Scarica Appunti Comunicazione Pubblicitaria e più Appunti in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! 0 Appunti Comunicazione Pubblicitaria Giacomo Canapini Scienze della Comunicazione 2023/24 1 Sommario . Lezione 1 – 04/03/2024 “ ntroduzione alla pubblicità” .................................................. 2 . Lezione 2 – 05/03/2024 “Analisi di uno spot Barilla ” .................................................. 3 . Lezione 3 – 06/03/2024 “Analisi di uno spot Barilla ” .............................................. 5 V. Lezione 4 – 11/03/2024 “Marketing e pubblicità nella storia ” .................................. 7 V. Lezione 5 – 18/03/2024 “Marketing e pubblicità nella storia ” .................................. 11 V . Lezione 6 – 19/03/2024 “Pubblicità e genere western” .......................................... 15 V . Lezione 7 – 20/03/2024 “Marketing e pubblicità nella storia ” .............................. 18 V . Lezione 8 – 25/03/2024 “Marketing emozionale” .................................................... 22 X. Lezione 9 – 26/03/2024 “Creatività artistica e pubblicitaria” ................................... 25 X. Lezione 10 – 27/03/2024 “Analisi di uno spot Lacoste ” ............................................. 28 X . Lezione 11 – 08/04/2024 “Analisi di un altro spot Lacoste”..................................... 31 X . Lezione 12 – 09/04/2024 “Teoria dell’informazione vs teoria della comunicazione” 33 X . Lezione 13 – 10/04/2024 “ l mito” ........................................................................... 35 X V. Lezione 14 – 22/04/2024 “Analisi di un posizionamento Citroën” ........................... 38 XV. Lezione 15 – 23/04/2024 “Analisi di pubblicità del settore automobilistico” ............ 40 XV . Lezione 16 – 24/04/2024 “ imensione estesico-cognitiva vs pragmatica ”........... 43 XV . Lezione 17 – 29/04/2024 “ imensione estesico-cognitiva vs pragmatica ” ...... 45 XV . Lezione 18 – 30/04/2024 “Analisi della comunicazione di Müller” ....................... 47 X X. Lezione 19 – 06/05/2023 “ l discorso di marca” ...................................................... 52 XX. Lezione 20 – 08/05/2023 “Analisi degli spot sul Covid19” ...................................... 56 4 Concentriamoci adesso sull’analisi (amatoriale) di un altro spot pubblicitario per Barilla. Fig. 4 - Spot Barilla: Mosca (1989) https://www.youtube.com/watch?v=I-sEOrXapZE Evidenziamo un primo livello di lettura: una coppia è in viaggio a Mosca e, dopo alcune iniziali incomprensioni, ordina un piatto di spaghetti (Barilla) al ristorante. Questo spot è tuttavia denso di significati, che spaziano dalla storia alla politica, dalla musica alla cinema- tografia. Ma cosa sappiamo di questo spot? A girare nella Piazza Rossa innevata è uno dei più famosi registi sovietici, Nikita Michalkov e l’art director fu Sanna. Barilla in quegli anni aveva infatti deciso di affidare la realizzazione dei propri spot a registi famosi (es: Fellini nel 1985, dove molti saranno i richiami al made in taly associato al film di Fellini “La dolce vita”). A queste figure professionali vennero affiancati anche volti già noti dello spettacolo, e in particolare celebrità e attori/attrici del cinema. Fig. 2 - Spot Barilla: Gattino (1986) https://www.youtube.com/watch?v=YHn8Zg1XJ74 Fig. 3 – Gavino Sanna 5 III. Lezione 3 – 06/03/2024 “Analisi di uno spot Barilla II” Possiamo costruire la nostra seconda lettura, più profonda, a partire dall’individuazione di una serie di elementi particolari all’interno dello spot: • Riferimenti cinematografici → la prima parte dello spot in cui viene mostrata Mosca è un chiaro richiamo ad una celebre scena del film “ l dottor Živago” (1965) diretto da avide Lean e tratto dall’omonimo romanzo di Boris Pasternak. Nell'allora Unione Sovietica il romanzo, che sconfessava la facciata eroica propagandata dal regime comunista, fu rifiutato all'inizio del 1956 dalla rivista moscovita Novyj Mir per consi- derazioni ideologiche; l'ostilità della censura verso l'autore si protrasse per anni e l'opera fu pubblicata nell'Unione Sovietica solo nel 1988. Fig. 5 - Frozen Heaven (Il dottor Živago, 1965) https://www.youtube.com/watch?v=8aBmdAmBYtw • Contesto storico → Cosa accadde nel 1989? Fra aprile e giugno viene fatta cadere simbolicamente l’inizio della globalizzazione, in seguito della trasmissione in tv in tutto il mondo della rivolta studentesca in piazza Tienanmen a Pechino, in Cina. La repressione delle proteste nel sangue diedero immediatamente agli osservatori l’im- pressione del cosiddetto socialismo reale. A giugno le elezioni in Polonia segnarono definitivamente la fine del regime comunista nel paese. A settembre l’Ungheria ap- provò il passaggio dei cittadini da Berlino Est a Berlino Ovest passando per il confine austriaco. A novembre cadde infine il muro di Berlino, a cui seguì un massiccio incre- mento dello spostamento fra le due parti della città. Sempre nel mese di Novembre la rivoluzione di velluto portò alla dissoluzione dello Stato comunista cecoslovacco. La guerra fredda era di fatto finita. Nello spot della Barilla è evidente che il clima di tensione ha lasciato spazio alla felicità; • Rime storico-culturali → elementi interpretabili sotto certe chiavi di lettura. Ne sono un esempio i personaggi visibili ad inizio spot vestiti come soldati dell’Armata Rossa e i suoni e le immagini che aprono il video. Esse richiamano infatti alla canzone “Rus- sians” di Sting (1985): un brano che mandava un messaggio pacifista in una situa- zione storica critica in cui si era all’orlo della guerra nucleare fra URSS e USA. Anche la grafica del menù che i due protagonisti dello spot sfogliano nasconde una rima. Esso riprende fortemente l’estetica del cinema classico russo, proibito dalla politica sovietica per molti anni ma tollerato nuovamente con la glasnost (trasparenza) dell’ultimo presidente dell’Unione Sovietica Gorbaciov; 6 • Somiglianze degli attori → il personaggio del maître assomiglia (forse casualmente) allo stesso Michalkov (il regista dello spot), mentre il cameriere (interpretato da un attore che da sempre ha lavorato con Michalkov) è quasi identico alla maschera di un noto attore polacco che ha lavorato molto nell’industria cinematografica italiana (in particolare nei film di Nanni Moretti dove spesso interpretava ruoli di critica poli- tica): Jerzy Stuhr. È bene tenere a mente che Stuhr, fin dai tempi in cui il comunismo aveva molta forza politica, ha rappresentato attraverso l’arte il rinnovamento politico e progressista nel contesto sovietico. Sono evidenti le rappresentazioni di un mondo in uscita dal socialismo e di una Russia più ‘aperta’ all’occidente. Nella nostra seconda lettura siamo dunque giunti a pensare che lo spot rappresenti il periodo di crisi del socialismo reale, dove la Russia post guerra fredda diventa un luogo fiabesco ed esotico da visitare, dove la guerra rappresentata dai vestiti da soldato si evolve nell’amore rappresentato dalla coppia al ristorante. Questa apertura della Russia ci viene comunicata come un’opportunità colta dagli italiani, esportatori delle cose piacevoli della vita, come la pasta. Se nella prima lettura i valori prevalenti sono quelli con- geniali alla logica aziendale di Barilla (famiglia e casa), nella seconda il valore centrale è invece quello della libertà. “Che tipo di analisi abbiamo fatto?” Abbiamo cercato di rilevare delle occorrenze simboliche da cui far partire interpreta- zioni coerenti fra loro (contestuali e circostanziali). Questo percorso interpretativo è tuttavia indipendente dalle intenzioni dell’autore (in questo caso il regista) e riguarda piuttosto il rap- porto fra le intenzioni dell’opera stessa e il pubblico. Ricordiamo a tal proposito una fonda- mentale distinzione operata da Eco: a) Intentio auctoris → risponde alla domanda “che cosa vuole dirci l’autore?”. Rimane ‘nella testa’ dell’autore e può al massimo essere compresa da figure professionali che si occupano di ripercorrere la sua storia, leggere i suoi appunti, diari, ecc. Essa ha a che fare con la poetica di un autore, e quindi con la sua creatività; b) Intentio operis → concettualizza il testo come macchina del senso, avente le proprie idee interne e ad esso attribuibili. Si scontra con la lettura da parte del pubblico so- prattutto quando viene letto in un contesto temporale o culturale diverso da quello in cui è stato concepito. Essa ha a che fare con la descrizione delle forme testuali; c) Intentio lectoris → è l’intenzione di chi legge l’opera, la quale può portare ad un abuso del testo (es: teorie cospirazioniste). È diversa dall’intentio operis per via del livello di pertinenza e ha a che fare con l’estetica (riguarda le competenze e il gusto del lettore). Le diverse letture devono poi essere caratterizzate da: • Coerenza esterna → gli elementi devono essere coerenti con la circostanza di co- municazione, ovvero il contesto; • Coerenza interna → è la non contraddizione necessaria fra gli elementi all’interno del messaggio (es: la frase “Oggi c’è un bel sole” detta durante un acquazzone è dotata di coerenza interna ma non esterna). Maggiori sono le competenze del lettore rispetto al testo e maggiori sono le possibilità di stratificazione delle letture che esso può fare. l rischio di ciò è che la qualità della lettura dipenda esclusivamente dalla qualità del lettore. n tal caso ci troveremmo davanti ad un metodo di analisi proprio della lettura critica, ovvero un tipo di lettura non ingenua applica- bile da chiunque sulla base della propria competenza (es: memorie cinematografiche, tele- visive, codificazioni visive di base, ecc.). Obiettivo di questo tipo di lettura è la coerenza fra 9 mercato rispetto alle loro caratteristiche e si puntava ad un equilibrio fra domanda e offerta garantito dall’abbassamento dei prezzi in seguito all’aumento delle produzioni. l commercio era limitato ai confini nazionali e a pochi stati vicini e la comunicazione pubblicitaria era esclusiva dei prodotti altamente selezionati e informava solamente sulle loro qualità, su dove acquistarli ed eventualmente come utilizzarli. Eravamo nell’epoca del marketing transazio- nale, una strategia il cui obiettivo finale è quello di generare una transazione o un acquisto, il più rapidamente possibile Fig. 10 – Esempi di poster pubblicitari product oriented Questo tipo di comunicazione funzionava principalmente perché i confini geopolitici dei paesi erano rigidi. Le uniche eccezioni erano i paesi co- loniali che riuscivano ad avere costi di produzione bas- sissimi sfruttando proprio le colonie. n ambito pubblicita- rio l’azienda Coca Cola si mostrò fin da subito lungimi- rante e fu la prima ad inserire la dimensione percettiva e delle sensazioni nei propri poster. Come vediamo nell’esempio riportato a fianco viene usato il termine “soddisfare”, che fa riferimento non tanto alle qualità del prodotto quanto ai bisogni e desideri (es: di migliorare la qualità della propria vita) dei consumatori. A questo va aggiunto il fatto che la bevanda rispondeva ad un doppio scopo: la necessità (di bere, quindi qualcosa di inevita- bile) e il piacere (enfasi sul gusto delizioso, dunque il mi- glior modo di dissetarsi). Con la globalizzazione il mer- cato si è via via aperto agli altri paesi ed omogeneizzato. Le imprese continuarono a adottare lo stesso ragiona- mento di incremento della produzione per cercare di ven- dere nei paesi sconfitti nel secondo conflitto mondiale, ma il mercato non era più quello di un tempo. Alla semplice divisione fra lavoratori (compravano solo ciò di cui avevano biso- gno) e ricchi (compravano anche ciò di cui non avevano bisogno) andavano tenute in con- siderazione una serie di ulteriori stratificazioni sociali e culturali. a qui la necessità di diffe- renziare i prodotti: la nozione di target non riusciva più a raccogliere al suo interno grandi 10 bacini di consumatori. Si iniziò a sentire quindi il bisogno di far passare tale concetto da una categoria statistica ad una di senso. Nacque il marketing relazionale, maggiormente incentrato sui consumatori attuali e potenziali, e le indagini finalizzate a regolare la domanda (dato che non era più possibile vendere tutto ciò che si produceva). l passaggio fu quello da un modello comunicativo e pubblicitario product oriented ad uno customer oriented. Si parla di “customer” (cliente) e non “consumer” (consumatore) in quanto l’obiettivo della comunicazione rimaneva chi ac- quista, a prescindere da chi consuma (es: nel caso di Coca Cola il consumatore potrebbe essere un bambino ma il cliente suo padre). Nacque anche il concetto di fidelizzazione del cliente, ovvero quell'insieme delle azioni di marketing volte al mantenimento della clientela già esistente che realizza principalmente attraverso una serie di strategie consone a creare il più elevato grado di soddisfazione del cliente. Le indagini erano prevalentemente incen- trate sull’analisi del comportamento dei clienti, ovvero delle loro caratteristiche e attività di acquisto a prescindere dalle loro motivazioni e/o desideri. Tali iniziative ci fanno quindi rima- nere lato azienda e non si interessano della vera esperienza del consumatore. Fu con l’introduzione di concetti propri della psicologia sociale e cognitiva che si ini- ziarono a produrre dati (sia quantitativi che qualita- tivi) sulle motivazioni dei consumatori. l prodotto di- venta così un’esperienza, gli oggetti smettono di es- sere tali e si caricano di ulteriori significato. La nuova riconfigurazione è quella del marketing esperien- ziale, che fa riferimento ad un modello consumer oriented. n esso la soddisfazione del prodotto sci- vola sempre più verso un tipo di soddisfazione so- ciale anziché individuale. l lavoro a monte si com- plica e inizia a seguire uno schema ben preciso: 1) Analisi del prodotto sul mercato (cosa ne pen- sano e come lo utilizzano le persone) o di pro- dotti simili (competitor); 2) Studio e adozione di concetti legati alla psico- logia per la costruzione di un messaggio; 3) Formazione di focus group di consumatori (occasione per ottenere ulteriori informazioni sulle loro esperienze e bisogni o per testare le nuove idee); 4) Costruzione di questionari da somministrare ad un range più ampio di soggetti; 5) Analisi dei dati quantitativi ottenuti; 6) Produzione di un modello matematico predittivo; 7) efinizione della strategia di vendita aziendale. Un processo che oggi sembra essere stato dimenticato per via della ‘fiducia cieca’ nei dati quantitativi (es: quelli ottenuti dalle metriche dei siti web, dei social media, ecc.). L’ingresso della cognitività nel discorso pubblicitario ha portato anche a credere, per un certo periodo, che fosse possibile indurre le persone a adottare certi comportamenti at- traverso dei messaggi subliminali (da cui l’idea diffusa ancora oggi che la pubblicità sia malevola). Queste credenze si rifanno in realtà ad alcune teorie proprie della ricerca sugli effetti della comunicazione di massa. n particolare ritroviamo similitudini nel pensiero degli apocalittici (vs integrati di Eco) e nella teoria ipodermica. Fig. 11 – La dimostrazione in casa dei pro- dotti è di fatto un’esperienza (‘unica’) fina- lizzata alla loro vendita 11 V. Lezione 5 – 18/03/2024 “Marketing e pubblicità nella storia II” Abbiamo visto come dopo la seconda guerra mondiale la comunicazione pubblicitaria ha portato i prodotti a caricarsi di una certa identità proponendosi come unici. Unicità che spesso non hanno neanche troppo a che fare con le caratteristiche del prodotto stesso quanto con il canale di distribuzione (es: direct marketing fa uso di una comunicazione diretta con clienti specifici, anche con un rapporto uno a uno e senza avvalersi di interme- diari) e con la proposta (es: campagne promozionali). n questo contesto non sono più solo i venditori a competere sul mercato, ma anche i prodotti stessi si danno battaglia partendo dalla loro identità. 1*COSA SONO I PRODOTTI “CINESI”? l modello di mercato di quelli che chiamiamo “prodotti cinesi”, ovvero repliche a basso costo di altri prodotti che invece chiamiamo “di marca”, è una sorta di ritorno alla prima fase del marketing transazionale. n esso si dava infatti più importanza alla funzione, al prezzo e alle specifiche tecniche del prodotto piuttosto che alla sua storia, identità, significato valoriale, ecc. Questi prodotti non hanno bisogno di comunicazione, né di pubblicità o identità: sappiamo già cosa aspettarci e ci interessa solo che siano funzio- nali allo scopo per cui sono stati creati. Curiosamente, quando un prodotto cinese emerge dalla massa e inizia ad assomigliare ai prodotti di marca esso smette di essere cinese e inizia ad essere chiamato con il suo nome (es: Xiaomi, Huawei, ecc.). L’utilizzo di evidenze scientifiche (provenienti soprattutto dalla psicologia comportamentale) di cui abbiamo parlato nella scorsa lezione furono utilizzate in USA soprattutto da agenzie ben collocate socialmente e politicamente: le cosiddette WASP (White Anglo-Saxon Prote- stant). A metà 1900 lo schema di produzione pubblicitaria basato sulla presentazione di evidenze sembrava imbattibile. Al contempo la figura del pubblicitario veniva sempre più associata ad una sorta di medico in grado di risolvere il conflitto fra colpa e piacere proprio dei consumatori. Per questa concezione particolarmente influente fu la psicoanalisi freu- diana e il suo legame come le emozioni, pulsioni, desideri, aspettative sociali, ecc. degli individui. La pubblicità, come abbiamo detto, puntava infatti sempre più verso la promozione sociale. Ben presto le varie aziende produttrici dovettero scontrarsi con il problema della sostenibilità: non era più possibile pensare a prodotti che durassero più tempo possibile, la loro identità doveva implicare cioè la loro ‘invecchiabilità’. Venne così introdotta la varia- bile temporale nelle comunicazioni pubblicitarie (ben prima dell’obsolescenza programmata degli attuali dispositivi digitali) che ha inevitabilmente portato a quella che molti chiamano con disprezzo società della spazzatura. 14 Ricapitolando, le prime forme di marketing di fatto si basavano sul noto modello di Shannon-Weaver in cui il messaggio trasmesso è inarticolabile al suo interno (es: codice Morse, già codificato internamente a differenza delle lingue naturali). È un meccanismo figlio del pensiero cybernetico che tuttavia non funziona nel descrivere la comunicazione in situazioni reali in quanto si basa sul fatto che emittente e rispondente sono semplicemente dei decodificatori non pensanti e passivi, praticamente delle macchine. Fig. 15 – Il modello matematico di Shannon e Weaver (1949) Al fine di ottenere questa maggiore strutturabilità e articolabilità interna si è poi passati ai concetti di enunciatore ed enunciatario, entrambi valutati come dotati di una competenza che sta nelle forme del discorso, nella sua semantica. Fig. 16 – Il messaggio fra enunciatore ed enunciatario modifica l’episteme e, di conseguenza, anche l’iden- tità di entrambi i soggetti della comunicazione Agendo sull’episteme, per esempio attraverso un messaggio di comunicazione pubblicitaria, si può quindi modificare anche l’identità (e la competenza) di entrambi gli attori della comu- nicazione (il che ha come conseguenza la costruzione del target). Come già detto per fare ciò spesso si lavora sul desiderio, quella funziona che mira a scatenare le forme della cul- tura e del discorso e di conseguenza a liberare nuove forme dell’individualità in cui i soggetti- consumatori possono riconoscersi (si parla di dispositivi di identità). È inoltre possibile ‘for- zare’ le forme dell’episteme causandone la rimodulazione. Lo si può fare ad esempio con: ➢ Scoperte scientifiche, le quali portano alla scoperta di nuove categorie utili a siste- matizzare le esternalità del discorso (es: genetica moderna o identità di genere); ➢ deologie politiche (o di altro tipo). Con l’evoluzione del rapporto fra marketing e comunicazione pubblicitaria che abbiamo af- frontato nelle lezioni precedenti, enunciatore ed enunciatario diventano infine rispettiva- mente destinante e destinatario. Con il discorso pubblicitario non si ragiona più solo su singole persone ma su istanze del discorso e il target non viene più rilevato e ricercato ma 15 costruito (es: la classe sociale dei giovani frutto del contesto culturale del Rock and Roll non è anagrafica: i giovani di quel tempo si sentono tali anche oggi, nonostante l’età). VI. Lezione 6 – 19/03/2024 “Pubblicità e genere western” L’immaginario dell’identità americana fra gli anni 1930 e 1950 può essere riassunto nella figura dell’attore John Wayne, icona dei film western negli USA. La sua fama esplode nel 1939 con l’uscita di “Ombre rosse” e conclude la sua parabola nel 1959 con “Un dollaro d’onore”. Soprattutto nelle prime pellicole di questa serie l’idea era quella di rappresentare gli Stati Uniti conquistatori e dominatori del mondo, nel quale avrebbero portato l’ordine. l fenomeno dei western negli anni 1960 si spostò a Roma, dove molti professionisti di Holly- wood venivano a girare i propri film per via dei minori costi, e prese il nome di spaghetti western. Molto noti sono i lavori di Sergio Leone, nei quali i concetti di bontà e malvagità apparivano molto più sfumati rispetto ai lavori americani e le cui opere ben pre- sto iniziarono a portare in scena (in modo nascosto, allegorico) situazioni politiche del tempo (es: movimenti stu- denteschi, operai, ecc.). l consumo del genere aumentò con gli anni e l’effetto fu quello di un racconto della mitologia americana (come loro si raccontavano nei loro film western) da un punto di vista italiano, finendo di fatto per ridisegnarla. Si passò dalle pubblicità con Cocco Bill (personaggio nato nel 1957), che espri- meva solamente il topos (il mondo, l’im- maginario) dei film western americani (attraverso citazioni come quella a “mezzogiorno di fuoco”), ad opere che impattarono il genere a livello internazionale. Pensiamo ad esempio alle colonne sonore di Ennio Morri- cone, che di fatto ha creato la musica western (una categoria del discorso prima inesistente e che oggi è invece associata inestricabilmente a quel discorso). Nel Carosello ha fatto il suo ingresso un altro noto personaggio che fa riferimento al mondo del cinema western: Gringo. Fig. 17 – Carosello / Gelato Eldorado: Cocco Bill https://youtu.be/geqgVhrcBbI?si=zK9K5GhnEpw0G19V Fig. 18 https://youtu.be/vLv6wY2R3CA?si =gOnbcmbR7uYzalBq Fig. 19 https://youtu.be/3zbmiKzTleU?si= KXwrx5LKKtoqbZ8e Fig. 20 https://youtu.be/C_z6QQuqNA0?s i=_sVcnjO4np52XClp 16 Ogni filmato può rendere conto di più livelli, in ordine: ➢ Riferimenti agli stereotipi del genere e all’immaginario da esso creato; ➢ Riflessione sul cinema e messa in scena meta-cinematografica (con Gringo che entra nello schermo per poi uscirne, risolvendo i problemi in entrambi i luoghi); ➢ Riflessione sul mezzo televisivo, sulla pubblicità e sulla stessa figura di Cocco Bill. Oltre alla classica impostazione a due tempi del Carosello e a questi elementi possiamo notare altri elementi che citano l’immaginario western in tutti gli spot: ➢ l nome Ringo è un personaggio ricorrente e molto famoso nel genere degli spa- ghetti western e ha fatto il suo debutto nel film “Una pistola per Ringo” (1965) diretto da uccio Tessari. La figura di Ringo è stata ispirata da Johnny Ringo, un pistolero e criminale statunitense, protagonista del selvaggio West americano e membro della banda di criminali nota come Cowboys, operante nei dintorni di Tombstone (Arizona) negli anni ’80 del X X secolo. È stato coinvolto nella faida tra i Cowboys e il celebre sceriffo Wyatt Earp; ➢ La canzone sullo scontro fra Ringo ed Earp il noto cantante, attore e conduttore radiofonico Lorne Greene scrisse e produsse una famosissima canzone: il singolo intitolato, per l’appunto, Ringo. Greene era inoltre molto noto per aver recitato in “Bo- nanza”, la prima serie televisiva western trasmessa in talia; Fig. 21 – “Ringo” di Lorne Greene https://youtu.be/Q-rsTAD0B78?si=Bv5-OMB5H0QK9uBe ➢ Le animazioni fanno eco ai titoli di testa del film “Per un pugno di dollari” (1964) diretto da Sergio Leone, con le musiche di Ennio Morricone e primo film della cosid- detta ‘trilogia del dollaro’ (seguiranno “Per qualche dollaro in più” nel 1965 e “Il buono, il brutto, il cattivo” nel 1966). 19 particolarmente intelligente perché negli anni in cui fu prodotta (anni ‘60) l’argomento politico del momento era proprio la multietnicità degli Stati Uniti. Tornando al discorso sulla cultura, è evidente come questa campagna non potrebbe mai aver funzionato in Europa in quegli stessi anni (ovvero a distanza di 15 anni dalla scoperta degli orrori di Auschwitz). “Come possiamo modificare l’episteme con i nostri messaggi pubblicitari?” La tecnica più immediata è quella di ricercare lo scandalo e quindi la rottura del di- scorso. Spostandoci in talia possiamo a questo proposito prendere come esempio la con- troversa campagna pubblicitaria del brand di abbigliamento Jesus Jeans ad opera di Oli- viero Toscani nel 1973. Fig. 26 – Le più famose (e controverse) immagini che hanno fatto parte della campagna pubblicitaria di To- scani per Jesus Jeans Lo scandalo in questo caso sta nella trasformazione isotopica dal discorso religioso a quello erotico, anzi pornografico. «Chi mi ama mi segua» è una frase attribuita a Gesù e la sua associazione all’immagine di un fondoschiena è sicuramente una rottura del discorso. Par- liamo di pornografia definita come qualsiasi forma di rappresentazione più che erotica che ‘stacca’ la parte dal tutto (es: vedere l’organo o l’atto sessuale ‘ritagliato’, senza il corpo intorno). Lo scandalo provocato dalla pubblicità è da intendere nel vero senso della parola, da dizionario esso è infatti definito come il «turbamento della coscienza e della serenità altrui, provocato da azione, contegno, fatto o parola che offra esempio di colpa, di male o di malizia». n questo caso si crea peccato negli occhi di chi guarda l’immagine, oltre che tur- bare la sensibilità morale personale. Eppure anche in questo caso la campagna era in linea con il contesto culturale italiano degli anni ’70, in cui la trasformazione in stato laico si faceva sempre più evidente e forte. La pubblicità di Jesus Jeans ha cambiato l’immaginario delle persone sdoganando l’elemento erotico-pornografico nelle comunicazioni pubblicitarie. Qui entra in gioco la resi- lienza dell’episteme: l’elemento di novità culturale introdotto da Jesus Jeans viene riassor- bito dal discorso culturale e riadattato a mero consumo. Simbolo di questa transizione è il brand di abbigliamento intimo Roberta e le sue pubblicità degli anni ’80. 20 Fig. 27 – Con le sue collaborazioni con altri marchi (es: Piaggio) Roberta ha creato ben prima di Ferragni un universo di prodotti tutti legati allo stesso brand Mentre il jeans copriva l’oggetto del desiderio (si noti che il jeans era a diretto contatto con la pelle nell’immagine) e si caricava di forza persuasiva, qui lo slip è al contrario un qualcosa che sveste il soggetto rappresentato nella pubblicità. l target è sia quello maschile che quello femminile, in un gioco rispettivamente di desiderio e aspirazione del corpo ideale raffigurato (curiosamente, nonostante i copy delle immagini richiamassero l’attenzione sul target ventenne, le modelle utilizzate per gli scatti, e quindi i loro corpi, erano più che tren- tenni). Mentre nella pubblicità dei Jesus Jeans si cercava un compromesso fra erotismo e consumo, qui i due elementi si intrecciano e rischiano di portare a conseguenze socio-cul- turali negative (il consumo diventa quello degli slip o del corpo femminile?). Rischi che portano comunque anche alla nascita di una rinnovata sensibilità su que- sto tipo di comunicazione e sul tema da essa affrontato. Nel 2004 Dove si fa promotore di questa sensibilità e avvia una grande (e duratura negli anni) campagna mirata al far sentire bene le donne nel proprio corpo. L’iniziativa comprese una serie di strumenti molto vari, dall’organizzazione di una mostra fotografica al femmi- nile, proseguendo con una campagna prettamente co- municativa di affissioni e fino alla raccolta di dati sui consu- matori da cui furono redatti dettagliati report (i cui risul- tati, orientativi per il brand, erano anche preoccupanti a livello sociale: più dell’80% delle donne americane ed europee non si sentivano belle). Particolarmente im- portante per l’iniziativa di ove fu la creazione di un fondo economico per fini benefici collegati all’argomento della ‘bellezza’, mostrando in Fig. 28 – Obiettivo di Dove in questa campagna di affissioni era quello di ripensare e ridefinire i canoni di bellezza, e quindi il concetto stesso di bellezza nella nostra società 21 questo modo di non limitarsi solo a trasmettere messaggi positivi ma anche di impegnarsi attivamente per il bene della società. La strategia di marketing (sempre più legato alla co- municazione pubblicitaria) utilizzata è stata quella di: Fig. 29 – È la vision che verrà infine comunicata al consumatore La “Dove Campaign for Real Beauty” continuò nel 2006 anche grazie alla possibilità di sfrut- tare le novità offerte in ambito comunicativo dai social network. Prima che diventasse normale l’obiettivo era quello di creare contenuti virali, in modo da raggiun- gere il maggior numero possibile di persone con il messaggio positivo della campagna (consapevolezza del corpo femminile, auto-accettazione di sé, ecc.). A questo primo contenuto, soprattutto perché avanzò del budget, ne seguirono vari altri e tutti cercavano di sensibilizzare sugli argomenti della campagna avendo una duplice finalità: ➢ Richiamare l’attenzione su problemi come i di- sturbi alimentari, l’accettazione di se stessi e gli standard di bellezza e parlarne; ➢ Promuovere i workshop di sedute psicologiche fra madri e figlie. La serializzazione di questi video porta con sé anche un cambio di obiettivo: il brand oltre a diffondere messaggi positivi e impegnarsi attivamente per una certa causa cerca anche di attivare nel pubblico un’azione di cambiamento. Nasce così l’idea per ove di inserire una vera e propria call to action nella propria campagna. Altri esempi di spot appartenenti a questa campagna sono: ▪ Evolution Commercial: https://youtu.be/KN2yunRynks?si=KdTAcGHk_HJxFC O; ▪ Onslaught: https://youtu.be/9zKfF40jeCA?si= LyK hy6 PpktJu8; ▪ Amy: https://youtu.be/-_l8Umbq3qc?si=qLdytFf2RSaKvFE2. La principale differenza fra questo tipo di campagna rispetto a quelle che potremmo chia- mare pubblicità tradizionali è la costruzione di un risultato per il futuro e non nell’immediato. ove per esempio cerca di cambiare le categorie estetiche (bello+ vs brutto-), etiche (buono+ vs cattivo-) e morali (giusto+ vs sbagliato-), che sono sempre articolate in ideologie (es: nell’ideologia classica le connessioni sono fra i poli ‘positivi’ di queste categorie). unque ogni pubblicità (perlomeno se di questo tipo, se si impegnano a lavorare sull’episteme) in qualche modo sottende un’assiologia e un’ideologia nelle sue rappresentazioni. C’è un’ulteriore evoluzione della comunicazione pubblicitaria: il brand smette sempli- cemente di raccontarsi e inizia ad agire, il target diventa audience (persone stimolate a Fig. 30 – Dove: Daughters https://youtu.be/nTZqHkEwfng?si=hJs- yChC2uroO90p 24 di non rappresentare più un mondo idialliaco come nelle pubblicità tradizionali ma il mondo reale e lo si fa attingendo all’arte e ai temi ad essa connessi. n questo caso è centrale ad esempio il problema centenario della non rappresentabilità della morte. (d) La pubblicità fa uso di una forma d’arte (la fotografia) che richiama a livello iconografico la figura del Cristo, ma non si ferma qui. L’abbraccio rappresentato nella foto richiama a sua volte opere d’arte pittoriche di varie epoche (es: “Compianto su cristo morto” di Rubens Pieter Paul del 1601- 02). (e) n un contesto in cui l’A S veniva vista come la ‘giusta punizione’ per gli omoses- suali lussuriosi, l’associazione fra un morente di quella malattia e Gesù rende i malati non più un gruppo di persone che ‘se la sono cercata’ ma delle vittime. È una forte presa di posizione politica, ma questa non è l’unica volta in cui Toscani ha lanciato un messaggio politico. Nel 1994, quattro anni dopo la pubblicità di cui abbiamo appena parlato, Toscani fa uso di un’altra fotografia dalla forte emotività (sempre per Benetton), questa volta sul tema della guerra in Bosnia. Con questa foto, scattata dallo stesso Toscani, si vuole far riferimento ai ‘morti qualsiasi’, quelli cancellati dai media e dalle cronache di quegli anni. Stavolta non si cerca uno scandalo, ma si tenta di costruire una sorta di monumento (in particolare una sorta di monumento del Milite Ignoto). A livello pubblicita- rio qui il messaggio persuasivo è che le magliette di Benetton appartengono a chiunque, anche a chi è (valorosamente) morto. È evidente quanto sia prominente la carica estetica in questi due esempi di oggetti pubblicitari, ma essi non sono un’ecce- zione: è l’evoluzione di cui abbiamo parlato fino ad ora. Si cessa di fornire stimoli al poten- ziale compratore («Compra questo perché…») e si inizia a mettere in scena delle passioni, delle emozioni, dei valori a cui il pubblico è chiamato ad aderire. Benetton e Toscani si sono fatti portatori di una certa visione del mondo e di messaggi politici ancora prima degli esempi che abbiamo ripor- tato sopra. Ad esempio ne 1986 si esposero sul con- flitto israelo-palestinese con la foto riportata qui a fianco. Vi sono tuttavia qui delle differenze rispetto alle pubblicità successive. Un foto creata in studio come questa ‘invecchia’ più rapidamente delle altre in quanto è stata costruita ad hoc per un certo mo- mento. Possiamo dunque distinguere: • Processo genetico → produzione di un contenuto fatta appositamente per un certo fine, contesto, richiesta, ecc.; • Processo generativo → utilizzo di qualcosa di già esistente che viene prima analizzato e poi caricato di ulteriori significati e connotazioni. La forte carica estetica a cui abbiamo accennato prima è funzionale al ‘sentire il quotidiano oltre la routine’. n questo contesto torna l’utilizzo di testimonial, che hanno tuttavia caratteristiche diverse rispetto al passato. Non sono più gli esperti, ma personaggi di una narrazione che ci permettono di rivivere un’esperienza (che gioca fra quotidiano e Fig. 35 Fig. 36 – Gioco di stereotipi per rappre- sentare Israele e paesi arabi che deci- dono le sorti del mondo 25 straordinario) attraverso di loro. Con questo cambiamento i testimonial non sono più modelli a cui aspirare, anzi sono le loro rappresentazioni che devono assomigliare sempre più ai consumatori, al comune. Per esempio nella pubblicità di Virgin Media viene usato Usain Bolt in veste di ‘supereroe del quotidiano’: lo vediamo vincere ma anche faticare, magiare cibo tipico, giocare ai videogiochi, ecc. l payoff della campagna è «sii il più veloce», che non si riferisce alla corsa di Bolt ma al cercare le notizie. Qui entra in gioco il messaggio pubblici- tario vero e proprio: è Virgin Media a permetterci di essere i più veloci nell’ottenere l’infor- mazione tanto quanto Bolt è il più veloce a correre. Fig. 37 – Virgin Media: #BeTheFastest (2016) https://youtu.be/AdGQ43smLoc?si=60kN5JtrK-WNG1gQ IX. Lezione 9 – 26/03/2024 “Creatività artistica e pubblicitaria” “Dove è che le narrazioni e i sentimenti prendono forma?” Nell’arte, che è il luogo in cui il mondo si riarticola e che svela in maniera massima significati imprevisti e mette in essere la testualizzazione del reale (es: la pittura insegna a guardare il mondo sotto un certo, nuovo, punto di vista). Nell’arte dunque si ‘inventa qual- cosa che non c’è’. Se la pubblicità si avvicinasse alle forme dell’arte (parleremmo in questo caso del raggiungimento di una poetica) essa arriverebbe quindi al punto più ‘profondo’ dell’esperienza del mondo. Ovviamente questo tipo di esperienza estetica in cui si cerca di far riconoscere l’interlocutore, il consumatore è molto più difficile da realizzare del semplice dare informazioni sul prodotto in vendita che si vuole promuovere. Queste nuove forme di pubblicità possiedono però una maggiore efficacia persuasiva poiché accanto alla compe- tenza cognitiva offerta allo spettatore (poter capire cosa viene rappresentato) gli viene chie- sto di aderire ad una forma di esistenza patemica (riguarda la variazione degli stati d’animo del soggetto). Facciamo qui riferimento alla semiotica delle passioni, dove queste ultime sono configurazioni culturali che si manifestano sugli attanti e influiscono sul loro stato me- diante reazioni come il pianto, l’esaltazione, ecc. 26 Fig. 38 – Modalità in semiotica A livello discorsivo queste strutture semio-narrative devono emergere in qualche modo e di solito lo fanno attraverso la figurativizzazione nelle forme dello spazio e del tempo di un racconto. Ogni pubblicità dovrebbe dunque costruire una conformazione a cui lo spettatore è chiamato ad aderire e che implica inevitabilmente un aspetto ideologico-culturale che ri- chiama un certo sistema valoriale di riferimento (es: Barilla e il ruolo della donna nelle fami- glie italiane nei primi spot che abbiamo analizzato [ Lezione 2]). Tutto ciò avviene inse- rendo nel testo un simulacro che suggerisce il punto di vista in modo diretto (es: attraverso un pov, una soggettiva) o indirettamente attraverso astanti. A seconda delle modalità impli- cate nella narrazione possiamo individuare in quale stadio dello schema narrativo cano- nico (manipolazione, competenza, performanza o sanzione) ci troviamo. Ogni messaggio pubblicitario, essendo una forma di persuasione, è innanzitutto sempre una manipolazione (far-fare, far-essere) e una sanzione (giudizio su cosa è buono e cosa non lo è). Nell’ultima fase della comunicazione pubblicitaria a cui siamo giunti creatività arti- stica e pubblicitaria devono essere messe in relazione in modo che esse collaborino al fine di costruire una fantasia all’interno di una certa cultura. Se prendiamo come esempio i lavori di Depero per Campari (ne disegnò anche l’iconica bottiglietta) è evidente come le due creatività entrassero in contrasto. Gli stilemi e gli interessi dell’artista erano ben lontani e non si interessavano degli obiettivi economici che il brand aveva scommesso nella campagna pubblici- taria. Costruire una pubblicità come un’opera d’arte significa quindi forzarne la poetica e dimenticarsi in larga parte dei problemi econo- mici per abbracciare quelli artistici. La collaborazione fra le due tipo- logie di creatività è stata aiutata dal fatto che esse hanno iniziato a condividere gli stessi processi produttivi e canali di distribuzione gra- zie all’avvento delle nuove tecnologie. Vediamo adesso come creatività artistica e pubblicitaria si sono unite nella campagna “Life is a beautiful sport” prodotta nel 2015 (e che sta continuando ancora oggi) dal brand di abbigliamento Lacoste. La campagna lavora sull’esperienza che facciamo del tempo e nello specifico su come diamo senso al tempo di un incontro. Gli spot che analizzeremo si foca- lizzeranno sul tema dell’amore e si pongono domande come: Quanto misura l’istante di un incontro amoroso? Come si articola il tempo dell’amore? Partiamo innanzitutto dall’appen- dice di affissioni promosse. Fig. 39 29 “Cosa analizzare per dimostrare le nostre ipotesi?” (1) l treno è chiaramente un’allegoria topologica (articolazione dello spazio che diventa codificazione di qualcos’altro) poiché l’articolazione dei vagoni corrisponde al passaggio de- gli 85 anni (si parla quindi di una storia d’amore che dura 85 anni? Fra chi? due personaggi o i consumatori e Lacoste?). Ciò viene confermato dal fatto che ad ogni vagone attraversato cambiano i vestiti dei personaggi, l’estetica del vagone e degli oggetti al suo interno. (2) l sound design dello spot ci permette di dividerlo in tre parti: un’introduzione (dall’apertura fino alla salita in treno dell’uomo), una parte centrale (fino a quando i due vagoni si staccano, facendo allontanare l’uomo e la donna) e una conclusione. L’introduzione è particolarmente interessante: il video si apre con un gioco di opacità e trasparenza (il fumo) che ci ricorda lo spot del 2014 e che sembra introdurci al mondo rappresentato, quindi al passato (l’introdu- zione è ambientata nei primi anni ‘30). (3) n soli 8 secondi il regista costruisce poi il punto di vista dello spettatore, ma per capire come ciò avviene dobbiamo fare una digressione teorica. a una prospettiva semiotica, il punto di vista dello spettatore (che è il soggetto reale dell’esperienza estetica) trova un simulacro nei ruoli attanziali (costruiti) che si tro- vano in un livello immanente. Ricordiamo a tal proposito che enunciatore ed enunciatario, a differenza di emittente e ricevente, sono ruoli attanziali e non istanze reali e possono dunque configurarsi in modi diversi all’interno della narrazione. Esistono diversi livelli/modi con cui l’attante-osservatore (chi pone lo sguardo sull’opera) si può manifestare nell’audiovisivo: 0. Focalizzatore → richiede la condizione minima di visibilità, si limita quindi al poter vedere le cose; 1. Spettatore → adotta un punto di vista localizzabile; 2. Assistente → è un attore che guarda, è la rappresentazione dell’esperienza estetica (es: i personaggi di contorno sono il simulacro di chi pone lo sguardo sull’opera); 3. Assistente partecipante → è un attore che assume un ruolo narrativo attraverso l’esperienza estetica. Gli ultimi due arrivano a manifestarsi sul livello discorsivo del testo. Più l’enunciatario si manifesta salendo di livello e più sarà in grado di trasferire sentimenti a chi sta guardando. Questa scala pone quindi le condizioni dell’efficacia del prodotto. Torniamo al gioco di sguardi nei primi 8 secondi dell’introduzione. Appena i due per- sonaggi si scontrano il regista adotta una semi-soggettiva che pone il focalizzatore accanto all’uomo rendendolo spettatore e trasformando l’amata in oggetto di contemplazione (sia per l’uomo che per lo spettatore). Ponendo l’attore maschile come un attante soggetto ab- biamo che: Fig. 43 – La condizione di esistenza del soggetto è la presenza del suo oggetto di valore, la condizione di esistenza di entrambi è la relazione che li unisce 30 Successivamente all’adozione da parte dello spettatore del punto di vista dell’uomo, il regi- sta sposta nuovamente la camera per imporgli uno sguardo terzo. (4) a qui parte un gioco di allontanamenti e di tentativi di riavvicinamento (all’oggetto di valore) fa i due personaggi che si regge sulla capacità visiva: cercano sempre di ristabilire il contatto, la loro relazione si basa su quel contatto visivo. Possiamo riassumere le relazioni fra i due personaggi in questa fase nel seguente schema: Fig. 44 volti dei personaggi diventano così delle ‘mappe emotive’ e noi dobbiamo basarci sul rico- noscimento delle loro espressioni somatiche per interpretare il corso della storia. La pas- sione viene trasferita dal tempo rappresentato a quello dell’enunciatario attraverso un’ope- razione di embrayage (si torna indietro nel luogo della visione). (5) l trasferimento viene rafforzato dalla progressiva sensazione di incarnazione dello spettatore nella narrazione, in quanto lui è l’unico ad attraversare i vagoni-decenni insieme ai personaggi. E ogni vagone, ogni decennio che passa, non fa altro che caricare la tensione in un continuo gioco fra di- sgiunzione e non disgiunzione, cioè: 𝑆𝑛𝑜𝑛 ∪ 𝑂𝑣 ⇆ 𝑆 ∪ 𝑂𝑣 (6) l gioco di sguardi continua finché si perdono definitivamente di vista quando i due vagoni si staccano. La loro relazione sembra essere finita e l’enunciatario torna al livello di focaliz- zatore con una ripresa da lontano del treno in movimento. Ma con il salto da un treno all’altro del protagonista viene segnato anche uno sconfinamento dallo spazio rappresentato a quello della visione. due personaggi non possono più vedersi (lei è dentro il vagone, lui sul tetto del treno), ma noi sì. Adesso è il nostro sguardo che permette alla relazione fra i due di sopravvivere, l’enunciatario passa al livello di assistente partecipante e il suo ruolo nar- rativo diventa essenziale. L’amore fra i due diventa un oggetto di valore per chi guarda, la passione amorosa è stata definitivamente trasferita all’enunciatario, che non assiste più alla ‘fuga’ dei due ma fugge con loro. (7) Con la discesa dal treno anche il tempo non passa più così velocemente (l’allegoria topologica del treno è dimostrata!), che si configura come il qui e ora dello spettatore, i due personaggi si trovano davanti a chi guarda nel suo tempo. Un po’ come accadeva nel precedente spot il tempo si comprime nel momento del contatto fra i due amanti, ma stavolta finisce nel momento esatto del bacio. (8) all’occhio della donna scende una lacrima, che ci fa capire che il loro amore non avrà mai una propria fine perché noi smetteremo di guardare e la condizione che sosteneva la loro relazione scomparirà. nfatti, subito dopo torna l’opacità che ci riporta indietro, lasciandoci da soli nella nostra realtà, ma con Lacoste. n tutta la pubblicità solamente due elementi sono rimasti identici nonostante il pas- sare dei decenni: ➢ La maglietta (con logo Lacoste) indossata dall’uomo; 31 ➢ La bellezza (eterna) del volto della donna, più volte ripreso da vicino con la camera. Come abbiamo detto nei primi 8 secondi il regista trasferisce anche a noi l’oggetto di valore rappresentato dal volto della donna. Esso però, legandosi con la maglietta, trasferisce a quest’ultima la sua bellezza, rendendola un’opera d’arte. È così che questo spot diventa anche funzionale al dare valore al prodotto che si vuole vendere. Si noti che qui, come nel precedente spot, la pubblicità smette di essere una fiaba (es: Cocco Bill) e non è un’allego- ria dell’amore, non spiega nulla, non fornisce una morale. Essa assume piuttosto le funzioni del mito, che non spiega ma rappresenta e dà un’indicazione sulle forme e sull’ordine del mondo. XI. Lezione 11 – 08/04/2024 “Analisi di un altro spot Lacoste” Concentriamoci adesso su un altro spot della stessa campagna di Lacoste: Fig. 45 – Lacoste: Crocodile inside (2019) Per la versione con la musica consultare http://www.culturepub.fr/ l regista non è più Seb Edwards ma un collettivo di filmaker (Megaforce) che si occupano prevalentemente di videoclip musicali. n effetti anche qui la musica è l’elemento portante: lo spot è stato costruito intorno ad una versione modificata della canzone “Hymne A L'A- mour” di Édith Piaf. Già il titolo della canzone ci dà la conferma di trovarci all’interno della campagna “Life is a beautiful sport” di Lacoste: siamo nuovamente spettatori di una storia d’amore. Le ciel bleu sur nous peut s'effondrer Et la Terre peut bien s'écrouler Peu m'importe si tu m'aimes Je me fous du monde entier Tant qu'l'amour innondera mes matins Tant qu'mon corps frémira sous tes mains Peu m'importe les problèmes Mon amour, puisque tu m'aimes J'irais jusqu'au bout du monde Je me ferais teindre en blonde Si tu me le demandais J'irais décrocher la Lune J'irais voler la fortune Si tu me le demandais Je renierais ma patrie Je renierais mes amis Si tu me le demandais On peut bien rire de moi 34 l lavoro di Jakobson è rivoluzionario nel senso che porta la comunicazione, ritenuta fino ad allora qualcosa di relativo alle macchine (invio di dati), ad avvicinarsi al linguaggio umano. Si fondano le basi per la nascita della cosiddetta teoria della comunicazione. Parallela- mente, in quel periodo, Umberto Eco si stava occupando dello studio della significazione della musica elettronica, il che lo porterà successivamente alla scrittura del suo noto libro “Opera aperta”. Con essa si segnerà il passaggio dall’autorità del critico e dell’autore di un’opera alla libertà del lettore, come abbiamo già visto con la definizione delle tre diverse ‘intentio’ [ Lezione 3]. Nasce così la semiotica moderna. “Come si arriva alla teoria della comunicazione?” Partiamo da lontano, prima ancora della nascita di ogni forma di linguaggio, e distin- guiamo innanzitutto fra: • Entropia → in termodinamica è una grandezza che viene interpretata come una mi- sura del disordine presente in un sistema fisico. A ogni trasformazione del sistema che provoca un trasferimento di energia (ovviamente senza aggiungere altra energia dall’esterno), l’entropia aumenta, perché l’equilibrio può solo crescere. Prendiamo come esempio la giustapposizione, all’interno dello stesso sistema, di due corpi, uno caldo e uno freddo. n natura l’energia tende a distribuirsi dai corpi più caldi a quelli meno caldi, dunque si raggiungerà progressivamente un equilibrio termico e l’entro- pia sarà aumentata. a un punto di vista semiotico, se il significato nasce sempre da uno scarto differenziale, l’entropia è caratterizzata da insignificanza, intesa come as- senza di significato; • Informazione → poiché l’informazione porta significato essa è una forma di entropia decrescente (es: riconfigurazione dei granelli di sabbia se ci camminiamo sopra) ed è in grado di generare un ricordo più o meno duraturo (es: orma sulla sabbia). Ogni lingua naturale ne è il caso più esemplificativo, in quanto attraverso la presenza di un codice regola le combinazioni probabili dei vari elementi del linguaggio, le quali ga- rantiscono l’emergere di significazione. Va tuttavia tenuto presente che l’informazione viaggia sempre accompagnata da una quota di disordine (entropico) privo di senso detta rumore, il quale ha come unico obiettivo quello di permetterci di riconoscere ciò che invece ha senso (l’informazione stessa). Prendiamo come esempio il disegno di un cerchio: se non avessi davanti una superficie con cui poter confrontare il peri- metro della figura non sarei in grado di riconoscerla e quindi di darle significato. Ciò che permette di distinguere l’informazione dal rumore è la ridondanza. Questa aumenta la quantità di materiale da trasmettere (es: più parole) e ne diminuisce l’ambiguità (es: par- lando con qualcuno la frase “Ti odo” potrebbe essere confusa con “Ti odio”, mentre “Ti odo, quindi ti sento” no). n un sistema linguistico la ridondanza è data dalle regole fonologiche, grammaticali, sintattiche, ecc. a cui siamo abituati e che impariamo a scuola. È grazie ad esse, infatti che siamo in grado di accorgerci di aver fatto un errore quando stiamo dicendo uno scioglilingua come nel caso seguente: “Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa.” ✓ “Sopra la panca la capra canta, sotto la panca la capra prega.” Eppure, vista la somiglianza vocalica, potremmo essere portati a tollerare maggiormente questo tipo di errore rispetto ad altri. La ridondanza, specialmente nei sistemi linguistici, ha però un difetto: porta alla prevedibilità. messaggi trasmessi diventano banali, il loro signifi- cato chiaro e lineare al punto, paradossalmente, di perdersi (es: dire “Buongiorno!”). 35 Questo è particolarmente vero nel quadro della teoria dell’informazione, per cui la ricchezza dell’informazione dipende dalla fonte (es: programmi della lavatrice) e dal conte- sto entro cui la sola fonte si muove. Ma nelle interazioni reali, fra persone, l’informazione spesso è ben più della lineare denotazione del messaggio. È infatti possibile produrre mes- saggi che non rispettano esattamente il codice di riferimento, come nel caso delle figure retoriche. È proprio grazie ad elementi di disordine, di rottura del codice come questi che l’informazione trasmessa aumenta e che maggiore significazione viene generata (es: tutti concordano che le poesie di Petrarca non rappresentano come lui parlava normalmente, ma nessuno affermerebbe che sono prive di significato). Si parla anche di connotazione anziché di sola denotazione. La rottura del codice deve essere però contenuta, altrimenti si creerebbe solo caos o si genererebbe troppa significazione. Spesso l’arte si è fatta portatrice della sovrabbondanza di significati: nelle già citate poesie di Petrarca non è detto che tutti i lettori riescano a cogliere tutta la significazione presente nei versi. Qui dunque sta la grande differenza del concetto di informazione nelle due diverse teorie: ➢ Per la teoria dell’informazione essa è puramente una quantità statistica e la sua pro- duzione è derivante da un’equiprobabilità di selezione fra diversi elementi; ➢ Per la teoria della comunicazione l’informazione, e la significazione di conseguenza, è la conseguenza di un disordine dominato in cui il messaggio si rivolge ad un’am- pia area di soggetti che saranno in grado di coglierne o meno i significati in base alla propria competenza. È quindi fondamentale la figura del lettore. Alla fine di questo percorso evolutivo del concetto di informazione, quest’ultima non si trova quindi più dalla parte del mittente ma all’interno del messaggio stesso. l codice non ha più la mera funzione di filtro rispetto al disordine entropico e la lettura dell’autore diventa sem- plicemente una delle tante possibili. Con questa ritrovata libertà del destinatario del mes- saggio cadono anche tutte quelle teorie fondate sulla sua passività (es: teoria ipodermica). l focus si sposta quindi dall’autore al lettore. XIII. Lezione 13 – 10/04/2024 “Il mito” Riportiamo adesso un esempio di testo pubblicitario che fa chiaramente uso di quel tipo di rottura del codice del sistema lingui- stico di cui parlavamo nella scorsa le- zione. iremmo che ‘il testo suona bene’, ha un ritmo ricordabile. n effetti è un ottonario, il che ricorda la costru- zione di molte filastrocche per bam- bini. l testo funziona innanzitutto per- ché la sua ritmicità e lo straniamento provocato dalla rottura del codice mettono in ‘eccitazione’ il lettore, il quale cercherà di capire cosa quelle parole vogliano dire. Anche la rottura del codice della lingua italiana non è in realtà niente di così originale: si tratta di un’enallage, ovvero una figura retorica che consiste nell'uso di una parte del Fig. 48 – Pubblicità per Piaggio ad opera del copywriter Claudio Filippetti 36 discorso invece di un'altra o nello scambio di due forme verbali (es: “Parla piano” anziché “Parla lentamente”). Vi è poi una metafora aperta, da interpretare: chi ‘Vespa’ ha sicura- mente un vantaggio rispetto a chi non lo fa, ma qual è questo vantaggio? La mela, anche per il legame con il peccato originale commesso da Adamo ed Eva, è da sempre simbolo di erotismo. Quindi chi possiede e va in Vespa è figo e attrae: la promessa è che grazie alla Vespa si troverà una ragazza/o con cui spassarsela (non casualmente i morsi sulla mela sono due). Obiettivo di questo testo è anche quello del confronto: il lettore è chiamato a rispondere alla domanda “Sono figo?” rispondendo invece a “Io Vespo?”. Se la risposta è no la soluzione è semplice: comprare il prodotto di punta di Piaggio. Tendenzialmente la comunicazione pubblicitaria, come in questo caso, tende a non deviare fortemente dal co- dice perché vuole comunque farsi capire. Per questo la maggior parte delle volte fa uso di elementi come le figure retoriche che di fatto sono state ormai classificate in ‘codici retorici’. La teoria della cooperazione testuale prevede lo scambio comunicativo fra i due simulacri dell’emittente e del ricevente dentro all’articolazione interna del discorso. nterpretando e supponendo a vicenda le forme di sapere del mondo dell’altro, l’emittente definirà il simula- cro del ricevente, detto lettore modello (è il modello della competenza del lettore necessa- ria per interpretare il testo senza la chiave di lettura), mentre il ricevente farà lo stesso con l’autore modello (è il modello della competenza dell’autore che il lettore si costruisce nel momento della lettura del testo). Si instaura così un contratto comunicativo fra emittente e ricevente, ovvero con l’autore empirico e il lettore empirico, rappresentati all’interno del di- scorso dalle istanze rispettivamente di enunciatore (rimanda virtualmente a tutte le istanze reali di autore empirico) ed enunciatario (rimanda virtualmente a tutte le istanze reali di let- tore empirico). Lo scambio comunicativo fra enunciatore ed enunciatario prende la maggior parte delle volte la forma del racconto. Fig. 49 – Schema della teoria della cooperazione testuale Per Roland Barthes di fondamentale importanza è il concetto di mito, il quale non sarebbe un oggetto ma una parola, ovvero una forma articolabile e significante che, se introdotta in una relazione comunicativa, diventa sociale. È attraverso questa trasformazione che il lin- guaggio diventa discorso, da cui l’idea del semiologo per cui il mito è quella cosa che tiene insieme linguaggio e comunicazione. Nell’analisi del mito ritroviamo la classica tripartizione semiotica fra segno, significante e significato, dove ricordiamo che il segno è la relazione che precede e tiene insieme significante e significato. 39 ➢ Praticità → la S fu la prima a introdurre una serie di novità non di poco conto nel settore automobilistico, a partire dalle sospensioni idropneumatiche, le quali permet- tevano un effetto di ammortizzazione più contiguo (di nuovo, più naturale). Per una scelta di design, poi, il volante viene reso ‘vuoto’, il che, oltre a rappresentare una forte scelta estetica, riprende all’interno della macchina i valori della trasparenza e continuità di cui abbiamo parlato sopra. nfine nella S fu per la prima volta inserita la trazione anteriore (il motore non stava più dietro, ma davanti). l gioco del design del prodotto fu qui quello di nascondere fisicamente parte delle ruote posteriori (non più motrici) in modo da far vedere il meno possibile le componenti meccaniche dell’auto (particolarmente esposte in certe situazioni per via del nuovo sistema di ammortizzazione), alimentando ulteriormente il mito del suo essere oggetto di crea- zione divina. nfine, con quest’auto si puntò non tanto allo sport e all’agonismo, ma alla comodità per le famiglie. È attraverso tutte queste caratteristiche che si viene a creare una relazione fra soggetto e oggetto: i valori inseriti nell’auto (in particolare quelli del poter-fare e saper-fare dettati dalla sua praticità, ma non solo) si proiettano direttamente sul soggetto, la cui identità viene quindi costruita a partire dall’oggetto. Ovviamente varie pubblicità furono create per far parlare della S. Prendiamo come esem- pio il poster riportato a fianco, con cui si voleva pubbliciz- zare in particolare l’esperienza di guida garantita dalla no- vità delle sospensioni idropneumatiche. È evidente anche qui il gioco sulla naturalità del prodotto: non c’è la propul- sione del motore (oggetto meccanico creato dall’uomo) ma il movimento dell’organismo-macchina simile a quello di un uccello. È interessante poi l’utilizzo del logo di Citroën all’interno dell’immagine: proprio in quegli anni esso venne cambiato in modo tale che le due punte non rappresentas- sero delle frecce ma delle ali. Curiosamente questo ri- chiamo al mondo naturale e animali, visibile quindi anche nel logo, ha oggi subito un dietrofront in quanto si è deciso di tornare alle ‘vecchie frecce’ tipiche dei loghi del brand dal 1920 al 1950 circa. Attraverso il discorso mitico viene attribuita una valorizzazione utopica, coerentemente con il modello riportato sotto, al prodotto-automobile. Fig. 53 – Schema delle possibili forme di valorizzazione dell’Oggetto di valore da parte del Soggetto di Floch valori riportati sulla sinistra rispondono alla domanda “Che ci faccio?” e si concentrano sui valori d’uso (focus sull’Oggetto di valore e sulla modalità del far-far), mentre quelli posizio- nati sulla destra rispondono alla domanda “Che mi fa?” e si concentrano sui valori di base (focus sulla relazione fra Soggetto e Oggetto di valore e sulla modalità del far-essere). Fig. 52 40 Fig. 54 – Esempi di valorizzazione critica (sx) e ludica (dx) di poster pubblicitari aventi come oggetto la Ci- troën DS XV. Lezione 15 – 23/04/2024 “Analisi di pubblicità del settore automobili- stico” Cerchiamo adesso di applicare il quadrato semiotico delle possibili valorizzazioni di un pro- dotto visto la scorsa lezione ad alcuni moderni spot pubblicitari di automobili. Partiamo da uno spot del 2022 per il nuovo modello di Fiat Panda. Fig. 55 – Fiat: La mia panda è leggenda (2022) https://youtu.be/BW74FfwFZK0?si=CfGwgCKQfOWZujBa Già dalla prima visione ci rendiamo conto del ruolo fondamentale svolto dal voice over, tec- nica associata per eccellenza al genere audiovisivo del documentario. Quest’ultimo è a sua volta legato all’universo della comunicazione propria della divulgazione scientifica, che si occupa di trasmettere al pubblico il valore della verità, differentemente dalla scienza vera e 41 propria che si interessa del valore della correttezza. Parliamo di valore della verità in quanto la verità non è un dato: essa non esiste se non attraverso giudizi (positivi o negativi che siano) operati dalle persone su ciò che ritengono sia vero o meno. Qui tuttavia il voice over non è usato perché lo spot è un documentario, viene piuttosto costruita una parodia del genere. Lo si capisce sia dall’assurdità delle cose dette (si lavora per iperboli) sia dall’am- bientazione fantascientifica di ciò che viene rappresentato, ma anche dalla presenza di glitch grafici e sonori che, oltre ad attirare la nostra attenzione, ci portano ad interrogarci sulla veridicità di ciò che viene detto. Sembriamo dunque trovarci in un caso di valorizza- zione ludica, dunque cerchiamo di confermare questa ipotesi. Ci chiediamo come viene presentata l’automobile all’interno dello spot. Riprendendo il discorso sulle iperboli po- tremmo dire che essa è descritta come una sorta di supereroe, atipico però, forse più vicino ad una sorta di “miles gloriosus”. L’ambito supereroistico-fumettistico è ripreso alla fine dello spot dal lettering/font, che si discosta molto da quelli tipici delle aziende automobilistiche. al punto di vista registico la Panda ci viene mostrata ‘per pezzi’ e solo alla fine nella sua interezza. Lo spettatore è chiamato ad un gioco di ricomposizione, che è facile perché tutti conoscono la Panda, tutti ci sono saliti almeno una volta e tutti sanno com’è fatta (concetto rimarcato dal suo essere social dal 1980). unque la Panda è la macchina italiana per ec- cellenza. Nonostante alcuni elementi possano farci protendere per la valorizzazione uto- pica, possiamo tranquillamente affermare che la nostra ipotesi sulla valorizzazione ludica è corretta. Con quest’analisi ci siamo occupati di uno degli elementi del marketing, anche se da un punto di vista prettamente semiotico, ovvero il posizionamento del prodotto. Passiamo ad uno spot per la Renault Clio E-Tech Hybrid del 2022. Fig. 56 – Renault: Sempre Clio, ora ibrida https://youtu.be/LZzI96abXnE?si=VoMUWLgRm2jAeXON Fin da subito capiamo che lo spot è indirizzato ad un target di cinquantenni (circa), poiché al suo interno sono presenti una serie di citazioni e rimandi tipici degli anni di cui quella generazione ha esperienza diretta e indelebile (es: l’ispettore gadget e l’universo dei cartoni animati, la moda delle Polaroid, la canzone “Video Killed the Radio Star” che segna un pas- saggio dagli anni ’60 a ’70, l’attore che assomiglia a Brad Pitt ed è vestito come lui nel film “C’era una volta Hollywood”, ecc.). La Clio viene poi rappresentata come una sorta di mac- china del tempo che, oltre a viaggiare dagli anni ’60 ad oggi, si trasforma ed evolve ad ogni tappa. Raggiunge così i giorni nostri in questa sua nuova versione Hybrid, veicolando però 44 3. Performanza → fase in cui il S affronta la prova fondamentale per portare a termine il PN (es: combattimento con il drago). Solamente se il S riuscirà a congiungersi con l’Ov allora diventerà un soggetto realizzato; 4. Sanzione → fase in cui il PN si esaurisce definitivamente con l’ultima prova del S, quella del riconoscimento (in positivo o in negativo) delle sue azioni. Poiché la prima e l’ultima fase dello schema sono speculari, sarà nuovamente il (nella forma dello stesso attore o meno) a verificare il rispetto dei valori accordati con il S nella mani- polazione. unque in (1) e (4) si configura la relazione fra destinante e destinatario (sempre rispetto alla manipolazione) e l’Ov diventa il PN stesso. l può inoltre ap- parire nelle altre due fasi dello schema, di solito sotto forma del dispositivo attanziale dell’aiutante. (1) e (4) sono le fasi dello schema in cui è richiesta una performanza cognitiva, mentre in (2) e (3) una performanza pragmatica. Si costruiranno di conseguenza tipi di attanti e valori diversi in base alla fase in cui operano. Se in (1) e (4) c’è il rapporto fra destinante e desti- natario, in (2) e (3) c’è il rapporto fra S e Ov, a cui si può aggiungere l’eventuale presenza di un anti-soggetto, attante avente un PN opposto e speculare rispetto a quello del S. i- stinguiamo poi fra: • Soggetto di stato → modalizzato rispetto all’essere, dunque rispetto alla dimensione cognitiva, passionale costruita intorno alla relazione con l’Ov. È il S che si dovrà con- giungere con l’Ov per portare a termine il PN, ma non è il S che opera le trasforma- zioni per rendere ciò possibile (es: re che desidera far tornare a castello la princi- pessa rapita dal drago); • Soggetto operatore → modalizzato rispetto al fare, dunque rispetto ad una dimen- sione pragmatica. È il S che opera le trasformazioni necessarie a far congiungere il soggetto di stato con l’Ov. i nuovo, questi due ruoli possono o meno coincidere nello stesso attore a livello discorsivo. Alla luce degli ultimi concetti spiegati, ricapitoliamo l’evoluzione del rapporto fra marca e consumatore all’interno dei processi comunicativi e delle varie teorie ad essi connessi: Dominio d’esistenza Relazione Oggetto di scambio Operazione Obiettivo Messaggio Emittente & Ricevente nformazione ecodifica Trasforma- zioni reali Enunciato Enunciatore & Enunciatario Sapere e sentire nterpretazione e com- prensione dentità (per essere) iscorso (Narrazione) estinante & estinatario Valore (modale e discreto) Programmazione e performance cognitiva deologia (per fare) Si è passati da un’idea di realtà alla sua descrizione e infine alla sua valorizzazione. È particolarmente importante tenere presente che la differenza fondamentale fra la prima e la seconda ‘riga’ (teoria dell’informazione vs teoria della comunicazione [ Lezione 12]) è che non si ha più a che fare con enti reali del processo comunicativo, ma con attanti, cioè istanze, funzioni. Nel passaggio da seconda e terza ‘riga’ invece la differenza principale è quella fra costruzione dell’identià e presenza di un’ideologia, ovvero di un sistema di valori. È possibile costruire un quadrato semiotico anche per quelle che sono le funzioni della rappresentazione, ovvero rispetto alle modalità con cui l’oggetto viene mostrato, messo in 45 discorso. Lo schema così ottenuto può essere inoltre sovrapposto a quello delle diverse tipologie di valorizzazione. Fig. 59 – Quadrato semiotico delle funzioni di rappresentazione di marca Spieghiamo nel dettaglio i vari sèmi: • Referenziale → è l’immagine del mondo il più neutrale possibile, in cui vi è la neu- tralizzazione del punto di vista soggettivo (es: fotoreportage); • Sostanziale → l’oggetto viene rappresentato in quanto elemento puramente mate- riale, eliminando non solo il punto di vista soggettivo nel rappresentarlo ma anche il ‘mondo’ che lo circonda (es: tutorial o foto in macro delle fibre di un vestito); • Obliqua → viene operato un gioco ironico che presuppone un ingaggio del punto di vista dello spettatore; • Mitica → non solo viene esaltato il punto di vista adottato ma viene costruito un ‘mondo’, un immaginario intorno all’oggetto rappresentato. È ovviamente possibile che un oggetto appartenga a più tipologie contemporaneamente. È il caso delle fotografie vincitrici del World Press Photo, che nascono come referenziali, ma finiscono per essere anche mitiche (diventano così un termine complesso del quadrato). La deissi positiva, in questo caso, ha a che fare con un attività di riconoscimento del reale (“guardare il mondo per come sarebbe”), mentre le categorie della deissi negativa riguar- dano più una sorta di ‘bricolage’ delle forme (“guardare il mondo per come potrebbe es- sere”). C’è quindi un gioco di contrasti fra visione oggettivante e soggettivante rispetto alle due deissi. XVII. Lezione 17 – 29/04/2024 “Dimensione estesico-cognitiva vs pragmatica II” La rappresentazione referenziale, in particolare quella delle immagini, è messa in crisi dalla valutazione delle stesse in rapporto a diverse culture. Ad esempio, noi non saremmo in grado di riconoscere il livello figurativo di un disegno di un animale fatto da un membro di una tribù aborigena, ma solo quello plastico. Questo è il motivo per cui un individuo che non ha esperienza di un certo oggetto o testo tende a risemantizzarlo e funzionalizzarlo all’in- terno di un contesto totalmente diverso rispetto a quello di origine dello stesso (es: dosatore di vino utilizzato come candelabro). Allo stesso modo, il rapporto fra arte e pubblicità deve essere individuato nella figura del creativo pubblicitario che deve essere in grado di rifun- zionalizzare le esperienze artistiche del momento (es: avanguardie), in un certo senso ‘vol- garizzandole’ in modo da renderle disponibili e comprensibili al pubblico più ampio possibile. 46 Ritornando alla differenza fra performanza pragmatica e cognitiva, va tenuto presente che la prima implica la seconda. Questo è vero perché il destinante opera una persuasione sul destinatario (che per essere persuaso deve essere in grado di capire cosa il destinante sta dicendo, deve poter riconoscere il valore messo in gioco), offrendogli dunque una com- petenza modale che lo rende un soggetto virtualizzato. Come abbiamo già detto, l’oggetto di valore posto fra destinante e destinatario è un programma. Come si considera la comu- nicazione pubblicitaria all’interno di questo rapporto fra performanze? La marca è da un lato il destinante, dall’altro il luogo di contatto fra la cultura e lo spazio testuale (chiuso rispetto all’esterno), ovvero ciò che è in grado di portare il valore di interesse all’interno del discorso. unque il destinante-marca opera una persuasione sul destinatario-consumatore, il quale diventa di conseguenza soggetto pragmatico virtuale, poi attuale (quando ottiene la compe- tenza attraverso il messaggio pubblicitario stesso) e infine realizzato quando completa il processo di acquisto. Facendo riferimento allo schema narrativo canonico, non è necessaria la fase della sanzione, in quanto è inscritta nell’identificazione valoriale fra consumatore e universo di marca: se acquisti il prodotto pubblicizzato aderisci a ciò che la marca ti ha trasmesso e la sanzione non può essere positiva nei tuoi confronti. Esiste tuttavia una san- zione indiretta dal consumatore nei confronti della marca, successiva all’effettivo utilizzo che egli fa del prodotto pubblicizzato e che è comunque importante per la marca perché mette in palio la fidelizzazione del cliente. Analizziamo adesso, cercando di applicare quanto detto in queste ultime due lezioni, uno spot pubblicitario del 2018 per Müller. Fig. 60 – Muller : La mia prima volta (2018) https://youtu.be/khKKEge57V8?si=BS7MV2naKL6vhM0b È evidente che viene messo in gioco un saper-sentire e un poter-sentire, garantiti dalla marca e dal suo prodotto: Müller si fa garante del far esperire sensazioni uniche. Sensazioni che sono legate al piacere ottenuto dal sesso (un argomento tipicamente trattato dalla pub- blicità italiana). Tale piacere viene collegato ai valori di intensità, sorpresa e avvolgimento della prima volta (che sia l’esperienza sessuale o l’assaggio dello yogurt), che tuttavia ven- gono assicurati permanere anche dopo. Müller promette una relazione duratura, che si man- tiene stabile tempo e quindi capace di suscitare le stesse emozioni provate la prima volta. La marca assicura un piacere puntuale ma iterativo, quindi spinge il consumatore ad acqui- stare più volte. L’oggetto dell’esperienza estetica, che nello spot si cerca di rendere anche oggetto della rappresentazione, è l’orgasmo, esperienza sensoriale ancora una volta 49 era rappresentato graficamente anziché enunciato a voce. Evidenti sono poi le rime croma- tiche (rosso della ciliegia e rosso della pelle dipinta, della bocca) e figurative (pelle della ciliegia e pelle del corpo dell’attrice) e l’isotopia della penetrazione (dello sguardo e, nuova- mente, dello yogurt nella bocca). Già nel 2010, dunque, Müller aveva deciso di rappresen- tare il valore dell’erotismo, evidente anche dalle inquadrature del corpo seminudo della donna. Valorizzazione che è stata usata non solo per gli yogurt con pezzi di frutta, ma anche con quello bianco, seppur giocando su aspetti leggermente diversi. Nello spot più recente, non potendo concentrarsi sul gusto dato dalla frutta (ulteriori zuc- cheri, quindi dolcezza), ci si è basati sul miracolo dello yogurt bianco descritto come sor- prendente, nonostante la sua semplicità. Anche in questo caso viene ricercata la rappresen- tazione dell’orgasmo dovuto ad un atto di autoerotismo. Siamo in linea con gli altri due spot che abbiamo visto. iverso è il caso dello spot del 2009 in cui più che sull’erotismo siamo sul pornografico (es: scena dell’attrice che lecca lo yogurt cadutole sul braccio). Si nota anche qui il dispositivo del sipario, rappresentato proprio come se fosse un sipario teatrale (tendina), e della musica che ricorre dagli altri spot (anche essa fa ormai parte dell’identità di Müller). Forse per via di un inizio di cambio di genere nel consumatore medio della marca, per la prima volta nel 2015 appare un personaggio maschile in uno spot Müller (egli è più mediatore e seduttore che protagonista però). n quell’anno la marca iniziò anche a speri- mentare idee più ‘ricercate’ attraverso citazioni al mondo cinematografico. Fig. 66 – Müller : Upside Down (2014) https://youtu.be/UuuFmAbYHZA?si=lLl2xvCZqaE5lH1n Fig. 65 – Müller : Il mio bianco (2009) https://youtu.be/oyMAiRzzbf0?si=e4-2z0aDj1f75GML Fig. 64 – Müller : Bianco (2018) https://youtu.be/i38kH1FG28A?si=optjimmQ8hO84dP1 50 Fig. 67 – Müller Mix (2013) https://youtu.be/NXwC2GobeoE?si=R2yJl6C40JgFPjuJ Per il primo spot la citazione era al film (che stava riscuotendo un certo successo in quel periodo) “Upside Down” di Solanas, utilizzato dal brand per presentare il fatto che il suo prodotto fosse adesso con il 30% di grassi in meno, quindi più leggero. La rappresentazione si mantiene mitica, anche se particolarmente stereotipata. Oltre al piacere viene messa in scena una nuova categoria: il benessere. Per il secondo video viene pubblicizzata un’altra linea di prodotti: Müller Mix, più vicina alla categoria che abbiamo chiamato dei troiai nella mappa di posizionamento. È evidente innanzitutto uno spostamento del target verso il ge- nere femminile, oltre che la citazione al genere cinematografico western e in particolare ai film di Segio Leone e alla musica di Ennio Morricone. Proprio rispetto ai film di Leone viene ripresa l’idea di duello (giocato molto sugli sguardi) che in questo caso non serve tuttavia ad annullarsi (duello mortale) ma a mettersi insieme, come si fosse un mix di ingredienti. A questo punto è interessante anche capire come la marca ha deciso di muoversi all’estero, dove sicuramente spot di questo tipo non sarebbero stati apprezzati. Fig. 68 – Müller: Myth (2012) https://youtu.be/7SljdLUwwew?si=4HSGHFxRycNAGUum Ancora più che nel caso precedente, qui Müller va ‘fuori linea’ e pubblicizza un prodotto completamente diverso: uno yogurt greak-like. Se prima la marca si era spostata verso l’alto della mappa (maggiore dolcezza), adesso si è mossa diagonalmente verso un meno-dolce e un più-solido. Potremmo parlare di invasione di posizionamento. L’isotopia sensuale è quasi completamente sparita, rimane solamente in una battuta. È quindi evidente che quando cambia il consumatore, cambia il prodotto e cambia il mercato, anche la comunica- zione deve trasformarsi. Trasformazione che Müller è stata obbligata a fare nel 2019, anno 51 principe del movimento #MeToo, che difficilmente avrebbe continuato a tollerare gli spot erotici del brand. Fig. 69 – Müller: I mix good (2019) https://youtu.be/q2rkHV8mbXk?si=3W5YBSeotuGxnOoO Fig. 70 – Müller : Dessert proteici (2023) https://youtu.be/majkHXnJWyA?si=retK_pXzLgX2QJ_r Con il primo spot del brand del 2019 è evidente il cambiamento. Nonostante la linea classica di Müller mantenga il sottotesto erotico che l’ha caratterizzata negli anni, anche per mante- nere una certa coerenza verso il bacino di consumatori più fidelizzati, per tutti gli altri pro- dotto il #GirlPower è un elemento fondamentale della comunicazione. Nello spot in que- stione c’è infatti una testimonial, quindi una donna con un nome e un cognome e non og- gettificata, con un lavoro importante, con una forte caratterizzazione sociale e che si è rea- lizzata. La rappresentazione e modellazione del corpo rimane, ma è esente di carica erotica. Ritorna poi il valore del benessere, già introdotto anni prima, come abbiamo visto, dalla marca in altri spot. Si nota inoltre un primo passo verso il campo del cibo nutriente, quindi verso la categoria del naturale che abbiamo collocato in basso nella mappa del posiziona- mento (invasione di posizionamento contro Vipiteno?). Müller inizia anche a modificarsi dal punto di vista produttivo: lo spot è multifor- mato, cioè realizzato in modo tale da essere mostrato in diversi spazi temporali (6, 10, 20 e 70 secondi). l secondo spot nasce in- vece solamente da 15 secondi, ma è stato concepito in modo tale da essere trasmesso per pochi mesi in televisione al pubblico ge- neralista e poi sui social (es. YouTube) per più tempo. Esso è stato poi pensato in particolare per funzionare su Spotify, dove il montag- gio sonoro è fondamentale. La sempre maggiore spinta della marca verso il naturale, palese con questa nuova linea proteica, è enfatiz- zata anche dal nuovo stile del packaging. Attraverso l’esplicitazione di certe caratteristiche Fig. 71 54 ➢ Spoliativo → intervento retorico che toglie al consumatore qualcosa di positivo (co- municazione danneggiante). n ogni caso, la marca produce una soggettività (individuale e/o collettiva) e ‘vive’ di ripeti- zioni e reiterazioni, in quanto è importante che essa preservi una identità della propria me- moria coerente con se stessa e attendibile. Elementi grafici e retorici concorrono per pro- durre un’isotopia tematica. Le interazioni fra consumatore e marca possono essere sintetizzate nel seguente schema: Fig. 75 Per quel che riguarda più nello specifico la comunicazione di marca essa può mettere in gioco diversi stili di manipolazione, interazione da essa preferita in quanto sempre legata ad una transazione economica. • Tentazione → il prodotto viene presentato come oggetto che fornisce o migliora una competenza (saper-fare, poter-fare) del soggetto-consumatore, configurandolo come un coadiuvante di quest’ultimo. Ne è un esempio non pubblicitario la proposta del pomo ad Adamo ed Eva da parte del diavolo, da cui il detto «La prima marca è stata Satana»; • Seduzione → si lusinga il destinatario, modificandone la competenza e la struttura attanziale del prodotto. Poiché l’obiettivo è condurre a sé, si mette in atto una gioco di identi- ficazione attraverso la tecnica del riflesso specchiato (il ‘preda- tore’ che si finge ‘preda’ in modo verosimile). Tornando agli spot di Müller, si nota come la marca sia passata da una prima fase di tentazione ad una di seduzione, cambiando anche il proprio tar- get. l celebre spot di Chanel ri- portato accanto attiva invece un doppio binario fra la tentazione e la seduzione. • Intimidazione → mostra cosa il consumatore si perderà se deciderà di non acqui- stare il prodotto o usufruire del servizio. È la comunicazione tipica delle campagne politiche ed istituzionali, in cui ci si pone sia ad un livello di programmazione che di Fig. 76 – Chanel: Egoista (1990) https://youtu.be/W3L8O06cFzA?si=DW8-g391ysC6J5zS 55 manipolazione al fine di incitare l’adozione di un comportamento presentato come giusto e responsabile; • Provocazione → viene estremizzata la mancanza di competenza del destinatario. Un esempio molto divertente è quello riportato sotto di Segugio.it che utilizza come guest star il noto attore pornografico Rocco Siffredi. Lo spot richiama in realtà una pubblicità del 2002 della Fiat Punto, ribaltando un po’ il ruolo del protagonista. Fig. 77 – Segugio.it: Rocco, l’idraulico inaspettato (2024) https://youtu.be/Tewo45xAd7U?si=H2sJa_gvyMx0Dqya Fig. 78 – Fiat: Punto (2002) https://youtu.be/g0aQXm0zjXE?si=NC2Eo7-XvO-VWweY Notiamo inoltre un eco uditivo fra l’acqua che scorre nel lavandino del vecchio spot e quella della doccia nel secondo, oltre alla citazione con lo stesso tono della battuta “Buonasera”. Tentazione e seduzione hanno come principale obiettivo quello dell’identificazione fra spet- tatore e simulacro rappresentato, ovvero alla neutralizzazione delle loro differenze. A tal fine viene proposto e ingaggiato un punto di vista a cui viene chiesto di aderire. Al contrario, intimidazione e provocazione invitano alla distanza rispetto a ciò che viene rappresentato attraverso l’utilizzo di un’oggettività. 56 XX. Lezione 20 – 08/05/2023 “Analisi degli spot sul Covid19” Le categorie dei diversi stili di comunicazione spiegate nella lezione precedente non vanno prese come ben definite e distinte, ma piuttosto come mescolabili e soprattutto concatenabili fra loro. Per esempio, nello spot riportato ac- canto di Vigorsol la comunicazione gioca prima per provocazione e poi per seduzione. Si noti come una pubblicità del genere non potrebbe mai funzionare nel contesto culturale odierno, La cultura, come abbiamo più volte detto, è la principale cosa da considerare per la realizza- zione di una comunicazione pubblicitaria. Lo si può notare molto facilmente nel modo in cui la comunicazione istituzionale di diverse nazioni ha cercato di promuovere i vaccini contro il Co- vid19. Negli stati europei che analizzeremo pre- vale lo stile dell’intimidazione, seppur anche con questa similitudine la realizzazione è stata molto diversa. Fig. 80 – Spot campagna vaccinale italiana https://youtu.be/uIyZZuCtdy4?si=fY20sLnxIWUXyDFp Nel caso italiano, lo spot diretto da Tornatore si carica di valori simbolici e tenta di giocare sull’allegoria (il vento e l’aria che si vuole tornare a respirare per esempio), seppur peccando nella scrittura della vicenda rappresentata. Si gioca anche sulla trasparenza vs opacità del telo di plastica, ma il vaccino non viene mai nominato, solo alluso. n effetti, in tutto lo spot lo spettatore non viene mai ingaggiato direttamente, diversamente da quanto è stato fatto in nghilterra (con uno spot composto da una serie di sguardi di malati e non che sembrano voler responsabilizzare il cittadino che è chiamato a vaccinarsi). Anche in Francia la rappre- sentazione è molto diversa: mediante il racconto di una semplice storia viene fatto immede- simare il cittadino e allo stesso tempo gli viene insegnato quanto il contagio da Covid av- venga facilmente e dunque quanto sia importante vaccinarsi. Fig. 79 – Vigorsol: Baywatch (1995) https://youtu.be/_5lU544Vq68?si=lHZvoLRcjGp QX_va Vanni Godeluppi
6 STORIA
DELLA .
PUBBLICITÀ
ITALIANA
0. Talvolta considerata come forma d’arte, la pubblicità è un’attività economica che riesce in ogni caso a giocare un importante ruolo sociale e culturale, lavorando sull’immaginario collettivo, influenzando i comportamenti degli individui e contribuendo perfino costruirne le identità sociali e sessuali. La nascita della pratica pubblicitaria nelle forme odierne è attestata agli anni successivi alla seconda rivoluzione industriale dell’Ottocento. In Italia essa viene datata al 1863, anno in cui il farmacista bresciano Attilio Manzoni diede vita alla prima concessionaria italiana di pubblicità (la A. Manzoni & C.). 1. Nelle civiltà del passato il tipo di comunicazione più vicino alla pubblicità come la intendiamo oggi era probabilmente rappresentato dalle insegne utilizzate dai commercianti per attirare i clienti. È stata però l’invenzione nel XV secolo della stampa a caratteri mobili a rendere possibile la creazione dei primi manifesti per i muri delle città europee, nonostante spesso ne fu limitato l’uso da parte dei detentori del potere politico. Nel Seicento cominciò poi la diffusione nei principali paesi europei di settimanali contenenti notizie, ma che davano largo spazio alla réclame (una prima forma di annuncio pubblicitario), facendo ricorso anche a prime versioni dei testimonial. In Inghilterra nacquero inoltre settimanali contenenti esclusivamente annunci pubblicitari, oltre che la figura dell’agente pubblicitario. La presenza della pubblicità nella stampa aumentò poi nella prima metà dell’Ottocento (in particolare negli USA e in Francia) in seguito alla nascita dei primi quotidiani di massa. 2. La A. Manzoni & C. cominciò la sua espansione quando Attilio intuì di poter utilizzare gli spazi sui giornali per promuovere non solo i prodotti della sua azienda, ma anche quelli di aziende straniere, delle quali si era assicurato la rappresentanza esclusiva per l’Italia. In questo contesto, sino alla seconda guerra mondiale, si utilizzava l’espressione “quarta pagina” per indicare la piccola pubblicità sui quotidiani, posizionata per l’appunto sull’ultima facciata delle quattro di cui erano composti. In quegli anni sia gli annunci che i manifesti da muro erano concepiti essenzialmente per essere letti, mantenendo una costruzione grafica fortemente influenzata dal modello-libro. Le cose cominciarono a cambiare a partire da fine Ottocento con l’introduzione della cromolitografia. Si cominciò anche ad usare il cosiddetto slogan, ovvero una frase sintetica in grado di catturare l’attenzione. Con il processo di urbanizzazione delle grandi masse, infine, si è assistito alla progressiva invasione degli spazi urbani e sociali da parte della pubblicità. 3. La grande espansione dell’economia e dei consumi determinata dalla seconda rivoluzione industriale ha reso i piccoli annunci sui quotidiani insoddisfacenti e pertanto il manifesto diventò il principale strumento di comunicazione. Il che, data anche la maggiore superficie a disposizione, ha portato ad una grande attenzione per la qualità della forma espressiva utilizzata e al ricorso ad importanti artisti dell’epoca (es: Manet a Parigi). Nasce così il manifesto moderno, che era quindi di fatto un manifesto d’autore. Con Leonetto Cappiello, in Italia, nacque poi il “manifesto-marchio”, che prevede un’immagine grafica che sappia comunicare all’istante l’essenza del prodotto e renderla memorabile (anche a favore di chi, ad esempio, non sapeva leggere). 4. Nei primi anni del Novecento i pubblicitari sono stati fortemente influenzati dagli studi psicologici e ciò ha portato alla creazione di manifesti che cercavano di stimolare gli istinti degli individui (es: far leva sul senso di colpa per promuovere l’arruolamento nell’esercito). Il maggior cambiamento arrivò però fra gli anni ’20 e ’30 del Novecento: la pubblicità si trasformò in un vero e proprio sistema industriale e di comunicazione che contribuì alla creazione di una cultura di massa per la nascente società dei consumi, soprattutto negli USA. Alla pubblicità creata dagli artisti, tendente a far ricordare una marca o un prodotto, è subentrato così un orientamento finalizzato a mostrare ed esaltare le qualità e le prestazioni del prodotto stesso. L’assenza di professionisti della comunicazione portò all’utilizzo di artisti noti negli ambiti culturali più disparati come testimonial in un certo senso (es: Gabriele d’Annunzio prestò il suo prestigio personale, ad esempio, ad una pubblicità per l’amaro Montenegro). In questo contesto, in Italia, si iniziò ad utilizzare sempre più il termine di pubblicità al posto di réclame. Inoltre, sempre più aziende decisero di aprire degli uffici specificamente dedicati alla pubblicità. 5. L’influenza della radio nella pubblicità è arrivata a partire dagli anni successivi alla fine della prima guerra mondiale in USA, dove lo sviluppo di tale media, come poi accadrà con la televisione, è nato dall’iniziativa privata e senza subire ingerenze da parte dello Stato. Peculiarità del mezzo radiofonico utili al settore pubblicitario furono l’affinità con l’utilizzo della musica e il fatto che i messaggi arrivavano direttamente e intimamente all’interno delle abitazioni dei consumatori. Nei primi tempi la pubblicità radiofonica statunitense ha scelto principalmente la strada della sponsorizzazione (arrivata in Italia a partire dagli anni ’30 del Novecento), ovvero la produzione di programmi (in particolare soap opera) direttamente da parte delle agenzie di pubblicità per conto delle aziende sponsor. 6. La pubblicità italiana, già indietro rispetto ad altri paesi, fu particolarmente rallentata dal periodo di dominazione fascista. Ciò nonostante il fatto che Mussolini fosse in particolare sintonia con il linguaggio pubblicitario, in quanto utilizzò molto tecniche persuasorie (sia per mezzo radio che con il cinema) per comunicare con l’opinione pubblica (es: a fini di propaganda, per raccontare il mito della Roma imperiale, ecc.). Numerose aziende e agenzie di pubblicità italiane hanno cercato di sfruttare a loro vantaggio la situazione politica del tempo, ‘ingraziandosi’ il favore di Mussolini. Questi, oltre a voler tradotte tutte le parole di origine straniera, operò tuttavia una forte censura ideologica nella pubblicità (es: divieto di rappresentare figure di donne indipendenti ed emancipate). 7. Dopo la pubblicità radiofonica è arrivata anche quella televisiva: in Inghilterra la BBC ha attivato nel 1936 il primo regolare servizio televisivo al mondo, ma è stata la televisione newyorkese WBNT a mandare in onda nel 1941 sia il primo spot che il primo programma sponsorizzato. La complessità dei messaggi richiesti dai nuovi media di comunicazione ha contribuito anch’essa a rendere anacronistico il lavoro svolto in pubblicità dagli artisti singoli. Inoltre, il modello della sponsorizzazione ha lasciato progressivamente spazio a quello basato sullo spot. In Italia, invece, cominciò parallelamente la faticosa fase di ricostruzione nel secondo dopoguerra, la quale ovviamente rallentò ulteriormente lo sviluppo del settore pubblicitario. La situazione stava però iniziando a cambiare: nacquero le prime associazioni di categoria, il primo congresso nazionale della pubblicità e multinazionali statunitensi aprirono le loro prime succursali anche nella penisola. Il modello statunitense prese presto il sopravvento, a scapito delle agenzie italiane che erano perlopiù botteghe di tipo artigianale. Obiettivo di questa “colonizzazione” non fu però soltanto di natura economica, ma rappresentò la promozione e diffusione di un certo stile di vita e cultura americana fortemente in opposizione alle influenze da parte dell’Unione Sovietica. Il settore pubblicitario nella sua interezza registrò una notevole espansione con il manifestarsi del cosiddetto “boom consumeristico”. ipermoderne sono caratterizzate da una notevole crescita dei messaggi in circolazione e da una conseguente saturazione dei principali canali disponibili. Deve dunque imparare a mescolarsi con il flusso dei messaggi nel quale si trova ad essere inserita pur mantenendo il proprio impatto. A tal proposito, sempre più comuni sono le strategie pubblicitarie fuori dagli schemi precostituiti e che supera i confini tracciati dai media tradizionali per arrivare ad essere ovunque. Tali strategie prendono il nome di guerrilla advertising. Giacomo Canapini Scienze della Comunicazione Comunicazione Pubblicitaria A.A. 2023/24 ANALISI SPOT BRAND THE FREDDI E S T A T H É Z E R O E S T A T H É Z E R O L A L I B E R T À I SCHEMA NARRATIVO
CANONICO
MANIPOLAZIONE
Ara COMPETENZA
Lo spot muove dalla rappresentazione di una fase di performanza ad una di sanzione. Il Soggetto - ruolo attanziale manifestato in questo
caso da più attori - viene mostrato e descritto dal narratore nella situazione in cui esprime sé stesso, portando a termine il proprio PN e
diventando un soggetto realizzato in quanto si è congiunto con il valore della libertà. Tale valore prende la forma del prodotto
pubblicizzato, il quale non aiuta il Soggetto a vincere la propria "prova decisiva" ma certifica tale esito. Estathé Zero non è il mezzo ma il
fine, coincide con il raggiungimento della libertà.
Dunque la fase di sanzione rappresentata, dove il Soggetto beve il prodotto, è una sanzione positiva in quanto il Destinante-marca
giudica l'operato del Soggetto e ne certifica l’adeguata corrispondenza con il sistema di valori messo in gioco.
La competenza, ovvero la fase in cui il Soggetto ottiene le capacità (saper-fure, poter-fare) per riuscire nella performanza, può qui essere
solamente presupposta : se il Soggetto è riuscito nell'impresa allora aveva le capacità e le conoscenze per farcela.
S A N B E N E D E T T O T E S T I M O N I A L I I A S S I O L O G I A d e l c o n s u m o I I l s d e l l a p u b b l i c i t à I D E O L O G I A l l l i i t I I SCHEMA NARRATIVO
MANIPOLAZIONE E SANZIONE
COMPETENZA PERFORMANZA
Poiché la marca rappresenta l’Aiutante rispetto al Soggetto, il prodotto sarà quello strumento che gli
garantirà l'ottenimento di quella competenza utile a portare a termine il proprio PN. Lo spot mette dunque
in scena l'atto della performanza, dove il Soggetto si disseta, esplicitando che ciò avviene solo grazie al
re garantito dal prodotto.
io in virtù del fatto che il prodotto viene presentato come oggetto che fornisce la competenza sopra
descritta del Soggetto-consumatore, la forma di manipolazione messa in scena non può essere che quella
della tentazione.
GRAZIE PER L’ATTENZIONE