre all’aumentare della temperatura diminuisce l’affinità del rubisco per la CO2, e aumenta così la fotorespirazione e diminuisce la fotosintesi. Vantaggi della fotorespirazione La fotorespirazione è essenziale per lo sviluppo delle piante. La fotorespirazione inoltre è in grado di riciclare una grande quantità di CO2 proteggendo la pianta dalla fotoinibizione dei fotosistemi. Piante C3 e C4 Le c3 sono le piante normali, mentre le c4 sono piante originarie dei tropici, che crescono in condizioni di illuminazione intensa e temperature elevate, che ottimizzano l’assunzione di CO2 in condizioni sfavorevoli. 31 Hanno alta velocità’ di fotosintesi e di crescita, bassa fotorespirazione, limitate perdite di acqua e diversa morfologia fogliare. Per le C4, il processo fotosintetico ha un costo energetico maggiore, perché, per ogni molecola di CO2 fissata, bisogna rigenerare una molecola di PEP (fosfoenolpiruvato) a spese di due ATP. Inoltre, per ogni molecola di CO2 fissata, si consumano 5 ATP, contro le 3 ATP nelle piante C3. Tale costo viene pero’ ricompensato dall’efficienza delle C4 ad alte temperature, quando l’affinità’ del rubisco per la CO2 diminuisce. In casi di forte irraggiamento le C3 possono perdere fino al 20% del carbonio fissato nel ciclo di Calvin (per alta fotorespirazione), mentre le C4, nelle stesse condizioni, hanno una tasso di fotosintesi più’ alto (vi sono meno perdite dovute alla fotorespirazione). La temperatura ottimale della fotosintesi nelle C4 è al di sotto di quella della respirazione al buio e quindi le perdite causate dalla respirazione sono maggiori ad alte temperature. ORMONI VEGETALI Hanno la capacita’ di elaborare risposte agli stimoli ambientali, attraverso una modificazione della crescita della pianta, detta tropismo. Auxine: sono composte da acido indol-3-acetico, il suo precursore e’ l’aminoacido triptofano. L’auxina stimola la crescita per distensione. L’auxina e’ un acido e quindi tende a dissociarsi, ma nell’ambiente acido dell’apoplasto rimane in forma indissociata, cosicché’ possa passare facilmente attraverso lo strato fosfolipidico ed entra così’ per diffusione passiva, nella cellula, dove ritorna in forma dissociata. Riesce poi dall’estremità basale della cellula tramite trasportatori specifici, e tutto si ripeterà in una cellula sottostante. L’auxina agisce soprattutto nei fusti, ma anche su radici e apici. L’auxina e’ inoltre implicata nelle reazioni di orientamento del fusto, in risposta alla luce e alla gravita’, che causa un ineguale distribuzione di auxina, e quindi un ineguale distensione che determina il piegamento, dovuto alla sua capacità di stimolare la crescita per distensione (es. se l’auxina viene principalmente trasportata nelle zone in ombra, la pianta si piega verso la luce). L’auxina e’ anche coinvolta nella dominazione apicale, quel fenomeno fisiologico vegetale in cui l’apice vegetativo inibisce e controlla (da qui il termine "dominanza") lo sviluppo delle gemme laterali, regolando quindi la forma della pianta stessa. Le auxine agiscono inibendo la crescita delle gemme laterali, e più si scende verso il basso dall’apice, più la concentrazione di auxine è bassa, e la dominanza apicale diminuisce (infatti i rami più in basso crescono di più di quelli più alti). Citochinine: Stimolano la divisione cellulare nei meristemi, nei semi in germinazione, nei frutti e nelle radici, e bloccano l’invecchiamento delle foglie. Insieme alle auxine sono coinvolte nell’accrescimento della pianta: se l’auxina è magg. della citochinina allora il tessuto indifferenziato forma radici, se è viceversa compaiono le gemme. Etilene: idrocarburo prodotto sulla membrana cellulare, da cui viene rilasciato. E’ coinvolto nella maturazione dei frutti (cambiamento di colore, consistenza e composizione chimica). 32 Detto questo però dobbiamo anche analizzare il fatto che precedentemente abbiamo visto che la ricombinazione omologa viene utilizzata anche per riparare cromosomi danneggiati che hanno perso delle informazioni genetiche. Questo tipo di riparazione utilizza informazioni da una doppia elica intatta di DNA per ripristinare la corretta sequenza nucleotidica su un omologo danneggiato e appena duplicato Un processo comparabile avviene quando i cromosomi omologhi si appaiano durante la profase della prima divisione meiotica. Nella meiosi, tuttavia, la ricombinazione avviene tra cromatidi non fratelli in ogni bivalente, anziché tra cromatidi fratelli identici in ogni cromosoma duplicato. Come risultato, gli omologhi paterni e materni si scambiano fisicamente segmenti di cromosomi in un processo complesso e multifasico chiamato crossing over. Quando i cromosomi omologhi replicati si appaiano, questo sofisticato complesso proteico tiene uniti i bivalenti e allinea gli omologhi , in modo che lo scambio di filamenti possa avvenire rapidamente tra cromatidi non fratelli. Nelle specie a riproduzione sessuata, la ricombinazione meiotica è una fonte importante di variazione genetica. Scompaginando l’assetto genetico dei cromosomi nei gameti, il crossing over contribuisce a generare individui con nuovi assortimenti allelici. La seconda divisione meiotica produce cellule figlie aploidi Per separare i cromatidi fratelli e produrre cellule con contenuto aploide di DNA, una seconda divisione, la meiosi II, segue immediatamente la prima, senza che il DNA si duplichi ulteriormente. Si forma un fuso meiotico e i cinetocori di ciascuna coppia di cromatidi fratelli si uniscono ora a microtubuli del cinetocore che tirano in direzioni opposte, come farebbero in una comune mitosi. Pertanto, all’anafase II, i due cromatidi di ciascun cromosoma saranno trascinati in cellule figlie diverse. I cromatidi si separano quando vengono improvvisamente degradate le coesine specifiche della meiosi che tengono insieme i cromatidi fratelli nel centromero. EREDITARIETA’ E MENDEL Grazie ai meccanismi della meiosi descritti poco sopra, la riproduzione sessuata scompagina le combinazioni esistenti di informazioni genetiche, rimescola gli alleli in nuove combinazioni e genera una prole che tende a mostrare una mescolanza di tratti derivanti da entrambi i genitori oltre a presentarne di nuovi. Gregor Mendel, il padre della genetica, decise di studiare le piante di pisello, ma esperimenti simili possono essere condotti su moscerini della frutta. Cominciò con ceppi di piante geneticamente pure, o linee pure. Per esempio Mendel utilizzava come piante di partenza esemplari a semi gialli che generavano sempre e solo discendenti a semi gialli, ed esemplari a semi verdi che generavano sempre e solo discendenti a semi verdi. Egli effettuò l’impollinazione incrociata e trovò che la prima generazione filiale, anche detta generazione F1 avevano tutti quanti semi gialli. I risultati in apparenza suggerivano una teoria dell’ereditarietà uniparentale. 35 Egli poi proseguì gli incroci sperimentali, incrociando tra loro le piante della generazione F1 ed esaminò poi i risultati così ottenuti. Gli esperimenti di mendel rivelarono l’esistenza di alleli dominanti e recessivi Il risultato fu che il carattere “scomparso” ossia i semi verdi riappariva: sebbene tre quarti degli individui della generazione F2 producessero piselli gialli, un quarto produceva piselli verdi. Per spiegare quanto osservato, Mendel propose che la trasmissione dei caratteri fosse governata da fattori ereditari che oggi chiamiamo geni. Inoltre mise in luce che ci sono versioni alternative di un gene e sono ciò che oggi chiamiamo alleli e l’insieme di tutti gli alleli posseduti da un individuo prende il nome di genotipo. Si dice che un individuo portatore di due alleli identici è omozigote per il carattere considerato. L’aspetto della pianta, o fenotipo, dipende da quale versione di ciascun allele ha ereditato. Mendel suppose che, per ogni coppia di alleli, uno fosse dominante e l’altro recessivo. L’allele dominante, se presente, determina il fenotipo della pianta. Nel caso del colore del seme di pisello, l’allele che detta il colore giallo è dominante, l’allele per il colore verde è recessivo. Dunque tutti noi portiamo una gran quantità di informazioni genetiche che non si manifestano nel nostro fenotipo, ma che potranno riapparire nelle future generazioni. La prima legge di Mendel, la legge della segregazione, afferma che i due alleli di ogni carattere si separano (segregano) durante la formazione dei gameti, per poi unirsi a caso, uno per ogni genitore, con la fecondazione. Nel complesso, nella generazione F2, tre quarti della progenie avrà semi gialli e un quarto semi verdi. La legge mendeliana della segregazione spiega quindi il rapporto 3:1 che si osserva nella generazione F2. Nel caso in cui abbiamo piselli gialli e lisci (YYRR) e piselli verdi e rugosi (yyrr). Nella F1 otteniamo unicamente l’espressione dei caratteri dominanti quindi giallo e liscio. Nella F2 invece si ha un rimescolamento casuale dei caratteri con una proporzione che è 9:3:3:1 36 Si parla inoltre di: - omozigoti dominanti (YY) - Eterozigoti (Yy) - Omozigoti recessivi (yy) Il numero di cromosomi sono: 1) Cellule somatiche: 46 cromosomi quindi 23 coppie (22 coppie di autonomi e 1 coppia di cromosomi sessuali). 2) Gameti: 23 cromosomi (22 autonomi e 1 cromosoma sessuale) Madre (XX) Padre (XY) 37